GP2 Discorsi 1999 197

197 Rimanete saldi nella fedeltà a Cristo, alla Chiesa ed ai poveri. Abbiate sempre presenti le parole di Gesù: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato" (Jn 15,12), ed ancora: "Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me!" (Mt 25,40).

Mentre vi auguro di intensificare la vostra benemerita azione, imploro su ciascuno la materna protezione delle celeste Patrona, la Beata Vergine Maria del Monte Filéremo, che sempre vi ha accompagnato in Patria e nell'esilio. Vi sostenga pure il santo Protettore dell'Ordine, San Giovanni Battista, annunciatore della presenza di Cristo nella storia del mondo.

Con tali sentimenti, imparto volentieri la Benedizione Apostolica al Gran Maestro, a voi qui presenti ed a tutto il Sovrano Militare Ordine di Malta, particolarmente ai malati ed ai sofferenti da voi assistiti in ogni parte del mondo.


AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE


DEI MIGRANTI E DEGLI ITINERANTI


Venerdì, 25 giugno 1999

Venerati Fratelli nell'Episcopato,

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Costituisce per me motivo di gioia accogliervi al termine dei lavori della riunione "plenaria" del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Saluto tutti con affetto e, mentre vi ringrazio per la visita, esprimo vivo apprezzamento per l'impegno che ponete al servizio della Santa Sede. Sono particolarmente riconoscente a Mons. Stephen Fumio Hamao, Presidente di codesto Pontificio Consiglio, per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome.

Durante queste giornate, avete riflettuto sul ruolo che i pellegrinaggi ai santuari ricoprono nella vita della Chiesa. Questi luoghi di preghiera, come ho già avuto modo di sottolineare, sono "le pietre miliari che orientano il cammino dei figli di Dio sulla terra" (Omelia ai fedeli di Corrientes, Argentina, 9 aprile 1987: Insegnamenti, X, 1 [1987], 1188). Guardando alla loro ricca realtà, è facile costatare come essi rappresentino un grande dono di Dio alla sua Chiesa e all'intera umanità.

2. L'uomo anela ad incontrare Dio ed i pellegrinaggi lo abituano a pensare al porto dove egli può approdare nel corso della sua ricerca religiosa. Lì il fedele può cantare col Salmista la sua sete e fame del Signore: "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua. Così nel santuario ti ho cercato . . . perché la tua grazia vale più della vita" (Ps 63,2-4).

Queste "oasi dello spirito" offrono così alla comunità ecclesiale un clima singolarmente favorevole per meditare la Parola di Dio e per celebrare i Sacramenti, in particolare quelli della Penitenza e dell'Eucaristia. In essi, inoltre, è possibile effettuare proficue esperienze di fede, come pure manifestare il proprio amore ai fratelli mediante opere di carità e di servizio ai bisognosi.

In tale ottica, i Vescovi nelle varie parti del mondo hanno sempre favorito i santuari, come centri di profonda spiritualità, nei quali i credenti, oltre a ravvivare la propria fede prendono più chiara coscienza dei doveri che ne derivano in campo sociale e si sentono impegnati a recare il loro concreto aiuto perché il mondo si trasformi progressivamente in quel regno di giustizia e di pace che le ispirate parole di Isaia additano: "Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore ... Forgeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci... Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la sapienza del Signore riempirà la terra, come le acque ricoprono il mare" (2, 3; 11, 9).

198 La pace e la solidarietà fra gli uomini sgorgano, a guardare le cose a fondo, dalla riconciliazione della persona con Dio. Occorre, pertanto, che i pellegrini trovino nei santuari concrete possibilità di preghiera e di silenzio, per favorire l'incontro con Dio e l'intima esperienza della tenerezza del suo amore. Di questa esperienza hanno particolare bisogno i migranti, i rifugiati e gli sfollati, provati da situazioni dolorose ed ingiuste; ne avvertono la necessità i marittimi, il personale dell'aviazione civile, i nomadi ed i circensi; ne traggono spirituale conforto quanti, per ragioni diverse, sono lontani dai propri cari.

3. Diversi sono gli atteggiamenti interiori con cui le persone giungono al santuario. Molti fedeli vi si recano per vivere momenti intensi di contemplazione e di preghiera, nonché di profondo rinnovamento spirituale. Altri li frequentano saltuariamente in occasione di ricorrenze significative. Altri ancora li visitano in cerca soltanto di riposo, per interessi culturali o per semplice curiosità. Sarà compito dell'Ordinario del luogo per i santuari diocesani e della Conferenza episcopale per quelli nazionali fissare le norme pastorali opportune per far sì che venga offerta un'adeguata risposta alle attese di ciascuno. E' importante che a tutti sia presentata l'iniziativa misericordiosa di Dio, che vuole comunicare ai suoi figli la sua stessa vita ed il dono della salvezza. Nel santuario risuonano le parole di Cristo ai "piccoli" ed ai "poveri" della terra: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" (
Mt 11,28).

Quando, poi, si ha modo di accogliere ragazzi e giovani, questo deve spingere i responsabili della pastorale dei santuari, in collaborazione con l'intera comunità ecclesiale, ad offrire un servizio ancor più qualificato e adatto alla loro età.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, siamo incamminati verso il Grande Giubileo del Duemila. Nel contesto dell'evento giubilare, il pellegrinaggio assume il valore di segno eccellente del cammino che il cristiano è chiamato a percorrere e dell'impegno con il quale deve celebrare il Giubileo (cfr Incarnationis mysterium, 7). Mentre cordialmente ringrazio ciascuno di voi per l'impegno e per la sollecitudine pastorale che manifestate nelle vostre quotidiane attività, affido i vostri sforzi all'attiva intercessione della Vergine Maria, venerata ed invocata nei tanti santuari che, in ogni parte del mondo, sono testimoni della sua presenza materna in mezzo ai discepoli di Cristo.

Dall'incontro comunitario e personale con Maria, «Stella dell'evangelizzazione» (Evangelii Nuntiandi EN 82), i pellegrini sono spinti a farsi, come Lei, annunciatori delle «grandi opere» che Dio continua a realizzare nella sua Chiesa. Voglia Maria far sentire la sua presenza materna in mezzo al Popolo di Dio che s'accinge a varcare le soglie del terzo millennio.

Con tali auspici, imparto volentieri la Benedizione Apostolica a voi tutti qui presenti ed a quanti vi sono cari.




AI VESCOVI D'IRLANDA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 26 giugno 1999




Cari Fratelli Vescovi,

1. Con grande gioia vi ricevo Vescovi di Irlanda, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum e colgo volentieri questa opportunità per trasmettere saluti affettuosi ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici del vostro Paese che ricordo con grande affetto. La vostra visita costituisce un'opportunità per rinnovare e rafforzare i vincoli di fede e di comunione che hanno caratterizzato il rapporto fra l'Irlanda e la Sede di Pietro fin dall'inizio. La vostra visita è realmente un pellegrinaggio, durante il quale pregate sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e meditate sulla grazia e sulla vostra responsabilità al servizio del Vangelo. Gli apostoli continuano a ispirare noi, loro Successori, mediante il loro insegnamento e il loro esempio e ci sfidano a essere «esempi per il gregge» (1P 5,3), uomini di Dio che hanno raggiunto «la vita eterna alla quale» sono stati chiamati «e per la quale» hanno fatto la loro «bella professione di fede davanti a molti testimoni» (cfr 1Tm 6,12).

La celebrazione da parte della Chiesa del bimillenario dell'avvento di Cristo come uomo è imminente e costituisce uno speciale kairos nel nostro ministero pastorale. Il Verbo incarnato è la realizzazione dell'anelito a Dio, presente in ogni cuore umano. Egli è «testimone fedele » (Ap 1,5) che il Padre ha esortato a cercare tutti gli uomini e tutte le donne e a portarli a condividere la vita interiore della Trinità. Come celebrazione di suprema manifestazione dell'amore di Dio, il Grande Giubileo obbliga i Pastori della Chiesa a intensificare i loro sforzi per la nuova evangelizzazione, necessaria a gettare solide fondamenta per vivere cristianamente nel prossimo millennio. «Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo spirito, luce e forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione . . . e al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (cfr He 13,8)» (Gaudium et spes GS 10). Di conseguenza, non dobbiamo temere o esitare di fronte allo svolgimento dei compiti a noi affidati, e precisamente, essere maestri autentici della fede (munus docendi), ministri di grazia (munus sanctificandi) e buoni Pastori del Popolo di Dio (munus regendi)(cfr Christus dominus CD 2).

2. La società deve riscoprire l'autenticità originale del Vangelo e portare di nuovo il messaggio cristiano di salvezza, verità, speranza, amore e gioia per il mondo. In quanto Vescovi, uno dei nostri doveri principali consiste nell'annunciare e nell'insegnare la fede cattolica e apostolica. Per essere convincenti, dobbiamo permettere a noi stessi di essere personalmente e continuamente trasformati da un rapporto profondo e orante con il Maestro divino, cosicché possiamo comunicare agli altri ciò che abbiamo avuto il privilegio di ricevere. Le parole del mio predecessore Papa Paolo VI sono molto adatte: «l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni. Percepisce, infatti, una istintiva repulsione per tutto ciò che è mistificazione, facciata o compromesso. In questo contesto, possiamo comprendere l'importanza di una vita che risuoni veramente di Vangelo » (Udienza generale, 2 ottobre 1974).

199 Siete consapevoli delle esigenze che la situazione crea nel vostro ministero. Negli ultimi anni abbiamo assistito a molti cambiamenti nella società irlandese e mentre alcuni aspetti di tale trasformazione rendono più difficile l'annuncio del Vangelo, è anche vero che molti fedeli sono orgogliosi di avere una conoscenza più illuminata della fede, di approfondire il loro rapporto con Dio nella preghiera, di imparare in che modo seguire Cristo più da vicino nella vita quotidiana e al servizio del bene comune, di avere un senso più vivo del proprio ruolo e della propria responsabilità nell'ambito della Chiesa. Ciò si può constatare nella diffusione dei gruppi di preghiera, nell'adorazione eucaristica e nei pellegrinaggi, così come nel maggiore impegno dei laici nell'evangelizzazione, nelle opere di carità, nella difesa della vita e nella promozione della giustizia. È anche vero che l'individualismo esagerato, che a volte accompagna una maggiore prosperità materiale, ha portato a un minore senso della presenza di Dio e del significato trascendente della vita umana. Il relativismo che poi prende piede, spesso conduce al rifiuto dei fondamenti oggettivi della morale e a una comprensione eccessivamente soggettiva della coscienza, tema questo che avete affrontato in una Lettera Pastorale congiunta del 1998. Ne consegue un'erosione del concetto per cui il cristianesimo insegna la verità, una verità che noi stessi non abbiamo elaborato, ma che ci giunge come dono. A sua volta, questo può portare a scoraggiarsi e a credere che la Chiesa non abbia più nulla di importante da dire agli uomini e alle donne di oggi. Tuttavia, in effetti, l'esperienza cristiana nel corso dei secoli, e anche nella nostra epoca, mostra che la fede, se messa alla prova, può emergere più forte, più libera e più vigorosa, proprio come la storia della Chiesa in Irlanda testimonia in modo eloquente.

3. La nuova evangelizzazione che può fare del prossimo secolo una primavera del Vangelo dipenderà molto dalla piena consapevolezza da parte dei fedeli laici della loro vocazione battesimale e della loro responsabilità per il Vangelo di Gesù Cristo. Oggi devono spesso essere i laici a stare in prima linea nel tentare di applicare l'insegnamento della Chiesa alle questioni etiche, morali e sociali che emergono nelle loro comunità o a livello nazionale. La missione specifica dei laici, uomini e donne, è l'evangelizzazione della famiglia, della cultura e della vita politica e sociale. In questo, si rivolgono ai Vescovi per ricevere incoraggiamento e guida.

Il compito dei Vescovi a questo proposito consiste nel promuovere la santità di vita e la formazione cristiana che permetteranno ai laici, al centro dell'ordine temporale, di «testimoniare come la fede cristiana costituisca l'unica risposta pienamente valida . . .ai problemi e alle speranze che la vita pone a ogni uomo e alla società» (Christifideles laici
CL 34). Operando il discernimento che appartiene al vostro apostolato, dovete essere come padroni «di casa» che estraggono dal loro «tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). È in questo senso che la nuova evangelizzazione richiede un rinnovamento di governo e di attività pastorali. Come ho spesso affermato, richiede sforzi che sono nuovi nell'ardore, nei metodi e nelle espressioni (cfr Veritatis splendor VS 106).

Questa novità non è fine a se stessa. Infatti, bisogna mantenere le pratiche e gli atti di devozione tradizionali che sono stati parte integrante della vita cattolica irlandese e ravvivarli se necessario. La pratica sacramentale, la pietà popolare, i pellegrinaggi e le devozioni tradizionali che sostengono la vita di grazia e l'impegno morale hanno perso importanza. Parimenti sono necessarie nuove forme di preghiera e di apostolato, nuove strutture e programmi, che contribuiscano a creare un maggiore senso di appartenenza alla comunità ecclesiale, una nuova fioritura di associazioni e movimenti in grado di dimostrare la perenne giovinezza della Chiesa e del suo essere lievito autentico per la società. La vostra vicinanza personale è necessaria per sostenere e guidare associazioni già esistenti di fedeli, molte delle quali hanno meriti straordinari nella vita della Chiesa in Irlanda, così come i nuovi gruppi e movimenti che lo Spirito Santo genera costantemente nella Chiesa in risposta alle mutevoli necessità.

4. La nuova evangelizzazione è urgente soprattutto in vista delle numerose e complesse motivazioni che rendono difficile la trasmissione della fede da una generazione all'altra, con il risultato che la conoscenza delle verità della fede e della pratica religiosa, in particolare fra i giovani adulti, è in declino. Certamente, alcuni dei motivi di questo sono esterni alla Chiesa. Tuttavia, altri riguardano quella vigilanza che è parte essenziale del ministero dei Vescovi. Il Vescovo è il maestro principale della fede nella parte della Chiesa affidata alla sua sollecitudine e deve preoccuparsi costantemente di garantire che venga impartito in maniera efficace il contenuto autentico della dottrina ecclesiale. Nulla può sostituire la forza delle verità stesse della fede di attrarre, convincere e trasformare l'esperienza interiore di una persona. Gli educatori cattolici dovrebbero ricordare ciò che ha affermato il Concilio: «il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et spes GS 31). Senza la «memoria storica» della tradizione e della cultura bimillenaria dei quali siete eredi, i giovani trovano difficile provare attaccamento per la Chiesa e ancora più difficile impegnarsi con essa in maniera definitiva.

Per i Vescovi e i sacerdoti gli strumenti principali di trasmissione della fede sono la predicazione e la catechesi. Nello studio, nella riflessione, nel discernimento e nella preghiera, devono continuare a fare propria la verità salvifica di Cristo, per essere in grado di trasmettere una visione saldamente radicata della fede, importante per le necessità dei nostri tempi. Siete chiamati a proclamare la verità con coraggio, anche se ciò che insegnate, a volte, contrasta con le opinioni socialmente accettate, sapendo che la persona e l'insegnamento di Gesù Cristo non sono marginali alle necessità della cultura di oggi, ma al contrario rivelano il significato più profondo di tutto ciò che è umano.

5. Nella nuova evangelizzazione, il matrimonio e la famiglia devono essere oggetto di intensa attenzione pastorale.I giovani devono essere aiutati a sviluppare con generosità, dono di sé e impegno quanto richiesto dal matrimonio. La preparazione al matrimonio dovrebbe garantire che le coppie comprendano pienamente la natura del matrimonio cristiano e siano in grado di affrontare le responsabilità che esso comporta. Le parrocchie e le associazioni cattoliche possono essere validi strumenti per sostenere coppie e famiglie, organizzando catechesi per adulti, ritiri spirituali, consultori o incontri fra famiglie affinché si incoraggino a vicenda. Sono necessarie nuove idee e nuove energie per soddisfare le esigenze di coppie in difficoltà, e in particolare per aiutare con efficacia e prontezza le donne che sono sottoposte a pressioni affinché rifiutino i nascituri. La nuova evangelizzazione implica una difesa strenua del diritto alla vita, che è alla base di tutti i diritti umani, ancor più importante del «diritto di scelta» da parte dell'individuo, del gruppo o del Governo. Esso richiede che i fedeli siano sempre più consapevoli della dottrina sociale della Chiesa, sempre più attivi nella promozione della verità e della giustizia nella vita pubblica e nei rapporti interpersonali. Esige una solidarietà concreta verso i settori più deboli della società e verso quanti sono lasciati ai margini dello sviluppo economico.

6. Confidando nella forza della grazia di Dio legata all'ordinazione episcopale, un Vescovo deve essere desideroso di offrire ispirazione e incoraggiamento a quanti condividono con lui il fardello del loro ministero. Deve avere un rapporto stretto con i suoi sacerdoti, caratterizzato da carità pastorale, capacità di ascolto e sincera sollecitudine per il loro benessere spirituale e umano.

In un'epoca nella quale i sacerdoti soffrono a causa delle pressioni esercitate dalla cultura che li circonda e a motivo del terribile scandalo dato da alcuni sacerdoti, è essenziale invitarli a trarre forza da una più profonda intuizione della propria identità e missione. Vi sono stato vicino nel dolore e nella preghiera, affidando a «Dio di ogni consolazione » (2Co 1,3) quanti sono stati vittima di abusi sessuali da parte di ecclesiastici o religiosi. Dobbiamo anche pregare affinché quanti si sono resi colpevoli di ciò, comprendano la natura maligna delle loro azioni e chiedano perdono.

Questi scandali, e un concetto più sociologico che teologico della Chiesa, a volte portano a modifiche nella disciplina del celibato. Tuttavia, non possiamo trascurare il fatto che la Chiesa riconosce la volontà di Dio attraverso la guida interiore dello Spirito Santo (cfr Jn 156,13) e che la tradizione viva della Chiesa costituisce una chiara affermazione della consonanza del celibato, per profondi motivi teologici e antropologici, al «carattere » sacramentale del sacerdozio. Le difficoltà implicite nella tutela della castità non sono una ragione sufficiente per sconvolgere la legge del celibato. Piuttosto la Chiesa «avendo fiducia nello Spirito che il dono del celibato . . . viene concesso in gran misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell'ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza » (Presbyterorum ordinis PO 16).

Riflettendo sul cinquantesimo anniversario della mia ordinazione, ho ricordato in Dono e Mistero che la vocazione sacerdotale è un mistero di scelta divina, suggerito solo dall'amore di Dio per chi è chiamato. È un dono che trascende infinitamente l'individuo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Jn 15,16). Queste parole sono una sfida ai sacerdoti affinché riaffermino la bontà e il significato unico della propria chiamata, nonostante le debolezze e i fallimenti personali. Non dovrebbero esitare a esortare i giovani al radicale dono di sé che il sacerdozio implica: «è giunto il tempo di parlare coraggiosamente della vita sacerdotale come di un valore inestimabile e come di una forma splendida e privilegiata di vita cristiana» (Pastores dabo vobis PDV 39). Profondamente grato a Dio per la santità, la testimonianza e l'impegno di così tanti sacerdoti irlandesi, del passato e del presente, vi incoraggio a riaffermare l'ideale della vita sacerdotale e a ricordare a tutta la comunità ecclesiale la grazia straordinaria implicita nell'Ordinazione, una configurazione sacramentale unica a Cristo per mezzo della quale il sacerdote diviene Cristo per gli altri: un segno efficace della presenza salvifica di Cristo. La lotta per la santità e la maturità personale, l' esempio di virtù e di integrità cristiane, la carità pastorale verso tutti, sono le condizioni di un ministero fecondo e fedele, e sono ciò che i fedeli hanno il diritto di esigere da quanti hanno accolto la chiamata del Signore.

200 7. Il valore di un'autentica e stabile esperienza di vita consacrata incentrata sulla comunità è di incommensurabile valore per la nuova evangelizzazione. All'approssimarsi del terzo millennio cristiano, la Chiesa ha grande bisogno di una vita religiosa vitale e attraente, che testimoni la sovranità di Dio e il valore del «dono totale di sé nella professione dei consigli evangelici» (Vita consecrata VC 16). Poiché molte congregazioni religiose affrontano la sfida della diminuzione del numero e dell'aumento dell'età dei membri, i Vescovi devono aiutarle a riaffermare la fiducia nella propria consacrazione e missione. Ogni aspetto della presenza della Chiesa nel mondo, incluse tutte le forme di vita consacrata, è il risultato e l'espressione dell'Incarnazione salvifica, della Morte redentrice e della Risurrezione di Cristo. La vita consacrata rende presente in vari modo Cristo casto, Cristo povero, Cristo obbediente, ossia, il Santo di Dio. L'importanza di questa testimonianza per la vita di ogni Chiesa locale è tale che un Vescovo non deve smettere di fare tutto il possibile per promuovere e sostenere questa vocazione, che è al centro della Chiesa, poiché manifesta la natura interiore della chiamata cristiana e l'anelito di tutta la Chiesa come Sposa verso l'unione con il suo Sposo (Cfr Vita consecrata VC 3).

8. Una rivitalizzazione della Chiesa in Irlanda può solo derivare da un rinnovamento autentico della vita liturgica e sacramentale. In particolare, nell'Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa, lo Spirito Santo porta i fedeli a un incontro profondo e trasformatore con il Signore, e dona la grazia che permette loro di vivere secondo il Vangelo e di recarne testimonianza con le loro azioni. La dimensione contemplativa della liturgia e la riverenza per la presenza reale, tanto caratteristiche della vita cattolica irlandese, non sono forse particolarmente necessarie ora che così tanto della cultura odierna tende a restare a livello dell'effimero e del superficiale? A questo proposito, sono lieto di osservare un rinnovamento dell'Adorazione del Santissimo Sacramento in numerose parrocchie di Irlanda, segno che i fedeli hanno ancora un senso profondo di ciò che nella loro fede è essenziale e fonte di vita.

Nell'esortare tutta la Chiesa a una celebrazione intensa dell'anno giubilare, ho voluto che l'anniversario della nascita di Cristo fosse «anno della remissione dei peccati e delle pene per i peccati, anno della riconciliazione tra i contendenti, anno di molteplici conversioni e di penitenza sacramentale ed extra-sacramentale » (Tertio Millennio adveniente TMA 14). Le tendenze dominanti nella cultura contemporanea indeboliscono il senso del peccato, in particolare a causa di una minore consapevolezza di Dio, che è santo e che chiama il suo popolo alla santità di vita. È dunque necessario un grande sforzo pastorale per aiutare i fedeli a riscoprire il senso del peccato in relazione a Dio e di conseguenza ad apprezzare profondamente la bellezza e la gioia del Sacramento della Penitenza. Ciò pone l'enfasi sul Sacramento nei programmi pastorali diocesani e nelle iniziative legate al Giubileo, esortando i cattolici a fare di nuovo quell'esperienza di conversione che è la confessione e l'assoluzione individuale e integrale.

La natura personale del peccato, la conversione, il perdono e la riconciliazione sono i motivi della necessità della confessione personale dei peccati e dell'assoluzione individuale (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1484). È anche per questo motivo che la confessione generale e l'assoluzione generale sono adatte solo in casi di grave necessità, previsti chiaramente dalle norme canoniche e liturgiche (cfr ibidem 1483; Codice di Diritto Canonico, Canoni 961- 963).

Sono ormai trascorsi venti anni dalla mia ultima visita pastorale nel vostro Paese. In quell'occasione, sperimentai che al centro dell'esperienza cattolica irlandese c'è la combinazione di contemplazione e missione, due pilastri su cui ogni sforzo di evangelizzazione dovrebbe reggersi o crollare. Fu questa combinazione che spinse san Patrizio, san Colmcille, san Colombano, Santa Brigida, sant'Oliver Plunkett, i martiri irlandesi e tanti uomini e donne santi in tempi più recenti a lasciare tutto per Cristo al fine di rendere noto il Vangelo. Che la celebrazione del Grande Giubileo porti a riaccendere lo spirito di preghiera e di missione, cosicché la Chiesa in Irlanda possa affrontare con fiducia il prossimo millennio rivitalizzata e rinnovata!

Affidando voi e tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre Diocesi all'intercessione di Nostra Signora Regina di Irlanda, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


A S.E. IL SIGNOR MARTIN STROPNICKÝ


AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA CECA


PRESSO LA SANTA SEDE


Giovedì, 28 giugno 1999

Signor Ambasciatore!


1. Con piacere do il benvenuto all’Eccellenza Vostra, in occasione della presentazione delle Lettere che L’accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Ceca presso la Santa Sede.

Con cortese attenzione Ella ha voluto fare riferimento alla missione pastorale del Successore di Pietro, sottolineando il valore del suo Magistero anche per la vita della comunità civile. In questo contesto Ella ha ricordato le visite da me fatte alla Sua Patria. Le Sue parole hanno risvegliato in me tanti ricordi, riportandomi col pensiero alle emozioni indimenticabili di quegli incontri così ricchi di calore umano e di fede cristiana.

Sono grato al Presidente della Repubblica Ceca, il Sig. Václav Havel, per i cordiali saluti che ha voluto indirizzarmi per il gentile tramite di Vostra Eccellenza. La prego di volergli far giungere, in cambio, i miei deferenti auguri per la sua alta missione nonché per la sua salute, facendosi al tempo stesso interprete dei sentimenti di benevolenza che nutro per gli abitanti della Nazione ceca che mi è tanto cara. Voglia il Signore concedere a tutti prosperità e pace in un contesto di giustizia e di solidarietà, nel quale sia dato a ciascuno di trovare adeguata soddisfazione delle proprie legittime attese.

201 2. Ella, Signor Ambasciatore, ha altresì ricordato i cambiamenti che si sono verificati nel continente europeo dieci anni or sono. La caduta della dittatura comunista ha suscitato numerose speranze, dando ai popoli nuovi motivi per guardare con fiducia verso il futuro.

A motivo della ubicazione nel cuore del continente, il Suo Paese ha ricevuto una vocazione particolare. E’ chiamato a partecipare attivamente alla costruzione della nuova Europa, quale importante fattore di unità.

Il millennio del martirio di sant’Adalberto, che ho celebrato a Praga e a Hradec Králové nel 1997, è stato un momento storico di grande importanza, che ha fatto meditare non solo sulle radici cristiane della Repubblica Ceca, ma anche sull’eredità ricevuta da quel grande Vescovo, come dagli altri santi boemi, moravi e slesiani, per la fondazione di un’Europa una, libera e credente nel Vangelo. In questa luce, la sua Patria ha potuto riscoprire il significato della propria missione, in funzione di ponte tra Est e Ovest.

I Paesi europei stanno vivendo in questi anni una congiuntura politica ricca di straordinarie opportunità. Essi non possono più pensare alla loro esistenza nella prospettiva di una semplice giustapposizione di Stati o addirittura di un loro antagonismo, con la conseguenza di inevitabili tensioni e conflitti, come è confermato dalle recenti vicende nei Balcani. Occorre piuttosto che, superando eventuali divisioni, sempre purtroppo possibili in una società estremamente gelosa dei propri diritti e delle proprie autonomie, essi si impegnino nella predisposizione di strutture adeguate per il consolidamento di quell’Europa delle Nazioni, di cui si sente sempre più l’urgenza. Spetta agli uomini di buona volontà favorire quanto è fonte di riconciliazione e di avvicinamento tra le persone ed i popoli, contribuendo così all’affermarsi della pace, a beneficio della generazione attuale e di quelle future, tanto all’Est quanto all’Ovest. Al di là delle differenze di lingua e di cultura, i profondi rapporti storicamente intercorsi tra i popoli europei e il patrimonio cristiano della maggioranza dei loro componenti costituiscono un validissimo presupposto su cui costruire l’intesa e la collaborazione fra le genti del continente.

3. Ogni popolo ha una sua particolare fisionomia collegata con la sua storia ed è giusto che la conservi nell’unione in via di realizzazione. Ciò rende necessario l’impegno di ogni europeo nella promozione di un clima di mutuo rispetto e di fraterna solidarietà. E’ importante anche che i responsabili della cosa pubblica abbiano cura di fondare le loro decisioni politiche, economiche e sociali innanzi tutto su quei criteri morali che fanno parte della memoria comune europea; in particolare, essi dovranno aver cura di porre al centro l’uomo, preoccupandosi della sua promozione integrale e del rispetto delle sue libertà fondamentali.

In tale prospettiva, il riconoscimento effettivo della libertà religiosa appare condizione indispensabile per la costruzione della nuova Europa e per l’armoniosa coesistenza delle nazioni che la compongono. Come Ella ha opportunamente sottolineato, il cristianesimo lungo la storia ha radunato e unito fra loro i vari popoli, aiutandoli a liberarsi dai gioghi che li opprimevano. L’esame sereno del passato dimostra che la fede cristiana è uno dei pilastri, su cui poggia il vecchio continente. I valori antropologici, morali e spirituali, che ad essa si richiamano, sono un tesoro al quale conviene tuttora attingere nella progettazione del futuro. Ciò non esclude, ovviamente, un eguale rispetto per le altre tradizioni religiose, che devono avere diritto di cittadinanza. Il rispetto della libertà religiosa è la garanzia del rispetto di tutte le altre libertà individuali e comunitarie.

4. Nello stesso spirito, occorre che siano chiariti e consolidati i rapporti tra Chiesa e Stato. In questo contesto, mi permetto di sottolineare ancora una volta, come già feci all’inizio della mia Visita Pastorale di due anni fa, che appare di primaria importanza la creazione di una Commissione paritetica, comprendente rappresentanti della Repubblica Ceca e della Santa Sede, con il compito di studiare le questioni ancora in sospeso in materia di rapporti tra Chiesa e Stato. Potrà così essere affrontata efficacemente anche la questione della restituzione dei beni della Chiesa, come pure quella di un adeguato sostegno per le istituzioni ecclesiali, secondo le norme del diritto e le esigenze della giustizia e della democrazia.

Senza impegnarsi direttamente nella vita politica, perché tale non è la sua missione, la Chiesa ha, tuttavia, il desiderio di servire gli uomini e di aiutarli a svolgere le loro mansioni a vantaggio dei propri simili. A questo mirerà anche l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Europa, che si celebrerà nel mese di ottobre, a Roma. E’ compito dei cattolici del continente proporre valide prospettive di civiltà, prospettando anche nuovi itinerari per lavorare insieme alla loro attuazione.

5. Signor Ambasciatore! So bene che, desiderando di aver il proprio posto “nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto di Dio” (Tertio millennio adveniente
TMA 46), i cattolici cechi vogliono recare il loro attivo contributo al bene del Paese, dopo le prove subite durante il periodo comunista. Essi vogliono fare in modo che il ricco patrimonio culturale e spirituale della tradizione cristiana sia trasmesso alle giovani generazioni, affinché possano prepararsi con animo fiducioso ad assumere le funzioni alle quali saranno chiamate. Ciò non potrà non giovare alla promozione dell’evoluzione democratica del Paese, favorendo il consolidamento dello Stato di diritto.

È, infatti, essenziale che coloro che hanno o avranno la responsabilità della res publica, considerino il loro incarico come un servizio alla comunità nazionale. Un tale impegno richiede che si vivano in grado eminente i valori morali e sociali, come la probità, la giustizia, la concordia, il disinteresse, il senso della legalità, così da promuovere sempre più la fiducia del popolo nei confronti dei suoi rappresentanti, a tutti i livelli della società.

6. Formulo perciò auspici affinché la missione, che Ella inaugura oggi presso la Sede Apostolica, Le dia numerose occasioni di conoscere da vicino le molteplici manifestazioni della vita della Chiesa universale, in particolare in questo periodo in cui ci prepariamo a celebrare il grande Giubileo. In tale contesto, sono lieto che la repubblica Ceca si senta particolarmente coinvolta nella celebrazione dell’evento: essa infatti donerà il grande abete, che svetterà nella Piazza San Pietro nel tempo natalizio, all’inizio dell’Anno Santo, come segno di unione tra il secondo e il terzo Millennio; e promoverà qui a Roma iniziative di singolare spessore culturale, durante lo svolgersi del Giubileo stesso.

202 L’auspicio è che la solenne ricorrenza sia per i fedeli e per tante altre persone di buona volontà un tempo di conversione nel quale, riconoscendo umilmente le debolezze del passato, tutti si volgano con animo nuovo verso il futuro, decisi a dare il meglio di se stessi nella vita fraterna.

Nel porgerLe i migliori auguri, Le posso assicurare che Ella troverà sempre da parte dei miei Collaboratori accoglienza attenta e comprensione cordiale nell’adempimento del Suo incarico.

Invoco su di Lei, sulle persone a Lei care e su Suoi collaboratori dell’Ambasciata, così come sul Presidente della Repubblica, sulle altre Autorità del Suo Paese e su tutti i Suoi connazionali, l’abbondanza delle benedizioni divine.




GP2 Discorsi 1999 197