GPII Omelie 1996-2005 13

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VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

SANTA MESSA PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI



Aeroporto « La Carlota » di Caracas

Domenica, 11 febbraio 1996




Amati Fratelli nell’Episcopato,
Cari figli e figlie del Venezuela,

1. "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo" (Jn 17,18).

Celebriamo questa Santa Messa nell’ambito del triennio di preparazione al V Centenario dell’avvento della fede cristiana in Venezuela, che ci invita a rinnovare l’impegno per la Nuova Evangelizzazione che, pur essendo nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione, conserva la forza del suo contenuto originario: Dio ama l’uomo e si è manifestato in Cristo, Verbo Incarnato e Salvatore. Ogni persona, accogliendo Cristo come Redentore, riceve la filiazione e la vita divine. La Chiesa obbedisce al mandato di Gesù Cristo e, nell’annunciarlo, prosegue nel mondo la sua stessa missione, portando a termine in tal modo un compito nel quale è impegnata tutta la comunità cristiana.

Mi è gradito indirizzare un deferente saluto al Signor Presidente della Repubblica e alle Autorità che lo accompagnano. Ringrazio Monsignor Ignacio Velasco García per le parole che mi ha rivolto e alle quali ricambio riconoscente con affetto. Saluto tutti i miei fratelli nell’Episcopato che partecipano alla Santa Messa, così come i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Saluto voi, cari fedeli, che siete venuti così numerosi. So che molti di voi hanno passato la notte vegliando in questo luogo, preparandosi così a questa celebrazione. Abbraccio tutti di cuore.

Questa missione, che la Chiesa deve compiere, conserverà la sua attualità fino alla fine dei tempi. "Essa costituisce il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all’intera umanità nel mondo odierno" (Redemptoris missio RMi 2). Si tratta di un annuncio che ha per oggetto Cristo, crocifisso, morto e risorto, che ci libera dal male e dal peccato (cf. Redemptoris missio RMi 44), trasformando così dall’interno la stessa umanità (cf. Evangelii nuntiandi EN 18). L’annuncio di Cristo, in ogni tempo e in ogni luogo, rappresenta il primo passo necessario per edificare il Regno di Dio in mezzo a ciascun popolo e a ciascuna cultura.

2. Il testo di Ezechiele che abbiamo ascoltato ci mostra la trasformazione interiore che l’evangelizzazione compie. Trasmettendo le parole ispirate da Dio, il Profeta scrive: "vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d’Israele" (Ez 11,17). E aggiunge: "darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro" (Ez 11,19). Cosa vuol dire un cuore nuovo? Significa il superamento dell’idolatria e l’adesione all’unico vero Dio. Questo è un tema fondamentale nell’Antico Testamento. Ezechiele prosegue dicendo: "toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e le mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio" (Ez 11,19-20).

Benché il testo di Ezechiele sia stato scritto in un determinato contesto storico, poiché fa riferimento al ritorno dall’esilio babilonese e annuncia la liberazione dalla schiavitù e il nuovo recupero di Israele come popolo di Dio, tuttavia per noi ha un significato direttamente connesso al tema dell’evangelizzazione. In effetti, la missione evangelizzatrice porta l’uomo a superare le idolatrie materiali e a far parte a pieno titolo del popolo eletto da Dio.

Rinunciare agli idoli significa accettare Dio come centro della propria vita, mutando il cuore e rendendolo più umano. Gli idoli di oggi sono, tra gli altri, il materialismo e l’egoismo, con il loro corollario di sensualismo ed edonismo, di violenza e di corruzione. La Chiesa trasmette a tutti la forza del Vangelo, che è capace di trasformare i rapporti umani, in modo che gli uomini "imparino ad amarsi, a perdonarsi, a servirsi a vicenda" (Redemptoris missio RMi 15).

In vista del tanto auspicato rinnovamento della società venezuelana e del superamento delle crisi e delle difficoltà, è necessario che le persone, le famiglie e i diversi settori della Nazione partecipino della forza del Vangelo. In questo modo si promuoverà l’ambiente propizio all’esperienza dei valori umani ed evangelici quali la fratellanza, la solidarietà, la giustizia e la verità sia in ogni singolo membro della società che nella società nel suo insieme.

3. Nella seconda lettura, tratta dall’Apocalisse di San Giovanni, l’Apostolo contempla la visione di "un nuovo cielo e una nuova terra" (Ap 21,1). Egli vede la Città Santa, la nuova Gerusalemme, che scende dal cielo "pronta come una sposa adorna per il suo sposo" (Ap 21,2). In questo modo, l’autore sacro mette in rapporto tra loro tre temi: il rinnovamento, la sposa e la Città Santa. Giovanni ode poi una voce che proviene dal trono di Dio: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (21, 3-4). Colui che siede sul trono lo conferma con la sua Parola: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua dalla fonte della vita. Io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio" (21, 5-7).

Si può dire che l’Apocalisse inaugura la dimensione escatologica dell’evangelizzazione delle nazioni.Attraverso l’evangelizzazione, gli uomini e i popoli entrano nella Città Santa, nella nuova Gerusalemme, che da Dio è scesa sulla terra insieme con Cristo e che, continuamente, si rende presente mediante l’azione dello Spirito Santo.Grazie a questa azione sorge la Chiesa e con essa, come a casa propria, Dio vive con gli uomini, si intrattiene con essi come il Padre con suo Figlio. Gli uomini partecipano della filiazione di Cristo, il Figlio unigenito di Dio, e rimangono in questa casa che Egli stesso ha costruito con il suo sacrificio pasquale.

4. Nella cosiddetta "preghiera sacerdotale", che fa parte del discorso d’addio nel Cenacolo e che abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi, Gesù dice al Padre: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. (...) Consacrali nella verità. La tua parola è verità" (Jn 17,18-19 Jn 17,17). Questo testo ha un carattere missionario, e il momento in cui Gesù lo pronuncia, alla vigilia della sua passione, gli conferisce un’eloquenza particolare. In questa occasione, il Signore Gesù prega il Padre perché preservi i suoi discepoli nel momento della prova che dovranno affrontare. Questa prova è la passione, alla quale seguirà l’altra, la sua dipartita da questa terra nell’Ascensione. In un certo modo, gli apostoli dovranno fare affidamento sulle loro forze, pur contando sul grande patrimonio ricevuto da Gesù: "Io ho dato a loro la tua parola" (Jn 17,14). Con questa parola, Cristo rivela loro che il Regno di Dio non è di questo mondo.

Accogliendo questa parola e annunciandola agli altri, anche gli apostoli manifestano che non sono di questo mondo, come il loro Maestro non è di questo mondo. Il loro compito è difficile. Il mondo li odierà perché non sono del mondo. Li odierà per lo stesso motivo per cui ha odiato Cristo. Perché potessero compiere la missione che era stata affidata loro, avevano bisogno di una forza che venisse da Dio: questa è la "consacrazione nella verità" (cf. Gv Jn 17,17). Come gli Apostoli, anche i missionari di ogni epoca e in ogni luogo della terra hanno bisogno di questa "consacrazione nella verità", forza santificatrice dello Spirito, per compiere l’evangelizzazione delle nazioni.

5. Come ho indicato nell’inaugurare la IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, "condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati" (Discorso d’apertura, Santo Domingo, 12.X.1992, n. 26). Questi, guidati dallo Spirito Santo, che è il vero protagonista della missione, e in comunione con tutta la Chiesa, contribuiscono alla diffusione del Regno di Dio, fanno brillare la luce del Vangelo e proclamano in ogni occasione opportuna e meno opportuna (2Tm 4,2) la Parola di Vita.

In questi ultimi cinque secoli, il Venezuela ha accolto molti missionari che, con la loro parola e la loro testimonianza, hanno fatto della Nazione una terra di profonde radici cristiane. Frutto di questa azione sono i numerosi cristiani che in questi quasi cinquecento anni hanno vissuto la loro fede e la loro fiducia in Dio con un immenso amore per la Chiesa. L’anno passato ho avuto la gioia condivisa con tutti voi, di beatificare Madre María de San José. Ella rappresenta un chiaro esempio "delle innumerevoli testimonianze della santità di uomini e donne, di chierici e laici, nel corso dei cinque secoli di evangelizzazione di questa nobile terra". La sua vita "interpella tutti i membri della società venezuelana. Ai giovani si presenta come un modello di generosità, agli adulti come esempio di fiducia in Dio e di aiuto ai bisognosi. La nuova Beata costituisce per la donna venezuelana un appello a sviluppare con autentica dedizione la sua missione specifica nella Chiesa e nella società civile" (Discorso, 8.V.1995).

Con lo sguardo rivolto al futuro, la Chiesa in Venezuela deve sforzarsi di preparare autentici apostoli in tutti i campi, il che esige sia un’intensa pastorale vocazionale che un’autentica promozione del laicato, in modo che quest’ultimo, adempiendo al proprio impegno battesimale, sia un vero lievito della società.

Tuttavia, prima di ogni altra cosa, occorre presentare l’ideale della santità, che induce a offrire una testimonianza decisa e autentica di vita in Cristo, poiché "l’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all’esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie" (Redemptoris missio RMi 42).

6. Cari venezuelani: gli evangelizzatori, con la testimonianza della loro vita, con il loro amore aperto a tutti e in modo preferenziale ai poveri, con la loro azione missionaria, con il loro pellegrinaggio verso la Nuova Gerusalemme, contribuiscono a fare in modo che nella società terrena si renda più presente il Regno di Dio. È questa la vocazione alla quale siamo stati chiamati. La Chiesa in Venezuela, erede di cinque secoli di evangelizzazione, deve vivere il gioioso messaggio di Gesù Cristo e trasmetterlo, all’interno e al di fuori dei suoi confini, all’uomo di oggi e alle generazioni future.

Che Maria, Madre della Chiesa, che ieri abbiamo venerato con amore nel suo Santuario di Coromoto, ci aiuti con la sua materna intercessione a realizzare il disegno di Dio attraverso la nuova Evangelizzazione. Amen.
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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN VINCENZO PALLOTTI


Domenica, 18 febbraio 1996




1. "Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2).

Con queste parole Dio, parlando a Mosè nel contesto dell’Antica Alleanza, chiama Israele ad una vita di comunione con Lui. La santità di Dio è costantemente al centro della liturgia della Chiesa. Celebrando l’Eucaristia, infatti, l’assemblea proclama questa santità che è Dio stesso: "Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo", e voi l’avete fatto con grande entusiasmo.

La santità di Dio ci viene comunicata in Cristo. Da questa santità ha origine l’Eucaristia, il grande "mistero della fede". Quando la celebriamo o, meglio, quando Cristo la celebra mediante il sacerdote, abbiamo la consapevolezza di attingere la santità per la nostra vita da Colui che è "fonte di ogni santità".

Da questa certezza di fede scaturisce nell’animo dei credenti l’inno di lode e di ringraziamento suggerito dal Salmo responsoriale: "Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome" (Ps 102,1). Poiché "buono e pietoso è il Signore... Egli perdona tutte le tue colpe" (Ps 102,8 Ps 102,3). Egli, che è per se stesso Santo, santifica ogni essere, comunicando alle creature spirituali, mediante la grazia, la santità che gli è propria.

2. La santità di Dio consiste nella sua perfezione e, allo stesso tempo, diventa una chiamata per l’uomo. L’esortazione, che nell’Antico Testamento fu indirizzata a Mosè, viene ripresa da Cristo nel cosiddetto "Discorso della Montagna": "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48).

Questa perfezione, cioè la santità di Dio, coincide con la pienezza dell’amore. Nell’odierno brano evangelico Cristo propone a coloro che lo ascoltano le grandi esigenze dell’amore, giungendo fino a proclamare il dovere di amare i nemici. "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste" (Mt 5,43-45).

Cristo offre la motivazione più profonda di un amore tanto esigente: amate i nemici, amate i persecutori, perché Dio ama tutti. Egli, infatti, "fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5,45). Per questo anche voi dovete cercare di amare tutti, senza nessuna esclusione! Certo, si tratta di un’esigenza difficile, ma "l’amore di Dio è veramente perfetto" soltanto in colui che "osserva la sua parola" (cf. 1Jn 2,5). In tale impegnativo compito di conformarci alla santità di Dio, amando come Lui ama, ci conforta la presenza dello Spirito Santo, Spirito di amore: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Co 3,16).

3. "Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2).

È con queste parole che vi saluto tutti con affetto, carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di san Vincenzo Pallotti. Anche per voi risulta attuale l’invito del Libro del Levitico ad essere santi perché Dio è santo. Parlando di santità, ricordiamo chi l’ha pienamente vissuta ed è diventato per noi un modello di risposta a tale universale vocazione dei battezzati. Desidero indicare, quest’oggi, a ciascuno di voi il luminoso esempio del sacerdote romano Vincenzo Pallotti, vostro santo Patrono, di cui si celebra proprio quest’anno il secondo centenario della nascita. È un Santo molto attuale, che ha preso sul serio l’esortazione del Libro del Levitico ed ha percorso personalmente la strada ardua della perfezione evangelica. Con altrettanto vigore spirituale ha proposto a tutti di assumersi un particolare tipo di apostolato nella Chiesa e nel mondo, ciascuno secondo il proprio stato di vita e la propria condizione sociale.

Essere santi, essere apostoli, essere evangelizzatori: ecco, cari fedeli della Parrocchia di san Vincenzo Pallotti, sia questo anche il vostro costante desiderio e la vostra aspirazione. Lasciatevi animare da intimo slancio missionario, per proclamare il Vangelo in ogni ambiente. Questo è un compito di ogni credente e coinvolge anche voi come tutti i cristiani di Roma, che si preparano a celebrare la grande missione cittadina in vista del Giubileo del Duemila. Questa missione sarà un tempo di grazia singolare, che richiede il coinvolgimento di tutti. Dall’impegno per la missione al popolo di Dio occorre in effetti passare alla coscienza di essere popolo di Dio in missione.

4. Carissimi! Voi vivete in un quartiere popolare che, come l’intera città di Roma, ha bisogno di riscoprire e approfondire il messaggio cristiano. Già state facendo molto per questo, diffondendo il Vangelo tra gli abitanti della zona. Proseguite con coraggio e costanza in tale impegno apostolico, proponendo Gesù Cristo come unico Signore e Salvatore e stimolando ciascuno a profonde risposte di fede, accompagnate da generosa adesione personale. Vivete in comunione tra di voi: è infatti dalla testimonianza della carità che scaturisce il più efficace invito a credere in Dio che è Amore.

In tale spirito di comunione ecclesiale, saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro parroco, Don Renato Pucci, ed i Sacerdoti Pallottini che collaborano con lui nella guida della Comunità. Rivolgo un riconoscente pensiero agli Istituti religiosi presenti nell’ambito della Parrocchia: le Suore Pallottine, le Sacramentine e le Adoratrici di Rivolta d’Adda, testimoni dei vari carismi della vita consacrata. Insieme ai laici dediti all’apostolato, esse si prodigano attivamente perché il Vangelo sia conosciuto ed accolto da quanti abitano nel quartiere di Pietralata.

Saluto, inoltre, gli aderenti ai vari gruppi parrocchiali impegnati nella catechesi, nell’evangelizzazione e nella carità ed ai cammini del Rinnovamento nello Spirito e Neocatecumenale. Rivolgo uno speciale pensiero ai Membri dell’Associazione "Arcobaleno", che si dedicano al recupero di giovani tossicodipendenti e costituiscono un punto di riferimento per tanti giovani emarginati.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, sin dalle sue origini apostoliche la Chiesa ha scritto e continua a scrivere una storia di santità. Essa mostra come l’esortazione dell’Antico e del Nuovo Testamento ad essere santi, come lo è Dio stesso, non cessi di portare abbondanti frutti umani e spirituali. Ne sono eloquente testimonianza i Santi, sempre presenti in ogni secolo.

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, ha dedicato un intero capitolo al tema dell’universale vocazione alla santità."Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado - sottolinea il Concilio - sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano" (n. 40). Coloro che seguono fedelmente la chiamata alla santità scrivono la storia della Chiesa nella sua dimensione più essenziale, quella cioè dell’intimità con Dio. Sono Vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, persone consacrate; sono laici di varia età e di diversa professione. Quelli che la Chiesa ha elevato alla gloria degli altari possiamo trovarli nel calendario e, in particolare, nel martirologio, cioè nel libro che raccoglie i nomi dei "testimoni" di Cristo. Nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente ho ricordato come il nostro secolo abbia accresciuto il martirologio in misura straordinaria: "Nel nostro secolo sono ritornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi militi ignoti" della grande causa di Dio" (n. 37).

Mentre entrava a Gerusalemme, prima della Pasqua, Cristo fu acclamato dalla folla con le parole: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore" (Jn 12,13). Egli sta ora per entrare nel terzo millennio circondato da fedeli che, diventati nel corso dei secoli suoi imitatori, cantano all’unisono: "Santo, santo, santo il Signore..., Colui che era, che è e che viene" (Ap 4,8). "Osanna nell’alto dei cieli. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria" (cf. Te Deum).

Anche noi, nell’odierna Celebrazione eucaristica, ci uniamo al coro dei "testimoni" di Cristo, per proclamare la gloria di Dio e fare nostra l’universale vocazione alla santità. Egli, che è il tre volte santo, ci conceda di partecipare pienamente alla sua stessa santità.

Beato Colui che viene nel nome del Signore.

Amen!
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STAZIONE QUARESIMALE PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE

NELLA BASILICA DI SANTA SABINA ALL’AVENTINO


Mercoledì, 21 febbraio 1996

1. "Memento, homo . . . quia pulvis es, et in pulverem reverteris" (cf. Gen Gn 3,19) - "Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai".

La Chiesa pronuncia queste parole nell’odierna liturgia, mentre vengono imposte le ceneri sul capo dei fedeli. Sono parole che provengono dal Libro della Genesi: i nostri progenitori le udirono dopo aver peccato. Peccato originale e sentenza originale. Per opera del primo Adamo entrò nel mondo la morte ed ogni discendente di Adamo porta in sé il pegno della morte. A tale eredità prendono parte tutte le generazioni dell’umanità.

Una volta fui testimone dell’apertura di un sarcofago regale nella cattedrale di Cracovia. Si trattava di un grande monarca, che aveva esercitato il potere quando la Patria si trovava all’apice del suo splendore e della sua potenza. Ben videro i nostri occhi come il suo corpo era tornato in polvere. Nei suoi riguardi si era attuata l’inesorabile legge della morte. Così avverrà per ciascuno di noi: "In polvere tornerai".

2. Dopo il Concilio, la Chiesa ama ripetere anche un’altra formula liturgica per l’imposizione delle Ceneri: "Convertimini!" - "Convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1,15).

All’inizio della Quaresima, il mercoledì delle Ceneri, queste parole costituiscono per noi un programma di vita. Sono le parole con le quali Cristo ha iniziato la sua predicazione.

Convertitevi: Metanoeite! Le Letture dell’odierna Liturgia parlano soprattutto di questo.

"Ritornate a me", proclama il profeta Gioele (2, 12).

E il Salmista: "Miserere mei, Deus secundum misericordiam tuam" "Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia,... mondami dal mio peccato... Riconosco la mia colpa... contro te solo ho peccato... Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo... Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito" (cf. Sal Ps 50,3-13).

Nel Vangelo secondo Matteo è Cristo stesso a spiegare il significato dell’elemosina, della preghiera e del digiuno, di quelle opere, cioè, mediante le quali voltiamo le spalle al peccato e ci convertiamo a Dio.

"Ritornate al Signore vostro Dio" (Jl 2,13), esorta l’acclamazione quaresimale.

"Convertitevi"!

"Convertitevi e credete al Vangelo".

3. Che vuol dire "credere al Vangelo"? Significa accettare tutta la verità su Cristo. L’Apostolo scrive: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Co 5,21).

Cristo, nostra giustificazione.

È in Lui e per mezzo di Lui che viene spezzato quel drammatico nodo che congiunge indissolubilmente morte e peccato.

"Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti" (Is 53,6) . . . ed Egli, Cristo, assunse su di sé quel terribile peso, perché diventassimo in Lui giustizia di Dio.

Ormai, dunque, non prevale più il binomio: peccato e morte, ma l’altro binomio: morte, la sua morte sulla croce, e giustificazione.

E ciò realizza quanto annunzia il Salmo: "Crea in me, o Dio, un cuore puro" (50, 12). Crea! La Redenzione è la nuova creazione: nella giustizia e nella santità della verità.

4. Perché la Chiesa impone oggi sul nostro capo la cenere? Perché ci ricorda la morte? La morte che è l’effetto del peccato! Perché?

Per prepararci alla Pasqua di Cristo. Al mistero pasquale del Redentore del mondo.

Pasqua vuol dire quel che professiamo nel "Credo": "il terzo giorno risuscitò"!

Sì. Oggi occorre ascoltare il "sei polvere e in polvere tornerai" del mercoledì delle ceneri, perché si schiuda davanti a noi la verità definitiva del Vangelo. La verità sulla Risurrezione: credete al Vangelo.

Per credere al Vangelo fino in fondo, con tutta la verità della nostra esistenza mortale, bisogna che, sulla soglia della Quaresima, ci si schiuda davanti questa prospettiva.

Siamo chiamati a partecipare alla risurrezione di Cristo. Per far risuonare in noi quest’appello con tutta la forza, bisogna che, all’inizio del periodo quaresimale, ci rendiamo conto di che cosa è la morte: ". . .Tu sei polvere . . . Convertitevi . . . Credete al Vangelo!".
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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA « CAUSA NOSTRAE LAETITIAE »


I Domenica di Quaresima, 25 febbraio 1996




1. "Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,19).

In questa prima domenica di Quaresima la Liturgia riprende e sviluppa i temi proposti il Mercoledì delle Ceneri, come quello contenuto nelle parole di san Paolo: Dio trattò Cristo da peccato in nostro favore (cf. 2Co 5,21). Sono parole sconvolgenti! Oggi, nella seconda Lettura, tratta dalla Lettera ai Romani, l’Apostolo sviluppa la meditazione sul peccato e sulla morte: "Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato" (Rm 5,12).

In questo importante testo paolino, che parla del peccato originale e della peccaminosità ereditata dall’iniziale caduta, è chiara la relazione tra "uno" e "tutti", tra Adamo e l’umanità.

2. Il primo peccato della storia, il peccato originale, si inscrive nel mistero stesso dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Il Libro della Genesi mostra come proprio sulla base della primordiale elevazione dell’uomo, creato da Dio maschio e femmina, venga sperimentato per la prima volta il cattivo uso della libertà.

Entrambi, la donna e l’uomo, cedono alla tentazione e si ribellano al piano divino. È importante, a questo riguardo, mettere in luce non soltanto ciò che essi fanno, ma anche perché lo fanno. Il tentatore agisce anzitutto in modo che ambedue trasgrediscano il comandamento loro assegnato dal Creatore nel paradiso terrestre con la manifesta coscienza di agire contro la volontà di Dio. Il serpente insinua in loro questo pensiero: "Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male" (Gn 3,5).

Dunque, il primo peccato è stato commesso non soltanto andando contro la volontà del Creatore, ma, molto di più, con la chiara intenzione di appropriarsi di ciò che appartiene unicamente a Dio stesso. Infatti in Lui si fonda la distinzione tra ciò che è buono e ciò che è cattivo. Egli stesso, supremo Legislatore, è la fonte di tutto l’ordine morale. Il tentatore rinnega questa verità, questo fondamentale principio di ragione e di fede, e cerca di instillare nei progenitori la propria ribellione. Purtroppo, riesce nel suo malvagio intento, suggerendo indirettamente ad Adamo ed Eva: sarete voi stessi a decidere ciò che è bene e ciò che è male; sarete come Dio!

3. Il peccato è entrato nel mondo a causa di una disobbedienza: la disobbedienza dei nostri progenitori, divenuta retaggio di tutti gli uomini, ha propagato la morte all’intera umanità: "Per la caduta di uno solo la morte ha regnato... Per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori" (Rm 5,17 Rm 5,19), perdendo così la giustizia originale.

Per mezzo di Cristo, tuttavia, viene la giustificazione: "Per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita... Per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,18-19).

Noi sappiamo e crediamo che questo "uno solo" è Cristo, Colui che per noi si fece "obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8).

4. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di Santa Maria Causa Nostrae Laetitiae! Sono molto lieto di trovarmi in mezzo a voi all’inizio dell’itinerario quaresimale, che ci prepara alla Pasqua, al mistero della morte e della risurrezione di Cristo, da cui siamo giustificati.

Vi saluto tutti con affetto. Il mio pensiero va anzitutto al Cardinale Vicario, al Vescovo Ausiliare incaricato della pastorale del Settore Est, al Parroco, Don Elvio Ferri, ed ai sacerdoti che con lui collaborano nel ministero pastorale. Rivolgo un particolare saluto ai membri dei numerosi Istituti religiosi presenti in Parrocchia. Ad essi, che costituiscono una singolare ricchezza per la vita della Comunità, raccomando di operare in stretta collaborazione, nel rispetto degli specifici carismi, perché l’annunzio del Vangelo giunga in ogni angolo del vostro vasto quartiere.

Saluto, poi, i componenti del Consiglio Pastorale, gli aderenti ai vari gruppi di catechesi e quanti curano l’animazione liturgica e coloro che si dedicano al servizio della carità. Mentre esprimo apprezzamento per quanto già state compiendo al fine di rendere più viva ed accogliente la vostra Comunità, esorto tutti a proseguire con impegno generoso nelle varie attività parrocchiali, preparandovi alla missione cittadina, che dovrà interessare ogni persona, ogni famiglia ed ogni ambiente sociale, per portare dappertutto l’annunzio di Cristo, Redentore dell’uomo.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle! La vostra Parrocchia è situata all’estrema periferia di Roma e, come tante altre, ha urgente necessità di rifondare la propria pastorale. So che lo avete compreso e che state lavorando senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà. Anch’io mi congratulo con voi e vi incoraggio ad andare avanti con fiducia, sempre attenti alle autentiche esigenze della Parrocchia e della zona, composta da quartieri fra loro diversificati: il Villaggio Breda, il Consorzio di Torre Gaia e il Papillo. Si tratta di realtà umane e ambientali diverse, dove non mancano, purtroppo, situazioni delicate e difficili, con anziani soli, famiglie disgregate e ragazzi abbandonati a se stessi. In considerazione di questa diversità di condizioni, si rende necessaria una pastorale differenziata, un annunzio del Vangelo che giunga alle singole persone con modalità specifiche.

È chiaro che tale compito non può essere soltanto dei sacerdoti, ma va fatto proprio dall’intera Comunità. Ecco perché la vostra Parrocchia deve sentirsi una vera famiglia spirituale e soggetto attivo di evangelizzazione, come il Sinodo diocesano ha chiesto di essere ad ogni Parrocchia romana. In questo modo potrete giungere veramente a tutti, aiutando ciascuno a scoprire la bellezza e la gioia di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa.

La vostra Parrocchia è dedicata a Maria Santissima Causa Nostrae Laetitiae; Maria è causa della nostra letizia perché ci porta la vera gioia, la vera letizia: Gesù, Verbo di Dio e Salvatore del mondo.

Carissimi Fratelli e Sorelle, sappiate essere anche voi, come Maria, portatori dell’autentica letizia, della vera gioia: portatori di Gesù negli ambienti in cui vivete ed operate.

6. "Ubi abundavit peccatum, superabundavit gratia" (Rm 5,20).

La sovrabbondanza della grazia, che vince il potere del peccato, si è realizzata per opera di Cristo, obbediente fino alla morte di croce. All’inizio della Quaresima la Liturgia ci mostra come l’obbedienza di Cristo sia presente fin dai primi momenti della sua missione messianica quando, dopo il battesimo nel Giordano conferitogli da Giovanni il Battista, Egli intraprende il digiuno di quaranta giorni. Al termine di tale periodo di solitudine Satana tenta il Signore, come una volta aveva tentato i progenitori nel paradiso terrestre.

Cristo, il nuovo Adamo, venuto nel mondo per redimere il peccato del primo Adamo, vince la tentazione, che nell’esistenza umana è la via che conduce al peccato. Egli sconfigge il tentatore: "Vattene, Satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto"" (Mt 4,10). Queste parole sono anche un preannunzio della sua definitiva vittoria sul peccato e sulla morte.

Fissando da oggi lo sguardo della mente sul mistero che l’odierna Liturgia ci presenta, facciamo nostra l’invocazione del Salmista: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (50,12). Possa davvero il Signore purificare il nostro spirito durante l’itinerario quaresimale, affinché giungiamo a celebrare con cuore ed animo rinnovati la grande festa della Pasqua.

Questo è il mio augurio che lascio alla vostra Comunità.

Amen!
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GPII Omelie 1996-2005 13