GPII Omelie 1996-2005 204

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CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA VEGLIA DI PENTECOSTE



Veglia di Pentecoste - Sabato, 22 maggio 1999

1. "Apri la porta a Cristo tuo Salvatore": questo invito, risuonato forte nei tre anni di preparazione al grande Giubileo, ha caratterizzato la nostra Missione cittadina.

Rendiamo grazie a Dio per questo straordinario evento, che è stato un atto d'amore per la Città e per ogni suo abitante. La Missione cittadina ha, infatti, promosso nelle comunità cristiane un itinerario di intensa spiritualità, nutrito dalla preghiera e dall'ascolto della Parola di Dio. Ha permesso, inoltre, di incrementare quella comunione ecclesiale, che il Sinodo romano aveva indicato come condizione indispensabile della nuova evangelizzazione.

L'intera comunità diocesana, nei suoi vari ministeri, vocazioni e carismi, si è mossa all'unisono per offrire il proprio apporto di preghiera, di annuncio, di testimonianza e di servizio. Abbiamo fatto insieme l'esperienza d'essere "popolo di Dio in missione".

Sento il dovere di ringraziare coloro che hanno preso parte in vario modo a questa importante iniziativa pastorale. Anzitutto Lei, Signor Cardinale Vicario, che ha guidato con zelo la Missione, in stretta collaborazione con i Vescovi Ausiliari, che saluto cordialmente. Vorrei qui ricordare gli altri Presuli che hanno offerto la loro apprezzata cooperazione e fra questi il compianto Monsignor Clemente Riva.

Penso con gratitudine a voi, cari missionari, sacerdoti, religiosi, religiose e soprattutto laici, che avete beneficiato per primi della grazia della Missione. Il generoso impegno, con cui vi siete preparati ed avete recato il Vangelo nelle case e negli ambienti della Città, ha aperto vie nuove di evangelizzazione e di presenza cristiana nel tessuto quotidiano della vita della nostra gente. Lo Spirito Santo vi ha guidato passo dopo passo, vi ha ispirato le parole giuste per l'annuncio di Cristo e vi ha sostenuto negli inevitabili momenti di difficoltà.

Rendiamo grazie al Signore per quanto Egli ha fatto, mostrando in ogni circostanza i segni della sua misericordia e del suo amore. Il grande Giubileo, ormai alle porte, ci sprona a proseguire questo sforzo missionario con lo stesso slancio, per consolidare ed estendere i risultati raggiunti dalla Missione. Potremo, in tal modo, mostrare ai tanti pellegrini, che verranno a Roma il prossimo anno, il volto della nostra Chiesa accogliente ed aperta, rinnovata nella fede e ricca di opere di carità.

2. Perché questo avvenga, è necessario che l'opera missionaria, tanto felicemente iniziata, si consolidi e si sviluppi. Occorre continuare a sostenere le persone e le famiglie già avvicinate nelle loro case e nei luoghi di lavoro, come pure raggiungere quanti, per vari motivi, non è stato possibile contattare in questi anni.

La visita annuale alle famiglie e i centri di ascolto del Vangelo, che vanno estesi capillarmente, siano pertanto l'anima della pastorale delle parrocchie, grazie alla collaborazione delle associazioni ecclesiali, dei movimenti e dei gruppi. La celebrazione della Parola di Dio scandisca il cammino di fede delle comunità parrocchiali, soprattutto nei tempi forti dell'anno liturgico. Il segno della carità verso i poveri e i sofferenti accompagni l'annuncio del Signore, mostrando la sua viva presenza, attraverso la quotidiana testimonianza dell'amore fraterno.

Va rinsaldata la comunione tra i cristiani che operano negli ambienti di lavoro e di studio, nei luoghi di cura ed in quelli di intrattenimento, dove sono state avviate concrete proposte del Vangelo. Il germe della novità evangelica, seminato con la Missione, deve crescere e fruttificare ovunque, anche là dove non si sono ancora potute promuovere appropriate iniziative missionarie. Più urgente si rende, a tal fine, la nostra testimonianza. Nessuna realtà, infatti, è impenetrabile al Vangelo; anzi, Cristo risorto vi è già misteriosamente presente, mediante il suo Santo Spirito.

3. Un'impresa apostolica così vasta richiede un'opera di formazione e di catechesi rivolta a tutto il popolo di Dio, perché prenda più viva coscienza della sua vocazione missionaria e sia preparato a rendere ragione della fede in Cristo sempre e dappertutto.

E' compito delle parrocchie, delle comunità religiose, delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi aver cura di questa formazione, predisponendo itinerari di fede, di preghiera e di esperienza cristiana ricchi di contenuto teologico, spirituale e culturale.

A voi per primi, cari sacerdoti, è affidato questo incarico: siate sagge guide ed attenti maestri della fede nelle vostre comunità.

Voi, cari religiosi e religiose, che tanto avete contribuito alla Missione, continuate a sostenerla con la vostra preghiera, con la santità della vita e con i carismi che vi sono propri, nei molteplici campi apostolici in cui siete impegnati.

Voi, cari laici, siete chiamati a dare vita a un grande movimento missionario permanente nella Città e in ogni suo ambiente. All'interno delle famiglie, come nel vasto e complesso mondo del lavoro e della cultura, nella scuola e nell'università, nelle istituzioni sanitarie, nei mass-media e nelle attività del tempo libero non fate mancare il vostro apporto, perché l'annuncio del Vangelo possa incidere sull'intera società.

E come dimenticare il contributo che alla Missione cittadina hanno offerto e sono chiamati a rinnovare gli ammalati con l'offerta della propria sofferenza, e le claustrali con la loro costante preghiera?

A tutti e a ciascuno va la mia riconoscenza per il loro utilissimo aiuto spirituale.

4. Guardando a questi tre anni della Missione cittadina, ci si rende facilmente conto che la Parola di Dio è stata largamente seminata. Perché questo seme divino non vada disperso, ma metta radici solide e porti frutti nella vita e nella pastorale quotidiana, occorrerà favorire una specifica riflessione che, coinvolgendo tutte le componenti ecclesiali, sfoci in un apposito Convegno. Penso ad un grande incontro, che servirà a tracciare, sulle basi dell'esperienza della Missione cittadina, le linee portanti di un permanente impegno di evangelizzazione e missionarietà.

Essere Chiesa in missione: ecco la grande sfida dei prossimi anni per Roma e per il mondo intero. Questa consegna affido a voi, cari sacerdoti, religiosi e religiose, laici e, in modo speciale, a voi, movimenti e nuove comunità, ricordando l'incontro di un anno fa, la vigilia di Pentecoste, in questa stessa Piazza. E' necessario aprirsi con docilità all'azione dello Spirito, accogliendo con gratitudine e obbedienza i doni che Egli non cessa di elargire a beneficio di tutta la Chiesa. Questa sera Cristo ripete a ciascuno di voi: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Carissimi, il Vangelo che Cristo ci ha affidato è il Vangelo della pace! Come tenerlo soltanto per noi, soprattutto in questo momento in cui sopraffazione e guerra stanno seminando distruzione e morte nella vicina regione dei Balcani? Lo Spirito ci spinge ad essere annunciatori e operatori di pace nella giustizia e nella riconciliazione. In questa prospettiva vorrei che nella prossima festa del Corpus Domini si levasse dalla Chiesa di Roma una corale invocazione per la pace. Invito pertanto tutti voi - clero, religiosi e fedeli - ad unirvi a me la sera di giovedì 3 giugno a San Giovanni in Laterano per partecipare alla Messa ed alla processione del Corpus Domini, in cui imploreremo insieme il dono della pace nei Balcani. Il giorno del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo sia quest'anno caratterizzato da un'intensa preghiera per la pace.

5. Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore.

Vieni, Santo Spirito! L'invocazione, che risuona nella Liturgia di questa vigilia della Pentecoste, ci riempie di gioia e di speranza. Spirito Santo, artefice e anima della Missione, suscita nella Chiesa di Roma tanti missionari tra i giovani, gli adulti, le famiglie ed infondi in ciascuno il fuoco inestinguibile del tuo amore.

Spirito, "luce dei cuori", indica le vie nuove per la Missione cittadina e universale nel terzo millennio che sta per cominciare.

"Consolatore perfetto", sostieni chi è sfiduciato, conferma l'entusiasmo di chi ha provato la gioia dell'evangelizzazione, rafforza in ogni fedele il desiderio e il coraggio di essere quotidianamente missionario del Vangelo nel proprio ambiente di vita e di lavoro.

"Ospite dolce dell'anima", apri il cuore di ogni persona, famiglia, comunità religiosa e parrocchiale, perché siano accolti con generosità i pellegrini poveri, che parteciperanno agli eventi del Giubileo. Sarà, infatti, questo uno dei frutti più belli e fecondi della Missione cittadina: l'attuazione concreta di quella carità romana, frutto della fede, che ha sempre accompagnato la celebrazione degli Anni Santi.

Maria Santissima, che dalla Pentecoste vegli con la Chiesa nell'invocazione dello Spirito Santo, resta con noi al centro di questo nostro singolare cenacolo. A Te, che veneriamo come Madonna del Divino Amore, affidiamo i frutti della Missione cittadina, perché con la tua intercessione la Diocesi di Roma dia al mondo testimonianza convinta di Cristo nostro Salvatore.


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VISITA PASTORALE ALL'ARCIDIOCESI DI ANCONA - OSIMO (30 MAGGIO 1999)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA




Stadio del Conero - Domenica, 30 maggio 1999

1. "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo: a Dio che è, che era e che viene" (Canto al Vangelo; cfr Ap 1,8).

Rendiamo lode a Dio per la provvidenziale coincidenza fra due ricorrenze, diverse nei contenuti ma convergenti nel significato, che stiamo vivendo in questa giornata: la solennità della Santissima Trinità e le celebrazioni millenarie della vostra Chiesa cattedrale.

Lo splendido edificio, che dall'alto della collina domina sulla Città, è infatti simbolo del Popolo di Dio che, in questa terra anconetana, è stato adunato insieme, secondo una suggestiva espressione di Cipriano, "dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (De Orat. Dom., 23: PL 4, 536). Celebrando i mille anni della Cattedrale, noi dunque celebriamo anche i prodigi di grazia e di amore che, in dieci secoli di storia, la Trinità Santissima ha riversato sulle generazioni cristiane, che in questo territorio hanno creduto al Vangelo e si sono sforzate di viverlo.

Consapevole di ciò, la nostra assemblea liturgica, oggi raccolta in questo stadio parato a festa, acclama con gioia: "Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi".

2. Grande è veramente l'amore di Dio per ciascuno di noi! Grande è l'amore di Dio per ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle di Ancona, e la vostra bella Cattedrale, dedicata a san Ciriaco, ne è il segno tangibile.

Vista dall'esterno, con la sua posizione elevata sulla Città, essa ben simboleggia la rassicurante presenza del Dio Trinità, che dall'alto orienta e protegge la vita degli uomini. Allo stesso tempo, la Cattedrale costituisce un forte richiamo a guardare in alto, a sollevarsi dalla quotidianità e da tutto ciò che appesantisce la vita terrena, per fissare gli occhi al cielo, in una continua tensione verso i valori spirituali. Essa è, per così dire, il punto d'incontro tra due movimenti: quello discendente dell'amore di Dio rivelato all'umanità e quello ascendente delle aspirazioni dell'uomo verso la comunione con Dio, fonte di gioia e di pace.

3. "Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso. A te la lode e la gloria nei secoli". Con questa invocazione del Salmo responsoriale sono lieto di salutare tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, ricordando con animo grato alla Provvidenza divina i mille anni della vostra magnifica Cattedrale. Commemoriamo un millennio ricco di storia, di tradizioni religiose e culturali, di operosa vita cristiana, intrecciata con le vicende della Città e della Regione.

Saluto con affetto tutti voi qui presenti, incominciando dal vostro Pastore, il caro Arcivescovo Franco Festorazzi, che ringrazio per le cordiali parole rivoltemi a nome vostro all'inizio della Celebrazione. Con lui saluto i Presuli marchigiani, l'Arcivescovo di Zara e gli altri Vescovi presenti. Un saluto deferente dirigo al Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, qui venuto in rappresentanza del Governo italiano, al Sindaco di Ancona, al Prefetto, al Presidente della Regione ed alle Autorità civili e militari, che hanno voluto onorare con la loro presenza questa solenne ricorrenza.

Il mio affettuoso saluto va, poi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, nonché ai laici che si dedicano attivamente all'apostolato, con uno speciale ricordo per i pellegrini venuti da altre località a celebrare con noi questa storica circostanza e, in modo particolare, per il gruppo di fedeli croati e bosniaci.

Tutti, carissimi fedeli dell'Arcidiocesi di Ancona-Osimo, vi abbraccio spiritualmente e vi ringrazio per la squisita accoglienza che mi avete riservato, all'insegna della sensibilità e del calore tipici della tradizione marchigiana.

4. Abbiamo poc'anzi ascoltato le parole dell'apostolo Paolo: "Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi" (2Co 13,11). Queste stesse parole, carissimi Fratelli e Sorelle, io rivolgo a voi con affetto e viva cordialità.

A voi giovani, innanzitutto! Con san Paolo vi dico: "Tendete alla perfezione"! Un invito tanto impegnativo suppone nei destinatari la capacità dell'entusiasmo. Non è forse, questa, una caratteristica tipica della vostra età? A voi dunque dico: sappiate pensare in grande! Abbiate il coraggio di osare! Con l'aiuto di Dio "tendete alla perfezione"! Su ciascuno di voi Dio ha un progetto di santità.

Oggi c'è qui con voi la "Croce dei giovani" che, a partire dall'Anno Santo del 1984, ha accompagnato i più importanti appuntamenti ecclesiali della gioventù. La Croce vi invita a testimoniare con coraggio quella fede che avete ereditato da Stefano, da Ciriaco e da Leopardo, Patroni delle vostre Comunità. Siate pronti a proseguire il cammino della nuova evangelizzazione, entrando con la Croce vittoriosa di Cristo nel terzo millennio.

5. "Abbiate gli stessi sentimenti". Care famiglie, e specialmente voi, cari giovani sposi, accogliete questo invito all'unità dei cuori e alla piena comunione in Dio. Grande è la vocazione che avete ricevuto da Lui! Egli vi chiama ad essere famiglie aperte alla vita e all'amore, capaci di trasmettere speranza e fiducia nel futuro di fronte ad una società che talora se ne mostra priva.

"State lieti!", ripete a voi oggi l'apostolo Paolo. Per il cristiano la ragione profonda della gioia interiore si trova nella Parola di Dio e nel suo amore che mai viene meno. Forte di questa consapevolezza, la Chiesa prosegue nel suo pellegrinaggio ed a tutti proclama: "Il Dio dell'amore e della pace sarà con voi".

6. Il mio sguardo si allarga ora all'intera vostra Città che, affacciata sul mare Adriatico, da sempre costituisce, per così dire, una "testa di ponte" verso l'Oriente. La storia di Ancona è intrisa di ardimento apostolico e di spirito missionario. Basti pensare a santo Stefano Protomartire, a cui fu dedicata la prima Cattedrale, e a Primiano, di origine greca e primo Vescovo della Città. E poi vi è san Ciriaco, che ricordiamo in modo speciale in queste celebrazioni millenarie della Cattedrale a lui dedicata: egli veniva da Gerusalemme. Liberio era armeno ed i martiri di Osimo - Fiorenzo, Sisinio, Dioclezio - provenivano anch'essi dall'Oriente. E' un orizzonte davvero vastissimo quello su cui s'affaccia la vostra Città!

Luogo di transito per commercianti e pellegrini, Ancona ha conosciuto per secoli la serena convivenza di comunità greche e armene, che hanno innalzato qui propri luoghi di culto ed hanno intessuto rapporti di reciproco rispetto e collaborazione con la comunità cattolica. Ringraziamo Iddio perché la Chiesa anconetana ha assunto nei secoli un'impronta cosmopolita ed ha maturato un ardente slancio missionario, com'è testimoniato, in modo eloquente, dall'attività in Cina del Vescovo Antonio Maria Sacconi e del Vescovo Giacomo Riccardini in Medio Oriente.

Questa eredità spirituale non si è interrotta e continua a dare i suoi frutti. Ne è prova, tra l'altro, la cooperazione missionaria che la Diocesi offre alla Comunità ecclesiale di Anatuja, in Argentina. Sono certo che la vostra Chiesa si aprirà a nuove promettenti prospettive, imprimendo all'intero popolo cristiano di Ancona un rinnovato slancio apostolico al servizio del Vangelo. E questo sarà uno dei risultati più significativi delle celebrazioni giubilari della vostra Cattedrale.

7. "Vivete in pace", raccomanda san Paolo. La Cattedrale, carissimi, è simbolo dell'unità della Chiesa. Anche qui, ad Ancona, come pure nella vicina Osimo, essa è stata il luogo della lode a Dio di tutta la Città, la sede della ritrovata armonia tra i momenti del culto e della vita civica, il punto di riferimento per la pacificazione degli animi.

Mossi dalla memoria, voi volete vivere l'attualità della storia. E come i vostri padri seppero costruire lo splendido tempio di pietra, perché fosse segno ed appello alla comunione di vita, spetta a voi rendere visibile e credibile il significato dell'edificio sacro, vivendo in pace nella comunità ecclesiale e civile.

Memori del passato e attenti al presente, ma anche proiettati verso il futuro, voi cristiani della diocesi di Ancona-Osimo sapete che il progresso spirituale delle vostre comunità ecclesiali e la stessa promozione del bene comune delle comunità civili richiedono un impegno arduo, un inserimento delle vostre parrocchie ed associazioni sempre più vitale nel territorio. Il cammino sinora percorso e la fede che vi anima vi diano coraggio e slancio per continuare.

8. "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Co 13,11-13): questo è il saluto augurale che l'apostolo Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto. Questo stesso augurio di respiro trinitario, oggi, il Successore di Pietro desidera indirizzare alla vostra Comunità in festa per il millennio della Cattedrale.

Cristiani di Ancona, emulando i vostri antenati, siate una Chiesa viva al servizio del Vangelo! Una Chiesa ospitale e generosa, che con la sua testimonianza perseverante sappia rendere presente l'amore di Dio per ogni essere umano, specialmente per i sofferenti ed i bisognosi. So che questo è il vostro impegno. Lo attesta, tra l'altro, l'iniziativa che, a ricordo delle celebrazioni millenarie, la Chiesa anconetana ha voluto realizzare: la ristrutturazione del complesso dell'Annunziata, che verrà destinato ai servizi di solidarietà ed alla pastorale giovanile. Il Papa vi loda in questo e vi incoraggia.

Maria, che voi venerate nella vostra Cattedrale col bel titolo di "Regina di tutti i Santi", vegli dall'alto del colle su ciascuno di voi e sulla gente del mare.

E Tu, Regina dei Santi, Regina della Pace, ascolta la nostra preghiera: rendici testimoni credibili del tuo Figlio Gesù ed infaticabili artefici di pace. Amen!


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SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI



Giovedì, 3 giugno 1999


1. Lauda, Sion, Salvatorem! Loda, Sion, il Salvatore!

Loda il tuo Salvatore, Comunità cristiana di Roma, adunata dinanzi a questa Basilica Cattedrale, dedicata a Cristo Salvatore ed al suo Precursore, Giovanni Battista! Lodalo, perché "Egli ha messo pace nei tuoi confini e ti sazia con fior di frumento" (Salmo resp. 147, 14).

La solennità del Corpus Domini è festa di lode e di ringraziamento. In essa il popolo cristiano si raccoglie intorno all'altare per contemplare ed adorare il Mistero eucaristico, memoriale del sacrificio di Cristo, che ha donato a tutti gli uomini la salvezza e la pace. Quest'anno, la nostra solenne celebrazione e, tra poco, la tradizionale processione, che ci condurrà da questa Piazza a Santa Maria Maggiore, hanno una finalità particolare: vogliono essere supplica unanime e accorata per la pace.

Mentre adoriamo il Corpo di Colui che è nostro Capo, come non farci solidali con le sue membra che soffrono a causa della guerra? Sì, Fratelli e Sorelle carissimi, romani e pellegrini, questa sera vogliamo pregare insieme per la pace; vogliamo pregare, in modo particolare, per la pace nei Balcani. Ci illumina e ci guida la Parola di Dio che abbiamo poc'anzi ascoltato.

2. Nella prima Lettura è risuonato il comando del Signore: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere" (Dt 8,2). "Ricordati . . ."! Questa è la prima parola. Non un invito, ma un comando che il Signore rivolge al suo popolo, prima di introdurlo nella terra promessa. Gli comanda di non dimenticare.

Per avere la pace, che è la sintesi di tutti i beni promessi da Dio, occorre anzitutto non dimenticare, ma fare tesoro dell'esperienza passata. Anche dagli errori si può trarre un ammaestramento utile per orientare meglio il proprio cammino.

Guardando a questo secolo ed al millennio che si chiude, come non richiamare alla memoria le terribili prove che l'umanità ha dovuto sopportare? Non possiamo dimenticare: anzi, dobbiamo ricordare. Aiutaci, Dio, nostro Padre, a trarre le giuste lezioni dalle vicende nostre e di coloro che ci hanno preceduto!

3. La storia parla di grandi aspirazioni alla pace, ma anche di ricorrenti delusioni che l'umanità ha dovuto subire tra lacrime e sangue. Proprio in questo giorno, il 3 giugno di 36 anni fa, moriva Giovanni XXIII, il Papa della Pacem in terris. Quale coro unanime di lodi accolse quel documento, in cui si tracciavano le grandi linee per l'edificazione di una pace vera nel mondo! Ma quante volte in questi anni si è ancora dovuto assistere allo scoppio della violenza bellica in una parte o nell'altra del pianeta.

Il credente, tuttavia, non si arrende. Egli sa di poter sempre contare sull'aiuto di Dio. Suonano eloquenti, al riguardo, le parole pronunciate da Gesù durante l'Ultima Cena: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27). Oggi vogliamo ancora una volta accoglierle e comprenderle in profondità. Entriamo spiritualmente nel Cenacolo per contemplare Cristo che dona, sotto le specie del pane e del vino, il suo corpo e il suo sangue, anticipando nel sacramento il Calvario. E' in questo modo che Egli ci ha donato la pace. San Paolo commenterà: "Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, . . . per mezzo della croce" (Ep 2,14 Ep 2,16).

Donando se stesso, Cristo ci ha donato la pace. Non è, la sua, la pace del mondo, fatta spesso di astuzie e di compromessi, quando non anche di sopraffazioni e di violenze. La pace di Cristo è frutto della sua Pasqua: è frutto cioè del suo sacrificio che estirpa la radice dell'odio e della violenza e riconcilia gli uomini con Dio e tra loro; è il trofeo della sua vittoria sul peccato e sulla morte, della sua pacifica guerra contro il male del mondo, combattuta e vinta con le armi della verità e dell'amore.

4. Non a caso è proprio questo il saluto che fiorisce sulle labbra del Cristo risorto. Comparendo agli Apostoli, Egli mostra dapprima nelle mani e nel costato i segni della dura lotta sostenuta e poi augura: "Pace a voi!" (Jn 20,19 Jn 20,21 Jn 20,26). Questa sua pace Egli comunica ai discepoli come dono preziosissimo, non da tenere gelosamente nascosto, ma da diffondere mediante la testimonianza.

Questa sera, carissimi, portando in processione l'Eucaristia, sacramento di Cristo, nostra Pasqua, noi porteremo per le vie della Città l'annuncio di quella pace che Egli ci ha lasciato e che il mondo non può dare. Cammineremo interrogandoci sulla nostra personale testimonianza in favore della pace. Non basta, infatti, parlare di pace, se non ci si impegna poi a coltivare nel cuore sentimenti di pace ed a manifestarli nei rapporti quotidiani con chi ci vive accanto.

Porteremo l'Eucaristia in processione ed eleveremo la nostra supplica accorata al "Principe della pace" per la vicina terra dei Balcani, dove già troppo sangue innocente è stato versato e troppe offese sono state compiute contro la dignità e i diritti degli uomini e dei popoli.

La nostra preghiera è questa sera confortata dalle prospettive di speranza, che finalmente sembrano essersi aperte.

5. "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Jn 6,51). Nel testo evangelico, che poc'anzi abbiamo ascoltato, queste parole di Gesù ci hanno introdotto a comprendere quale sia la sorgente della vera pace. E' Cristo la nostra pace, "pane" offerto per la vita del mondo. Egli è il "pane" che Dio Padre ha preparato, perché l'umanità abbia la vita e l'abbia in abbondanza (cfr Jn 10,10).

Dio non ha risparmiato il suo Figlio, ma lo ha dato come salvezza per tutti, come Pane di cui nutrirsi per avere la vita. Chiaro è il linguaggio di Cristo: per avere la vita non basta credere in Dio, bisogna vivere di Lui (cfr Jc 2,14). Per questo il Verbo si è incarnato, è morto e risorto e ci ha donato il suo Spirito; per questo ci ha lasciato l'Eucaristia, perché si possa vivere di Lui come Lui vive del Padre. L'Eucaristia è il sacramento del dono che Cristo ci ha fatto di se stesso: è il Sacramento dell'amore e della pace, che è pienezza di vita.

6. "Pane vivo, che dà vita!".

Signore Gesù, dinanzi a Te, nostra Pasqua e nostra pace, noi ci impegniamo ad opporci senza violenza alle violenze dell'uomo sull'uomo.

Prostrati ai tuoi piedi, o Cristo, noi vogliamo quest'oggi condividere il pane della speranza con i nostri fratelli disperati; il pane della pace con i nostri fratelli martoriati dalla pulizia etnica e dalla guerra; il pane della vita con i nostri fratelli minacciati ogni giorno dalle armi di distruzione e di morte.

Con le vittime innocenti e più indifese, o Cristo, vogliamo condividere il Pane vivo della tua pace.

"Per loro ti offriamo e anch'essi ti offrono questo sacrificio di lode" (Canone Romano), perché Tu, o Cristo, nato dalla Vergine Maria, Regina della pace, sii per noi, con il Padre e lo Spirito Santo, fonte di vita, di amore e di pace.

Amen!


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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE EUCARISTICA A CONCLUSIONE DELLE CELEBRAZIONI


PER IL MILLENNIO DEL MARTIRIO DI SANT'ADALBERTO




Ippodromo di Sopot (Gdansk) - Sabato, 5 giugno 1999



1. “Sono convinto che resterò e continuerò a essere d’aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta” (Ph 1,25-26), dice l’apostolo Paolo nell’odierna liturgia. E’ la Lettera ai Filippesi, ma queste parole suonano in un modo mirabile qui, sulle orme di Adalberto. Come se non fosse Paolo a parlare ai Filippesi, ma Adalberto parlasse a noi, Polacchi.

L’eco di questa voce suona incessantemente in questa terra dove il Patrono della Chiesa di Gdansk subì la morte per martirio. “Cristo era tutto per lui e la morte - un guadagno” (cfr. Fil Ph 1,21). Giunse nel 997 a Gdansk, dove annunziò il Vangelo e amministrò il santo battesimo. Cristo è stato glorificato da Sant’Adalberto mediante la sua vita fervente ed un’eroica morte. Durante il mio precedente pellegrinaggio a Gniezno, presso la tomba di Sant’Adalberto, dissi che egli seguì Cristo “come un servo fedele e generoso, testimoniandolo a prezzo della propria vita. Ed ecco il Padre l’ha onorato. Il Popolo di Dio l’ha circondato sulla terra della venerazione che si riserva ad un santo, nella convinzione che un Martire di Cristo nel cielo viene circondato di gloria (. . .) La sua morte per martirio (. . .) Sta alla base della Chiesa polacca e, in certo senso, anche dello stesso Stato polacco” (Omelia, 3.06.1997). Due anni dopo la morte, la Chiesa lo proclamò santo e io oggi, mentre celebro questo Santissimo Sacrificio, commemoro il millennio della sua canonizzazione.

2. Rendo grazie a Dio per essere nuovamente venuto da voi e per la comune celebrazione di questo giubileo. E’ grande il giorno che ci ha dato il Signore nella sua bontà. Sono lieto perché mi viene dato di visitare nuovamente la storica e bella città di Gdansk. Saluto i suoi abitanti e tutta l’Arcidiocesi, come pure gli abitanti di Sopot, di Gdynia e di altre città e paesi. Saluto l’arcivescovo Tadeusz - Pastore di questa Chiesa, il vescovo ausiliare, i sacerdoti, le persone consacrate e tutti i partecipanti a questa Santissima Eucaristia. Con venerazione ricordo i defunti vescovi, Mons. Nowicki e Mons. Kaczmarek, i quali svolsero il loro ministero di pastori in questa Chiesa in tempi difficili. Ho davanti agli occhi il mio incontro di dodici anni fa con questa città e con i suoi abitanti, specialmente con gli infermi nella basilica mariana e con il mondo del lavoro a Zaspa di Gdansk, ed anche con i giovani a Westerplatte, o con i marittimi a Gdynia. Porto tutto questo nel profondo del mio cuore. Guardando da una prospettiva storica, si avverte quanto era diverso quel tempo! Altre esperienze e altre sfide, stavano allora di fronte alla nazione. Parlavo allora a voi, ma anche in qualche modo a vostro nome. L’oggi è diverso. Ricordo quei momenti con commozione, consapevole delle grandi cose che da quel tempo si sono compiute nella nostra Patria.”E’ venuto il nuovo”, è venuto in questa terra, e Adalberto vi ebbe una parte essenziale.

Il sangue da lui versato produce sempre nuovi frutti spirituali. Egli è quel seme evangelico che è caduto in terra ed è morto, e ha portato un molteplice raccolto in tutte quelle nazioni alle quali fu legata la sua missione. Fu così per la Boemia, per l’Ungheria, per la Polonia dei Piast ed anche per la Pomerania, per Gdansk, per i popoli che abitavano questa terra. Dopo mille anni che ci separano dalla sua morte sul Baltico, ci rendiamo ancora più pienamente conto che proprio il sangue di quel martire, versato in questi territori dieci secoli fa, contribuì in modo essenziale all’evangelizzazione, alla fede, ad una nuova vita. Quanto grande è oggi il nostro bisogno di seguire l’esempio della sua vita donata totalmente a Dio e alla diffusione del Vangelo! La sua testimonianza di servizio e di fervore apostolico, è radicata profondamente nella fede e nell’amore per Cristo. Di Sant’Adalberto possiamo dire col Salmista: “La sua anima ebbe incessantemente sete di Dio, anelava a Lui come terra deserta, arida, senz’acqua” (cfr. Sal 62[63], 2).

Grazie, Sant’Adalberto per l’esempio di santità, perché, con la tua vita, ci hai insegnato il significato delle parole “per me vivere è Cristo e il morire un guadagno” (cfr. Fil Ph 1,21). Ti ringraziamo per il millennio di fede e di vita cristiana in Polonia, ed anche in tutta l’Europa centrale.

3. “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48) - dice Cristo nel Vangelo di oggi. Alla vigilia del Terzo Millennio queste parole annotate da S. Matteo, risuonano con una nuova forza. Riassumono l’insegnamento delle otto beatitudini, esprimendo al contempo tutta la pienezza della vocazione dell’uomo. Essere perfetto a misura di Dio! Essere, come Dio, grande nell’amore perché è lui che “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5,45).

Qui tocchiamo il mistero dell’uomo creato a somiglianza di Dio, e per questo capace di amare e di ricevere il dono dell’amore. Tale originaria vocazione dell’uomo è stata dal Creatore iscritta nella natura umana ed è essa a far sì che ogni uomo cerchi l’amore, anche se a volte lo fa scegliendo il male del peccato, che si presenta sotto le apparenze del bene. Cerca l’amore, perché nel profondo del cuore sa che soltanto l’amore può farlo felice. Spesso tuttavia l’uomo cerca questa felicità a tentoni. La cerca nei piaceri, nei beni materiali e in ciò che è terreno e passeggero. “Si apriranno i vostri occhi e diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male” (cfr. Gn Gn 3,5) - udì Adamo nel paradiso. Gli disse così il nemico di Dio - satana, di cui egli si fidò. Tuttavia, quanto dolorosa si è dimostrata per l’uomo questa via della ricerca della felicità senza Dio! Come sperimentò subito le tenebre del peccato e il dramma della morte. Sempre, infatti, quando l’uomo si allontana da Dio, prova di conseguenza una grande delusione, accompagnata dalla paura. Ed è così perché come effetto del suo allontanamento da Dio l’uomo rimane solo e comincia a sentire la dolorosa solitudine, si sente smarrito. Da tale paura emerge tuttavia la ricerca del Creatore, poiché nulla può soddisfare la fame di Dio radicata nell’uomo.

Cari Fratelli e Sorelle, non lasciatevi “intimidire in nulla dagli avversari” - ci ricorda San Paolo nella prima lettura. Non lasciatevi intimidire da coloro che indicano nel peccato la via che conduce alla felicità. State “sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere” (Ph 1,30) - aggiunge l’Apostolo delle Nazioni, e questa è la lotta contro i nostri peccati personali, e specialmente i peccati contro l’amore: essi possono assumere preoccupanti dimensioni nella vita sociale. L’uomo mai sarà felice a scapito di un altro uomo, distruggendo la libertà altrui, calpestando la dignità delle persone e coltivando l’egoismo. La nostra felicità è il fratello dato a noi e affidatoci da Dio, e attraverso di lui tale felicità è Dio stesso. Infatti, “chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, perché Dio è amore” (1Jn 4,7-8).

Lo dico nella terra di Gdansk, che fu testimone di combattimenti drammatici per la libertà e per l’identità cristiana dei Polacchi. Ricordiamo il settembre del 1939: l’eroica difesa di Westerplatte e della Posta Polacca a Gdansk. Ricordiamo i sacerdoti martoriati nel campo di concentramento nella vicina Stutthof, che la Chiesa eleverà alla gloria degli altari durante questo pellegrinaggio, oppure i boschi di Piasnica, presso Wejherowo, dove furono fucilate migliaia di persone. Tutto questo appartiene alla storia della gente di questa terra ed è inscritta nell’insieme dei tragici eventi dei tempi di guerra. “Migliaia di persone diventarono vittime delle prigioni, di torture e di esecuzioni capitali. Degno di ammirazione e di eterno ricordo è stato questo slancio senza eguali di tutta la società, e particolarmente della giovane generazione dei Polacchi, in difesa della Patria e dei suoi valori essenziali” -scrivevo nel Messaggio alla Conferenza Episcopale Polacca in occasione del 50° anniversario dell’inizio della seconda guerra mondiale (n° 2). Abbracciamo con la preghiera queste persone, richiamando alla memoria le loro sofferenze, il loro sacrificio, e specialmente la loro morte. Non ci è neppure lecito dimenticare la più recente storia, alla quale appartiene prima di tutto il tragico dicembre 1970 quando gli operai scesero nelle strade di Gdansk e di Gdynia, e poi l’agosto 1980, pieno di speranza, e infine il drammatico periodo dello stato di guerra.

C’è un luogo più adatto in cui parlare di questo, che non qui, a Gdansk? In questa città, infatti, diciannove anni fa nacque “Solidarnosc”. Fu un evento che segnò una svolta nella storia della nostra nazione e nella storia dell’Europa. “Solidarnosc” ha aperto le porte alla libertà nei paesi resi schiavi dal sistema totalitario ha abbattuto il muro di Berlino e ha contribuito all’unità dell’Europa divisa dai tempi della seconda guerra mondiale. Mai dobbiamo cancellare questo dalla nostra memoria. Questo evento fa parte del nostro patrimonio nazionale. Udii da voi allora a Gdansk: “Non c’è libertà senza solidarietà". Oggi bisogna dire: “Non c’è solidarietà senza amore”. Anzi, non c’è la felicità, non c’è il futuro dell’uomo e della nazione senza amore, senza quell’amore che perdona, benché non dimentichi, che è sensibile alla sventura altrui, che non cerca il proprio tornaconto, ma desidera il bene degli altri; l’amore che è a servizio, che è dimentico di sé ed è disposto a donare con generosità. Siamo dunque chiamati a costruire il futuro basato sull’amore di Dio e del prossimo, per edificare la “civiltà dell’amore”. Oggi il mondo e la Polonia hanno bisogno di uomini dal cuore grande, che servono con umiltà e amore, che benedicono e non maledicono, che conquistano la terra con la benedizione. Non è possibile costruire il futuro senza riferirsi alla fonte dell'amore che è Dio, il quale “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Jn 3,16).

Gesù Cristo è colui che rivela all’uomo l’amore, mostrandogli allo stesso tempo la sua suprema vocazione. Nell’odierno Vangelo egli indica con le parole del discorso della montagna come bisogna realizzare questa vocazione: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

4. “Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo” (Ph 1,27).

Così dice l’apostolo Paolo ai Filippesi e così parla a noi Adalberto. Dopo dieci secoli queste parole sembrano cariche di maggiore eloquenza. Da una così grande distanza di tempo viene da noi, ritorna questo santo Vescovo, l’apostolo della nostra terra, per esaminare, verificare in un certo senso se perseveriamo nella fedeltà al Vangelo. La nostra presenza liturgica sui suoi percorsi deve essere la risposta. Vogliamo assicurarlo che sì, perseveriamo e vogliamo continuare a farlo. Egli preparò i nostri avi ad entrare nel secondo millennio, con una prospettiva lungimirante. Oggi noi qui, rispondendo a tali parole, ci prepariamo tutti insieme ad entrare nel terzo millennio. Vogliamo entravi con Dio, come un popolo che ha posto la fiducia nell’amore e che ha amato la verità. Come un popolo che vuole vivere in spirito di verità, perché solo la verità può farci liberi e felici. Cantiamo il Te Deum, glorificando Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, Dio Creatore e Redentore per quanto ha operato in questa terra per mezzo del suo servo, il Vescovo Adalberto. E chiedendo allo stesso tempo: Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic haereditati tuae.

Molto è cambiato e sta cambiando in terra polacca. Passano i secoli, e la Polonia cresce tra mutevoli destini, come una grande quercia della storia, dalle sane radici. Rendiamo grazie alla Divina Provvidenza perché ha benedetto il millenario processo di questa crescita con la presenza di Sant’Adalberto e con la sua morte per martirio sul Baltico. E’ una grande eredità, con cui camminiamo verso il futuro. Che per opera di Sant’Adalberto e di tutti i Patroni polacchi riuniti intorno alla Madre di Dio permangano i frutti della redenzione e si consolidino tra le generazioni che verranno. Che gli uomini del terzo millennio si assumano la missione trasmessa un tempo, mille anni fa, da Sant’Adalberto e a loro volta la trasmettano alle nuove generazioni.

Ecco il grano caduto nel terreno,
in questa terra,
ha portato il centuplo del frutto. Amen.



GPII Omelie 1996-2005 204