GPII Omelie 1996-2005 27

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CAPPELLA PAPALE PER LE ESEQUIE DEL CARD. MARIO LUIGI CIAPPI



Basilica Vaticana - Giovedì, 25 aprile 1996

1. "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone" (Lc 24,34).

Questo è l’annuncio dei discepoli radunati a Gerusalemme; esso continua a risuonare in ogni angolo della terra mediante la voce della Chiesa, immersa nella gioia del tempo pasquale. Testimone del miracolo compiuto dalla potenza di Dio, la Chiesa proclama che il Signore della vita ha sciolto i sigilli della tomba in cui era stato deposto. E Cristo risorto, costituito giudice dei vivi e dei morti (cf. At Ac 10,42), comunica una vita nuova a quanti partecipano alla sua vittoria sulla morte (cf. Rm Rm 6,4).

Ecco perché la risurrezione di Gesù, evento fondamentale della storia, manifesta la misericordia divina che ha vinto il peccato per sempre. Dice l’evangelista Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

2. Carissimi Fratelli e Sorelle, celebriamo quest’oggi, nella Basilica di san Pietro, le esequie del carissimo Cardinale Mario Luigi Ciappi, che Dio ha chiamato a sé lo scorso lunedì sera, dopo una lunga vita trascorsa al servizio della Chiesa, e in particolare della Sede Apostolica. A lui mi sento personalmente legato fin dal tempo dei miei studi e mi piace tributare alla sua memoria, in questo momento carico di commozione, la testimonianza di sincera stima e di profonda gratitudine.

Nato a Firenze il 6 ottobre 1909, il Cardinale Mario Luigi Ciappi entrò nell’Ordine dei Predicatori, emettendo la professione religiosa nel convento di Santa Maria della Quercia, nei pressi di Viterbo, dove iniziò gli studi filosofici, che continuò poi nel convento di San Domenico a Pistoia. Trasferito a Roma per continuare il curriculum di formazione teologica presso il Pontificio Ateneo Angelicum, fu ordinato sacerdote in San Giovanni in Laterano il 26 marzo 1932, Sabato Santo.

La sua brillante ed acuta capacità di indagine teologica emerse e fu ben presto notata. Per tale ragione, dopo la laurea conseguita presso l’Angelicum, fu inviato a seguire corsi di perfezionamento all’università svizzera di Friburgo e a quella belga di Lovanio.

3. Profondo conoscitore del pensiero teologico, e valente teologo lui stesso, ebbe modo di servire generosamente la Chiesa, prestando dapprima la sua opera di docente di dogmatica e di estetica tomistica. I risultati ottenuti in tale compito lo segnalarono all’attenzione del Papa Pio XII, che lo volle accanto a sé, nel 1955, come Maestro del Sacro Palazzo. In tale mansione lo confermarono sia Papa Giovanni XXIII che Papa Paolo VI, il quale ne precisò col Motu proprio Pontificalis Domus le mansioni, nominandolo Teologo della Casa Pontificia.

La chiarezza della riflessione, la saldezza della dottrina e l’indiscussa fedeltà alla Sede Apostolica, nonché la capacità di leggere secondo Dio i segni dei tempi, furono qualità che lo resero apprezzato collaboratore durante l’intenso periodo del Concilio Vaticano II, al quale apportò un significativo ed equilibrato contributo. Ricoprì, inoltre, gli incarichi di consultore della Segreteria di Stato in materia filosofica e teologica, come pure quello di consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Commissione Biblica.

Nel Concistoro del 27 giugno 1977 Paolo VI lo creò Cardinale Diacono, con il titolo di Nostra Signora del Sacro Cuore. Anche nella nuova dignità, egli continuò a prestare la sua apprezzata consulenza come Pro-teologo della Casa Pontificia dimostrando in ogni circostanza genuino amore alla Chiesa e grande lucidità nel saper discernere la novità creatrice da riflessioni capaci di offuscare l’integrità del depositum fidei.

4. Il venerato Fratello, per il quale oggi invochiamo l’eterno riposo nella Casa del Padre celeste concentrò la sua attenzione, lungo l’arco della sua vita sulle "imperscrutabili ricchezze di Cristo" e sull’"urgenza" di far risplendere agli occhi di tutti qual è l’"adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio" (Ep 3,8-9). Ne danno testimonianza le numerose pubblicazioni di carattere cristologico, ecclesiologico e mariologico che si affiancarono alla sua attività di studioso, di conferenziere e di esperto. Ne sono conferma, in particolare, i molti "voti", redatti come Membro della Congregazione per le Cause dei Santi, lavoro in cui riversò con entusiasmo la sua competenza anche nel campo della Teologia spirituale, appassionandosi nella ricerca delle multiformi tracce dell’agire di Dio nella storia di anime aperte ad accogliere le mozioni della grazia.

La sua opera di studioso attento fu sempre accompagnata da un’intensa vita spirituale e di preghiera, alimento primo e fondamentale dell’intera sua esistenza. L’orazione precedeva e accompagnava la sua riflessione, così che l’invocato Spirito di Dio lo potesse sostenere e illuminare nelle fatiche della mente.

5. "Resta con noi Signore, perché . . . il giorno già volge al declino" (Lc 24,29). Carissimi Fratelli e Sorelle, mentre ci congediamo dal Cardinale Mario Luigi Ciappi, facciamo nostre le parole dei discepoli di Emmaus.

Resta con noi Signore, nella vita e nel momento della morte e prendi con Te il nostro Fratello, che ha fedelmente servito la tua Chiesa.

Resta con noi, Signore, in questa circostanza triste, ma illuminata dalla luce della fede; resta con la famiglia e con l’Ordine religioso del nostro fratello Cardinale, come pure con quanti lo hanno accompagnato nell’ultima stagione del suo cammino terreno.

E Tu, Signore, vincitore della morte, rivestilo della Vita nuova, conquistata mediante la croce e la risurrezione; accoglilo con Te nel tuo Regno di vita immortale.

"Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9).

Chi crede in Te non muore, ma ha la vita eterna.

Amen!
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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER IL CONFERIMENTO

DELL'ORDINAZIONE PRESBITERIALE A 38 DIACONI


Domenica, 28 aprile 1996




1. "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11).

Carissimi Diaconi, tra poco sarete ordinati Sacerdoti e verrete intimamente conformati a Cristo Buon Pastore, la cui figura domina questa quarta domenica di Pasqua, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

Vi accolgo con grande affetto, insieme con le comunità dei quattro Seminari di Roma, nei quali avete compiuto il vostro itinerario formativo: il Seminario Romano Maggiore, il Collegio Capranica, il Seminario "Redemptoris Mater" e quello degli Oblati del Divino Amore. Vi accolgo con le vostre famiglie, nelle quali s’affondano le radici della vostra chiamata al sacerdozio. Prima di essere formati nel grembo materno, voi eravate già oggetto di uno speciale piano di Dio (cf. Ger Jr 1,5).

Vi accolgo con gli amici delle parrocchie, delle associazioni, dei movimenti presso i quali avete fatto esperienza pastorale. In questo anno, nel quale io ricordo il 50 di Ordinazione sacerdotale, sono lieto di imporre le mani a trentotto giovani, che la diocesi di Roma offre a Dio perché si dedichino al servizio del suo popolo.

2. "Io sono il buon Pastore". Soffermiamoci qualche istante a meditare insieme sulle parole del Vangelo di Giovanni. Esse, infatti, risuonano oggi in modo singolare per voi, che con questo sacramento siete ammessi ad una speciale partecipazione al mistero di Cristo Sacerdote e Buon Pastore.

"Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11). Così, nel linguaggio giovanneo, Gesù sintetizza la propria missione. La medesima logica ritroviamo nelle parole della prima Lettera dell’apostolo Pietro:

"Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
. . .
Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme" (Jn 2,24 Jn 2,21).

Carissimi Diaconi, nel giorno della vostra Ordinazione sacerdotale siete chiamati ad accogliere e ad abbracciare in modo personalissimo ed incondizionato questo "Esempio". Siete chiamati ad amarlo. A ciascuno di voi, pertanto, io dico: aderisci con tutto te stesso a Colui che ha portato sul legno della croce i tuoi peccati e quelli dell’intera umanità; ama il suo esempio e segui le sue orme!

3. "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Jn 10,34).

Questa "conoscenza", voi lo sapete bene per averlo studiato e soprattutto per averlo sperimentato in prima persona, è una conoscenza singolare. Essa nasce da una sollecitudine salvifica. È conoscenza non solo della mente, ma anche del cuore; conoscenza di chi ama e, reciprocamente, di chi è amato; di chi è fedele e di chi fidandosi si affida.

Nel mirabile Salmo 22, Salmo responsoriale dell’odierna celebrazione liturgica, tale conoscenza d’amore trova sublime espressione nei termini di una confessione di lode dell’anima orante, che gode di pace e sicurezza senza limiti grazie alla presenza premurosa di Dio:

"Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi il Signore mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome...
Davanti a me tu prepari una mensa...
cospargi di olio il mio capo" (cf. Sal Ps 22,1-3 Sal Ps 22,5).

La fiducia e il senso di sicurezza, garantiti da Dio Buon Pastore, non vengono meno neppure nell’ora della prova e delle esperienze più difficili:

"Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me" (Ps 22,4).

Nel giorno dell’Ordinazione sacerdotale, carissimi Diaconi, ciascuno di voi ravvivi nel profondo del suo cuore la fiducia: fiducia solidissima e imperturbabile, che fiorisce nell’anima al solo invocare quel Nome: "Buon Pastore". Ravvivatela fin d’ora, nella prospettiva delle prove e delle difficoltà che la vita ed il ministero sacerdotale comportano. Cristo sarà sempre un Pastore sollecito in modo particolare nei riguardi di coloro che Egli chiama a partecipare, mediante il sacerdozio ministeriale, alla sua stessa sollecitudine pastorale.

4. Egli è la porta delle pecore (cf. Gv Jn 10,7).

In ogni momento, nella buona e nella cattiva sorte, il sacerdote sa che la sua anima e quelle affidate alle sue cure formano l’oggetto d’una singolare sollecitudine del Buon Pastore. Ecco perché affronta con fiducia la sua missione. Egli sa che per tutti è aperto il passaggio alla vita eterna attraverso la porta vivente, unica e universale, che è Cristo nostra Pasqua.

Oggi, carissimi Diaconi, voi entrate in un’intima relazione con Cristo Pastore delle anime. Ciascuno di voi, configurato a Lui, diventerà corresponsabile del passaggio delle anime dalla morte alla vita, dalla vita secondo la carne alla vita secondo lo Spirito.Ed è possibile portare a compimento tale compito anzitutto con la preghiera e con l’offerta della vita per Cristo, con Cristo e in Cristo.

Fin d’ora, pertanto, vi esorto ad affidare a Lui, Pastore e Porta delle pecore, tutti coloro che la divina Provvidenza vorrà chiamare e introdurre attraverso di Lui, mediante il vostro servizio pastorale.

Quale responsabilità! Che cosa può permettere al sacerdote di affrontare un simile compito? Soltanto la certezza che Cristo è il Pastore di tutte le anime, ed è vicino ad ogni sacerdote per sostenerlo nel suo ministero.

E accanto al sacerdote è pure Maria Santissima, Madre del Buon Pastore e del nostro sacerdozio. A Lei, cari Diaconi, affido ciascuno di voi ed il vostro ministero.

Il Signore, che prepara una mensa davanti a voi,
cosparga il vostro capo con olio di letizia
e faccia sì che il vostro calice
sia sempre traboccante del suo amore (cf. Sal Ps 22,5).

Amen!
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VISITA PASTORALE NELLA DIOCESI DI COMO (4-5 MAGGIO 1996)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA




Piana di Lazzago, Como - Domenica, 5 maggio 1996

1. "Signore . . . dove vai? Io sono la via" (Jn 14,5-6).

Questa domanda, che riguarda la via, costituisce il centro del discorso di addio rivolto da Gesù agli Apostoli nel Cenacolo. Cristo li prepara alla sua partenza per la casa del Padre, dove va a predisporre un posto per loro, affinché anch’essi rimangano per sempre dove abita Lui: cioè nella casa del Padre.

Sembrerebbe tutto chiaro, ma gli Apostoli continuano a fare domande. Tommaso chiede: "Non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". Risponde Gesù: "Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,5-6).

Gli Apostoli lo avevano sentito parlare molte volte del Padre. Adesso Gesù afferma: "Fin da ora lo conoscete e lo avete veduto". E tuttavia essi non hanno coscienza di aver avuto un contatto diretto con lui. Dice dunque Filippo: "Mostraci il Padre... Mostraci il Padre e ci basta" (Jn 14,7-9).

È vero. Avevano sentito parlare tanto del Padre, ma non lo avevano ancora visto faccia a faccia. Ora desidererebbero incontrarlo e la loro domanda arriva al cuore stesso della rivelazione di Cristo, là dove si trova il punto d’unione tra la fede e la visione.

2. Gesù risponde accostando la fede alla visione: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Jn 14,9). Ha visto: facendosi uomo, il Figlio consostanziale al Padre lo ha mostrato a tutti mediante se stesso. Egli infatti è nel Padre come il Padre è in lui: "Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?" (Jn 14,9-10).

È proprio il Padre a compiere in Gesù le opere che colpiscono i discepoli; è dal Padre che provengono i "segni" divini operati dal Figlio: "Il Padre che è in me compie le sue opere" (Jn 14,10). Alla vigilia degli eventi pasquali, Cristo ci introduce nel Mistero trinitario. Egli si è fatto uomo come inviato del Padre per salvare l’umanità e l’intera creazione: "Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6).

3. Durante i quaranta giorni che separano la Risurrezione di Gesù dalla sua Ascensione al cielo, la Chiesa, sotto la guida dei testi del Nuovo Testamento e in particolare dell’evangelista Giovanni, rimedita nella liturgia i punti salienti della Rivelazione, prendendo sempre più coscienza di se stessa e del mistero che le è proprio. Essa è "popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", come ricorda il Vaticano II nella Costituzione Lumen gentium (n. 4).

Non è il tempo pasquale il gioioso periodo nel quale si sviluppa appieno l’autocoscienza della Chiesa? Questo va di pari passo con la crescita della missione e del servizio, come testimoniano le Letture di questi giorni, tratte dagli Atti degli Apostoli e, in particolare, quella di oggi sulla vocazione dei primi diaconi: "La parola si diffondeva, e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme" (Ac 6,7). Lo Spirito Santo guidava lo sviluppo della comunità; lo Spirito che è fonte invisibile dei carismi e dei ministeri, sorti al suo interno.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Quanta gioia provo oggi nel presiedere questa Celebrazione eucaristica nella suggestiva cornice della Piana di Lazzago! Vi saluto tutti con affetto, rivolgendo un particolare pensiero al Pastore della vostra Diocesi, il dinamico e zelante Mons. Alessandro Maggiolini, al Cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, ed a tutti i Vescovi che partecipano a questa solenne Liturgia. Mediante loro estendo il mio cordiale saluto all’intera popolazione della Lombardia. Il mio deferente saluto va, poi, alle Autorità civili e militari presenti. Ringrazio, inoltre, quanti hanno offerto la loro generosa collaborazione per la realizzazione di questa Visita pastorale.

Saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, incoraggiando tutti a proseguire con fedeltà e fiducia il loro servizio al Vangelo ed ai fratelli. Saluto i laici, specialmente i giovani, impegnati nelle varie attività apostoliche, e non vorrei dimenticare gli ammalati, che con l’offerta delle loro sofferenze si rendono preziosi collaboratori della nuova evangelizzazione.

5. Da due anni il Piano pastorale della vostra Diocesi vi guida nell’approfondimento delle ricchezze di grazia del Battesimo e della Confermazione. Oggi, in concomitanza con la mia Visita, festeggiate i seicento anni della vostra splendida Cattedrale ed aprite l’Anno eucaristico, che vi condurrà, nel settembre del 1997, alle giornate conclusive del Congresso diocesano e nazionale. Avete scelto come motto del vostro itinerario pastorale la frase evangelica: "Pro mundi vita" - "Per la vita del mondo" (Jn 6,51).

Come si inseriscono bene questi elementi nel contesto liturgico che stiamo vivendo! Battesimo, Cresima, Eucaristia: è proprio di questi sacramenti che vive la Comunità cristiana degli inizi. A quell’esperienza originaria fate bene a guardare per trarne indicazioni per il vostro presente.

La vostra è una Diocesi dalle profonde radici cristiane, che vanno ben al di là delle tradizioni religiose esteriori. Purtroppo, però, anche tra voi si allunga l’ombra di una scristianizzazione strisciante, le cui conseguenze si rivelano nella disumanizzazione della persona e della società. È nei sacramenti dell’iniziazione cristiana e, in particolare, nell’Eucaristia che potete trovare la luce e la forza per rinnovare, nella fedeltà, il vostro patrimonio di fede.

L’Eucaristia è l’icona, la "forma", la sorgente e il fine dell’esistenza dinamica di tutta la Chiesa e di ogni credente. La Comunione eucaristica - preceduta dal sacramento della Penitenza, quando si rende necessario od opportuno - non ci unisce soltanto individualmente con Cristo morto e risorto, ma ci unisce anche tra noi, così da formare un unico Corpo, con diverse membra e varie funzioni (cf. 1Co 12,12).

Carissimi, siate sempre più entusiasti di appartenere non solo "con il corpo", ma anche "con il cuore" (cf. Lumen gentium LG 14) alla Chiesa! Questa esperienza di comunione non può ridursi ai criteri minimi dell’unica fede e degli stessi Sacramenti, ma deve includere la corresponsabilità e la fedeltà agli orientamenti pastorali dati dai Successori degli Apostoli uniti al Successore di Pietro (cf. Lumen gentium LG 25-27).

6. "Pro mundi vita". La Chiesa radunata dall’Eucaristia si apre al mondo, per attirare tutti al Padre per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo.

Come potranno gli uomini di oggi intravvedere il volto e la figura di Gesù morto e risorto? Non certo soltanto attraverso le raffigurazioni artistiche o il ricorso alle suggestioni di un’emotività incontrollata. Per un incontro vero non basterà neppure l’esercizio di una razionalità fredda e distaccata. Il volto di Cristo, umiliato e glorioso, assumerà concretezza di lineamenti attraverso la testimonianza di fede delle nostre comunità. È proprio mediante l’impatto con uno stile di vita autenticamente evangelico - se tale sarà di fatto - che i nostri contemporanei potranno riconoscere la presenza viva e l’azione redentrice del Signore Gesù.

Nasce da qui l’impresa umile e gigantesca della nuova evangelizzazione. "Non possiamo tacere", protestarono un tempo gli Apostoli (Ac 4,20). "Non possiamo tenere dentro il cuore la verità e la grazia che Cristo ci ha donato", devono ripetere oggi i cristiani! In una società talora smarrita, dove c’è chi vorrebbe cancellare Dio dal cuore dell’uomo finendo per svuotarne di senso la vita, i credenti sono chiamati a farsi carico della speranza e della gioia del mondo. Essi sanno che, in Cristo, Dio ha dato all’umanità la risposta da sempre attesa: nella sua morte e nella sua risurrezione s’è aperta davanti al mondo la speranza della salvezza.

7. Consapevoli di questa "lieta notizia" voi, cristiani della Diocesi di Como, avete sentito il bisogno di spingere la vostra sollecitudine missionaria verso terre lontane. Alludo alle missioni che la Diocesi ha aperto in Cameroun e in Argentina. Non posso che lodarvi per questo vostro slancio, che ha dimensioni veramente cattoliche.

Non dimenticate tuttavia che le famiglie, le Comunità parrocchiali e gli Oratori della vostra Diocesi sono i primi luoghi della missione. Per voi, genitori, la prima missione è costituita dai figli che Dio vi ha affidato: ad essi dovete trasmettere la fede all’interno della famiglia mediante la parola e l’esempio della vita. Per voi, cristiani, l’altro ambito fondamentale è la parrocchia: in essa siete chiamati a recare il contributo della vostra testimonianza e della vostra collaborazione. Per il cristiano adulto poi un campo di doverosa testimonianza è costituito dall’ambiente di lavoro, nel quale il credente, non tanto con la parola quanto col proprio comportamento, è chiamato a rendere ragione della speranza che porta in sé (cf. 1P 3,15).

8. Carissimi, il Signore molto s’attende da voi. Confidate nella costante protezione della Vergine Santissima Assunta, a cui è dedicata la vostra bella Cattedrale. Rivolgetevi a Maria, venerata in tanti Santuari sparsi nella Diocesi.

Intercedano per voi i Protomartiri della Chiesa di Como: il Beato Innocenzo XI, vostro concittadino, ed i santi vostri Vescovi, iniziando da Abbondio e Felice, per giungere fino al Beato Andrea Carlo Ferrari. Vi sostenga l’esempio degli illustri vostri concittadini, testimoni della carità: Don Luigi Guanella e Suor Chiara Bosatta.

Cristiani di Como, voi siete depositari di una grande tradizione di fede e di umanesimo. Essa deve divenire in voi testimonianza di una Comunità ecclesiale piena di gioia, amante della preghiera e generosamente apostolica.

9. Chiesa di Como, sii te stessa, edificio vivo e santo, come ricorda l’apostolo Pietro: "Stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1P 2,4-5).

Cristo è dunque la pietra angolare del sacro edificio che, in virtù del suo sacrificio, viene edificato sui fondamenti dell’antico Israele, nel cuore della storia umana.

Quel Pietro, a cui Cristo disse: "Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo" - "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò" (Mt 16,18), mostra la struttura spirituale di questa costruzione sacra. È importante che sia proprio Pietro a cogliere con perspicacia questa verità sul nuovo Popolo di Dio, raccolto dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Egli scrive ancora: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (1P 2,9). Ogni parola è qui impregnata di una profonda visione teologica. La Chiesa, il nuovo Popolo di Dio, nasce dal Sacrificio redentore di Cristo, che in lui prende immediatamente la forma di una chiamata e di una missione.

La Chiesa uscita dal Cenacolo, Chiesa apostolica e missionaria, ha cominciato il suo cammino dalla comunità di Gerusalemme e costantemente si è sviluppata. Essa continua ad estendersi in tutto l’orbe terrestre. Dalla comunità di Gerusalemme alla comunità di Como c’è, dunque, una strada diretta, indicata da Cristo stesso quando disse: "Io sono la Via, la Verità e la Vita".

Su questa strada, Chiesa di Como, prosegui il tuo cammino incontro al Signore.

Cammina in comunione con la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Il Successore di Pietro ti incoraggia e ti accompagna.

Cammina con Cristo Via, Verità e Vita! Amen!

Al termine della Concelebrazione Eucaristica, il Papa ha salutato i numerosi fedeli presenti con queste parole:

Chiesa di Como, Città di Como, grazie per questa stupenda accoglienza che avete preparato al Papa dopo novecento anni! Grazie alla Valtellina! Si vede che bisognava aspettare novecento anni per avere un incontro così stupendo!

Sia lodato Gesù Cristo!

E arrivederci!
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CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI SEI SERVI DI DIO



Sagrato della Basilica Vaticana - Domenica, 12 maggio 1996

"Se mi amate osserverete i miei comandamenti" (cf. Gv Jn 14,15).


1. Quest’oggi, sesta domenica del tempo di Pasqua, la Chiesa ci invita a lodare Dio, confermando con la solenne liturgia di Beatificazione la venerazione verso i Servi di Dio Alfredo Ildefonso Schuster, Filippo Smaldone, Gennaro Maria Sarnelli, Maria Raffaella Cimatti, Cándida María de Jesús Cipitria y Barriola, María Antonia Bandrés y Elósegui.

È ad essi che si riferiscono le parole dell’odierno Vangelo: "Se mi amate osserverete i miei comandamenti". I nuovi Beati hanno osservato la Parola di Cristo e in questo modo Gli hanno dimostrato il loro amore (cf. Gv Jn 14,15 Gv Jn 14,21).

Si è compiuto in loro quanto il Signore aveva promesso ai discepoli: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23).

Questi Servi di Dio furono tempio vivente della Santissima Trinità; adesso si trovano nella sua dimora per l’eternità: "In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi" (Jn 14,20).

Hanno adorato Cristo nei loro cuori, come insegna san Pietro, "pronti sempre a rispondere" a chiunque domandasse ragione della speranza che "era in loro". Con dolcezza, rispetto e retta coscienza si sono dimostrati pronti - se questa era la volontà di Dio - a "soffrire operando il bene", piuttosto che fare il male (cf. 1P 3,15-17).

Quanto annuncia la liturgia pasquale si è in loro pienamente attuato, secondo la specifica vocazione di ciascuno.

2. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui (Jn 14,23); (cf. Canto al Vangelo).

L’amore per Cristo, espresso in un instancabile servizio alla Chiesa, costituisce il cuore della spiritualità e della attività apostolica di Alfredo Ildefonso Schuster, per lunghi anni infaticabile Pastore dell’Arcidiocesi di Milano. "Uomo di preghiera, di studio e d’azione - lo definì Mons. Giovanni Battista Montini nel discorso tenuto in occasione dell’ingresso nell’Arcidiocesi -, di non altro sollecito che della salvezza spirituale del suo popolo" ("Rivista diocesana Milanese", gennaio 1955, 9).

Lo spirito di preghiera e di contemplazione, proprio della tradizione benedettina nella quale era stato formato, animò il suo ministero pastorale. La spiritualità monastica, sorretta dalla quotidiana meditazione della Sacra Scrittura, venne così come dilatata sia nell’attiva collaborazione con la Santa Sede sia nel generoso servizio alla Comunità Ambrosiana, "da lui sino alla fine edificata e confortata con la celebrazione assidua e devota dei Sacri Misteri e l’esempio di una vita limpida e coerente" ("Messale ambrosiano", Prefazio della memoria).

Il Cardinale Schuster offrì al Clero milanese un luminoso esempio di come possano essere armonizzate la contemplazione e l’azione pastorale. Egli continua ancora oggi ad indicare ad ogni sacerdote e ad ogni persona chiamata a lavorare nella vigna del Signore, il supremo valore dell’amore verso Dio, fondamento della comunione fraterna e dell’apostolato. "Alla fine - egli scrisse - ciò che conta per la vera grandezza della Chiesa e dei suoi figli è l’amore" (Scritti, p. 27)

3. "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui" (Jn 14,21). La carità verso Dio e verso il prossimo è stata intensamente vissuta ed incarnata anche dal sacerdote leccese Filippo Smaldone, la cui esistenza fu contrassegnata da costante attenzione verso i poveri e da straordinario slancio apostolico. Questo grande testimone della carità intuì di dover adempiere la propria missione nel Mezzogiorno d’Italia, rivolgendosi in modo particolare alla cura ed alla educazione dei non udenti per inserirli attivamente nella società.

La sua intensa e solida spiritualità sacerdotale, nutrita di preghiera, di meditazione e di penitenza anche corporale, lo spinse ad un servizio sociale aperto a quelle intuizioni precorritrici che l’autentica carità pastorale sa suscitare.

Questo generoso Sacerdote, perla del Clero meridionale, fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori, impegnate in modo prioritario nell’educazione dei Sordomuti, viene oggi proposto alla venerazione della Chiesa universale, affinché tutti i fedeli, seguendone l’esempio, sappiano testimoniare il Vangelo della carità nel nostro tempo, in particolare mediante la sollecitudine verso i più bisognosi.

4. "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori" (1P 3,15). Queste parole della Lettera di san Pietro ben pongono in luce l’intensa e feconda attività apostolica che Gennaro Maria Sarnelli, Redentorista, svolse sia attraverso la predicazione al popolo che con i numerosi scritti. L’intima comunione personale che egli intratteneva con Cristo fu la costante sorgente del suo instancabile zelo pastorale.

La sua vicenda umana e religiosa, come quella di sant’Alfonso Maria de Liguori di cui fu amico e collaboratore, si espresse in modo particolare, in una spiccata sensibilità verso i poveri, avvicinati ed accolti nella luce della loro realtà di figli di Dio.

La sua fu un’azione evangelizzatrice caratterizzata da grande dinamismo: egli seppe conciliare l’impegno missionario con l’attività di scrittore e col ministero, non meno impegnativo, di consigliere e guida spirituale. Pur procedendo secondo gli schemi culturali del tempo, il nuovo Beato non trascurò mai di cercare forme rinnovate di evangelizzazione per rispondere alle sfide emergenti. E per questo, pur essendo vissuto in un periodo storico sotto molti aspetti distante dal nostro, Gennaro Maria Sarnelli può essere indicato alla comunità cristiana di oggi, alle soglie del nuovo millennio, quale esempio di apostolo aperto ad accogliere ogni utile innovazione per un annuncio più incisivo del perenne messaggio della salvezza.

5. "Sia benedetto Dio... non mi ha negato la sua misericordia" (Ps 65,20). La Misericordia divina è la chiave di lettura della spiritualità semplice e profonda di Maria Raffaella Cimatti, religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia. Alla infinita misericordia di Dio, di cui parla il salmista, ella ispirò la sua azione, specialmente nel servizio ai poveri ed ai sofferenti. Questa donna, che oggi viene elevata agli onori degli altari, consumò se stessa nella totale consacrazione a Dio e nel silenzioso e diuturno servizio agli ammalati. Visse con spirito di sacrificio e con sempre pronta disponibilità sia le umili mansioni quotidiane, sia l’ascolto e l’accoglienza di quanti a lei ricorrevano in cerca di consiglio o di conforto, sia i compiti di responsabilità ai quali fu ripetutamente chiamata.

Nel nostro tempo, segnato non di rado dall’indifferenza e dalla tentazione di chiudersi di fronte alle necessità del prossimo, questa umile religiosa costituisce un luminoso esempio di femminilità pienamente realizzata nel dono di sé. Essa annuncia e testimonia la speranza evangelica, manifestando a quanti soffrono nel corpo e nello spirito il volto di "Dio, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione" (2Co 1,4).

Quindi il Santo Padre ha continuato in lingua spagnola. Delle sue parole pubblichiamo qui di seguito una nostra traduzione italiana:

6. Osservare i comandamenti di Gesù è la prova suprema dell’Amore per Lui (cf. Gv Jn 14,21). Così lo intense Madre Cándida María de Jesús Cipitria y Barriola, che già in gioventù diceva: "sono solo per Dio" e al momento della sua morte affermava: "dei quarant’anni della mia vita religiosa non ricordo un solo momento che non sia stato dedicato a Dio". La sua profonda esperienza dell’amore di Dio per ognuna delle sue creature la portò a corrispondere con generosità e dedizione. Plasmò la sua carità verso il prossimo nella fondazione della Congregazione delle Figlie di Gesù, con il carisma dell’educazione cristiana dell’infanzia e della gioventù. Le attenzioni che prodigava alle sue religiose, ai benefattori delle sue opere, ai sacerdoti, alle allieve, ai bisognosi, fino a renderle universali, sono una manifestazione visibile del suo amore verso Dio, della sua radicale sequela di Gesù e della sua totale consacrazione alla causa del suo Regno.

Madre Cándida disse un giorno a un’allieva del suo Collegio di Tolosa: "tu sarai Figlia di Gesù". La giovane era María Antonia Bandrés Elósegui, che oggi è elevata con la Fondatrice agli onori degli altari. Innamorata di Gesù, fece sì che anche gli altri lo amassero. Come catechista, formatrice di operaie, missionaria nel desiderio essendo già religiosa, consumò la sua breve esistenza condividendo, amando e servendo gli altri. Nella sua malattia, unita a Cristo, ci ha lasciato un esempio eloquente di partecipazione all’opera salvifica della croce.

La testimonianza delle vite di queste due nuove Beate colma di gioia la Chiesa e deve portare la loro Congregazione, presente in tanti Paesi dell’Europa, dell’America e dell’Asia a seguire i loro ricchi insegnamenti, il modello del loro dono di sé e la perseveranza nella loro fedeltà al carisma ricevuto dallo Spirito.

7. "Acclamate a Dio da tutta la terra,
cantate alla gloria del suo nome,
date a lui splendida lode.
Dite a Dio: Stupende sono le tue opere" (Ps 65,1-3).

Tra le meraviglie che Dio compie continuamente, riveste singolare importanza l’opera meravigliosa della santità, perché riguarda direttamente la persona umana.

La santità è la pienezza della vita: Gloria Dei vivens homo. La gloria di Dio è l’uomo vivente. Vita autem hominis visio Dei: ma la vita dell’uomo è la visione di Dio (cf. S. Ireneo, Adv. haer., IV, 20, 7).

Grandi sono le tue opere, o Signore! Nella vita e nella fede di Maria, Madre della Chiesa; nella vita e nella fede di questi nostri fratelli e sorelle, oggi proclamati Beati, contempliamo le meraviglie del tuo amore.

Insieme con loro acclamiamo: Gloria e lode a te, o Cristo, Redentore del mondo. Amen!
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GPII Omelie 1996-2005 27