GPII Omelie 1996-2005 34

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CANONIZZAZIONE DEI BEATI: JEAN-GABRIEL PERBOYRE

EGIDIO MARIA DI SAN GIUSEPPE E JUAN GRANDE ROMÁN


Solennità della Santissima Trinità - Domenica, 2 giugno 1996

1. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

Nell’odierna solennità della Santissima Trinità, terminato ormai con la Pentecoste il tempo pasquale, la Chiesa quasi abbraccia ancora una volta, in un’unica celebrazione, l’intero contenuto salvifico della Pasqua. Essa alza lo sguardo verso il sommo Mistero della vita trinitaria: uno sguardo colmo di riconoscenza e di lode.

"Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: a Dio che è, che era e che viene" (Canto del Vangelo, cf. Ap Ap 1,8).

Egli viene perché "ha amato il mondo".

Viene nel Figlio, che il Padre ha dato "perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17).

Chi crede in Lui, cioè in Gesù Cristo, ha la vita eterna (cf. Gv Jn 3,16).

2. In questa domenica della Santissima Trinità la Chiesa desidera rendere gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo mediante la canonizzazione dei beati: Jean Gabriel Perboyre, Egidio Maria di San Giuseppe e Juan Grande Román.

La Liturgia di canonizzazione costituisce una solenne professione di fede nella vita eterna, divenuta parte integrante della vita degli uomini. Questi nostri fratelli in Cristo, che mediante il Battesimo ricevuto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, sono stati resi partecipi della Vita divina, hanno realizzato nel corso della loro vicenda umana la pienezza di questa Vita. Essi sono così divenuti "gloria di Dio".

"Gloria Dei vivens homo", "L’uomo vivente è la gloria di Dio".

"Vita autem hominis visio Dei", "e la visione di Dio è la vita dell’uomo" (S. Ireneo, Adv. haer., IV, 20, 7).

Parte pronunciata in lingua francese:

3. Jean-Gabriel Perboyre, prêtre de la Congrégation de la Mission, a voulu suivre le Christ évangélisateur des pauvres, à l'exemple de saint Vincent de Paul. Après avoir exercé le ministère de formateur du clergé en France, il partit pour la Chine. Il y témoignera ardemment de l'amour du Christ pour le peuple chinois. « Je ne sais pas ce qui m'est réservé dans la carrière qui s'ouvre devant moi: sans doute bien des croix, c'est là le pain quotidien du missionnaire. Et que peut-on souhaiter de mieux, en allant prêcher un Dieu crucifié? » (Jean-Gabriel Perboyre, Lettre 70), écrivait-il alors qu'il était aux portes de la Chine. C'est la Croix du Christ qu'il trouvera sur les chemins où il est envoyé. Par l'imitation quotidienne de son Seigneur, dans l'humilité et la douceur, il s'identifiera pleinement à lui. Le suivant pas à pas dans sa Passion il le rejoindra pour toujours dans sa gloire. « Une seule chose est nécessaire: Jésus Christ », aimait-il à dire. Son martyre est le sommet de son engagement à la suite du Christ missionnaire. Après avoir été torturé et condamné, reproduisant avec une extraordinaire similitude la Passion de Jésus, il ira comme lui jusqu'à la mort et la mort sur une croix. Jean-Gabriel avait une unique passion, le Christ et l'annonce de son Évangile. C'est par fidélité à cette passion que lui aussi a été mis au rang des humiliés et des condamnés, et qu'aujourd'hui l'Église peut proclamer solennellement sa gloire dans le choeur des saints du ciel. À la mémoire de Jean-Gabriel Perboyre que nous célébrons aujourd'hui nous voulons unir la mémoire de tous ceux qui ont témoigné du nom de Jésus Christ sur la terre de Chine au cours des siècles passés. Je pense en particulier aux bienheureux martyrs dont la canonisation commune, souhaitée par de nombreux fidèles, pourrait un jour être un signe d'espérance pour l'Église présente au sein de ce peu?le, dont je demeure très proche par le coeur et par la prière.

Traduzione italiana della parte pronunciata in lingua francese:

3. Jean-Gabriel Perboyre, sacerdote della Congregazione della Missione, volle seguire Cristo evangelizzatore dei poveri, sull’esempio di san Vincenzo de’ Paoli. Dopo aver esercitato il ministero di formatore del clero in Francia, si recò in Cina. Qui rese testimonianza con ardore dell’amore di Cristo per il popolo cinese. "Non so cosa mi aspetta nel cammino che si apre davanti a me: senza dubbio la croce, che è il pane quotidiano del missionario. Cosa ci si può augurare di meglio, andando a predicare un Dio crocifisso?" (Lettera n. 70), scriveva trovandosi alle porte della Cina. Lungo le vie dove era stato inviato trovò la Croce di Cristo. Attraverso l’imitazione quotidiana del suo Signore, con umiltà e dolcezza, s’identificò pienamente con lui. Seguendolo passo dopo passo nella sua Passione, lo raggiunse per sempre nella sua gloria. "Una sola cosa è necessaria: Gesù Cristo", amava dire. Il suo martirio è il momento culminante del suo impegno nella sequela di Cristo missionario. Dopo essere stato torturato e condannato, riproducendo la Passione di Gesù con straordinaria similitudine, giunse come lui fino alla morte e alla morte su una croce. Jean-Gabriel aveva un’unica passione: Cristo e l’annuncio del suo Vangelo. È per fedeltà a questa passione che anche lui è stato messo sullo stesso piano degli umiliati e dei condannati, e che la Chiesa può oggi proclamare solennemente la sua gloria nel coro dei santi del cielo.

Al ricordo di Jean-Gabriel Perboyre, che celebriamo oggi, desideriamo unire quello di tutti coloro che hanno reso testimonianza del nome di Gesù Cristo in terra di Cina nel corso dei secoli passati. Penso in particolare ai beati martiri la cui canonizzazione comune, auspicata da numerosi fedeli, potrebbe un giorno essere un segno di speranza per la Chiesa presente in seno a questo popolo, a cui rimango vicino con il cuore e con la preghiera.

4. "A te la lode e la gloria nei secoli!" (Salmo Responsoriale 1; cf. Dn Da 3,52).

La Chiesa oggi proclama la gloria di Dio manifestata nella santità di vita di Egidio Maria di san Giuseppe. Autentico figlio spirituale di san Francesco d’Assisi, Egidio attinse dalla contemplazione dei misteri di Cristo l’ardore di una carità senza confini, ispirando il proprio cammino spirituale all’umiltà dell’Incarnazione ed alla gratuità dell’Eucarestia.

Egli seppe farsi attento ai bisogni delle persone che incontrava sia nello svolgimento dei compiti più umili della fraternità sia nel servizio ai poveri. Nelle sue quotidiane peregrinazioni per le strade di Napoli, dove visse lungamente, portò l’evangelica parola di riconciliazione e di pace in un ambiente percorso da tensioni sociali e segnato da situazioni di estrema povertà sia economica che spirituale.

Nessuno era escluso dalla sua premurosa attenzione. Manifestava questo calore spirituale con l’esortazione evangelica: "Amate Dio, amate Dio!", invitando così tutti alla conversione del cuore verso Dio "misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Ex 34,6) che, come proclama l’odierno brano evangelico, "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

Messaggio quanto mai attuale quello che richiama l’amore e la fedeltà di Dio! Il mondo ha urgente bisogno di credere all’amore di Dio! Sant’Egidio si meritò, con la sua esistenza umile e lieta, l’appellativo di "Consolatore di Napoli". La sua memoria è ancor oggi viva ed il suo esempio invita i cristiani del nostro tempo a vivere pienamente il Vangelo delle Beatitudini, rispondendo con la santità all’amore di Dio riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo.

Parte pronunciata in lingua spagnola:

5. San Juan Grande llega hoy, fiesta de la Santísima Trinidad, a la gloria de los altares. En su testamento nos d?j? esta preciosa confesión: Que el Señor « guarde mi entendimiento para creer como siempre he creído y creo el misterio incomprensible de la Santísima Trinidad, Padre, Hijo y Espíritu Santo, tres personas y una esencia divina que vive y reina por siempre sin fin ». Adorador asiduo de Dios, Uno y Trino, revelado por Jesucristo, el nuevo Santo hablaba del misterio trinitario con tal altura y devoción que causaba admiración en quienes le oían y se sentían llamados a reverenciar y contemplar con mayor fe tan augusto misterio dando a Dios la gloria y el honor que le son debidos. San Juan Grande alimentaba su espiritualidad en la práctica constante de la oración. Era una oración afectiva, con la que expresaba su amor a Dios sin que se cansase de repetirle cuánto lo amaba. En su vida de hospitalario los Hermanos tenían que sacarlo a rastras de la capilla para llevarlo a su celda y dar por concluida la oración de la noche. Su oración manifestaba que Dios era el amor de su corazón, el centro de su vida, la verdadera base sobre la que descansaba su voluntad y su acción, el principio y fundamento de su conciencia y de sus decisiones.

Dios mandó a su Hijo al mundo para que el mundo se salvara por Él (cfr. Jn Jn 3,17). San Juan Grande encontró a Dios, lo amó, se sintió amado y en el corazón de Dios, Padre de todos, amó a todos los necesitados, especialmente los pobres, los enfermos, los afligidos, los que sufrían de algún modo o por cualquier causa. De este modo, sirvió al prójimo de día y de noche, pidiendo por todos, llamando a las puertas, diciendo que no se puede ser indiferente ante la suerte de los pobres y que su servicio es « una cuestión de conciencia ». Fue para la ciudad de Jerez un don de Dios. Como Patrono de esa diócesis, es su más insigne abogado y protector. Los Hermanos de San Juan de Dios tienen en el nuevo Santo un modelo de santidad, de cercano servidor de los pobres y enfermos, que apoya con su intercesión la asistencia y la pastoral hospitalarias.

Traduzione italiana della parte pronunciata in lingua spagnola:

5. San Juan Grande viene elevato oggi, solennità della Santissima Trinità, alla gloria degli altari. Nel suo testamento ci ha lasciato una preziosa confessione: che il Signore "conservi il mio intendimento per credere come sempre ho creduto e credo nel mistero imperscrutabile della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone e un’essenza divina che vive e regna per sempre senza fine". Adoratore assiduo di Dio, Uno e Trino, rivelato da Gesù Cristo, il nuovo Santo parlava del mistero trinitario con una elevazione e una devozione tali da provocare ammirazione in quanti lo ascoltavano e si sentivano chiamati a venerare e a contemplare con maggiore fede un così augusto mistero, rendendo a Dio la gloria e l’onore dovuti.

San Juan Grande alimentava la sua spiritualità nella pratica costante della preghiera. Era una preghiera affettiva, con la quale esprimeva il suo amore verso Dio senza stancarsi di ripetergli quanto lo amava. Nella sua vita ospedaliera, i Fratelli dovevano trascinarlo fuori dalla cappella per condurlo alla sua cella e dare per conclusa la preghiera della notte. La sua preghiera mostrava che Dio era l’amore del suo cuore, il centro della sua vita, la vera base sulla quale riposavano la sua volontà e la sua azione, il principio e il fondamento della sua coscienza e delle sue decisioni.

Dio ha mandato suo Figlio nel mondo perché il mondo si salvasse attraverso di Lui (cf. Gv Jn 3,17). San Juan Grande incontrò Dio, lo amò, si sentì amato e nel cuore di Dio, Padre di tutti, amò tutti i bisognosi, soprattutto i poveri, i malati, gli afflitti, quanti soffrivano in qualche maniera, per qualsiasi causa. In tale modo, servì il prossimo giorno e notte, chiedendo per tutti, bussando alle porte, dicendo che non si può restare indifferenti di fronte alla sorte dei poveri e che il suo servizio era "una questione di coscienza".

Fu per la città di Jerez un dono di Dio. Come Patrono di questa Diocesi, è il suo più insigne avvocato e protettore. I Fratelli di San Giovanni di Dio hanno in questo nuovo Santo un modello di santità, di vicino servitore dei poveri e dei malati, che sostiene con la sua intercessione l’assistenza e la pastorale ospedaliere.

6. "Fratelli, state lieti", scrive san Paolo alla Comunità cristiana di Corinto. Ed aggiunge: "Tutti i santi vi salutano" (2Co 13,11 2Co 13,12).

Il saluto da parte dei santi, di tutti i santi e, in modo particolare, di coloro che oggi sono canonizzati, riveste una profonda dimensione trinitaria.

L’Apostolo prosegue con le parole rese familiari dal loro utilizzo nella Liturgia eucaristica: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione (in latino communicatio, cioè il comunicarsi) dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Co 13,13).

I tre termini usati qui da san Paolo esprimono i doni appropriati alle tre Persone divine.

L’amore, perché Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. La grazia del Signore Gesù Cristo, perché per opera del Figlio ed in virtù della redenzione da lui operata, siamo realmente divenuti figli di Dio. Il comunicarsi dello Spirito Santo, perché la presenza e l’attività dello Spirito nella vita dell’uomo e della Chiesa è fonte di santificazione e di santità.

La persona umana che vive della pienezza della vita divina - vivens homo - costituisce all’interno del mondo creato una singolare realizzazione della gloria di Dio - gloria Dei.

"Fratelli, state lieti... Tutti i santi vi salutano".

Anche noi, in questa solennità della Santissima Trinità, ci rallegriamo ed esultiamo. Insieme con Jean Gabriel Perboyre, Egidio Maria di San Giuseppe, Juan Grande Román, in comunione con Maria, Regina di tutti i santi, e con quanti ci hanno preceduto nella gloria eterna di Dio, proclamiamo le meraviglie compiute dal Signore.

"Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo: in principio, ora e per sempre".

Amen!

SANTA MESSA E PROCESSIONE


DA SAN GIOVANNI IN LATERANO A SANTA MARIA MAGGIORE


NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO




Giovedì, 6 giugno 1996




1. "Ti ha nutrito di manna" (Dt 8,3).

Nella solennità del Corpus Domini, ci riuniamo ogni anno, davanti alla Basilica di san Giovanni in Laterano, per celebrare il Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo. Gesù stesso ci invita a prendere parte al banchetto eucaristico: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui . . . Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno... Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,54 Jn 6,56 Jn 6,57). Gesù pronunciò queste parole presso Cafarnao. Con esse Egli preannunciava l’istituzione dell’Eucaristia, che avrebbe realizzato durante l’Ultima Cena.

Le parole dell’istituzione dell’Eucaristia, che leggiamo nei Sinottici e in san Paolo e che il sacerdote ripete in ogni santa Messa, costituiscono una sintesi di quell’annuncio riportato da Giovanni: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi". "Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me" (cf. Lc Lc 22,19-20 e parr.; 1Co 11,23-25).

Accogliendole con fede e riconoscenza, la Chiesa diventa ben consapevole di quel che deve fare, e prende rinnovata coscienza di che cosa l’Eucaristia rappresenti per la sua vita e per la salvezza del mondo intero.

2. Oggi, solennità del Corpus Domini, la Chiesa riscopre, per così dire, che l’Eucaristia è un pellegrinaggio, un cammino. Mosè, nel brano del Deuteronomio proclamato nella prima Lettura, afferma: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto . . . Ti ha nutrito di manna . . . per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore . . . Nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri" (Dt 8,2 Dt 8,3 Dt 8,16).

Sì! Al tempo dell’Esodo, Dio ha nutrito il suo popolo con un cibo sconosciuto. Allo stesso modo gli Apostoli, testimoni dell’istituzione dell’Eucaristia, quando iniziarono la cena del Giovedì Santo non immaginavano quel che il loro Maestro avrebbe detto di lì a poco: che quel pane era il suo vero Corpo e quel vino il suo vero Sangue. E quando Gesù parlò, che cosa capirono? Solo più tardi si resero pienamente conto che proprio in virtù di quel cibo e di quella bevanda l’uomo sarebbe stato capace di intraprendere il cammino verso la definitiva terra promessa. Verso la casa del Padre.

"O sacrum convivium . . .",

"O sacro convito
in cui Cristo è nostro cibo,
si perpetua il memoriale
della sua Passione,
l’anima nostra
è colmata di grazia,
e ci è dato il pegno
della gloria futura"

(Antifona al Magnificat della solennità del Corpus Domini).

3. Il Signore invita ciascuno di noi, qui presenti, a prendere parte con fede ed amore al "sacro convito", nel quale Egli ha voluto farsi nostro cibo e nostra bevanda per comunicarci la sua stessa vita divina.

Con questa spirituale consapevolezza, vorrei salutare cordialmente voi, Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio; voi, cari Fratelli e Sorelle, che rappresentate le Comunità parrocchiali, i gruppi e le associazioni d’impegno apostolico e missionario della nostra diocesi. Saluto voi pellegrini, che avete voluto unirvi a questa nostra solenne manifestazione di fede in Cristo, pane vivo per la salvezza dell’umanità.

Sono presenti, in particolare, a questa liturgia eucaristica e prenderanno parte alla processione del Corpus Domini numerosi fedeli provenienti dalla Repubblica Ceca. A loro va il nostro cordiale saluto ed il nostro ringraziamento per questo gesto di comunione ecclesiale.

Milovaní bratri a sestry! S potešením vás všechny zdravím! Rád vzpomínám na svoji pastoracní návštevu pred rokem v Ceské republice v onech nczapomenutelných dnech jsem vychutnával sílu tradice vaši zeme vc vírc a v civilizacním pokroku.

Hled’te s duverou do budoucnosti a stále cerpejte s hlubokých krest’anských korenu svého drahého národa. At’ vás Pán, který je zde pritomen ve svátostném znamení chleba a vína, zahrnc svými milostmi a vede vás i celý národ k trvalému blahobytu a pokoji!

4. "Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini" (Sequenza).

Con quale eloquenza la celebrazione del Corpus Domini ci aiuta ad approfondire la verità che l’Eucaristia è il sacramento dell’umano pellegrinaggio. Pellegrinaggio prefigurato nell’Esodo del popolo di Israele dall’Egitto fino alla Terra promessa.

Forse proprio per questo, nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo la Chiesa non solo celebra l’Eucaristia, ma si mette in cammino ed insieme con Gesù-Eucaristia percorre le strade delle città. Pure noi, qui a Roma, questa sera, con la solenne processione che si snoda da san Giovanni in Laterano a santa Maria Maggiore, vogliamo far memoria della presenza di Dio che guidò il suo popolo nel deserto sino alla Terra promessa. Vogliamo soprattutto proclamare che Cristo-Eucaristia guida la Chiesa e tutti noi lungo la Via che è Egli stesso, Via che conduce al Padre.

Il nostro camminare insieme con Lui non ha forse in Dio il suo fine? Solo per mezzo di Gesù, che si offre a noi sotto le specie del pane e del vino, la vita dell’uomo raggiunge la propria pienezza: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno".

Cristo, tu sei la via che conduce al Padre (cf. Gv Jn 14,6)! Tu ci guidi nel quotidiano pellegrinaggio verso la patria celeste.

Con la tua presenza sacramentale ci fai pregustare la gioia della completa e definitiva partecipazione alla vita del Padre nel convito eterno.

Nel Sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue "ci è dato il pegno della gloria futura". Rimani con noi!

Cammina insieme con noi oggi e sempre!

Amen.
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SANTA MESSA ALLA GROTTA DI LOURDES NEI GIARDINI VATICANI

PER LE RELIGIONE DEL « REGINA MUNDI »


Domenica, 9 giugno 1996

1. "Accogli, o Dio, il dono del nostro amore" (Salmo resp.).

Trascorsi il tempo pasquale e la domenica della SS. Trinità, riprendiamo oggi l’itinerario liturgico delle "Domeniche per annum": un pellegrinaggio che il popolo di Dio compie nella fede, preceduto da Maria, Madre della Chiesa; un itinerario di conoscenza e d’amore; un cammino di sequela per chi si affida alla misericordia del Signore.

La liturgia odierna ci ricorda che il Signore è Misericordia, e vuole misericordia. Domanda l’amore e non il sacrificio (cf. Os Os 6,6). Cristo ha compiuto sulla croce, una volta per sempre, il totale e definitivo olocausto d’amore, che si rinnova ogni giorno nell’Eucaristia. E l’esistenza di Maria è stata una totale sequela della divina Misericordia incarnata in Gesù. Lei, l’Immacolata per grazia, preservata dalla divina Misericordia da ogni macchia di peccato, è segno di sicura speranza per tutti gli uomini, bisognosi di essere risanati e giustificati (cf. Mt Mt 9,12-13).

2. Invitati dalla Sacra Scrittura a stringere con Dio un profondo rapporto di fedeltà, "Affrettiamoci a conoscere il Signore" (Os 6,3), affrettiamoci ad amarlo. "Conoscere" ed "amare" il Signore: ecco ciò a cui siamo chiamati, perché il nostro rapporto con lui non sia "come una nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce" (Os 6,4), ma stabile e fedele. Amarlo come siamo amati da Lui; conoscerlo come siamo da Lui conosciuti: questa è la nostra gioia e la nostra gloria.

Abramo conobbe ed amò il Signore nella fede, una fede forte, stabile in Colui che compie le promesse. Una fede che muove i passi, muove la vita, genera vita oltre ogni limite umano, oltre la morte. Il Verbo eterno chiamò Abramo e gli disse: "Seguimi". Egli riconobbe la sua voce e lo seguì. Abramo "esultò nella speranza di vedere" il giorno di Cristo, nella fede "lo vide e se ne rallegrò" (Jn 8,56). Egli partecipò, così, in un certo modo, al mistero pasquale, nel quale risiede il compimento di ogni promessa ed il fondamento ultimo della fede, dell’amore e della conoscenza divina.

3. Carissime Sorelle! Sono lieto di celebrare quest’oggi l’Eucaristia con tutte voi. Ci troviamo in questo luogo suggestivo dei Giardini Vaticani, che evoca la presenza di Maria Immacolata, così come Ella si mostrò a santa Bernardetta, nella grotta di Massabielle, presso Lourdes. Alla Vergine volgiamo lo sguardo: il suo amore non è stato "come nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce". La piena di grazia ha amato come era amata: totalmente, senza riserve; ha conosciuto il Signore come da Lui era conosciuta fin dal principio.

In lei rivive e raggiunge la sua perfezione la fede di Abramo: Maria credette che nulla è impossibile a Dio, e sotto la croce sperò contro ogni speranza: Serva col Servo, Regina col Re, divenne la madre di tutti i credenti, "Regina del mondo". Regina mundi. Questo è il nome dell’Istituto che voi, care Religiose, provenienti da ogni parte del mondo, frequentate qui a Roma, per la vostra formazione teologica.

Possa la celeste Madre di Dio, Sede della Sapienza, far risplendere nelle vostre menti una piena conoscenza del Signore e nei vostri cuori un amore integro e fedele verso di Lei e nella vostra vita un "sì" generoso e gioioso al "Seguimi" che Cristo rivolge ai suoi discepoli. Là dove la Provvidenza vi condurrà, sarete così in grado di "annunciare ai poveri la buona novella" (Canto al Vangelo), aiutando i malati a incontrare il Medico divino e i peccatori ad ascoltare la sua voce. Siate per questo docili alla sua grazia e generose nella risposta. Aprite il cuore al mistero del suo amore.

"Accogli, o Dio, il dono del nostro amore".
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CELEBRAZIONE EUCARISTICA



Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani

Domenica, 16 giugno 1996




« Proclamez que le Royaume des cieux est tout proche ».

1. En ce Jour du Seigneur, nous nous trouvons réunis pour accueillir le don que Dieu nous fait dans la personne de son Fils. Jésus lui-même vient au milieu de son peuple pour le réconforter, pour faire de lui « un royaume de prêtres, une nation sainte » (Ex 19,6). Il vient pour révéler aux hommes que « le Royaume des cieux est tout proche » (Mt 10,7). Recevons ce message avec foi; Dieu a pris en pitié son peuple fatigué et abattu.

Chers amis qui êtes venus ce matin célébrer l'Eucharistie avec le Successeur de Pierre, je suis heureux de vous recevoir en ce lieu consacré á la Vierge Marie, celle qui a pleinement laissé s'épanouir en elle le don de Dieu. À chacun de vous aussi, le Seigneur fait le don de sa présence aimante qui transforme votre vie.

2. « La moisson est abondante, et les ouvriers sont peu nombreux » (Mt 9,37), dit Jésus à ses disciples avant de les envoyer en mission. Aujourd'hui, cette parole s'adresse à vous tout particulièrement. Le Seigneur vous invite à accueillir le Royaume qu'il a inauguré au milieu de nous. Il vous propose de vous mettre à la suite de Jésus, d'être ses témoins véridiques au milieu de vos frères, d'être parmi eux des signes de la présence du salut de Dieu. Je vous encourage à laisser grandir en vous la certitude que nous avons été réconciliés avec Dieu dans la mort et la résurrection de son Fils. A tous ceux qui sont découragés, éprouvés, abandonnés sur le bord de la route, allez annoncer cette Bonne Nouvelle: Dieu nous aime « et la preuve que Dieu nous aime, c'est que le Christ est mort pour nous, alors que nous étions encore pécheurs » (Rm 5,8).

Comme les douze disciples, vous avez été appelés par votre nom, pour participer à l'oeuvre du Christ. Demeurez dignes de cet appel, approfondissez les exigences de votre vocation chrétienne, dans la forme particulière que vous avez reçue. Fondez solidement votre foi sur Celui qui vous a choisis pour être les messagers de sa Bonne Nouvelle auprès de vos frères et de vos soeurs. Et vous, les jeunes, n'ayez pas peur de vous engager généreusement sur le chemin du Seigneur Jésus. C'est Lui votre espérance, votre véritable joie, c'est en Lui que vous trouverez la pleine réalisation de votre vie.

3. « Priez donc le maître de la moisson d'envoyer des ouvriers à sa moisson » (Mt 9,38). Que votre prière personnelle et communautaire porte le souci de la mission universelle de l'Église. Qu'elle soit une imploration vers Dieu pour que des « disciples » toujours plus nombreux acceptent de servir son dessein de réconciliation et de salut pour tous les hommes.

4. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). L’invito di Cristo ci porta a considerare che la gratuità costituisce il modo di essere e di agire di Dio: gratuitamente ha eletto Israele per farne il suo popolo; gratuitamente ha offerto il suo Figlio unigenito per la redenzione del mondo; gratuitamente ha scelto i Dodici, chiamandoli per nome, per farne gli apostoli del Regno dei cieli.

Di questa logica divina è segno singolare anche la Vergine Maria: concepita senza macchia di peccato originale, la Madonna rifulge per la grazia divina che esalta in Lei la mirabile iniziativa del Padre celeste. Ella offre così la testimonianza vivente del fatto che il peccato non ha potuto distruggere l’originario progetto di Dio sull’uomo.

Interpellati da questo mistero d’amore, rispondiamo, carissimi Fratelli e Sorelle, come Maria, con tutta la nostra vita: gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo.


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VISITA PASTORALE IN GERMANIA (21-23 GIUGNO 1996)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA


PER I FEDELI DELL'ARCIDIOCESI DI PADERBORN




Spianata dell’aeroporto di Senne (Bad-Lippspringe)

Sabato, 22 giugno 1996

Cari fratelli e care sorelle!


1. "Chi è mai costui al quale persino i venti e il mare obbediscono?" (Mt 8,27).

Sembrò che quel vento, che si era scatenato sul mare di Gennesaret, avrebbe fatto affondare la barca. Quando i flutti si riversarono sopra coperta, gli apostoli svegliarono Gesù, che a causa della sua grande stanchezza dormiva. "Salvaci, Signore, siamo perduti! (...) Perché avete paura, uomini di poca fede?". Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia" (Mt 8,25-26).

Da duemila anni leggiamo di questo avvenimento. È l’immagine della Chiesa: la navicella di Pietro, la nave apostolica. La Chiesa di fronte a forze che la colpiscono dall’esterno. La Chiesa nel nostro secolo. Come non pensare qui al pericolo in cui proprio la Chiesa in Germania si è trovata! Qui, in questo Paese. Il pericolo si estese: il 1 settembre del 1939 iniziò la Seconda Guerra Mondiale. Quasi tutta l’Europa era in fiamme.

Appartengo alla generazione che se ne ricorda. "Salvaci, Signore, siamo perduti!". L’implorazione nelle Chiese era: "Dio santo, Dio santo e potente, Dio santo e immortale, abbi pietà di noi! Proteggici dalle epidemie, dalla fame, dalla collera e dalla guerra, o Signore!".

Ricordiamo anche coloro che in quel tempo di disprezzo salvarono la dignità delle persone e delle nazioni.

2. Ci approssimiamo al grande Giubileo dell’anno 2000 senza paura e scoraggiamento, al contrario, con grande fiducia e uniti nella speranza. Perché sappiamo che il Signore siede con noi nella nave e ci dà la forza di superare la poca fede e la mancanza di coraggio, di avere fiducia nella sua parola e di raggiungere così la meta.

La Chiesa percorre il suo cammino nel tempo nella molteplicità dei popoli e delle culture. Rimane però sempre l’unico popolo di Dio. Sa di essere guidata dallo Spirito di Dio, che nel corso della storia la mantiene sempre nell’unità e nella verità (cf. Lumen gentium LG 25).

Qui, in questo luogo, cari fratelli e care sorelle, siamo particolarmente consapevoli di tutto ciò. Sono passati quasi milleduecento anni da quando il re dei Franchi, Carlo Magno, e il mio predecessore, il Papa san Leone III, qui a Paderborn hanno fondato e consolidato questa collaborazione, tanto necessaria per il bene degli uomini, tra Papa e Imperatore o, come diciamo oggi, tra Stato e Chiesa. Con ciò l’Occidente cristiano ha ricevuto per secoli un’impronta decisiva. Tra pochi anni celebrerete i milleduecento anni dell’Arcidiocesi di Paderborn. Bisogna ricordarsi anche di questo.

Vorrei quindi gridare proprio da qui, da Paderborn, che è un luogo tanto importante, a tutta la Chiesa in Germania: non fatevi gettare nello scoraggiamento e nella rassegnazione dalla tempesta e dal mare! Siate invece uniti nella speranza, e rafforzatevi nella fede comune! Ricordatevi della lunga storia della fede cristiana in questo Paese! Non permettete che questa fede diventi più debole e fiacca! Non abbiate paura per il futuro della fede cristiana e della Chiesa! Al contrario, procedete verso il prossimo millennio con coraggio e con fiducia in Gesù Cristo.

Sappiamo che in futuro cambieranno molte condizioni esterne della vita privata e pubblica. Questo non lascia indifferente neanche la Chiesa. Ma a bordo della nave della Chiesa il timore e i lamenti non devono mai dominare i cuori. Abbiamo fiducia nel Signore, perché crediamo nella sua vitale presenza nella Chiesa.

3. Cari fratelli e care sorelle, viviamo insieme la nostra vocazione cristiana, alla quale ci ha esortato l’apostolo Paolo, prigioniero per amore del Signore (cf. Ef Ep 4,1), nella lettura di oggi: "... comportatevi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,1-3).

"Io, che sono in prigione per amore del Signore". Così si dice nella lettera agli Efesini. Questo ci ricorda di nuovo i tanti prigionieri che hanno scritto le pagine contemporanee della storia della Chiesa, Bernhard Lichtenberg, Prevosto del Duomo di Berlino, e Karl Leisner, un diacono ordinato sacerdote durante la sua prigionia nel campo di concentramento di Dachau. Domani, a Berlino, li proclamerò Beati. Tuttavia essi non erano soli. Già nove anni fa ho potuto beatificare qui, nel vostro Paese, suor Teresa Benedetta della Croce, meglio conosciuta come Edith Stein, e Padre Rupert Mayer. Anche il loro martirio fu una testimonianza per Cristo e un segno della resistenza contro le potenze demoniache di un mondo lontano da Dio.

Questi quattro beati rappresentano le molte donne e i molti uomini cattolici che, a prezzo di molteplici sacrifici, hanno rifiutato il despotismo nazionalsocialistico e che si sono opposti all’ideologia delle camicie brune. Sono quindi una parte della resistenza che tutta la Chiesa ha opposto a quel sistema che disprezzava Dio e l’uomo. E infine, rappresentano anche le numerose persone che riuscirono a tenere desta negli uomini, con la loro resistenza e il loro sacrificio, la fiducia nella bontà nell’uomo e in una Germania diversa e migliore.

Anche il nostro secolo lascia dietro di sé un ricco martirologio (cf. Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, 37). Sforziamoci per fare in modo che tutte queste testimonianze di un’autentica grandezza dello spirito e della santità non vengano dimenticate.

Un martirologio non è solo una registrazione di fatti. È un’esortazione.Anche il martirio del nostro secolo è un’esortazione. Anche l’opera del Concilio Vaticano II non è forse sorta da essa? E la Giornata mondiale della preghiera per la pace? Le tante iniziative apostoliche come, ad esempio, gli incontri mondiali della gioventù?

Attraverso il martirio, che rappresenta l’esperienza del nostro secolo, la Chiesa ha acquisito una migliore comprensione di se stessa e del suo compito nel mondo.

4. Nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente ho sottolineato anche la necessità di occuparsi in modo particolare del riconoscimento delle virtù eroiche di uomini e di donne che hanno realizzato nel matrimonio la loro vocazione (cf. n. 37). La vocazione alla vita nel matrimonio e nella famiglia cristiani richiede il servizio dell’amore e il servizio della vita. Amore e vita costituiscono il nucleo essenziale della missione salvifica della famiglia cristiana nella Chiesa e per la Chiesa (cf. Familiaris consortio FC 50). La famiglia deve presentarsi decisamente come luogo d’educazione. Genitori, non trascurate i vostri figli! E voi figli prendetevi cura dei vostri genitori, soprattutto quando diventano vecchi e fragili!

Come famiglie dovete essere anche una comunità evangelizzatrice, nella quale il Vangelo viene accolto e messo in pratica, dove si impara e si pratica insieme la preghiera, dove tutti i membri, attraverso le parole, le opere e l’amore che nutrono l’uno per l’altro, rendono testimonianza della buona novella della Redenzione. "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,4-6).

Questa "unità dello Spirito" (Ep 4,3) non è un sogno, una semplice idea, ma una realtà visibile nella comunità della Chiesa. "Una sola è la speranza" (Ep 4,4) che diventa oggetto di esperienza nella "communio" dell’unica Chiesa. Uno sguardo alla storia del popolo di Dio ci mostra quanto è importante testimoniare in modo visibile questa "unità dello Spirito" e questa "speranza" comune.

5. Prego quindi soprattutto voi, Vescovi e sacerdoti, affinché aiutiate tutto il popolo di Dio a continuare ad incontrare il Signore, ad ascoltare la sua parola e a seguire il suo esempio. Voi sacerdoti e Vescovi siate in modo particolare servitori dell’unità del popolo di Dio, che deve essere uno nella fede e nella vita comune con la Chiesa di tutti i tempi. Vi prego di cuore di servire con tutto il vostro impegno questa unità. Aiutate tutte le sorelle e tutti i fratelli a rimanere fedeli alla loro vocazione cristiana. Mostrate il cammino ai dubbiosi! Incoraggiate e seguite i giovani! Siate vicini a quanti sono falliti e rassegnati!

Esorto tutti voi, cari fratelli e care sorelle, a pregare per le vocazioni sacerdotali e religiose. Mantenete desta la sensibilità per la speciale sequela di Cristo, in modo che non rimanga inascoltata la chiamata di Dio al servizio dell’unità. Volgete lo sguardo al modo di vivere di Gesù nei consigli evangelici: povertà, ubbidienza e castità; e riconoscete in essi una via verso la libertà autentica e la realizzazione personale. Non fatevi indurre a pensare che lo stile di vita celibataria dei sacerdoti sia superato. Come può essere superato ciò che corrisponde all’esempio di Gesù? Raggiungiamo l’unità con Cristo solo se seguiamo l’esempio della sua vita.

A questa sequela e a questa vitale unità con il Signore non sono chiamati solo i sacerdoti e i religiosi, ma anche tutti i cristiani. Ciò diventa reale e sperimentabile ogni volta che diciamo sì al nostro battesimo, alla confermazione e alla promessa del matrimonio. Tutti noi dovremmo cogliere l’opportunità di quest’ora e divenire di nuovo una sola cosa con Gesù Cristo e gli uni con gli altri.

6. Cari fratelli e care sorelle, l’unica speranza e "l’unità dello Spirito" ci uniscono come Chiesa cattolica, ossia universale. In questo luogo che, non da ultimo grazie all’impegno dell’indimenticato Cardinale Jaeger, è di grande importanza per l’ecumenismo, esorto di nuovo tutti i cristiani all’unità! Proprio in vista dell’Anno Santo del 2000, la Chiesa rivolge una preghiera insistente allo Spirito Santo e invoca la grazia dell’unità di tutti i cristiani (cf. Tertio Millennio adveniente, 34).

Cari fratelli e care sorelle, la Chiesa esiste non per se stessa, ma per la salvezza del mondo. La sua unità non può essere quella di una "società chiusa". Deve piuttosto formare una comunità missionaria che renda testimonianza nel mondo della più grande speranza che muove noi cristiani. "La Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium LG 1). Quindi appartiene alla vocazione della Chiesa non passare indifferenti di fronte alle preoccupazioni e alle necessità delle persone, ma ispirare la società nello spirito del Vangelo. La fede cristiana aspira alla realizzazione della volontà di Dio in cielo e in terra. Deve quindi animare anche i campi della politica, dell’economia e della cultura; altrimenti non avrà risposto alla sua vocazione. La prima affermazione della Costituzione Pastorale Gaudium et spes è il filo conduttore di questo impegno: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo" (n. 1).

7. Cari fratelli e care sorelle, l’anno 1989 ha cambiato radicalmente il mondo. Questo unico mondo cresce sempre più velocemente e diventa sempre più piccolo. Dovremmo dare il benvenuto a questo processo, perché offre a innumerevoli persone una nuova prospettiva di vita. Ma questa crescita congiunta di Nord e Sud, Est e Ovest, deve assumere una forma degna dell’uomo. Non ne deve nascere un mondo che potrebbe essere di nuovo caratterizzato da una "ideologia radicale di tipo capitalistico" (Centesimus annus CA 42). Il mondo spera in un relazionarsi di nazioni e di Stati che rispetti i diritti vitali di tutti gli uomini e che promuova il loro sviluppo. Specialmente per i Paesi ricchi ciò significa imparare a condividere, e non solo aiutare i popoli bisognosi, ma anche accoglierli e accettarli come partner. Questa inevitabile trasformazione deve e può realizzarsi in solidarietà e in giustizia.

A questo proposito vorrei ringraziare i cattolici tedeschi per l’aiuto di cui beneficiano gli uomini e la Chiesa nel mondo. Sono lieto in particolare per l’attività solidale dalla vostra recente iniziativa di aiuto "Renovabis" rivolta ai popoli vicini dell’Europa centrale, sudorientale e orientale. In tal modo promuovete anche i contatti tra persone dell’ovest e dell’est.

8. Solidarietà e giustizia valgono anche per lo sviluppo del vostro Paese, che dopo la riunificazione cerca la sua strada verso un futuro comune. In questo processo esistono ancora oggi problemi che affliggono molte persone. Non deve imporsi un radicale individualismo, che alla fine distrugge la società. Una convivenza armoniosa può però avere buon esito soltanto se conservate valori e orientamenti comuni, se giustizia e solidarietà, dignità umana e misericordia non sono solo l’ideale di un piccolo gruppo, ma rimangono come obiettivi per l’intera società. Anche per questo è importante, per il vostro Paese, che rimangano presenti la fede cristiana e il suo messaggio, che i cristiani si impegnino nella politica e nella società, che la nostra fede possa servire da orientamento per tutti. Anche per i non credenti vale la dottrina sociale della Chiesa, che contiene principi fondamentali del diritto naturale.

Lo stesso vale per l’unità dell’Europa, che non deve consistere solo in una comunanza degli interessi materiali. I suoi fondamenti sono il consenso sugli obiettivi e valori ideali fondamentali, la comune eredità culturale e, non da ultima, un’unione dello spirito e dei cuori. Senza la fede cristiana mancherà l’anima all’Europa. Noi cristiani siamo chiamati a prenderci cura dello spirito che unirà e plasmerà l’Europa futura. Questa è una grande sfida e una grande responsabilità che vogliamo e dobbiamo assumere seriamente superando i confini.

Con questo auspicio mi rivolgo soprattutto ai confratelli nell’Episcopato, ai quali va il mio cordiale saluto. Saluto in particolare i signori Cardinali qui presenti, l’Arcivescovo di Paderborn, il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, come anche tutti i Vescovi della Germania e del mondo.

Saluto molto cordialmente anche i rappresentanti della Federazione e del Land Nordreno-Vestfalia come anche della città di Paderborn.

9. Cari fratelli e care sorelle, anche alla fine del secondo millennio Cristo ci esorta a salire sulla nave della sua Chiesa. Ci invita a navigare con lui sul mare del tempo, ad avere fede e fiducia in lui e ad essere uniti nella speranza e nell’amore.

In vista dell’Anno Santo del 2000 e della nuova epoca che con esso si aprirà, lo Spirito di Dio ci vuole unire in "un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza" (Ep 4,3-4). Desidera che l’unica Chiesa operi per l’unità del mondo. In questo abbiamo una valida e caritatevole guida: Maria, Madre del Signore e Madre della Chiesa. Desideriamo porre sotto la sua protezione la Chiesa e noi stessi.

Dio, il Padre di tutti gli uomini, ci indica un cammino. In Gesù Cristo si è unito a tutti gli uomini, in particolare ai poveri e ai sofferenti (cf. Redemptor hominis RH 14). Fiduciosi nel suo Spirito Santo possiamo andare incontro al futuro.

Il Dio uno e trino vi benedica e vi protegga, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.

Al termine della concelebrazione eucaristica a Paderborn, il Santo Padre si rivolge agli oltre 80.000 fedeli presenti con le seguenti parole.

?m ende dieses beeindruckenden Gottesdienstes möchte ich Euch allen sehr herzlich danken für Euer Kommen und die Mitfeier - und dies trotz der nicht günstigen Witterung. Immer zwischen schwarz und blau - aber schwarz hat nicht gesiegt. Es hat uns betroht mit einem Regen, aber am Ende hat es nicht geregnet. Gott sei Dank.

Ich danke nohmals dem Herrn Erzbischof sowie allen, die zur Gestaltung der Eucharistiefeier beigetragen haben.

Sehr herzlich begrüsse ich die vielen Kranken Mitmenschen unter uns sowie vor allem die sehr zahlreichen jungen Menschen. Coraggio! Coraggio! Habt Mut! Habt Mut, die Zukunft gehört Euch. Die Zukunft ?iegt in Euren Händen - in Euren Händen. Dank Euch allen. Gott segne Euch, Gott segne Paderborn.
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GPII Omelie 1996-2005 34