GP2 Discorsi 1999 335


VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANT'INNOCENZO I PAPA E SAN GUIDO VESCOVO

Domenica, 28 novembre 1999




Sia lodato Gesù Cristo!

Ci incontriamo oggi, nella prima domenica di Avvento. A quale grande solennità ci prepariamo con questo periodo di Avvento. Non lo sapete? Al Natale del Signore. Il giorno 25 dicembre è il Natale del Signore e incomincia anche l'Anno Santo del 2000. Volevo annunciarvi questo perché è molto importante per tutti, anche bambini.

Io ho sentito i vostri canti ed ho sentito che avete cantato anche in polacco. E che cosa avete cantato? Io l'ho capito e mi sono meravigliato che siete così svelti con le lingue diverse dalla vostra. È vero che la Chiesa deve parlare diverse lingue perché è diffusa in tutto il mondo, tra tutti i popoli. Anche il Papa deve parlare parecchie lingue quando va a visitare diversi Paesi.

Ma vorrei soprattutto augurarvi una buona preparazione al Santo Natale e vorrei anche augurarvi un buon Natale in anticipo. A tutti: a voi bambini e alle vostre famiglie, ai vostri genitori, ai vostri catechisti, al vostro parroco; a questa parrocchia che oggi ho il privilegio di visitare. Adesso andiamo a celebrare la Santa Messa.

Sia lodato Gesù Cristo!

336 Al Consiglio Pastorale e ai giovani

Saluto il Consiglio Pastorale e saluto i giovani. Vi ringrazio per questo incontro. Quando dico la parola incontro mi viene in mente la notte di Betlemme, a cui ci prepariamo; l'incontro con Dio fattosi uomo, l'incontro con il Figlio di Dio, l'incontro con Gesù. Cosa possiamo augurare a ciascuno di noi se non questo, l'incontro con Gesù? Auguro questo a tutti voi, a tutta la vostra comunità parrocchiale di Sant'Innocenzo e San Guido.

Auguro questo incontro con Gesù nella prospettiva dell'Anno Santo che incomincia propriamente oggi, con questo Avvento, con questo Natale.

Vi auguro l'incontro con Gesù, un incontro profondo, com'è profonda la prospettiva dei 2000 anni di Cristianesimo, e del terzo Millennio, « tertio millennio adveniente ». Grazie a voi tutti e che il Signore benedica la vostra parrocchia, la vostra comunità che fa tanti progressi: dalla piccola cappella alla chiesa, dalla comunità primitiva a questa comunità spirituale.

Tanti Auguri.

Prima di lasciare la parrocchia di Sant'Innocenzo I Papa e San Guido Vescovo, per fare rientro in Vaticano, Giovanni Paolo II, dal sagrato della chiesa, pronuncia queste parole.

Grazie per la vostra ospitalità, ringrazio tutti voi e vi auguro fin d'ora buon Natale e buon Anno Nuovo. Grazie! Arrivederci!




ALLA COMUNITÀ DEL SEMINARIO


REGIONALE UMBRO “PIO XI”


Lunedì, 29 Novembre 1999

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

Carissimi Seminaristi!

1. Sono lieto di accogliervi in occasione del 75° anniversario di fondazione del Pontificio Seminario Umbro. Saluto cordialmente il caro Monsignor Sergio Goretti, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, e lo ringrazio per le gentili parole con cui ha dato espressione ai comuni sentimenti. Saluto pure i Vescovi qui presenti e l'Équipe educativa guidata dal Rettore del Seminario. In modo particolare il mio pensiero e il mio affetto si rivolgono a voi, cari giovani, che, nello specifico ambiente pedagogico del Seminario, vi state preparando a compiere scelte importanti e decisive per il futuro.

337 Proprio nell'ambito della celebrazione del 75° anno di fondazione del vostro Seminario, voluto dal mio predecessore San Pio X, si colloca questa visita al Successore di Pietro. Essa, oltre ad esprimere il profondo spirito di comunione ecclesiale che vi anima, intende anche sottolineare quanto i miei predecessori hanno realizzato a favore di una Istituzione che è tra le più significative e preziose per le Chiese particolari dell'Umbria. Il Seminario è il cuore spirituale della Regione: ciò che viene fatto a suo favore ridonda a beneficio di tutti.

2. So che la vostra comunità sta gradualmente crescendo e che ora trentotto giovani si stanno preparando agli Ordini sacri ed al ministero pastorale. Mi compiaccio con voi per queste promettenti prospettive e vi incoraggio a proseguire, potenziando le forme propedeutiche all'ingresso nel Seminario maggiore, già presenti nelle singole Diocesi dell'Umbria, in modo che quanti avvertono il dono della chiamata divina possano giovarsi di un adeguato periodo di discernimento, perfezionare studi eventualmente incompleti e crescere nella vita spirituale. Nonostante le difficoltà del momento, lo Spirito di Dio continua a suscitare nei cuori l'attrazione per il dono totale al servizio del Regno.

Benedico tutti coloro che con l'azione e con la preghiera si stanno adoperando a favore delle vocazioni. E' un'opera santa ed oltremodo necessaria. Possa l'amata terra umbra, che non ha mai cessato di donare alla Chiesa tanti sacerdoti, missionari, religiosi e religiose, essere sempre ricca di vocazioni, perché non manchino alle comunità cristiane guide sagge e capaci.

3. Nel nostro tempo, in cui sembrano essere venuti meno non pochi punti di riferimento sicuri, occorre che i futuri pastori curino la loro preparazione culturale, in modo da affrontare adeguatamente le complesse situazioni attuali alla luce della fede e della vivente tradizione ecclesiale. Durante gli anni del Seminario, essi debbono preoccuparsi di acquisire una sapiente capacità di discernimento, per non trovarsi impreparati dinanzi alle sfide ed ai cambiamenti rapidi e talvolta imprevedibili di questi anni. Fa parte del vostro cammino formativo, cari Seminaristi, lo studio serio e appassionato sia delle scienze umane che della teologia.

E', altresì, indispensabile per voi acquisire quella maturità personale che vi permetta di vivere ora con senso di responsabilità e di disciplina la vita del Seminario e domani il vostro ministero sacerdotale con i suoi impegni e le sue esigenze. Imparate a sostenervi mutuamente e ad edificarvi reciprocamente, condividendo doni e qualità. E' questa la preparazione più efficace a quella testimonianza di unità che dovrà caratterizzare la vostra missione pastorale nelle diverse comunità della vostra Regione. Lo stesso celibato, assunto responsabilmente e generosamente sulle orme di Cristo e per amore della Chiesa, vi aiuterà a maturare nello spirito di paternità, rendendovi vigili, disponibili e premurosi nei confronti del Popolo di Dio.

4. Il mondo attende e invoca pastori santi, dotati di intensa spiritualità sacerdotale. L'efficacia del servizio pastorale non dipende tanto dall'organizzazione e dalle metodiche pastorali, quanto piuttosto dalla preghiera e dalla profondità della vita interiore. Solo chi cresce in un maturo rapporto con Dio nella preghiera personale e comunitaria, nella meditazione della Parola, nella partecipazione all'Eucaristia, sarà poi capace di offrirsi gratuitamente per l'opera dell'evangelizzazione, di usare con sobrietà dei beni terreni, di essere forte e perseverante nelle difficoltà, di avere il cuore aperto alle attese dei poveri e dei sofferenti e di rispondere con umile e gioiosa docilità alle direttive della Chiesa.

Cari Seminaristi, cari Formatori! I vostri Vescovi guardano a voi con fiducia e grande speranza. Il nuovo millennio attende una pastorale rigogliosa, profonda e rinnovata. Io vi esorto a non scoraggiarvi dinanzi alle difficoltà. Maria, Madre dei sacerdoti e modello di umile e fedele servizio, vi protegga e vi sostenga nel quotidiano impegno. Intercedano per voi i grandi santi della Regione: san Benedetto da Norcia, guida sicura nel discepolato; san Francesco d'Assisi, innamorato di Dio e del Vangelo; santa Rita da Cascia, operatrice di riconciliazione, e tutti gli altri testimoni di Cristo che hanno reso la vostra terra amata e visitata da tanti pellegrini di ogni parte del mondo.

Vi accompagno volentieri con il mio affetto e la mia preghiera, mentre di cuore imparto a voi qui presenti ed ai vostri cari una speciale Benedizione.


ALLA CONFERENZA EPISCOPALE PORTOGHESE


IN OCCASIONE DELLA LORO VISITA


«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Martedì, 30 novembre 1999

Amati Pastori

della Chiesa in Portogallo!

338 1. La vostra presenza qui, in occasione della visita ad limina, è per me motivo di grande gioia e soddisfazione, sapendomi fratello fra fratelli che condividono con me la "preoccupazione per tutte le Chiese" (2Co 11,28); di fatto, la vostra visita è un'espressione e una celebrazione di quel particolare vincolo di comunione che ci unisce nel Collegio Episcopale, quali successori degli Apostoli. Siate i benvenuti! Nella persona di ciascuno di voi accolgo e saluto i sacerdoti e i diaconi, i consacrati e tutti i fedeli cristiani delle varie Diocesi delle provincie ecclesiastiche di Braga, Evora e Lisbona.

Ringrazio per le parole di saluto Monsignor António Marcelino, che, in qualità di vice-presidente della Conferenza Episcopale, ha illustrato la situazione della Chiesa in Portogallo, la sua fedeltà a Cristo e le grandi sfide che il momento attuale le riserva. È mia viva speranza che il vostro pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo sia colmo di benedizioni e di consolazioni dall'Alto, affinché, pieni di nuovo vigore nel servizio alle Chiese Particolari che la Divina Provvidenza ha affidato alla vostra sollecitudine, possiate continuare, con cuore umile e gioioso, a lodare Dio per l'abbondanza delle grazie che sperimentate e diffondete ogni giorno mediante il vostro ministero pastorale, poiché siete stati "unti dallo Spirito e inviati a proclamare un anno di grazia per il Signore" (cfr Lc 4,18-19).

2. Confidando nella grande magnanimità del cuore di nostro Dio, attendiamo, fra un mese e nel compimento della nostra missione di dispensatori della grazia della redenzione, di poter aprire e varcare le porte sacre delle nostre basiliche, cattedrali e concattedrali, implorando la piena indulgenza e la remissione celeste dei peccati dell'umanità intera che, duemila anni fa, vide discendere sulla terra e rivestirsi della natura umana il Figlio Unigenito di Dio, nostro Salvatore.

Poiché si svolge poco prima dell'inizio del Grande Giubileo dell'Incarnazione, desidero approfittare di questo singolare incontro con la Chiesa portoghese per abbattere, a beneficio della stessa, - permettetemi la metafora - un muro collocato dietro la Porta Santa, che impedisce ancora la sua apertura. D'altro canto, vi sono state, nel corso degli ultimi anni, molteplici e valide iniziative promosse sia dalla vostra Conferenza Episcopale sia da ciascuna delle Diocesi; menziono, solo per esemplificare, poiché sarebbe impossibile fare un elenco esaustivo, le varie Lettere e Istruzioni Pastorali pubblicate negli anni di preparazione al Giubileo e le numerose Assemblee Diocesane (varie di esse esplicitamente Sinodali) convocate per sensibilizzare e preparare la Comunità ecclesiale a questo Anno di grazia che c'introdurrà nel nuovo millennio cristiano. Sì, numerose e valide iniziative sono state lanciate . . . Manca forse il bussare alla porta di ogni persona, al cuore di ognuno, perché è qui che vi è la possibilità ultima e decisiva di apertura e accoglienza del Giubileo.Per questo vi ho detto che desidero approfittare di questo incontro collegiale per abbattere insieme il "muro" che potrebbe forse impedire ancora al cuore dei portoghesi di entrare nella grazia giubilare attraverso la "Porta Santa" che è il Signore Gesù Cristo.

3. Stimati Fratelli, è volontà di Dio che la grazia del Giubileo possa estendersi - secondo l'adesione e la risposta di ognuno all'azione dello Spirito Santo - a tutti i fedeli cattolici, a tutti i cristiani che, "avendo ricevuto lo stesso Battesimo, condividono la medesima fede nel Signore Gesù" (Incarnationis mysterium, n. 4), e anche a tutti i "fratelli dell'unica famiglia umana" che varcheranno insieme "la soglia di un nuovo millennio" (Ibidem, n. 6), le cui aspettative, i cui problemi e soluzioni, per la loro crescente globalizzazione, richiederanno la collaborazione armoniosa di tutti.

La lettura dei tempi evidenzia in effetti la mondializzazione, ma la diagnosi del cuore umano non è incoraggiante: la sensazione di vuoto è grande; grande è anche la sua ripugnanza per il vuoto pieno di effimeri nulla, aumentando il disorientamento. Non sapendo come trovare se stesso, esso non riesce neanche a trovarsi in mezzo agli altri; finisce solo fra una moltitudine anonima. Ebbene, a questo cuore umano disorientato, illuso e disilluso dalle più diverse forme di alienazione, la Chiesa propone l'Anno Santo come tempo propizio per entrare in se stesso e provare in pienezza quella vita alla quale anela. "Poiché - questa è la preghiera della Chiesa - la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi" (1Jn 1,2), in Gesù di Nazareth.

Con la sua venuta, la nostra storia ha smesso di essere terra arida, come appariva prima e fuori dall'incarnazione, per assumere significato e valore di speranza universale. In effetti, "con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo.

Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi" (Gaudium et spes GS 22); "a quanti l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12). In tal modo, la proposta cristiana non solo dà senso a ciò che esiste, ma apre anche "ad ogni essere umano la prospettiva di essere "divinizzato" e così diventare più uomo" (Incarnationis mysterium, n. 2): l'amore divino penetra nel suo cuore e, mediante il Battesimo, lo fa rinascere come figlio di Dio e lo rende membro del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.

4. Una simile vita in pienezza non deriva, fondamentalmente, dalle idee o dai ragionamenti chiari e precisi sulla salvezza che un individuo intende raggiungere, ma dall'unione d'amore che si stabilisce fra Gesù e i suoi fedeli e, attraverso Gesù, con il Padre. Occorre superare la tendenza, abbastanza diffusa, a rifiutare qualsiasi mediazione salvifica, ponendo l'individuo peccatore in contatto diretto con Dio, perché la salvezza è giunta a noi prima di tutto per la mediazione dell'umanità storica di Gesù e poi della Resurrezione, attraverso il suo corpo mistico, la Chiesa. Di conseguenza, il piano di Dio è sacramentale, vale a dire che Egli si rende presente in una figura finita come l'umanità di Gesù o i segni sacramentali della Chiesa.

Nella scuola della fede, impariamo che "per un cristiano, il sacramento della penitenza è la via ordinaria per ottenere il perdono e la remissione dei suoi peccati gravi commessi dopo il battesimo... Sarebbe dunque insensato, oltreché presuntuoso, voler prescindere arbitrariamente dagli strumenti di grazia e di salvezza che il Signore ha disposto e, nel caso specifico, pretendere di ricevere il perdono facendo a meno del sacramento, istituito da Cristo proprio per il perdono" (Reconciliatio et paenitentia RP 31). La Chiesa "fallirebbe in un aspetto essenziale del suo essere e mancherebbe a una sua irrinunciabile funzione se non pronunciasse con chiarezza e fermezza, a tempo e fuori tempo, la "parola della riconciliazione" (2Co 5,19) e non offrisse al mondo il dono della riconciliazione" (Ibidem, n. 23). A tal fine non bastano alcune affermazioni teoriche; sono necessarie funzioni ministeriali precise al servizio della penitenza e della riconciliazione.

Perciò, amati Fratelli, non cessate di ricordare ai vostri sacerdoti la disciplina ecclesiastica a tale proposito, aiutandoli a giungere al suo effettivo compimento: "Tutti coloro cui è demandata in forza dell'ufficio la cura delle anime, sono tenuti all'obbligo di provvedere che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affidati, che ragionevolmente lo chiedano, e che sia ad essi data l'opportunità di accostarsi alla confessione individuale, stabiliti, per loro comodità, giorni e ore" (Codice di Diritto canonico, can. 986). Dato che "il Popolo di Dio" ha "sempre vissuto gli Anni Santi, vedendo in essi una ricorrenza in cui l'invito di Gesù alla conversione si fa sentire in modo più intenso" (Incarnationis mysterium, n. 5), possa uno dei frutti del Grande Giubileo dell'Anno 2000 essere il ritorno generale dei fedeli cristiani alla pratica sacramentale della Confessione.

339 5. Nella parabola del Figliuol prodigo (cfr Lc 15,11-32), all'abbraccio del Padre seguì il banchetto festoso per il figlio ritrovato. Allo stesso modo, il perdono sacramentale permette di "prendere (di nuovo) parte all'Eucaristia come segno della ritrovata comunione con il Padre e con la Chiesa" (Ibidem, n. 9). Sappiamo che, "nel segno del Pane e del Vino consacrati, Cristo Gesù risorto e glorificato, luce delle genti, rivela la continuità della sua Incarnazione" (Ibidem, n. 11). È Lui il festeggiato: la data bimillenaria è la sua. E, duemila anni dopo, Egli "rimane vivo e vero in mezzo a noi per nutrire i credenti con il suo Corpo e il suo Sangue" (Ibidem, n. 11).

Nell'Eucaristia abbiamo realmente la Porta Santa Giubilare, Cristo Signore, che disse di Sé: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo" (Jn 10,9). Amati Pastori della Chiesa portoghese, è verso questi pascoli che guidiamo il Gregge che ci è stato affidato: con le nostre energie migliori e sostenuti dalla forza dello Spirito Santo, annunciamo, celebriamo e conduciamo a Gesù Eucaristia. Ma quanti ci seguono? Quanti mancano all'appello? Il censimento sulla pratica domenicale che avete promosso nel 1991 ha mostrato una percentuale media del 26% di praticanti fra la popolazione residente in Portogallo; è un'indicazione significativa dell'immenso lavoro pastorale richiesto, ma anche una grande preoccupazione, tenendo conto della moltitudine quasi tre volte superiore che vive abitualmente senza l'Eucaristia.

Se nella moltiplicazione dei pani (cfr Lc 9,12-17) i discepoli non avessero fatto giungere alla moltitudine i pezzi risultanti dai cinque pani e dai due pesci benedetti dal divino Maestro, certamente non si sarebbe potuto dire che "tutti mangiarono e si saziarono". Ora, nel caso del Portogallo eucaristico, dobbiamo riconoscere che molti non hanno mangiato e pochi si sono saziati.

Certamente, non è mancata la generosità della Chiesa a fornire a Cristo "i cinque pani e i due pesci", come non è mancata la moltiplicazione degli stessi . . . In effetti, ammirevole è lo zelo apostolico manifestato nelle vostre iniziative e attività pastorali ed encomiabili sono le opzioni e le iniziative pastorali delineate. Tuttavia, è forse mancato quello sforzo finale per portare un pezzo a ognuno? È forse mancata quella revisione di vita necessaria per verificare se tutti avevano mangiato ed erano sazi?

Sono certo che saprete, con delicata pedagogia pastorale, fare di questo Anno Santo un tempo propizio per indurre i cristiani non praticanti a passare da una partecipazione occasionale e, per così dire interessata (per ottenere il dono dell'indulgenza) alla Celebrazione Eucaristica, all'abitudine e all'impegno di partecipazione settimanale alla stessa, a somiglianza dei martiri di Abitíne (anno 304) che affermarono: "Noi non possiamo stare senza la cena del Signore" (Dies Domini, n. 46). Possa ogni Eucaristia del periodo giubilare rivestirsi e apparire piena dell'incanto e del mistero del Natale, poiché "da duemila anni, la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all'adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli" (Incarnationis mysterium, n. 11)! Ogni Eucaristia deve prima di tutto offrire ai partecipanti l'opportunità di un incontro e di un colloquio personale con il divino Emmanuele, il Dio con noi (cfr Mt 1,23), il cui epilogo sia la comunione spirituale e, se possibile, sacramentale.

6. Come tutti sappiamo, in questo è racchiuso il segreto della fedeltà e della perseveranza dei cristiani, della sicurezza e solidità della loro "casa" interiore in mezzo alle afflizioni e alle difficoltà del mondo; di fatto, il Vangelo insegna che la stabilità della casa dipende fondamentalmente non dalla violenza delle tempeste né dalla furia dei venti, ma dal fatto di essere o no fondata sulla roccia (cfr Mt 7,24-27). Anche recentemente la II Assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata all'Europa ha esortato a rafforzare le fondamenta interiori di quella "casa di Dio" che è ogni cristiano, ogni comunità ecclesiale, l'umanità intera che ha accolto Dio fatto uomo: "In una società e cultura spesso chiuse ala trascendenza, soffocate da comportamenti consumistici, schiave di antiche e nuove idolatrie, riscopriamo con stupore il senso del "mistero"; rinnoviamo le nostre celebrazioni liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza di Cristo Signore; assicuriamo nuovi spazi, al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione" (Messaggio finale, n. 5). Bisogna quindi evitare gli scogli dell'attivismo, dove sono naufragati i migliori piani pastorali e tante vite impegnate fino al limite delle loro forze, e del secolarismo, dove Dio non ha voce né posto, il che impedisce il suo avvento sulla terra degli uomini.

Come sentinelle della Casa di Dio, vegliate, stimati Fratelli, affinché in tutta la vita ecclesiale si riproduca in qualche modo il ritmo binario della Santa Messa con la liturgia della parola e la liturgia eucaristica. Vi serva da esempio il caso dei discepoli di Emmaus, che riconobbero Gesù solo a partire dal pane (cfr Lc 24,13-35). Negli ultimi decenni, alcuni, volendo reagire a un sacramentalismo eccessivo, hanno conferito il primato, se non l'esclusiva, alla parola. Ora, secondo la dottrina conciliare, l'"economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi tra loro, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto (Dei Verbum DV 2). Concludendo, abbiamo bisogno della Parola - la "parola di Dio che opera in voi che credete" (1Th 2,13) - e del Sacramento che rende presente e prolunga nella storia l'azione salvifica di Gesù.

7. Amati Fratelli, questi sono alcuni pensieri che vi lascio in occasione della vostra visita ad Limina, a circa un mese dall'apertura della Porta Santa. Desiderando spalancarla, affinché tutto il Popolo di Dio entri e possa saziarsi alle fonti della salvezza, non voglio che vi sia alcun "muro" a impedire l'accesso dei cristiani portoghesi alla grazia particolare del Signore legata al Giubileo dell'Anno 2000 (cfr Tertio Millennio adveniente TMA 55). A Fatima troviamo un esempio luminoso della personalizzazione dei piani e degli impegni apostolici che devono essere assunti e recare frutto nel cuore di ogni cristiano; con pedagogia materna, Nostra Signora chiede ai pastorelli: "Volete offrirvi a Dio . . .?" "Sì, vogliamo", le rispondono (Apparizione 13/V/1917). Fra breve saranno elevati agli onori degli altari Francisco e Giacinta, estendendosi così alla Chiesa intera, attraverso l'esempio della loro vita, quell'appello della Madre di Dio.

Faccio di questo appello la mia parola d'incoraggiamento che vi chiedo di portare ai sacerdoti, ai diaconi e ai consacrati, ai seminaristi, ai novizi e agli agenti di pastorale, ai fedeli cristiani e a tutti coloro che ricercano la verità di Cristo, così come alle famiglie cristiane e alle comunità parrocchiali. Siate certi della mia costante preghiera per la Chiesa che peregrina in Portogallo in cammino verso il Cielo, affinché tutti i suoi membri, con coraggio e generosità, rispondano all'Anno di grazia che sta per iniziare. Invocando per tutti la felicità dell'abbraccio di Dio Uno e Trino, dal profondo del cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica, che estendo ai vostri collaboratori diretti e a tutti i fedeli diocesani.



Dicembre 1999



ALLE PICCOLE SERVE DEL SACRO CUORE DI GESÙ


Sala Clementina - Giovedì, 2 dicembre 1999




Care Sorelle!

340 1. Con grande gioia vi accolgo e tutte cordialmente vi saluto. Il mio pensiero va innanzitutto alla vostra Superiora Generale, che ringrazio per avermi voluto presentare le attese ed i progetti del vostro Istituto. Saluto, poi, le Consigliere Generali ed ogni membro della vostra Congregazione.

Voi siete venute a rendermi visita in un'occasione quanto mai singolare per la vostra Famiglia religiosa. Ricordando, infatti, il 125° anno di fondazione e il 25° della beatificazione della vostra Fondatrice, Suor Anna Michelotti, voi vi disponete a celebrare un giubileo nel Grande Giubileo.

Questa provvidenziale circostanza vi offre l'opportunità di riflettere sul valore e sull'importanza del tempo che, come ricordavo nella mia Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, nel Cristianesimo ha un rilievo fondamentale. Dentro la dimensione temporale viene creato il mondo, al suo interno si svolge la storia della salvezza, che ha il suo culmine nella «pienezza del tempo» dell'Incarnazione e il suo traguardo nel ritorno glorioso del Figlio di Dio alla fine dei tempi (cfr n. 10).

Nel periodo che va dall'Incarnazione al ritorno glorioso del Signore, lo Spirito guida la Chiesa perché, grazie all'opera di tante anime generose, continui a recare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di grazia del Signore (cfr
Lc 4, 16ss). Nelle varie epoche della storia, pertanto, è sempre lo Spirito Santo che, in esecuzione del progetto del Padre, suscita diversi carismi a servizio della Chiesa e dell'intera umanità (cfr Redemptionis donum, 15).

2. Care Sorelle, voi vi presentate al mondo quali «Piccole Serve del Cuore di Gesù per gli ammalati poveri». Il vostro nome costituisce un programma di vita per ciascuna di voi. Sentitevi "piccole" per poter sperimentare in voi le predilezioni del Maestro divino (cfr Mt 11,25). Coltivate in voi lo spirito del "servizio" verso il prossimo, sull'esempio di Colei che amò definire se stessa "ancella del Signore" (Lc 1,38 cfr Lc 1,48). Andate agli ammalati in spirito di povertà, con la sola ricchezza di Dio al quale siete consacrate, e portate loro il vostro amore materno. Secondo quanto amava raccomandare la vostra Fondatrice, "non dite «vado dall'ammalato», ma: «vado a consolare il cuore di Gesù sofferente». Se voi andrete con questo spirito di fede, state tranquille e sicure che li servirete bene" (Parole vissute, p. 43). La visita all'ammalato, soprattutto nell'Anno Giubilare, sia per voi il primo e più impegnativo pellegrinaggio.

Nell'Esortazione apostolica Vita consecrata affidavo alle Comunità religiose il compito di far crescere la spiritualità della comunione (cfr. n. 51). A voi, in particolare, affido il compito di essere segno e memoria della carità che si mette in cammino verso l'ammalato. Vi sia in ciò di esempio la Vergine Maria, che lasciò la sua casa nella Galilea per andare verso le montagne della Giudea, presso la casa della parente Elisabetta, bisognosa di aiuto.

La ricorrenza significativa che vi apprestate a vivere diventi per voi spinta a riappropriarvi del vostro carisma; vi renda sempre più fedeli allo spirito ed alla finalità della vostra Fondatrice; sia un momento di maggiore e più penetrante spirito di fede, che vi faccia contemplare il volto del Signore in ogni ammalato che visitate. Non ha forse Egli detto che qualunque cosa verrà fatta a uno solo di questi suoi fratelli più piccoli la riterrà fatta a se stesso? (cfr Mt 25,40).

3. La vostra opera nel corso di questi anni è andata sviluppandosi oltre i confini dell'Italia ed oggi siete presenti in Madagascar e in Romania. Auguro che essa si diffonda ulteriormente e prego perché la vostra testimonianza possa essere per tutta la Chiesa segno di quel pellegrinaggio interiore, che spinge il credente a lasciare tutto per andare con Gesù verso ogni uomo o donna bisognosi di soccorso. Fate in modo che in ogni vostra Casa sia presente la tenerezza di Dio Padre verso le creature provate dalla malattia.

La duplice celebrazione ormai prossima vi rinsaldi nel vostro carisma e vi renda sempre più fedeli allo spirito e ai desideri della Beata Anna Michelotti. Sia, inoltre, un momento di maturazione nella fede, che vi conduca a vivere sempre più profondamente la vostra vocazione. Siete chiamate a contemplare il volto del Signore in ogni ammalato che visitate, come ebbe a scrivere la Fondatrice: "Noi apparteniamo a Gesù; serviamo Gesù che è verità incarnata ed eterna, che non inganna, perché le sue promesse sono infallibili e non lascerà senza ricompensa neanche un bicchiere d'acqua dato per amore" (Parole vissute, p. 42).

La beata Anna Michelotti vi protegga. Da parte mia, vi assicuro un ricordo nella preghiera e di cuore a tutte imparto la mia benedizione, che estendo volentieri all'intera vostra Famiglia religiosa, in modo speciale alle aspiranti, alle giovani in formazione, alle Suore ammalate ed a quanti incontrate nel vostro quotidiano apostolato.


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO SUL CINEMA


PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA


Sala del Concistoro - Giovedì, 2 dicembre 1999

341
Signor Cardinale,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori e Signore!

1. Con viva gioia mi incontro oggi con voi, in occasione del Convegno internazionale di Studi dedicato al tema «Il cinema: immagini per un dialogo tra i popoli e una cultura della pace nel Terzo Millennio». A ciascuno rivolgo il mio cordiale benvenuto, e in voi do il benvenuto a tutto il mondo del cinema che fa capo al vostro quotidiano impegno professionale ed artistico.

Saluto e ringrazio innanzitutto il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro, illustrando i lavori svolti dal presente Simposio, in continuità con i precedenti.

Esprimo, inoltre, il mio vivo e sincero apprezzamento ai Membri dei due Dicasteri: il Pontificio Consiglio della Cultura e il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, i quali, in una fruttuosa collaborazione con l'Ente dello Spettacolo e «La Rivista del Cinematografo» hanno iniziato da alcuni anni una serie d'interessanti iniziative, tra cui il Festival del cinema spirituale «Tertio Millennio», atte a manifestare l'interesse della Chiesa nei confronti della settima arte e, contemporaneamente, a porre autori ed artisti dinanzi alle loro grandi responsabilità.

2. L'annuale Convegno internazionale sul cinema, giunto quest'anno alla sua terza edizione, sottolinea la validità di questa collaborazione, che si dimostra di grande utilità nel dialogo tra la cultura e la fede. Il tema sul quale vi siete soffermati nel corso di queste tre intense giornate di studio riveste grande attualità e costituisce una logica prosecuzione delle tematiche dei Convegni dei due anni passati. Vi siete ritrovati a dibattere intorno al cinema come strumento di dialogo tra i popoli e veicolo di una cultura della pace. L'arte, compresa quella del cinema, se fa riferimento alla vita rispettandone pienamente i valori, non può non essere sorgente di fratellanza, di dialogo, di comprensione, di solidarietà e di pace vera e duratura.

L'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è costitutivamente chiamato alla pace e all'armonia con Dio, con gli altri uomini, con se stesso e con tutto il creato. Il cinema può farsi interprete di questa naturale propensione ed operare come luogo di riflessione, di richiamo ai valori, di invito al dialogo ed alla comunione. Occorre però che l'uomo, nella sua complessa e misteriosa realtà, diventi soggetto di riferimento per un cinema di qualità, propositivo di cultura e di valori universali. L'uomo, tutto l'uomo, uno e indivisibile: un cinema che prenda in considerazione solo qualche aspetto della stupefacente complessità dell'essere umano, finisce inevitabilmente per essere riduttivo e non svolgere un proficuo servizio culturale.

3. Vorrei ora rivolgermi a voi, artisti del cinema, per invitarvi a prendere sempre più consapevolezza della vostra responsabilità. Sostenuti dall'apporto raggiunto oggi dalla tecnica ed avvalendovi delle sempre più stimolanti conoscenze sull'uomo, sulla natura e sull'universo, voi avete dinanzi spazi immensi in cui librarvi con la vostra creatività e il vostro genio.

Il cinema gode di una ricchezza di linguaggi, di una molteplicità di stili e di una varietà di forme narrative veramente grande: dal realismo alla favola, dalla storia alla fantascienza, dall'avventura alla tragedia, dalla commedia alla cronaca, dal cartone animato al documentario. Esso offre perciò un tesoro incomparabile di mezzi espressivi per rappresentare i diversi campi in cui l'essere umano si situa e per interpretare la sua imprescindibile vocazione al bello, all'universale e all'assoluto. Il cinema può così contribuire ad avvicinare persone distanti, a riconciliare persone nemiche, a favorire un dialogo più rispettoso e fecondo tra culture diverse, indicando la via di una solidarietà credibile e durevole, presupposto indispensabile per un mondo di pace. Sappiamo quanto l'uomo abbia bisogno di pace anche per essere vero artista, per fare vero cinema!

4. Questo nostro incontro, nell'imminenza dell'Anno giubilare, mi offre l'opportunità di rinnovare la speranza che anche il cinema possa, nel quadro di questo grande e straordinario evento di fede e di cultura, recare un suo originale contributo per la promozione di un umanesimo legato ai valori del Vangelo e, per questo, creatore di un'autentica cultura dell'uomo e per l'uomo.

342 A tutti coloro che sono impegnati nel campo del cinema - produttori, scrittori, sceneggiatori, registi, attori, tecnici - ed a quanti visibilmente o invisibilmente sono coinvolti in questo lavoro affascinante nei suoi vari livelli, i miei più fervidi auguri. Accompagno questi miei sentimenti con una preghiera a Maria, Vergine credente, che, attenta alla voce di Dio, si rese disponibile ad accoglierne il mistero. Voglia la Vergine Santa esservi larga del suo materno aiuto.

A tutti la mia Benedizione.

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