GPII Omelie 1996-2005 163

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SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DEL SERVO DI DIO PAPA PAOLO VI

PAROLE DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì 6 agosto 1998




E’ sempre viva in tutta la Chiesa la memoria del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, che, vent’anni or sono, si spense qui, a Castel Gandolfo. Il tempo non ha affievolito il suo ricordo; al contrario, il passar degli anni fa apparire sempre più luminosa la sua figura e più attuali e sorprendenti le sue profetiche intuizioni apostoliche. Quest’anno, poi, la celebrazione del centenario della nascita di questo Pontefice, guida saggia e fedele del popolo cristiano durante il Concilio Vaticano II ed il non facile periodo postconciliare, ci fa sentire più familiare il richiamo alla sua persona e più incisiva la testimonianza del suo amore a Cristo ed alla Chiesa.

E’ morto nel giorno in cui la liturgia commemora l’evento straordinario della Trasfigurazione del Signore.

In un’omelia, così egli commentava l’odierna pagina evangelica: “Bisogna riscoprire il volto trasfigurato di Cristo, per sentire ch’Egli è ancora, e proprio per noi, la nostra luce. Quella che illumina ogni anima che lo cerca e che lo accoglie, che rischiara ogni scena umana, ogni fatica e le dà colore e risalto, merito e destino, speranza e felicità” (Omelia di Paolo VI, 23 febbraio 1964).

Mentre iniziamo la celebrazione dell’Eucaristia, nella quale innalzeremo le nostre preghiere per quest’indimenticabile Pontefice, le sue parole ci esortano a domandare al Signore per la Chiesa e per ogni fedele la coraggiosa ed eroica fedeltà al Vangelo, che ha contraddistinto il suo ministero di Successore di Pietro.

GIOVANNI PAOLO II

OMELIA

15 Agosto 1998



1. "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

Con queste parole, Elisabetta accoglie Maria venuta a farle visita. Questa stessa beatitudine risuona nel Cielo e sulla terra, di generazione in generazione (cfr Lc 1,48) e in modo singolare nell'odierna solenne celebrazione. Maria è beata perché ha creduto subito alla Parola del Signore, perché ha accolto senza indugi la volontà dell'Altissimo manifestataLe dall'Angelo nell'Annunciazione.

Potremmo vedere nel viaggio di Maria da Nazaret ad Ain-Karin, di cui ci parla oggi il Vangelo, quasi una prefigurazione del suo singolare viaggio spirituale che, iniziato con il "sì" nel giorno dell'Annunciazione, culmina appunto nell'Assunzione al cielo in anima e corpo. Un itinerario verso Dio, sempre illuminato e sostenuto dalla fede.

Afferma il Concilio Vaticano II che Maria "avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce" (Lumen gentium LG 58). Per questo Ella, nella sua impareggiabile bellezza, è tanto piaciuta al Re dell'universo, che ora, pienamente associata a Lui in anima e corpo, risplende Regina alla sua destra (Sal. resp.).

Sono lieto di celebrare questa solennità, che è tra le più antiche in onore della Madonna, con la comunità di Castel Gandolfo. Saluto con affetto tutti voi qui presenti, il Vescovo di Albano, Mons. Dante Bernini, il suo Ausiliare, Mons. Paolo Gillet. Rivolgo il mio pensiero ai Salesiani, ai quali è affidata questa parrocchia. Un saluto cordiale agli abitanti di Castel Gandolfo ed ai villeggianti.

2. Nell'odierna solennità, la liturgia invita tutti noi a contemplare Maria come la "donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). In lei risplende la vittoria di Cristo su satana, rappresentato nel linguaggio apocalittico come l'"enorme drago rosso" (Ap 12,3).

Questa visione gloriosa e al tempo stesso drammatica richiama alla Chiesa di tutti i tempi il suo destino di luce nel Regno dei cieli e la conforta nelle prove che deve sostenere durante il pellegrinaggio terreno. Finché dura questo mondo, la storia sarà sempre teatro dello scontro tra Dio e satana, tra il bene e il male, tra la grazia e il peccato, tra la vita e la morte.

Anche le vicende di questo secolo che volge ormai al termine stanno a testimoniare con straordinaria eloquenza la profondità di questa lotta, che segna la storia dei popoli, ma anche il cuore di ogni uomo e di ogni donna. L'annuncio pasquale, però, che è risuonato poc'anzi nelle parole dell'apostolo Paolo (cfr 1Co 15,20), è fondamento di sicura speranza per tutti. Di tale mistero e di tale speranza Maria Santissima Assunta in Cielo è icona luminosa.

3. In questo secondo anno di immediata preparazione al Grande Giubileo del Duemila, ho voluto invitare i credenti a farsi più attenti alla presenza ed all'azione dello Spirito Santo ed a "riscoprire la virtù teologale della speranza" (Tertio millennio adveniente, 46).

Maria, glorificata nel corpo, appare oggi stella di speranza per la Chiesa e per l'umanità, in cammino verso il terzo millennio cristiano. La sua altezza sublime non la allontana dal suo Popolo e dai problemi del mondo, anzi, le permette di vegliare efficacemente sulle vicende umane con quell'attenta sollecitudine che le ottenne da Gesù il primo miracolo, durante le nozze di Cana.

L'Apocalisse afferma che la donna vestita di sole "era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto" (12,2). Questo fa pensare ad una pagina dell'apostolo Paolo di fondamentale importanza per la teologia cristiana della speranza. "Sappiamo bene infatti - leggiamo nella Lettera ai Romani - che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza siamo stati salvati" (Rm 8,22-24).

Mentre celebriamo la sua Assunzione al Cielo in anima e corpo, preghiamo Maria perché aiuti gli uomini e le donne del nostro tempo a vivere con fede e speranza in questo mondo, cercando in ogni cosa il Regno di Dio; aiuti i credenti ad aprirsi alla presenza ed all'azione dello Spirito Santo, Spirito Creatore e Rinnovatore, capace di trasformare i cuori; illumini le menti sul destino che ci attende, sulla dignità di ogni persona, sulla nobiltà del corpo umano.

Maria, Assunta in Cielo, mostrati a tutti come Madre di speranza! Mostrati a tutti come Regina della Civiltà dell'amore!
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VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A CHIAVARI E BRESCIA

(18-20 SETTEMBRE 1998)


Chiavari, 19 settembre 1998






1. "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,28).

Queste parole di Cristo, che abbiamo or ora ascoltato dal Vangelo di Luca, pongono al centro della nostra celebrazione la figura di Maria Santissima, icona del perfetto discepolo e della santa Chiesa. Rispondendo all'esclamazione di una donna del popolo, Gesù fa un'affermazione che, a prima vista, può sorprendere, ma che, guardata in profondità, rivela la vera grandezza della Madonna: Maria è veramente beata, non semplicemente perché ha generato e allevato Gesù, ma perché ha accolto con fede la volontà del Signore e l'ha messa in pratica. E' questa l'autentica grandezza di Maria ed è anche la sua beatitudine: la beatitudine della fede, che apre la vita dell'uomo all'azione dello Spirito Santo e la rende feconda di frutti benedetti per la gloria di Dio.

In questa icona, carissimi Fratelli e Sorelle, si rispecchia oggi la vostra Comunità diocesana, la Chiesa che è in Chiavari. Si rispecchia in Maria come nel suo sublime modello, e a lei guarda nella speranza di sentir applicate a sé le parole pronunciate quel giorno da Gesù: "Beata te, Chiesa di Chiavari, che ascolti la parola di Dio e la osservi!".

Ecco, carissimi, il Papa è venuto tra voi soprattutto per questo: per recarvi la parola salvifica del Vangelo, e per aiutarvi in questa verifica.

2. Carissimi Chiavaresi! E' grande la mia gioia nel trovarmi oggi in mezzo a voi. Saluto con affetto il vostro Vescovo, Mons. Alberto Maria Careggio. Vi ho mandato come Pastore lui, che mi ha accompagnato sui sentieri di montagna, perché possa accompagnarvi sui sentieri che portano verso il Cielo! Aiutatelo ad essere per tutti voi una buona guida! Con lui abbraccio anche il Vescovo emerito, Mons. Daniele Ferrari, che tanto ha fatto per questa Diocesi.

Rivolgo uno speciale e caloroso saluto ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose, complimentandomi con loro per la generosità con cui svolgono il loro servizio ecclesiale, senza badare a fatiche e disagi. Il saluto si estende anche ai laici impegnati, la cui preziosa collaborazione è indispensabile per l'attività pastorale nelle varie comunità.

Un saluto deferente va poi alle autorità civili, che ringrazio per la loro presenza a questa celebrazione. Il mio pensiero si volge anche a quanti sono uniti a noi mediante la radio e la televisione. Penso in modo particolare agli anziani ed agli ammalati, che ci seguono dalle loro case. A tutti l'assicurazione di una speciale preghiera.

3. Nella comunità di Chiavari la Beata Vergine è particolarmente amata e venerata. Col titolo di Nostra Signora dell'Orto, Maria è la Patrona della diocesi. Ma chi non conosce il bel Santuario di Montallegro, sopra Rapallo? Anche là una celebre effige evoca la spirituale presenza della Madre di Dio. Assai noto è pure il Santuario di Velva, dedicato alla Madonna della Guardia.

Secondo la lezione del Concilio Ecumenico Vaticano II, questo ricco patrimonio di pietà popolare mariana chiede di essere custodito e valorizzato perché, attraverso la Vergine Santissima, anche le nuove generazioni incontrino Cristo, unico Mediatore tra Dio e l'uomo, e in lui trovino la salvezza.

4. Che cosa può significare in concreto, per voi, Comunità ecclesiale di Chiavari, l'impegno di ascoltare e osservare la parola di Dio? Significa certamente leggerla e meditarla nella Bibbia, ma significa anche ascoltarla ed attuarla nella mediazione che ne ha fatto il Sinodo diocesano, concluso nel 1992, a cent'anni dalla fondazione di questa Chiesa particolare.

Come Successore di Pietro vi invito a crescere nell'unità e nella missionarietà, seguendo le direttive del Sinodo. Siate sempre più uniti tra di voi, e nello stesso tempo, apritevi ai vasti orizzonti dell'evangelizzazione: tutti coloro che non hanno ancora incontrato Cristo e la Chiesa vi devono stare a cuore, a partire dal vostro territorio fino ai Paesi di missione.

Abbiate sempre presente la parola di Cristo: "Tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35). Nella comunità questo significa portare i pesi gli uni degli altri, condividere, collaborare, sentirsi corresponsabili. Tutti sono chiamati a creare questo stile di comunione: Vescovo, sacerdoti, religiosi e laici; associazioni, movimenti e gruppi. Il primo ambito in cui fare comunità è la parrocchia: le parrocchie, come tessere di un mosaico, formano la comunità diocesana; questa poi è inserita nell'organismo vivente della Chiesa universale.

Nel vostro territorio, un'attenzione particolare meritano due categorie di persone: i turisti e gli anziani. E' importante che i villeggianti, venendo in gran numero a trascorrere periodi anche lunghi in riviera, incontrino comunità vive, accoglienti, nelle quali possano trovarsi a loro agio, in un clima di famiglia. D'altra parte, bisognerà non trascurare i molti anziani locali, i quali costituiscono un'inestimabile ricchezza umana e spirituale.

5. La Beata Vergine Maria è la terra buona e feconda dove il seme della Parola di Dio è stato accolto con fede ed ha portato il frutto messianico, benedizione salvifica per tutto il genere umano. La Chiesa si rispecchia in questo modello: ogni Comunità diocesana è paragonabile al giardino di cui parla il profeta Isaia, in cui germogliano molteplici carismi che manifestano l'azione della Grazia e arricchiscono il Popolo di Dio.

Penso ai numerosi santi e beati di questa terra: il Vescovo sant'Antonio Maria Gianelli e santa Caterina Fieschi Adorno; i beati Alberto e Baldassarre da Chiavari, il beato sacerdote Agostino Roscelli e la neo-beata Brigida Morello, fondatrice delle Orsoline di Maria Immacolata. Ad essi si aggiungono alcuni Venerabili e Servi di Dio.

Penso ai vari Istituti di vita consacrata femminili e maschili, ed invito i giovani a conoscerli, perché in qualcuno di essi potrebbero trovare il carisma che corrisponde alla loro ricerca di significato e di donazione a Dio e ai fratelli.

Penso anche alle associazioni, ai movimenti, alle comunità ed ai gruppi laicali, che offrono un contributo indispensabile alla missione della Chiesa sia per la formazione che per l'animazione spirituale, caritativa, sociale e culturale. Invoco per ciascuna di queste realtà ecclesiali la forza dello Spirito Santo e le invito ad operare sempre in armonia con la pastorale diocesana secondo le indicazioni del Vescovo.

Incoraggio a proseguire la già intensa azione di pastorale giovanile, formando i "vicini" e nello stesso tempo cercando i "lontani". Auguro un fruttuoso sviluppo alle tante iniziative antiche e nuove, tra le quali ricordo gli itinerari formativi dell'Azione Cattolica, la catechesi interparrocchiale per il sacramento della Cresima e - come "pianta" assai fiorente nel giardino della diocesi - l'Opera del Villaggio del Ragazzo.

Invito a promuovere in modo sempre più organico e capillare la pastorale familiare, che ha un suo punto di riferimento nel centro di spiritualità "Madonnina del Grappa". La famiglia è l'elemento portante della vita sociale e solo lavorando molto e bene con le famiglie si può rinnovare il tessuto della comunità ecclesiale e la stessa società civile.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle di Chiavari! In questa solenne Eucaristia, vi affido tutti alla Madre di Dio e della Chiesa. Ella sia sempre al centro della vostra Comunità, come lo fu tra i primi discepoli, a Gerusalemme. Per sua intercessione, in questo secondo anno di preparazione immediata al Giubileo del Duemila, invochiamo insieme una rinnovata effusione dello Spirito Santo su questa giovane Diocesi, perché ascolti sempre la Parola di Dio e la metta in pratica, e, oltre che di bellezze naturali, sia sempre più ricca di fede, di speranza e di amore. "Come una sposa che si adorna di gioielli" (Is 61,10).

Beata te, Chiesa di Chiavari, se saprai ascoltare la parola di Dio e ti sforzerai di osservarla! (cfr Lc 11,28).

Possa tu essere il giardino di cui parla il profeta Isaia: il Signore Dio faccia germogliare in te la giustizia e questo ti valga "la lode davanti a tutti i popoli"! (cfr Is 61,11).

Amen!
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VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A CHIAVARI E BRESCIA

(18-20 SETTEMBRE 1998)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA E BEATIFICAZIONE

DEL SERVO DI DIO GIUSEPPE ANTONIO TOVINI


Domenica, 20 settembre 1998




1. Pietro, mi ami tu? (cfr Jn 21,15).

In questa solenne Celebrazione eucaristica, con la quale si chiude il centenario della nascita del Servo di Dio Paolo VI, è stato proclamato il Vangelo nel quale Cristo chiede a Pietro se lo ama. Prima di affidargli l'incarico di Capo del Collegio apostolico e la missione di essere il fondamento dell'unità della Chiesa, Cristo fa a Pietro l'esame sull'amore: "Mi ami tu?". E lo fa perché il servizio, a cui intende chiamarlo, è un servizio di amore a Dio, alla Chiesa, all'umanità.

Nella prima Lettura abbiamo poi ascoltato le parole del Libro del profeta Isaia: "Il Signore... mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri" (Is 61,1). Esse richiamano alla mente la testimonianza evangelica di Giuseppe Tovini, che oggi ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari. Egli morì nello stesso anno in cui nacque Giovanni Battista Montini. Il futuro Papa testimonierà ripetutamente di aver raccolto dalle labbra di suo padre e da amici di famiglia tanti episodi riguardanti l'impegno cattolico del Tovini e le iniziative promosse da lui con altri ardimentosi bresciani. Sono lieto che la beatificazione di questa figura così di spicco abbia avuto luogo mentre si chiude il centenario della nascita di Paolo VI.

Saluto con affetto tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, che prendete parte a questa solenne assemblea eucaristica. Saluto il Vescovo di Brescia, il caro Mons. Bruno Foresti, il Signor Cardinale Martini e tutti i Vescovi della Lombardia. Un particolare pensiero rivolgo a Mons. Giovanni Battista Re, nato in questa terra e formato nel Seminario di Brescia. Con lui saluto anche Mons. Pasquale Macchi, che per tanti anni è stato segretario particolare di Papa Paolo VI. Un pensiero deferente rivolgo al Rappresentante del Governo ed a tutte le Autorità presenti.

Con intenso affetto saluto te, città di Brescia, così ricca di opere di ispirazione cristiana; saluto i tuoi Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose come pure i moltissimi laici, che nelle varie mansioni ecclesiali e civili si sono distinti e si distinguono per il loro impegno religioso, sociale e culturale.

2. "Pietro, mi ami?". Possiamo dire che la vita di Paolo VI sia stata tutta una risposta a questa domanda di Cristo: una grande prova di amore a Dio, alla Chiesa ed agli uomini. Egli amò Dio come Padre condiscendente e premuroso e, nei passaggi importanti della sua esistenza, specialmente in quelli carichi di difficoltà e sofferenze, mostrò sempre un fortissimo senso della paternità divina.

Quando, da Arcivescovo di Milano, decise di tenere una Missione popolare per imprimere rinnovato slancio alla tradizione cristiana della Città, scelse come tema fondamentale: Dio è Padre. Nel momento, poi, di concludere la sua giornata terrena a Castel Gandolfo, il 6 agosto di 20 anni fa, volle recitare come ultima preghiera il Padre Nostro.

E che dire del suo amore appassionato per Cristo? La sua fu una spiritualità essenzialmente cristocentrica. Nell'Omelia per l'inizio del Pontificato, spiegò di aver scelto il nome di Paolo perché è l'Apostolo "che supremamente amò Cristo, che in sommo grado desiderò e si sforzò di portare il Vangelo di Cristo a tutte le genti, che per il nome di Cristo offrì la sua vita" (30 giugno 1963, in Insegnamenti I [1963], PP 24-25). Ed aggiunse in un'altra occasione, che è impossibile prescindere da Cristo, "se vogliamo sapere qualche cosa di sicuro, di pieno, di rivelato su Dio; o meglio, se vogliamo avere qualche relazione viva, diretta e autentica con Dio" (Udienza Generale, 18 dicembre 1968).

3. All'amore per Dio Padre e per Cristo Maestro, Paolo VI unì un intenso amore per la Chiesa, per la quale spese ogni sua risorsa fisica, intellettuale e spirituale, come testimonia la commovente confessione consegnata nel Pensiero alla morte: "La Chiesa... potrei dire che sempre l'ho amata; ... e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto" (Pubblicazione dell'Istituto Paolo VI, Brescia 1988, PP 28-29).

Da quest'amore per Cristo e per la Chiesa sgorgava quasi spontaneamente quella sua passione pastorale per l'uomo, con acuta intuizione dei travagli e delle attese dell'epoca contemporanea. Pochi come lui hanno saputo interpretare le ansie, gli ardimenti, le fatiche e le aspirazioni degli uomini del nostro secolo. Volle camminare al loro fianco; si fece per questo pellegrino sulle loro strade, incontrandoli là dove essi vivono e lottano per costruire un mondo più attento e rispettoso per la dignità d'ogni essere umano.

Volle essere servo di una Chiesa evangelizzatrice dei poveri, chiamata con ogni persona di buona volontà a costruire quella "civiltà dell'amore", nella quale non vanno agli ultimi soltanto le briciole del progresso economico e civile, ma dove devono regnare la giustizia e la solidarietà.

4. Questa singolare sensibilità di Papa Montini per le grandi questioni sociali del nostro secolo affonda le proprie radici nelle sue origini bresciane. All'interno della sua stessa famiglia e poi durante gli anni della giovinezza trascorsi a Brescia, egli respirò quel clima e quel fervore d'iniziative che fece del cattolicesimo bresciano uno dei punti di riferimento significativi della presenza dei cattolici nella vita sociale e politica del Paese. All'inizio del pontificato, rivolgendosi ai suoi concittadini, Paolo VI esprimeva questo debito di riconoscenza: "Brescia!, la città che non soltanto mi ha dato i natali, ma tanta parte della tradizione civile, spirituale, umana, insegnandomi, inoltre, che cosa sia il vivere in questo mondo, e sempre offrendomi un quadro che, credo, regga alle successive esperienze, disposte lungo i vari anni dalla Provvidenza Divina" (Discorso ad un pellegrinaggio di Milano e Brescia, 29 giugno 1963).

5. Un grande testimone del Vangelo incarnato nelle vicende sociali ed economiche dell'Italia del secolo scorso è certamente il beato Giuseppe Tovini. Egli brilla per la forte sua personalità, per la sua profonda spiritualità familiare e laicale e per l'impegno con cui si prodigò a migliorare la società. Tra Tovini e Giovanni Battista Montini esiste - a ben guardare - un intimo, profondo legame spirituale ed ideale.

Infatti, di Tovini lo stesso Pontefice ebbe a scrivere: "La memoria da lui lasciata fra quanti per primi conobbi e stimai era così viva e presente, che spessissimo ebbi ad ascoltare commenti ed encomi della sua persona singolare e della sua multiforme attività; sentii attonito ammirate espressioni della sua virtù e addolorati rimpianti per la sua precoce scomparsa" (Prefazione di Giovanni Battista Montini alla biografia di Giuseppe Tovini redatta da Padre Antonio Cistellini nel 1953, p. I).

6. Fervente, leale, attivo nella vita sociale e politica, Giuseppe Tovini proclamò con la sua vita il messaggio cristiano, fedele sempre alle indicazioni del Magistero della Chiesa. Sua costante preoccupazione fu la difesa della fede, convinto che - come ebbe ad affermare in un congresso - "i nostri figli senza la fede non saranno mai ricchi, con la fede non saranno mai poveri". Visse in un momento delicato della storia italiana e della stessa Chiesa ed ebbe chiaro che non era possibile rispondere in pieno alla chiamata di Dio senza una dedizione generosa e disinteressata alle problematiche sociali.

Ebbe uno sguardo profetico, rispondendo con audacia apostolica alle esigenze dei tempi che, alla luce delle nuove forme di discriminazione, richiedevano dai credenti una più incisiva opera di animazione delle realtà temporali.

Facilitato dalla competenza giuridica e dal rigore professionale che lo contraddistinsero, promosse e guidò molteplici organismi sociali, assumendo anche incarichi politici a Cividate Camuno e a Brescia, nel desiderio di rendere presente la dottrina e la morale cristiana in mezzo al popolo. L'impegno per l'educazione fu ritenuto da lui prioritario e, fra le sue tante iniziative, si distinse quella in difesa della scuola e della libertà d'insegnamento.

Con umili mezzi e con grande coraggio egli si prodigò infaticabilmente per salvare alla società bresciana ed italiana ciò che ha di più suo, cioè il suo patrimonio religioso e morale.

La onestà e coerenza del Tovini trovavano radici nel profondo, vitale rapporto con Dio, che egli alimentava costantemente con l'Eucarestia, la meditazione e la devozione alla Vergine. Dall'ascolto di Dio nella diuturna preghiera, egli traeva la luce e il vigore per le grandi battaglie sociali e politiche che dovette sostenere per tutelare i valori cristiani. Della sua pietà è testimone la chiesa di San Luca, con la bella effige dell'Immacolata, ove si trovano ora le sue spoglie mortali.

Alla vigilia ormai del terzo millennio, Giuseppe Tovini, che oggi contempliamo nella gloria del Paradiso, ci è di sprone. A questo grande apostolo sociale, che seppe dare speranza a quanti erano privi di voce nella società del suo tempo, invito a guardare soprattutto voi, cari fedeli laici di Brescia e d'Italia, perché il suo esempio sia per tutti stimolo ed incoraggiamento ad operare ancora oggi e sempre con generosità per difendere e diffondere la verità e le esigenze del Vangelo. Egli dal Cielo vi protegga e con la sua intercessione vi sostenga.

Cari Bresciani, avete ricevuto una grande eredità religiosa e civile: custoditela come un patrimonio incomparabile, e datene testimonianza operosa con quella genialità e coerenza, con quella fedeltà e perseveranza che hanno distinto Paolo VI e Giuseppe Tovini.

7. "Ho combattuto la buona battaglia... Il Signore mi è stato vicino" (2Tm 4,7 2Tm 4,17). Queste parole della seconda Lettura della Messa riassumono l'esperienza spirituale delle due Personalità che oggi ricordiamo con devota ammirazione. Ringraziamo Dio per la loro testimonianza: essa è dono prezioso non soltanto per Brescia, ma per l'Italia e per l'intera umanità. Col trascorrere del tempo, non si deve scolorire il loro ricordo. In campi diversi e con responsabilità differenti, essi hanno seminato tanto bene, hanno combattuto la buona battaglia: la battaglia della Verità e della civiltà dell'Amore.

Maria, Madre della Chiesa, ci aiuti a raccoglierne l'eredità e a seguirne le orme, perché sia concesso anche a noi, come all'apostolo Pietro, di rispondere a Cristo: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Jn 21,17).

Amen!


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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN CROAZIA (2-4 OTTOBRE 1998)

SANTA MESSA E BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO

ALOJZIJE STEPINAC


NELLA SPIANATA DEL SANTUARIO DI MARIJA BISTRICA


Sabato, 3 ottobre 1998



1. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Jn 12,24). Le parole di Cristo, che abbiamo appena ascoltato, ci portano al cuore stesso del Mistero che stiamo celebrando. In certo qual modo esse racchiudono in sé l'intero Evento pasquale: ci orientano verso la morte del Redentore sulla Croce, nel Venerdì Santo e, nello stesso tempo, ci indirizzano verso il mattino di Pasqua.

Noi facciamo riferimento a questo Mistero ogni giorno durante la Santa Messa quando, dopo la consacrazione del pane e del vino. diciamo: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». Il "chicco di grano caduto in terra" è innanzitutto Cristo, che sul Calvario morì e fu sepolto nella terra per dare a tutti la vita. Ma questo mistero di morte e di vita trova attuazione anche nella vicenda terrena dei seguaci di Cristo: anche per loro l'essere buttati nella terra per morirvi resta la condizione di ogni autentica fecondità spirituale.

Non fu forse questo il segreto anche del vostro indimenticabile e indimenticato Arcivescovo, il Card. Alojzije Stepinac, che oggi contempliamo nella gloria dei Beati? Egli partecipò in modo singolare al Mistero pasquale: come chicco di grano "cadde nella terra", in questa terra di Croazia, e morendo portò frutto, molto frutto. «Chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (cfr Jn 12,25).

Le parole della seconda lettera ai Corinzi, poc'anzi proclamate, si collegano molto bene all’Evento che stiamo celebrando. Scrive san Paolo: «Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2Co 1,5). Non costituisce, forse questa affermazione un significativo commento alle parole di Cristo sul chicco che muore? Coloro che abbondano nella partecipazione alle sofferenze di Cristo, grazie a Lui sperimentano anche l'intensa consolazione che scaturisce dalla fioritura di bene a cui la Croce dà origine.

2. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Jn 12,24). Siamo oggi colmi di gioia nel rendere insieme grazie a Dio per il nuovo frutto di santità che la terra croata offre alla Chiesa nella persona del martire Alojzije Stepinac, Arcivescovo di Zagabria e Cardinale di Santa Romana Chiesa.

Numerosi sono stati, nel corso dei secoli, i martiri sbocciati in queste regioni, cominciando dai tempi dell'Impero romano con figure quali Venanzio, Domnio, Anastasia, Quirino, Eusebio, Pollione, Mauro e tanti altri. Ad essi si affiancano nei secoli successivi Nicola Tavelic e Marco di Krizevci, come pure i molti confessori della fede durante la dominazione ottomana, fino a quelli dell'epoca nostra, tra i quali si staglia la luminosa personalità del Card. Stepinac.

Con il loro sacrificio unito alle sofferenze di Cristo, essi hanno offerto una straordinaria testimonianza, che col passare del tempo nulla perde della sua eloquenza, ma continua ad irradiare luce e ad infondere speranza. Accanto ad essi molti altri pastori e semplici fedeli, uomini e donne, hanno pure confermato col sangue la loro adesione a Cristo. Essi fanno parte della moltitudine di coloro che, avvolti in vesti candide e con palme nelle mani, stanno ora davanti al trono dell'Agnello (cfr Ap 7,9).

Il Beato Alojzije Stepinac non ha versato il sangue nel senso stretto della parola. La sua morte è stata causata dalle lunghe sofferenze subite: gli ultimi 15 anni della sua vita furono un continuo susseguirsi di vessazioni, in mezzo alle quali egli espose con coraggio la propria vita per testimoniare il Vangelo e l'unità della Chiesa. Per usare le parole del Salmo, egli pose nelle mani di Dio la sua stessa vita (cfr Ps 16 [15], 5).

3. Non molto tempo ci divide dalla vita e dalla morte del Cardinale Stepinac: appena 38 anni. Tutti conosciamo il contesto di questa morte. Molti tra i presenti possono testimoniare per esperienza diretta quanto abbiano abbondato in quegli anni le sofferenze di Cristo tra le popolazioni della Croazia e di tante altre Nazioni del Continente. Oggi, pensando alle parole dell'Apostolo, di tutto cuore vogliamo augurare a quanti abitano in queste terre che, dopo la tribolazione, abbondi in loro la consolazione di Cristo crocifisso e risorto.

Un particolare motivo di consolazione per tutti noi è certo l'odierna beatificazione. Questo atto solenne avviene nel santuario nazionale croato di Marija Bistrica nel primo sabato del mese di ottobre. Sotto gli occhi della Vergine Santissima un figlio illustre di questa Terra benedetta sale alla gloria degli altari, nel centesimo anniversario della sua nascita. È un momento storico nella vita della Chiesa e della vostra Nazione. Il Cardinale Arcivescovo di Zagabria, una delle figure di spicco della Chiesa Cattolica, dopo aver subito nel proprio corpo e nel proprio spirito le atrocità del sistema comunista, è ora consegnato alla memoria dei suoi connazionali con le fulgide insegne del martirio.

L’Episcopato del vostro Paese ha chiesto che la beatificazione di Stepinac potesse aver luogo proprio qui, nel Santuario di Marija Bistrica. Conosco per esperienza personale che cosa significò per i Polacchi, nel periodo in cui i comunisti erano al potere, il Santuario di Jasna Gora, con il quale ebbe un rapporto tutto speciale il ministero pastorale del Servo di Dio Cardinale Stefan Wyszynski. Non mi stupisce che un valore simile abbia avuto per voi il Santuario in cui ora ci troviamo, o quello di Solona, ove mi recherò domani. Da tempo desideravo venire a visitare il Santuario di Marija Bistrica. Per questo ho accolto volentieri la proposta dell’Episcopato croato e compio oggi in questo luogo significativo il solenne atto della beatificazione.

Saluto cordialmente i Vescovi croati qui convenuti, con un particolare pensiero per il caro Card. Franjo Kuharic e per l'Arcivescovo di Zagabria e Presidente della Conferenza Episcopale Croata, Mons. Josip Bozanic. Il mio saluto s'estende poi ai Signori Cardinali Sodano, Meisner, Puljic, Schönborn, Ambrozic, Korec, agli Arcivescovi e Vescovi qui giunti per la circostanza da diversi Paesi. Saluto pure con affetto i sacerdoti, i consacrati, le consacrate e tutti i fedeli laici, come pure i rappresentanti delle altre Confessioni religiose che sono presenti a questa celebrazione. Un pensiero di speciale deferenza rivolgo infine al Presidente della Repubblica, al Capo del Governo ed alle autorità civili e militari del Paese, che hanno voluto onorarci della loro presenza.

4. "Se uno mi vuol servire mi segua" (Jn 12,24 Jn 12,26). Il Buon Pastore fu per il Beato Stepinac l’unico Maestro: al suo esempio egli ispirò sino alla fine la propria condotta, offrendo la vita per il gregge che gli era stato affidato in un periodo particolarmente difficile della storia.

Nella persona del nuovo Beato si sintetizza, per così dire, l’intera tragedia che ha colpito le popolazioni croate e l’Europa nel corso di questo secolo segnato dai tre grandi mali del fascismo, del nazismo e del comunismo. Egli è ora nella gioia del cielo, attorniato da tutti quelli che, come lui, hanno combattuto la buona battaglia, temprando la loro fede nel crogiolo della sofferenza. A lui noi oggi guardiamo con fiducia invocandone l'intercessione.

Sono significative, a questo riguardo, le parole che il nuovo Beato pronunciava nel 1943, durante il secondo conflitto mondiale, quando l’Europa si trovava stretta nella morsa di un’inaudita violenza: «Quale sistema appoggia la Chiesa Cattolica oggi mentre tutto il mondo sta combattendo per un nuovo ordine mondiale? Noi, nel condannare tutte le ingiustizie, tutte le uccisioni degli innocenti, tutti gli incendi dei villaggi tranquilli, ogni distruzione delle fatiche dei poveri, ..., rispondiamo così: la Chiesa appoggia quel sistema che ha tanti anni quanti i Dieci Comandamenti di Dio. Noi siamo per il sistema che non è stato scritto su tavole corruttibili, ma che è stato iscritto con il dito del Dio vivente nelle coscienze degli uomini» (Omelie, Discorsi, Messaggi, Zagabria 1996, 179-180).

5. "Padre, glorifica il tuo nome!" (Jn 12,24 Jn 12,28). Con il suo itinerario umano e spirituale, il Beato Alojzije Stepinac ha offerto al suo popolo una sorta di bussola con la quale orientarsi. Eccone i punti cardinali: la fede in Dio, il rispetto dell’uomo, l’amore verso tutti spinto fino al perdono, l'unità con la Chiesa guidata dal Successore di Pietro. Egli sapeva bene che non si possono fare sconti sulla verità, perché la verità non è merce di scambio. Per questo affrontò la sofferenza piuttosto che tradire la propria coscienza e venir meno alla parola data a Cristo ed alla Chiesa.

In questa coraggiosa testimonianza non fu solo. Ebbe accanto a sé altri coraggiosi che, per conservare l'unità della Chiesa e per difenderne la libertà, accettarono di pagare con lui un pesante tributo di carcere, di maltrattamenti e persino di sangue. A questa schiera di anime generose - Vescovi, sacerdoti, consacrati, consacrate, fedeli laici - va oggi la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza. Ascoltiamone il forte invito al perdono e alla riconciliazione. Perdonare e riconciliarsi vuol dire purificare la memoria dall’odio, dai rancori, dalla voglia di vendetta; vuol dire riconoscere come fratello anche colui che ci ha fatto del male; vuol dire non farsi vincere dal male, ma vincere col bene il male(cfr Rm 12,21).

6. Sii benedetto «Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2Co 1,3), per questo nuovo dono della tua grazia.

Sii benedetto Unigenito Figlio di Dio e Salvatore del mondo per la tua Croce gloriosa, che nell’Arcivescovo di Zagabria, il Cardinale Alojzije Stepinac, ha registrato una splendida vittoria.

Sii benedetto Spirito del Padre e del Figlio, Spirito Paraclito, che continui a manifestare la tua santità negli uomini e che non cessi di far progredire l'opera della salvezza.

Dio Uno e Trino, oggi Ti voglio rendere grazie per la salda fede di questo tuo Popolo, nonostante le non poche avversità incontrate nel corso dei secoli. Ti voglio ringraziare per gli innumerevoli martiri e confessori, uomini e donne di tutte le età, fioriti in questa terra benedetta!

«Padre, glorifica il tuo nome!» (Jn 12,28).

Siano lodati Gesù e Maria!

Al termine della Concelebrazione Eucaristica, il Santo Padre ha rivolto un saluto ai pellegrini dei diversi gruppi linguistici presenti sulla spianata del Santuario di Marija Bistrica e che avevano preso parte alla cerimonia di Beatificazione del Cardinale Stepinac. Queste le parole di Giovanni Paolo II:

saluto in lingua croata:

[Cari Fratelli e Sorelle! Vorrei al termine di questa Celebrazione eucaristica rivolgere un affettuoso saluto a tutti i croati giunti dalla Patria e dall'estero, in questo santuario mariano per condividere la gioia della beatificazione dell'Arcivescovo di Zagabria, il Cardinale Alojzije Stepinac, che in un periodo particolarmente difficile della recente storia è stato guida sicura per tutti i cattolici della regione e difensore dei perseguitati. Particolarmente numerosi sono i pellegrini provenienti dalla Bosnia ed Erzegovina, venuti con i loro Vescovi e Sacerdoti. A tutti una speciale Benedizione.

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto anche ai pellegrini di altri gruppi linguistici.]

saluto in lingua slovena:

[Saluto cordialmente i numerosi pellegrini sloveni, in maniera particolare i seminaristi dei Seminari Maggiori di Ljubljana e di Maribor. Auspico che l'esempio e l'intercessione del nuovo Beato siano d'impulso alla comune opera apostolica della Chiesa e alla fraterna convivenza tra le due Nazioni].

saluto in lingua italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. L'intercessione del Beato Luigi Stepinac ottenga ai Popoli dell'intero Continente di portare a termine, riconciliati nella verità, la costruzione della casa comune europea. Benedico voi qui presenti e tutti i vostri familiari.

saluto in lingua ungherese:

[Cari fedeli di lingua ungherese, il Beato Martire Alojzije Stepinac vi sostenga nel vostro cammino di fede e di speranza.

Con la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!]

saluto in lingua tedesca:

[Cari pellegrini provenienti dai Paesi di lingua tedesca!

Il Cardinale Stepinac aveva speciali legami con la vostra Patria. Egli infatti fu formato al sacerdozio nel Collegio Germanico-Ungarico a Roma. La sua testimonianza di vita sia per voi stimolo a stare dalla parte del Vangelo anche quando è necessario affrontare opposizioni ed ostilità. Vi auguro un buon ritorno alle vostre case e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo alle vostre famiglie.]

Rivolgendosi ai pellegrini dall’Albania, il Papa ha pronunciato le parole di cui diamo di seguito il testo in italiano:

Cari fratelli albanesi cattolici, saluto tutti voi che vivete in Croazia. Vi auguro che rimaniate fedeli a Gesù Cristo. Sia lodato Gesù Cristo!

saluto in lingua polacca:

[Se sono presenti qui i polacchi, e penso che ci siano, che Dio li benedica. Sia lodato Gesù Cristo!]
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GPII Omelie 1996-2005 163