GPII Omelie 1996-2005 279

279

STAZIONE QUARESIMALE PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE

NELLA BASILICA DI SANTA SABINA ALL’AVENTINO


Mercoledì, 28 febbraio 2001

1. "Lasciatevi riconciliare con Dio... Ecco ora il momento favorevole" (2Co 5,20 2Co 6,2).

Questo è l'invito che la Liturgia ci rivolge all'inizio della Quaresima, esortandoci a prendere consapevolezza del dono della salvezza offerta, in Cristo, ad ogni uomo.

Parlando del "momento favorevole", l'apostolo Paolo si riferisce alla "pienezza del tempo" (cfr Ga 4,4), il tempo cioè in cui Dio, mediante Gesù, ha "esaudito" e "soccorso" il suo popolo, realizzando appieno le promesse dei profeti (cfr Is 49,8). In Cristo si compie il tempo della misericordia e del perdono, il tempo della gioia e della salvezza.

Dal punto di vista storico, il "momento favorevole" è il tempo in cui il Vangelo viene annunciato dalla Chiesa agli uomini di ogni razza e cultura perché si convertano e si aprano al dono della redenzione. La vita risulta allora intimamente trasformata.

2. "Ecco ora il momento favorevole".

La Quaresima, che oggi inizia, è sicuramente, nel corso dell'anno liturgico, un "momento favorevole" per accogliere con maggiore disponibilità la grazia di Dio. Proprio per questo, essa è definita "segno sacramentale della nostra conversione" (orazione colletta, Iª Domenica di Quaresima): segno e strumento efficace di quel radicale mutamento di vita che nei credenti chiede di essere costantemente rinnovato. La sorgente di tale straordinario dono divino è il Mistero pasquale, il mistero della morte e risurrezione di Cristo, da cui scaturisce la redenzione per ogni uomo, per la storia e per l'intero universo.

A questo mistero di sofferenza e di amore si richiama, in un certo modo, il tradizionale rito dell'imposizione delle ceneri, illuminato dalle parole che l'accompagnano: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). A questo stesso mistero fa riferimento anche il digiuno che oggi osserviamo, per iniziare un cammino di vera conversione, in cui l'unione con la passione di Cristo ci permetta di affrontare e vincere il combattimento contro lo spirito del male (cfr orazione colletta, Mercoledì delle Ceneri).

3. "Ecco ora il momento favorevole".

Con questa consapevolezza, intraprendiamo l'itinerario quaresimale, riallacciandoci idealmente al Grande Giubileo, che ha segnato per la Chiesa intera uno straordinario tempo di penitenza e di riconciliazione. E' stato un anno di intenso fervore spirituale, durante il quale si è riversata abbondante sul mondo la divina misericordia. Perché questo tesoro di grazia continui ad arricchire spiritualmente il popolo cristiano, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho offerto concrete indicazioni sul come avviarsi in questa nuova fase della storia della Chiesa.

Fra tali indicazioni, vorrei qui richiamarne alcune che ben si intonano con le peculiari caratteristiche del tempo quaresimale. Prima, fra tutte, la contemplazione del volto del Signore: volto che si presenta in Quaresima quale "volto dolente" (cfr nn. 25-27). Nella Liturgia, nelle Stationes quaresimali, come pure nella pia pratica della Via Crucis, la preghiera contemplativa conduce ad unirsi al mistero di Colui che, pur non avendo conosciuto il peccato, Dio trattò da peccato in nostro favore (cfr 2Co 5,21). Alla scuola dei Santi, ogni battezzato è chiamato a seguire più da vicino Gesù che, salendo a Gerusalemme e prevedendo la sua passione, confida ai discepoli: "C'è un battesimo che devo ricevere" (Lc 12,50). Il cammino quaresimale diventa così per noi docile sequela del Figlio di Dio, fattosi Servo obbediente.

4. Il cammino a cui la Quaresima ci invita si attua, innanzitutto, nella preghiera: le comunità cristiane devono diventare, in queste settimane, autentiche "scuole di preghiera". Un altro obiettivo privilegiato è poi quello di avvicinare i fedeli al Sacramento della riconciliazione, affinché ognuno possa "riscoprire Cristo come mysterium pietatis, colui nel quale Dio ci mostra il suo cuore compassionevole e ci riconcilia pienamente a sé" (Novo millennio ineunte, NM 37). L'esperienza della misericordia di Dio, peraltro, non può non suscitare l'impegno della carità, spingendo la comunità cristiana a "scommettere sulla carità" (cfr Novo millennio ineunte, IV). Alla scuola di Cristo, essa comprende meglio l'esigente opzione preferenziale per i poveri, vivendo la quale "si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia" (ibid.).

5. "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20).

Nel mondo d'oggi cresce il bisogno di pacificazione e di perdono. Di questo anelito ricorrente al perdono e alla riconciliazione mi sono fatto portavoce nel Messaggio per questa Quaresima. La Chiesa, poggiando sulla parola di Cristo, annuncia il perdono e l'amore per i nemici. Così facendo "è consapevole di immettere nel patrimonio spirituale dell'intera umanità un modo nuovo di rapportarsi agli altri; un modo certo faticoso, ma ricco di speranza" (Messaggio, 4). Ecco il dono che essa offre anche agli uomini del nostro tempo.

"Lasciatevi riconciliare con Dio!": echeggia con insistenza nel nostro spirito questa parola. Oggi - ci dice la Liturgia - è il "momento favorevole" per la nostra riconciliazione con Dio. Con tale consapevolezza, abbiamo ricevuto l'imposizione delle ceneri, muovendo i primi passi del cammino quaresimale. Proseguiamo con generosità su questa strada, conservando lo sguardo fisso su Cristo crocifisso. La Croce, infatti, è la salvezza dell'umanità: solo a partire dalla Croce è possibile costruire un futuro di speranza e di pace per tutti.


280

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANT’ANDREA APOSTOLO

OMELIA DEL SANTO PADRE


Domenica, 4 marzo 2001




1. "Gesù... fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo" (Lc 4,1-2). In questa prima domenica di Quaresima, riascoltiamo il racconto della lotta di Gesù contro il diavolo, all'inizio della vita pubblica. Dopo essere stato riconosciuto dal Padre, al momento del Battesimo presso il fiume Giordano, come il "Figlio prediletto" (cfr Lc 3,22), Gesù viene ora messo alla prova nella sua fedeltà a Dio. Contrariamente, però, ad Adamo ed Eva nel paradiso terrestre (cfr Gn 3), e a differenza del popolo d'Israele nel deserto (cfr Ex 16-17 Dt 8), egli resiste alla tentazione e trionfa sul Maligno.

In questa scena intravediamo la lotta di dimensione cosmica delle forze del male contro la realizzazione del piano salvifico che il Figlio di Dio è venuto a proclamare e inaugurare nella sua stessa persona. Con Cristo inizia infatti il tempo della nuova creazione; in Lui si realizza la nuova e perfetta Alleanza tra Dio e l'intera umanità. Questo combattimento contro lo Spirito del male coinvolge ognuno di noi, chiamato a seguire l'esempio del divino Maestro.

2. "Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato" (Lc 4,13). L'attacco del tentatore contro Gesù, cominciato durante la sua permanenza nel deserto, culminerà nei giorni della passione sul Calvario, quando il Crocifisso trionferà definitivamente sul male, riconciliando l'uomo con Dio. L’evangelista Luca conclude l'odierno racconto delle tentazioni con il riferimento a Gerusalemme; a differenza di Matteo, egli sembra voler porre in rilievo fin dall'inizio che il trionfo di Cristo sulla Croce avverrà nella Città Santa, dove si compirà il Mistero pasquale.

Nel Messaggio per la Quaresima di quest'anno ho scritto che anche agli uomini e alle donne di oggi Cristo rivolge l'invito a «salire a Gerusalemme»", cioè a seguirlo sulla via della Croce. Avvertiamo questo invito con forte eloquenza quest'oggi, mentre compiamo i primi passi del tempo quaresimale, tempo favorevole per la conversione e per il ritorno alla piena comunione con Dio.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di sant'Andrea Apostolo! Saluto con affetto l'intera vostra Comunità. Un pensiero riconoscente dirigo a coloro che, a nome di tutti, mi hanno rivolto il benvenuto all'inizio della celebrazione eucaristica. Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro caro Parroco, Padre Battista Previtali, ed i suoi collaboratori appartenenti alla Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana. Un cordiale saluto va, poi, alle Religiose e ai Religiosi presenti in parrocchia, agli aderenti ai numerosi e vivaci gruppi parrocchiali. Per mezzo di voi qui presenti, vorrei altresì far pervenire il mio saluto a quanti abitano nel quartiere.

La vostra bella Comunità di sant'Andrea Apostolo celebra quest'anno il sessantesimo di fondazione. Una così significativa ricorrenza non può non costituire un'occasione quanto mai opportuna per riflettere sul vostro passato, per guardare con lucidità alle sfide e agli impegni del momento presente, e per elaborare con coraggio progetti per il futuro.

Con gioia unisco la mia voce alla vostra, nel ringraziare il Signore per i tanti segni di amore che ha concesso a questa Comunità, sin dal suo nascere. Nel corso degli anni la vostra Comunità si è in parte trasformata, fino ad assumere la configurazione attuale, con una differenziazione del tenore di vita degli abitanti che la compongono. E' aumentato il numero delle persone provenienti dai Paesi dell'Est europeo e dal cosiddetto "Terzo Mondo".

4. Questa concreta situazione della Parrocchia vi domanda di crescere sempre più nella comunione con tutti. Nella Chiesa nessuno è straniero: per questo è importante creare occasioni di dialogo e favorire la reciproca comprensione. Occorre soprattutto che ciascuno si senta coinvolto in una pastorale attenta ai bisogni reali della gente.

Sappiate, dunque, essere una comunità aperta a tutti, perseverando nell'ascolto della parola di Dio, nella celebrazione dei sacramenti della salvezza e condividendo le tante iniziative pastorali e di solidarietà promosse a livello di Diocesi e di Prefettura. So che state proseguendo nell'impegno avviato nella Missione cittadina di recare il Vangelo a tutti, soprattutto ai giovani e alle famiglie. La Quaresima è un tempo favorevole per la riscoperta del Battesimo e della forza missionaria che da esso scaturisce. Lo possono personalmente testimoniare gli oltre cento missionari laici della vostra Comunità, che hanno partecipato alla grande Missione cittadina in preparazione al Giubileo. Ogni cristiano deve sentirsi coinvolto nella vasta opera dell'evangelizzazione. Se saprete essere missionari nel vostro quartiere, il Signore non vi farà mancare vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. In modo particolare, sorgeranno tra voi, com'è vostro desiderio, generose vocazioni missionarie «ad gentes».

5. Desidero, ora, rivolgermi alle famiglie. La Quaresima è un «tempo forte», che ci invita al perdono e alla riconciliazione. E' questo uno sforzo non facile, che riguarda anche i rapporti all'interno della famiglia. Tocca a voi, care famiglie, lasciare che lo Spirito vi renda luoghi di serenità e di pace, di ascolto e di dialogo, di condivisione e di rispetto per ognuno. All'interno di nuclei familiari fedeli al Vangelo, i giovani possono attingere coraggio e fiducia per guardare al futuro con senso di matura corresponsabilità.

Cari giovani, è nelle vostre mani il futuro vostro e delle famiglie che formerete: siatene ben consapevoli. La Chiesa si aspetta molto da voi, dal vostro entusiasmo, dalla vostra capacità di guardare avanti e dal vostro desiderio di radicalità nelle scelte di vita. A voi ripeto le parole di Cristo, contenute nel Messaggio per la prossima XVI Giornata Mondiale della Gioventù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Lc 9,23).

Occorre imitare Gesù che lotta contro il male nel deserto; anzi, occorre seguirlo fino a Gerusalemme, fino sul Calvario.

6. "Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10,9). Mercoledì scorso abbiamo iniziato l'itinerario quaresimale, cammino di ascesi che deve condurci ad un rinnovato incontro con Gesù, riconosciuto come il "Signore". E' Lui che ci salva: professare la fede è, pertanto, credere in Cristo e a Lui affidarsi totalmente. Saremo salvati (cfr Rm 10,10), se accoglieremo Lui e le sue parole di vita eterna.

La Vergine Maria, fedele discepola del Signore, ci insegni a "crescere nella conoscenza del mistero di Cristo" (Colletta); ci aiuti a confessare con la bocca che Gesù è il nostro Signore e a credere con il cuore che Egli ha vinto la morte, dischiudendo per l'intera umanità le porte del Regno. Ci prepareremo così a gustare, insieme con tutti i credenti, la gioia e lo splendore della Pasqua di resurrezione.


11301

BEATIFICAZIONE José Aparicio Sanz e 232 compagni, Domenica, 11 marzo 2001

Amati fratelli e sorelle,

1. "Il Signore Gesù Cristo... trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" (Ph 3,21). Queste parole di San Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura della Liturgia odierna, ci ricordano che la nostra vera patria è nei cieli e che Gesù trasfigurerà il nostro corpo mortale in un corpo glorioso come il suo. L'Apostolo commenta così il mistero della Trasfigurazione del Signore che la Chiesa proclama in questa seconda domenica di Quaresima. In effetti, Gesù ha voluto dare un segno e una profezia della sua Resurrezione gloriosa, alla quale anche noi siamo chiamati a partecipare. Ciò che si è realizzato in Gesù, nostro Capo, deve completarsi in noi, che siamo il suo Corpo.

È questo il grande mistero per la vita della Chiesa, in quanto non si deve pensare che la trasfigurazione si produrrà solo nell'aldilà, dopo la morte. La vita dei santi e la testimonianza dei martiri c'insegnano che, se la trasfigurazione del corpo avverrà alla fine dei tempi con la resurrezione della carne, quella del cuore ha luogo ora su questa terra, con l'aiuto della grazia.

Possiamo domandarci: Chi sono gli uomini e le donne "trasfigurati"? La risposta è molto bella: sono quelli che seguono Cristo nella sua vita e nella sua morte, s'ispirano a Lui e si lasciano inondare dalla grazia che Egli ci dà; sono quelli il cui nutrimento è compiere la volontà del Padre; quelli che si lasciano guidare dallo Spirito; quelli che non antepongono nulla al Regno di Cristo; quelli che amano gli altri fino a versare il proprio sangue per essi; quelli che sono disposti a dare tutto senza esigere nulla in cambio; quelli che, in poche parole, vivono amando e muoiono perdonando.

2. Così vissero e morirono José Aparicio Sanz e duecentotrentadue compagni, assassinati durante la terribile persecuzione religiosa che colpì la Spagna negli anni trenta del secolo scorso. Erano uomini e donne di tutte le età e condizioni: sacerdoti diocesani, religiosi, religiose, padri e madri di famiglia, giovani laici. Furono assassinati perché erano cristiani, per la loro fede in Cristo, perché erano membri attivi della Chiesa. Tutti, come risulta dai processi canonici per la loro dichiarazione come martiri, prima di morire perdonarono di cuore i loro carnefici.

La lista di quanti sono oggi elevati agli onori degli altari per aver professato la loro fede e aver dato la propria vita per essa è numerosa. Vi sono trentotto sacerdoti dell'Arcidiocesi di Valencia, insieme a un cospicuo gruppo di uomini e di donne dell'Azione Cattolica sempre di Valencia; diciotto domenicani e due sacerdoti dell'Arcidiocesi di Saragozza; quattro frati minori francescani e sei frati minori francescani conventuali; tredici frati minori cappuccini, con quattro religiose cappuccine e un'agostiniana scalza; undici gesuiti con un giovane laico; trentadue salesiani e due figlie di Maria Ausiliatrice; diciannove terziari cappuccini di Nostra Signora Addolorata con una collaboratrice laica; un sacerdote dehoniano; il cappellano del collegio La Salle de la Bonanova, di Barcellona, con cinque fratelli delle Scuole Cristiane; ventiquattro carmelitane della Carità; una religiosa servita; sei religiose scolopie con due collaboratrici laiche originarie dell'Uruguay e prime Beate di questo Paese latinoamericano; due piccole suore degli Anziani Abbandonati; tre terziarie cappuccine della Sacra Famiglia; una missionaria claretiana; e infine il giovane Francisco Castelló i Aleu, dell'Azione Cattolica di Lleida.

Le testimonianze che ci sono giunte parlano di persone oneste ed esemplari, il cui martirio ha suggellato vite intessute di lavoro, preghiera e impegno religioso nelle proprie famiglie, parrocchie e congregazioni religiose. Molti di essi godevano già in vita di fama di santità fra i loro concittadini. Si può dire che la loro condotta esemplare fu una preparazione per quella professione suprema della fede che è il martirio.

Come non commuoverci profondamente nell'ascoltare i racconti del loro martirio? L'anziana María Teresa Ferragud fu arrestata all'età di ottantatré anni insieme alle sue quattro figlie religiose contemplative. Il 25 ottobre 1936, festa di Cristo Re, chiese di accompagnare le sue figlie al martirio e di essere uccisa per ultima in modo da poterle incoraggiare a morire per la fede. La sua morte colpì tanto i suoi carnefici che esclamarono: "Questa è una vera santa". Non meno edificante fu la testimonianza degli altri martiri, come quella del giovane Francisco Alacreu, di ventidue anni, chimico di professione e membro dell'Azione Cattolica, il quale, consapevole della gravità del momento, non volle nascondersi ma offrire la sua gioventù in sacrificio di amore verso Dio e i fratelli, lasciandoci tre lettere, esempio di forza, generosità, serenità e allegria, scritte alcuni istanti prima di morire alle sue sorelle, al suo direttore spirituale e alla sua fidanzata. O anche il neosacerdote Germán Gozalbo, di ventitré anni, che fu fucilato solo due mesi dopo avere celebrato la sua prima Messa, dopo avere subito un'infinità di umiliazioni e maltrattamenti.

3. Quanti esempi di serenità e di speranza cristiana! Tutti questi nuovi Beati e molti altri martiri anonimi hanno pagato con il proprio sangue l'odio per la fede e per la Chiesa scatenatosi con la persecuzione religiosa e con lo scoppio della guerra civile, quella grande tragedia vissuta in Spagna nel XX secolo. In quegli anni terribili molti sacerdoti, religiosi e laici furono uccisi semplicemente perché erano membri attivi della Chiesa. I nuovi Beati che oggi sono elevati agli onori degli altari non erano coinvolti in lotte politiche o ideologiche, non volevano intervenirvi. Come molti di voi, che siete loro familiari e che oggi partecipate con grande gioia a questa beatificazione, sanno bene. Essi morirono solo per motivi religiosi. Ora, con questa solenne proclamazione di martirio, la Chiesa vuole riconoscere in quegli uomini e in quelle donne un esempio di coraggio e costanza nella fede, aiutati dalla grazia di Dio. Sono per noi un modello di coerenza con la verità professata e al contempo onorano il nobile popolo spagnolo e la Chiesa.

Che il loro ricordo benedetto allontani per sempre dal suolo spagnolo qualsiasi forma di violenza, odio e risentimento! Che tutti, e in particolare i giovani, possano sperimentare la benedizione della pace nella libertà: Pace sempre, pace con tutti e per tutti!

4. Cari fratelli, in diverse occasioni ho ricordato la necessità di serbare la memoria dei martiri. La loro testimonianza non deve essere dimenticata. Essi sono la prova più eloquente della verità della fede, che sa conferire un volto umano persino alla morte più violenta e manifesta la sua bellezza anche fra atroci sofferenze. È necessario che le Chiese particolari facciano tutto il possibile per non perdere il ricordo di quanti hanno subito il martirio.

All'inizio del terzo millennio, la Chiesa che peregrina in Spagna è chiamata a vivere una nuova primavera di cristianesimo, poiché è stata bagnata e fecondata con il sangue di tanti martiri. Sanguis martyrum, semen christianorum! Il sangue dei martiri è semente di nuovi cristiani! (Tertulliano, Apol. 50, 13; CCL 1, 171). Questa espressione, coniata durante le persecuzioni dei primi secoli, deve oggi riempire di speranza le vostre iniziative apostoliche e gli sforzi pastorali nel compito, non sempre facile, della nuova evangelizzazione. Potete contare per questo sull'aiuto ineguagliabile dei vostri martiri. Ricordatevi del loro coraggio, "considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,7-8).

5. Desidero affidare all'intercessione dei nuovi Beati un'intenzione che portate profondamente radicata nel vostro cuore: la fine del terrorismo in Spagna. Da alcuni decenni siete provati da una serie orrenda di violenze e di assassinii che hanno causato numerose vittime e grandi sofferenze. Alla radice di eventi tanto deplorevoli vi è una logica perversa che bisogna denunciare. Il terrorismo nasce dall'odio e a sua volta lo alimenta, è radicalmente ingiusto e accresce le situazioni di ingiustizia, poiché offende gravemente Dio e la dignità e i diritti delle persone. Con il terrore l'uomo risulta sempre perdente! Nessun motivo, nessuna causa o ideologia lo possono giustificare. Solo la pace edifica i popoli. Il terrore è nemico dell'umanità.

6. Amati nel Signore, anche a noi la voce del Padre ha detto oggi nel Vangelo: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" (Lc 9,35). Ascoltare Gesù è seguirlo e imitarlo. La croce occupa un posto molto speciale in questo cammino. Fra la croce e la nostra trasfigurazione vi è un rapporto diretto. Renderci simili a Cristo nella morte è la via che conduce alla resurrezione dei morti, ossia alla nostra trasformazione in Lui (cfr Ph 3,10-11). Ora, nel celebrare l'Eucaristia, Gesù ci offre il suo corpo e il suo sangue, affinché in un certo senso possiamo pregustare qui sulla terra la situazione finale, quando i nostri corpi mortali saranno trasfigurati a immagine del corpo glorioso di Cristo.

Che Maria, Regina dei martiri, ci aiuti ad ascoltare e imitare suo Figlio. A Lei, che ha accompagnato il suo Figlio divino durante la sua esistenza terrena ed è rimasta fedele ai piedi della Croce, chiediamo di insegnarci ad essere fedeli a Cristo in ogni momento, senza venir meno di fronte alle difficoltà; ci conceda la stessa forza con la quale i martiri hanno professato la loro fede.

Nell'invocarLa come Madre, imploro su tutti voi qui presenti, come pure sulle vostre famiglie, i doni della pace, della gioia e della salda speranza.


282

CAPPELLA PAPALE PER L’ORDINAZIONE DI 9 VESCOVI

NELLA SOLENNITÀ DI SAN GIUSEPPE


Lunedì, 19 marzo 2001

1. "Ecco il servo saggio e fedele, che il Signore ha posto a capo della sua famiglia" (cfr Lc 12,42).

Così l'odierna liturgia ci presenta san Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Custode del Redentore. Egli, servo fedele e saggio, ha accolto con obbediente docilità la volontà del Signore, che gli ha affidato la "sua" famiglia sulla terra, perché la curasse con quotidiana dedizione.

In questa missione san Giuseppe perseverò con fedeltà e amore. Per questo la Chiesa ce lo addita come singolare modello di servizio a Cristo e al suo misterioso disegno di salvezza. E lo invoca come speciale patrono e protettore dell'intera famiglia dei credenti. In modo speciale, Giuseppe ci viene oggi indicato, nel giorno della sua festa, come il Santo sotto il cui efficace patrocinio la divina Provvidenza ha voluto porre le persone e il ministero di quanti sono chiamati ad essere, all'interno del popolo cristiano, "padri" e "custodi".

2. "«Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo» ... «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»" (Lc 2,48-49).
In questo semplice e familiare dialogo tra la Madre e il Figlio, che il Vangelo poc'anzi ci ha proposto, si trovano le coordinate della santità di Giuseppe. Esse rispondono al disegno divino su di lui, che egli, da uomo giusto quale era, seppe assecondare con mirabile fedeltà.

"Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo", dice Maria. "Io devo occuparmi delle cose del Padre mio", replica Gesù. Sono proprio queste parole del Figlio ad aiutarci a capire il mistero della "paternità" di Giuseppe. Ricordando ai genitori il primato di Colui che chiama "Padre mio", Gesù rivela la verità del ruolo sia di Maria che di Giuseppe. Questi è veramente «sposo» di Maria e «padre» di Gesù, come Lei afferma quando dice: «Tuo padre e io ti cercavamo». Ma la sua sponsalità e paternità è totalmente relativa a quella di Dio. Ecco in che modo Giuseppe di Nazaret è chiamato a diventare a sua volta discepolo di Gesù: dedicando l'esistenza al servizio del Figlio unigenito del Padre e della Vergine Madre, Maria.

Si tratta d'una missione che egli prolunga nei confronti della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, alla quale non fa mancare la sua provvida assistenza, come ha fatto per l'umile Famiglia di Nazaret.

3. In questo contesto, è facile volgere l'attenzione a ciò che costituisce oggi il centro della nostra celebrazione. Sto per imporre le mani a nove Sacerdoti, che vengono chiamati ad assumere la responsabilità di Vescovi nella Chiesa. Il Vescovo svolge nella Comunità cristiana un compito che ha molte analogie con quello di san Giuseppe. Lo pone bene in risalto il Prefazio dell'odierna solennità, indicando Giuseppe come "servo saggio e fedele posto a capo della santa Famiglia, per custodire, come padre il Figlio Dio". "Padri" e "custodi" sono i Pastori nella Chiesa, chiamati a comportarsi come "servi" saggi e fedeli. A loro è affidata la quotidiana cura del popolo cristiano che, grazie al loro aiuto, può avanzare con sicurezza sul cammino della perfezione cristiana.
Venerati e cari Fratelli ordinandi, la Chiesa si stringe a voi e vi assicura la sua preghiera, perché possiate espletare con fedele generosità, a immagine di san Giuseppe, il vostro ministero pastorale. Vi assicurano la loro preghiera in particolare coloro che vi accompagnano in questo giorno di festa: i vostri familiari, i sacerdoti, gli amici, come pure le Comunità da cui provenite e alle quali siete destinati.

4. Le Ordinazioni episcopali, da me di solito conferite nel giorno dell'Epifania, sono state quest'anno posticipate a causa della conclusione del Grande Giubileo. Ho così l'opportunità di compiere questo rito nell'odierna ricorrenza, tanto cara al popolo cristiano. Ciò mi consente di affidare con particolare insistenza ciascuno di voi all'incessante protezione di san Giuseppe, Patrono della Chiesa universale.

Con grande cordialità vi saluto, carissimi, e insieme con voi saluto tutti coloro che si uniscono alla vostra gioia. Vi auguro di cuore di proseguire con generosità rinnovata nel servizio che già rendete alla causa del Vangelo.

5. A te, Monsignor Fernando Filoni, è affidata la missione di Nunzio Apostolico in Iraq e Giordania, a sostegno delle comunità cristiane sparse in quelle terre: sono certo che sarai per loro un messaggero di pace e di speranza. Tu, Monsignor Henryk Józef Nowacki, dopo aver lavorato a lungo al mio fianco, sarai, quale Rappresentante della Sede Apostolica in Slovacchia, sollecito araldo del Vangelo in quel Paese di antica tradizione cristiana. E tu, Monsignor Timothy Paul Broglio, a cui sono grato per la fedele cooperazione offerta al Cardinale Segretario di Stato, ti recherai alle porte del continente americano come Nunzio nella Repubblica Dominicana e Delegato Apostolico in Porto Rico: sii tra quelle care popolazioni testimone dell'affetto del Successore di Pietro.

Anche a te, Monsignor Domenico Sorrentino, sono riconoscente per il prezioso servizio svolto nella Segreteria di Stato, e ora, nell'affidarti la Prelatura di Pompei e il suo celebre Santuario mariano, pongo il tuo ministero sotto lo sguardo benedicente della Vergine del Santo Rosario, chiedendole di guidare i tuoi passi sulle orme di san Paolino, Vescovo di Nola, tua terra natale, e vanto della Campania. La Vergine Santissima continui a vegliare pure sui tuoi passi, Monsignor Tomasz Peta, chiamato ad assumere l'Amministrazione Apostolica di Astana, nel Kazakhstan, dove già da diversi anni operi con lodevole zelo apostolico.

Tu, Monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, proseguirai nell'apprezzato servizio di Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e di quella delle Scienze Sociali, istituzioni alle quali attribuisco grande importanza per il dialogo della Chiesa con il mondo della cultura. A te, Monsignor Marc Ouellet, ho voluto affidare l'Ufficio di Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, compito di particolare rilievo per la nobilissima finalità che lo ispira e per le rinnovate speranze che la celebrazione dell'Anno giubilare ha suscitato nell'animo di tanti cristiani.
E tu, Monsignor Giampaolo Crepaldi, assumerai il ruolo di Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, continuando con responsabilità maggiori il tuo già qualificato servizio in tale Dicastero. Infine, abbraccio con affetto te, Monsignor Djura Dudar, che ho scelto quale Ausiliare dell'Eparca di Mukacheve in Transcarpazia, in Ucraina, Paese che tra non molto, a Dio piacendo, avrò la gioia di visitare e al quale invio fin d'ora un cordiale, beneaugurante saluto.

6. Carissimi Fratelli, come san Giuseppe, modello e guida del vostro ministero, amate e servite la Chiesa. Imitate l'esempio di questo grande Santo, come anche quello della sua Sposa, Maria. Se talora vi capiterà di incontrare difficoltà e ostacoli, non esitate ad accettare di soffrire con Cristo a vantaggio del suo Corpo mistico (cfr Col 1,24), perché con Lui possiate gioire di una Chiesa tutta bella, senza macchia né ruga, santa e immacolata (cfr Ep 5,27). Il Signore, che non vi farà mancare la sua grazia, oggi vi consacra e vi invia come apostoli nel mondo. Portate scolpite nel cuore le sue parole: "Io sono con voi tutti i giorni" (Mt 28,20) e non temete. Come Maria, come Giuseppe, fidatevi sempre di Lui. Egli ha vinto il mondo.


283

INAUGURAZIONE DEL PONTIFICIO COLLEGIO COREANO IN ROMA



Venerdì, 23 marzo 2001




1. "Come un pastore passa in rassegna il suo gregge... così io passerò in rassegna le mie pecore... Le ritirerò dai popoli e le radunerò da tutte le regioni" (Ez 34,12-13).

Le parole del profeta Ezechiele, che abbiamo poc'anzi ascoltato, testimoniano la costante sollecitudine di Dio per i suoi fedeli che, lungo la storia, non si stanca di radunare "da ogni tribù, lingua, popolo e nazione". Li riunisce per fare di loro "un regno e sacerdoti" per lui (cfr Ap 5,9-10), dando attuazione al suo misericordioso disegno salvifico.

Ecco ciò che Iddio ha operato anche con l'amato popolo della Corea, e l'odierna celebrazione ci offre una rinnovata occasione per ringraziarlo. Proprio quest'anno ricorre il bicentenario della grande persecuzione del 1801, che causò la morte di più di trecento cristiani nella vostra patria.

Grazie al coraggio di quei testimoni della fede e di altri che ne hanno seguito l'esempio, il seme evangelico, seme di speranza, non è morto nonostante le successive ondate di persecuzione. Anzi si è andato progressivamente sviluppando, dando consistenza ad una crescita stupefacente della Chiesa nel vostro Paese. Veramente, possiamo ripetere a ragione questa sera, Iddio si è preso cura del suo popolo fedele.

2. "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11).

Nella nostra assemblea sono risuonate, ricche di consolazione, queste parole di Gesù, che ci riconducono al Cenacolo, alla drammatica vigilia della sua morte sulla croce. Sono parole che continuano nel tempo a essere proclamate nella Chiesa; parole che hanno sostenuto innumerevoli martiri e confessori della fede nei momenti della difficoltà e della prova.

Penso questa sera ai santi dell'amata Corea e, tra questi, a sant'Andrea Kim Tae-gon, da voi scelto come patrono. Possiamo immaginare che spesso egli si sia soffermato a meditare su queste parole del divino Maestro. Nell'ora decisiva, rincuorato dall'invocazione del Signore, non esitò a "perdere" tutto (cfr Ph 3,8) per Lui. Fu fedele sino alla morte. Si racconta che, mentre attendeva di essere giustiziato, incoraggiava i fratelli nella fede con espressioni echeggianti in modo impressionante la preghiera che Gesù rivolse al Padre per i suoi discepoli. "Non vi lasciate spaventare dalle calamità - egli supplicava -, non perdete il coraggio e non indietreggiate nel servizio di Dio, ma piuttosto, seguendo le orme dei santi, promuovete la gloria della sua Chiesa e mostratevi veri soldati e sudditi di Dio. Anche se siete molti, siate un cuore solo; sempre ricordatevi della carità; sostenetevi ed aiutatevi l'un l'altro, ed attendete il momento quando Dio avrà pietà di voi".

3. "Siate un cuore solo!". Sant'Andrea Kim Tae-gon esortava i credenti a trarre dalla divina carità la forza per restare uniti e resistere al male. Come la primitiva comunità, all'interno della quale tutti erano "un cuor solo ed un'anima sola" (Ac 4,32), anche la Chiesa coreana doveva trovare il segreto della propria coesione e della propria crescita nell'adesione all'insegnamento dei Successori degli Apostoli, nella preghiera e nella frazione del pane (cfr Ac 2,42).

Questa stessa unità di intenti e il medesimo spirito di carità - sono certo - saranno l'anima del Pontificio Collegio Coreano, che con la presente celebrazione inauguriamo. Con tale auspicio, vi saluto cordialmente, Fratelli e Sorelle carissimi. Saluto in modo speciale il Signor Cardinale Stephen Kim Sou-hwan, i Vescovi presenti, con un particolare pensiero di gratitudine per Mons. Michael Pak Jeong-il, che s'è reso interprete dei comuni sentimenti. Saluto anche il Rettore del Collegio, i Sacerdoti studenti, le Autorità convenute, le Religiose collaboratrici e gli altri ospiti.

Vorrei, poi, ricordare l'intera Comunità cristiana del vostro Paese, a me tanto caro, i Vescovi e i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici, le famiglie e i giovani. Tutti e ciascuno affido all'intercessione di sant'Andrea Kim Tae-gon, perché l'amore per Iddio e per il prossimo continui a permeare l'anima e la storia del popolo coreano.

4. In questa Casa, ardentemente desiderata dai Vescovi della Corea, risiederanno seminaristi e sacerdoti la cui permanenza a Roma è finalizzata ad una loro intensa e specifica preparazione al ministero presbiterale. Oltre a frequentare corsi accademici nella Pontificie Università di Roma, essi avranno modo di crescere nella consapevolezza della loro missione di testimoni della Verità, apostoli dell'Amore di Cristo, araldi infaticabili del Vangelo e Pastori zelanti del popolo cristiano.

L'intera formazione teologica e pastorale sarà orientata a far sì che ogni presbitero sia Cristo per gli altri, un segno convincente del suo amore e della sua azione di salvezza. Ma dove potranno essi apprendere il segreto di questo servizio apostolico se non in un contatto intimo con il Signore? Prima loro cura, pertanto, non potrà non essere l'incessante familiarità con Gesù nell'Eucaristia e il confidente ricorso con la preghiera alla sua grazia e alla luce della sua Parola.

5. "Io ho dato a loro la tua parola... Consacrali nella verità. La tua parola è verità" (Jn 17,14 Jn 17,17).

Meditando spesso sul discorso di Gesù nel Cenacolo, da cui sono tratte queste parole, gli ospiti di questo Collegio riusciranno a meglio comprendere la missione a cui il sacerdote è chiamato. Sentiranno echeggiare nello spirito l'assicurazione del Maestro: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,15). Forti della costante comunione con Lui, potranno proclamare con decisa fiducia: "Dio è il mio pastore: non manco di nulla" (Ps 23,1).

Che in questo Collegio si respiri ogni giorno l'atmosfera del Cenacolo! Atmosfera indispensabile "per generare - come dice san Carlo Borromeo - Cristo in noi e negli altri" (san Carlo Borromeo, Acta Ecclesiae Mediolanensis, Milano 1559, 1178).

I santi Patroni della Corea e, specialmente, sant'Andrea Kim Tae-gon, veglino su quanti qui abitano. Li protegga soprattutto la Vergine Immacolata, Madre del Redentore e Stella dell'evangelizzazione.



GPII Omelie 1996-2005 279