GP2 Discorsi 1999 73


VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN MATTIA APOSTOLO

Domenica, 14 marzo 1999




Al Consiglio Pastorale:

Penso che l'esempio e il modello di tutti i Consigli Pastorali nella Chiesa rimanga sempre il Concilio Vaticano II, grande «Consiglio» e «Concilio» della Chiesa universale, che poi ha aperto la strada a tutte le Chiese particolari, a tutte le diocesi, a tutte le parrocchie, a tutte le comunità, indicando loro come camminare verso il futuro. I Consigli Pastorali esistevano nella Chiesa prima del Concilio, ma avevano piuttosto un carattere amministrativo. Dopo il Concilio, i Consigli sono stati insigniti di un carattere pastorale. Tutti i Consigli sono diventati Consigli Pastorali.

La vostra parrocchia esiste da 35 anni e sono convinto che la sua esistenza e la sua continuità pastorale meriti di essere elogiata. Ma soprattutto questa esistenza, questa continuità deve tanto al Consiglio Pastorale. Certamente diverse iniziative sono anche di tipo amministrativo, ma soprattutto quelle di tipo pastorale si incentrano e trovano fondamento nel Consiglio Pastorale.

Vi ringrazio per la vostra disponibilità, per tutti i buoni consigli che i vostri predecessori e voi stessi avete dato ai Pastori della vostra parrocchia di san Mattia apostolo. Anche lui era un frutto del consiglio: del consiglio degli apostoli dopo la risurrezione e l'ascensione di Gesù. Essi erano chiamati a decidere chi dovesse succedere a Giuda: non era una buona successione, ma egli era un buon apostolo!

Grazie a tutti. Auguro a tutti una buona Quaresima, specialmente nel periodo della Passione, e poi buona Pasqua.

Ai bambini:

Certamente voi sapete parlare latino . . . Oggi è la Domenica «Laetare». Che cosa vuol dire? Vuol dire «gioire». È interessante, perché ci troviamo nel periodo penitenziale della Quaresima, quaranta giorni. Oggi è già la quarta Domenica di Quaresima ed è la Domenica detta «Laetare». Significa che dobbiamo essere già gioiosi aspettando la Pasqua. La Risurrezione è una grandissima gioia per tutti i cristiani. Vedo che con il latino siete molto forti!... Voi vi preparate alla Pasqua anche facendo catechesi qui nella chiesa, incontrandovi e aspettando quel grande giorno della Risurrezione, che giungerà fra tre settimane. La vostra parrocchia è dedicata a san Mattia. E chi era san Mattia? Era un apostolo che è stato cooptato nel collegio apostolico dopo la morte e la risurrezione di Gesù. Allora, avete anche una parrocchia «apostolica», così come tutta la Chiesa è Santa e Apostolica perché è fondata sugli apostoli. Erano dodici gli apostoli e su questi dodici è stata fondata la Chiesa. E chi è stato il primo Vescovo di Roma? San Pietro, che con gli altri undici apostoli costituisce il fondamento della Chiesa.

74 Voi della parrocchia di san Mattia appartenete alla Chiesa di Roma, alla diocesi di Roma, che adesso si prepara a celebrare la fine del secondo millennio con il Grande Giubileo della nascita di Gesù, avvenuta duemila anni fa. Questo anno 1999 è l'ultimo del secondo millennio. Con l'anno seguente, il 2000, entreremo già nel terzo millennio della fede, della Chiesa, del cristianesimo.

Voi siete tutti giovani. So che nella vostra assemblea parrocchiale la persona più giovane ha 16 giorni e la più anziana ha 102 anni. È nata nel 1897. Oggi siamo nel 1999: sono trascorsi 102 anni, mentre per l'altro appena 16 giorni. Così scorre la vita! E si deve viverla bene, si deve imparare come viverla dai primi giorni, dai primi anni, fino agli ultimi, per poter arrivare . . . dove? Al Paradiso! Bene! Io vi auguro di camminare bene in questa vostra vita, ancora giovane - non come quella del bambino di 16 giorni, un po' di più, ma ancora molto giovane -, per arrivare a quello che è il fine ultimo della nostra esistenza: il Regno dei Cieli.

Auguro ancora buona domenica a tutti i presenti, ai genitori, ai catechisti, alle catechiste. Molte grazie per la vostra accoglienza!

Ai giovani:

So che dobbiamo incontrarci nell'Aula Paolo VI il 25 marzo, con tutti i giovani di Roma, per prepararci alla Domenica delle Palme e poi per preparare il raduno mondiale della gioventù a Roma per l'anno prossimo. Qui abbiamo toccato i punti più importanti della pastorale dei giovani. C'è una tradizione di incontri che comincia da Roma e torna adesso di nuovo a Roma. Questa tradizione da Roma si è trasferita prima in America Latina, a Buenos Aires; poi in Spagna, a Santiago de Compostela; dopo due anni, in Polonia, a Czêstochowa; dopo due anni, negli Stati Uniti, a Denver; dopo due anni a Manila, nelle Filippine; dopo due anni, a Parigi; e di nuovo, dopo due anni, deve tornare a Roma per l'anno 2000.

C'è una grande preparazione in tutte le parrocchie di Roma, anche in tutte le diocesi dell'Italia. Una volta i giovani, cominciando questo itinerario, hanno preso la Croce e con questa Croce camminano attraverso il mondo, portano la Croce insieme con Cristo, portano la Croce di Cristo. Ho visto sabato scorso - dopo il Rosario recitato nell'Aula Paolo VI - che i giovani romani hanno preso la Croce per andare in diversi ambienti della Città. È la Missione Cittadina che passa attraverso gli ambienti. E in protagonisti, in un certo senso, sono i giovani.

Voglio lasciarvi queste indicazioni perché in esse c'è anche un contenuto di fondo. Se i giovani hanno preso la Croce sulle loro spalle e portano questa Croce in diversi ambienti della Città, della vita cittadina, questo vuol dire che sono pronti a camminare con Cristo. Vi auguro di avere questa prontezza, questa disponibilità a camminare con Cristo, non solamente in senso simbolico, ma anche in modo personale, profondo, conoscendo sempre meglio il suo Vangelo e cercando di formare la propria vita secondo i principi che Cristo ci ha lasciato nel suo Vangelo. Questo è l'augurio che vi lascio per la Quaresima e poi per la Pasqua. Buona Quaresima e buona Pasqua a voi giovani!

Al termine dell'incontro con i giovani, rispondendo al Parroco il quale gli aveva indicato alcune coppie di fidanzati impegnate nel cammino di preparazione al matrimonio, Giovanni Paolo II ha detto:

«I fidanzati hanno un posto privilegiato nella Chiesa e nel mio cuore».

Ai tantissimi fedeli che ancora lo attendevano all'esterno della chiesa al termine della visita pastorale il Papa ha rivolto questo saluto:

Grazie per questa buona, anzi, più che buona accoglienza! Un'ottima accoglienza! Auguro a tutti i parrocchiani della comunità di san Mattia apostolo una buona continuazione durante la Quaresima e poi una buona Pasqua!


AI MEMBRI DELLA SOCIETÀ DEL DIVIN SALVATORE


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Venerdì, 19 marzo 1999




Caro Padre Hoffman,
Sacerdoti,
Fratelli e Sorelle salvatoriani,
Cari amici in Cristo,

Sono molto lieto di essere con voi, membri della Società del Divin Salvatore, e ringrazio Padre Hoffman per le cortesi parole di benvenuto che mi ha rivolto. Nell'amore del Redentore saluto tutti voi: «grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo» (
Rm 1,7).

Oggi, facciamo una breve pausa nel nostro itinerario quaresimale celebrando la solennità di san Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa Universale. La riflessione sul suo atteggiamento di sollecitudine e di protezione verso Maria e il Bambino Gesù offre una specie di contesto per la mia visita di oggi pomeriggio. Infatti, nutriva sentimenti simili il vostro Fondatore, Padre Francesco Maria della Croce Jordan, sulla cui tomba ho appena pregato: era pieno di devozione alla Madre di nostro Signore e di sollecitudine per Cristo e per la sua Chiesa. Furono proprio questa sollecitudine e questa devozione che spinsero Padre Jordan, di ritorno a Roma dopo un viaggio in Terra Santa, a pronunciare i voti religiosi con due altri sacerdoti e a prendere il nome di Francesco Maria della Croce. Nacque dunque la Società del Divin Salvatore che si è poi sviluppata portando l'opera di grazia del suo apostolato in ogni continente.

Ora spetta a voi, cari fratelli e care sorelle, proseguire l'opera di Padre Jordan che consiste nel far conoscere Cristo come Salvatore del mondo. Sì, alla vigilia del Terzo Millennio cristiano, gli uomini e le donne moderni hanno più che mai bisogno di questa conoscenza, di questa verità che li farà liberi (cfr Jn 8,32). «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Jn 17,3). Attraverso la testimonianza del vostro impegno, attraverso l'esempio della vostra generosità e del vostro amore infiniti, come quelli mostrati da san Giuseppe e dal vostro Fondatore, il mondo sarà liberato sempre più dal vincolo del peccato e della morte, il Vangelo verrà proclamato con maggiore entusiasmo e vigore, la fede aumenterà e la Chiesa stessa crescerà in santità e grazia. Questi sono i risultati certi di una vita spesa affinché gli altri abbiano fede e speranza.

Dunque, come è particolarmente opportuno in questo giorno dedicato al ricordo del padre putativo di nostro Signore, invoco su tutti i Salvatoriani la protezione di san Giuseppe.

Attraverso la sua potente intercessione prego affinché possiate continuare a recare una testimonianza fedele ed eloquente del carisma di Padre Francesco Maria della Croce ed essere pieni di intenso amore per Cristo e per la sua Chiesa e di grande devozione per la nostra Madre Beata! Che la vostra vita di servizio generoso, in particolare fra i giovani e nelle missioni, ispiri altri ad abbracciare la fede sempre più pienamente, cosicché possano ascoltare la Parola di Dio e osservarla (Lc 11,28 cfr Mt 1,24).

Che Dio Onnipotente riversi sempre su di voi le sue abbondanti benedizioni!


AI LAVORATORI DI AZIENDE MUNICIPALIZZATE DI ROMA


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Solennità di San Giuseppe - Venerdì, 19 marzo 1999




Carissimi rappresentanti del mondo del lavoro!

1. Sono lieto di accogliervi in speciale Udienza nella Solennità di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e custode del Redentore. Come voi, egli fu lavoratore, un falegname. Nessuno meglio di lui può capire i vostri problemi. Il giorno della sua festa è perciò particolarmente adatto per questo incontro.

Mentre porgo a ciascuno di voi il mio benvenuto, saluto con affetto i familiari che vi accompagnano. Rivolgo un pensiero deferente al Sindaco di Roma, ai Signori Presidenti ed alle dirigenze delle vostre aziende qui presenti. Ringrazio il Presidente dell'ACEA e la lavoratrice dell'AMA per i cordiali indirizzi di omaggio pronunciati a nome di tutti, così come sono grato alla banda dell'ATAC per le note festose con le quali ha voluto accompagnare questo nostro incontro. Ringrazio anche il Cardinale Vicario Camillo Ruini per le sue parole e desidero esprimere sincero apprezzamento alla Diocesi di Roma per lo svolgimento della missione negli ambienti di vita e di lavoro, e penso qui in modo particolare ai vostri Cappellani e al loro prezioso servizio.

2. Sono trascorsi quattro anni da quando, in Piazza di Spagna, dinanzi alla statua dell'Immacolata Concezione, chiesi che Roma si preparasse al grande Giubileo dell'anno Duemila con una missione cittadina. L'odierna vostra presenza è una testimonianza significativa del cammino compiuto. La missione negli ambienti di lavoro, infatti, rappresenta la tappa finale, ma non conclusiva, delle diverse iniziative sviluppatesi nel corso di questi anni. Progressivamente, si è passati dalla visita alle famiglie all'incontro con quanti vivono negli ambienti di lavoro e condividono la stessa fatica quotidiana. Sull'esempio dei primi credenti, anche noi non possiamo non sentirci impegnati ad annunciare la "bella notizia" di Gesù Cristo. Con l'apostolo Paolo abbiamo bisogno di ripetere ogni giorno: "E' un dovere per me. Guai a me se non predicassi il Vangelo" (
1Co 9,16).

La missione nei vari ambiti della vita sociale costituisce una provocazione a trovare le forme più consone e i linguaggi più adatti per la nuova evangelizzazione. A ciascuno di voi è affidato il compito di individuare in quale modo il Vangelo possa essere annunciato nei luoghi dove voi operate. A volte, soprattutto nell'incontro diretto con le persone, occorre un annuncio esplicito, mai vergognandosi di essere cristiani; in altre circostanze, forse, sarà probabilmente più utile il silenzio, per dare spazio maggiore alla forza della testimonianza. Nell'uno come nell'altro caso, comunque, non si potrà mai dimenticare che la missione appartiene all'essenza della fede cristiana.

3. Carissimi lavoratori, la vostra presenza è per me quanto mai cara per diversi motivi. In primo luogo, perché il vostro lavoro è rappresentativo della vita cittadina. Voi, infatti, offrite buona parte di quei servizi indispensabili ad una città per presentarsi con i tratti dal volto umano. La luce, l'acqua, il trasporto, la pulizia . . . sono tutti elementi preziosi per i cittadini. Cosa sarebbe la vita di Roma, se venisse meno il vostro lavoro quotidiano? In vista, poi, del Giubileo, quando aumenterà il flusso delle persone in visita alla Città, la vostra opera è ancor più importante perché, grazie ai vostri servizi, voi aiuterete i pellegrini a meglio cogliere la bellezza di quello che il genio dell'uomo ha potuto realizzare nel corso dei secoli nella nostra Roma. Voi, in questo modo, contribuite a porre in evidenza il fascino che essa emana da ogni sua pietra e dai suoi monumenti millenari.

Tra voi sono presenti duecento lavoratori dell'Istituto Nazionale Previdenza Sociale. Anche a voi, carissimi Fratelli e Sorelle, è dato di svolgere un compito quanto mai utile per assicurare un'adeguata pensione a coloro che hanno impegnato nel lavoro tanti anni della propria vita, ed anche a chi, per diverse ragioni, si è trovato in situazioni di difficoltà o di emarginazione. Operate con generosità e sollecitudine, affinché si abbrevino i tempi di attesa, e siano impiegate nel modo più utile alla collettività le risorse, certo non abbondanti, a disposizione della previdenza sociale.

Il mio pensiero va oggi, in maniera speciale, a quanti sono ancora alla ricerca del primo impiego. Per molti giovani, la mancanza di occupazione crea situazioni di preoccupazione e talora di profonda delusione. Essi si vedono di fatto preclusa la via per l'assunzione di una diretta responsabilità nella società e spesso sono obbligati a ritardare la formazione di una famiglia. Questa situazione, se si protrae nel tempo, diventa pericolosa ed insopportabile, creando di fatto una barriera tra le persone e la società e generando un senso di sfiducia che non aiuta il formarsi di una coscienza civile.

4. Queste considerazioni, che la festa di San Giuseppe mi offre l'opportunità di indirizzare a voi, qui presenti, ed attraverso di voi a tutti i lavoratori ed alle lavoratrici della Diocesi romana, mirano a sottolineare il valore del lavoro e l'importanza di combattere la disoccupazione. La missione svolta nei diversi ambienti ha lo scopo di ricordare a tutti i credenti che l'attenzione ai più deboli e indifesi non deve conoscere sosta: sempre e dovunque siamo cristiani. Se la parrocchia è il luogo privilegiato per sostenere la crescita nella fede mediante la partecipazione alla vita sacramentale e alle differenti manifestazioni comunitarie, è nell'ambito del lavoro che si testimonia quanto si crede, soprattutto mediante l'irradiazione della carità. A volte il lavoro, sia per l'organizzazione dei turni che per la determinazione degli orari e delle scadenze, provoca sensazioni di disagio. Può succedere pure che taluni, ammagliati dalla prospettiva della promozione, arrivino a falsare il proprio rapporto con i colleghi. Viene meno allora la solidarietà, e alla sincerità e amicizia delle reciproche relazioni si sostituiscono il sospetto e la critica, con il conseguente rinchiudersi nel proprio individualismo. Si tratta di un atteggiamento falso e fuorviante. Non sia così per voi: sul luogo di lavoro rendete evidente quello che è il contenuto centrale della fede che professate: l'amore, cioè, di Cristo che a tutti va incontro in maniera generosa e gratuita.

I missionari, nelle scorse settimane, vi hanno consegnato, insieme al Crocefisso, una mia lettera. Con essa ho cercato di esservi vicino nella non facile, ma comunque sempre interessante avventura del lavoro, che ha lo scopo di proseguire l'opera creatrice di Dio Padre. Chiedo a voi tutti di essere testimoni di speranza: una speranza che sa guardare al domani senza lasciarsi condizionare dalle molteplici preoccupazioni quotidiane, fondandosi piuttosto sulla certezza della presenza di Dio. Forti di questa speranza, varcheremo la soglia del terzo millennio, recando in noi profonda la convinzione di dover annunciare Cristo con tutte le nostre forze a quanti incontriamo sul nostro cammino per aiutarli a ritrovare il senso della vita nell'incontro personale con il Signore Gesù Cristo.

77 Nell'attesa di potervi accogliere nuovamente in occasione della Veglia di Pentecoste, nella quale ringrazieremo insieme il Padre per il grande dono della missione cittadina, benedico di cuore voi e le vostre famiglie, chiedendo al Signore, per intercessione di San Giuseppe e della Vergine Maria, che il vostro lavoro sia per tutti sorgente di autentica fraternità e di fiducia nella vita.


AI PELLEGRINI DI BRESCIA, VERCELLI E CHIAVARI,


AI MALATI ED AMICI DELL’OPERA FEDERATIVA


TRASPORTO AMMALATI A LOURDES


ED AI FEDELI DI DIVERSE CONFRATERNITE


Aula Paolo VI - Sabato, 20 marzo 1999




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Saluto con affetto tutti voi, fedeli delle diocesi di Brescia, Vercelli e Chiavari, che con l'odierna vostra presenza intendete ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere alle vostre Comunità diocesane. Saluto pure con grande cordialità voi, carissimi malati ed amici dell'OFTAL, e voi, membri delle Confraternite qui presenti, venuti a Roma per incontrare il Papa e sostare presso la tomba dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Sono lieto di accogliervi all'indomani della solennità di san Giuseppe. Chiamato ad essere il custode del Redentore, Giuseppe «fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). Ispirandosi al Vangelo, i Padri della Chiesa fin dai primi secoli hanno sottolineato che egli, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all'educazione di Gesù Cristo (cfr S. Ireneo, Adv. haereses, IV, 23, 1), così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine santa è figura e modello.

Possa il pellegrinaggio di tutti voi a Roma, cuore del Cristianesimo, rafforzare la vostra fede in Cristo e la vostra fedele adesione al suo Vangelo.

2. Mi rivolgo ora in modo particolare a voi, carissimi fedeli della diocesi di Brescia! Vi saluto a uno a uno, con particolare benevolenza. Saluto in special modo il vostro nuovo Vescovo Mons. Giulio Sanguineti, e il Vescovo emerito Mons. Bruno Foresti. Saluto i sacerdoti, le religiose, i religiosi, i seminaristi ed estendo il mio pensiero a tutta la famiglia diocesana di Brescia. Sappiate che nell'animo del Papa è riservato uno speciale posto per voi, concittadini dell'indimenticabile mio predecessore, il servo di Dio Paolo VI, di cui proprio l'altro ieri si è svolta qui a Roma la Sessione di chiusura dell'inchiesta diocesana.

Mentre esprimo il mio ringraziamento per la vostra visita, ricordo con emozione i pellegrinaggi apostolici che la Provvidenza mi ha dato di compiere nella vostra Città e fra le montagne della Valle Camonica. Vorrei quest'oggi incoraggiarvi a proseguire nel vostro cammino di costante adesione a Cristo ed al suo messaggio di salvezza. Facendo mie le parole del Papa vostro concittadino, vi dico anch'io: «Siate fedeli, bresciani, promettete a voi stessi ed assicurate alle nuove generazioni che conserverete saldo, forte, completo, fecondo il patrimonio della fede cristiana» (Discorso del 25 gennaio 1965). L'esempio del Beato Giuseppe Tovini vi sia di incoraggiamento in questo impegno di testimonianza coerente e generosa.

Vi assista Maria santissima, la «Madonna delle Grazie», che Paolo VI amava e sovente ricordava con nostalgia. Il tenero amore del compianto Pontefice verso la Madonna vi sia di esempio, e vi accompagni ogni giorno della vostra vita.

3. Saluto, ora, voi, carissimi Fratelli e Sorelle di Chiavari qui venuti insieme col vostro Vescovo, Mons. Alberto Maria Careggio. La vostra presenza risveglia nel mio animo le emozioni provate durante la visita alla vostra Diocesi nel settembre dell'anno scorso. Nel rendere con voi grazie al Signore per quanto Egli ha compiuto nella vostra comunità, vi esorto a continuare con vigore nell'itinerario della fedele testimonianza evangelica.

Rinnovo l'esortazione che allora vi rivolsi a crescere nell'unità e nella missionarietà, aprendovi sempre più ai vasti orizzonti dell'evangelizzazione. Affido voi e l'intera Comunità diocesana a Maria Santissima che, con il titolo di "Nostra Signora dell'Orto", veglia come Patrona su di voi e sulle vostre famiglie. Siate sempre a Lei devoti e sperimenterete in ogni circostanza la sua materna protezione.

78 4. La mia parola si volge ora a voi, carissimi fedeli di Vercelli, per ringraziarvi della cortesia con cui avete voluto contraccambiare la mia visita alla vostra Città nel maggio dello scorso anno. Esprimo il più cordiale benvenuto al vostro Vescovo, Mons. Enrico Masseroni, mentre ricordo con gratitudine i suoi predecessori, Mons. Tarcisio Bertone, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, ed il compianto Mons. Albino Mensa.

Ho sempre presente alla memoria l'accoglienza calorosa che mi avete riservato durante il mio soggiorno tra voi e profitto di questa occasione per salutare i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, nonché tutti i rappresentanti delle diverse componenti della vostra Comunità diocesana. A tutti Don Secondo Pollo, che ho avuto la gioia di beatificare durante la mia visita nella vostra Città, rinnova l'invito a "scommettere con lui sulla santità", che è vocazione dell'intero popolo di Dio. Egli testimonia che seguire Gesù è impresa esigente, ma anche fonte di gioia esaltante.

Nell'esprimervi il mio apprezzamento e la mia gratitudine per i sentimenti che la vostra presenza e il vostro entusiasmo manifestano, vi incoraggio a perseverare nei buoni propositi, così che i semi allora gettati abbiano a recare frutto abbondante.

5. Carissimi malati ed amici dell'OFTAL, benvenuti! Mentre abbraccio ognuno di voi e saluto cordialmente il vostro Presidente, Mons. Franco De Grandi, penso con commozione alla compianta figura del vostro Fondatore, Mons. Alessandro Rastelli, apostolo della sofferenza, che spese tutta la vita a servizio dei malati. Voi avete continuato in questi anni a camminare sulla strada da lui tracciata con entusiasmo e dedizione, ed oggi siete qui per ringraziare il Signore e per rinnovare la vostra volontà di proseguire con generosità in tale prezioso apostolato. Esprimo a voi, malati, ed a quanti a voi si dedicano - medici, infermieri, farmacisti, amici volontari, accompagnatori, sacerdoti, religiosi - la mia viva riconoscenza per l'esempio che offrite e per la carità di cui siete silenziosi servitori ed eloquenti testimoni.

Maria Santissima, che ben conosce il valore redentivo dell'umano soffrire, vi sia accanto nella vostra condizione di prova e talora di prolungata malattia.

6. Porgo, infine, un saluto a voi, cari fedeli appartenenti a diverse Confraternite. Saluto specialmente il vostro Presidente, Signor Nicola Gerardo Marchese, ed i vostri assistenti spirituali. Siete venuti in pellegrinaggio a Roma per venerare l'immagine del Santissimo Crocifisso nella Chiesa di San Marcello al Corso e per rinnovare, presso le tombe degli Apostoli e dei martiri, la vostra volontà di partecipare all'opera della nuova evangelizzazione. Missionari di speranza e di cristiana solidarietà, portate dappertutto la luce, la gioia, la grazia di Cristo. Siate fedeli testimoni di Cristo nel mondo di oggi.

Carissimi Fratelli e Sorelle! A tutti voi, che siete venuti per rendermi visita, auguro di proseguire generosamente l'itinerario quaresimale verso la Pasqua. Accompagno questi voti con la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo alle vostre famiglie ed alle Comunità ecclesiali da cui provenite.




AI VESCOVI DEL MOZAMBICO


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 20 marzo 1999




Venerato Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell'Episcopato!

1. Con grande gioia vi accolgo in questa casa, voi che avete ricevuto dal Signore l'incarico di pascere la sua Chiesa in Mozambico. Siete venuti a Roma per compiere la visita alle tombe degli Apostoli e per incontrare il Successore di Pietro, in attesa di nuova luce e sostegno al vostro ministero che è quello di edificare il Corpo di Cristo (cfr Ef Ep 4,12) in comunione con la Chiesa universale. Ringrazio Monsignor Francisco Silota, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per le parole amabili che mi ha rivolto, riflesso del vigore spirituale e del dinamismo missionario delle vostre comunità e della loro fedeltà al Vangelo.

79 Segno di questo dinamismo e di questa crescita ecclesiale è la nuova Diocesi di Guruè, fondata nel 1993 e affidata a Monsignor Manuel Chuanguira Machado, che saluto in modo particolare in questa sua prima visita; lo stesso motivo mi porta a nominare il nuovo Vescovo di Pemba, Mons. Tomé Makhweliha, e Mons. Adriano Langa, Vescovo ausiliare di Maputo. Rivolgo a tutti voi il mio saluto affettuoso in Cristo con vivo apprezzamento per il vostro servizio ecclesiale e l'assicurazione delle mie preghiere affinché, pieni di entusiasmo apostolico, continuiate ad annunciare il Vangelo al popolo che vi è affidato.

2. Avete voluto includere questa visita ad limina Apostolorum fra i vari atti ufficiali commemorativi del Giubileo dell'evangelizzazione del Mozambico, cosa che mi conduce a dare inizio a questo colloquio con voi partendo dall'Eucaristia, poiché essa costituisce «il centro e il culmine di tutta la vita della comunità cristiana» (Christus Dominus
CD 30) ed è stata il sacro portale attraverso il quale Gesù Cristo è entrato nella vostra terra.

Egli, infatti, si è reso presente con queste parole: «Hoc est enim Corpus meum. Hic est enim calix Sanguinis mei (. . .) qui pro vobis et pro multis effundetur in remissisone peccatorum». Era la prima Messa celebrata in terra di Mozambico dal Cappellano delle navi portoghesi di Vasco da Gama, l'11 marzo 1498. Cinquecento anni dopo, lo stesso atto di consacrazione è stato compiuto in persona Christi da noi qui, questa mattina, e - come non pensarvi? - da quasi tutti i sacerdoti che, in Mozambico, assieme a noi, sono stati mandati «a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue» (Ac 20,28).

Mosso da questo pensiero desidero, nella persona di ognuno di voi e dei sacerdoti, manifestare tutta la speranza, la sollecitudine e la stima che nutro per la Chiesa che pascete. Inginocchiato ai piedi dell'unico altare della Croce preparato come mensa per tutte le vostre comunità, da quella della cattedrale fino alla più piccola e lontana dove giunge l'Eucaristia, in comunione con l'unica Vittima divina consegnatasi volontariamente alla morte per tutti i mozambicani e per tutta l'umanità, affratellato nell'unico ed eterno Sacerdozio che per grazia e solo per grazia noi sacerdoti condividiamo, io, servo dei servi di Dio e usufruendo idealmente del momento in cui, nell'anafora eucaristica, pronunciate il mio nome e servizio ecclesiale, mi avvicino a ogni celebrante e, con un abbraccio affettuoso, gli dico: «Grazie di aver fatto nascere sacramentalmente Gesù in Mozambico. Ora che è nato nelle tue mani quando Lo hai chiamato "mio Corpo" e "mio Sangue", non dimenticare nessuno dei figli e delle figlie che, per Lui e in Lui, hai generato per il nostro Dio e Padre! Non rinnegare in nulla e per nulla ciò che liberamente hai scelto di essere e sei: "corpo donato", "sangue sparso (. . .) per la remissione dei peccati". Ti chiedo di portare l'abbraccio della pace e la Benedizione del Papa a ciascuna delle comunità ecclesiali che pasci nella carità di Cristo».

3. Nelle vostre relazioni si legge che per la grande affluenza di cristiani, finalmente liberi di confessare la propria fede e appartenenza a Cristo e con le strade ormai liberate e più sicure grazie alla pace che è tornata, in molti luoghi l'Eucaristia deve essere celebrata all'aperto, poiché i luoghi di culto non riescono a contenere una così grande folla. Moltiplicate le celebrazioni, ma il fenomeno continua... È un fatto sintomatico! Il Mozambico ha avuto la visita dell'Eucaristia quando la sua gente ignorava ancora il gradito Ospite che giungeva; ora che Lo conoscono come vero pane «che discende dal Cielo e dà la vita al mondo » (Jn 6,32-33) corrono da Lui.

Si potrebbe dire che Dio ha reso eucaristico il Mozambico; vedo il suo popolo credente che si offre a Dio per essere Eucaristia. Dio lo ha benedetto con una sintonia e una attrazione particolare per il Santissimo Sacramento, come se solo questo Pane potesse saziarlo, e ha fatto sì che nessuna comunità fosse privata della celebrazione regolare della Messa domenicale e degli altri sacramenti. In questo modo, non corre il rischio di bere ad altre fonti di acque torbide e di confondere la voce del vero Pastore con quella di qualsiasi estraneo che volesse entrare nel recinto senza passare attraverso la porta che è Cristo (cfr Jn 10,1-9). La situazione del cristianesimo nel mondo ci insegna che sono meno influenzabili dalle sette le comuni à che si alimentano regolarmente con il pane della Parola e dell'Eucaristia. Ecco perché desidero affidare a ciascuno dei sacerdoti che sono in Mozambico questo appello: vedi delle possibilità di portare il conforto domenicale dell'Eucaristia a qualche comunità? Lo dico . . . a te e ad altri. Nel Presbiterio diocesano, nel quale devono sentirsi ben accolti anche i sacerdoti missionari e religiosi, sia preso alla lettera l'ordine del divino Maestro quando, preoccupato per le numerose persone che Lo seguivano e che sarebbero svenute per strada se fossero tornate a casa senza mangiare, disse ai discepoli: «non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare» (Mt 14,16 cfr Mc 8,3).

In questo servizio e in tanti altri che vengono svolti nelle piccole comunità cristiane, so che collaborano con voi, ognuno a suo modo e livello, un numero immenso di catechisti e di animatori, che in questa occasione desidero salutare, ringraziare e incoraggiare: i loro nomi sono scritti in Cielo. Amati Vescovi e sacerdoti, siate per loro guide attente e sostegno permanente, soprattutto se, in assenza vostra, devono presiedere l'assemblea domenicale. Sia chiaro a tutti, però, che queste assemblee devono svolgersi «nell'attesa di un sacerdote» (Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, 26) e sono occasione per chiedere al Signore di mandare più operai nella sua messe (cfr Mt 9,38).

4. Infatti, la vita delle comunità cristiane è pienamente garantita solo quando ci sono sacerdoti, perché sono loro che amministrano i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia, facendo abbeverare il Gregge alle fonti della vita eterna. Rendo grazie a Dio perché nelle vostre diocesi incominciano ad esserci delle Ordinazioni. Ma di quante altre c'è bisogno!

Tuttavia alcuni di voi lamentavano il fatto di non poter accogliere tutte le domande di giovani che volevano entrare nei Seminari perché sono sovraffollati. Che peccato! Nella mia patria, circostanze molto diverse dalle vostre avevano portato a chiudere il Seminario di Cracovia, ma il mio Arcivescovo, Mons. Adam Sapieha, lo aveva riorganizzato di nascosto nella sua residenza; lì mi aveva accolto e ho vissuto accanto a lui i miei primi due anni da seminarista. Non vi dico di fare la stessa cosa, ma ciò che voglio dire è che Dio deve ispirarvi forme e mezzi per accogliere le vocazioni che Egli vi manda e di cui avete tanto bisogno.

Grande influenza ha avuto sul cammino della mia formazione al sacerdozio la vicinanza del mio Vescovo, soprattutto negli anni in cui ho abitato nella sua residenza. I seminaristi hanno bisogno di incontrarsi, di «stare» con il loro Pastore; e, d'altra parte, nelle responsabilità pastorali di quest'ultimo verso i candidati al sacerdozio, è di grande aiuto che «li visiti spesso e in qualche modo stia con loro». (Pastores dabo vobis PDV 65). Questa vicinanza del Pastore è necessaria a tutto il Gregge, come dimostra il canone 395 del Codice di Diritto Canonico che stabilisce la residenza personale nella Diocesi.

Con la sua parola e con il suo esempio, egli aiuti i giovani a comprendere che il sacerdozio è configurazione a Cristo, Sposo e Capo della Chiesa, ma anche Vittima e Servo umile. Un Seminario e un Presbiterio, rafforzati dalla preghiera, dall'appoggio reciproco e dall'amicizia, favoriscono lo spirito di obbedienza che predispone il sacerdote a svolgere i compiti pastorali affidatigli dal suo Vescovo. Il mistero della Chiesa come comunione si rafforza quando l'autorità episcopale è esercitata come amoris officium (cfr Jn 13,14) e l'obbedienza sacerdotale segue il modello di servizio di Cristo (cfr Ph 2,7-8).

80 Oltre a questo, né il Seminario né il Presbiterio dovrebbero condurre ad uno stile privilegiato di vita. La semplicità e l'abnegazione devono essere le caratteristiche di coloro che seguono il Signore, che «non è venuto per essere servito, ma per servire » (Mc 10,45). Come dice il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, «difficilmente il sacerdote si renderà vero servo e ministro dei suoi fratelli, se sarà preoccupato delle sue comodità e di un eccessivo benessere». (n. 67).

5. Voglio esprimere ora il mio grande apprezzamento per l'inestimabile servizio delle persone consacrate: a tutti loro, uomini e donne, esprimo la più viva gratitudine della Chiesa! Sono stati folgorati dall'Assoluto e collocati, con un eterno splendore, come stelle nel firmamento per condurre molti sul cammino della giustizia (cfr Dt 12,3). Il loro cuore si è sentito bruciare da un fuoco che non è di questa terra e che fa di loro quella «lucerna» del Vangelo accesa non «per metterla sotto il moggio [della propria diocesi], ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5,15), la Casa di Dio. Ne consegue la giusta aspirazione a arrivare fino ai confini della Chiesa, al fine di poter accompagnare «l'Agnello dovunque va» (Ap 14,4).

È importante che questa testimonianza rifulga in Mozambico, per cui non posso non rallegrarmi per la grande fioritura di vocazioni religiose nelle vostre Diocesi, comprese le nuove fondazioni locali. So che le Suore offrono una splendida collaborazione nella vita pastorale delle comunità cristiane, supplendo alle molteplici carenze della vita ecclesiale oppure guidandole in mancanza di un sacerdote residente. Ma esse non potranno mai esser considerate il corrisponde femminile del presbiterio poiché la loro vocazione non è di pascolare il gregge, ma mira a mantenere vivo in esso l'ideale delle beatitudini, anticipando la condizione definitiva del Regno di Dio vivendo i consigli evangelici. Perciò, con prudenza e discernimento (cfr 1 Tes 5, 21), aiutate le vostre fondazioni a crescere fino ad essere autentiche Famiglie religiose - magari attraverso il raggruppamento di associazioni di diverse Diocesi i cui membri riconoscono di avere la stessa vocazione e lo stesso carisma - vigilando affinché le candidate siano scelte accuratamente e ricevano una formazione integrale umana, spirituale, teologica e pastorale, che le prepari alla loro missione nella Chiesa.

6. I vostri diretti collaboratori pastorali sono i sacerdoti ai quali vi uniscono vincoli di fraternità apostolica, forgiata dalla grazia degli Ordini Sacri. Potete già contare sulla collaborazione di un numero sufficiente di padri diocesani, mentre gli altri sono membri di congregazioni missionarie e religiose o fidei donum, e ognuno deve, secondo il proprio livello di appartenenza, sentirsi parte di «un solo presbiterio e una sola famiglia, di cui il Vescovo è il padre» (Christus Dominus CD 28). Mostratevi premurosi verso tutti: di qualsiasi età, condizione e nazionalità, siano essi del paese o vengano da fuori (cfr Christus Dominus CD 16).

Se in un presbiterio una parte del clero è di diversa provenienza, il Vescovo non deve «fare distinzioni» fra i sacerdoti (cfr Jc 2,4).

Mi riferisco alla collaborazione concreta che la Santa Sede regolarmente vi chiede: indicare i nomi di possibili candidati all'Episcopato fra i sacerdoti della vostra Diocesi. Le proposte fatte devono essere il risultato di una valutazione imparziale delle migliori possibilità che il clero offre, senza farsi condizionare dalla sua origine; spetta poi alla Sede Apostolica la scelta del Pastore che giudica più idoneo alla guida pastorale di una Diocesi.

7. La storia della Chiesa è costellata di figure di missionari che, sulla scia di S. Paolo, «si sono fatti tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (cfr 1Co 9,22). Basti pensare a P. Gonçalo da Silveira, ai primordi dell'evangelizzazione della vostra terra. Ora, nessuna Diocesi, nessun Vescovo che abbia accolto un missionario alla propria tavola e ha condiviso il pane con lui, che gli abbia aperto il cuore condividendo progetti e difficoltà per poi sopportare insieme il peso delle giornate apostoliche, potrà dire di lui: è uno «straniero»! Ma... questa norma ecclesiale ha già quasi 2.000 anni: «non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ep 2,19)! Per la Chiesa, questa norma abroga tutti gli usi e costumi, i criteri e i valori di questo mondo che si oppongono ad essa o la ostacolano.

Siamo la Famiglia di Dio! In questa nozione, i Padri Sinodali, durante l'Assemblea Speciale per il vostro Continente, hanno riconosciuto «una espressione della natura della Chiesa particolarmente adatta per l'Africa», proponendosi di «edificare la Chiesa come famiglia, escludendo ogni etnocentrismo e ogni particolarismo eccessivo, cercando invece di promuovere la riconciliazione e una vera comunione tra le diverse etnie, favorendo la solidarietà e la condivisione per quanto concerne il personale e le risorse tra le Chiese particolari, senza indebite considerazioni di ordine etnico» (Ecclesia in Africa, n. 63), certi che «l'unione della famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall'unità della famiglia dei figli di Dio» (Gaudium et Spes GS 42).

8. La decisione sinodale di privilegiare la presentazione della Chiesa come famiglia si fonda sulla constatazione che «in Africa, in particolare, la famiglia rappresenta il pilastro su cui è costruito l'edificio della società» (Ecclesia in Africa, n. 80). E così deve continuare ad essere . . . Perciò qualsiasi sforzo o premura pastorale della Chiesa è appena sufficiente quando si tratta di salvare una famiglia. Infatti, quando una famiglia si disgrega, si forma una frattura nel futuro della società attraverso la quale si perde vigore. Aiutate, quindi, la società mozambicana - in modo particolare coloro che progettano e guidano attraverso le norme e le istituzioni pubbliche - a ragionare e a organizzarsi assumendo la famiglia come unità di misura e strumento di verifica. Il Mozambico sarà domani la famiglia che ha oggi, poiché i cittadini trovano in essa la loro culla e la prima scuola.

Iniziata nella famiglia, la formazione umana si sviluppa nella scuola. Purtroppo, la lunga guerra e le sue conseguenze hanno immensamente danneggiato le rete scolastica nazionale, lasciando la nazione nell'impossibilità di soddisfare la maggiore aspirazione dei suoi giovani: imparare, formarsi. Ascoltando quotidianamente le lamentele di genitori e figli, la Chiesa - esercitando un suo legittimo diritto di presenza attiva nel mondo della scuola - ha investito in questo campo quanto ha potuto, andando anche al di là delle sue possibilità. Vorrei elogiare il lavoro ammirevole di tanti professori cristiani che hanno impegnato le loro energie migliori e tutto il loro sapere dalla scuola elementare fino all'Università Cattolica del Mozambico.

Le scuole cattoliche distribuiscono, senza distinzioni di mezzi sociali né di religione, una solida educazione umana, culturale e religiosa, nel rispetto della coscienza degli alunni e delle scelte delle famiglie. In essa, giovani di diversa origine possono imparare il dialogo della vita per partecipare all'edificazione di una società in grado di accogliere ognuno e di rispettare le differenze. L'unità fra tutti i cittadini, senza distinzioni di origine e di credo, fondata sull'amore verso la patria comune, deve essere perseguita con ardore allo scopo di lavorare insieme per lo sviluppo integrale della nazione, nella concordia e nella giustizia. Non abbiano paura, i giovani, di impegnarsi per il futuro del loro Paese!

81 9. Amati Fratelli, molte volte e per motivi diversi avete fatto cenno alla difficoltà derivante da usi e costumi ancestrali delle popolazioni che non permettono loro di aderire completamente alle esigenze del Vangelo, per affermare subito dopo la disponibilità con cui esse lo accolgono. So che è una contraddizione solo apparente perché il grado di adesione in causa è diverso, ma, in questa contraddizione apparente, non si nasconde forse la vera e più grande sfida di sempre - anche di oggi : l'urgenza di evangelizzare?

Questi cinquecento anni di evangelizzazione delle vostre popolazioni hanno visto, più di una volta, rinnovarsi il prodigio di una Chiesa che rinasce dalle ceneri con una potenza straordinaria. Oggi, che la Chiesa in Mozambico ha già delle solide fondamenta, è giunto il momento di provocare una grande ondata di missionari che tornino nella vostra terra dove ci sono milioni di persone ancora non evangelizzate, allo scopo di «proclamare la Buona Novella a tutti, e di condurre coloro che ascoltano al Battesimo e alla vita cristiana». Se vi impegnerete «con vigore e senza esitazioni su questa via, la Croce potrà essere piantata in ogni parte (. . .) per la salvezza dei popoli che non hanno paura di aprire le porte al Redentore » (Ecclesia in Africa, n. 74).

10. Venerato Cardinale, amati Fratelli nell'Episcopato! Alla fine del nostro incontro, desidero rinnovare la mia gratitudine per la visita che mi avete fatto, portando i frutti generosi di una semina del Vangelo che ha cinquecento anni nella vostra terra. Su tutta la Nazione imploro la benevolenza di Dio, supplicandoLo di liberare dall'odio, dal rancore e dalla vendetta il cuore di tutti gli abitanti del Mozambico, per giungere al Grande Giubileo dell'anno 2000 autenticamente e profondamente riconciliati e pacificati con Dio e con gli uomini.

Questa riconciliazione - e i cristiani lo sanno - ha la sua fonte di grazia e di dinamismo nell'Eucaristia e «il Duemila sarà un anno intensamente eucaristico», giacché «nel sacramento dell'Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi all'umanità come sorgente di vita divina» (Tertio Millennio adveniente
TMA 55). Maria, Madre del Redentore, vi assista nel condurre il Popolo di Dio che è in Mozambico fino a questo incontro salvifico! Con la mia Benedizione Apostolica.



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