GP2 Discorsi 1999 355

LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II


A S.E. MONS. DOMINGOS LAM KA TSEUNG


IN OCCASIONE DEL RITORNO DI MACAO


SOTTO LA SOVRANITÀ CINESE


Al Venerato Fratello

Domingos Lam Ka Tseung
Vescovo di Macao

Dopo quasi quattrocento ventiquattro anni dal giorno in cui il mio predecessore Gregorio XIII eresse la diocesi di Macao, la comunità diocesana affidata alle cure di Vostra Eccellenza Reverendissima si appresta a vivere un avvenimento importante della propria storia plurisecolare, quando il venti dicembre prossimo codesto Territorio tornerà sotto la sovranità cinese.

356 Creata per provvedere alle necessità pastorali che nascevano con la diffusione del cristianesimo nell'Estremo Oriente asiatico, la diocesi di Macao comprendeva agli inizi tutta la Cina, con altre terre confinanti ed isole adiacenti. La sua storia si intrecciò, così, con la storia dell'evangelizzazione di tutta l'area geografica circostante, in particolare con quella della Cina, Paese di antiche tradizioni filosofico - religiose. La funzione di porta della Chiesa verso la Cina, assegnata dalla Provvidenza Divina alla diocesi di Macao e realizzata durante quattro secoli con alterne vicende, assumerà nuove forme ora che codesta comunità diocesana farà parte della Chiesa in Cina a pieno titolo: in particolare, detta comunità diocesana dovrà approfondire la propria vocazione missionaria in seno al mondo cinese, così da diventare un punto di riferimento e di sostegno spirituale anche per i numerosi fratelli e sorelle nella fede che vivono disseminati nel vasto Paese cinese.

La tradizione storico-culturale di codesta Chiesa particolare è ricca di valori significativi. Macao fu non soltanto la porta dell'evangelizzazione per il continente cinese, ma anche un avamposto di cultura cristiana e un punto di incontro con le culture dell'Estremo Oriente: in codesta città, infatti, con la creazione del prestigioso "Colégio Universitário de S. Paulo", fu eretta la prima Università degli Studi dell'Estremo Oriente già nel 1594, cioè ad appena trentanove anni dal momento in cui i navigatori portoghesi erano sbarcati per la prima volta a Macao. Così, accanto all'istruzione elementare, che fu subito organizzata dalla Chiesa, venne avviata anche quella di grado superiore.

Oltre che nel campo culturale, la presenza dei cattolici si distinse per l'opera sociale, come lo prova - fra l'altro - la "Santa Casa da Misericórdia", che fu creata nel 1569 e tanta parte ha avuto nella storia umana della popolazione locale.

In questo momento importante, in cui il Territorio torna ad essere parte integrante della Cina, la Chiesa che è in Macao, ricca di tradizione e di dignità, è chiamata a continuare il suo impegno di servizio spirituale, culturale e sociale.

Alla vigilia del nuovo secolo e nel contesto dell'Anno Santo ormai imminente, sappia essa dare slancio al suo impegno evangelico, rinnovando con generosità e con audacia i metodi e le forme sia della testimonianza religiosa sia del prezioso servizio che rende nei settori educativo, scolastico ed assistenziale.

Sia una Chiesa profetica che annuncia all'uomo, sedotto dall'avidità dei beni materiali e disorientato nei suoi fini, l'alta ragione della vita morale, la dignità e la libertà di ogni persona umana, la bellezza del Vangelo, la gioia di aderire a Cristo.

Sia una Chiesa fedele al significato del nome di cui la città si orna: "Macao, Città del Nome di Dio". Parli senza timore a tutti dell'amore del Padre, manifestato in Gesù ed elargito dallo Spirito Santo. Tenga alta la sua tradizione, testimoniata dagli innumerevoli e splendidi edifici sacri che nei secoli essa ha dedicato alla Madre di Dio, a san Giuseppe, a san Giacomo, a san Francesco Saverio.

Mantenga piena la sua comunione con la Chiesa universale e, come in passato, abbia sempre a cuore la comunione con la Chiesa di tutta la Cina, alla quale ora è legata per uno speciale vincolo civile.

Nel formulare questi voti, desidero assicurare la preghiera mia, e quella di tutta la Chiesa, per la comunità diocesana di Macao e per la più vasta famiglia cattolica dell'intera Cina Continentale.

A lei, Venerato Fratello, invio il mio saluto affettuoso e la mia apostolica Benedizione, che estendo al clero, ai religiosi, alle religiose, ai laici e ad ogni persona di buona volontà.

Dal Vaticano, 3 dicembre 1999, festa di san Francesco Saverio, patrono delle Missioni.

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI CATTOLICI IN CINA




357 “E il Verbo si fece carne”.

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa cattolica in Cina,

Alla vigilia del Grande Giubileo, nel quale ricorderemo il bimillenario della nascita di Cristo, con gioia e con grande affetto saluto tutti voi nell'amore di Dio Padre e nella comunione dello Spirito Santo.

Al mio cuore di Pastore della Chiesa universale sono vicini tutti i cattolici di origine cinese, ma in questo momento sento di dovermi rivolgere in modo particolare ai Pastori e ai fedeli della Cina Continentale, i quali ancora non possono manifestare, in modo pieno e visibile, la loro comunione con questa Sede Apostolica.

1. Anche voi, fratelli e sorelle della Chiesa che è in Cina, insieme a tutti i fedeli che nel mondo intero si preparano a celebrare il Grande Giubileo e l'inizio di un nuovo millennio, avete accolto l'invito del Successore di Pietro e Vescovo di Roma e andate incontro con fede a questo evento.

Le indicazioni pratiche, che ho illustrato nella Bolla di indizione Incarnationis mysterium, e le disposizioni per l'acquisto della Indulgenza Giubilare, che sono esposte nel relativo Decreto della Penitenzieria Apostolica, saranno per tutti i cattolici norma e guida per una fruttuosa celebrazione di questo provvidenziale anno di grazia non soltanto a Roma e in Terra Santa, ma anche nelle altre circoscrizioni ecclesiastiche.

Per numerosissimi cattolici sparsi nel mondo non sarà possibile attraversare la soglia della Porta Santa a Roma e venerare le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Ma tutti sono invitati a scoprire, là dove vivono, che "passare per quella porta significa confessare che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo la fede in lui per vivere la vita nuova che Egli ci ha donato. E' una decisione che suppone la libertà di scegliere e insieme il coraggio di lasciare qualcosa, sapendo che si acquista la vita divina (cfr. Mt
Mt 13,44-46)" (Incarnationis mysterium, 8).

2. I nostri cuori si rivolgono al momento storico in cui, nella "pienezza del tempo" (Ga 4,4), nacque tra noi il Figlio di Dio: un avvenimento che, ormai, la maggioranza dell'umanità ha accettato come punto di riferimento per la cronologia della storia. La nascita di Gesù avvenne in una provincia della Palestina, paese asiatico che si trova al crocevia dei grandi scambi culturali tra l'Oriente e l'Occidente, punto d'incontro tra l'Asia, l'Europa e l'Africa.

Quella nascita fu, ed è ancora oggi, apportatrice di gioia per tutti gli uomini nel "vasto ambito sotto il cielo", proprio come a Betlemme gli Angeli avevano annunziato ai pastori: "Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,10-11).

Il nome dato a quel neonato: Gesù, "Dio dà la salvezza", sintetizza la sua missione ed è una promessa per tutto il genere umano: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4); "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

3. Ciò che fu detto di Gesù quando nacque, Egli ha cominciato a realizzarlo durante la sua vita: "Ai poveri annunziò il Vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia" (4ª Preghiera eucaristica).

358 Per attuare il disegno misericordioso e misterioso di Dio per la salvezza degli uomini, "si consegnò volontariamente alla morte, e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita" (ivi).

Prima della sua Ascensione e del suo ritorno al Padre, comandò ai discepoli, cioè alla Chiesa nascente: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (
Mt 28,19).

Obbedienti al Signore e sospinti dallo Spirito Santo, i discepoli hanno eseguito il comando di Gesù, portando la buona novella in Oriente e in Occidente, al Nord e al Sud.

4. Il Giubileo, mentre ricorda l'ingresso di Gesù nella storia, celebra anche la sua presenza progressiva tra i popoli.

Come voi ben sapete, carissimi fratelli e sorelle, secondo i piani misteriosi della Provvidenza divina il Vangelo di salvezza fu annunciato molto presto anche nel vostro Paese: infatti, già nel 5· e 6· secolo gruppi di Monaci della Siria, attraversando l'Asia Centrale, portarono il nome di Gesù ai vostri antenati. Ancora oggi, una famosa stele nella capitale Chang'an (Xi'an) riassume molto bene, a partire dall'anno 635, quel momento storico che segnò l'ingresso ufficiale della "Religione luminosa" in Cina.

Dopo alcuni secoli, quell'annuncio si affievolì. Il fatto, però, che il Vangelo di Gesù fosse predicato ai vostri antenati in un periodo storico in cui una gran parte dell'Europa e del resto del mondo non ne aveva ancora nessuna conoscenza, non può non essere per voi un motivo di gratitudine verso Dio e di intensa gioia.

5. Il messaggio evangelico, che fu proclamato in quegli inizi remoti, non ha perso la propria attualità e vi invita e vi sprona ad annunciarlo a coloro che ancora non l'hanno ricevuto.

La vita dei discepoli di Gesù, di allora come di oggi, in Cina come altrove, deve essere ispirata alla "buona novella", e l'autentica realizzazione del Vangelo nella vostra vita sarà una luminosa testimonianza a Cristo nel vostro ambiente. Pertanto voi tutti, fratelli e sorelle, siete chiamati ad annunciare il Vangelo di salvezza al Popolo cinese di oggi con rinnovato vigore.

Comprendo che vi sentiate impari a così grande ed impegnativa missione, ma voi sapete di poter contare sulla forza vittoriosa di Cristo (cfr. Gv Jn 16,33), il quale vi assicura la sua presenza e il suo aiuto. Sotto la guida dei vostri Pastori e in comunione con loro, voi, cari sacerdoti, religiosi, religiose e laici, elaborerete piani pastorali aggiornati, dando ampio e prioritario risalto a tutto ciò che riguarda l'annuncio di Gesù e della sua parola di vita, e prestando particolare attenzione al mondo giovanile.

In questo contesto, la celebrazione del Giubileo sarà un'occasione per ricordare le fatiche apostoliche, le sofferenze, le lacrime e l'effusione di sangue, che hanno accompagnato il cammino della Chiesa tra gli uomini di ogni tempo. Anche tra di voi, il sangue dei vostri martiri è stato seme di una moltitudine di autentici discepoli di Gesù. Il mio cuore freme di stupore e di riconoscenza al Signore per la generosa testimonianza offerta da una schiera numerosa di Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. E sembra che il tempo della prova, in alcune regioni, non sia ancora terminato!

6. Preparandovi alla celebrazione del Grande Giubileo, ricordate che nella tradizione biblica un tale momento ha sempre portato con sé l'obbligo di condonare i debiti gli uni agli altri, di riparare le ingiustizie commesse e di riconciliarsi con il vicino.

359 Anche a voi è stata annunciata la "grande gioia preparata per tutti i popoli": l'amore e la misericordia del Padre, la Redenzione operata in Cristo. Nella misura in cui voi stessi sarete disponibili ad accettare tale gioioso annuncio, potrete trasmetterlo, con la vostra vita, a tutti gli uomini e le donne che vi sono accanto. E il mio desiderio più ardente è che assecondiate gli interiori suggerimenti dello Spirito Santo perdonandovi gli uni gli altri tutto ciò che deve essere perdonato, avvicinandovi l'uno all'altro, accettandovi reciprocamente, superando le barriere per andare al di là di tutto ciò che può dividervi.

Non dimenticate la parola di Gesù durante l'ultima cena: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (
Jn 13,35).

Ho appreso con gioia che volete offrire, come dono più prezioso per la celebrazione del Grande Giubileo, l'unità tra di voi e con il Successore di Pietro. Un tale proposito non può che essere frutto dello Spirito, che conduce la Sua Chiesa sui non facili cammini della riconciliazione e dell'unità.

7. "Un segno della misericordia di Dio, oggi particolarmente necessario, è quello della carità, che apre i nostri occhi ai bisogni di quanti vivono nella povertà e nell'emarginazione" (Incarnationis mysterium, 12).

Fra gli impegni pratici, che renderanno manifesto il vostro sforzo di conversione e di rinnovamento spirituali, dovrà figurare la carità verso i fratelli nella forma tradizionale delle opere di misericordia corporale e spirituale. Questa solidarietà concreta sarà il vostro contributo discreto, ma efficace, anche al bene del vostro Popolo. In tal modo, darete un'eloquente testimonianza al nome cristiano che portate con coraggio e con fierezza: come buoni cinesi e come autentici cristiani, voi amate il vostro Paese e amate la Chiesa locale e universale.

8. Il Giubileo del 2000 sarà una grande preghiera di lode e di ringraziamento soprattutto per il dono dell'Incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione da lui operata.

Sarà lode e ringraziamento per il dono della Chiesa, fondata da Cristo come "sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium LG 1).

"Il ringraziamento si estenderà infine ai frutti di santità maturati nella vita di tanti uomini e donne" - anche del vostro Popolo - "che in ogni generazione ed in ogni epoca storica hanno saputo accogliere senza riserve il dono della Redenzione" (Tertio millennio adveniente TMA 32).

9. Uniti tra di voi nella verità e nella carità di Cristo, in comunione con la Chiesa universale e con colui che è stato chiamato da Gesù ad essere Successore di Pietro e pegno di unità, varcate la soglia del nuovo millennio, fiduciosi che l'unico Dio e Padre di tutto il genere umano benedice e benedirà i vostri passi ed i passi di tutto il vostro Popolo. Siate lievito di bene a favore del vostro Popolo, pur nell'esiguità del vostro numero. Siate segno e sacramento della salvezza promessa da Dio a tutti gli uomini, invitando chi vi è accanto ad ascoltare e a credere alla buona novella del Grande Giubileo: "E' nato per voi il Salvatore!"

Maria, Madre del Redentore, aiuto dei cristiani e Regina della Cina, vi protegga e vi sostenga nell'adempimento della vostra vocazione e nell'attuazione dei propositi che nasceranno in un cuore sempre più attento e generoso.

10. A questo punto, il mio sguardo si allarga di nuovo, per abbracciare anche tutti i cattolici cinesi che vivono fuori della Cina Continentale. A loro va il mio saluto affettuoso insieme con l'augurio sincero che, durante l'Anno Giubilare, si sentano rinfrancati "a motivo della consapevolezza di recare al mondo la luce vera, Cristo Signore" (Incarnationis mysterium, 2). Essi saranno luce e lievito là dove la Provvidenza li ha posti, e coltiveranno l'unità spirituale con tutti i loro fratelli e sorelle della grande famiglia cinese.

360 "La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi. Amen". Con questo auspicio tutti benedico di cuore!

Dal Vaticano, 8 dicembre 1999, solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.


AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DOMINICANA


IN OCCASIONE DELLA LORO VISITA


«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 11 dicembre 1999

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. Sono lieto di ricevervi oggi, in occasione della vostra visita ad Limina, durante la quale avete avuto, ancora una volta, l'opportunità di recarvi in pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e di esprimere la vostra comunione con il Vescovo di Roma e con la Chiesa universale. Tutto ciò è un aiuto per vivere in modo rinnovato la vostra missione di guidare la comunità ecclesiale della Repubblica Dominicana, che ho avuto la gioia di visitare tre volte e della quale serbo tanti grati ricordi.

Ringrazio cordialmente il Signor Cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, Arcivescovo di Santo Domingo e Presidente della Conferenza dell'Episcopato Dominicano, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti, per esprimermi il vostro affetto, rendendomi al contempo partecipe delle preoccupazioni e delle speranze della Chiesa nel vostro Paese e mettendo in risalto gli aneliti e le inquietudini che vi animano in questo incontro.

Al ritorno alle vostre Diocesi, portate il saluto affettuoso del Papa ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici, che ricordo nella mia preghiera, affinché la loro fede in Cristo e il loro impegno nella nuova evangelizzazione crescano sempre più.

2. La Chiesa nella vostra Nazione ha vissuto momenti importanti negli ultimi anni, nel corso dei quali sono state create due nuove Diocesi, Puerto Plata e San Pedro de Macorís, e si è tenuto il I Concilio Dominicano, che ha contribuito considerevolmente ad accrescere fra voi Vescovi la comunione e la partecipazione alla sollecitudine pastorale. Questa e altre iniziative, come il Piano Nazionale di Pastorale, sono un segno di unità e allo stesso tempo un'esigenza nelle circostanze attuali, in cui appare sempre più necessario unire, nel rispetto dell'identità diocesana, forze e intenti "per incrementare il bene comune e quello delle singole chiese" (Christus Dominus CD 36).
Nello sforzo per rivitalizzare la vita cristiana nel vostro popolo, non si può dimenticare il ruolo decisivo dei sacerdoti, vostri collaboratori nell'annuncio del Vangelo, che esercitano il loro ministero con dedizione e generosità, a volte in circostanze per nulla facili. Dovete mostrare loro costante sollecitudine e vicinanza, soprattutto verso coloro che sono più soli e bisognosi, affinché tutti conducano una vita degna e santa, conformemente alla propria vocazione, e testimonino che sono uomini di Dio, pienamente consacrati al servizio del Vangelo, senza lasciarsi attrarre dalle seduzioni del mondo (cfr Ep 4,22).

Inoltre continua ad essere urgente la pastorale vocazionale, per quanto sia consolante la crescita di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata degli ultimi anni, poiché la comunità ecclesiale presenta scarsità di sacerdoti. È una pastorale che si deve fondare sempre e in modo particolare sull'esempio stesso dei sacerdoti e sulla loro capacità di entusiasmare i giovani con il totale dono di sé a Cristo e al Vangelo, così come sul coltivare, già nelle famiglie, l'atteggiamento di generosità e di perseveranza di fronte alla chiamata del Signore.

3. Una menzione speciale merita la Vita consacrata, dalla quale le vostre Diocesi ricevono non solo la ricchezza dei carismi dei rispettivi Istituti, ma anche un aiuto inestimabile, che in molti casi risulta vitale, essendo i consacrati impegnati nei diversi settori della pastorale educativa, sanitaria e sociale secondo la propria identità. A tale proposito, desidero ricordare ancora una volta come la storia dell'evangelizzazione d'America sia costituita dalla testimonianza di tante persone consacrate, che hanno annunciato il Vangelo e difeso i diritti degli indigeni affinché si sentissero pienamente figli di Dio. L'apporto della Vita consacrata all'edificazione della Chiesa non si deve però misurare solo in base alle sue attività o alla sua efficacia esterna. Anche la vita contemplativa, insieme alle altre forme di consacrazione, deve quindi essere maggiormente stimata, promossa e ben accolta dai Vescovi, dai sacerdoti e dai fedeli diocesani, affinché i consacrati "si integrino pienamente nella Chiesa particolare alla quale appartengono e promuovano la comunione e la mutua collaborazione" (Ecclesia in America, n. 43).

361 4. Nelle Relazioni quinquennali avete sottolineato la necessità di avere laici adulti ben formati, che siano autentici testimoni del Vangelo. In effetti, nella vostra Nazione, che attualmente sta attraversando un periodo di rinnovamento e di profonde trasformazioni che coinvolgono diversi settori della società, è impellente poter contare sulla testimonianza e sull'operato di laici ben formati e disposti ad intervenire nei campi che corrispondono loro, come la famiglia, il lavoro, la cultura o la politica.

È pertanto necessaria, innanzitutto, una formazione continua e sistematica che li renda consapevoli della loro dignità di battezzati e dell'impegno che ciò comporta, così come una salda conoscenza della dottrina della Chiesa e del suo Magistero. In effetti, solo con principi etici saldi si può essere promotori di valori morali, proprio in una società in cui vi sono un'elevata percentuale di popolazione che vive in condizioni di estrema povertà, un alto indice di disoccupazione soprattutto giovanile, un incremento della violenza e della corruzione quasi come sistema di vita, fattori questi che si riflettono direttamente sul degrado morale e su fenomeni come le madri adolescenti nubili o il lavoro e lo sfruttamento dei minori.

5. Fra le grandi sfide che si presentano nella vostra società occorre sottolineare l'indebolimento dell'istituzione familiare, che porta alla diminuzione dei matrimoni religiosi e al conseguente aumento dei matrimoni civili, a numerosi divorzi, così come alla diffusione dell'aborto e della mentalità a favore della contraccezione. Senza cedere a costumi a volte diffusi, questa situazione richiede una risposta vigorosa che deve concretizzarsi soprattutto in un'azione catechetica ed educativa più incisiva e costante, che faccia sì che si radichi a fondo l'ideale cristiano di comunione coniugale fedele e indissolubile, autentico cammino di santità, aperta alla procreazione. In essa i genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei figli, ai quali, come "chiesa domestica", trasmettono anche il grande dono della fede.

In questo contesto, è necessario ricordare anche la necessità di rispettare la dignità inalienabile della donna, alla quale inoltre si riconosce un ruolo insostituibile, sia nell'ambito familiare sia in quello della Chiesa e della società. In effetti, è triste osservare come "la donna è ancora oggetto di discriminazioni" (Ibidem, n. 45), soprattutto quando è frequentemente vittima di abusi sessuali e della prepotenza maschile. Per questo è necessario sensibilizzare le istituzioni pubbliche affinché aiutino "maggiormente la vita familiare fondata sul matrimonio", proteggano "maggiormente la maternità" ed abbiano "più rispetto per la dignità di tutte le donne" (Ibidem).

6. La situazione familiare ha un'influenza determinante sullo stile di vita dei giovani, condizionando così il futuro della Chiesa e della società. Molti di essi sono nati da situazioni irregolari e cresciuti senza conoscere la figura paterna, il che comporta gravi problemi di educazione che si ripercuotono sulla loro maturità personale. Hanno quindi bisogno di un sostegno particolare che li aiuti nella ricerca di un significato della vita e faccia nascere in essi orizzonti di speranza che permettano loro di superare le esperienze di frustrazione e li liberino dalle loro conseguenze, come il risentimento e la delinquenza. È un compito di tutti, al quale devono partecipare anche in prima persona gli stessi giovani, divenendo apostoli dei loro coetanei più bisognosi.

È pertanto imprescindibile promuovere una pastorale giovanile che abbracci tutti i settori della gioventù, senza alcuna discriminazione, affinché si accompagnino le nuove generazioni all'incontro personale con Cristo vivo, sul Quale si fonda la vera speranza di un futuro di maggior comunione e solidarietà. Più che compiere azioni isolate, occorre perseguire un processo di formazione "costante e dinamico, atto ad aiutarli a trovare il loro posto nella Chiesa e nel mondo" (Ibidem, n. 47), invitandoli ad essere coraggiosi, fedeli ai loro impegni, testimoni della loro fede e protagonisti nell'annuncio del Vangelo.

7. Nell'ambito del vostro Paese constatate anche che "la rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca" (Evangelii nuntiandi EN 20) e che certe ideologie e correnti di pensiero, in un modo o in un altro, negano Dio o propugnano un allontanamento da Lui, relativizzano i valori morali e, in ogni caso, tendono a creare un abisso insormontabile fra la dimensione religiosa e gli altri aspetti della vita umana. Per questo, nella sua azione evangelizzatrice, la Chiesa sente il veemente dovere non solo di difendere la verità sull'uomo, il suo primato sulla società e la sua apertura alla trascendenza, ma anche di parlare e di insegnare in modo che "il Vangelo sia annunciato nel linguaggio e nella cultura di quanti lo ascoltano" (Ecclesia in America, n. 70). In questo compito si deve al contempo evitare il rischio che l'eccessivo attaccamento a certe culture e tradizioni finisca con il relativizzare o togliere significato all'annuncio cristiano. In effetti "occorre non dimenticare che solo il mistero pasquale di Cristo, somma manifestazione del Dio infinito nella finitezza della storia, può essere punto di riferimento valido per tutta l'umanità pellegrina alla ricerca dell'autentica unità e della vera pace" (Ibidem, n. 70).

8. Ormai prossima l'apertura della Porta Santa, che darà inizio al Grande Giubileo, vi incoraggio, cari Fratelli Vescovi, insieme a tutta la Chiesa che peregrina nella Repubblica Dominicana, a far sì che questo Anno di Grazia significhi un forte impulso di rinnovamento spirituale, sia personale sia comunitario. Auspico inoltre che l'esperienza del I Concilio Dominicano, con le sue disposizioni e normative pastorali, sia per tutte e ciascuna delle vostre Diocesi un'occasione per rafforzare la fede, ravvivare la speranza e diffondere la carità senza limiti.

Pongo tutti questi auspici e progetti pastorali ai piedi di Nostra Signora della Altagracia, Patrona della Repubblica Dominicana, affinché con il suo amore materno accompagni e protegga sempre tutti i suoi figli e le sue figlie in un ambiente di solidarietà e di convivenza fraterna, e al contempo imparto loro con affetto la Benedizione Apostolica.


IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA


DI CONCLUSIONE DEI RESTAURI DEGLI AFFRESCHI


DELLA CAPPELLA SISTINA


Sabato, 11 dicembre 1999

1. "Voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale" (1P 2,5). A questa immagine biblica del mistero della Chiesa sarebbe difficile trovare un commento plastico più eloquente di questa Cappella Sistina, della quale oggi possiamo godere il pieno splendore grazie al restauro appena concluso. Alla nostra gioia si uniscono i fedeli di ogni parte del mondo, ai quali questo luogo è caro non soltanto per i capolavori che custodisce, ma anche per il ruolo che riveste nella vita della Chiesa. Qui infatti avviene - lo ricordo con emozione - l'elezione del Successore di Pietro. Cinque anni fa, l'8 aprile 1994, potei additare, nei colori originari finalmente ritrovati, le opere michelangiolesche che indubbiamente danno il tono a quest'aula e in certo senso la assorbono, tale è la loro grandiosità. Esse si spingono fino all'ultimo orizzonte della teologia cristiana, additando l'alfa e l'omega, gli inizi e il giudizio, il mistero della creazione e quello della storia, tutto facendo convergere verso il Cristo salvatore e giudice del mondo. Oggi però lo sguardo è invitato a sostare sul più umile ma pur significativo ciclo parietale, che diede il primo volto alla Cappella voluta da Sisto IV.


362 A questi affreschi posero mano grandi artisti fiorentini ed umbri, dal Perugino al Botticelli, dal Pinturicchio al Ghirlandaio, da Rosselli a Signorelli. Essi si ispirarono a un preciso disegno, componendo un'opera unitaria, che rimane ben integrata nell'insieme architettonico e pittorico che si venne gradatamente sviluppando, costituendone un elemento di singolare efficacia evocativa. Sono lieto di poterla oggi restituire a una rinnovata fruizione estetica. Ringrazio vivamente il Signor Cardinale Edmund Casimir Szoka, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, il Dottor Francesco Buranelli con tutti i responsabili della Direzione Generale dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie, le maestranze operative e quanti a diverso titolo si sono resi benemeriti di questo ulteriore recupero artistico.

2. Facendo scorrere lo sguardo sulla doppia serie di dipinti parietali non è difficile coglierne la simmetria, peraltro evidenziata dai "tituli" soprastanti. Da una parte campeggia la figura di Mosè, dall'altra domina Cristo. Il percorso iconografico è una sorta di lectio divina in cui, prima ancora dei singoli episodi biblici, emerge l'unità della Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, nella linea storico-salvifica che dagli eventi dell'Esodo porta alla pienezza della rivelazione in Cristo. Il parallelismo illustra efficacemente il principio ermeneutico enunciato da S. Agostino: "Novum Testamentum in Vetere latet, Vetus in Novo patet" (cfr Quaest. in Hept. 2, 73).

E in realtà, dalla disposizione stessa degli affreschi, sia colta nell'ordine storico progressivo che nelle specifiche corrispondenze tematiche, è evidente che tutto gravita intorno a Cristo. Il suo battesimo, stupendamente interpretato dal Perugino, esprime la pienezza di quanto la circoncisione mosaica semplicemente adombrava. Le tentazioni vinte da Cristo sono poste dal Botticelli in simmetria con le prove superate da Mosè. La convocazione del nuovo popolo, colta dal Ghirlandaio nella vocazione dei discepoli presso il lago di Genezaret, sta in relazione con il raduno dell'antico popolo, delineato sullo sfondo drammatico del passaggio del Mar Rosso. Cristo ritratto da Rosselli nella solennità del discorso della montagna appare, al confronto con Mosè, come il nuovo legislatore, venuto non ad abolire la legge, ma a darle compimento (cfr
Mt 5,17). E ancora Cristo emerge negli affreschi della consegna delle chiavi e dell'ultima cena, ugualmente evidenziati da corrispondenze antico-testamentarie.

3. Da queste decorazioni, dunque, si leva un inno a Cristo. A Lui tutto conduce. In Lui tutto trova pienezza. E' importante tuttavia considerare che in questi dipinti Egli non è mai solo: intorno a Lui, come intorno a Mosè, si affollano volti di uomini e donne, di anziani e bambini. E' il popolo di Dio in cammino, è la Chiesa "edificio spirituale", fatto di pietre vive che si stringono a Cristo "pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio" (1P 2,4). Un accento, tuttavia, contraddistingue l'intero disegno teologico e iconografico, l'attenzione cioè prestata alle guide di questo popolo pellegrinante. Se per l'Antico Testamento lo sguardo si concentra su Mosè, accompagnato dal sacerdote Aronne nel movimentato dipinto del Botticelli, teso a mostrarne l'autorità vanamente insidiata, per il Nuovo Testamento la centralità assoluta di Cristo non è offuscata, ma evidenziata, dal ruolo che egli stesso attribuisce agli apostoli e in particolare a Pietro.

Questo emerge specialmente nel capolavoro del Perugino, incentrato sulla consegna delle chiavi. In esso, attraverso il simbolo della vistosa chiave, l'artista sottolinea l'ampiezza dell'autorità conferita al primo degli Apostoli. D'altra parte, come a bilanciarla, è delineata sul volto di Pietro la toccante espressione di umiltà con cui egli riceve l'insegna del suo ministero, stando in ginocchio e quasi indietreggiando davanti al Maestro. Si direbbe un Pietro rannicchiato nella sua pochezza, trepidante, sorpreso da così immensa fiducia e desideroso, per così dire, di scomparire, perché solo il Maestro resti visibile nella sua persona. Lo sguardo rapito fa indovinare sulle sue labbra non solo la confessione di Cesarea di Filippo ? "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente" (Mt 16,16) ? ma anche la dichiarazione di amore fatta al Risorto dopo l'esperienza amara del rinnegamento: "Tu lo sai che ti amo" (Jn 21,15).

E' il volto di chi è ben consapevole di essere peccatore (cfr Lc 5,8) e di aver bisogno di continuo ravvedimento per poter confermare i suoi fratelli (cfr Lc 22,31). E' un volto che dice assoluta dipendenza dagli occhi e dalle labbra del Salvatore, esprimendo così mirabilmente il senso del servizio universale di Pietro, posto nella Chiesa, con gli apostoli di cui è capo, a rappresentare visibilmente il Cristo, il "Pastore grande delle pecore" (He 13,20), sempre presente in mezzo al suo popolo.

4. Fin da questo ciclo originario, dunque, l'arte di questa Cappella si presenta come un frutto maturo di spiritualità biblica. E' un'arte che si dimostra capace ? com'è tipico dell'autentica arte sacra -"di cogliere l'uno o l'altro aspetto del messaggio, traducendolo in colori, forme, (?) senza privare il messaggio stesso del suo valore trascendente e del suo alone di mistero" (Lettera agli Artisti, n. 12). Abbiamo perciò motivo di rallegrarci, se oggi una così significativa espressione dell'arte del '400 torna a risplendere nelle cromie originali, recuperate da un diligente e moderno lavoro di restauro. Essa continua a comunicare vibrazioni del mistero, con un linguaggio che non invecchia, perché tocca ciò che è universale nell'uomo.

Il mio auspicio, recentemente espresso anche nella Lettera agli Artisti (cfr n. 10), è che, nel solco di quanto è testimoniato in questo "santuario" unico al mondo, si ristabilisca nel nostro tempo la feconda alleanza di fede ed arte, perché il "bello", epifania della bellezza suprema di Dio, possa illuminare l'orizzonte del Millennio che sta per iniziare. Mentre ringrazio il Signore, che mi offre la possibilità di presiedere l'odierna celebrazione con cui questo gioiello d'arte viene consegnato perfettamente restaurato al mondo, invoco la costante protezione divina su voi qui presenti e su coloro che prestano la loro attività lavorativa nei Musei Vaticani e sugli innumerevoli visitatori che ininterrottamente vengono ad ammirare questi capolavori da ogni parte della terra. A tutti la mia benedizione.



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