GPII Omelie 1996-2005 190

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA STELLA MARIS


Domenica, 28 febbraio 1999




1. "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!" (Mt 17,5).

L'invito rivolto dal Padre ai discepoli testimoni privilegiati dello straordinario evento della trasfigurazione risuona ancora oggi per noi e per tutta la Chiesa. Come Pietro, Giacomo e Giovanni, noi pure siamo invitati a salire sul Monte Tabor insieme con Gesù, ed a lasciarci affascinare dallo splendore della sua gloria. In questa seconda domenica di quaresima contempliamo Cristo avvolto di luce, in compagnia con gli autorevoli portavoce dell'Antico Testamento, Mosè ed Elia. A Lui rinnoviamo la nostra personale adesione: Egli è il "Figlio prediletto" del Padre.

Ascoltatelo! Questo pressante appello ci spinge ad intensificare il cammino quaresimale. E' invito a lasciare che la luce di Cristo illumini la nostra vita e ci comunichi la forza per annunciare e testimoniare il Vangelo ai fratelli. E' un impegno che, come ben sappiamo, comporta a volte non poche difficoltà e sofferenze. Lo sottolinea pure san Paolo rivolgendosi al fedele discepolo Timoteo: "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo" (2Tm 1,8).

L'esperienza della trasfigurazione di Gesù prepara gli Apostoli ad affrontare i drammatici eventi del Calvario, presentando loro in anticipo quella che sarà la piena e definitiva rivelazione della gloria del Maestro nel Mistero pasquale. Meditando questa pagina evangelica, ci prepariamo a rivivere anche noi gli eventi decisivi della morte e risurrezione del Signore seguendolo sulla via della croce per arrivare alla luce ed alla gloria. Infatti, "solo attraverso la passione possiamo giungere con lui al trionfo della risurrezione" (Prefazio).

2. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di Santa Maria Stella Maris! Sono lieto di essere oggi ospite della vostra bella Comunità, la quale, benché dal punto di vista geografico si trovi lontano dalla casa del Vescovo di Roma, tuttavia è sempre ben vicina al suo cuore di Pastore e sempre presente nelle sue preghiere, insieme con tutte le altre parrocchie romane.

Saluto con affetto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro caro Parroco, Don Francesco Dell'Uomo, i Sacerdoti suoi collaboratori e voi qui presenti. Un particolare pensiero rivolgo a tutti gli abitanti di Ostia.

Il mio saluto va poi ai gruppi che si riuniscono in parrocchia e condividono il cammino di formazione e di catechesi con il fondamentale obiettivo di imparare a vivere sempre più in profondità il Vangelo nel quotidiano. E' dove si studia, si vive, si lavora e si soffre che si sente maggiormente la necessità di testimoniare con gesti concreti il lieto annuncio della salvezza.

3. A voi, cari giovani, va il mio cordiale incoraggiamento a continuare il vostro itinerario spirituale, personale e di gruppo, perché cresciate nella consapevolezza di essere Chiesa. La mia presenza, oggi, vuole essere un invito per tutti, ma specialmente per voi, cari ragazzi e ragazze, ad essere apostoli di Cristo in questa zona, perché il messaggio evangelico sia fermento di autentico progresso e di solidale fraternità.

Cari giovani! Il Papa ha fiducia in voi e vi invita a portare, con lo slancio e la schiettezza che vi caratterizzano, il Vangelo nel nuovo millennio ormai sempre più vicino. La Giornata Mondiale della Gioventù del 2000, che avrà luogo a Roma nell'agosto dell'Anno Santo, veda anche voi, giovani di questa parrocchia, predisposti ad accogliere i vostri coetanei provenienti da svariate Nazioni del mondo. Siate pronti a condividere con i vostri fratelli e sorelle nella vita di ogni giorno a scuola, nei luoghi di incontro e di sano divertimento, l'unica fede in Cristo Redentore dell'uomo e la gioia di essere uniti nell'abbraccio della stessa Chiesa, fondata sulla testimonianza degli apostoli Pietro e Paolo. Sentitevi "missionari" di fedeltà e di speranza in questa Chiesa che è la vostra, all'interno della quale ciascuno ha una propria missione da svolgere.

4. Carissimi Parrocchiani di Santa Maria Stella Maris, so che nella vostra Comunità viene riservata una singolare cura alla celebrazione del sacramento della Penitenza o Confessione. Mi compiaccio di questo e ne ringrazio il Signore. In questo "tempo forte" della Quaresima, reso ancora più intenso dalla coincidenza con l'anno dedicato alla riflessione su Dio Padre, rinnovo cordialmente l'esortazione ad accostarsi con fiducia a questo Sacramento di spirituale guarigione. Esso rende attuale per ciascuno in modo sacramentale l'appello di Gesù alla conversione ed il cammino di ritorno al Padre, dal quale l'uomo si allontana con il peccato. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, questo Sacramento è orientato a consacrare il cammino personale ed ecclesiale di pentimento e di conversione del cristiano peccatore (cfr n. 1423).

Affinché il sacramento della Penitenza sia celebrato nella verità, è necessario però che la confessione dei peccati nasca da un confronto serio e attento con la Parola di Dio e con un contatto vivo con la persona di Cristo. A tal fine, si richiede una appropriata catechesi che, come ricorda il Catechismo, ha lo scopo di mettere in comunione con Gesù, il quale soltanto può condurci all'amore del Padre, nello Spirito Santo, introducendoci nella vita stessa della Santa Trinità (cfr n. 426).

5. O Dio, "che hai dato a noi la gioia di camminare alla luce del Vangelo, aprici all'ascolto del tuo Figlio" (Colletta). Così abbiamo pregato all'inizio della nostra celebrazione eucaristica. L'attività pastorale è interamente finalizzata a quest'apertura dello spirito, perché il credente ascolti la parola del Signore ed accolga docilmente la sua volontà. Ascoltare realmente Iddio è essergli ubbidienti. Da qui scaturisce il vigore apostolico indispensabile per evangelizzare: solo chi conosce profondamente il Signore e si converte al suo amore potrà diventarne araldo e testimone coraggioso in ogni circostanza.

Non è proprio dal conoscere Cristo, la sua persona, il suo amore e la sua verità, che scaturisce in quanti ne fanno personale esperienza un irresistibile desiderio di annunziarlo a tutti, di evangelizzare e di condurre anche gli altri alla scoperta della fede? Auguro di cuore a ciascuno di voi di lasciarvi animare sempre più da questo anelito verso Cristo, sorgente di autentico spirito missionario.

6. "Abramo partì, come gli aveva ordinato il Signore" (Gn 12,4).

Esempio e modello del credente, Abramo si fida di Dio. Chiamato da Jahvé, egli lascia la propria terra, con tutte le sicurezze che comporta, sorretto soltanto dalla fede e dall'ubbidienza fiduciosa al suo Signore. Iddio esige da lui il "rischio" della fede, ed egli ubbidisce, divenendo così nella fede padre di tutti i credenti.

Come Abramo, anche noi vogliamo proseguire il nostro cammino quaresimale, rinunciando alle nostre sicurezze ed abbandonandoci alla volontà divina. Ci anima la certezza che il Signore è fedele alle sue promesse, nonostante la nostra debolezza ed i nostri peccati.

Con spirito autenticamente penitenziale, facciamo nostre le parole del Salmo responsoriale: "L'anima nostra attende il Signore... Signore sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo".

Vergine, Stella dell'evangelizzazione, aiutaci ad accogliere le parole del tuo Figlio, per annunciarle con generosità e coerenza ai nostri fratelli. Maria, Stella Maris, proteggi questa Comunità parrocchiale, gli abitanti di Ostia e l'intera Diocesi di Roma!

Amen!


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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA

PER LA PROCLAMAZIONE DI DIECI NUOVI BEATI


Basilica di San Pietro - Domenica, 7 marzo 1999

1. "Chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete" (Jn 4,14).

Nell'odierna domenica, terza di Quaresima, l'incontro di Gesù con la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe costituisce una straordinaria catechesi sulla fede. Ai catecumeni che si preparano a ricevere il Battesimo, ed a tutti i credenti incamminati verso la Pasqua, il Vangelo mostra quest'oggi l'"acqua viva" dello Spirito Santo, che rigenera l'uomo interiormente, facendolo rinascere "dall'alto" a vita nuova.

L'esistenza umana è un "esodo" dalla schiavitù alla terra promessa, dalla morte alla vita. In questo cammino sperimentiamo a volte l'aridità e la fatica dell'esistenza: la miseria, la solitudine, la perdita di significato e di speranza, al punto che può succedere anche a noi, come agli Ebrei in cammino, di chiederci: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no?" (Ex 17,7).

Anche quella donna di Samaria, così provata dalla vita, avrà pensato tante volte: "Dov'è il Signore?". Finché un giorno incontra un Uomo che rivela a lei, donna e per di più samaritana, vale a dire doppiamente disprezzata, tutta la verità. In un semplice dialogo Egli le offre il dono di Dio: lo Spirito Santo, sorgente di acqua viva per la vita eterna. Le manifesta se stesso come il Messia atteso e le annuncia il Padre, che vuol essere adorato in spirito e verità.

2. I santi sono i "veri adoratori del Padre": uomini e donne che, come la samaritana, hanno incontrato Cristo ed hanno scoperto, grazie a Lui, il senso della vita. Essi hanno sperimentato in prima persona quello che dice l'apostolo Paolo nella seconda Lettura: "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).

Anche nei nuovi Beati la grazia del Battesimo ha portato la pienezza del suo frutto. Essi si sono a tal punto abbeverati alla fonte dell'amore di Cristo, da esserne intimamente trasformati e da divenire a loro volta sorgenti traboccanti per la sete di tanti fratelli e sorelle incontrati lungo la strada della vita.

3. «Hemos recibido la justificación por la fe, estamos en paz con Dios [. . .] y nos gloriamos apoyados en la esperanza de los hijos de Dios» (Rm 5,1-2). Hoy la Iglesia, al proclamar beatos a los mártires de Motril, pone en sus labios estas palabras de San Pablo. En efecto, Vicente Soler y sus seis compañeros agustinos recoletos y Manuel Martín, sacerdote diocesano, obtuvieron por el testimonio heroico de su fe el acceso a la "gloria de los hijos de Dios". Ellos no murieron por una ideología, sino que entregaron libremente su vida por Alguien que ya había muerto antes por ellos. Así devolvieron a Cristo el don que de él habían recibido.

Por la fe, estos sencillos hombres de paz, alejados del debate político, trabajaron durante años en territorios de misión, sufrieron multitud de penalidades en Filipinas, regaron con su sudor los campos de Brasil, Argentina y Venezuela, fundaron obras sociales y educativas en Motril y en otras partes de España. Por la fe, llegado el momento supremo del martirio, afrontaron la muerte con ánimo sereno, confor tando a los demás condenados y perdonando a sus verdugos. ¿Cómo es posible esto? -nos preguntamos-, y San Agustín nos responde: «Porque el que reina en el cielo regía la mente y la lengua de sus mártires, y por medio de ellos en la tierra vencía» (Sermón 329, 1-2).

¡Dichosos vosotros, mártires de Cristo! Que todos se alegren por el honor tributado a estos testigos de la fe. Dios los ayudó en sus tribulaciones y les dio la corona de la victoria. ¡Ojalá que ellos ayuden a quienes hoy trabajan en España y en el mundo en favor de la reconciliación y de la paz!

4. Le peuple qui campait dans le désert avait soif, comme nous le rappelle la première lecture, tirée du livre de l’Exode (cfr 17, 3). Le spectacle du peuple spirituellement assoiffé était aussi sous les yeux de Nicolas Barré, de l’Ordre des Minimes. Son ministère le mettait continuellement en contact avec des personnes qui, vivant dans le désert de l’ignorance religieuse, risquaient de s’abreuver à la source corrompue de certaines idées de leur temps. C’est pourquoi il ressentit le devoir de devenir un maître spirituel et un éducateur pour ceux qu’il rejoignait par son action pastorale. Pour élargir son rayon d’action, il fonda une nouvelle famille religieuse, les Soeurs de l’Enfant-Jésus, avec le devoir d’évangéliser et d’éduquer la jeunesse délaissée, afin de lui révéler l’amour de Dieu, de lui communiquer en plénitude la Vie divine et de contribuer à l’édification des personnes.

Le nouveau Bienheureux ne cessa d’enraciner sa mission dans la contemplation du mystère de l’Incarnation, car Dieu étanche la soif de ceux qui vivent en intimité avec Lui. Il a montré qu’une action faite pour Dieu ne peut qu’unir à Dieu et que la sanctification passe aussi par l’apostolat. Nicolas Barré invite chacun à faire confiance à l’Esprit Saint, qui guide son peuple sur le chemin de l’abandon à Dieu, du désintéressement, de l’humilité, de la persévérance jusque dans les épreuves les plus rudes. Une telle attitude ouvre à la joie du cheminement vers l'expérience de l'action puissante du Dieu vivant.

5. Wenn wir schließlich unseren Blick auf die selige Anna Schäffer richten, dann lesen wir ihr Leben gleichsam als lebendigen Kommentar dessen, was der heilige Paulus an die Römer geschrieben hat: "Die Hoffnung läßt nicht zugrunde gehen. Denn die Liebe Gottes ist ausgegossen in unsere Herzen durch den Heiligen Geist, der uns gegeben ist" (5, 5).

Je mehr ihr Lebensweg zum Leidensweg wurde, umso stärker wuchs in ihr die Erkenntnis, daß Krankheit und Schwäche die Zeilen sein können, auf denen Gott sein Evangelium schreibt. Ihr Krankenzimmer nennt sie eine "Leidenswerkstatt", um dem Kreuz Christi immer gleichförmiger zu werden. Sie spricht von drei Himmelsschlüsseln, die Gott ihr gegeben habe: "Der größte davon ist aus rohem Eisen und schwer von Gewicht, das ist mein Leiden. Der zweite ist die Nadel und der dritte der Federhalter. Mit all diesen Schlüsseln will ich täglich fest arbeiten, um das Himmelstor öffnen zu können".

Gerade im größten Schmerz wird Anna Schäffer die Verantwortung bewußt, die jeder Christ für das Heil seiner Mitmenschen hat. Dazu gebraucht sie den Federhalter. Ihr Krankenbett wird die Wiege eines weit gespannten Briefapostolats. Was ihr an Kraft bleibt, verwendet sie für die Anfertigung von Stickereien, um damit anderen eine Freude zu bereiten. Ob auf den Briefen oder bei der Handarbeit, ihr Lieblingsmotiv ist das Herz Jesu als Symbol der göttlichen Liebe. Dabei fällt auf, daß sie die Flammen aus dem Herzen Jesu nicht als Feuerflammen, sondern als Weizenähren darstellt. Der Bezug zur Eucharistie, die Anna Schäffer täglich von ihrem Pfarrer empfangen hat, ist unverkennbar. Das so gedeutete Herz Jesu ist deshalb das Attribut, das die neue Selige bei sich tragen wird.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle, rendiamo grazie a Dio per il dono di questi nuovi Beati! Essi, malgrado le prove della vita, non hanno indurito il loro cuore, ma hanno ascoltato la voce del Signore, e lo Spirito Santo li ha ricolmati dell'amore di Dio. Hanno potuto così sperimentare che "la speranza non delude" (Rm 5,5). Sono stati come alberi piantati lungo corsi d'acqua, che a tempo opportuno hanno portato frutti abbondanti (cfr Ps 1,3).

Per questo, oggi, ammirando la loro testimonianza, tutta la Chiesa acclama: Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo, tu sei la roccia da cui scaturisce l'acqua viva per la sete dell'umanità!

Dacci sempre, Signore, di quest'acqua, perché conosciamo il Padre e lo adoriamo in Spirito e Verità. Amen!


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN MATTIA APOSTOLO



Domenica, 14 marzo 1999



1. "Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite".

Con questo invito alla gioia, si apre l'odierna Liturgia. Esso dà un tono particolarmente lieto a questa quarta domenica di quaresima, tradizionalmente detta Domenica «Laetare». Sì, dobbiamo rallegrarci poiché l'autentico spirito quaresimale è ricerca della gioia profonda che è frutto dell'amicizia con Dio. Ci rallegriamo perché la Pasqua è ormai vicina e tra non molto celebreremo la nostra liberazione dal male e dal peccato, grazie alla vita nuova portata a noi dal Cristo morto e risorto.

In questo cammino verso la Pasqua, la Liturgia ci esorta a ripercorrere, con coloro che si preparano a ricevere il Battesimo, l'itinerario catecumenale. Domenica scorsa abbiamo meditato sul dono dell'acqua viva dello Spirito (cfr Jn 4,5-42), oggi ci soffermiamo insieme col cieco nato nei pressi della piscina di Siloe, per accogliere Cristo luce del mondo (cfr Jn 9,1-41).

"Il cieco nato andò, si lavò e tornò che ci vedeva" (Jn 9,7). Come lui, dobbiamo lasciarci illuminare da Cristo, rinnovare la fede nel Messia sofferente che si rivela come la luce della nostra esistenza: "Io sono la luce del mondo . . . chi segue me avrà la luce della vita" (Canto al Vangelo; cfr Jn 8,12).

Acqua e luce sono elementi essenziali alla vita. Proprio per questo essi sono elevati da Gesù a segni rivelativi del grande mistero della partecipazione dell'uomo alla vita divina.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di san Mattia Apostolo, sono lieto di trovarmi tra voi in questa Domenica «Laetare». Il mio affettuoso saluto va al Cardinale Vicario, al Vescovo Ausiliare del Settore, al vostro Parroco, Mons. Vincenzo Josia, ai Sacerdoti suoi collaboratori ed a tutti voi, che vivete, pregate e testimoniate il Vangelo in questo quartiere. Un particolare ricordo vorrei riservare oggi al primo amato Parroco di questa Comunità, Mons. Desiderio Pirovano, che, dopo una lunga e sofferta malattia, affrontata con fede e dignità esemplari, il Signore ha chiamato a sé quasi un anno fa.

So che la vostra parrocchia, che conta ormai ben 35 anni, è caratterizzata da una buona partecipazione dei fedeli alla vita sacramentale ed ecclesiale. Me ne compiaccio e con voi ringrazio il Signore per questa ricchezza spirituale e comunitaria, che deve rendervi ancor più impegnati in un'azione missionaria rivolta a quanti ancora non condividono la vostra stessa esperienza spirituale. La Missione cittadina che, a Dio piacendo, concluderemo insieme il 22 maggio prossimo con la solenne Veglia di Pentecoste in Piazza San Pietro, vi è, per questo, di valido aiuto. Occorre che l'impegno missionario prosegua anche dopo, con iniziative appropriate. Anzi, è necessario che coinvolga sempre più in profondità le comunità parrocchiali e l'intera Diocesi, facendo sì che tutti i battezzati siano pronti a rispondere con coraggio alle sfide umane e spirituali del momento presente. In questo contesto, è importante imparare a valorizzare le predisposizioni e le aperture al Vangelo presenti nella società, senza fermarsi alle apparenze, ma guardando al cuore delle situazioni. E' quanto ricorda la prima Lettura attraverso la figura e la missione del profeta Samuele: "L'uomo guarda all'apparenza, il Signore guarda il cuore" (1S 16,9). In ogni persona che s'incontra, anche in chi dichiaratamente si professa non interessato alle realtà dello spirito, è vivo il bisogno di Dio: è compito dei credenti annunciare e testimoniare la verità liberante del Vangelo, offrendo a tutti la luce di Cristo.

3. Carissimi parrocchiani di San Mattia Apostolo! Mi rallegro con voi per l'efficiente organizzazione della vostra Comunità. Mi riferisco, in maniera speciale, alle tante iniziative orientate ai fanciulli ed ai giovani, realizzate attraverso gli itinerari catechistici e le proposte dell'Azione Cattolica Diocesana. Continuate a spendere generosamente tempo ed energie per i bambini, gli adolescenti ed i giovani, che sono la speranza della Chiesa del nuovo millennio. Orientate tutto il lavoro formativo a far loro conoscere sempre meglio Gesù, unico Salvatore del mondo, a far loro sperimentare la misericordia divina e a tradurre quanto appreso attraverso la catechesi e l'esperienza comunitaria di preghiera in una forte testimonianza di vita. L'incontro di giovedì 25 marzo prossimo nell'Aula Paolo VI, in preparazione alla XIV Giornata Mondiale della Gioventù, sia una tappa significativa di questo itinerario di approfondimento religioso. Cari ragazzi e ragazze di questa parrocchia, venite numerosi e predisponete il vostro spirito perché questa manifestazione, divenuta ormai un appuntamento del Papa con i giovani della Diocesi, sia per tutti un'autentica esperienza di fede.

Non è vero forse che oggi più che mai le giovani generazioni hanno un vivissimo desiderio di verità e sono sempre più stanche di inseguire vane illusioni? E' indispensabile proporre loro con forza e con amore il Vangelo ed aiutarli a coniugare la fede con la vita per resistere alle molteplici tentazioni del mondo moderno. Ecco perché come il cieco nato, di cui parla l'odierno brano evangelico, è indispensabile incontrare personalmente Gesù.

4. Entrando questa mattina nella vostra suggestiva chiesa, ho notato come anche la sua struttura architettonica sia stata voluta in modo da favorire il concentrarsi dell'attenzione dei fedeli sul luogo in cui si celebra il Mistero eucaristico. L'Eucaristia, culmine e fonte dell'esistenza cristiana, è Gesù presente fra noi che si fa cibo e bevanda per la nostra salvezza. Una comunità vera, una Chiesa autentica, potrà essere tale soltanto se imparerà a crescere alla scuola dell'Eucaristia e si nutrirà alla mensa della Parola e del Pane di vita eterna. Occorre che tutti impariamo a lasciarci plasmare dal Mistero eucaristico. Il pensiero va, naturalmente, a questo proposito, al Congresso Eucaristico Internazionale, che avrà luogo a Roma dal 18 al 25 giugno del Duemila.

L'Eucaristia, supremo Mistero d'amore, richiama anche l'impegno della solidarietà e della fattiva vicinanza con chi si trova nel bisogno. Desidero incoraggiarvi a fare sempre di più in questo importante settore, sì da essere testimoni credibili dell'amore provvidente di Dio verso ogni umana creatura. Non mancano fra voi persone e famiglie che hanno bisogno di sostegno; non mancano poveri che gravitano attorno alla parrocchia. Accogliere i fratelli in difficoltà, aprire loro le braccia del cuore aiuta a far crescere quel clima di fraternità ed amicizia di cui il mondo ha bisogno. Solo così saremo apostoli autentici di Gesù, che ci ha lasciato come regola di vita il comandamento dell'amore; solo così saremo figli della luce, cioè della Verità e dell'Amore.

5. "Comportatevi come i figli della luce" (Ep 5,8).

Le parole dell'apostolo Paolo, nella seconda Lettura, ci stimolano a percorrere questo cammino di conversione e di rinnovamento spirituale. In forza del Battesimo, i cristiani sono degli "illuminati"; essi hanno già ricevuto la luce di Cristo. Dunque, essi sono chiamati a conformare la loro esistenza al dono di Dio: essere figli della luce! Carissimi Fratelli e Sorelle, il Signore vi apra gli occhi della fede come ha fatto con il cieco nato, affinché impariate a riconoscere il suo volto in quello dei fratelli, specialmente dei più bisognosi.

Maria, che ha offerto Cristo al mondo intero, aiuti anche noi ad accoglierlo nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità ed in tutti gli ambienti di vita e di lavoro della nostra Città.

Amen!


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO IN PANFILO


Domenica, 21 marzo 1999




1. "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno" (Jn 11,25-26 cfr Canto al Vangelo).

Possiamo immaginare la sorpresa che un simile annuncio provocò negli ascoltatori, i quali però poterono constatare poco dopo la verità delle parole di Gesù quando, al suo comando, Lazzaro, già da quattro giorni deposto nel sepolcro, uscì fuori vivo. Una conferma anche più clamorosa della strabiliante affermazione Gesù la darà più tardi quando, con la propria risurrezione, riporterà la vittoria definitiva sul male e sulla morte.

Ciò che molti secoli prima aveva indicato il profeta Ezechiele, rivolgendosi agli israeliti deportati di Babilonia: "Farò entrare in voi il mio Spirito e rivivrete" (Ez 37,14), si farà realtà nel Mistero pasquale e verrà presentato dall'apostolo Paolo come nucleo fondamentale della nuova vita dei credenti: "Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi" (Rm 8,9).

Non consiste proprio in questo l'attualità del messaggio evangelico? In una società, in cui emergono segni di morte, ma s'avverte al tempo stesso un profondo bisogno di speranza di vita, è missione dei cristiani continuare a proclamare Cristo, "risurrezione e vita" dell'uomo. Sì, di fronte ai sintomi di una strisciante "cultura di morte", deve ancora oggi risuonare la grande rivelazione di Gesù: "Io sono la risurrezione e la vita".

2. Carissimi Fratelli e Sorelle di Santa Teresa di Gesù Bambino in Panfilo! Sono lieto di trovarmi quest'oggi tra voi, proseguendo la mia visita pastorale alle parrocchie della nostra Diocesi.

Saluto cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco, Padre Francesco Pacini, ed i religiosi Carmelitani Scalzi che collaborano alla conduzione della Parrocchia. Il mio pensiero va poi alle religiose, ai membri del Consiglio pastorale ed agli aderenti ai vari gruppi parrocchiali, che svolgono un prezioso lavoro nei vari campi della pastorale parrocchiale.

Rivolgo con affetto il mio pensiero a tutte le persone che vivono in questo quartiere. In particolare, mi è caro salutare gli anziani, che so essere numerosi, ma anche i giovani nuclei familiari che si sono di recente trasferiti in questa zona. La parrocchia, che è chiamata ad essere un'autentica "famiglia di famiglie", sia sempre più comunità accogliente verso di loro, così da aiutarli a realizzare la loro vocazione al servizio del Vangelo.

3. Abbiamo celebrato due giorni fa la Solennità di san Giuseppe, Sposo della Vergine Maria, Custode del Redentore e lavoratore. Vorrei, in questo momento, ricordare quanti trascorrono gran parte della giornata lavorando nelle diverse Istituzioni presenti in questo quartiere: il Poligrafico dello Stato, l'E.N.E.L., la Scuola Media Statale "Vittorio Alfieri", nonché i numerosi uffici e le sedi diplomatiche. So che, nell'ambito della Missione cittadina, alla quale anche voi partecipate attivamente e me ne compiaccio, la vostra Comunità parrocchiale si è fatta molto più attenta alle esigenze dei diversi ambienti e cerca di progettare e proporre adeguate iniziative di formazione e di preghiera nei momenti più opportuni per chi è impegnato lungo tutta la giornata in attività produttive.

E' compito dei credenti "essere presenza" attiva ed evangelizzatrice nei luoghi di lavoro. Ritrovandosi in parrocchia per pregare insieme e per crescere nella fede, essi sono chiamati poi a diventare fermento di rinnovamento spirituale là dove operano. E' loro compito farsi apostoli dei loro fratelli, rivolgendo loro l'invito evangelico "vieni e vedi" (cfr Jn 1,46) ed aiutandoli a riscoprire e a vivere con maggiore convinzione i valori cristiani.

A proposito della Missione cittadina, come non affidarne il futuro cammino alla Patrona di questa Parrocchia, santa Teresa di Gesù Bambino, che familiarmente voi chiamate Teresina? Essa visse fortemente la tensione missionaria tra le mura del Carmelo, tanto da essere proclamata Patrona delle Missioni. Insieme con la Missione cittadina, affidiamo a lei anche le "missioni ad gentes" della Diocesi di Roma e tutti i missionari romani, che si sono recati in molte parti del mondo per spargere generosamente il seme evangelico.

4. La vita ed il messaggio spirituale di santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, che ho avuto la gioia di proclamare Dottore della Chiesa il 19 ottobre 1997, è molto eloquente per la Chiesa del nostro tempo. Penso, ad esempio, a quanto può insegnare ai tanti fedeli che, da tutto il mondo, si preparano a venire in pellegrinaggio a Roma, in occasione dell'Anno Santo. Anche Teresa di Lisieux fu pellegrina a Roma nel 1887. Proprio in questa chiesa è conservato, tra le sue reliquie, il velo che ella portava in occasione dell'Udienza pontificia, nella quale chiese ed ottenne dal Papa Leone XIII di poter entrare al Carmelo a soli 15 anni.

La giovane Teresa si entusiasmò nello scoprire Roma, "città santuario", che raccoglie innumerevoli testimonianze di santità e di amore a Cristo. Teresa ha saputo inoltre esprimere e sintetizzare nella sua esperienza mistica il cuore stesso del messaggio connesso al prossimo Giubileo: l'annuncio cioè della misericordia di Dio Padre e l'invito ad affidarci totalmente a lui, che a tutti viene incontro e tutti vuole salvare mediante la Croce di Cristo.

5. Santa Teresa ci ricorda poi l'entusiasmo e la generosità dei giovani. Il suo continuo affidarsi all'amore misericordioso di Dio ha reso la sua giovinezza più lieta e luminosa. Cari giovani di questa parrocchia e giovani dell'intera Diocesi, che avrò la gioia di incontrare in Vaticano giovedì prossimo, vi auguro di raggiungere la semplicità di cuore e la santità della "giovane" Teresa, per sperimentare la sua fiducia nella provvidenza misericordiosa di Dio. Non sono proprio i giovani a sentire in modo accentuato il bisogno di essere accolti, amati e perdonati? A voi, cari ragazzi e ragazze, desidero ancora una volta ricordare che soltanto in Dio possiamo trovare la fonte che placa ogni sete di amore e di verità presente nel nostro cuore. Auspico che possiate sperimentare il fascino di questo amore divino e di viverlo nel vostro quotidiano.

Carissimi parrocchiani, venendo in mezzo a voi mi chiedevo come mai nell'intestazione della vostra parrocchia il nome di santa Teresa di Gesù Bambino è seguito dall'espressione "in Panfilo". E' perché - voi ben lo sapete - sotto l'Altare maggiore si trova la tomba di san Panfilo, martire romano del terzo secolo. Questo venerato sepolcro fa parte di un ampio reticolato di gallerie cimiteriali e di monumenti cristiani di rara bellezza. La testimonianza di san Panfilo e dei numerosi martiri della Chiesa di Roma ci sia di incoraggiamento e di stimolo a testimoniare con coraggio la nostra fedeltà a Cristo.

6. Ripetiamo con l'Evangelista: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo" (Jn 11,27).

Come Marta, la sorella di Lazzaro, anche noi vogliamo quest'oggi rinnovare la nostra fede in Gesù e la nostra amicizia con Lui. Attraverso la sua morte e risurrezione ci viene comunicata la vita piena nello Spirito Santo. E' la vita divina che può trasformare la nostra esistenza in dono d'amore a Dio e ai fratelli.

Santa Teresa di Gesù Bambino e san Panfilo martire ci siano di aiuto con il loro esempio e la loro intercessione, affinché, come abbiamo pregato all'inizio della Celebrazione eucaristica, possiamo "vivere e agire sempre in quella carità che spinse il Figlio di Dio a dare la vita per noi" (Colletta). Amen!



CELEBRAZIONE DELLA XIV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

Basilica Vaticana - Domenica delle Palme, 28 Marzo 1999

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1. «Cristo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce» (
Ph 2,8).

La celebrazione della Settimana Santa inizia con l'«osanna!» di questa Domenica delle Palme e trova il suo momento culminante nel «crucifige!» del Venerdì Santo. Ma questo non è un controsenso; è piuttosto il cuore del mistero che la liturgia vuole proclamare: Gesù si è consegnato volontariamente alla sua passione, non si è trovato schiacciato da forze più grandi di Lui (cfr Jn 10,18). E' Lui stesso che, scrutando la volontà del Padre, ha compreso che era giunta la sua ora e l'ha accolta con l'obbedienza libera del Figlio e con infinito amore per gli uomini.

Gesù ha portato i nostri peccati sulla croce e i nostri peccati hanno portato Gesù sulla croce: Egli è stato schiacciato per le nostre iniquità (cfr Is 53,5). A David che ricercava il responsabile del misfatto raccontatogli da Natan, il profeta rispose: «Tu sei quell'uomo!» (2S 12,7). La stessa cosa la Parola di Dio risponde a noi che ci chiediamo chi ha fatto morire Gesù: «Tu sei quell'uomo!». Il processo e la passione di Gesù, infatti, continuano nel mondo di oggi e sono rinnovati da ogni persona che, abbandonandosi al peccato, non fa che prolungare il grido: «Non costui, ma Barabba! Crucifige!».

2. Guardando Gesù nella sua passione, noi vediamo come in uno specchio le sofferenze dell'umanità nonché le nostre personali vicende. Cristo, pur essendo senza peccato, ha preso su di sé ciò che l'uomo non poteva sopportare: l'ingiustizia, il male, il peccato, l'odio, la sofferenza e, infine, la morte. In Cristo, Figlio dell'uomo umiliato e sofferente, Dio ama tutti, perdona tutti e conferisce il significato ultimo all'umana esistenza.

Siamo qui, questa mattina, per raccogliere questo messaggio da questo Padre che ci ama. Ci possiamo chiedere: che cosa Egli vuole da noi? Vuole che, guardando Gesù, accettiamo di seguirLo nella sua passione per condividere con Lui la resurrezione. Tornano alla mente in questo momento le parole che Gesù disse ai discepoli: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete; il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete» (Mc 10,39); «Se qualcuno vuol venire dietro a me..., prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,24-25).

L'«osanna» e il «crucifige» diventano così la misura di un modo di concepire la vita, la fede e la testimonianza cristiana: non ci si deve scoraggiare per le sconfitte né esaltare per le vittorie perché, come per Cristo, l'unica vittoria è la fedeltà alla missione ricevuta dal Padre. «Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Ph 2,9).

3. La prima parte dell'odierna celebrazione ci ha fatto rivivere l'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Chi, in quel giorno fatidico, ebbe l'intuizione che Gesù di Nazaret, il Maestro che parlava con autorità (cfr Lc 4,32), era il Messia, il figlio di David, il Salvatore atteso e promesso? Fu il popolo, e i più entusiasti ed attivi fra il popolo furono i giovani, che divennero così, in un qualche modo, gli "araldi" del Messia. Essi capirono che quella era l'ora di Dio, l'ora sospirata e benedetta, attesa per secoli da Israele e, agitando rami di ulivo e di palma, decretarono il trionfo di Gesù.

In ideale continuità con quell'evento, da quattordici anni ormai si celebra la Giornata Mondiale della Gioventù, durante la quale i giovani, raccolti insieme con i loro Pastori, professano e proclamano con gioia la propria fede in Cristo, si interrogano sulle loro aspirazioni più profonde, sperimentano la comunione ecclesiale, confermano e rinnovano il proprio impegno nell'urgente compito della nuova evangelizzazione.

Essi cercano il Signore nel cuore del Mistero pasquale. Il mistero della Croce gloriosa diventa per loro il grande dono ed insieme il segno della maturità della fede. Con la sua Croce, simbolo universale dell'Amore, Cristo guida i giovani del mondo nella grande "assemblea" del Regno di Dio, che trasforma i cuori e le società.

Come non rendere grazie al Signore per le Giornate Mondiali della Gioventù, iniziate nel 1985 proprio in questa piazza San Pietro e che, seguendo la "Croce dell'Anno Santo", hanno percorso il mondo come un lungo pellegrinaggio verso il nuovo millennio? Come non lodare Dio, che rivela ai giovani i segreti del suo Regno (cfr Mt 11,25), per tutti i frutti di bene e di testimonianza cristiana che questa felice iniziativa ha suscitato?

L'odierna Giornata Mondiale della Gioventù è l'ultima prima del grande appuntamento giubilare: essa assume, pertanto, una singolare rilevanza. Possa essa, grazie al contributo di tutti, costituire una forte esperienza di fede e di comunione ecclesiale.

4. I giovani di Gerusalemme acclamavano: «Osanna al Figlio di Davide!» (Mt 21,9). Giovani, amici miei, volete anche voi, come i vostri coetanei di quel giorno lontano, riconoscere Gesù come il Messia, il Salvatore, il Maestro, la Guida, l'Amico della vostra vita? Ricordate: Lui solo conosce in profondità quello che c'è in ogni essere umano (cfr Jn 2,25); Lui solo gli insegna ad aprirsi al mistero ed a chiamare Dio con il nome di Padre, "Abbà"; Lui solo lo rende capace di un amore gratuito per il suo simile, accolto e riconosciuto come "fratello" e "sorella".

Cari giovani! Andate con gioia incontro a Cristo, che allieta la vostra giovinezza. CercateLo ed incontrateLo nell'adesione alla sua parola e alla sua misteriosa presenza ecclesiale e sacramentale. Vivete con Lui nella fedeltà al suo Vangelo, esigente, è vero, fino al sacrificio, ma nel contempo unica fonte di speranza e di vera felicità. AmateLo nel volto del fratello bisognoso di giustizia, di aiuto, di amicizia e di amore.

Alla vigilia del nuovo millennio, questa è la vostra ora. Il mondo contemporaneo vi apre nuovi sentieri e vi chiama ad essere portatori di fede e di gioia, come esprimono i rami di palma e di ulivo che oggi avete nelle mani, simbolo di una nuova primavera di grazia, di bellezza, di bontà e di pace. Il Signore Gesù è con voi e vi accompagna!

5. Ogni anno la Chiesa entra trepidante, con la Settimana Santa, nel Mistero pasquale, commemorando la morte e la resurrezione del Signore.

E' proprio in virtù del Mistero pasquale, da cui è generata, che essa può proclamare di fronte al mondo, con le parole e con le opere dei suoi figli: «Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Ph 2,11).

Sì! Gesù Cristo è il Signore! E' il Signore del tempo e della storia; il Redentore e il Salvatore dell'uomo. Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna!

Amen.


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GPII Omelie 1996-2005 190