GPII Omelie 1996-2005 170

170

GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


Domenica, 25 ottobre 1998



1. "Ascoltino gli umili e si rallegrino" (Ps 33,3).

Con queste parole, l'odierna liturgia ci invita alla gioia, mentre rendiamo grazie al Signore per il dono dei nuovi Beati. La gioia della Chiesa si esprime nel canto di lode, che l'assemblea innalza verso il cielo. Sì, gli umili ascoltino e si rallegrino considerando le opere che Iddio compie nella vita dei suoi servi fedeli. La Chiesa, che è il "Popolo degli umili", ascolta e si rallegra, perché in questi suoi membri, annoverati fra i Beati, vede riflesso l'amore misericordioso del Padre celeste. Con la liturgia, facciamo nostre le parole ispirate di Gesù: "Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli" (Canto al Vangelo).

I "piccoli": quanto diversa è la logica degli uomini rispetto a quella divina! I "piccoli", secondo il Vangelo, sono le persone che, sapendo di essere creature di Dio, rifuggono da ogni presunzione: ripongono ogni loro attesa nel Signore e per questo mai restano deluse. Questo è l'atteggiamento fondamentale del credente: fede e umiltà sono inscindibili. Ne è prova anche la testimonianza resa dai nuovi Beati: Zefirino Agostini, Antonio de Sant'Anna Galvão, Faustino Míguez e Theodore Guerin. Più una persona è grande nella fede e più si sente "piccola", ad immagine di Cristo Gesù, il quale, "pur essendo di natura divina ... spogliò se stesso" (Ph 2,6-7) e venne tra gli uomini come loro servo.

2. I nuovi Beati sono per noi esempi da imitare e testimoni da seguire. Essi hanno confidato in Dio. La loro esistenza dimostra che la forza dei piccoli è la preghiera, come mette in luce la Parola di Dio dell'odierna Domenica. I Santi, i Beati sono anzitutto uomini e donne di preghiera: benedicono il Signore in ogni tempo, sulla loro bocca vi è sempre la sua lode; gridano e il Signore li ascolta, li salva da tutte le loro angosce, come ci ha ricordato il Salmo responsoriale (cfr Ps 33,2 Ps 33,18). La loro preghiera penetra le nubi, è incessante, non si stanca e non viene meno, finché l'Altissimo non sia intervenuto (cfr Si 35,16-18).

La potenza orante degli uomini e delle donne spirituali si accompagna sempre in essi con il sentimento vivo della propria limitatezza e indegnità. E' la fede, e non la presunzione, che alimenta nei discepoli di Cristo il coraggio e la fedeltà. Essi, come l'apostolo Paolo, sanno che il Signore riserva la corona di giustizia per quanti attendono con amore la sua manifestazione (cfr 2Tm 4,8).

3. “Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza” (2Tm 4,17).

Queste parole dell’Apostolo a Timoteo ben si applicano a Don Zefirino Agostini, il quale, pur tra innumerevoli difficoltà, non si perse mai d’animo. Egli ci viene presentato oggi come umile e saldo testimone del Vangelo nel fecondo periodo della Chiesa veronese del secondo Ottocento. Salda fu la sua fede, efficace la sua azione caritativa e ardente lo spirito sacerdotale che lo contraddistinse.

L’amore del Signore lo sospinse nel suo apostolato rivolto ai più poveri, ed in particolare all’educazione cristiana delle fanciulle, specialmente più bisognose. Egli aveva ben compreso l'importanza della donna quale protagonista del risanamento della società, nei suoi ruoli di educatrice ai valori della libertà, dell’onestà e della carità.

Raccomandava alle Orsoline, sue figlie spirituali: “Le fanciulle povere: siano esse il più caro oggetto delle vostre cure, delle vostre attenzioni. Sensibilizzate le loro menti, educate a virtù il loro cuore, salvatene le anime dal pestifero contatto del mondo perverso” (Scritti alle Orsoline, 289). Possa il suo esempio costituire un valido incoraggiamento per quanti oggi l’onorano come Beato e l’invocano come protettore.

4. «O Senhor me assistiu e me deu forças, para que, por meu intermédio, a mensagem do Evangelho fosse plenamente proclamada» (2Tm 4,17).

As palavras de S. Paulo refletem bem a vida do Frei Antônio de Sant'Ana Galvão, que quis corresponder à própria consagração religiosa, dedicando-se com amor e devotamento aos aflitos, aos doentes e aos escravos da sua época no Brasil.

Demos graças a Deus pelos contínuos benefícios outorgados pelo poderoso influxo evangelizador que o Espírito Santo deu vida até hoje em tantas almas através do Frei Galvão. Sua fé genuinamente franciscana, evangelicamente vivida e apostolicamente gasta no serviço ao próximo, servirá de estímulo para o imitar como «homem da paz e da caridade». A missão de fundar os Recolhimentos dedicados à Nossa Senhora e à Providência continua produzindo frutos surpreendentes: ardoroso adorador da Eucaristia, mestre e defensor da caridade evangélica, prudente conselheiro da vida espiritual de tantas almas e defensor dos pobres. Que Maria Imaculada, de quem Frei Galvão se considerava como «filho e perpétuo escravo», ilumine os corações dos fiéis e desperte neles a fome de Deus até à entrega a serviço do Reino, mediante o próprio testemunho de vida autenticamente cristã.

5. «El que se humilla será enaltecido» (Lc 18,14). Al elevar a la gloria de los altares al sacerdote escolapio Faustino Míguez se cumplen estas palabras de Jesús que hemos escuchado en el evangelio. El nuevo Beato, renunciando a sus propias ambiciones, siguió a Jesús Maestro y consagró su vida a la enseñanza de la infancia y la juventud, al estilo de San José de Calasanz. Como educador, su meta fue la formación integral de la persona. Como sacerdote, buscó sin descanso la santidad de las almas. Como científico, quiso paliar la enfermedad liberando a la humanidad que sufre en el cuerpo. En la escuela y la calle, en el confesionario y el laboratorio, el Padre Faustino Míguez fue siempre transparencia de Cristo, que acoge, perdona y anima.

«Hombre del pueblo y para el pueblo», nada ni nadie le fue ajeno. Por eso constata la situación de ignorancia y marginación en la que vive la mujer, a la que considera el «alma de la familia y la parte más interesante de la sociedad». Con el fin de guiarla desde su infancia por el camino de la promoción humana y cristiana, funda el Instituto Calasancio de Hijas de la Divina Pastora, para la educación de las niñas en la piedad y las letras.

Su ejemplo luminoso, entretejido de oración, estudio y apostolado, se prolonga hoy en el testimonio de sus hijas y de tantos educadores que trabajan con denuedo e ilusión para grabar la imagen de Jesús en la inteligencia y el corazón de la juventud.

6. “The Lord stood by me and gave me strength to proclaim the word fully” (2Tm 4,17). In these words to Timothy, Saint Paul looks back across the years of his apostolic ministry and affirms his hope in the Lord in the face of adversity.

The words of the Apostle were engraved on Mother Theodore Guerin’s heart when she left her native France in 1840 with her five companions to face the uncertainties and dangers of the frontier territory of Indiana. Her life and work were always guided by the sure hand of Providence, in which she had complete confidence. She understood that she must spend herself in God’s service, seeking always his will. Despite initial difficulties and misunderstandings, and subsequent crosses and afflictions, she felt deeply that God had blessed her Congregation of the Sisters of Providence, giving it growth and forging a union of hearts among its members. In the Congregation’s schools and orphanages, Mother Theodore’s witness led many young boys and girls to know the loving care of God in their lives.

Today she continues to teach Christians to abandon themselves to the providence of our Heavenly Father and to be totally committed to doing what pleases him. The life of Blessed Theodore Guerin is a testimony that everything is possible with God and for God. May her spiritual daughters and all who have experienced her charism live the same spirit today.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle, convenuti da varie parti del mondo per questa festosa Celebrazione, vi saluto cordialmente e vi ringrazio per la vostra presenza!

La testimonianza offerta dai nuovi Beati sia per noi un incoraggiamento a proseguire con generosità sulla strada del Vangelo. Guardando a loro che hanno trovato grazia presso Dio per la loro umile sottomissione alla sua volontà, possa il nostro spirito sentirsi sospinto a seguire il Vangelo con paziente e costante generosità.

"Chi venera Dio sarà accolto con benedizione e la sua preghiera giungerà fino alle nubi" (Si 35,16). Ecco la grande lezione che questi nostri fratelli ci offrono: onorare, amare e servire Iddio con tutta la vita, consapevoli sempre che "chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 18,14).

Apra Iddio a tutti con larghezza i tesori della sua misericordia: Egli, che "ascolta proprio la preghiera dell'oppresso" (Si 35,13); che "è vicino a chi ha il cuore ferito" (Ps 33,19); che salva i poveri "da tutte le loro angosce" (Ps 33,18); che rende soddisfazione ai giusti e ristabilisce l'equità (cfr Si 35,18).

La Vergine Maria, Regina di tutti i Santi, ottenga per noi e per ogni credente il dono dell'umiltà e della fedeltà, perché la nostra preghiera sia sempre autentica e gradita al Signore.

Amen.



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA


DI S. MARIA DEL ROSARIO DI POMPEI ALLA MAGLIANA




Domenica, 8 novembre 1998




1. "Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui" (Lc 20,38).

Ad una settimana di distanza dalla solennità di Tutti i Santi e dalla Commemorazione dei fedeli defunti, la Liturgia di questa domenica ci invita ancora a riflettere sul mistero della risurrezione dei morti. Questo annuncio cristiano non risponde in maniera generica all'aspirazione dell'uomo verso una vita senza fine; è, al contrario, annuncio di una speranza certa, perché fondata, come ricorda il Vangelo, sulla stessa fedeltà di Dio. Egli, infatti, è il "Dio dei vivi" e comunica a quanti in lui confidano quella vita divina che egli possiede in pienezza. Egli, che è il "vivente", è la fonte della vita.

Già nell'Antico Testamento era venuta progressivamente maturando la speranza nella risurrezione dai morti. Ne abbiamo ascoltato un'eloquente testimonianza nella prima Lettura, dove viene narrato il martirio dei sette fratelli al tempo della persecuzione scatenata dal re Antioco Epifane contro i Maccabei e quanti si opponevano all'introduzione dei costumi e dei culti pagani all'interno del popolo giudaico.

Questi sette fratelli affrontarono le sofferenze ed il martirio, sostenuti dall'esortazione della loro eroica madre e dalla fede nella ricompensa divina riservata ai giusti. Come afferma uno di loro ridotto ormai in fin di vita: "E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati" (2M 7,14).

2. Queste parole, risuonate oggi nella nostra assemblea, richiamano alla mente l'esempio di altri martiri della fede che, non lontano da questo luogo, hanno offerto la vita per la causa di Cristo. Penso ai giovani fratelli Simplicio e Faustino, uccisi durante la persecuzione di Diocleziano, ed alla loro sorella Viatrice (Beatrice), anch'essa morta martire. I loro corpi sono sepolti, com'è noto, nelle vicine Catacombe di Generosa, a voi molto care.

La coraggiosa testimonianza di questi giovani Martiri, ancora oggi ricordati e celebrati con il nome di Santi Martiri Portuensi, deve costituire per la vostra Comunità un pressante invito ad annunciare con forza e perseveranza la morte e la risurrezione di Cristo in ogni momento e dappertutto.

Il loro esempio animi il vostro slancio apostolico, soprattutto durante questo anno pastorale in cui la Missione cittadina si rivolge in modo speciale agli ambienti di vita e di lavoro. Sono proprio questi, infatti, i contesti sociali in cui, non di rado, i cristiani rischiano di trovarsi chiusi nell'anonimato ed hanno, pertanto, maggiore difficoltà nel proporre un'incisiva testimonianza evangelica.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di Santa Maria del Rosario di Pompei alla Magliana! Sono lieto di celebrare insieme con voi il Giorno del Signore e di rendere visita alla vostra vivace Comunità cristiana. Da quando la Provvidenza divina mi ha chiamato, vent'anni or sono, alla Cattedra di Pietro, dedico alcune domeniche dell'anno a questo servizio pastorale, che rappresenta un impegno primario per ogni Pastore diocesano.

Ringrazio Dio per il dono che mi ha fatto di poter incontrare, in questi venti anni, duecento settantacinque comunità parrocchiali con i loro Sacerdoti, Religiosi e Religiose, ed i loro movimenti ed associazioni ecclesiali. E' mio vivo desiderio di poter completare, a Dio piacendo, la visita pastorale a tutte le Parrocchie, poiché, come ho sottolineato nel mio primo incontro col Clero romano, sono "profondamente consapevole di essere diventato Papa della Chiesa universale, perché Vescovo di Roma" (Insegnamenti, I [1978], p. 113).

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, vi abbraccio tutti nel Signore. Saluto in particolare il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, Mons. Vincenzo Apicella, il vostro giovane Parroco Don Gerard McCarthy. Si vede che è di origine irlandese, come tanti prima di lui che sono venuti come missionari dall’Irlanda nel Continente, anche se non in Italia, ma nel resto del Continente certamente, in Germania e in altri Paesi dell’Europa centrale. Io lo saluto e vedo che anche voi lo salutate cordialmente. Saluto anche tutti i Presbiteri della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, che collaborano con lui nella guida della comunità. Saluto naturalmente anche il loro superiore, Mons. Camisasca.

Un grato pensiero va ai cari Frati Minori Cappuccini della Provincia d'Abruzzo, che hanno retto la Parrocchia dal 1965 fino al 1997, incontrando costante simpatia e sostegno da parte della popolazione. Il Signore li ricompensi per il bene compiuto durante questi anni di generoso servizio pastorale e conceda loro il dono di numerose e sante vocazioni a vantaggio della famiglia religiosa cappuccina e per il bene dell'intera comunità cristiana.

Rivolgo un cordiale saluto anche alle Suore Oblate al Divino Amore ed alle Missionarie della Carità, che rendono presente il dono della vita religiosa in questa porzione della Diocesi. Mi rivolgo, infine, con affetto a tutti voi, carissimi fedeli, con un pensiero speciale ai catechisti, ai numerosi ragazzi che stanno preparandosi ai sacramenti della prima Comunione e della Cresima, ed ai tanti aderenti ai gruppi parrocchiali che, con i loro doni e la loro vivacità, contribuiscono ad animare l'intero popolo di Dio.

5. So che all'interno della vostra Parrocchia convivono due diversi insediamenti urbani: uno più antico, sorto intorno alla chiesa di Santa Maria del Rosario di Pompei, ed uno di più recente costituzione, che gravita attorno alla chiesa dei Santi Martiri Portuensi. Questi due poli sono caratterizzati anche da una certa differenziazione sociale. Nel primo, infatti, sono residenti soprattutto famiglie di più lunga formazione o di anziani, mentre nel secondo si trovano nuclei familiari di più giovani, con la presenza di un numero rilevante di bambini e adolescenti. Questa diversità non costituisca per voi una difficoltà ma, anzi, sia una preziosa opportunità per far crescere in tutti un maggiore senso di comunità e di condivisione.

Vivendo nell'unità i doni che ciascuno possiede, e mettendoli con generosità a servizio gli uni degli altri, raggiungerete quella piena comunione dei cuori, che rende più efficace l'annuncio del Vangelo della carità.

Nel territorio della Parrocchia sono, inoltre, presenti varie realtà sociali: sei scuole, due case di cura, due ospedali, alcune sedi di società, industrie, imprese commerciali e d'artigianato. E' vostro compito apostolico far penetrare in tutti questi ambienti di vita e di attività produttiva la Parola divina della salvezza. Fate in modo che essa giunga esplicita ed adeguata, corrispondente il più possibile alle attese ed alle esigenze delle persone e dei gruppi sociali qui residenti. A tutti ed a ciascuno recate il conforto dell'amore misericordioso del Signore.

6. "Il Signore diriga i vostri cuori nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo" (2Th 3,5).

Faccio mie queste parole dell'apostolo Paolo, che desidero lasciarvi come ricordo ed augurio in occasione di questa Visita. L'amore di Dio, rivelatoci in pienezza nella passione, morte e risurrezione di Cristo, è fonte ispiratrice e luce che illumina ogni impegno missionario. Vi sostenga la forza d'amore dello Spirito e vi aiuti a confessare coraggiosamente il nome di Gesù, senza mai vergognarvi della Croce.

Sia dinanzi a voi l'esempio dei santi Martiri Portuensi e vi assista la materna protezione della Madonna del Rosario, speciale Patrona del vostro quartiere.

Santa Maria del Rosario di Pompei, prega per noi. Amen!



SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E VESCOVI


DEFUNTI NEL CORSO DELL’ANNO




Martedì, 10 novembre 1998




1. "La nostra patria è nei cieli" (Ph 3,20).

Le parole dell'apostolo Paolo ci invitano ad elevare le nostre menti e i nostri cuori verso il Cielo, la vera patria dei figli di Dio. Ad essa ci hanno orientato, nei giorni scorsi, le celebrazioni liturgiche della solennità di Tutti i Santi e della Commemorazione di tutti i fedeli defunti. E' in questo clima spirituale che ci ritroviamo nella Basilica di San Pietro per offrire il Sacrificio eucaristico in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi, partiti da questo mondo per raggiungere la patria celeste nel corso dell'ultimo anno.

Mi è caro, in questo momento, ricordare in particolare i venerati Cardinali che ci hanno lasciato: Laurean Rugambwa, Eduardo Francisco Pironio, Antonio Quarracino, Jean Balland, Antonio Ribeiro, Alberto Bovone, John Joseph Carberry, Agostino Casaroli, Anastasio Ballestrero ed Alois Grillmeier.

Ad essi, come pure ai compianti Arcivescovi e Vescovi, ben si addicono le espressioni del Salmista: "Io spero nel Signore. L'anima mia spera nella sua parola" (Ps 129,5). Questi nostri Fratelli sono stati come "sentinelle" nella Chiesa, vegliando giorno e notte sul gregge di Cristo. La loro azione apostolica era fondata sulla fede, e la loro attenta vigilanza fissava lo sguardo ben oltre i confini terreni, perché le loro anime hanno atteso il Signore più che le sentinelle l'aurora (cfr Ps 129,6).

2. Mentre sta per concludersi l'anno che, in preparazione al Grande Giubileo, ho voluto dedicato in modo speciale allo Spirito Santo, abbiamo ascoltato il celebre oracolo del profeta Ezechiele, nel quale, con straordinaria potenza espressiva, lo Spirito di Dio appare come il protagonista della risurrezione del popolo d'Israele, reso inerte e quasi senza vita dalla sfiducia. Il profeta è invitato da Dio a rivolgere la sua parola non solo alle ossa aride - metafora della "gente d'Israele" (Ez 37,11) -, ma addirittura allo Spirito stesso, con un'epiclesi singolare e quanto mai ardita: "Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano" (Ez 37,9).

Quante volte i nostri Fratelli che oggi commemoriamo, nella loro vita e nell'esercizio del loro ministero, hanno invocato il divino Paraclito: Veni Sancte Spiritus, Veni creator Spiritus! Quante volte hanno "profetizzato allo Spirito", perché infondesse la grazia vivificante nel Popolo di Dio! Del resto, non è forse la missione del ministro ordinato, ed in misura piena quella del Vescovo, quasi una grande epiclesi, che trova il suo culmine nella celebrazione dei Sacramenti, specialmente dell'Eucaristia, della Confermazione e dell'Ordine?

Ad immagine di Cristo, ogni Pastore nella Chiesa è chiamato a farsi strumento attivo dell'azione dello Spirito Santo, che procede dal Padre per illuminare, confortare, risanare, risuscitare.

Affidiamo allo Spirito Creatore questi suoi fedeli ministri, perché infonda in essi la pienezza della vita nell'incontro con Cristo in Paradiso.

3. Nel Vangelo abbiamo riascoltato il racconto della morte di Cristo, secondo la redazione dell'evangelista Giovanni. Questa impressionante pagina evangelica ci permette di immergerci con la nostra meditazione nelle profondità di Dio, che solo il Verbo incarnato, pieno di grazia e di verità, ha potuto dischiudere. Quando contempliamo l'icona giovannea della crocifissione e ci soffermiamo su quell'ultima parola "spirò" (Jn 19,30), noi comprendiamo, nella luce della fede, che proprio lì, nell'estremo donarsi del Figlio di Dio, il Padre ha effuso in pienezza sul mondo lo Spirito Santo.

Il Buon Pastore, venuto perché gli uomini "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10), porta a compimento la sua missione nel momento in cui, inchiodato alla croce, impotente ormai a compiere alcun gesto se non l'estrema offerta di se stesso, "rimette lo spirito", e in tale atto supremo effonde lo Spirito Santo, per la salvezza del mondo.

E' questa la via per ogni cristiano, anzi, per ogni uomo: realizzarsi nel dono di sé. Ma questa è, in modo particolare, la via per coloro che uno speciale dono di grazia nella Chiesa ha configurato a Cristo Buon Pastore, il quale "offre la vita per le sue pecore" (Jn 10,11). E come Cristo, dopo aver conosciuto l'estrema debolezza, è stato risuscitato con il suo corpo per la potenza dello Spirito Santo, così il medesimo Spirito risusciterà a vita nuova ed eterna quanti hanno dedicato la loro esistenza generosamente per il Vangelo.

4. "Ecco la tua madre!" (Jn 19,27).

Con queste ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce, rivolte all'apostolo Giovanni, vogliamo concludere questa nostra meditazione. I venerati Fratelli Cardinali e Vescovi, che oggi affidiamo alla divina bontà, "hanno preso Maria nella loro casa" (Jn 19,27). Preghiamo perché Ella, Mater misericordiae, li accolga, con tutti i Santi, nella casa del Padre.

Amen.



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN MATTEO




Domenica, 15 novembre 1998




1. "Vegliate e state pronti, perché non sapete in quale giorno verrà il Signore" (cfr Mt 24,42 Mt 24,44).

Queste parole tratte dal Canto al Vangelo ci aiutano a comprendere meglio il significato del tempo liturgico che stiamo vivendo. Ci stiamo ormai avvicinando alla conclusione dell'anno liturgico, e la Chiesa ci invita a considerare gli eventi ultimi della vita e della storia.

Le Letture bibliche, che abbiamo poc'anzi ascoltato, presentano l'attesa del ritorno di Cristo attraverso le vivaci espressioni del profeta Malachia, che descrive il "giorno del Signore" (Ml 4,1) come un improvviso e determinante intervento di Dio nella storia. Il Signore vincerà definitivamente il male e ristabilirà la giustizia, punendo i malvagi e portando con sé il premio per i giusti.

Nella prospettiva finale del mondo, risulta quanto mai pressante l'invito, proclamato nel Canto al Vangelo, a tenersi pronti. Il cristiano è chiamato a vivere nella prospettiva dell'incontro col Cristo, costantemente consapevole di dover contribuire ogni giorno, col proprio impegno personale, alla graduale instaurazione del Regno divino.

2. "Chi non vuol lavorare neppure mangi" (2Th 3,10).

Quest'invito dell'apostolo Paolo alla Comunità di Tessalonica mette in luce come l'attesa del "giorno del Signore" e l'intervento finale di Dio non comportino per il cristiano una fuga dal mondo o un atteggiamento passivo nei confronti dei problemi quotidiani.

Al contrario, la Parola rivelata offre fondamento alla certezza che le vicende umane, pur sottoposte a pressioni ed a sconvolgimenti a volte anche tragici, rimangono saldamente nelle mani di Dio.

In tal modo, l'attesa del "giorno del Signore" conduce i credenti a lavorare con maggiore lena per il progresso integrale dell'umanità. Allo stesso tempo, ispira in essi un atteggiamento di prudente vigilanza e di sano realismo, vivendo, giorno dopo giorno, nella speranza dell'incontro definitivo col Signore.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di San Matteo a Morena! Proseguendo le Visite pastorali alle Parrocchie romane, la Provvidenza di Dio mi ha condotto oggi fin qui, al confine della Diocesi di Roma con quella di Frascati. Da un punto di vista geografico, la vostra Parrocchia è situata in una zona lontana dalla casa del Papa, tuttavia non lo è dal punto di vista dell'affetto e della comunione ecclesiale. Essa, come del resto ogni Comunità parrocchiale, mi è tanto vicina ed è per me una grande gioia incontrarvi in questa felice circostanza.

Vi saluto tutti con viva cordialità! In primo luogo, saluto il Cardinale Vicario, insieme con Mons. Vicegerente, il quale segue direttamente la pastorale del Settore Est della Diocesi a cui appartiene questa Comunità. Saluto poi il vostro Parroco, Padre Pedro Martinez Pedromingo, ed i Sacerdoti suoi collaboratori appartenenti ai Missionari Identes. Ad essi va il mio cordiale ringraziamento per il generoso ministero che da cinque anni svolgono in questa Parrocchia.

Un particolare pensiero rivolgo alle Ancelle Parrocchiali dello Spirito Santo, che con la loro presenza, testimonianza ed aiuto pastorale, costituiscono una componente preziosa della vostra Comunità. Saluto poi i membri dei numerosi gruppi parrocchiali e tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nell'opera di evangelizzazione della zona. A tale proposito, non posso non riservare una particolare menzione ai missionari della vostra Parrocchia, impegnati nella Missione cittadina sul territorio.

A proposito della Missione cittadina, domenica 29 novembre, nella Basilica Vaticana, nel corso della Celebrazione eucaristica di apertura del terzo anno di preparazione al Grande Giubileo del Duemila, a Dio piacendo avrò la gioia di conferire il mandato ai missionari ed alle missionarie della Diocesi, perché si rechino ad annunciare il Vangelo negli ambienti di vita e di lavoro della Città. In tale significativa celebrazione, durante la quale sarà promulgata la Bolla di indizione dell'Anno Santo, avrò l'opportunità di consegnare loro il Crocifisso, che porteranno in ciascuno di questi luoghi.

L'annuncio dell'amore di Dio Padre, manifestatosi pienamente nella morte e risurrezione di Cristo, non ha confini di spazio e di tempo. Con la Missione cittadina, esso deve risuonare in ogni angolo della Diocesi, perché il Vangelo è destinato a tutti gli uomini, è messaggio di salvezza da proclamare sempre e dappertutto.

4. Come ho scritto nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, nel terzo anno di preparazione immediata al Giubileo del 2000, "ricordando che Gesù è venuto ad 'evangelizzare i poveri' (Mt 11,5 Lc 7,22)", occorrerà "sottolineare più decisamente l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli emarginati" (n. 51). Mi compiaccio, pertanto, con voi, cari parrocchiani, perché volete creare, soprattutto a partire da questo anno, un volontariato che risponda in modo sempre più adeguato alle necessità dei meno fortunati che vivono nel vostro quartiere. Mi riferisco specialmente agli anziani, alle famiglie che hanno perduto la gioia del vivere unite, ai ragazzi ed ai giovani che non hanno spazi sufficienti ed adeguati per il tempo libero.

A proposito dei giovani, non posso non pensare alla Giornata Mondiale della Gioventù, che la Diocesi di Roma ospiterà nel mese di agosto dell'anno Duemila. Sono certo che costituirà per voi, come per ogni altra Parrocchia, l'occasione propizia per rinvigorire la pastorale giovanile e per far crescere l'attenzione dell'intera Comunità diocesana verso le giovani generazioni. Auspico fin d'ora che tutte le Parrocchie, gli Istituti religiosi, le Scuole cattoliche, le altre strutture ecclesiali e le famiglie si impegnino ad accogliere i tanti giovani che converranno a Roma per quella significativa circostanza.

5. "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime" (Lc 21,19).

Queste sono le parole conclusive dell'odierno brano evangelico. Esse inquadrano la prospettiva della fine del mondo e del giudizio finale in un contesto di fiduciosa attesa e di speranza cristiana. I discepoli di Cristo sanno per fede che il mondo e la storia provengono da Dio ed a Dio sono destinati. Si fonda su questa consapevolezza la perseveranza cristiana, che conduce i credenti ad affrontare con ottimismo le inevitabili difficoltà e fatiche del vivere quotidiano.

Con lo sguardo volto verso questa meta definitiva, facciamo nostre le parole del Salmo responsoriale: "Vieni, Signore a giudicare il mondo". Sì, vieni, Signore Gesù, ad instaurare nel mondo il Regno! Regno del Padre tuo e Padre nostro; Regno di vita e di salvezza; Regno di giustizia, di amore e di pace.

Amen!


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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


22 Novembre 1998, Solennità di Cristo Re



1. "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei". Questa la scritta che avevano posto sulla croce. Poco prima della morte di Cristo, uno dei due condannati, crocifissi insieme con lui, gli disse: "Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Quale regno? L'oggetto della sua richiesta non era, certo, un regno terreno, ma un altro regno.

Il buon ladrone parla come se avesse udito il colloquio intervenuto in precedenza tra Pilato e Cristo. Era, infatti, davanti a Pilato che a Gesù era stata rivolta l'accusa di volersi fare re. Pilato lo aveva interrogato a questo proposito: "Tu sei il re dei Giudei?" (Jn 18,33). Cristo non aveva negato; aveva spiegato: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù" (Jn 18,36). Alla rinnovata domanda di Pilato se egli fosse re, Gesù aveva risposto direttamente: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37).

2. L'odierna liturgia fa riferimento al regno terreno di Israele, ricordando l'unzione regale di Davide. Sì, Dio che aveva scelto Israele, gli aveva inviato non soltanto i profeti ma anche i re, quando il popolo eletto aveva preteso di avere un sovrano terreno. Tra tutti i re che, in seguito, sedettero sul trono d'Israele, il più grande fu Davide. Se la prima Lettura di questa celebrazione si riferisce a quel regno, lo fa per ricordare che Gesù di Nazaret proveniva dalla stirpe del re Davide, ma al tempo stesso, e soprattutto, per sottolineare il fatto che il carattere regale, proprio di Cristo, si pone su un altro piano.

Sono significative le parole che Maria ode nell'annunciazione: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33). Questo, dunque, non è soltanto il regno terreno di Davide, che ebbe fine. E' il regno di Cristo, che non conosce termine, il regno eterno, il regno della verità, dell'amore e della vita eterna.

Il buon ladrone crocifisso insieme a Gesù arrivò, in qualche modo, al nocciolo di questa verità. In un certo senso egli divenne, anzi, profeta di questo regno eterno, quando, appeso alla croce, disse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42). Cristo gli rispose: "... oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23,43).

3. Verso questo regno, che non è di quaggiù, Gesù ci ha invitato a guardare, quando ci ha insegnato ad invocare "Venga il tuo regno". Obbedendo al suo comando, gli apostoli, i discepoli, i missionari di tutti i tempi hanno speso le migliori energie per allargare, mediante l'evangelizzazione, i confini di questo regno. Esso, infatti, è dono del Padre (cfr Lc 12,32), ma è anche frutto della personale corrispondenza dell'uomo. Nella "nuova creazione" noi potremo entrare nel regno del Padre solo dopo aver seguito il Signore nel pellegrinaggio terreno (cfr Mt 19,28).

Questo è, pertanto, il programma di ogni cristiano: seguire il Signore, Via, Verità e Vita, per possedere il regno da lui promesso e dato. Con questa solenne Concelebrazione eucaristica, stiamo oggi inaugurando l'Assemblea Speciale per l'Oceania del Sinodo dei Vescovi, che ha come tema: "Gesù Cristo e i popoli dell'Oceania: seguire la sua via, proclamare la sua verità, vivere la sua vita".

Benvenuti, venerati e cari Confratelli nell'Episcopato che avete la sollecitudine pastorale delle Chiese particolari del Continente oceanico. Insieme con voi, saluto tutti coloro che prenderanno parte ai lavori sinodali e quanti li hanno attivamente preparati. Vorrei, inoltre, inviare un cordiale pensiero alle comunità cristiane ed alle popolazioni dell'Oceania, che sono spiritualmente unite a noi in questo momento.

"Gesù, Verbo Incarnato, è stato inviato dal Padre nel mondo per salvarlo, per proclamare e stabilire il regno di Dio... Il Padre, risuscitandolo, ha fatto di Lui, perfettamente e per sempre, la Via, la Verità, e la Vita per tutti coloro che credono" (Instrumentum laboris, 5). Quella diffusa porzione di Chiesa, che materialmente è disseminata nell'immensità degli spazi oceanici, conosce la Via e sa che in essa troverà la Verità e la Vita: la via del Vangelo, via indicata dai santi e dai martiri che per il Vangelo hanno dato la propria vita (cfr Instrumentum laboris, 4).

4. Nei nostri giorni, mentre la Chiesa universale si accinge a varcare la soglia del terzo millennio dell'era cristiana, i pastori d'Oceania sono raccolti in comunione, uniti al Successore di Pietro, per cercare impulsi nuovi alla sollecitudine pastorale che li spinge ad annunciare il regno di Cristo nella diversità delle culture e delle tradizioni umane, sociali e religiose e nella mirabile molteplicità dei loro popoli.

L'apostolo Paolo, nella seconda Lettura, spiega in che consista il regno di cui Gesù parla. Scrive così ai Colossesi: bisogna rendere grazie a Dio, che "ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati" (1,13-14). Proprio questa remissione dei peccati è diventata l'eredità del buon ladrone sul Calvario. Egli fu il primo a sperimentare che Cristo è Re in quanto Redentore.

In seguito l'Apostolo spiega l'essenza del regno di Cristo: "Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,15-17). Cristo è, dunque, Re prima di tutto come primogenito rispetto ad ogni creatura.

Il testo paolino prosegue: "Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (ibid., 1,18-20). Con queste parole l'Apostolo di nuovo conferma e giustifica quanto aveva rivelato sull'essenza del Regno di Cristo: Cristo è Re come primogenito tra i morti. In altre parole: come Redentore del mondo, Cristo crocifisso e risorto è il Re dell'umanità nuova.

5. "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42).

Sul Calvario Gesù ebbe un compagno di passione piuttosto singolare, un ladro. Per questo sventurato la via della croce divenne, infallibilmente, la via del paradiso (cfr Lc 23,43), la via della verità e della vita, la via del regno. Oggi noi lo ricordiamo come il "buon ladrone". In questa circostanza solenne in cui ci stringiamo intorno all'altare di Cristo per aprire un Sinodo, che ha davanti a sé un intero Continente con i suoi problemi e con le sue speranze, possiamo far nostra la preghiera del "buon ladrone":

"Gesù, ricordati di me, ricordati di noi, ricordati dei popoli, ai quali i pastori qui convenuti donano quotidianamente il pane vivo e vero del tuo Vangelo attraverso spazi sconfinati, per mare e per terra. Mentre preghiamo che il tuo regno venga, noi ci accorgiamo che la tua promessa diventa realtà: dopo averti seguito, veniamo a Te, nel tuo regno, attirati da Te innalzato sulla croce (cfr Jn 12,32); a Te, innalzato sulla storia e al centro di essa, alfa e omega, principio e fine (cfr Ap 22,13), Signore del tempo e dei secoli!

A Te ci rivolgiamo con le parole di un antico inno:

E' per la tua morte dolorosa, Re di eterna gloria,
che hai ottenuto per i popoli la vita eterna,
perciò il mondo intero ti chiama Re degli uomini.
Regna su di noi, Cristo Signore!".

Amen.



GPII Omelie 1996-2005 170