GPII Omelie 1996-2005 98

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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO - 10 GIUGNO 1997)

SANTA MESSA E CONSACRAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE


DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA DI ZAKOPANE




Zakopane - Sabato, 7 giugno 1997



1. Oggi nella memoria liturgica del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria, ci incontriamo a Krzeptòwki, in questa chiesa parrocchiale per benedirla, cioè per consacrarla. Non basta che un tempio sia soltanto costruito; bisogna, con un atto liturgico, dedicarlo all'Altissimo. Rendo grazie a Dio perchè mi viene dato di compiere oggi la consacrazione della vostra chiesa. Cordialmente e più volte sono stato invitato a questo. Ringrazio la divina Provvidenza di esser potuto venire oggi da voi, rispondendo al vostro invito. Vi saluto con amore paterno. Saluto tutti gli abitanti di Skalne Podhale, riuniti qui e intorno alla chiesa.

Che cosa vuol dire compiere un atto di dedicazione o consacrazione di una chiesa? A questa domanda forniscono la migliore risposta le letture liturgiche. La prima Lettura, tratta dal Libro del profeta Neemia, ricorda il noto evento dell'Antico Testamento, quando gli Israeliti, tornati dalla schiavitù babilonese, si accinsero alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Costruito una volta ai tempi dei grandi re, aveva vissuto i periodi di splendore e di decadenza della Nazione eletta; era stato testimone della deportazione in schiavitù dei figli e delle figlie d'Israele; era poi stato distrutto, ed ora deve essere ricostruito. Il Popolo eletto vive profondamente questo momento. Con il pianto si assume la grande opera. Ed ecco la sua tristezza si muta in gioia (cfr Ne 8,2-11).

Sullo sfondo di questa descrizione possiamo comprendere ancora meglio le parole della seconda Lettura, tratte dalla prima Lettera di san Pietro, e lo stesso brano evangelico, ora proclamato: "Su di te edificherò la mia Chiesa", Cristo dice a Pietro, quando l'Apostolo confessa la fede nel Figlio di Dio. "Beato te, Simone, figlio di Giona, perchè né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro [cioè Roccia] e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,17-18).

La Chiesa non è soltanto un edificio sacro. Il Signore Gesù dice che la Chiesa è costruita sulla pietra, e la pietra è la fede di Pietro. La Chiesa è una comunità di uomini credenti, che professano il Dio vivo ed attestano - come Pietro - che Cristo è il Figlio di Dio, il Redentore del mondo. Voi, cari Fratelli e Sorelle, siete una piccola parte di questa grande comunità della Chiesa edificata sulla fede di Pietro. Insieme al vostro Vescovo, insieme al Papa, annunziate e professate la fede nel Figlio di Dio e su questa fede basate tutta la vostra vita personale, familiare e professionale. In questo modo siete partecipi del Regno di Dio. Cristo infatti disse a Pietro: "A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,19).

Questo vostro santuario a Krzeptòwki, che oggi viene consacrato a Dio, deve servire la Chiesa - la comunità, gli uomini vivi. Ancor più profondamente ciò viene espresso nel brano della Lettera di Pietro, che abbiamo ascoltato. In esso l'Apostolo parla della Chiesa come di un edificio di pietre vive. Siamo noi questa costruzione, siamo noi a costituire queste pietre vive, che compongono l'insieme del tempio spirituale. La pietra angolare di essa è Cristo: Cristo crocifisso e risorto. E' stato proprio lui a diventare la pietra angolare della Chiesa come della grande comunità del Popolo di Dio della Nuova Alleanza. Tale comunità, come scrive l'apostolo Pietro, costituisce il santo sacerdozio (cfr 1P 2,5). Unita a Cristo, essa è "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perchè proclami le opere meravigliose di colui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (cfr 1P 2,9). Il vostro bel tempio, che avete costruito insieme ai vostri pastori, deve servire la comunità della Chiesa e perciò occorre che sia benedetto, consacrato, destinato a Dio stesso come uno spazio in cui si raccoglie e prega il Popolo di Dio. Il Popolo di Dio non soltanto di Krzeptòwki e di Zakopane, ma anche di varie parti della Polonia, che viene qui per il riposo in montagna. Auguro a tutti i turisti e villeggianti che il contatto più stretto con la natura diventi occasione per un contatto di preghiera con Dio.

2. Guardando il vostro tempio, adornato con maestria, mi si presentano davanti agli occhi quelle chiese di legno - ormai sempre più rare - che sorgevano in tutta la terra polacca, ma prima di tutto a Podhale e a Podkarpacie: autentici tesori dell'architettura popolare. Tutte sono sorte, come anche la vostra, grazie alla collaborazione dei pastori e dei fedeli delle singole parrocchie. Venivano costruite con uno sforzo comune, perchè si potesse celebrarvi il Santissimo Sacrificio, perchè Cristo nell'Eucaristia fosse insieme al suo popolo giorno e notte, nelle ore di grande gioia e di trasporto, come pure nei tempi di prove, sofferenze e disgrazie, ed anche nelle semplici giornate grigie. Al Congresso Eucaristico Internazionale di Wroclaw bisogna aggiungere tutto questo grande capitolo della presenza sacramentale di Cristo, che ogni chiesa in terra polacca nasconde in sé.

Le chiese sono anche luoghi dove si vivono solenni celebrazioni: il Natale del Signore, la Pasqua, la Pentecoste, il Corpus Domini, le feste mariane. Qui i fedeli si raccolgono per le funzioni del mese di maggio e di giugno, per il rosario. Le chiese sono infine un luogo dove viene conservato il ricordo dei defunti. Come l'inizio della vita religiosa di ogni credente si unisce al fonte battesimale, così anche il suo termine, la morte e il funerale, si compiono alla sua ombra. Più volte, persino i cimiteri parrocchiali, sono direttamente adiacenti alla chiesa. In questi templi dunque è inscritta la storia di tutti gli uomini e indirettamente di tutta la Nazione, delle singole comunità, delle parrocchie, delle famiglie, delle persone.

La Chiesa è un luogo di ricordo ed allo stesso tempo di speranza: conserva con fedeltà il passato e contemporaneamente costantemente apre l'uomo verso il futuro, non solo quello temporale, ma anche quello d'oltretomba. Nelle chiese professiamo la fede nella remissione dei peccati, nella risurrezione dei corpi e nella vita eterna. Qui viviamo ogni giorno il mistero della comunione dei Santi: ogni chiesa, infatti, ha il suo patrono o la sua patrona, e numerosissime sono dedicate alla Madonna. Mi rallegro che a Zakopane e a Podhale siano sorte nuove chiese, magnifici monumenti della viva fede degli abitanti di questa regione. La loro bellezza corrisponde alla bellezza dei Tatra ed è il riflesso della stessa bellezza di cui parla la scritta sulla croce di Wincenty Pol in Valle Koscieliska: "E nulla supera Dio".

3. Cari Fratelli e Sorelle! Il vostro santuario a Krzeptòwki mi è particolarmente vicino e caro. Onorate in esso la Madonna di Fatima nella sua statua. Con la storia di questo santuario si unisce anche l'evento che ebbe luogo in Piazza San Pietro, il 13 maggio 1981. Sperimentai allora il pericolo mortale della vita e la sofferenza, e al tempo stesso la grande misericordia di Dio. Per intercessione della Madonna di Fatima, mi fu ridonata la vita. Durante il mio soggiorno nel Policlinico Gemelli fui oggetto di una vasta manifestazione di benevolenza umana da tutte le parti del mondo: essa si espresse soprattutto nella preghiera. Davanti agli occhi avevo allora la scena della vita dei primi cristiani, che "elevarono a Dio una preghiera incessante" (cfr Ac 12,5), quando la vita di Pietro era esposta a grave pericolo.

So che a quella preghiera della Chiesa in tutta la terra per il mio ritorno alla salute e al ministero di Pietro partecipava anche Zakopane. So che vi riunivate nelle vostre chiese parrocchiali, ed anche nella cappella della Madonna di Fatima a Krzeptòwki, per recitare il rosario onde ottenermi il ricupero della salute e delle forze. Allora nacque anche il progetto di costruire in questo luogo, ai piedi del monte Giewont, un santuario alla Madonna di Fatima, come voto di ringraziamento per la salvezza della mia vita. So che questo santuario, che oggi posso consacrare, venne costruito da tante mani e da tanti cuori uniti dal lavoro, dal sacrificio e dall'amore per il Papa. Mi è difficile parlarne senza commuovermi.

Cari Fratelli e Sorelle! Sono venuto da voi per ringraziarvi per la vostra bontà, il vostro ricordo e la vostra preghiera, che continua. Sono stato il vostro pastore, come Metropolita di Cracovia, per vent'anni; oggi vengo da voi come Successore di san Pietro. Sempre mi avete aiutato. Eravate con me e comprendevate le mie preoccupazioni. Lo sentivo. Era per me un grande sostegno. Oggi vi ringrazio di tutto cuore per questo atteggiamento di fede e di dedizione alla Chiesa. Sempre qui, in questa terra di Podhale, il Vescovo aveva un sostegno in voi. Aveva qui un sostegno la Patria, specialmente nei momenti difficili della sua storia. Sono venuto per dirvi, per tutto questo: "Bág zaplak!" ("Dio vi ripaghi!"). Qui, insieme a voi, voglio ancora una volta ringraziare la Signora di Fatima per il dono della vita salvata, come feci a Fatima, quindici anni fa. Totus Tuus . . . Ringrazio tutti per questo tempio. Contiene il vostro amore per la Chiesa e per il Papa. E' in certo senso la continuazione della mia gratitudine verso Dio e verso la sua Madre. Insieme a voi gioisco molto di questo dono.

Con parole di profonda gratitudine mi rivolgo anche a tutti i miei connazionali e ai fedeli della Chiesa, specialmente ai malati e sofferenti che pregano per il Papa e offrono per lui la loro croce quotidiana. La sofferenza vissuta con Cristo è il più prezioso dono e il più efficace aiuto nell'apostolato. "Nel corpo di Cristo che incessantemente cresce dalla Croce del Redentore, proprio la sofferenza, permeata dallo spirito del sacrificio di Cristo, è l'insostituibile mediatrice ed autrice dei beni, indispensabili per la salvezza del mondo. E' essa, più di ogni altra cosa, a fare strada alla Grazia che trasforma le anime umane. Essa, più di ogni altra cosa, rende presenti nella storia dell'umanità le forze della redenzione" (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 27). Ringraziando per il dono della preghiera e del sacrificio, ancora una volta rivolgo a tutti la cordiale richiesta che pronunciai il giorno dell'inaugurazione del pontificato: "Pregate per me. Aiutatemi, affinché possa servirvi". Anch'io ogni giorno prego per voi.

4. Il vostro santuario a Krzeptòwki è unito da stretti legami spirituali con Fatima in Portogallo. Per questo motivo apprezzo così tanto la presenza del Vescovo di Fatima all'odierna Celebrazione. Da lì anche è arrivata la statua della Madonna che venerate. Il messaggio di Fatima, che Maria trasmise al mondo per mezzo di tre poveri bambini, consiste nell'esortazione alla conversione, alla preghiera, specialmente quella del rosario, ed alla riparazione per i propri peccati e per quelli di tutti gli uomini. Tale messaggio sgorga dal Vangelo, dalle parole di Cristo pronunciate subito all'inizio dell'attività pubblica: "Convertitevi e credete al vangelo!" (Mc 1,15). Esso mira alla trasformazione interiore dell'uomo, alla sconfitta in lui del peccato e al consolidamento del bene, al raggiungimento della santità. Questo messaggio è destinato in modo particolare agli uomini del nostro secolo segnato dalle guerre, dall'odio, dalla violazione dei diritti fondamentali dell'uomo, dall'enorme sofferenza di uomini e di nazioni, e infine dalla lotta contro Dio, spinta fino alla negazione della sua esistenza. Il messaggio di Fatima infonde l'amore del Cuore della Madre, che è sempre aperto al figlio, mai lo perde di vista, lo pensa sempre, persino quando il figlio lascia la via retta e diventa un "figliol prodigo" (cfr Lc 15,11-32).

Il Cuore Immacolato di Maria, che oggi ricordiamo nella liturgia della Chiesa, è stato aperto verso di noi sul Calvario dalle parole di Gesù morente: «"Donna, ecco il tuo figlio". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Jn 19,26-27). Sotto la croce Maria è diventata madre di tutti gli uomini redenti da Cristo. Sotto la sua materna protezione ha accolto Giovanni ed ha accolto ogni uomo. Da allora la più grande sollecitudine del suo Cuore Immacolato è l'eterna salvezza di tutti gli uomini.

Il vostro santuario sin dall'inizio annuncia il messaggio di Fatima e vive di esso. Avete una particolare devozione al Cuore Immacolato di Maria Vergine; fate la Crociata del Rosario delle Famiglie; abbracciate con la preghiera i problemi importanti della Chiesa, del Papa, del mondo, della Patria, delle anime del purgatorio e di coloro che hanno abbandonato l'amore di Dio, rompendo l'alleanza stretta con Lui nel santo battesimo. Pregate con perseveranza per la grazia della loro conversione. Rivolgetevi fiduciosi a Maria, "Rifugio dei peccatori", perchè li difenda contro l'ostinazione nel peccato e contro la schiavitù di satana. Pregate con fede, affinché gli uomini conoscano e riconoscano l'"unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo" (cfr Jn 17,3). In questa preghiera si esprime il vostro amore per gli uomini che desidera il bene più grande per ciascuno.

"In nessun momento e in nessun periodo storico - specialmente in un'epoca così critica come la nostra - la Chiesa può dimenticare la preghiera che è grido alla misericordia di Dio dinanzi alle molteplici forme di male che gravano sull'umanità e la minacciano" (Giovanni Paolo II, Dives in misericordia DM 15).

Madre, impetra! Madre, implora!
O Maria, Madre di Dio,
Intercedi per noi!
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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO - 10 GIUGNO 1997)

SANTA MESSA PER LA CANONIZZAZIONE


DELLA BEATA REGINA EDVIGE




Spianata di Blonie (Kraków) - Domenica, 8 giugno 1997



1. Gaude, mater Polonia! Ripeto oggi questa esortazione alla gioia, che per secoli i Polacchi cantavano in ricordo di san Stanislao. La ripeto, poiché il luogo e la circostanza predispongono a questo in modo particolare. Dobbiamo, infatti, di nuovo tornare al colle di Wawel, alla cattedrale regale e metterci lì davanti alle reliquie della Regina, Signora di Wawel. Ecco è giunto il grande giorno della sua canonizzazione. E dunque:

Gaude, mater Polonia,
Prole fecunda nobili,
Summi Regis magnalia
Laude frequenta vigili.

"Edvige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. «Gaude, mater Polonia»".

Edvige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. Sono trascorsi quasi seicento anni dalla tua morte in giovane età. Amata da tutta la Nazione, tu, che stai agli inizi dell'epoca degli Iagelloni, fondatrice della dinastia, fondatrice dell'Università Iagellonica nell'antichissima Cracovia, hai atteso per molto tempo il giorno della tua canonizzazione - il giorno in cui la Chiesa avrebbe proclamato solennemente che tu sei la santa patrona della Polonia nella sua dimensione ereditaria - della Polonia unita per opera tua con la Lituania e con la Rus': della Repubblica di tre nazioni. Oggi è giunto questo giorno. Tanti hanno desiderato di arrivare a questo momento e non vi sono riusciti. Sono trascorsi gli anni e i secoli, e sembrava che la tua canonizzazione fosse ormai addirittura impossibile. Sia questo giorno un giorno di gioia non soltanto per noi, che viviamo in questi tempi, ma anche per tutti coloro che non sono giunti ad esso su questa terra. Sia esso il grande giorno della comunione dei santi. Gaude, mater Polonia!

"La canonizzazione
della Regina Edvige
completamento
del millennio del battesimo della Polonia"

2. Il Vangelo di oggi volge i nostri pensieri e i nostri cuori verso il battesimo. Ecco, siamo ancora una volta in Galilea, da dove Cristo invia i suoi apostoli in tutto il mondo: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,18-20): è il mandato missionario che gli Apostoli hanno preso su di sè cominciando dal giorno della Pentecoste. Lo hanno preso su di sè e lo hanno trasmesso ai loro successori. Per loro tramite, il messaggio apostolico raggiunse gradualmente il mondo intero. E, verso il termine del primo millennio, arrivò il tempo in cui gli apostoli di Cristo giunsero nelle terre dei Piast. Allora Mieszko I ricevette il battesimo, e ciò - secondo la convinzione di allora - costituiva allo stesso tempo il battesimo della Polonia. Nel 1966 abbiamo celebrato il millennio di quel battesimo.

Come avrebbe gioito oggi il Primate del Millennio, il Servo di Dio Cardinale Stefan Wyszynski, se gli fosse stato dato di prendere parte, insieme a noi, a questo grande giorno della canonizzazione. Essa gli stava a cuore come ai grandi metropoliti di Cracovia, come al Principe Cardinale Adam Stefan Sapieha e a tutto l'Episcopato della Polonia. Tutti intuivano che la canonizzazione della Regina Edvige sarebbe stata il completamento del millennio del battesimo della Polonia. Lo è anche perchè, per opera della Regina Edvige, i Polacchi, battezzati nel X secolo, quattro secoli dopo intrapresero la missione apostolica e contribuirono all'evangelizzazione e al battesimo dei loro vicini. Edvige era consapevole che la sua missione era quella di portare il Vangelo ai fratelli Lituani. E lo fece insieme al suo consorte, il re Ladislao Iagellone. Sul Baltico sorse un nuovo paese cristiano, rinato nell'acqua del battesimo, come nel X secolo la stessa acqua aveva fatto rinascere i figli e le figlie della Nazione polacca.

"Rendiamo grazie
per la tua saggezza"

Sit Trinitati gloria, laus, honor, iubilatio . . . Oggi rendiamo grazie alla Santissima Trinità per la tua saggezza, Edvige. L'autore del Libro della Sapienza domanda: "Chi avrebbe conosciuto il tuo pensiero, o Dio, se tu non gli avessi concesso la sapienza, e non gli avessi inviato il tuo Santo Spirito dall'alto?" (cfr Sg 9,17). Rendiamo dunque grazie a Dio Padre, al Figlio e allo Spirito Santo per la tua saggezza, Edvige; perchè hai riconosciuto il disegno di Dio non soltanto riguardo alla tua propria vocazione, ma anche riguardo a quella delle nazioni: della nostra vocazione storica e della vocazione dell'Europa che, per opera tua, ha completato il quadro dell'evangelizzazione nel proprio continente, per poter dopo intraprendere l'evangelizzazione di altri paesi e di altri continenti in tutto il mondo. Cristo infatti aveva detto: "Andate . . ., ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19). Oggi gioiamo per la tua elevazione agli altari. Ci rallegriamo a nome di tutte quelle nazioni, di cui sei diventata madre nella fede. Siamo lieti per la grande opera di saggezza. E rendiamo grazie a Dio per la tua santità, per la missione che hai compiuto nella nostra storia; per il tuo amore per la Nazione e per la Chiesa, per il tuo amore a Cristo crocifisso e risorto. Gaude, mater Polonia!

"Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso
di Wawel
per apprendere da Cristo stesso
che la cosa più grande
è l'amore"

3. La cosa più grande è l'amore. "Noi sappiamo - scrive san Giovanni - che siamo passati dalla morte alla vita, perchè amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte" (1Jn 3,14). E, dunque, chi ama partecipa alla vita, a quella vita che è da Dio. "Da questo abbiamo conosciuto l'amore - continua san Giovanni -. Egli [Cristo] ha dato la sua vita per noi" (1Jn 3,16). Perciò anche noi dovremmo dare la vita per i fratelli (cfr Ibid.). Cristo ha indicato che in questo modo, donando la vita per i fratelli, manifestiamo l?amore. E questo è il più grande amore (cfr 1Co 13,13).

E noi oggi, mettendoci in ascolto delle parole degli Apostoli, vogliamo dirti, nostra santa Regina, che tu, come pochi, avevi compreso questo insegnamento di Cristo e degli Apostoli. Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso di Wawel per apprendere da Cristo stesso questo generoso amore. E l'hai imparato. Hai saputo dimostrare con la tua vita che la cosa più grande è l'amore. Non cantiamo noi così in un antichissimo canto polacco?

"O Croce santa, albero più nobile di ogni altra cosa,
un altro non v'è uguale in nessun altro bosco,
eccetto quello che porta Dio stesso.
( . . .)
Inaudita bontà è morire in croce per un altro.
Chi può farlo oggi, per chi dare la propria anima?
Il Signore Gesù solo lo fece, perchè ci amò fedelmente"
(cfr Crux fidelis, XVI secolo).

E da Lui, proprio dal Cristo di Wawel, presso questo Crocifisso nero, al quale gli abitanti di Cracovia vengono ogni anno in pellegrinaggio il Venerdì Santo, hai appreso, Regina Edvige, a dare la vita per i fratelli. La tua profonda saggezza e la tua intensa attività scaturivano dalla contemplazione, dal legame personale con il Crocifisso. Qui contemplatio et vita activa trovavano il giusto equilibrio. Perciò mai perdesti la "parte migliore", la presenza di Cristo. Oggi vogliamo inginocchiarci con te, Edvige, ai piedi del Crocifisso di Wawel, per sentire l'eco di quella lezione d'amore, che tu ascoltavi. Vogliamo imparare da te come attuarla ai nostri tempi.

"La più profonda caratteristica
della sua breve vita e,
allo stesso tempo, la misura della sua grandezza
fu lo spirito di servizio"

4. "I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo" (Mt 20,25-26). Queste parole di Cristo penetrarono profondamente nella coscienza della giovane sovrana della stirpe degli Angioini. La più profonda caratteristica della sua breve vita e, allo stesso tempo, la misura della sua grandezza fu lo spirito di servizio. La sua posizione sociale, i suoi talenti, tutta la sua vita privata ella offrì completamente al servizio di Cristo e, quando dovette regnare, dedicò la sua vita anche al servizio del popolo affidatole.

Lo spirito di servizio animava il suo impegno sociale. Con slancio si impegnò nella vita politica della sua epoca. E poi lei, figlia del re di Ungheria, sapeva unire la fedeltà ai principi cristiani con la coerenza nella difesa della ragion di stato polacca. Intraprendendo grandi opere nell'ambito dello Stato ed in quello internazionale, nulla desiderava per sé. Arricchiva con liberalità la sua seconda patria con ogni bene materiale e spirituale. Esperta nell'arte della diplomazia, pose le fondamenta della grandezza della Polonia del XV secolo. Animò la cooperazione religiosa e culturale tra le nazioni e la sua sensibilità riguardo ai torti sociali fu molte volte lodata dai sudditi.

Con una chiarezza che fino ad oggi illumina tutta la Polonia, sapeva che, sia la forza dello Stato, sia quella della Chiesa hanno la loro fonte in un'accurata istruzione della Nazione; che la via al benessere dello Stato, alla sua sovranità e al suo riconoscimento nel mondo, passa attraverso le operose Università. Edvige sapeva bene anche che la fede cerca la comprensione razionale, che la fede ha bisogno della cultura e forma la cultura, che la fede vive nello spazio della cultura. E nulla risparmiava per arricchire la Polonia di tutto il patrimonio spirituale sia dei tempi antichi, sia di quelli del medioevo.

Diede all'Università perfino il suo scettro d'oro, servendosi invece di quello di legno dorato. Questo fatto, pur avendo un significato concreto, è soprattutto un grande simbolo. Durante la sua vita il suo prestigio e il credito di cui godeva venivano non dalle insegne regali, ma dalla forza dello spirito, dalla profondità della mente e dalla sensibilità del cuore. Dopo la morte, la sua opera continuò a fruttificare con la ricchezza della sapienza e con la fioritura di una cultura radicata nel Vangelo. Per tutto questo noi diciamo alla Regina Edvige il nostro grazie, mentre torniamo con orgoglio a quei seicento anni che ci separano dalla fondazione della Facoltà di Teologia e dal rinnovamento dell'Università di Cracovia, gli anni, si può dire, di un incessante splendore della scienza polacca.

E se ci fosse dato di visitare gli ospedali medioevali a Biecz, a Sandomierz, a Sacz, a Stradom, noteremmo con ammirazione le numerose opere di misericordia fondate dalla sovrana polacca. In esse, forse, nel modo più eloquente si realizzò l'esortazione ad amare con i fatti e nella verità (cfr 1Jn 3,18).

"Rallegrati oggi, Cracovia"!

5. Ergo, felix Cracovia,
Sacro dotata corpore,
Deum, qui fecit omnia,
Benedic omni tempore.

"Rallegrati oggi, Cracovia"! Gioisci, perchè è giunto finalmente il momento in cui tutte le generazioni dei tuoi abitanti possono rendere un omaggio di gratitudine alla santa Signora di Wawel. Tu, sede regale, devi alla profondità della sua mente di essere diventata in Europa un importante centro del pensiero, la culla della cultura polacca e il ponte tra l'Occidente cristiano e l'Oriente, portando un inalienabile contributo al formarsi dello spirito europeo. All'Università Iagellonica si educavano ed insegnavano coloro che resero famoso in tutto il mondo il nome della Polonia e di questa città, inserendosi con perizia nei più importanti dibattiti della loro epoca. Basti ricordare il grande Rettore dell'Ateneo Cracoviense, Pawel Wlodkowic, il quale già all'inizio del XV secolo poneva le basi della teoria moderna dei diritti dell'uomo, o Nicolò Copernico, le cui scoperte diedero inizio ad una nuova visione del mondo creato.

Non dovrebbe Cracovia, e con essa tutta la Polonia, ringraziare per quell'opera che portò magnifici frutti, i frutti della vita di santi studenti e professori? Si presentano, dunque, oggi dinanzi a noi queste grandi figure di uomini e di donne di Dio, appartenenti ad ogni generazione, da Giovanni di Kety e Stanislao Kazimierczyk, fino al beato Giuseppe Sebastiano Pelczar e al servo di Dio Józef Bilczewski, per inserirsi nel nostro inno di lode a Dio perchè, grazie all'opera generosa della Regina Edvige, questa città è diventata culla di santi.

Rallegrati, Cracovia! Sono lieto perchè posso condividere oggi la tua gioia, essendo qui, a Blonia Krakowskie, insieme al tuo Arcivescovo, il Cardinale Franciszek Macharski, con i Vescovi Ausiliari ed i Vescovi Emeriti, con i Capitoli della Cattedrale e della Collegiata di sant'Anna, con i Sacerdoti, le persone di vita consacrata e con tutto il Popolo di Dio. Come desideravo di venire qui e, a nome della Chiesa, assicurarti solennemente, Cracovia, mia amata città, che non sbagliavi venerando da secoli Edvige come santa. Rendo grazie alla Divina Provvidenza che questo mi viene dato, che mi viene concesso di fissare lo sguardo, insieme con voi, su questa figura che risplende dello splendore di Cristo ed imparare che cosa vuol dire che "la cosa più grande è l'amore".

Ringrazio tutti i Vescovi polacchi, l' intero episcopato con a capo il Cardinale Primate e tutti i Vescovi nostri ospiti. Ringrazio i Cardinali e i Vescovi giunti da Roma e dai Paesi vicini, in particolare dall'Ungheria, dalla Repubblica Ceca, dalla Slovacchia, dalla Lituania. Cari fratelli, la vostra presenza in questo giorno è per noi molto preziosa.

"Riflettiamo
sulla «verità polacca»"
"Riflettiamo
sulla «prassi polacca»"

6. ". . . non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità", così scrive l'Apostolo (1Jn 3,18). Fratelli e Sorelle, impariamo alla scuola di santa Edvige Regina come attuare il comandamento dell'amore. Riflettiamo sulla "verità polacca". Riflettiamo se è rispettata nelle nostre case, nei mezzi di comunicazione sociale, negli uffici pubblici, nelle parrocchie. Non ci sfugge essa a volte sotto la pressione delle circostanze? Non viene distorta, semplificata? E' sempre al servizio dell'amore? Riflettiamo sulla "prassi polacca". Meditiamo se viene attuata con prudenza. E' sistematica e perseverante? E' coraggiosa e magnanima? Unisce oppure divide gli uomini? Non colpisce qualcuno con odio, o con disprezzo? O forse di una prassi d'amore, d'amore cristiano, c'è troppo poco? (cfr St. Wyspianski, Wesele [Nozze]).

". . . non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità"!

"Un compito nuovo:
amare e servire"

Dieci anni fa, in un'Enciclica sui problemi del mondo contemporaneo, scrissi che ogni Nazione "deve scoprire e utilizzare il più possibile lo spazio della propria libertà" (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis SRS 44). Allora avevamo davanti a noi il problema della "«scoperta della libert»". Adesso la Divina Provvidenza ci pone dinanzi un compito nuovo: amare e servire. Amare con i fatti e nella verità. Santa Edvige Regina ci insegna ad usare proprio così il dono della libertà. Lei sapeva che il compimento della libertà è l'amore, grazie al quale l'uomo è disposto ad affidare se stesso a Dio e ai fratelli, ad appartenere a loro. Affidò, dunque, la sua vita ed il suo regnare a Cristo e alle nazioni, che voleva condurre a Lui. Diede a tutta la Nazione l'esempio dell'amore di Cristo e dell'uomo, di un uomo assetato sia di fede che di scienza, come anche di pane quotidiano e di vestiario. Voglia Iddio che anche oggi si attinga a questo esempio, perchè la gioia del dono della libertà sia piena.

Santa nostra Regina Edvige, insegnaci oggi, alla soglia del terzo millennio, quella saggezza e quell'amore di cui hai fatto la via della tua santità. Conduci tutti noi, Edvige, davanti al Crocifisso di Wawel, perchè, come te, conosciamo che cosa vuol dire amare con i fatti e nella verità, che cosa vuol dire essere veramente liberi. Prendi sotto la tua protezione la tua Nazione e la Chiesa che la serve, ed intercedi per noi presso Dio, affinché non cessi in noi la gioia. Gioisci, madre Polonia! Gaude, mater Polonia!
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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO - 10 GIUGNO 1997)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA


CANONIZZAZIONE DEL BEATO JAN DA DUKLA




Aeroporto di Krosno - Martedì, 10 giugno 1997



1. "Lo spirito del Signore Dio è su di me perchè il Signore mi ha consacrato con l'unzione" (Is 61,1).

Queste parole del profeta Isaia, proposte nella prima Lettura, furono lette da Gesù nella sinagoga di Nazaret all'inizio della sua attività pubblica: "Lo spirito del Signore Dio è su di me perchè il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-2). Quel giorno, nella sinagoga, Gesù ne annunciò il compimento: lo Spirito Santo aveva consacrato con l'unzione proprio lui, in vista della sua missione messianica. Ma quelle parole hanno un valore che s'estende anche a tutti coloro che sono chiamati ed inviati da Dio per continuare la missione di Cristo. Esse, pertanto, possono riferirsi certamente anche a Giovanni da Dukla, che oggi mi è dato di annoverare tra i santi della Chiesa.

Rendo grazie a Dio, perché la canonizzazione del beato Giovanni da Dukla può aver luogo nella sua terra nativa. Il suo nome ed insieme la gloria della sua santità sono uniti per sempre con Dukla, piccola anche se antica città, situata ai piedi del monte Cergowa e della catena del Besckid Centrale. Questi monti e questa città mi sono ben noti dai vecchi tempi. Molte volte venivo qui o andavo verso i Bieszczady, oppure in direzione opposta, dai Bieszczady, attraverso il Beskid Basso, fino a Krynica. Ho potuto conoscere la gente del posto, gentile e ospitale, benché a volte meravigliata alla vista del gruppo di giovani, in giro per i loro monti con pesanti zaini. Sono lieto di esser potuto tornare qui, di aver potuto tra questi bei monti e ai piedi di questo monte Cergowa, proclamare santo della Chiesa cattolica il vostro connazionale e compaesano.

Giovanni da Dukla è uno dei molti santi e beati cresciuti in terra polacca nel corso del XIV e XV secolo. Tutti erano legati con la regale Cracovia. Li attirava la Facoltà di Teologia di Cracovia, sorta per opera della Regina Edvige verso il termine del secolo XIV. Animavano la città universitaria con il soffio della loro giovinezza e della loro santità, e da là si recavano all'est. Le loro strade portavano innanzitutto a Leopoli, come nel caso di Giovanni da Dukla, che trascorse la maggior parte della sua vita in quella grande città, centro legato alla Polonia da vincoli molto stretti, specialmente a partire dai tempi di Casimiro il Grande. San Giovanni da Dukla è il patrono della città di Leopoli e di tutto il territorio circostante.

Il suo nome sarà ormai per sempre legato non soltanto alla città dove si svolge la sua canonizzazione, Krosno sul Wislok, ma anche a Przemysl e all'Arcidiocesi di Przemysl, il cui Pastore, Arcivescovo Józef Michalik, saluto cordialmente. Insieme con lui saluto il suo predecessore, l'Arcivescovo Ignacy Tokarczuk, il cui nome si è iscritto in modo particolare nella storia della Chiesa contemporanea in Polonia. Essa non può dimenticare il suo grande coraggio nel periodo dei governi comunisti, e prima di tutto la determinazione che dimostrò nelle lotte per la costruzione di edifici sacri necessari alla Chiesa in Polonia. Sono lieto che in questa occasione mi è dato di incontrare ancora una volta il caro Arcivescovo, al quale ero tanto unito nel periodo in cui ero Metropolita di Cracovia. Saluto cordialmente il Vescovo Boleslaw, per lunghi anni Vescovo ausiliare e oggi emerito e l'attuale Vescovo ausiliare di Przemysl, Mons. Stefan. Sono contento della presenza del Metropolita Iwan Martyniak e dei Vescovi greco cattolici. In modo particolare sono lieto per la presenza qui con noi dell'Arcivescovo Marian Jaworski di Leopoli, città nella quale egli è nato e cresciuto, e dove è tornato come Pastore della Chiesa rinascente: Leopoli, della città giustamente chiamata semper fidelis! Saluto tutti i Vescovi delle Metropoli di Przemysl e di Leopoli ed anche i numerosi sacerdoti presenti, diocesani e religiosi, le religiose e voi, diletti fratelli e sorelle, abitanti di questa terra che mi ospitò tante volte e che amo con tutto il cuore.

Tutti siamo contenti della presenza dei Vescovi della Chiesa orientale, sia cattolica sia ortodossa, insieme ai loro sacerdoti, ai loro religiosi e ai loro fedeli. Infine siamo contenti della presenza degli ospiti stranieri che l' Arcivescovo di Przemysl ha salutato all'inizio.

2. Mentre stiamo compiendo oggi la canonizzazione di Giovanni da Dukla, dobbiamo guardare alla vocazione di questo figlio spirituale di san Francesco ed alla sua missione in un contesto storico più ampio. Ecco, la Polonia già quattro secoli prima aveva ricevuto il cristianesimo. Quasi quattrocento anni erano passati da quando aveva operato in Polonia sant'Adalberto. I secoli successivi erano stati segnati dal martirio di san Stanislao, dall'ulteriore progresso dell'evangelizzazione e dallo sviluppo della Chiesa nelle nostre terre. In grande misura ciò era unito all'attività dei benedettini. Col XIII secolo giungono in Polonia i figli di san Francesco di Assisi. Il movimento francescano trovò nelle nostre terre il terreno adatto. Fruttificò anche con tutta una schiera di beati e di santi i quali, attingendo dall'esempio del Poverello d'Assisi, animarono il cristianesimo polacco con lo spirito di povertà e d'amore fraterno. Alla tradizione di povertà evangelica e di semplicità di vita essi univano la conoscenza e la sapienza, il che a sua volta ebbe effetti sul loro lavoro pastorale. Si può dire che avevano preso seriamente le parole della Lettera a Timoteo, che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura di oggi: "Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti [in caso di bisogno] in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,1-2). Questa sana dottrina, indispensabile già ai tempi di Paolo, era indispensabile anche in quel periodo in cui visse e operò Giovanni da Dukla. Anche allora non mancavano coloro che non sopportavano la sana dottrina, ma secondo i propri desideri, da soli, moltiplicavano per conto proprio i maestri, volgevano le spalle all'ascolto della verità e si rivolgevano alle favole (cfr 2Tm 4,3-4).

Le stesse difficoltà non mancano anche ora. Accettiamo, dunque, le parole di Paolo come se fossero a noi riproposte mediante la vita di san Giovanni da Dukla, riproposte per tutti e per ciascuno, in particolare per i sacerdoti, i religiosi e le religiose: "Tu, però, vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del vangelo, adempi il tuo ministero" (2Tm 4,5).

"Uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato" (Mt 23,10-12). Ecco: proprio questo è stato il programma evangelico che san Giovanni da Dukla ha realizzato nella sua vita. E' un programma cristocentrico.Gesù Cristo era per lui l'unico Maestro. Imitando senza riserve l'esempio del suo Maestro e Signore, sopra ogni cosa egli desiderava servire. Sta qui il Vangelo della sapienza, dell'amore e della pace. Egli realizzò questo Vangelo in tutta la sua vita. Ed oggi quest'opera evangelica di Giovanni da Dukla ha raggiunto la gloria degli altari. Nella sua terra nativa egli viene proclamato santo della Chiesa universale. La sua canonizzazione si trova sul cammino lungo il quale tutta la Chiesa procede, sul cammino che conduce al traguardo del secondo millennio dalla nascita di Cristo. Insieme a tutti coloro che introducono la Chiesa che è in Polonia nel tertio millennio adveniente, insieme a sant'Adalberto, a san Stanislao, a santa Edvige, si presenta anche lui, san Giovanni da Dukla. E la sua canonizzazione costituisce una nuova ricchezza della Chiesa in terra patria. E' forse una particolare appendice ai voti di Giovanni Casimiro, che egli emise un giorno davanti alla Madonna delle Grazie nella cattedrale di Leopoli.

3. Cari Fratelli e Sorelle, in questo luogo da cui si vedono i campi verdi di grano, che tra poco indorandosi cominceranno ad invitare l'agricoltore al duro lavoro "per il pane" - in questo posto voglio richiamare le parole pronunciate dal re Giovanni Casimiro in quello storico giorno dinanzi al trono della Madonna delle Grazie nella cattedrale di Leopoli. Esse esprimevano una grande sollecitudine per tutta la Nazione, il desiderio di giustizia e la volontà di sopprimere i pesi, che schiacciavano i suoi sudditi, specialmente gli uomini della terra.

Oggi, durante la canonizzazione di Giovanni da Dukla, figlio di questa regione, desidero rendere omaggio al lavoro dell'agricoltore. Mi chino con rispetto su questa terra dei Bieszczady, che nella storia sperimentò molte sofferenze tra guerre e conflitti, e oggi viene provata da nuove difficoltà, specialmente dalla mancanza di lavoro. . Nei momenti di grandi pericoli, nei desidero rendere omaggio all'amore dell'agricoltore per la terra, perchè esso ha sempre costituito il forte sostegno su cui poggiava l'identità della Nazione nei momenti più drammatici della storia della Nazione, quest'amore e questo attaccamento alla terra si dimostravano estremamente importanti nella lotta per la sopravvivenza. Oggi, in tempi di grandi trasformazioni, non è lecito dimenticarlo. Rendo oggi omaggio alle mani del popolo polacco, che lavorano la terra, a queste mani che dalla difficile, dura terra estraggono pane per il paese, e nei momenti di pericolo sono pronte a custodirlo e a difenderlo.

Rimanete fedeli alle tradizioni dei vostri avi. Essi, alzando gli occhi dalla terra, abbracciavano con lo sguardo l'orizzonte, dove il cielo si congiunge alla terra, ed innalzavano al Cielo la preghiera per un buon raccolto, per il seme, per il seminatore e per il grano, per il pane. Essi iniziavano nel Nome di Dio ogni giorno ed ogni loro lavoro e con Dio terminavano la loro opera di coltivatori. Rimanete fedeli a questa antichissima tradizione! Essa esprime la più profonda verità sul senso e sulla fruttuosità del vostro lavoro.

Sarete così simili al seminatore del Vangelo. Rispettate ogni seme di grano che nasconde in sé la mirabile potenza della vita. Rispettate anche il seme della parola di Dio. Non scompaia mai dalla bocca dell'agricoltore polacco questo bel saluto è "Szczec Boze" ("Dio ti sia propizio") e "Sia lodato Gesù Cristo". Salutatevi con queste parole, trasmettendovi così i migliori auguri. Esprimono la vostra dignità cristiana. Non permettete che vi venga tolta - si sta tentando di farlo! Il mondo è pieno di pericoli. Attraverso i mezzi di comunicazione certi messaggi raggiungono anche la campagna polacca. Create una cultura della campagna nella quale, accanto alle nuove dimensioni portate dai tempi, rimanga - come presso un buon padrone - lo spazio per le cose antiche, santificate dalla tradizione, confermate dalla verità dei secoli.

Abbracciando con il cuore questa terra, desidero anche esprimervi il mio apprezzamento per i sacrifici sopportati per costruire gli edifici sacri. Spesso dalla vostra dura fatica agricola avete saputo estrarre quel soldo della vedova, grazie al quale consentire a Cristo di avere il suo posto in questo angolo della Polonia. Dio vi ricompensi questi bei templi, frutto del lavoro delle vostre mani e frutto della vostra fede. Di quale profonda fede! "Canterò senza fine le grazie del Signore" - dicevamo poc'anzi nel canto tra le Letture (Sal 88[89], 2). Voi avete edificato questi nuovi templi proprio perchè voi stessi e le generazioni future avessero dove cantare le glorie del Signore.

Occorre aggrapparsi fermamente a Cristo - il Buon Seminatore e seguire la sua voce sulle vie che ci indica. E queste sono vie di varie e molteplici iniziative, oggi sempre più numerose in Polonia. So che tanto sforzo viene messo nella promozione dei gruppi e di istituzioni caritative, che danno testimonianza di solidarietà verso coloro che hanno bisogno di aiuto in questo Paese e fuori dei suoi confini. Noi stessi abbiamo sperimentato tale aiuto negli anni difficili: ora dobbiamo saper ricambiare, ricordando gli altri. Oggi la nostra Patria ha bisogno del laicato cattolico, quel Popolo di Dio, atteso da Cristo e dalla Chiesa. C'è bisogno di laici che comprendano la necessità di una costante formazione della fede. Quanto opportunamente è stata restituita alla vita, nella Chiesa in terra polacca, l'Azione Cattolica! Nella vostra Arcidiocesi, come in altre Diocesi, essa diventa, accanto ad altri movimenti e comunità di preghiera, scuola di fede. Procedete con coraggio in questo cammino, ricordando che quanto più grande sarà il vostro impegno nella nuova evangelizzazione e nella vita sociale, tanto maggiore sarà l'esigenza di autentica spiritualità, di quell'intimo legame con Cristo e con la Chiesa che si alimenta nella preghiera e nella riflessione sulla Parola di Dio. E' un'unione che deve pervadere con la grazia di Dio ogni moto del cuore, fino alla santità.

4. Cari Fratelli e Sorelle! La terra su cui ci troviamo è permeata e colma della santità di Giovanni da Dukla. Questo santo religioso non solo ha reso famosa questa bella terra di Bieszczady, ma prima di tutto l'ha santificata. Siete gli eredi di questa santità. Posando i vostri piedi su questa terra, mettete le orme dei vostri passi sulle sue. Qui tutti sentiamo in modo misterioso "il tesoro della gloria di Gesù Cristo che si manifesta nei suoi santi" (cfr Ep 1,18). Questa terra ha infatti dato molti testimoni autentici di Gesù Cristo, persone che hanno posto pienamente la loro fiducia in Dio ed hanno dedicato la loro vita all'annuncio del Vangelo. Seguite le loro orme! Fissate lo sguardo sulla loro vita! Imitate le loro opere, "perchè tutto il mondo veda le vostre opere buone e renda gloria a Dio che è nei cieli" (cfr Mt 5,16). La fede seminata da san Giovanni nei cuori dei vostri avi cresca come un albero di santità e "faccia molto frutto ed esso permanga" (cfr Jn 15,5)!

Su questo cammino vi accompagni la Madre di Cristo, venerata in numerosi santuari di questa terra. Tra poco porrò le corone sulle effigi della Madonna di Haczów, di Jasliska e di Wielkie Oczy. Sia questo atto l'espressione della nostra venerazione per Maria e della speranza che, con la sua intercessione, Ella ci aiuti a compiere sino alla fine la volontà di Dio. Nel periodo del Millennio del battesimo avevamo imparato a cantare: "Maria, Regina della Polonia, sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio" (Appello di Jasna Góra). Siamo lieti che insieme con noi vegliano tutti i santi patroni della Polonia. Siamo lieti e preghiamo per la Nazione polacca e per la Chiesa nella nostra terra - tertio millennio adveniente.

"Da tanto tempo, Maria, sei regina della Polonia . . . Prendi sotto la tua protezione tutta la Nazione che vive per la tua gloria".

Amen.

Il saluto del Papa al termine della Santa Messa

Al termine di questa solenne Liturgia desidero ancora una volta ringraziare la Divina Provvidenza per avermi permesso di venire qui. Ciò è avvenuto grazie al Patrono di questa terra, san Giovanni di Dukla, il quale oggi è stato iscritto nell'elenco dei santi della Chiesa universale. Gli anni di vita a Roma non hanno spento in me l'amore verso questa terra e verso i suoi abitanti. Vi ringrazio per l'ospitalità, per la benevolenza e vi saluto cordialmente.

Ringrazio per la loro presenza i miei fratelli nell' Episcopato con a capo il Cardinale Primate.

Saluto i qui presenti Vescovi dei Paesi fratelli: Slovacchia, Boemia e Ungheria. Insieme ringraziamo Dio per il patrimonio cristiano che da secoli unisce le nostre Nazioni. Ringraziamo per i santi che devono la loro formazione a questo patrimonio e che l'hanno arricchito.

Sono qui convenuti molti Vescovi del rito greco cattolico dalla Polonia, dall'Ucraina e dalla Slovacchia, insieme con i loro fedeli. Recentemente ci siamo uniti nella preghiera di ringraziamento in occasione delle celebrazioni per i 400 anni di unità nella fede. Rendiamo grazie a Dio anche per la vostra testimonianza nata dall' aspirazione alla piena unità tra l'Occidente e l'Oriente cristiano.

Saluto cordialmente i fratelli della Chiesa ortodossa presenti all' incontro di preghiera.

Saluto cordialmente le autorità della città di Krosno, di Dukla e i numerosi comuni autogestiti. Vi ringrazio per il vostro contributo nella preparazione della Celebrazione odierna.

Saluto i giovani che hanno vegliato questa notte in preghiera. Non sembra che abbiano sonno. Rispondendo al saluto degli scout, "Veglia", dico a tutti: "Vegliate"!

Infine desidero ancora una volta ricordare in questo luogo le decine di migliaia di persone cadute sul passo di Dukla, chiamato "la valle della morte". La Croce di Cristo - segno della Redenzione - ricordi la loro esistenza e il loro sacrificio. La luce eterna risplenda su di loro!

A tutti coloro che sono qui presenti e a tutti coloro che si uniscono a noi mediante la radio e la televisione dico ancora una volta: "Dio ve ne renda merito!". Vi benedico di cuore.

Dio ve ne renda merito! Bisogna tornare al lavoro a Roma.

Successivamente Giovanni Paolo II ha rivolto particolari espressioni di saluto ai pellegrini provenienti dalla Slovacchia e dall' Ucraina.
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GPII Omelie 1996-2005 98