GPII Omelie 1996-2005 194


SOLENNE CONCELEBRAZIONE DELLA MESSA DEL CRISMA



Basilica di San Pietro - Giovedì, 1° aprile 1999




1. "A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli" (Ap 1,5-6).

Cristo, il Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, è entrato per mezzo del suo sangue nel santuario celeste, dopo aver operato una volta per sempre la remissione dei peccati dell'intera umanità.

Sulla soglia del Triduum sacrum, i sacerdoti di tutte le Chiese particolari del mondo si incontrano con i loro Ordinari per la solenne Messa Crismale, durante la quale rinnovano le promesse sacerdotali. Anche il presbyterium della Chiesa che è in Roma si raccoglie intorno al suo Vescovo, prima del grande giorno, nel quale la liturgia ricorda come Cristo divenne, mediante il suo sangue, l'unico ed eterno sacerdote.

A ciascuno di voi, carissimi fratelli nel Sacerdozio, rivolgo il mio saluto cordiale, con un particolare pensiero per il Cardinale Vicario ed i Cardinali concelebranti, i Vescovi Ausiliari e gli altri Presuli presenti. E' grande la mia gioia di ritrovarmi con voi in questo giorno, che, per noi, ministri ordinati, ha il profumo della sacra unzione con cui siamo stati consacrati ad immagine di Colui che è il Consacrato del Padre.

"Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero" (Ap 1,7). Domani la liturgia del Venerdì Santo attualizzerà per noi ciò di cui parla l’Autore dell'Apocalisse, con le parole appena proclamate. In questo giorno santissimo della passione e della morte di Cristo, tutti gli altari saranno spogliati e avvolti da grande silenzio: nessuna Messa verrà celebrata nel momento in cui faremo l'annuale memoria dell'unico Sacrificio, offerto in modo cruento da Cristo sacerdote sull'altare della croce.

2. "Ha fatto di noi un regno di sacerdoti" (Ap 1,6). Cristo non soltanto ha compiuto personalmente il sacrificio redentore, che toglie i peccati del mondo e rende la lode perfetta alla gloria del Padre. Egli ha anche istituito il Sacerdozio come sacramento della Nuova Alleanza, affinché l'unico sacrificio da Lui offerto al Padre in modo cruento, potesse rinnovarsi continuamente nella Chiesa in modo incruento, sotto le specie del pane e del vino. Il Giovedì Santo è, appunto, il giorno in cui ricordiamo in modo particolare il sacerdozio che Cristo istituì nell'Ultima Cena, legandolo indissolubilmente al sacrificio eucaristico.

"Ha fatto di noi ... sacerdoti". Ci ha resi partecipi del suo unico sacerdozio, perché su tutti gli altari del mondo e in tutte le epoche della storia potesse essere ripresentato il cruento ed irripetibile sacrificio del Calvario. Il Giovedì Santo è la grande festa dei presbiteri. Questa sera rinnoveremo il memoriale dell'istituzione del sacrificio eucaristico, secondo il ritmo degli eventi pasquali, così come ce lo tramandano i Vangeli. La solenne liturgia di questa mattina è invece un singolare rendimento di grazie a Dio da parte di tutti noi che, per un dono che è insieme mistero, partecipiamo intimamente al sacerdozio di Cristo. Ognuno di noi fa proprie le parole del Salmo: "Misericordias Domini in aeternum cantabo", "Canterò senza fine le grazie del Signore" (Ps 88,2).

3. Vogliamo rinnovare in noi la consapevolezza di tale dono. In un certo senso, vogliamo riceverlo nuovamente per orientarlo verso un ulteriore servizio. Questo nostro sacerdozio sacramentale è, infatti, un ministero, un servizio singolare e specifico. Serviamo Cristo, affinché il suo unico ed irripetibile sacerdozio possa sempre vivere ed operare nella Chiesa per il bene dei fedeli. Serviamo il popolo cristiano, i nostri fratelli e le nostre sorelle, i quali, mediante il nostro ministero sacramentale, diventano sempre più profondamente partecipi della redenzione di Cristo.

Oggi, con speciale intensità, ciascuno di noi può ripetere con Cristo le parole del profeta Isaia proclamate nel Vangelo: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).

4. "Un anno di grazia del Signore"! Carissimi, ci troviamo ormai vicino alla soglia di uno straordinario anno di grazia, quel Grande Giubileo in cui celebreremo il bimillenario dell'Incarnazione. Quello odierno è l'ultimo Giovedì Santo prima dell'anno Duemila.

Sono lieto di offrire oggi idealmente ai presbiteri del mondo intero la Lettera che ho loro indirizzata per questa circostanza. Nell'anno dedicato al Padre, la paternità di ogni sacerdote, riflesso di quella del Padre celeste, deve farsi maggiormente evidente, perché il popolo cristiano e tutti gli uomini di ogni razza e cultura sperimentino l'amore che Iddio ha per loro e fedelmente lo seguano. Sia per tutti, il prossimo evento giubilare, occasione propizia per sperimentare l'amore misericordioso di Dio, potente energia spirituale che rinnova il cuore dell'uomo.

Durante questa solenne Celebrazione eucaristica, chiediamo al Signore che la grazia del Grande Giubileo maturi pienamente in tutte le membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa, e in modo particolare nei sacerdoti.

L'Anno Santo ormai prossimo chiama tutti noi, ministri ordinati, a renderci totalmente disponibili al dono di misericordia che Dio Padre vuole elargire con abbondanza ad ogni essere umano. Il Padre cerca tali sacerdoti (cfr Jn 4,23)! Possa Egli trovarli ricolmi della sua santa unzione, per diffondere tra i poveri il lieto messaggio della salvezza.

Amen!


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SANTA MESSA IN CENA DOMINI



Basilica di San Pietro - Giovedì, 1° aprile 1999

1. "Adoro te devote, latens Deitas,
Quae sub his figuris vere latitas".

"Devotamente io t'adoro,
Dio nascosto, che sotto questi segni ognor ti celi".

Riviviamo questa sera l'Ultima Cena, quando il divin Salvatore, la notte in cui veniva tradito, ci lasciò il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, memoriale della sua morte e della sua risurrezione, sacramento di pietà, segno di unità e vincolo di carità (cfr Sacrosanctum Concilium SC 47)

Le Letture di questa celebrazione parlano tutte di riti e di gesti destinati ad imprimere nella storia il disegno salvifico di Dio. Il Libro dell'Esodo tramanda il documento sacerdotale che fissa le prescrizioni per la celebrazione della pasqua ebraica. L'apostolo Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, trasmette alla Chiesa la più antica testimonianza circa la nuova Cena pasquale cristiana: è il rito della nuova ed eterna alleanza, istituito da Gesù nel Cenacolo prima della passione. E infine l'evangelista Giovanni, illuminato dallo Spirito Santo, sintetizza il senso profondo del sacrificio di Cristo nel gesto della "lavanda dei piedi".

E' la Pasqua del Signore, che affonda le radici nella storia del popolo d'Israele e trova il suo compimento in Gesù Cristo, Agnello di Dio immolato per la nostra salvezza.

2. La Chiesa vive dell'Eucaristia. Grazie al ministero degli apostoli e dei loro successori, lungo una catena ininterrotta che parte dal Cenacolo, le parole e i gesti di Cristo si rinnovano seguendo il cammino della Chiesa, per offrire il Pane della vita agli uomini di ogni generazione: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me . . . Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me" (1Co 11,24-25).

L'Eucaristia, in quanto rinnovazione sacramentale del sacrificio della Croce, costituisce il culmine dell'opera redentrice: essa proclama ed attualizza quel Mistero, che è sorgente di vita per ogni uomo. Ogni volta infatti che mangiamo di questo pane e beviamo di questo calice, noi annunziamo la morte del Signore finché egli venga (cfr 1Co 11,26).

Dopo la consacrazione, il sacerdote proclama: "Mysterium fidei!", e l'assemblea risponde: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta".

Sì, quest'oggi ci è dato di comprendere in modo speciale che è davvero grande il "mistero della fede" e la semplicità dei simboli eucaristici - il pane ed il vino, la mensa, il convito fraterno - non fa che esaltarne maggiormente la profondità.

3. "O memoriale mortis Domini!
Panis vivus, vitam praestans homini!".

"O memoriale della morte del Signore!
Pane vivo, che dai la vita all'uomo!".

La morte del Figlio di Dio diventa per noi fonte di vita. Ecco il mistero pasquale, ecco la nuova creazione! La Chiesa confessa questa fede con le parole di Tommaso d'Aquino, implorando:

"Pie Pellicane, Iesu Domine,
Me immundum munda tuo sanguine,
Cuius una stilla salvum facere
Totum mundum quit ab omni scelere".

"Gesù, pio Pellicano, mio Signore,
con il tuo sangue lava il mio peccato:
una goccia sola può bastare
a purificare il mondo intero".

Potenza vivificante della morte di Cristo! Forza purificatrice del Sangue di Cristo, che ottiene la remissione dei peccati per gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo. Sublimità del Sacrificio redentore, in cui trovano compimento tutte le vittime della legge antica!

4. Questo mistero d'amore, "incomprensibile" per l'essere umano, si offre tutt'intero nel sacramento dell'Eucaristia. Il popolo cristiano è invitato a sostare questa sera, sino a notte inoltrata, davanti ad esso in silenziosa adorazione:

"Iesu, quem velatum nunc aspicio,
Oro, fiat illud quod tam sitio:
Ut, te revelata cernens facie,
Visu sim beatus tuae gloriae".

"Gesù, che ora contemplo qui velato,
ascolta il mio ardente desiderio:
possa un giorno io vedere
il tuo volto nella gloria dei beati. Amen".

Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede d'ognuno di noi dinanzi al sublime mistero eucaristico. Sì, cessino le parole e rimanga l'adorazione. In silenzio.

"Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine . . .

"Ave, vero Corpo, nato da Maria Vergine,
realmente sottoposto alla passione,
immolato sulla croce per l'uomo...
O Gesù dolce! O Gesù pio! O Gesù, figlio di Maria!".
Amen!


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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA VEGLIA PASQUALE



Basilica Vaticana - Sabato Santo, 3 aprile 1999

1. “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo” (Sal 117[118], 22).

Questa notte, la liturgia ci parla con l’abbondanza e la ricchezza della parola di Dio. Questa Veglia costituisce non solo il centro dell'anno liturgico, ma in qualche modo la sua matrice: da essa, infatti, si sviluppa l'intera vita sacramentale. Si potrebbe dire che è imbandita abbondantemente la tavola intorno alla quale la Chiesa raccoglie in questa notte i suoi figli; raccoglie, in modo particolare, coloro che devono ricevere il Battesimo.

Il mio pensiero va subito a voi, carissimi Catecumeni, che tra poco rinascerete dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr Jn 3,5). Con grande gioia vi saluto e saluto, allo stesso tempo, i Paesi da cui provenite: Albania, Capo Verde, Cina, Francia, Marocco e Ungheria.

Con il Battesimo diventerete membra del Corpo di Cristo, partecipi a pieno titolo del suo mistero di comunione. Possa la vostra vita restare costantemente immersa in questo mistero pasquale, così che siate sempre autentici testimoni dell'amore di Dio.

2. Non solo voi, cari catecumeni, ma tutti i battezzati sono chiamati in questa notte a fare nella fede una profonda esperienza di ciò che poc'anzi abbiamo ascoltato nell'Epistola: "Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte . . . Siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,3-4).

Essere cristiani significa partecipare personalmente alla morte e risurrezione di Cristo. Tale partecipazione viene operata in modo sacramentale dal Battesimo, sopra il quale, come su solido fondamento, si edifica l'esistenza cristiana di ciascuno di noi. Ed è per questo che il Salmo responsoriale ci ha esortato a rendere grazie: "Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia . . . La destra del Signore . . . ha fatto meraviglie. Non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore" (Sal 117[118], 1-2.16-17). In questa notte santa, la Chiesa ripete queste parole di ringraziamento, mentre confessa la verità su Cristo che "morì e fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno" (cfr Credo).

3. "Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore . . . di generazione in generazione" (Ex 12,42).

Queste parole del Libro dell'Esodo concludono il racconto della partenza degli Israeliti dall'Egitto. Esse risuonano con singolare eloquenza durante la Veglia pasquale, nel cui contesto acquistano la pienezza del loro significato. In quest'anno dedicato a Dio Padre, come non pensare che questa notte, la notte di Pasqua, è la grande "notte di veglia" del Padre? Le dimensioni di questa "veglia" di Dio abbracciano tutto il Triduo pasquale. In modo particolare, però, il Padre "veglia" durante il Sabato Santo, mentre il Figlio giace morto nel sepolcro. Il mistero della vittoria di Cristo sul peccato del mondo è custodito proprio nel vegliare del Padre. Egli "veglia" su tutta la missione terrena del Figlio. La sua infinita compassione giunge al culmine nell'ora della passione e della morte: l'ora in cui il Figlio è abbandonato, perché i figli siano salvati; il Figlio è disprezzato e reietto, perché i figli siano ritrovati; il Figlio muore, perché i figli possano ritornare in vita.

La veglia del Padre spiega la risurrezione del Figlio: anche nell'ora della morte, non viene meno la relazione d'amore in Dio, non viene meno lo Spirito Santo, che, effuso da Gesù morente sulla croce, ricolma di luce le tenebre del male e risuscita Cristo, costituendolo Figlio di Dio in potenza e gloria (cfr Rm 1,4).

4. "La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo" (Sal 117[118], 22). Nella luce della Risurrezione di Cristo, come emerge in pienezza questa verità che canta il Salmista! Condannato ad una morte ignominiosa, il Figlio dell'uomo, crocifisso e risorto, è diventato pietra angolare per la vita della Chiesa e di ogni cristiano.

"Ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi" (Sal 117[118], 23). Ciò è avvenuto in questa notte santa. L'hanno potuto constatare le donne, che "nel giorno dopo il sabato, quando era ancora buio" (Jn 20,1), si recarono al sepolcro per ungere la salma del Signore e trovarono la tomba vuota. Udirono la voce dell'angelo: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E' risorto" (cfr Mt 28,1-5).

Così si adempirono le parole profetiche del Salmista: “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”. Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa e noi ci gloriamo di professarla alle soglie del terzo millennio, perché la Pasqua di Cristo è la speranza del mondo, ieri, oggi e nei secoli.

Amen!


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA DI

SANTA MARIA DI LORETO A CASTELVERDE DI LUNGHEZZA


Domenica, 11 aprile 1999



1. "Otto giorni dopo . . . venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»" (Jn 20,26).

In questa Ottava di Pasqua, risuona il saluto di pace che Gesù rivolse agli Apostoli il giorno stesso della sua risurrezione: "Pace a voi!". Con la sua morte e risurrezione, Cristo ci ha riconciliati col Padre ed ha offerto a tutti coloro che lo accolgono il dono prezioso della pace. La sua grazia redentrice li rende testimoni della sua pace, li impegna a farsene artefici, accogliendo questo soprannaturale dono di Dio e traducendolo in gesti concreti di riconciliazione e di fraternità.

Quanto bisogno di autentica pace pervade il mondo in questo ultimo scorcio di millennio: tocca le singole persone, le famiglie, la vita stessa delle Nazioni! Quante situazioni di tensioni e di guerre purtroppo permangono nel mondo, in Europa come in altri continenti! In questi giorni i nostri occhi sono pieni delle immagini di violenza e di morte che provengono dal Kosovo e dai Balcani, dove si combatte un conflitto con drammatiche conseguenze. Nonostante tutto, noi non vogliamo perdere la speranza della pace. Come Tommaso e gli altri Apostoli, siamo chiamati in questo tempo pasquale a rinnovare la nostra fede nel Signore vincitore del peccato e della morte, accogliendo da lui il dono della pace e diffondendolo con ogni mezzo a nostra disposizione.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di Santa Maria di Loreto a Castelverde! Sono lieto di trovarmi finalmente nella vostra comunità, che non ho potuto visitare all'inizio dello scorso febbraio. Ringrazio il Signore per l'opportunità che mi è data di essere fra voi in questa domenica, tradizionalmente detta domenica "in Albis". Condivido volentieri con voi la gioia del tempo pasquale, espressa ripetutamente in questi giorni con le parole del Salmista: "Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso!" (117[118], 24).

Rivolgo un cordiale pensiero al Cardinale Vicario, a Monsignor Vicegerente, al vostro caro Parroco, Don Patrizio Milano, ai suoi collaboratori, come pure alle Suore Francescane dei Sacri Cuori, ai membri del Consiglio Pastorale parrocchiale ed a tutti gli aderenti ai vari gruppi, associazioni e movimenti presenti in parrocchia. Saluto con affetto tutti voi, carissimi parrocchiani, con un ricordo particolare per i poveri e gli ammalati, che costituiscono un autentico "tesoro" della vostra comunità.

Non è la prima volta, lo sapete bene, che la vostra comunità parrocchiale riceve la visita del Successore di Pietro. In effetti, il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Papa Paolo VI, del quale poche settimane fa si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione, venne tra voi il 5 marzo del 1967. Quel suo passaggio lasciò un segno profondo nei cuori delle persone, ma anche nella stessa denominazione del territorio, fino ad allora chiamato Castellaccio. Il Papa, infatti, vedendo la zona ricca di verde esclamò: "Si dovrebbe chiamare Castelverde e non Castellaccio!". E l'Amministrazione comunale, accogliendo prontamente la proposta, cambiò il nome al quartiere.

3. Oggi, ad oltre trent'anni da quella data, il Papa è nuovamente tra voi. Il mio auspicio è che l'odierno nostro incontro sia occasione propizia per intensificare il cammino di tutti verso Dio, grazie ad un'esistenza cristiana più salda, animata dall'ascolto costante della Parola di Dio, rinvigorita dalla pratica frequente dei sacramenti e contraddistinta da una genuina testimonianza evangelica in tutti gli ambienti e in tutte le situazioni.

Fratelli e Sorelle carissimi, il Signore risorto vi chiama come singoli e come parrocchia ad annunciare il suo Vangelo con lo stesso stile della comunità apostolica descritto nell'odierna prima Lettura (cfr Ac 2,42-43). Mostrerete così il valore della fede che vi anima e la profondità del vostro amore per Cristo (cfr 1P 1,7-8). Sarete allora beati, secondo la promessa di Gesù (cfr Jn 20,28), perché, pur senza aver la possibilità di toccare con mano come fece Tommaso i segni della crocifissione sul corpo del Risorto, voi credete in Lui e volete esserne apostoli intrepidi e generosi.

In questo non facile compito, viene in vostro sostegno la Missione cittadina, provvidenziale opportunità per la nuova evangelizzazione. So che nella vostra parrocchia avete lodevolmente continuato anche quest'anno tale importante iniziativa apostolica, visitando le famiglie, potenziando i centri di ascolto e cercando di recare ad ogni abitante l'annuncio del Vangelo. Sono certo che la Missione non finirà con la celebrazione della fase conclusiva nella solenne Veglia di Pentecoste. Come si potrebbero lasciare senza risposte adeguate le tante attese che la Missione ha risvegliato nel cuore della gente? C'è in tanti un desiderio di più autentica vita cristiana e questo anelito va incoraggiato e sostenuto con appropriate iniziative spirituali e missionarie. Tocca a voi prolungare questa straordinaria esperienza apostolica, tenendo conto delle attese e delle sfide legate al vostro quartiere, che in questi anni è notevolmente mutato.

Sono passati ormai più di quarantacinque anni da quando, nel 1953, venne posata la prima pietra della chiesa, posta sotto la protezione della Madonna di Loreto, tanto cara agli abitanti delle Marche, regione da cui proveniva gran parte dei primi residenti di Castelverde. Col passare degli anni, si è raggiunto, grazie a Dio, un certo benessere e molti hanno avuto la possibilità di costruire la casa per la propria famiglia e per i propri figli. Accanto però al progresso sociale, frutto non di rado di tanti sacrifici, sono emersi alcuni fenomeni tipici delle società consumistiche. E' subentrata talora una certa superficialità nel vivere la fede. C'è il rischio di un ripiegamento su se stessi non tenendo in dovuto conto i problemi dei meno fortunati. La crisi della famiglia si fa sentire, mentre i giovani attendono proposte di vita esigenti per non cadere in una esistenza mediocre e superficiale.

4. Il Signore risorto ci chiama tutti a un rinnovato sforzo apostolico: Andate, Egli dice a ciascuno. Andate, annunciate il Vangelo e non abbiate paura! Egli è con noi tutti i giorni sino alla fine dei tempi. Forti di questa consapevolezza, carissimi Fratelli e Sorelle, non esitate ad essere apostoli del Risorto. E' compito di ognuno imprimere, in suo nome, generoso impulso ai valori spirituali, come la fedeltà, l'accoglienza e la difesa della vita in ogni sua fase, l'amore verso il prossimo, la perseveranza nella fede anche tra le inevitabili difficoltà d'ogni giorno. Non dimenticate che è necessario riscoprire il gusto della preghiera, perché la testimonianza cristiana conosca l'auspicato e vigoroso risveglio. A questo proposito, mi congratulo con voi per la bella pratica dell'orazione notturna, che si tiene in chiesa il primo venerdì del mese. In occasione dell'ormai imminente Giubileo, sarebbe bello se in tutte le parrocchie si sviluppassero analoghe iniziative per proporre ai pellegrini che giungeranno a Roma un'occasione di autentica spiritualità.

Affidiamo alla Vergine Lauretana, protettrice della vostra parrocchia, non solo la buona riuscita di questo incontro, ma le attese ed i progetti dell'intera vostra comunità parrocchiale.

La Madonna vi protegga ed ispiri in voi pensieri di pace e di riconciliazione, affinché sappiate rendere ragione sempre della speranza che è in voi. Ella assista le persone che vivono nel quartiere e la Comunità dei marchigiani residenti in Roma.

Vergine Lauretana, prega per noi!


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PROCLAMAZIONE DI TRE NUOVI BEATI:

MARCELLINO BENEDETTO CHAMPAGNAT, DON GIOVANNI CALABRIA,

E SUOR AGOSTINA LIVIA PIETRANTONI

OMELIA DI GIOVANI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 18 aprile 1999

1. "Prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (Lc 24,30-31)

Abbiamo poc'anzi riascoltato queste parole del Vangelo di Luca: esse raccontano l'incontro di Gesù con due discepoli in cammino verso il villaggio di Emmaus, il giorno stesso della risurrezione. Quest'inatteso incontro fa scaturire la gioia nel cuore dei due viandanti sconsolati e riaccende in essi la speranza. Il Vangelo riferisce che, quando lo riconobbero, partirono "senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme" (Lc 24,33). Sentivano il bisogno di informare gli Apostoli di "ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane" (Lc 24,35).

Il desiderio di rendere testimonianza a Gesù sgorga nel cuore dei credenti dall'incontro personale con Lui. E' quanto è avvenuto per i tre nuovi Santi, che oggi ho la gioia di elevare alla gloria degli altari: Marcellino Benedetto Champagnat, Giovanni Calabria ed Agostina Livia Pietrantoni. Essi hanno aperto i loro occhi dinanzi ai segni della presenza di Cristo: lo hanno adorato ed accolto nell'Eucaristia, lo hanno amato nei fratelli più bisognosi, hanno riconosciuto le tracce del suo disegno di salvezza negli eventi dell'esistenza quotidiana.

Hanno ascoltato le parole di Gesù ed hanno coltivato la sua compagnia sentendosi ardere il cuore in petto. Quale fascino indescrivibile esercita la misteriosa presenza del Signore in quanti lo accolgono! E' l'esperienza dei santi. E' la stessa esperienza spirituale che possiamo fare noi, incamminati sulle strade del mondo verso la patria celeste. Pure a noi il Risorto viene incontro con la sua Parola, rivelandoci il suo amore infinito nel Sacramento del Pane eucaristico, spezzato per la salvezza dell'intera umanità. Possano gli occhi del nostro spirito aprirsi alla sua verità ed al suo amore, come è avvenuto per Marcellino Benedetto Champagnat, per don Giovanni Calabria e per Suor Agostina Livia Pietrantoni.

2. "Notre coeur n'était-il pas tout brûlant au-dedans de nous, quand il nous expliquait les Écritures?". Ce désir brûlant de Dieu qui habitait les disciples d'Emmaüs se manifesta vivement chez Marcellin Champagnat, qui fut un prêtre saisi par l'amour de Jésus et de Marie. Grâce à sa foi inébranlable, il est resté fidèle au Christ, même dans les difficultés, au milieu d'un monde parfois dénué du sens de Dieu. Nous sommes appelés, nous aussi, à puiser notre force dans la contemplation du Christ ressuscité, en nous mettant à l'école de la Vierge Marie.

Saint Marcellin annonça l'Évangile avec un coeur tout brûlant. Il fut sensible aux besoins spirituels et éducatifs de son époque, spécialement à l'ignorance religieuse et aux situations d'abandon que connaissait particulièrement la jeunesse. Son sens pastoral est exemplaire pour les prêtres: appelés à proclamer la Bonne Nouvelle, ils doivent être également pour les jeunes, qui cherchent un sens à leur existence, de véritables éducateurs, accompagnant chacun d'entre eux sur la route et leur expliquant les Écritures. Le Père Champagnat est aussi un modèle pour les parents et les éducateurs, les aidant à porter un regard plein d'espérance sur les jeunes, à les aimer d'un amour total, qui favorise une véritable formation humaine, morale et spirituelle.

Marcellin Champagnat nous invite aussi à être des missionnaires, pour faire connaître et aimer Jésus Christ, comme le firent les frères maristes jusqu'en Asie et en Océanie. Avec Marie pour guide et pour Mère, le chrétien est missionnaire et serviteur des hommes. Demandons au Seigneur d'avoir un coeur aussi brûlant que Marcellin Champagnat, pour le reconnaître et pour être ses témoins.

3. "Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni" (Ac 2,32).

"Noi tutti ne siamo testimoni": chi parla è Pietro, a nome degli Apostoli. Nella sua voce riconosciamo quelle di innumerevoli altri discepoli, che nel corso dei secoli hanno fatto della loro vita una testimonianza del Signore morto e risorto. A questo coro si uniscono i santi oggi canonizzati. Si unisce don Giovanni Calabria, testimone esemplare della Risurrezione. In lui risplendono fede ardente, carità genuina, spirito di sacrificio, amore alla povertà, zelo per le anime, fedeltà alla Chiesa.

Nell'anno del Padre, che ci introduce nel Grande Giubileo del Duemila, siamo invitati a dare massimo risalto alla virtù della carità. L'esistenza di Giovanni Calabria è stata tutta un vangelo vivente, traboccante di carità: carità verso Dio e carità verso i fratelli, specialmente verso i più poveri. Sorgente del suo amore per il prossimo erano la fiducia illimitata ed il filiale abbandono che nutriva per il Padre celeste. Ai suoi collaboratori amava ripetere le parole evangeliche: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).

4. L'ideale evangelico della carità verso il prossimo, specialmente verso i piccoli, i malati, gli abbandonati, ha condotto anche Agostina Livia Pietrantoni alle vette della santità. Formata alla scuola di santa Giovanna Antida Thouret, Suor Agostina comprese che l'amore per Gesù domanda il generoso servizio verso i fratelli. E' infatti nel loro volto, specialmente in quello dei più bisognosi, che brilla il volto di Cristo. "Dio solo" fu la "bussola" che orientò tutte le sue scelte di vita. "Tu amerai", il primo e fondamentale comandamento posto all'inizio della "Regola di vita delle Suore della Carità", fu la fonte ispiratrice dei gesti di solidarietà della nuova Santa, la spinta interiore che la sostenne nel dono di sé agli altri.

Nella prima Lettera di Pietro, poc'anzi ascoltata, leggiamo che la redenzione è avvenuta non "a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro", ma per "il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia" (1P 1,19). La consapevolezza dell'infinito valore del Sangue di Cristo, sparso per noi, indusse santa Agostina Livia Pietrantoni a rispondere all'amore di Dio con un amore altrettanto generoso e incondizionato, manifestato nell'umile e fedele servizio ai "cari poveri", come essa soleva ripetere.

Disposta a qualunque sacrificio, testimone eroica della carità, pagò con il sangue il prezzo della fedeltà all'Amore. Possano il suo esempio e la sua intercessione ottenere per l'Istituto delle Suore della Carità, che celebra quest'anno il secondo centenario di fondazione, un rinnovato slancio apostolico.

5. "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino" (Lc 24,29). I due stanchi viandanti supplicarono Gesù di sostare nella loro casa per condividere la loro stessa mensa.

Resta con noi, Signore risorto! E' questa anche la nostra quotidiana aspirazione. Se tu rimani con noi, il nostro cuore è in pace.

Accompagnaci, come hai fatto con i discepoli di Emmaus, nel nostro cammino personale ed ecclesiale.

Aprici gli occhi, affinché sappiamo riconoscere i segni della tua ineffabile presenza.

Rendici docili all'ascolto del tuo Spirito. Nutriti ogni giorno del tuo Corpo e del tuo Sangue, sapremo riconoscerti e ti serviremo nei nostri fratelli.

Maria, Regina dei Santi, aiutaci a tenere la nostra fede e la nostra speranza fisse in Dio (cfr 1P 1,21).

San Marcellino Benedetto Champagnat, san Giovanni Calabria e santa Agostina Livia Pietrantoni pregate per noi!


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ORDINAZIONE DI 31 PRESBITERI PER LA DIOCESI DI ROMA



Basilica Vaticana - Domenica, 25 aprile 1999

1. "Io sono il buon pastore . . ., conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Canto al Vangelo).

Nell'itinerario liturgico del tempo pasquale, che stiamo percorrendo, si inserisce l'odierna domenica, tradizionalmente detta del "Buon Pastore". Gesù applica a sé questa similitudine (cfr Jn 10,6), radicata nell'Antico Testamento e tanto cara alla tradizione cristiana. Cristo è il Buon Pastore che, morendo in croce, dà la vita per le sue pecore. Si stabilisce così una profonda comunione tra il Buon Pastore ed il proprio gregge. Gesù, scrive l'Evangelista, "chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori . . . e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce" (Jn 10,3-4). Una consuetudine consolidata, una conoscenza reale e un'appartenenza reciproca uniscono Pastore e pecore: egli si prende cura di loro; esse si fidano di lui e fedelmente lo seguono.

Quanto consolanti suonano, pertanto, le parole che poc'anzi abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

2. Secondo una bella consuetudine, da diversi anni ho la gioia, proprio nella Domenica del "Buon Pastore", di ordinare nuovi presbiteri. Quest'oggi sono 31. Essi dedicheranno il loro entusiasmo e le loro fresche energie al servizio della Comunità di Roma e della Chiesa universale.

Insieme col Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari, i Presbiteri della Diocesi e tutti i presenti ringrazio il Signore per questo grande dono. Condivido in modo particolare la vostra gioia, cari ordinandi, e quella dei vostri formatori, delle vostre famiglie e dei tanti amici, che vi circondano in un momento così intenso ed emozionante, che lascerà in voi un ricordo profondo per tutta la vita.

Accennando ai vostri formatori, il mio pensiero va, in questo momento, a Mons. Plinio Pascoli, che il Signore ha chiamato a sé qualche giorno fa. Per molti anni egli è stato Rettore del Seminario Romano e poi Vescovo Ausiliare, dedicando la sua lunga esistenza alla cura delle vocazioni ed alla formazione dei presbiteri. Possa il suo esempio essere per tutti un ulteriore stimolo a comprendere l'importanza del dono del sacerdozio.

3. Carissimi ordinandi, mediante l'antico e suggestivo gesto sacramentale dell'imposizione delle mani e la preghiera di consacrazione, voi diventerete presbiteri per essere, ad immagine del Buon Pastore, servitori a nuovo e più profondo titolo del popolo cristiano. Parteciperete alla stessa missione di Cristo, spargendo a piene mani il seme della Parola di Dio. Il Signore vi ha chiamati perché siate ministri della sua misericordia e dispensatori dei suoi misteri.

L'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, sarà la sorgente cristallina che alimenterà in modo incessante la vostra spiritualità sacerdotale. Da essa potrete trarre forza ispiratrice per il quotidiano ministero, slancio apostolico per l'opera di evangelizzazione e consolazione spirituale negli inevitabili momenti di difficoltà e di lotta interiore. Accostandovi all'Altare, dove si rinnova il Sacrificio della Croce, scoprirete sempre più le ricchezze dell'amore di Cristo ed imparerete a tradurle nella vita.

4. Carissimi, è quanto mai significativo che voi riceviate il sacramento dell'Ordine in questa domenica del "Buon Pastore", nella quale celebriamo la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. La missione di Cristo si prolunga, infatti, lungo la storia attraverso l'opera dei Pastori ai quali egli affida la cura del suo gregge. Come fece con i primi discepoli, Gesù continua a scegliersi nuovi collaboratori che si prendano cura del suo gregge, mediante il ministero della Parola, dei Sacramenti ed il servizio della carità. La chiamata al sacerdozio è un grande dono e un grande mistero. Dono, anzitutto, della benevolenza divina, perché frutto della grazia. E poi anche mistero, perché la vocazione è collegata con le profondità della coscienza e della libertà umane. Con essa inizia un dialogo di amore che, giorno dopo giorno, plasma la personalità del sacerdote mediante un cammino di formazione iniziato in famiglia, proseguito poi nel seminario e che si estende su tutta la vita. Solo grazie a questo ininterrotto itinerario ascetico e pastorale il sacerdote può diventare icona vivente di Gesù, Buon Pastore, che dona se stesso per il gregge affidatogli.

Mi risuonano nella mente le parole che tra poco vi rivolgerò, consegnandovi le offerte per il Sacrificio eucaristico: "Vivi il mistero che è posto nelle tue mani". Sì, cari ordinandi, questo mistero di cui sarete dispensatori è in definitiva Cristo stesso, che mediante la comunicazione dello Spirito Santo è sorgente di santità ed incessante chiamata alla santificazione. Vivete questo mistero: vivete Cristo, siate Cristo! Possa ciascuno di voi poter dire con san Paolo: "Ormai non sono più io che vivo, bensì è Cristo che vive in me" (Ga 2,20).

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, convenuti a questa Celebrazione! Preghiamo perché questi 31 nuovi presbiteri siano fedeli alla loro missione, rinnovino ogni giorno il loro "sì" a Cristo e siano segno del suo amore per ogni persona. Chiediamo inoltre al Signore, in questa Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che susciti anime generose, disposte a porsi a totale servizio del Regno divino.

Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, a Te affido questi nostri fratelli che oggi vengono ordinati. Con loro affido i sacerdoti di Roma e del mondo intero. Tu, Madre di Cristo e dei sacerdoti, accompagna questi tuoi figli nel loro ministero e nella loro vita.

Amen!


RITO DI BEATIFICAZIONE DI PADRE PIO DA PIETRALCINA - Piazza San Pietro - Domenica, 2 maggio 1999

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GPII Omelie 1996-2005 194