GPII Omelie 1996-2005 128

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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


11 gennaio 1998



1."Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Lc 3,22).

Con queste parole, risuonate nell'odierna liturgia, il Padre indica agli uomini il Figlio suo e ne svela la missione di consacrato di Dio, di Messia.

Nel Natale, abbiamo contemplato con stupore e intima gioia l'apparizione della "grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11), grazia che ha assunto la fisionomia del Bambino Gesù, Figlio di Dio nato da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo. E siamo, poi, venuti scoprendo le prime manifestazioni di Cristo, "luce vera che illumina ogni uomo" (Jn 1,9) brillata dapprima per i pastori nella notte santa e poi per i Magi, primizia dei popoli chiamati alla fede, i quali si sono incamminati alla luce della stella che avevano scorto nel cielo e sono giunti a Betlemme per adorare il neonato Bambino (cfr Mt 2,2).

Al Giordano, con quella di Gesù, viene offerta anche la prima manifestazione della natura trinitaria di Dio: Gesù, indicato dal Padre quale Figlio prediletto, e lo Spirito Santo che scende e rimane su di lui.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle! Oggi si rinnova per me la gioia di accogliere alcuni neonati, per amministrare loro il sacramento del Battesimo. Quest'anno sono dieci bambini e nove bambine, provenienti dall'Italia, dal Brasile, dal Messico e dalla Polonia.

A voi, cari genitori, padrini e madrine, rivolgo un cordiale saluto e vive felicitazioni. Voi sapete come questo Sacramento, istituito da Cristo risorto (cfr Mt 28,18-19), sia il primo dell'iniziazione cristiana e costituisca come la porta d'ingresso nella vita dello Spirito. In esso il battezzato viene consacrato dal Padre nello Spirito Santo, ad immagine di Cristo, Uomo nuovo, e reso membro della Chiesa, suo Corpo mistico.

Il Battesimo è chiamato "lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito" (Tt 3,5), nascita dall'acqua e dallo Spirito, senza la quale nessuno "può entrare nel regno di Dio" (Jn 3,5). E' chiamato anche illuminazione, perché coloro che lo ricevono "vengono illuminati nella mente" (S. Giustino, Apologia, I,61,12: PG 6,344).

"Il Battesimo - secondo san Gregorio Nazianzeno - è il più bello e meraviglioso dei doni di Dio... Lo chiamiamo... dono, poiché è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; battesimo, perché il peccato viene seppellito nell'acqua; unzione, perché è sacro e regale (tali sono coloro che vengono unti); illuminazione, perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché ci custodisce ed è segno della signoria di Dio" (Discorsi, 40,3-4: PG 36, 361C).

3. Poso con compiacimento lo sguardo su questi bambini, ai quali viene oggi conferito il sacramento del Battesimo, qui nella Cappella Sistina. La loro appartenenza a comunità cristiane di diversi Paesi pone in luce l'universalità della chiamata alla fede.

Essi sono, come ancora dice sant'Agostino, "nuova prole della Chiesa; grazia del Padre, fecondità della Madre, pio germoglio, sciame novello, fiore del nostro cuore ... mio gaudio e mia corona" (Discorsi, VIII, 1,4: PL 46, 838).

L'odierna celebrazione invita tutti noi a ripensare agli impegni assunti con il Battesimo, a rinnovare la nostra decisione di tenere sempre accesa la fiamma della fede, per diventare sempre più figli prediletti del Padre.

E' specialmente a voi, cari genitori, che mi rivolgo: con il sostegno della comunità cristiana e con l'aiuto dei padrini e delle madrine, voi educherete questi vostri figli alla fede e li guiderete nel cammino verso la pienezza della maturità cristiana. Vi assista sempre in questa altissima missione la santa Famiglia di Nazaret.

4. Allo Spirito Santo, al quale è dedicato questo secondo anno di preparazione al Giubileo del Duemila, rivolgiamo la nostra invocazione. Come scese su Gesù presso il fiume Giordano, si posi quest'oggi su ciascuno di questi bambini e li conduca, con la sua luce e la sua forza, a rivivere le tappe della vita di Cristo.

Affidiamo questi neo battezzati ed i loro familiari a Maria, Santuario dello Spirito Santo. Siano capaci di ascoltare e seguire la Parola del Signore; nutriti del Pane eucaristico sappiano amare Dio e il prossimo come il divin Maestro ci ha insegnato e diventino così eredi del Regno dei cieli.


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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A CUBA (21-26 GENNAIO 1998)


Istituto Superiore di Cultura Fisica «Manoel Fajardo» di Santa Clara

22 gennaio 1998

1. «Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via» (Dt 6,6-7). Ci siamo riuniti nel Campo Sportivo dell'Istituto Superiore di Cultura Fisica «Manuel Fajardo», trasformato oggi in un immenso tempio aperto. In questo incontro desideriamo rendere grazie a Dio per il grande dono della famiglia.

Già nella prima pagina della Bibbia l'autore sacro ci presenta questa istituzione: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn 1,27). In tal senso, le persone umane nella loro differenza sessuale sono, come Dio stesso e per sua volontà, fonte di vita: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1,28). La famiglia è dunque chiamata a cooperare al piano di Dio e alla sua opera creatrice mediante l'alleanza di amore sponsale fra l'uomo e la donna e, come ci dirà san Paolo, questa alleanza è anche segno dell'unione di Cristo con la sua Chiesa (cfr Ep 5,32).

2. Carissimi fratelli e sorelle: sono lieto di salutare con grande affetto Monsignor Fernando Prego Casal, Vescovo di Santa Clara, i Signori Cardinali e gli altri Vescovi, i sacerdoti e i diaconi, i membri delle comunità religiose e tutti voi, fedeli laici. Desidero anche porgere un deferente saluto alle autorità civili. Le mie parole sono rivolte in modo particolare alle famiglie qui presenti, le quali desiderano proclamare il loro fermo proposito di realizzare nella propria vita il progetto salvifico del Signore.

3. L'istituzione familiare a Cuba è depositaria del ricco patrimonio di virtù che distinse le famiglie creole dei tempi passati, i cui membri s'impegnarono tanto nei diversi campi della vita sociale e forgiarono il Paese senza badare ai sacrifici e alle avversità. Quelle famiglie, fondate solidamente sui principi cristiani, così come sul loro senso di solidarietà familiare e sul rispetto per la vita, furono autentiche comunità di affetto reciproco, di gioia e di festa, di fiducia e di sicurezza, e di serena riconciliazione. Si caratterizzarono anche — come molti focolari di oggi — per l'unità, il profondo rispetto per gli anziani, l'alto senso di responsabilità, l'ossequio sincero all'autorità paterna e materna, la gioia e l'ottimismo, nella povertà così come nella ricchezza, il desiderio di lottare per un mondo migliore e soprattutto la grande fede e la fiducia in Dio.

Oggi le famiglie a Cuba devono affrontare anch'esse le sfide che tante altre famiglie nel mondo sopportano attualmente. Sono numerosi i membri di queste famiglie che hanno lottato e dedicato la propria vita alla conquista di un'esistenza migliore, nella quale vengano garantiti i diritti umani fondamentali: lavoro, alimentazione, abitazione, salute, educazione, sicurezza sociale, partecipazione sociale, libertà di associazione e di scelta della propria vocazione. La famiglia, cellula primaria della società e garanzia della sua stabilità, sperimenta tuttavia le crisi che possono colpire la stessa società. Ciò accade quando i coniugi vivono in sistemi economici o culturali che, sotto la falsa apparenza di libertà e di progresso, promuovono o addirittura difendono una mentalità antinatalista, inducendo in tal mondo gli sposi a ricorrere a metodi di controllo della natalità che non sono conformi alla dignità umana. Si arriva persino all'aborto, che è sempre, oltre che un crimine abominevole (cfr Gaudium et spes GS 51), un assurdo impoverimento della persona e della società stessa. Dinanzi a ciò, la Chiesa insegna che Dio ha affidato agli uomini la missione di trasmettere la vita in un modo degno dell'uomo, frutto della responsabilità e dell'amore fra i coniugi.

La maternità viene a volte presentata come un regresso o una limitazione della libertà della donna, alterando così la sua vera natura e la sua dignità. I figli vengono presentati non per quello che sono — un grande dono di Dio — ma come qualcosa da cui bisogna difendersi. La situazione sociale vissuta in questo amato Paese ha anche causato non poche difficoltà alla stabilità familiare: le carenze materiali — come quando gli stipendi non sono sufficienti o hanno un potere d'acquisto molto limitato —, le insoddisfazioni per motivi ideologici, l'attrazione esercitata dalla società consumistica. Queste difficoltà, insieme ad alcune misure relative all'occupazione o di altro genere, hanno generato un problema che si trascina da anni a Cuba: la separazione forzata delle famiglie all'interno del Paese e l'emigrazione, che ha lacerato intere famiglie e ha seminato dolore in una parte considerevole della popolazione. Esperienze non sempre accettate e a volte traumatiche sono la separazione dei figli e la sostituzione del ruolo dei genitori, a causa degli studi compiuti lontano dalla famiglia nell'adolescenza, in situazioni che danno come triste risultato la proliferazione della promiscuità, l'impoverimento etico, la volgarità, i rapporti prematrimoniali in giovane età e il facile ricorso all'aborto. Tutto ciò lascia tracce profonde e negative nella gioventù, che è chiamata a incarnare i valori morali autentici per il consolidamento di una società migliore.

4. La via per sconfiggere questi mali non è altro che Gesù Cristo, la sua dottrina e il suo esempio di amore totale che ci salva. Nessuna ideologia può sostituire la sua infinita sapienza e il suo potere. Per questo è necessario recuperare i valori religiosi nell'ambito familiare e sociale, promuovendo la pratica delle virtù che caratterizzarono le origini della Nazione cubana, nel processo di edificazione del suo futuro «con tutti e per il bene di tutti», come chiedeva José Martí. La famiglia, la scuola e la Chiesa devono formare una comunità educativa dove i figli di Cuba possano «crescere in umanità». Non abbiate paura, aprite le famiglie e le scuole ai valori del Vangelo di Gesù Cristo, che non costituiscono un pericolo per nessun progetto sociale.

5. «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre"» (Mt 2,13). La Parola rivelata ci mostra come Dio voglia proteggere la famiglia e preservarla da ogni pericolo. Perciò la Chiesa, animata e illuminata dallo Spirito Santo, cerca di difendere e di proporre ai suoi figli e a tutti gli uomini di buona volontà la verità sui valori fondamentali del matrimonio cristiano e della famiglia. Allo stesso modo, proclama, come dovere ineludibile, la santità di questo sacramento e le sue esigenze morali, per salvaguardare la dignità di ogni persona umana.

Il matrimonio, con il suo carattere di unione esclusiva e permanente, è sacro perché ha la sua origine in Dio. I cristiani, nel ricevere il sacramento del matrimonio, partecipano al piano creatore di Dio e ricevono le grazie di cui hanno bisogno per compiere la loro missione, per educare e formare i figli e per rispondere alla chiamata alla santità. È un'unione diversa da qualsiasi altra unione umana, poiché si fonda sulla dedizione e sull'accettazione reciproca dei coniugi al fine di diventare «una sola carne» (Gn 2,24), vivendo in una comunità di vita e di amore la cui vocazione è quella di essere «santuario della vita» (cfr Evangelium vitae EV 59). Con la loro unione fedele e perseverante, i coniugi contribuiscono al bene dell'istituzione familiare e dimostrano che l'uomo e la donna hanno la capacità di donarsi per sempre l'uno all'altro, senza che il dono volontario e perenne annulli la libertà, perché nel matrimonio ogni personalità deve rimanere inalterata e sviluppare la grande legge dell'amore: donarsi l'uno all'altro per dedicarsi insieme al compito che Dio affida loro. Se la persona umana è il centro di ogni istituzione sociale, allora la famiglia, primo ambito di socializzazione, deve essere una comunità di persone libere e responsabili che portino avanti il matrimonio come un progetto di amore, sempre perfettibile, che apporta vitalità e dinamismo alla società civile.

6. Nella vita matrimoniale il servizio alla vita non si esaurisce nel concepimento, ma si prolunga nell'educazione delle nuove generazioni. I genitori, avendo dato la vita ai figli, hanno l'oneroso obbligo di educare la prole e, di conseguenza, devono essere riconosciuti come i primi e principali educatori dei propri figli. Questo compito educativo è così importante che, quando manca, difficilmente si può sostituire (cfr Gravissimum educationis GE 3). Si tratta di un dovere e di un diritto insostituibile e inalienabile. È vero che nell'ambito educativo all'autorità pubblica spettano diritti e doveri, in quanto deve essere al servizio del bene comune; tuttavia, questo non le dà il diritto di sostituirsi ai genitori. Pertanto i genitori, senza attendere che altri li sostituiscano in ciò che è loro responsabilità, devono poter scegliere per i loro figli l'orientamento pedagogico, i contenuti etici e civici e l'ispirazione religiosa ai quali desiderano formarli integralmente. Non aspettate che tutto vi venga dato. Assumete la vostra missione educativa, cercando e creando gli spazi e i mezzi adeguati nella società civile.

Occorre inoltre offrire alle famiglie una casa dignitosa e un focolare unito, in modo che possano ricevere e trasmettere un'educazione morale e un ambiente propizio per coltivare gli alti ideali e per vivere la fede.

7. Cari fratelli e sorelle, cari sposi e genitori, cari figli: ho voluto ricordare alcuni aspetti essenziali del progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia per aiutarvi a vivere con generosità e con dedizione questo cammino di santità al quale molti sono chiamati. Accogliete con amore la Parola del Signore proclamata in questa Eucaristia. Nel Salmo responsoriale abbiamo ascoltato: «Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie... i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa ... Così sarà benedetto l'uomo che teme il Signore» (Ps 127,1 Ps 127,3 Ps 127,4).

Grande è la vocazione alla vita matrimoniale e familiare, ispirata alla Parola di Dio, secondo il modello della Sacra Famiglia di Nazaret. Amati cubani: siate fedeli alla parola divina e a questo modello! Cari mariti e mogli, padri e madri, famiglie della nobile Cuba: conservate nella vostra vita questo sublime modello, aiutati dalla grazia che vi è stata concessa nel sacramento del matrimonio! Che Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, dimori nei vostri focolari domestici! Così le famiglie cattoliche di Cuba contribuiranno in modo decisivo alla grande causa divina della salvezza dell'uomo in questa terra benedetta che è la vostra Patria e la vostra Nazione. Cuba: abbi cura delle tue famiglie perché tu possa conservare sano il tuo cuore!

Che la Virgen de la Caridad del Cobre, Madre di tutti i cubani, Madre nella Famiglia di Nazaret, interceda per tutte le famiglie di Cuba affinché, rinnovate, vivificate e aiutate nelle loro difficoltà, vivano in serenità e pace, superino i problemi e le difficoltà, e tutti i loro membri ottengano la salvezza che proviene da Gesù Cristo, Signore della storia e dell'umanità! A Lui la gloria e il potere per i secoli dei secoli. Amen.

Desidero ripetere le parole del vostro poeta José Martí: nel processo di costruzione del proprio futuro «con tutti e per il bene di tutti», la famiglia, la scuola e la Chiesa devono formare una comunità educativa dove i figli di Cuba possano «crescere in umanità».
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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A CUBA (21-26 GENNAIO 1998)


Plaza Ignacio Agramonte di Camagüey

23 gennaio 1998



1. «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,21). I giovani cubani si riuniscono oggi con il Papa per celebrare la loro fede e ascoltare la Parola di Dio, che è la via per sottrarsi alle opere del male e alle tenebre e rivestirsi così delle armi della luce per operare il bene. Per questo, sono lieto di aver questo incontro con tutti voi su questa grande Piazza, dove sull'altare si rinnoverà il sacrificio di Gesù Cristo. Questo luogo, che porta il nome di Ignacio Agramonte, «El Bayardo», ci ricorda un eroe amato da tutti che, mosso dalla sua fede cristiana, incarnò i valori che adornano gli uomini e le donne di buona volontà: la rettitudine, l'autenticità, la fedeltà, l'amore per la giustizia. Egli fu un buon marito e un buon padre di famiglia, un buon amico, un difensore della dignità umana di fronte alla schiavitù.

2. Innanzitutto desidero salutare con affetto Mons. Adolfo Rodríguez Herrera, Pastore di questa Chiesa diocesana, il suo Vescovo ausiliare, Mons. Juan García Rodríguez, come pure gli altri Vescovi e Sacerdoti presenti, che con la loro opera pastorale animano e conducono i giovani cubani a Cristo, il Redentore, l'amico che non viene mai meno. L'incontro con Lui muove alla conversione e alla gioia personale che fa esclamare, come i discepoli dopo la risurrezione: «Abbiamo visto il Signore» (Jn 20,24). Saluto anche le autorità civili che hanno voluto assistere a questa Santa Messa e le ringrazio per la collaborazione a questa cerimonia in cui gli invitati principali sono i giovani.

Mi rivolgo di cuore a voi, cari giovani cubani, speranza della Chiesa e della Patria, presentandovi Cristo affinché lo riconosciate e lo seguiate con piena decisione. Egli vi dà la vita, vi indica la via, vi apre alla verità, incoraggiandovi a camminare insieme e solidali, nella felicità e nella pace, come membra vive del suo Corpo mistico che è la Chiesa.

3.«Come potrà un giovane tenere pura la sua vita? Custodendo le tue parole» (Ps 119,9). Il Salmo ci dà la risposta alla domanda che ogni giovane deve porsi se vuole condurre una vita degna e decorosa, propria della sua condizione. Per questo, l'unica via è Gesù. I talenti che avete ricevuto dal Signore e che portano alla dedizione, all'amore autentico e alla generosità fruttificano quando si vive non solo di ciò che è materiale e caduco, ma «di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Per questo, cari giovani, vi esorto ad essere sensibili all'amore di Cristo, con la consapevolezza di ciò che Egli ha fatto per voi, per tutta l'umanità, per gli uomini e le donne di tutti i tempi. Sentendovi amati da Lui, potrete amare veramente. Sperimentando un'intima comunione di vita con Lui, che sia accompagnata dal ricevere il suo Corpo, dall'ascolto della sua Parola, dalla gioia del suo perdono e della sua misericordia, potrete imitarlo, conducendo in questo modo, come insegna il salmista, «una vita pura».

Che cosa vuol dire condurre una vita pura? Vuol dire vivere la propria vita secondo le norme morali del Vangelo proposte dalla Chiesa. Attualmente, purtroppo, per molti è facile cadere in un relativismo morale e in una mancanza di identità di cui soffrono tanti giovani, vittime di schemi culturali privi di senso o di ideologie che non offrono norme morali elevate e precise. Questo relativismo morale genera egoismo, divisione, emarginazione, discriminazione, timore e sfiducia nei confronti degli altri. Inoltre, quando un giovane vive «a modo suo», idealizza ciò che è straniero, si lascia sedurre dal materialismo sfrenato, perde le proprie radici e anela alla fuga. Pertanto, il vuoto prodotto da questi atteggiamenti spiega molti mali che minacciano i giovani: l'alcol, la sessualità malvissuta, la prostituzione che si nasconde sotto diverse ragioni, e le cui cause non sempre sono soltanto personali, le scelte fondate sul piacere o su atteggiamenti egoistici, sull'opportunismo, sulla mancanza di un serio progetto di vita nel quale non c'è posto per un matrimonio stabile, oltre al rifiuto di qualsiasi autorità legittima, il desiderio di fuggire e di emigrare, sottraendosi all'impegno e alla responsabilità per rifugiarsi in un mondo falso alla cui base vi sono l'alienazione e lo sradicamento.

Dinanzi a questa situazione, il giovane cristiano che aspira a condurre «una vita pura», salda nella fede, sa di essere chiamato e scelto da Cristo per vivere nell'autentica libertà dei figli di Dio, che comporta non poche sfide. Perciò, accogliendo la grazia che riceve dai Sacramenti, egli sa di dover testimoniare Cristo con il suo sforzo costante per condurre una vita retta e fedele a Lui.

La fede e il comportamento morale sono uniti. In effetti, il dono ricevuto ci porta ad una conversione permanente per imitare Cristo e ricevere le promesse divine. I cristiani, per rispettare i valori fondamentali che caratterizzano una vita pura, a volte devono subire, anche in maniera eroica, l'emarginazione o la persecuzione, in quanto questa opzione morale è contraria agli atteggiamenti del mondo. Questa testimonianza della Croce di Cristo nella vita quotidiana è anche un seme sicuro e fecondo di nuovi cristiani. Una vita pienamente umana e impegnata con Cristo ha questo prezzo di generosità e di dono.

Cari giovani, la testimonianza cristiana, la «vita degna» agli occhi di Dio ha questo prezzo. Se non si è disposti a pagarlo, subentrerà il vuoto esistenziale e la mancanza di un progetto di vita degno e responsabilmente assunto con tutte le sue conseguenze. La Chiesa ha il dovere di dare una formazione morale, civica e religiosa, che aiuti i giovani cubani a crescere nei valori umani e cristiani, senza paura e con la perseveranza di un'opera educativa che ha bisogno del tempo, dei mezzi e delle istituzioni che sono propri di questa semina di virtù e di spiritualità per il bene della Chiesa e della Nazione.

4.«Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (Mc 10,17). Nel Vangelo che abbiamo ascoltato un giovane chiede a Gesù che cosa deve «fare», e il Maestro, pieno d'amore, gli risponde come deve «essere». Questo giovane presume di aver rispettato le norme e Gesù gli risponde che è necessario lasciare tutto e seguirlo. Questo radicalizza e rende autentici i valori e permette al giovane di realizzarsi come persona e come cristiano. La chiave di questa realizzazione è la fedeltà, presentata da San Paolo, nella prima lettura, come una caratteristica della nostra identità cristiana.

Questo è il cammino della fedeltà tracciato da San Paolo: «Chi presiede lo faccia con diligenza... amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno... Siate lieti nella speranza... premurosi nell'ospitalità... Benedite... Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri... non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili... Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male... Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,8-21). Cari giovani, credenti o non credenti, accogliete l'appello ad essere virtuosi. Ciò vuol dire che dovete essere forti dentro, grandi di animo, ricchi dei sentimenti migliori, coraggiosi nella verità, audaci nella libertà, costanti nella responsabilità, generosi nell'amore, invincibili nella speranza. La felicità si ottiene a partire dal sacrificio. Non cercate al di fuori ciò che potete trovare dentro di voi. Non aspettatevi dagli altri ciò di cui siete capaci e che siete chiamati ad essere e a fare. Non rimandate a domani la costruzione di una società nuova, dove i sogni più nobili non siano frustrati e dove voi possiate essere i protagonisti della vostra storia.

Ricordate che la persona umana e il rispetto per essa sono la via verso un mondo nuovo. Il mondo e l'uomo soffocano se non si aprono a Gesù Cristo. Apritegli il vostro cuore e incominciate così una vita nuova che sia conforme a Dio e risponda alle legittime aspirazioni che avete di verità, bontà e bellezza. Che Cuba educhi i suoi giovani nella virtù e nella libertà, affinché possa avere un futuro di autentico sviluppo umano integrale in un clima di pace duratura!

Cari giovani cattolici: tutto questo è un programma di vita personale e sociale fondato sulla carità, sull'umiltà e sul sacrificio, che ha come ragione ultima quella di «servire il Signore». Vi auguro la gioia di poterlo realizzare. Gli sforzi che già si fanno nella Pastorale Giovanile devono essere orientati all'attuazione di questo programma di vita. Per aiutarvi vi lascio anche un Messaggio scritto, nella speranza che giunga a tutti i giovani cubani, che sono il futuro della Chiesa e della Patria. Un futuro che incomincia già nel presente e che sarà gioioso se sarà basato sullo sviluppo integrale di ognuno, che non può essere raggiunto senza Cristo, ai margini di Cristo o, ancor meno, contro Cristo. Perciò, come ho detto all'inizio del mio Pontificato e come ho voluto ripetere al mio arrivo a Cuba: «Non abbiate paura di aprire il vostro cuore a Cristo». Vi lascio con grande affetto questo motto e questa esortazione, chiedendovi di trasmetterli, con coraggio e ardore apostolico, agli altri giovani cubani. Che Dio onnipotente e la Santissima «Virgen de la Caridad del Cobre» vi aiutino a rispondere generosamente a questa chiamata!

Adesso celebreremo il sacrificio di Cristo. Cristo si farà presente, lo stesso Cristo che una volta guardò un giovane e lo amò. Lo dovete vivere oggi voi, ognuno e ognuna; Cristo presente che vi guarda e vi ama. Cristo guarda, Cristo sa cosa c'è in ognuno di noi. Egli sa che ci ama. Sia lodato Gesù Cristo.
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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A CUBA (21-26 GENNAIO 1998)


Santiago de Cuba

24 gennaio 1998


1. «Beata la Nazione di cui Dio è il Signore» (Ps 32,12). Con il salmista abbiamo cantato che la gioia accompagna il popolo che ha Dio come suo Signore. Più di cinquecento anni fa, quando la croce di Cristo giunse su questa Isola, e con essa il messaggio salvifico, iniziò un processo che, alimentato dalla fede cristiana, ha forgiato i tratti caratteristici di questa Nazione. Fra i suoi uomini illustri vi sono: quel soldato che fu il primo catechista e missionario di Macaca; il primo maestro cubano che fu P. Miguel de Velázquez; il sacerdote Esteban Salas, padre della musica cubana; l'insigne abitante di Bayamo Carlos Manuel de Céspedes, Padre della Patria, il quale, prostrato ai piedi della «Virgen de la Caridad», iniziò la sua lotta per la libertà e l'indipendenza di Cuba; Antonio de la Caridad Maceo y Grajales, la cui statua domina la piazza che oggi accoglie la nostra celebrazione; a lui sua madre chiese dinanzi al crocifisso di consacrarsi fino in fondo alla libertà di Cuba. Oltre ad essi, vi sono molti altri uomini e donne illustri che, mossi dalla loro incrollabile fede in Dio, scelsero la via della libertà e della giustizia come basi della dignità del loro popolo.

2. Sono lieto di trovarmi oggi in questa Arcidiocesi tanto insigne, che ha avuto fra i suoi Pastori San Antonio María Claret. Prima di tutto rivolgo un cordiale saluto a Monsignor Pedro Meurice Estíu, Arcivescovo di Santiago de Cuba e Primate di questa Nazione, così come agli altri Cardinali, Vescovi, sacerdoti e diaconi, impegnati nella diffusione del Regno di Dio su questa terra. Saluto inoltre i consacrati e le consacrate e tutti i fedeli qui presenti. Desidero porgere anche un deferente saluto al Signor Vicepresidente del Consiglio di Stato e Ministro Raúl Castro e alle altre Autorità civili che hanno voluto partecipare a questa Santa Messa e le ringrazio per la cooperazione offerta per la sua organizzazione.

3. In questa celebrazione incoroneremo l'immagine della «Virgen de la Caridad del Cobre». Dal suo santuario, non lontano da qui, la Regina e Madre di tutti i cubani — senza distinzione di razza, di opinione politica o d'ideologia —, guida e sostiene, come nel passato, i suoi figli nel loro cammino verso la Patria celeste e li incoraggia a vivere in modo che nella società regnino sempre gli autentici valori morali, che costituiscono il ricco patrimonio spirituale ereditato dagli avi. A Lei, come fece la cugina Elisabetta, ci rivolgiamo grati per dirle: «Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45). In queste parole vi è il segreto della vera felicità delle persone e dei popoli: credere e proclamare che il Signore ha fatto meraviglie per noi e che la sua misericordia giunge a quanti gli sono fedeli di generazione in generazione. Questa convinzione è la forza che anima gli uomini e le donne che, anche a costo di sacrifici, si dedicano in modo disinteressato al servizio degli altri.

L'esempio di disponibilità di Maria ci indica il cammino da percorrere. Con Lei la Chiesa porta a termine la propria vocazione e missione, annunciando Gesù Cristo, esortando a fare quanto Egli ci dice; così costruisce pure la fraternità universale nella quale ogni uomo possa invocare Dio come Padre.

4. Come la Vergine Maria, la Chiesa è Madre e Maestra nella sequela di Cristo, luce per i popoli; essa è dispensatrice della misericordia divina. In quanto comunità dei battezzati, è anche luogo di perdono, di pace e di riconciliazione; essa apre le sue braccia a tutti gli uomini per annunciare loro il Dio vero. Servendo la fede degli uomini e delle donne di questo amato popolo, la Chiesa li aiuta a procedere lungo la via del bene. Le opere di evangelizzazione che hanno luogo nei diversi ambienti, come ad esempio le missioni in quartieri e paesi senza chiese, devono essere curate e promosse perché possano svilupparsi e servire non solo i cattolici, ma tutto il popolo cubano affinché conosca Gesù Cristo e lo ami. La storia insegna che senza fede la virtù scompare, i valori morali si oscurano, la verità non risplende, la vita perde il suo significato trascendente, e anche il servizio alla Nazione smette di essere animato dalle motivazioni più profonde. A tale proposito, Antonio Maceo, il grande patriota della regione orientale diceva: «Chi non ama Dio, non ama la Patria».

La Chiesa chiama tutti a incarnare la fede nella propria vita, come il migliore cammino per lo sviluppo integrale dell'essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, e per ottenere la vera libertà, che include il riconoscimento dei diritti umani e la giustizia sociale. A tale riguardo, i laici cattolici, salvaguardando la loro identità per poter essere «sale e lievito» nella società della quale fanno parte, hanno il dovere e il diritto di partecipare al dibattito pubblico con uguali opportunità e con un atteggiamento di dialogo e di riconciliazione. Parimenti, il bene di una Nazione deve essere promosso e ricercato dagli stessi cittadini attraverso mezzi pacifici e graduali. In tal modo ogni persona, godendo della libertà di espressione, della capacità d'iniziativa e di proposta in seno alla società civile e dell'adeguata libertà di associazione, potrà collaborare efficacemente alla ricerca del bene comune.

La Chiesa, immersa nella società, non ricerca alcuna forma di potere politico per compiere la sua missione, ma vuole essere germe fecondo di bene comune con la sua presenza nelle strutture sociali. Mira in primo luogo alla persona umana e alla comunità nella quale vive, sapendo che la sua prima via è l'uomo concreto con i suoi bisogni e con le sue aspirazioni. Tutto ciò che la Chiesa reclama per sé lo pone al servizio dell'uomo e della società. In effetti, Cristo le ha affidato il compito di portare il suo messaggio a tutti i popoli, e per farlo ha bisogno di uno spazio di libertà e di mezzi sufficienti. Difendendo la sua libertà, la Chiesa difende quella di ogni persona, delle famiglie, delle diverse organizzazioni sociali, realtà vive che hanno diritto a un proprio ambito di autonomia e di sovranità (cfr Centesimus annus CA 45). In tal senso, «il cristiano e le comunità cristiane vivono profondamente inseriti nella vita dei rispettivi popoli e sono segno del Vangelo anche nella fedeltà alla loro patria, al loro popolo, alla cultura nazionale, sempre però nella libertà che Cristo ha portato... La Chiesa è chiamata a dare la sua testimonianza a Cristo assumendo posizioni coraggiose e profetiche di fronte alla corruzione del potere politico ed economico; non cercando essa stessa gloria e beni materiali; usando dei suoi beni per il servizio dei più poveri ed imitando la semplicità di vita di Cristo» (Redemptoris missio RMi 43). Questo è un costante e permanente insegnamento del Magistero sociale, della così detta Dottrina sociale della Chiesa.

5. Nel ricordare questi aspetti della missione della Chiesa, rendiamo grazie a Dio, che ci ha chiamati a farne parte. In essa la Vergine Maria occupa un luogo singolare. Ne è espressione la coronazione della venerata immagine della «Virgen de la Caridad del Cobre». La storia cubana è costellata di meravigliosi segni di amore verso la sua Patrona, ai cui piedi le figure degli umili nativi, due indios e un mulatto, simboleggiano la ricca pluralità di questo popolo. El Cobre, dove si trova il suo Santuario, fu il primo luogo di Cuba dove gli schiavi conquistarono la libertà.

Amati fedeli, non dimenticate mai i grandi eventi legati alla vostra Regina e Madre. Con il baldacchino dell'altare maggiore, Céspedes confezionò la bandiera cubana ed andò a prostrarsi ai piedi della Vergine prima di iniziare la lotta per la libertà. I coraggiosi soldati cubani, i mambises, portavano sul petto la medaglia e la «misura» della sua immagine benedetta. Il primo atto di Cuba libera ebbe luogo nel 1898 quando le truppe del Generale Calixto García si prostrarono ai piedi della «Virgen de la Caridad» in una solenne messa per la «Dichiarazione mambisa d'Indipendenza del popolo cubano». I diversi pellegrinaggi che l'immagine ha compiuto nei villaggi dell'Isola, accogliendo gli aneliti e le speranze, le gioie e le sofferenze di tutti i suoi figli, sono sempre stati grandi manifestazioni di fede e di amore.

Da questo luogo desidero inviare il mio saluto anche ai figli di Cuba che in qualsiasi parte del mondo venerano la «Virgen de la Caridad»; insieme a tutti i loro fratelli che vivono in questa bella terra, li pongo sotto la sua protezione materna, chiedendo a Lei, Madre amorevole di tutti, di riunire i suoi figli attraverso la riconciliazione e la fraternità.

6. Oggi, continuando questa gloriosa tradizione di amore verso la Madre comune, prima di procedere alla sua coronazione, desidero rivolgermi a Lei e invocarla con tutti voi:

Virgen de la Caridad del Cobre
Patrona di Cuba!
Ave, Maria, piena di grazia!
Tu sei la Figlia amata dal Padre,
la Madre di Cristo, nostro Dio,
il Tempio vivo dello Spirito Santo.
Porti nel tuo nome, Virgen de la Caridad,
la memoria del Dio che è Amore,
il ricordo del comandamento nuovo di Gesù,
l'evocazione dello Spirito Santo:
amore versato nei nostri cuori,
fuoco di carità inviato nella Pentecoste sulla Chiesa,
dono della piena libertà dei figli di Dio.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del seno tuo, Gesù!
Sei venuta a visitare il nostro popolo
e hai voluto rimanere con noi
come Madre e Signora di Cuba,
nel corso del suo peregrinare
lungo i passi della storia.
Il tuo nome e la tua immagine sono scolpiti
nella mente e nel cuore di tutti i cubani,
dentro e fuori la Patria,
come segno di speranza e centro di comunione fraterna.
Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra!
Prega per noi dinanzi a tuo Figlio Gesù Cristo,
intercedi per noi con il tuo cuore materno,
inondato dalla carità dello Spirito.
Accresci la nostra fede, ravviva la speranza,
aumenta e rafforza in noi l'amore.
Sostieni le nostre famiglie,
proteggi i giovani e i bambini,
consola quanti soffrono.
Sii Madre dei fedeli e dei Pastori della Chiesa,
modello e stella della nuova evangelizzazione.
Madre della Riconciliazione!
Riunisci il tuo popolo disperso nel mondo.
Fai della nazione cubana una famiglia di fratelli e di sorelle
affinché questo popolo spalanchi
la sua mente, il suo cuore e la sua vita a Cristo,
unico Salvatore e Redentore,
che vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo,
nei secoli dei secoli.

Amen.
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GPII Omelie 1996-2005 128