GP2 Discorsi 1999 295

295 Alla luce di questi dati di fede auguro, pertanto, che le celebrazioni per la riapertura della vostra Cattedrale siano per tutti occasione di rinnovata e generosa risposta alla chiamata del Signore. Iddio conceda alla vostra amata Arcidiocesi di continuare ad essere segno di intesa e di dialogo, miniera di vocazioni al servizio della nuova evangelizzazione, esempio di coraggiosa adesione allo spirito delle Beatitudini.

3. So quanto la storia della Cattedrale sia intimamente legata agli eventi lieti e dolorosi della Città e dell'Arcidiocesi. Le alterne vicende di costruzione, distruzione e ricostruzione richiamano momenti di dolore e di morte, ben presenti nella memoria del popolo. Esse costituiscono però anche testimonianze eloquenti della grandezza e della costanza della fede dei vostri Padri e di tutti voi, che mai avete rinunciato al proposito di riedificare questa chiesa madre della Comunità ecclesiale.

Intimamente legata alla persona del Vescovo, la Cattedrale è, in effetti, “madre” di tutte le chiese della Diocesi. Mediante la Cattedrale e nella Cattedrale si manifesta la “comunione” dell'intera Comunità diocesana, unita al Vescovo in modo speciale nella celebrazione eucaristica. Ecco perché ben opportunamente il Concilio Vaticano II ribadisce che si deve dare “la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al Vescovo, principalmente nella chiesa Cattedrale, convinti che la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri” (Sacrosanctum Concilium
SC 41).

Vorrei esortare i fratelli e le sorelle di codesta cara Arcidiocesi ad amare e custodire con zelo costante la loro Cattedrale. Essa sia per ciascuno la casa della preghiera, il tempio santo, il luogo della presenza del Dio vivente e della familiarità con lui; spinga l’intera comunità ad essere unita e solidale, così da pregustare nella liturgia e nella carità fraterna qualcosa della futura beatitudine celeste.

Su ciascuno si estenda la protezione del celeste Patrono, sant'Antonino, e soprattutto la materna assistenza della Vergine Madre della Chiesa. A Maria affido le attese e le difficoltà, i propositi e le speranze dell'intera Arcidiocesi, che so impegnata in un cammino di sempre più salda intesa e cooperazione fra il Vescovo ed i sacerdoti, fra il clero, i religiosi ed ogni componente del popolo cristiano. Per tutti e per ognuno la Vergine sia Madre e sostegno.

Da parte mia, mentre rinnovo i più fervidi sentimenti del mio costante e fraterno affetto, imparto a Lei, ai Collaboratori ed all'intera Arcidiocesi la confortatrice Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 1° Novembre 1999, solennità di Tutti i Santi.

IOANNES PAULUS PP. II



AI FEDELI DELL'ARCIDIOCESI DI GDANSK E


DELLA DIOCESI DI TARNÓW


Giovedì, 4 novembre 1999

1. Do il mio cordiale benvenuto a voi qui presenti, giunti per l'odierno incontro. Rivolgo parole di un particolare saluto ai pellegrini dell'arcidiocesi di Gdansk e della diocesi di Tarnów e ai loro pastori, l'arcivescovo Mons. Tadeusz Goclowski e il vescovo Mons. Wiktor Skworc. Li ringrazio per le parole rivoltemi. Saluto anche il vescovo Zygmunt Pawlowicz e il vescovo emerito Piotr Bednarczyk. Saluto i rappresentanti delle autorità cittadine di Gdansk, di Sopot, di Gdynia, delle autorità locali e delle autorità territoriali di Pomorze. Rivolgo parole di benvenuto anche ai rappresentanti delle autorità locali delle città di Nowy Sacz e di Stary Sacz, come anche di Grybów, del Comune di Limanowa e dei Comuni della terra di Sacz. Saluto i rappresentanti del clero e tutti i fedeli.


Vi ringrazio perché non dimenticate il Papa. Oggi in modo particolare ringrazio per questo bel canto, che mi ricorda la visita in Polonia del mese di giugno. Ho ascoltato con commozione gli auguri che mi avete rivolto e che avete pure cantato. È merito dei cori e delle bande qui presenti, che saluto di tutto cuore.

2. Oggi, insieme a voi, voglio celebrare san Carlo Borromeo, di cui ho ricevuto il nome nel santo Battesimo. Egli appartiene alle più importanti figure della Chiesa cattolica. Questo vescovo, e cardinale, è un esempio di pastore zelante, dedito totalmente alla causa di Dio, e capace di donarsi senza misurare né fatiche né sacrifici. Morì giovane, all'età di appena 46 anni, consumato da un lavoro sovrumano e macerato dalle penitenze. La Chiesa gli deve moltissimo. Fu proprio grazie a lui che il Concilio di Trento poté portare a termine i suoi lavori. San Carlo Borromeo era anche tra coloro che per primi intrapresero con slancio l'attuazione del rinnovamento postconciliare. I frutti della fatica pastorale di san Carlo perdurano nella Chiesa ambrosiana e non soltanto fino ai nostri tempi. Grazie ad essi, in un certo senso, sentiamo la sua continua presenza. Più volte ho visitato la sua tomba, che si trova nella cripta della cattedrale di Milano. A Roma, nella basilica di san Carlo (san Carlo al Corso) è conservato il suo cuore, in un apposito reliquiario.

296 Durante il pellegrinaggio in Polonia nel mese di giugno vi dicevo, nell'omelia a Stary Sacz, che "i Santi non passano". Tali parole si riferiscono a santa Kinga, ma anche a tutti i santi e i beati della Chiesa universale. Si riferiscono anche a sant'Adalberto - patrono della Chiesa di Gdansk, di cui abbiamo celebrato in quella città il millennio della canonizzazione - si riferiscono pure a san Stanislao e a san Carlo Borromeo. Meditando la lunga storia della Chiesa sperimentiamo pienamente questo ineffabile mistero della santità. Sperimentiamo in modo chiaro come "i Santi non passano". Sono sempre attuali, sempre presenti, il loro esempio trascina sempre gli altri e li esorta ad intraprendere il cammino della perfezione. Queste parole acquistano una particolare forza qui, a Roma, presso le tombe dei santi apostoli Pietro e Paolo.

3. A Stary Sacz ho detto ancora qualcosa di più, cioè: "I Santi vivono della santità e hanno sete di santità". Con la loro vita hanno dimostrato che la santità è possibile e la esigono anche da noi.

L'uomo è chiamato alla santità, e le parole di Cristo: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (
Mt 5,48) ne sono la conferma.

Il mondo di oggi, ed anche la nostra Patria, hanno bisogno di uomini santi, vuol dire di uomini retti, che compiono con fedeltà la volontà di Dio, pieni di spirito di servizio e di sollecitudine per l'uomo.

Di uomini onesti, che amano la verità, che si adoperano per il bene comune, perfino a prezzo di una generosa rinuncia a quello proprio. "Oggi il mondo e la Polonia hanno bisogno di uomini dal cuore grande, che servono con umiltà e amore, che benedicono e non maledicono, che conquistano la terra con la benedizione" - così vi dicevo a Gdansk.

Oggi ringraziamo i santi nostri fratelli e nostre sorelle per l'esempio che ci hanno lasciato e perché ci hanno indicato la strada lungo la quale dobbiamo camminare verso il nuovo millennio. Non è possibile costruire il futuro senza il riferimento a Dio, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Voglio una volta ancora, in questa occasione esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che sono qui presenti. Vi ringrazio per la preghiera, che è un invisibile legame che unisce la comunità dei credenti. È un legame molto forte e profondo. Cerco di ricambiare tutti con la quotidiana preghiera. Dio benedica voi, le vostre famiglie e coloro che non hanno potuto essere presenti qui, benché lo desiderassero tanto. Dio benedica tutta la nostra Patria.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PONTIFICIO CONSIGLIO


DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE


IN OCCASIONE DELL'ASSEMBLEA PLENARIA


Eccellenze,

Cari amici,

1. Sono sempre stato lieto di ricevere i Membri del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, insieme ad alcuni dei loro Consultori, in occasione dell'Assemblea Plenaria. Quest'anno, il suo coincidere con la mia Visita Apostolica in India non mi permette di fare questo. Tuttavia, il vostro Presidente, l'Arcivescovo François Xavier Nguyên Van Thuân, mi ha informato del programma dell'Assemblea, e con questo messaggio desidero salutarvi e invocare sulla vostra opera la benedizione di Dio.

Nel corso della sua lunga storia, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha svolto un ruolo importante nella promozione della dottrina sociale della Chiesa. Fondato su richiesta del Concilio Vaticano II, esso è chiamato a offrire a tutto il Popolo di Dio una conoscenza più esauriente del proprio ruolo nel favorire lo sviluppo della famiglia umana, in particolare dei suoi membri più poveri, perseguendo la giustizia sociale fra i popoli e le nazioni (cfr. Paolo VI, Catholicam Christi Ecclesiam, 6 gennaio 1967).

297 Il suo scopo è sempre stato ed è oggi più che mai globale. Alla vigilia del Grande Giubileo, continuate a mostrare la vostra determinazione a restare fedeli a questa missione.

2. Gli sforzi recenti che il Pontificio Consiglio ha compiuto per diffondere la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, hanno voluto rendere i responsabili, sia ecclesiastici sia laici, sempre più attenti al proprio dovere di promuovere la dignità di ogni persona umana, affrontando questioni quali l'eliminazione della miseria e la promozione di un approccio efficace ai diritti dell'uomo. Avete affrontato con successo tali questioni direttamente in varie parti del mondo, cercando di aiutare le Chiese locali a organizzare seminari sulla dottrina sociale della Chiesa, nell'ambito dei loro specifici contesti. Facendo questo in Africa, in Asia e in America Latina, esprimete pienamente lo spirito del Grande Giubileo, che intende essere un tempo di liberazione e di ripristino dell'equità e della pace fra i popoli (cfr
Lv 25). Lo fate con spirito evangelico, poiché la libertà, la giustizia e la pace autentiche sono doni di un Dio amorevole che persegue la collaborazione fra quanti ha creato nell'amore. Incoraggio i vostri sforzi volti a rendere la pratica della dottrina sociale della Chiesa un impegno sempre più profondamente sentito tra i fedeli.

Con il medesimo spirito, avete sostenuto e promosso sforzi presso forum regionali e internazionali per aiutare i Paesi più poveri a liberarsi dal fardello del debito e del sottosviluppo e a porre fine ai conflitti interni.

3. Lo scorso anno, ho affidato al Pontificio Consiglio il compito di produrre un "compendio o una sintesi autorizzata della dottrina sociale cattolica" che avrebbe mostrato la connessione fra quest'ultima e la nuova evangelizzazione (Ecclesia in America, n. 54).

Questo documento aiuterà i membri della Chiesa a comprendere meglio l'importanza di tale dottrina.

Il Giubileo è per questa pubblicazione un'opportunità eccellente. Il concetto stesso di Giubileo, che commemora la nascita di Gesù, comprende l'annuncio della Buona Novella ai poveri, la liberazione degli oppressi e la restituzione della vista ai ciechi (cfr Mt 11,4-5 Lc 7,22), la liberazione delle persone dai loro debiti e la riconsegna della terra (Lv 25,8-28), questioni che il Pontificio Consiglio ha affrontato con efficacia nel corso di questi ultimi anni di preparazione a tale grande evento.

4. In occasione di questa Assemblea Plenaria, prenderete in considerazione l'attuale crisi ambientale alla luce della dottrina sociale della Chiesa. La questione dell'ambiente è strettamente correlata ad altre importanti questioni sociali, poiché l'ambiente include quanto ci circonda e tutto ciò da cui dipende la vita umana. Per questo, è importante un approccio corretto al problema.

A tale proposito, la riflessione sul fondamento biblico della sollecitudine per il Creato può chiarire il dovere di promuovere un ambiente sano e salutare.

L'uso delle risorse della terra è un altro aspetto cruciale della questione ambientale. L'esame di questo problema complesso investe il cuore stesso dell'organizzazione della società moderna.

Riflettendo sull'ambiente, alla luce delle Sacre Scritture e della dottrina sociale della Chiesa, non possiamo non porci il problema dello stile di vita promosso dalla società moderna, e in particolare la questione legata alla ineguale distribuzione dei benefici del progresso. Il Pontificio Consiglio renderà un prezioso servizio alla Chiesa, e attraverso di essa a tutta l'umanità, promuovendo una più profonda comprensione del dovere di operare affinché si permetta alle persone, sulla base di una maggiore giustizia ed equità, di condividere le risorse del Creato.

5. In occasione del vostro incontro, invoco di tutto cuore le benedizioni divine su tutti i Membri e i Consultori del Consiglio. Ringrazio tutti voi per l'aiuto considerevole che prestate alla Santa Sede sulla base delle vostre specifiche capacità e della vostra ricca e molteplice esperienza in numerose parti del mondo. Che la grazia e la pace del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi e con i membri delle vostre famiglie! Con la mia Benedizione Apostolica.

298 Dal Vaticano, 4 novembre 1999.

IOANNES PAULUS PP. II



VIAGGIO APOSTOLICO A NEW DELHI E IN GEORGIA (5-9 NOVEMBRE 1999)


AI RAPPRESENTANTI DI ALTRE RELIGIONI


E DI ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE


«Vigyan Bhawan» (New Delhi) - Domenica, 7 novembre 1999




Ilustri Responsabili religiosi,
Cari amici,

1. È una grande gioia per me visitare ancora una volta l'amata terra d'India e avere l'opportunità in particolare di salutare voi, Rappresentanti di differenti tradizioni religiose, che incarnate non solo i grandi progressi del passato, ma anche la speranza di un futuro migliore per la famiglia umana. Ringrazio il Governo e il popolo dell'India per l'accoglienza che mi hanno riservato. Vengo fra voi come pellegrino di pace e come viaggiatore sulla strada che conduce al completo soddisfacimento dei più profondi desideri umani. In occasione di Diwali, la festa delle luci, che simboleggia la vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, esprimo la speranza che questo incontro parli a tutto il mondo delle cose che ci uniscono: la nostra comune origine umana e il nostro comune destino, la nostra responsabilità condivisa per il benessere e il progresso delle persone, il nostro bisogno di luce e di forza che ricerchiamo nelle nostre convinzioni religiose. Nel corso dei secoli e in molti modi, l'India ha insegnato la verità che anche i grandi maestri cristiani propongono, ossia che gli uomini e le donne "per istinto" sono profondamente orientati verso Dio e Lo cercano nelle profondità del proprio essere (cfr San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, q. 60, art. 5, 3). Su questa base, sono convinto che insieme potremo intraprendere con successo il cammino della comprensione e del dialogo.

2. La mia presenza qui, fra voi, intende essere un ulteriore segno del fatto che la Chiesa cattolica desidera avviare in modo sempre più intenso il dialogo con le religioni del mondo. Essa ritiene questo dialogo un atto di amore che affonda le sue radici in Dio stesso. "Dio è amore" proclama il Nuovo Testamento, "chi sta nell'amore, dimora in Dio e Dio dimora in lui . . . Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo . . . Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Jn 4, 16, 19-20).

È un segno di speranza che le religioni del mondo stiano divenendo sempre più consapevoli della loro responsabilità comune per il benessere della famiglia umana. Questa è una parte cruciale della globalizzazione della solidarietà che deve esistere, se il mondo futuro deve essere sicuro. Questo senso di responsabilità condivisa aumenta man mano che scopriamo quello che abbiamo in comune come uomini e donne religiosi.

Chi di noi non deve affrontare il mistero della sofferenza e della morte? Chi di noi non considera la vita, la verità, la pace, la libertà e la giustizia valori sommamente importanti? Chi di noi non è convinto che la bontà morale sia sanamente radicata nell'apertura della società e dell'individuo al mondo trascendente della divinità? Chi di noi non crede che la via verso Dio richieda la preghiera, il silenzio, l'ascetismo, il sacrificio e l'umiltà? Chi di noi non è preoccupato per un progresso scientifico e tecnico che dovrebbe essere accompagnato da una consapevolezza morale e spirituale? E chi di noi non crede che le sfide di fronte alle quali la società si trova ora possano essere affrontate solo edificando una civiltà dell'amore, basata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà? E come possiamo farlo se non attraverso l'incontro, la comprensione reciproca e la cooperazione?

3. Il sentiero che abbiamo davanti è arduo e abbiamo sempre la tentazione di scegliere un cammino di isolamento e di divisione che porta al conflitto. Ciò, a sua volta, scatena quelle forze che rendono la religione un pretesto per la violenza, come osserviamo troppo spesso nel mondo. Di recente, ho accolto con piacere in Vaticano i rappresentanti delle religioni del mondo riunitisi per sviluppare i risultati dell'incontro di Assisi del 1986. Ripeto qui ciò che ho dichiarato di fronte a quella distinta assemblea: "La religione non è, e non deve diventare, un pretesto per i conflitti, soprattutto quando l'identità religiosa, culturale ed etnica coincidono. La religione e la pace vanno di pari passo: dichiarare guerra in nome della religione è un'evidente contraddizione". I Responsabili religiosi, in particolare, hanno il dovere di fare tutto il possibile per assicurare che la religione sia ciò che Dio desidera, una fonte di bontà, rispetto, armonia e pace! Questo è l'unico modo per onorare Dio in giustizia e verità!

Il nostro incontro ci chiede di lottare per discernere e accogliere qualunque cosa sia buona e santa in noi, cosicché possiamo riconoscere, tutelare e promuovere le verità morali e spirituali che sole garantiscono il futuro del mondo (cfr Nostra aetate NAE 2). In questo senso, il dialogo non è mai un tentativo di imporre le nostre opinioni agli altri, poiché un dialogo di tal genere diverrebbe una forma di dominio spirituale e culturale. Ciò non significa abbandonare le nostre convinzioni. Ciò vuol dire che, saldi in ciò in cui crediamo, ascoltiamo con rispetto gli altri, cercando di discernere quello che è buono e santo e che favorisce la pace e la cooperazione.

4. È essenziale riconoscere che esiste un vincolo stretto e indissolubile fra la pace e la libertà. La libertà è la prerogativa più nobile della persona umana e una delle principali esigenze di libertà è il libero esercizio della religione nella società (cfr Dignitatis humanae DH 3). Nessuno Stato, nessun gruppo ha il diritto di controllare sia direttamente sia indirettamente le convinzioni religiose di una persona, né può a ragione rivendicare il diritto di imporre o di impedire la professione pubblica e la pratica della religione o il rispettoso appello di una particolare religione alla libera coscienza delle persone. Ricorrendo quest'anno il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, ho scritto che "la libertà religiosa costituisce il cuore dei diritti umani. Essa è talmente inviolabile da esigere che alla persona sia riconosciuta la libertà persino di cambiare religione, se la sua coscienza lo domanda. Ciascuno, infatti, è tenuto a seguire la propria coscienza in ogni circostanza e non può essere costretto ad agire in contrasto con essa (cfr Articolo 18)" (Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace 1999, n. 5).

299 5. In India, la via del dialogo e della tolleranza è stata la via seguita dai grandi Imperatori Ashoka, Akbar, e Chatrapati Shivaji, da uomini saggi come Ramakrishna Paramahamsa e Swami Vivekananda e da figure luminose quali il Mahatma Gandhi, Gurudeva Tagore e Sarvepalli Radhakrishnan, che hanno compreso profondamente che servire la pace e l'armonia è un compito santo. Ci sono persone che, in India e altrove, hanno offerto un contributo significativo all'aumento della consapevolezza della nostra fraternità universale e ci orientano verso un futuro nel quale soddisferemo il nostro profondo desiderio di oltrepassare la porta della libertà perché lo faremo insieme. Scegliere la tolleranza, il dialogo e la cooperazione quale sentiero per il futuro significa tutelare ciò che vi è di più prezioso nell'ingente patrimonio religioso dell'umanità. Serve anche ad assicurare che nel corso dei prossimi secoli il mondo non resti privo di quella speranza che è la linfa vitale del cuore umano.

Che il Signore del cielo e della terra ce lo conceda ora e sempre!



VIAGGIO APOSTOLICO A NEW DELHI E IN GEORGIA (5-9 NOVEMBRE 1999)

PAROLE DI SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II

A bordo dell'aereo che dall'India lo conduce in Georgia - Lunedì, 8 novembre 1999

Al termine del viaggio in Asia vorrei ringraziare cordialmente tutti voi che mi avete accompagnato.


Un grazie particolare per il contributo dato alla felice conclusione del Sinodo per l'Asia.

Ringrazio i giornalisti e gli altri rappresentanti dei Media. Giungiamo ora nel continente europeo e sono lieto che l'arrivo in Georgia avvenga in un giorno significativo: cioè la vigilia del decimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, che incoraggia a gettare ponti fra popoli, le nazioni, le religioni e le culture.

A tutti un cordiale saluto, che si estende con riconoscenza ai responsabili e al personale dell'Air India.

A tutti la mia benedizione.

VIAGGIO APOSTOLICO A NEW DELHI E IN GEORGIA (5-9 NOVEMBRE 1999)

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto Internazionale di Tbilisi - Lunedì, 8 novembre 1999




Signor Presidente,
Santità,
300 Illustri ospiti, cari Fratelli e care Sorelle,

1. Per anni, ho avuto il desiderio di visitare questa amata terra, in particolare a partire dalle visite in Vaticano di Lei, Santità, e Sue, signor Presidente. Da allora, per usare le parole dell'Apostolo Paolo, ero "nell'impazienza di rivedere il vostro volto, tanto il" mio "desiderio era vivo" (
1Th 2,17) nella vostra terra. Dio ha ascoltato la mia preghiera. A Lui che solo è "santo e forte e immortale" (cfr Trisagion) rendo grazie e lode.

Le sono grato, signor Presidente, per l'invito che mi ha rivolto a venire in Georgia, per tutto quello che ha fatto personalmente per rendere possibile questa visita e per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome del Governo e di tutto il popolo georgiano.

Ringrazio Lei, Santità, Catholicos-Patriarca, poiché senza il suo sostegno fraterno non sarei qui ora a rendere visita alla Chiesa che presiede, a salutare Lei e il Santo Sinodo nella pace di Cristo, e a onorare la grande testimonianza cristiana resa dalla Sua Chiesa nel corso dei secoli. Vengo anche nella convinzione che, alla vigilia del terzo millennio dell'era cristiana, dobbiamo cercare di gettare nuovi ponti affinché con un solo cuore e una sola mente i cristiani possano proclamare insieme il Vangelo al mondo.

"Con affetto fraterno" (Rm 12,10), saluto Monsignor Giuseppe Pasotto e i sacerdoti cattolici, i religiosi e i laici dei riti Latino, Armeno e Siro-Caldeo. Attendo con ansia di pregare con i miei fratelli e con le mie sorelle cattolici per rendere grazie a Dio per la loro passata perseveranza e la loro attuale speranza.

2. Trovandomi per la prima volta in terra georgiana, sono profondamente commosso dalla lunga e gloriosa storia del cristianesimo in questa terra, che risale alla predicazione di santa Nino all'inizio del IV secolo e al regno del Re Vakhatang Gorgasali alla fine del V secolo. Da allora in poi, il cristianesimo è diventato il seme della successiva fioritura della cultura georgiana, in particolare nei monasteri. La Chiesa è diventata la custode dell'identità della nazione, tanto spesso minacciata. Più volte la Georgia è stata invasa e lacerata, tuttavia la sua identità e la sua unità sono sopravvissute fino ad oggi. Ciò attesta non solo la grande tenacia del popolo georgiano, ma anche la vitalità inesauribile del Vangelo in questa terra, poiché nei periodi più turbolenti la vera ancora della Georgia è stata la sua fede in Gesù Cristo.

Situata fra l'Est e l'Ovest, la Chiesa in Georgia è sempre stata aperta ai contatti con altri popoli cristiani. A volte, i vincoli fra la Chiesa georgiana e la Sede di Roma sono stati profondi e forti e sebbene altre volte ci siano state tensioni, la consapevolezza della nostra comune vocazione cristiana non è mai totalmente venuta meno. Ora, la mia presenza fra voi è un segno di quanto profondamente la Chiesa cattolica desideri promuovere la comunione con la Chiesa georgiana, in risposta alla preghiera di Cristo la notte prima di morire per l'unità di tutti i suoi discepoli (cfr Jn 17,23).

3. Il cristianesimo ha contribuito molto al passato della Georgia, e non deve contribuire meno al suo futuro. Domani ricorrerà il X anniversario della caduta del muro di Berlino, risultato di circostanze straordinarie nelle quali Lei, signor Presidente, ha svolto personalmente un ruolo sostanziale, evento che ha simbolicamente aperto una nuova era nella vita di molti Paesi. Un'ideologia atea aveva cercato invano di indebolire o perfino di eliminare da questa terra la fede religiosa del suo popolo. I seguaci di tutte le religioni hanno sofferto a causa di una grave ostilità. Oggi, dobbiamo ammirarla e ringraziarla per la testimonianza della sua perseveranza.

La riconquista dell'indipendenza della Georgia nel 1991 è stata un grande passo avanti. Ora, il compito consiste nello stabilizzare la pace in questa regione, nel promuovere l'armonia e la cooperazione e nel garantire che la libertà conduca a una nuova fioritura culturale, traendo forza dal vostro passato cristiano ed edificando una società degna di questa nobile nazione.

Alcune nubi incombono ancora sulla Georgia che cerca di ricostruirsi, materialmente e spiritualmente.

Tuttavia, valgono le parole bibliche: "L'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata" (Ct 2,11). È tempo di piantare il nuovo seme. All'alba del nuovo millennio, lasciandosi alle spalle il dolore del passato, che la Georgia possa dire con le parole del Cantico dei Cantici: "I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna" (Ct 2,12).

301 Oppure, con le parole del grande poeta georgiano, Shota Rustavéli: "Che le cose buone vengano condivise, come fiocchi di neve in inverno; che gli orfani, le vedove e i poveri abbiano ricchezze e conforto . . . che regni l'armonia; che il lupo e l'agnello mangino l'uno accanto all'altro".

Signor Presidente, Santità, che Colui "che in tutto ha il potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (
Ep 3,20) conceda alla Georgia tale futuro!

Dio benedica questa terra con armonia, pace e prosperità!


VIAGGIO APOSTOLICO A NEW DELHI E IN GEORGIA (5-9 NOVEMBRE 1999)


AD ILIA II, CATHOLICOS-PATRIARCA


DI TUTTA LA GEORGIA, E AI MEMBRI


DEL SANTO SINODO


Palazzo Patriarcale di Tbilisi - Lunedì, 8 novembre 1999

Santità,

Eminenze,
Eccellenze, cari Fratelli Vescovi,

1. Sono profondamente grato alla Divina Provvidenza per questo incontro, che si svolge quasi vent'anni dopo la prima visita storica del Catholicos-Patriarca dell'antica Chiesa Apostolica Georgiana alla Sede Apostolica a Roma. Allora ci scambiammo il santo bacio della pace e promettemmo che avremmo pregato l'uno per l'altro. Oggi, grazie al suo cortese invito, ho la gioia di ricambiare quella visita fraterna. Personalmente considero un grande dono di Dio avere l'opportunità di esprimere ancora una volta il mio rispetto e la mia stima per la Chiesa affidata alla sua sollecitudine. Sin dalla prima predicazione del Vangelo in queste terre, la Chiesa in Georgia ha reso una nobile testimonianza a Cristo e ha ispirato una cultura ricca di valori evangelici; oggi, in un nuovo clima di libertà, la Chiesa Apostolica Georgiana guarda al futuro con salda fiducia nella forza della grazia di Dio di suscitare una nuova primavera di fede in questa terra benedetta.

Nella pace di Cristo saluto quindi Sua Santità e gli Arcivescovi e i Vescovi del Santo Sinodo. È significativo che questa prima visita di un Vescovo di Roma alla Chiesa Ortodossa Georgiana si svolga alla vigilia del Grande Giubileo del bimillenario della nascita del Figlio di Dio, mandato dal Padre per la redenzione del mondo. Il Grande Giubileo rappresenta un invito per tutti i credenti a unirsi in un inno di rendimento di grazia per il dono della salvezza in Cristo, e a impegnarsi tutti insieme perché trionfi il suo Regno di santità, di giustizia e di pace. Al contempo il Giubileo ci sfida a riconoscere, in spirito di dolore e pentimento, le divisioni sorte tra noi nel corso di questo millennio, in aperta contraddizione con la volontà del Signore, che pregò perché tutti i suoi discepoli fossero una cosa sola (cfr Jn 17,21). Che questo incontro e il bacio della pace che ci scambieremo possano essere un passo, pieno di grazia, verso una rinnovata fraternità tra noi e verso una testimonianza più autenticamente condivisa di Gesù Cristo e del Vangelo di vita eterna!

2. Desidero assicurarvi del rispetto e dell'ammirazione che la Chiesa cattolica nutre per la Chiesa Georgiana. Radicata nella comunità originale di Gerusalemme, la Chiesa Georgiana è una delle prime comunità cristiane. Collegata alla predicazione dell'apostolo Andrea, essa deve la vera conversione del re e della nazione a santa Nino. Un autore occidentale, Rufino, nella sua "Storia Ecclesiastica", ci propone una descrizione molto antica della vita della santa che predicò il Vangelo del Signore dalla sua prigione, con parole e preghiere, penitenza e miracoli. Il "pilastro vivente" che eresse con la sua preghiera per sostenere il tempio che veniva costruito, dopo che nessuno strumento o sforzo umano vi era riuscito, è una bella immagine di lei, autentico pilastro della fede del popolo georgiano. Monaci santi ed eruditi donarono a questa terra, che secondo la tradizione custodiva la tonaca del Signore, molti dei suoi monumenti eterni di cultura e civiltà. Anche l'alfabeto è stato creato come strumento per predicare la parola di Dio nella lingua del popolo. Schiere di martiri hanno donato il loro sangue per il Vangelo quando professare la fede cristiana era un reato punibile con la morte: dai nove bambini martiri di Kola a san Shushanik, san Eustachio di Mtskheta, Abo di Tbilisi, fino alla Regina Ketevan. Per la sua storia e la sua cultura cristiane la Georgia merita il riconoscimento della Chiesa universale.

Anche il secolo che sta volgendo al termine ha visto in queste terre schiere di confessori e di martiri. Il vostro Paese è stato quindi ancora una volta santificato dal sangue dei testimoni dell'Agnello sacrificato per la nostra salvezza. Imploro la loro intercessione presso Dio per le nostre Chiese, affinché possiamo procedere insieme lungo il cammino di quella pace che solo il Signore Risorto può dare.

302 3. Qui, in questo momento provvidenziale, non posso non ringraziare Dio per i risultati dei contatti che vi sono stati negli ultimi anni tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa, a iniziare dall'incontro storico tra il Patriarca Ecumenico Athenagoras I e Papa Paolo VI. Grazie alla loro apertura ai suggerimenti dello Spirito Santo e al loro profondo impegno personale, queste due grandi guide hanno avviato le nostre Chiese su un cammino che, per grazia di Dio, ha assistito alla crescita di un dialogo ispirato dalla carità e interamente teologico. Sin dalla istituzione della Commissione Internazionale Congiunta, ho seguito da vicino i progressi del dialogo, che riveste grandissima importanza per la causa dell'unità cristiana. Basando i propri studi su ciò che i Cattolici e gli Ortodossi hanno in comune, la Commissione ha compiuto grandi progressi. Dal momento della sua istituzione in seno all'ortodossia per decisione unanime di tutte le Chiese Ortodosse, la Commissione ha trattato temi di fondamentale importanza come il Mistero della Chiesa e dell'Eucaristia alla luce del mistero della Santissima Trinità; Fede, Sacramenti e Unità della Chiesa; il Sacramento dell'Ordine nella struttura sacramentale della Chiesa, e l'importanza della Successione Apostolica per la santificazione e l'unità del Popolo di Dio. La Commissione continua a trattare questioni che pongono non poche difficoltà sul cammino che le nostre Chiese hanno intrapreso insieme. Confido nel fatto che i documenti del dialogo possano servire come base per chiarire il nostro rapporto e per evitare incomprensioni laddove Cattolici e Ortodossi vivono gli uni accanto agli altri. Il lavoro deve proseguire e qualunque ostacolo si presenti sul cammino può essere pazientemente rimosso in uno spirito di fraternità e di amore sincero della verità.

In questo contesto, ricordo con piacere i contatti fecondi tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa Georgiana, avviati al tempo del Concilio Vaticano II, al quale la vostra Chiesa ha inviato alcuni osservatori. La visita di Sua Santità a Roma ha segnato un altro momento intenso di fraternità e di comunione. A questo punto desidero anche ricordare che nel 1991 lo scomparso Arcivescovo David di Sukhumi e Abkhazia partecipò, insieme ad altri delegati fraterni, alla prima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, durante la quale si è riflettuto sulla necessità di una nuova evangelizzazione, che rappresenta la sfida più urgente che le nostre Chiese devono affrontare dopo i cambiamenti dell'ultimo decennio. Quanto è necessario, mentre l'Europa cristiana si prepara a varcare la soglia del nuovo millennio, il contributo della Georgia, questo antico crocevia di culture e tradizioni, per l'edificazione di una nuova cultura dello spirito, di una civiltà dell'amore ispirata e sostenuta dal messaggio liberatorio del Vangelo!

4. Negli ultimi anni, in seguito alla libertà ritrovata del vostro Paese, i rapporti tra le nostre Chiese sono divenuti più diretti. La Chiesa cattolica, da parte sua, è riuscita ad assicurare la cura pastorale dei suoi fedeli. Spero ardentemente e prego ogni giorno perché la collaborazione tra le nostre Chiese cresca a ogni livello, come espressione eloquente e necessaria della testimonianza del Vangelo alla quale noi tutti, Ortodossi e Cattolici, siamo chiamati. Vi assicuro che il mio Rappresentante in Georgia si impegnerà a promuovere questo rapporto di cooperazione e di comprensione in uno spirito di autentica carità cristiana, privo di incomprensioni e di sfiducia, e caratterizzato da un rispetto totale. Egli sa quanto ciò sia importante per il Vescovo di Roma.

Indipendentemente da quanto il cammino della riconciliazione sia difficile, dobbiamo implorare lo Spirito Santo affinché porti a compimento ciò che noi, obbedendo al Signore, cerchiamo di rendere possibile.

Santità, cari Arcivescovi e Vescovi della Chiesa Ortodossa Georgiana, vi ringrazio ancora una volta per avermi accolto come vostro ospite. Fedele all'impegno preso molti anni fa, vi assicuro delle mie costanti preghiere affinché il Signore conceda alla venerabile Chiesa Georgiana sempre maggiore forza e vitalità per compiere la sua missione apostolica.

Su di lei, caro Fratello, e su tutti i Vescovi che condividono con lei la responsabilità di proclamare il Vangelo di Gesù Cristo in terra georgiana, invoco la luce e la saggezza dello Spirito Santo. "A colui che in tutto ha potere di fare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen" (
Ep 3,20-21).



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