GPII Omelie 1996-2005 17

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA BIBIANA - Domenica, 3 marzo 1996

1. "Cristo... ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,10).

La Liturgia di questa seconda Domenica di Quaresima ci invita ad entrare in contatto con la luce di Cristo che comunica la vera vita: ci porta a meditare sul mistero pasquale.

È attraverso la croce e la risurrezione che Cristo "ha vinto la morte" (2Tm 1,10) ed illumina così nel modo più pieno la nostra vita. Egli rivela l’originale vocazione dell’uomo all’immortalità beata: a partecipare, cioè, a quella vita in Dio che supera i confini della morte e vince il buio della tomba. In questo modo Cristo ci introduce nel cuore stesso del Vangelo, Buona Novella rivelata all’intera umanità, che era sottoposta al potere del peccato e della morte.

2. Le Letture, che poc’anzi abbiamo ascoltato, ci spronano a riflettere sul significato del concetto biblico di "terra promessa", collegato con la vocazione di Abramo. La prima Lettura, tratta dal Libro della Genesi, ricorda che il Signore Dio così ordinò all’antico patriarca: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò" (Gn 12,1).

La vocazione di Abramo costituisce, in un certo senso, l’annuncio delle successive chiamate rivolte ai suoi discendenti: pensiamo a Mosè (cf. Es Ex 3,1-12), a Samuele (cf. 1Sam 1S 3,1-10), a Davide (cf. 1Sam 1S 16,1-13), ad Isaia (cf. Is Is 6,1-8) ed a Geremia (cf. Ger Jr 1,4-10). Abramo dovette lasciare la nativa Ur dei Caldei per recarsi in un paese a lui sconosciuto, che il Signore gli avrebbe indicato.

Durante la Quaresima ritorniamo spesso a questa chiamata divina, in modo particolare quando meditiamo sul grande evento dell’Esodo di Israele dall’Egitto. L’Egitto, infatti, dove si recarono i discendenti di Abramo in cerca di stabile prosperità, col passar del tempo si rivelò in realtà come la terra di una pesante "condizione di schiavitù" (cf. Es Ex 20,2).

Durante il tempo di Quaresima l’uscita d’Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè costituisce il tema di fondo dei testi liturgici, specialmente nell’Ufficio delle Letture. E non si tratta soltanto di una serie di semplici fatti storici, bensì di avvenimenti carichi di significato spirituale anche per noi, che ci avviciniamo ormai alle soglie del terzo millennio.

3. Il senso simbolico, che i fatti dell’Esodo rivestono, emerge in modo eloquente dall’odierno brano evangelico, che narra la Trasfigurazione del Signore. "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni... e li condusse... su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (Mt 17,1-2).

La Trasfigurazione fu accompagnata da un senso di beatitudine che conquistò gli Apostoli: "Signore, è bello per noi restare qui" (Mt 17,4). Essi vennero improvvisamente a trovarsi nella sfera di irradiazione della divinità, mentre il Padre parlava di Cristo trasfigurato: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Mt 17,5).

La Chiesa, nel ricordare quest’evento durante la Quaresima, intende mostrare come la "terra promessa" significhi in definitiva il cielo. Al cielo, infatti, alla piena comunione con Dio, Cristo Gesù conduce tutti i discendenti di Abramo che, mediante la fede, prendono parte alla promessa fatta al patriarca: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gn 12,3).

Essi formano quel "grande popolo" (Gn 12,2) che doveva sorgere da Abramo: il popolo di Dio.

4. "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo" (2Tm 1,8). San Paolo, rivolgendosi a Timoteo, fa notare che, insieme alla grazia dell’elezione in Cristo, ci è dato di partecipare alla sua passione.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Le parole dell’Apostolo delle genti risuonano in maniera significativa in questa bella chiesa dedicata a Santa Bibiana, opera del grande artista Gian Lorenzo Bernini. La vostra Patrona, infatti, ha sofferto per il Vangelo fino alla prova suprema del martirio.

Dopo aver visto morire, sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata, i propri genitori e la sorella, ella fu spinta a rinnegare la fede cristiana e, pur sottoposta ai terribili tormenti della flagellazione con le cordicelle piombate, non cedette. Per amore di Cristo andò incontro alla sofferenza e alla morte, conseguendo la palma della vittoria: sublime modello di perseveranza nella prova e di generosità nel servire il Signore!

Questa Santa romana, sulla cui casa natale, secondo un’antica tradizione, è stata costruita questa chiesa, offre a tutti i credenti un luminoso esempio di fedeltà al Vangelo. Lo offre, in particolare, a questa vostra Parrocchia, come a tutta la Comunità diocesana incamminata verso il Grande Giubileo del Duemila.

In un’epigrafe del diciassettesimo secolo, posta a destra dell’ingresso centrale, si legge che nel cimitero, un tempo annesso all’antico tempio, "riposano undicimiladuecentosessantasei corpi di martiri". Appartengono a quei numerosi martiri romani che, col loro sangue, hanno reso fecondo l’annuncio del Vangelo in questa nostra Città. A loro vi invito a guardare durante la missione cittadina in vista del prossimo grande Giubileo.

L’esempio dei martiri infonda in tutti i credenti il coraggio di professare sempre la fede in Gesù e il necessario vigore per testimoniare il Vangelo nell’attuale momento storico, alle soglie del terzo millennio cristiano.

5. In vista della missione cittadina, e in questa suggestiva chiesa berniniana, fatta restaurare da Urbano Ottavo in occasione dell’Anno Santo 1625, mi piace richiamare l’importanza delle testimonianze della fede attraverso l’espressione artistica. Questo tempio, modesto nelle dimensioni ma ricco di storia e di spiritualità, parla eloquentemente di Dio: verso di Lui conduce ogni sua parte. Le opere d’arte, tra le quali spicca l’edicola marmorea sovrastante l’altare maggiore, con la statua di Santa Bibiana, ci fanno comprendere quanto siano importanti le testimonianze storiche ed artistiche, per tramandare attraverso i secoli i sentimenti di fede, di adorazione e di lode a Dio, somma Bellezza e Bontà.

Durante la missione cittadina e in occasione dell’Anno Santo è necessario riscoprire e valorizzare per l’evangelizzazione lo straordinario patrimonio d’arte e di santità che la città di Roma ha ereditato. Come pure occorre incoraggiare gli artisti del nostro tempo ad esprimere la fede con opere d’arte che siano in grado di parlare all’uomo d’oggi.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di Santa Bibiana, sono lieto di trovarmi oggi in mezzo a voi! Saluto con affetto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il parroco, Padre Atanasio De Sanctis, ed i suoi collaboratori, Figli della Sacra Famiglia, che dal 1920 officiano questa chiesa e, da quando nel 1953 fu costituita Parrocchia, guidano la popolazione con amore e generosità. Rivolgo un cordiale pensiero ai Frati Cappuccini del Convento San Fedele ed alle Suore Concezioniste, che si dedicano all’ospitalità e all’accoglienza dei pellegrini.

Saluto, infine, i componenti dei vari gruppi parrocchiali impegnati nella catechesi, nell’animazione liturgica, nelle attività culturali e nella testimonianza della carità.

La vostra Parrocchia, situata vicino alla Stazione Termini, si trova in un quartiere dove molte sono le persone che vivono sole e dove poche sono le nuove famiglie, mentre non mancano, purtroppo, situazioni preoccupanti di disagio e di povertà. A voi è chiesto un impegno generoso per annunciare il Vangelo della carità in un contesto che mette più facilmente in evidenza gli squilibri e le contraddizioni della nostra società.

A voi, pertanto, è domandato di essere una comunità missionaria, aperta alle esigenze spirituali e materiali degli abitanti del territorio, attenta ai bisogni dei molti immigrati, dei poveri e delle persone sole, degli anziani e dei malati.

Abbiate cura particolare per l’apostolato familiare e fate in modo che la stessa Comunità parrocchiale diventi sempre più un’autentica famiglia spirituale, prendendo come modello la Santa Famiglia di Nazaret.

7. "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio" (2Tm 1,8). La forza necessaria per lottare contro il male ed il peccato "ci è stata data in Cristo Gesù" (2Tm 1,9). È la forza che Cristo, nella prospettiva della sua passione ormai vicina, ha rivelato e comunicato ai tre Apostoli sul monte Tabor. Essa preannuncia la rivelazione definitiva della risurrezione, come indicano le parole di Gesù: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti" (Mt 17,9).

Sì. La Trasfigurazione del Signore è annuncio della Risurrezione: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Mt 17,5). "Egli ha vinto la morte ed ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,10).

Lode ed onore a Te, Signore Gesù! Amen!
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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DEL BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ


Domenica, 10 marzo 1996




1. "L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rm 5,5).

Queste parole dell’apostolo Paolo, tratte dalla Lettera ai Romani, ci introducono nella prospettiva degli eventi pasquali. Lo Spirito Santo, infatti, ci è stato dato in virtù del sacrificio di Cristo: "mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). La sua morte redentrice ha come dischiuso nell’uomo uno spazio interiore, preparando la venuta dello Spirito Santo che Egli avrebbe inviato.

In questo modo l’odierna Liturgia orienta il nostro sguardo non soltanto verso la Pasqua, ma ben oltre: fino al giorno della Pentecoste, quando rivivremo l’evento della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti nel Cenacolo.

Quest’anno, poi, la Solennità della Pentecoste avrà a Roma una particolare rilevanza, giacché segnerà l’inizio della grande missione cittadina in preparazione al Giubileo del Duemila. Si tratta di un’occasione propizia, di un tempo di grazia offerto alla Comunità cristiana e all’intera Città, per riscoprire i valori evangelici e prepararsi ad entrare spiritualmente e socialmente rinnovate nel terzo millennio.

2. San Paolo, nella seconda Lettura poc’anzi proclamata, scrive che l’amore di Dio è stato "riversato" nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. È significativo il fatto che l’opera dello Spirito Santo venga paragonata al dono dell’acqua (cf. Lett. Enc. Dominum et Vivificantem DEV 1-2). Quest’immagine richiama innanzitutto l’episodio del Libro dell’Esodo, ricordato nella prima Lettura. Nel deserto Israele, stanco di soffrire a causa della sete, cominciò a mormorare. Dio ordinò a Mosè di battere con il bastone la roccia e da questa scaturì acqua, così che gli Israeliti poterono calmare la loro sete (cf. Es Ex 17,3-6).

Nel Salmo responsoriale abbiamo ricordato quel luogo, che Mosè chiamò Massa e Meriba, in memoria del grande prodigio operato dal Signore. "Non indurite il cuore, - dice Dio - come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri" (Ps 94,8-9). È lo stesso testo biblico che viene recitato quotidianamente nella Liturgia delle Ore.

3. La pericope del Vangelo secondo Giovanni fa riferimento all’analogia fra l’opera dello Spirito Santo e il dono dell’acqua. Il simbolismo viene sviluppato nel colloquio, avvenuto presso il pozzo di Sicar, tra la Samaritana e Gesù che chiede un po’ d’acqua: "Dammi da bere" (Jn 4,7). La donna esprime stupore, perché colui che domanda è un Giudeo, non mantenendo i Giudei buoni rapporti con i Samaritani (cf. Gv Jn 4,9).

Ma Cristo risponde: "Se tu conoscessi il dono di Dio e [sapessi] chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva" (Jn 4,10).

La Samaritana rimane sorpresa da queste parole. Che cosa è l’acqua viva? Gesù stesso precisa: "Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete... l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna" (Jn 4,14). Egli parla dell’"acqua viva", cioè dell’amore di Dio riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo. Amore divino che diventa nell’uomo sorgente di vita eterna, capace di saziare ogni suo intimo desiderio non soltanto temporale, ma anche, e soprattutto, eterno.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia del Beato Josemaría Escrivá, sono lieto di essere tra voi, oggi, in occasione della solenne Dedicazione della vostra nuova chiesa parrocchiale. Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il Parroco, Don Alberto Ortolani, e i Sacerdoti che collaborano con lui nelle diverse attività pastorali. Rivolgo un riconoscente pensiero a Mons. Javier Echevarría Rodríguez, Prelato dell’Opus Dei, e a tutti coloro che hanno reso possibile la costruzione di questa nuova chiesa, che attendevate fin dal giorno in cui è stata costituita questa vostra Parrocchia.

Saluto con affetto i diversi gruppi di ragazzi, giovani e adulti impegnati a vari livelli nella catechesi, come pure quanti partecipano alle attività parrocchiali della Caritas, dell’Oratorio e degli Scout.

Ringraziamo il Signore, perché abbiamo la gioia di inaugurare questa chiesa. Essa costituisce un luogo privilegiato di aggregazione umana oltre che cristiana, tenendo conto che nel quartiere mancano perfino i servizi essenziali e le strutture atte a favorire l’incontro e la conoscenza tra gli abitanti. Possa questo tempio diventare sempre più il luogo della preghiera e dell’incontro, della fraternità e della comunione.

Con l’odierna Liturgia di Dedicazione questo edificio diviene un luogo sacro, una chiesa, dimora di Dio tra gli uomini. Nel ricevere il sacramento del Battesimo, accade ai credenti qualcosa di ancor più profondo. Resi figli di Dio adottivi mediante la rigenerazione spirituale operata dall’acqua e dallo Spirito Santo, essi sono inseriti nel Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Lo Spirito abita nei battezzati come in un tempio. Ogni cristiano, perciò, è chiamato ad essere santo, come lo è il Padre celeste.

Questa verità, chiaramente proclamata da Gesù nel Vangelo, è stata testimoniata dal Beato Josemaría Escrivá con la vita ed il costante insegnamento. "Dio ci aspetta ogni giorno, egli amava ripetere. Sappiatelo bene: c’è un qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire". E aggiungeva: "Non vi è altra strada, figli miei: o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai" (Colloqui con Monsignor Escrivá de Balaguer, n. 114).

5. Oggi dedichiamo la vostra Parrocchia al Fondatore dell’Opus Dei, che tanto si adoperò per diffondere l’ideale della santità.

Carissimi Fratelli e Sorelle, sappiate fare vostro il suo programma di vita e di impegno pastorale: vivere protesi verso la santità e far comprendere ad ogni persona che s’incontra, uomo o donna, che è chiamata alla piena comunione con Dio.

So che con l’aiuto dei vostri Sacerdoti si sta formando un gruppo di animatori desiderosi di impegnarsi nel sostenere l’evangelizzazione all’interno della Parrocchia, dopo aver approfondito la dottrina e la morale della Chiesa ed aver acquistato maggior consapevolezza della responsabilità dei laici nell’apostolato. Esprimo vivo apprezzamento per questa valida iniziativa pastorale. Auspico che, partecipando allo sforzo apostolico e missionario di tutta la Diocesi per la missione cittadina in vista del grande Giubileo del Duemila, questo vostro zelo cresca sempre più e possa essere fatto proprio da molti abitanti del quartiere.

Sappiamo bene come il dialogo con le anime, se viene fatto in modo approfondito, si sviluppa lentamente. Non desistete da questo vostro fondamentale apostolato; i frutti concreti, anche se dovessero tardare, non mancheranno certo di arrivare.

Vi affido tutti alle mani materne della Beata Vergine Maria e all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá.

6. "Veni Lumen cordium". Vieni, Luce dei cuori (Sequenza di Pentecoste).

Il colloquio con la Samaritana, che abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi, parla indirettamente dello Spirito Santo come "luce dei cuori". La donna ammette, infatti, che Cristo conosce i suoi peccati prima ancora che essa glieli abbia confidati; in questo modo, vede in lui un Profeta.

Ecco un tema particolarmente significativo durante il tempo di Quaresima. È necessaria la "luce del cuore" per poter prepararsi bene alla celebrazione della Pasqua, anche mediante il sacramento della Penitenza.

Tutti i fedeli sono invitati ad approfondire, specialmente durante la Quaresima, il valore della Confessione, come momento fondamentale per riconoscere il male ed il peccato presenti nella loro vita, per riconciliarsi con Dio e con i fratelli e per rinnovare la loro adesione a Cristo e al Vangelo. In questo sforzo di riscoperta dell’autentico significato della penitenza evangelica possono offrire un fondamentale contributo le Parrocchie e i Santuari, con le speciali predicazioni che si usa fare nel periodo della Quaresima. Tutto ciò stimola i credenti ad entrare nello spirito pasquale e, come "veri adoratori", ad "adorare il Padre in spirito e verità" (cf. Gv Jn 4,23).

Luce dello Spirito Santo illumina la nostra vita,
aiutaci ad impegnarci generosamente
in questo periodo quaresimale,
preannuncia a noi, fin d’ora,
lo splendore della luce e della gioia pasquale.
Signore, tu sei veramente il Salvatore del mondo;
dacci dell’acqua viva,
perché non abbiamo più sete in eterno (cf. Canto al Vangelo).

Amen!

Domenica, 17 marzo 1996: RITO DI BEATIFICAZIONE DEI VESCOVI DANIELE COMBONI E GUIDO MARIA CONFORTI

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OMELIA DI GIOVANNI PAOLO I - LETTA DAL CARDINALE ANGELO SODANO SEGRETARIO DI STATO


1. ". . . è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio" (
Jn 9,3).

In questa domenica di Quaresima la Chiesa canta: "Il Signore è il mio pastore . . . mi conduce . . . mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino" (Ps 22,1 Ps 22,2-3). La Liturgia quaresimale traccia un significativo cammino di preparazione al Battesimo, quasi una grande catechesi battesimale. Ogni giorno di questo "tempo forte", e ciò vale specialmente per la domenica, segna un’ulteriore tappa dell’itinerario formativo verso la celebrazione del mistero pasquale. Cristo, Buon Pastore, fa sì che nell’uomo si rivelino i disegni salvifici: "le grandi opere di Dio".

Si sono manifestate, queste "grandi opere di Dio", nell’Antico Testamento. Una di esse è stata certamente l’elezione e l’unzione di Davide, il più piccolo dei figli di Iesse il Betlemmita. Come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, Dio chiamò Davide ad essere capo e re del suo popolo, Israele (cf. 1S 16,11-13) e vincolò definitivamente alla sua discendenza la promessa messianica: il Messia sarebbe sorto dalla stirpe di Davide.

"Le grandi opere di Dio" si sono manifestate poi nel Nuovo Testamento. La Liturgia ce ne ha oggi presentata una particolarmente significativa: la guarigione del cieco nato. Come racconta in modo ampio e dettagliato san Giovanni nell’odierno brano evangelico (cf. Jn 9,1-41), Cristo restituì a quel giovane la vista fisica e spirituale.

La riflessione su questa pericope giovannea costituisce già di per sé una singolare catechesi battesimale. Essa, infatti, ci mostra il cammino graduale che conduce alla fede, quasi un passaggio attraverso fasi successive dalla cecità alla capacità di vedere. Cristo, "luce del mondo" (cf. Jn 8,12), conduce progressivamente il cieco nato ad accogliere questa luce nella quale sta la salvezza dell’uomo.

2. Domenica scorsa, un altro elemento caratteristico della celebrazione battesimale si trovava al centro della Liturgia della parola: l’acqua. Anche oggi non mancano accenni a questo fondamentale elemento: "Va’ a lavarti nella piscina di Siloe", dice Gesù al cieco (Jn 9,7); e nel Salmo responsoriale il pastore "conduce ad acque tranquille" la pecorella che si affida a lui (Ps 22,2). Anche un altro elemento importante viene posto in primo piano nelle Letture di questa domenica: l’unzione. Samuele unge Davide; il Pastore eterno cosparge di olio il capo del suo fedele (cf. Ps 22,4).

Scopo ultimo di tutti questi messaggi è di sospingere chi ascolta verso quel risveglio spirituale a cui san Paolo fa riferimento nella seconda Lettura: "Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà" (Ep 5,14). È questa, infatti, la questione centrale della grande catechesi battesimale. Bisogna che il catecumeno riconosca in Cristo Colui che è la luce del mondo, il Buon Pastore, in grado di condurre l’umanità, anche attraverso le "valli oscure" (cf. Sal Ps 22,4) dell’esistenza terrena, verso la luce della vita eterna.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Proprio a questo scopo supremo - condurre l’umanità verso la luce della vita eterna - hanno mirato, seguendo l’esempio luminoso del Buon Pastore, due generosi apostoli dell’evangelizzazione: il Vescovo Daniele Comboni, fondatore dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e delle Suore Missionarie Pie Madri della Nigrizia, ed il Vescovo Guido Maria Conforti, fondatore dei Missionari Saveriani.

Il Comboni, innanzitutto: fin dalla sua formazione alla vita sacerdotale nell’Istituto fondato dal servo di Dio Nicola Mazza, Daniele Comboni si sentì chiamato al dono della propria vita per l’annuncio evangelico in terra d’Africa. Questa consapevolezza lo accompagnò per tutta l’esistenza, lo sostenne nelle fatiche missionarie e nelle difficoltà pastorali. Si sentiva confortato in questa sua dedizione dalla parola udita dal Papa Pio IX: "Labora sicut bonus miles Christi pro Africa" (Scritti, N. 4085).

La modernità e l’audacia della sua opera si espressero nella preparazione e nella formazione dei futuri presbiteri, nell’instancabile animazione missionaria anche attraverso scritti e pubblicazioni, nella fondazione di due Istituti - maschile e femminile - esclusivamente dediti alla missione "ad gentes", lottando per l’abolizione della terribile tratta degli schiavi e operando attivamente "per la rigenerazione dell’Africa mediante se stessa". Queste intuizioni del nuovo Beato hanno portato grandi frutti per l’evangelizzazione del continente africano, preparando la strada all’attuale consolante sviluppo della Chiesa in Africa (cf. Ecclesia in Africa, nn. ).

"Portare l’umanità alla luce della vita eterna": l’ideale di Daniele Comboni prosegue ancora oggi nell’apostolato dei suoi figli e delle sue figlie spirituali. Essi continuano a mantenere forti legami in Africa e, in particolare, con il Sudan, dove il loro Fondatore ha speso gran parte delle sue energie di infaticabile evangelizzatore e dove si è spento, ancora in giovane età, consumato dalle fatiche e dalla malattia. L’incondizionata fiducia che egli ebbe nella potenza dell’orazione (cf. Scritti, N. 2324) trova valida espressione nei "Cenacoli di preghiera missionaria", che stanno sorgendo in numerose parrocchie e costituiscono un significativo strumento di animazione e di rinnovamento della spiritualità missionaria.

4. La missione "ad gentes" è stato uno dei punti fondamentali dell’azione apostolica anche di Guido Maria Conforti. Portare a tutti la luce di Cristo fu l’impegno che ne orientò tutta la vita. Egli poté vivere in pienezza le tre situazioni in cui si svolge l’unica missione evangelizzatrice della Chiesa: la cura pastorale della Chiesa locale, l’impegno per la missione "ad gentes" e l’evangelizzazione di coloro che hanno perduto il senso della fede (cf. Redemptoris missio, N. RMi 33).

Chiamato ad essere Pastore di una porzione del popolo di Dio in una zona in cui si registrava un preoccupante abbandono della fede, Guido Maria Conforti scoprì nella via della missione "ad gentes" un provvidenziale cammino per "far scorrere una nuova corrente di vita divina nelle anime dei credenti, accrescendo in esse il fuoco del grande zelo missionario" (Discorso all’Unione Missionaria del Clero, in Unione Missionaria del Clero, p. 181).

Davanti alle difficoltà il nuovo Beato era solito richiamare a sé ed agli altri l’invito di Gesù a Pietro: "Prendi il largo... Non temere" (Lc 5,4 Lc 5,10). Egli era infatti convinto che uno dei modi più efficaci per rinvigorire la fede nelle terre di antica evangelizzazione fosse quello di adoperarsi nell’annunciare il Vangelo a quanti ancora non lo conoscevano. La validità della vocazione missionaria "ad vitam", ribadita dall’Enciclica Redemptoris missio (cf. n. RMi 66), fu da lui proposta in modo radicale ai suoi missionari mediante il voto di missione. E non pochi suoi figli spirituali hanno mantenuto fede a quest’impegno fino al martirio.

Ma qual era la sorgente da cui traevano vigore il suo instancabile zelo e la sua totale dedizione alla missione "ad gentes"? Era la Croce di Cristo, fonte di amore inesauribile in chi fa dono di se stesso ai fratelli vicini e lontani. Questo nuovo Beato costituisce così un luminoso esempio di spiritualità sacerdotale, animata sempre da fede viva e da indomito spirito missionario. Modello di autentica carità pastorale, che seppe invitare i credenti ad aprire il cuore ai lontani, pur senza dimenticare le necessità delle Comunità locali, perché a tutti sia annunciato Cristo Redentore dell’uomo.

5. I novelli Beati, Daniele Comboni e Guido Maria Conforti, ci invitano a guardare al mistero pasquale. Ogni domenica di Quaresima rappresenta un’ulteriore tappa che ci avvicina alla Settimana Santa, Settimana della passione, morte e risurrezione di Cristo. L’odierno Vangelo lascia intuire l’addensarsi di nubi ostili sulla persona di Gesù. I farisei accusano: "Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato" (Jn 9,16), dunque è "un peccatore" (Jn 9,16). Sono le prime avvisaglie di quel temporale che tra poco si abbatterà su di Lui: la passione e la crocifissione sul Golgota.

Fra tali minacce Cristo procede però sicuro nel suo cammino messianico: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi" (Jn 9,39). Parole sconvolgenti!

Così si manifestano negli uomini le "grandi opere di Dio", di cui parla l’odierno Vangelo.

Insieme al cieco nato, Daniele Comboni, Guido Maria Conforti e l’immensa schiera celeste dei santi e dei beati ripetono: Signore Gesù, tu sei veramente la luce del mondo. E noi ci uniamo ad essi per rendere lode alla Santissima Trinità.

Ti ringraziamo, Iddio, per la santità di questi nuovi Beati;
Ti preghiamo fiduciosi, per intercessione di Maria, Regina dei Santi:
fa’ risplendere su di noi
la luce della vita affinché possiamo a nostra volta
diffonderla in mezzo agli uomini.

Amen!


Sabato, 30 marzo 1996: VISITA PASTORALE ALL'ARCIDIOCESI DI SIENA-COLLE DI VAL D'ELSA-MONTALCINO

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Piazza del Campo, Siena
1. "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" (
Mt 21,9).

Le Letture di questa Celebrazione eucaristica sono tratte dalla Liturgia della Domenica delle Palme. Esse ci invitano a metterci in cammino per entrare nella Settimana santa, che si apre domani; ci chiamano ad accompagnare spiritualmente Cristo che fa il suo ingresso trionfale in Gerusalemme.

Cristo è entrato in Gerusalemme. Cristo è entrato nel mondo. Cristo vuole entrare nel cuore di ognuno di noi. A noi accoglierlo! Non con rami di palme e di ulivo, ma con l’offerta di cuori umili e pentiti, di una fede generosa e di opere di carità fraterna.

"Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: "Chi è costui?"" (Mt 21,10). Anche in questa antica, stupenda città di Siena Gesù vuole entrare mediante la testimonianza della Chiesa, suo prolungamento nel mondo. I Santi, tra cui Caterina, ripetono oggi: Ecco, il tuo Re viene a te, Siena! Viene non con sfoggio di potenza, come i grandi di questo mondo, ma con umiltà e mitezza (cf. Mt Mt 21,5). E nelle nostre città, spesso assorbite dalle cose mutevoli e distratte dall’orizzonte di Dio, non pochi tornano a domandarsi: Ma chi è costui?

2. Risponde, nella prima Lettura, il profeta Isaia: il Cristo ha il volto del Servo del Signore, di un misterioso Inviato di Dio in tutto obbediente alla sua volontà, al punto da affrontare con fiducioso abbandono un’ingiusta condanna.

Il tuo Re, Gerusalemme, il tuo Re, Siena, è Colui "che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,28). Ecco, questo è il tuo Re. Il suo Regno non è di questo mondo: egli vuole regnare nei cuori, liberamente accolto; vuole regnare nei rapporti tra le persone, nelle relazioni sociali, ispirate da amore fraterno, da spirito di solidarietà, di giustizia, di perdono, di pace. Vuole regnare, a partire dai cuori e dai rapporti umani, nelle famiglie e nei luoghi di lavoro.

3. Carissimi Senesi, sono lieto di essere oggi con voi. Sono stato nella vostra Città sedici anni or sono. Era in programma che vi tornassi in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale del 1994, ma, purtroppo, non mi fu allora possibile. Oggi, finalmente, ho la gioia di compiere questa visita e con grande affetto saluto ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle della diocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino! Saluto il vostro Arcivescovo, Mons. Gaetano Bonicelli, e gli manifesto viva gratitudine per le parole di benvenuto che ha voluto indirizzarmi all’inizio della Celebrazione eucaristica. Con lui abbraccio tutti i sacerdoti, incoraggiandoli a servire sempre con generosa fedeltà la Chiesa di Dio. Con affetto saluto pure i religiosi, le religiose e i laici impegnati, la cui opera è tanto preziosa. Un deferente pensiero rivolgo alle Autorità civili, che ringrazio vivamente per la loro cordiale accoglienza.

Mi è molto gradito concelebrare questa Eucaristia con tutti i fratelli Vescovi della Toscana. Mi indirizzo, nello stesso tempo, alle Diocesi della vostra Regione, salutando tutti e augurando a tutti Buona Settimana Santa e Buona Pasqua!

Saluto soprattutto i giovani, che vedo qui raccolti molto numerosi. Cari giovani, vi siete dati appuntamento per celebrare insieme la Giornata Mondiale della Gioventù ed esprimere così, con l’entusiasmo che vi distingue, la gioia di credere in Cristo e di seguire il suo esigente Vangelo. A voi, come pure a tutti gli abitanti di Siena, ripeto: non abbiate paura di accogliere Cristo nelle vostre case, negli uffici, nei negozi, nelle fabbriche, nelle aziende agricole e artigianali, nelle scuole e nei luoghi di divertimento e di sport. Non abbiate paura di fare spazio a Dio, venuto incontro all’uomo fino al punto di volere che il suo Figlio condividesse, con Maria e Giuseppe, la normale vita di famiglia e partecipasse con loro alla quotidiana fatica, necessaria per guadagnarsi il pane.

4. Non temete di accogliere anche voi Cristo nelle vostre famiglie. Egli vi insegnerà a preferire in ogni circostanza il bene della famiglia stessa e di chi in essa è più piccolo e bisognoso. Quante difficoltà deve oggi affrontare la famiglia, che non sempre è al suo interno salda e compatta!

I figli hanno diritto di avere un padre e una madre che si amano, si capiscono e si sostengono a vicenda. Ne avvertono l’esigenza soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza. Come non rinnovare un pressante appello a chi ha, o intende assumersi, responsabilità legislative e di governo, per ricordar loro che la famiglia è la cellula fondamentale della società e come tale va sempre difesa e sostenuta?

In special modo occorre dedicare attenzione alle famiglie del ceto medio e basso, assicurando con ogni impegno, equità ed efficienza i servizi loro necessari. È grave, in particolare, che la maternità possa diventare talora motivo di timore per le giovani madri, che arrivano a contrastare o, in casi estremi, a rinnegare tale loro vocazione, per paura di perdere il posto di lavoro o di non poterlo trovare.

5. Cari Senesi, guardate a santa Caterina, vostra illustre concittadina: essa 25 anni or sono fu proclamata "Dottore della Chiesa" dal mio venerato predecessore, il servo di Dio Paolo VI! Caterina spalancò il cuore a Dio ed egli la rese saggia e forte in una società divisa ed incerta, in una Chiesa allora tribolata ed esposta alle tentazioni della mondanità e delle ambizioni politiche.

Siena, non hai forse bisogno di ritrovare anche oggi, per intercessione della tua grande Santa, quel "supplemento d’anima" che ti consenta di vivificare le tue antiche tradizioni religiose?

Migliaia di persone giungono ogni anno qui per studiare, lavorare, o solo per ammirare la bellezza di questa Città. Viene da domandarsi: vi ritrovano l’impronta lasciata da santa Caterina, da san Bernardino e dai numerosi altri santi e beati di questa terra? Assaporano quell’ottimismo cristiano che la Santa senese non abbandonò mai, pur in mezzo a gravi e persistenti difficoltà?

Carissimi Fratelli e Sorelle, santa Caterina sprona tutti a ricercare una profonda unione con Dio, a lavorare instancabilmente per l’unità della Chiesa e per la pace nel mondo, ad operare con coraggio al servizio della nuova evangelizzazione.

6. Il Congresso Eucaristico Nazionale, qui celebrato nel 1994, è stato una tappa privilegiata in questo cammino di rinnovamento spirituale.

L’odierna visita, mentre rimedia alla forzata assenza di allora, mi offre la provvidenziale opportunità di rilanciarne il tema semplice e chiaro: "Vi ho dato l’esempio. Eucaristia: dalla comunione al servizio".

Sono trascorsi quasi due anni e ci chiediamo se l’intensa esperienza del Congresso stia portando i frutti sperati. È cresciuta la fraternità, la collaborazione, l’attività dei vari organismi di comunione che caratterizzano la pastorale dopo il Concilio Vaticano II? La Chiesa di Siena è veramente sacramento di Cristo nel mondo? I cristiani hanno il coraggio e la fierezza di impegnarsi nei vari servizi della comunità ecclesiale e nei diversi ambiti della vita sociale, culturale, economica e politica? Da molti segni sembra di poter rispondere affermativamente, e ne rendiamo grazie al Signore di tutto cuore! Molto, però, resta ancora da fare.

Alla scuola di Gesù, presente nell’Eucaristia, siamo chiamati a "lavare i piedi" dei nostri fratelli (cf. Gv Jn 13,14). Secondo l’interpretazione dei santi Padri, questo "lavare i piedi" significa preoccuparsi che il male non abbia a prevalere, operare perché la trasparenza e la generosità accompagnino le scelte di chi vuole assumersi nella comunità civile e religiosa una qualche responsabilità. Anche di recente, al Convegno ecclesiale di Palermo, ho avuto modo di richiamare i credenti al dovere di impegnarsi per la giustizia e la solidarietà, al servizio particolarmente dei più svantaggiati, dei piccoli e dei poveri.

Quanto è necessario simile generoso impegno! Occorrono certo leggi eque a tutela dei più deboli, ma più ancora occorre gente aperta e animata da autentico spirito di carità. "Ero forestiero e mi avete accolto" (cf. Mt Mt 25,35): ecco, ad esempio, una sfida che interpella le nostre comunità alle soglie del terzo millennio. Interpella in particolar modo voi, cari giovani, che costituite la speranza della Chiesa e il futuro dell’umanità. Cristo Eucaristia doni a voi, doni a tutti i credenti la forza di offrire una risposta gioiosa e coerente.

7. Una simile risposta non si improvvisa. Ad essa si giunge attraverso un cammino di fede adulta e di intimità col Signore. Bisogna trovare il tempo e il gusto della preghiera e, in particolare, dell’adorazione. Dio è nascosto nell’Eucaristia e attende che nel silenzio e nell’adorazione noi scopriamo il segreto della sua presenza.

Carissimi Fratelli e Sorelle, vorrei richiamare quanto dissi nel Radiomessaggio conclusivo del Congresso: "Partecipando al sacrificio eucaristico, noi riscopriamo ogni volta il dovere e la gioia di fare di noi un dono generoso e gratuito al Signore ed al prossimo... Dalla comunione scaturisce il servizio" ("L’Osservatore Romano", 6-7 giugno 1994, p. 5).

È questo un programma di vita che Cristo propone a tutti i suoi discepoli. Lo presenta in maniera singolare a voi, cari giovani, a voi, catechisti, che costituite una schiera di validi collaboratori nell’opera dell’evangelizzazione. Il Papa è qui, oggi, per dirvi: siate generosi nella vostra risposta a Cristo Signore! Dedicatevi con gioia e senza riserve al Regno di Dio nella via del matrimonio o della verginità e del celibato, in generosa adesione alla chiamata del Signore. Avrete così vita in abbondanza e la vostra gioia sarà piena (cf. Gv Jn 10,10 Jn 15,11).

8. Ritorniamo ora spiritualmente sulla strada che conduce da Betania a Gerusalemme passando per il Monte degli Ulivi, per rivivere l’ingresso di Cristo nella Città Santa, la domenica delle Palme. È su questo sfondo così suggestivo che vorrei porgervi il mio augurio di buona e santa Pasqua. Cristo viene verso di noi e ci chiama a condividere con Lui il mistero della sua morte e risurrezione. Andiamogli incontro, accogliendolo con fiducia per poter offrire una risposta convincente a quanti ci domandano ragione della nostra speranza.

Ogni credente diventi testimonianza viva e risposta eloquente, perché
"ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore
a gloria di Dio Padre" (Ph 2,11). Amen.
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GPII Omelie 1996-2005 17