GPII Omelie 1996-2005 217

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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA




Piazza intitolata al Cardinale Stefan Wyszynski (Zamosc)

Sabato, 12 giugno 1999



1. «E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45).

Lungo il percorso del nostro pellegrinaggio attraverso la terra polacca, ci incontriamo nuovamente con Maria. È un dono speciale della grazia divina il fatto che proprio a Zamosc, in cui da generazioni Maria viene venerata come Madre della Divina Protezione nel santuario Cattedrale, dobbiamo celebrare quasi una seconda tappa della solennità del suo Cuore Immacolato. Nell'odierna liturgia incontriamo Maria della Visitazione. È ben conosciuto il suo cammino dopo l'Annunciazione: da Nazaret verso il circondario montuoso della Giudea, dove abitava la sua parente Elisabetta. Maria va per aiutarla nei giorni di preparazione alla maternità. Cammina sulle strade della sua terra portando in sé il sommo mistero.

Leggiamo nel Vangelo che la rivelazione di questo mistero è avvenuta in un modo insolito. «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo» (Lc 1,42): con queste parole Elisabetta saluta Maria. «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1,43). Elisabetta ormai conosce il progetto di Dio e ciò che, in questo istante, è un mistero suo e di Maria. Sa che suo figlio, Giovanni Battista, dovrà preparare la via del Signore. Dovrà diventare il messaggero del Messia, di colui che la Vergine di Nazaret ha concepito per opera dello Spirito Santo. L'incontro delle due madri, Elisabetta e Maria, precede gli eventi che dovranno compiersi e, in un certo senso, prepara ad essi. Beata sei tu che hai creduto alla parola di Dio che ti annuncia la nascita del Redentore del mondo, dice Elisabetta. E Maria risponde con le parole del Magnificat: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46-47). Veramente le grandi opere di Dio, i grandi misteri di Dio si compiono nel nascondimento, nella casa di Zaccaria. Tutta la Chiesa si riferirà continuamente ad essi, ripeterà insieme con Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» e, insieme con Maria, canterà il Magnificat.

Infatti, l'evento compiutosi in terra di Giuda racchiude in sé un contenuto ineffabile. Ecco, è venuto al mondo Dio. Si è fatto uomo. Per opera dello Spirito Santo è stato concepito nel grembo della Vergine di Nazaret per nascere nella stalla di Betlemme. Prima però che tutto questo accada, Maria porta Gesù, come ogni madre porta in sé il figlio del suo grembo. Porta non soltanto la sua esistenza umana, ma tutto il suo mistero, il mistero del Figlio di Dio, Redentore del mondo. Perciò anche la visita di Maria nella casa di Elisabetta è, in un certo senso, un evento comune e, allo stesso tempo, un evento unico, straordinario e irripetibile.

Ecco, insieme con Maria viene il Verbo eterno, il Figlio di Dio. Viene per essere in mezzo a noi. Come allora, il tempo precedente alla nascita l'aveva legato a Nazaret, e poi alla Giudea, dove dimorava Elisabetta, e definitivamente alla piccola città di Betlemme, dove doveva venire al mondo, così ora ogni sua visita lo lega sempre ad un altro luogo sulla terra, dove la celebriamo nella liturgia.

2. Oggi leggiamo il Vangelo della Visitazione in terra di Zamosc. Il mistero della venuta di Maria e del Figlio, diventa in un certo senso anche nostro. Come mi rallegra il fatto di poter vivere questo mistero insieme con voi, nella comunità della diocesi Zamosc-Lubaczów! È una diocesi giovane, ma con una tradizione religiosa e culturale tanto ricca, che risale al XVI secolo. In essa, sin dagli inizi, si iscrivono vivi contatti con la Sede Apostolica: speciale frutto è la famosa Accademia di Zamosc - terza, dopo Kraków e Wilno -, un'istituzione accademica nella Repubblica di Polonia, fondata con l'appoggio del Papa Clemente VIII. La Collegiata di Zamosc, che ho avuto l'onore di elevare alla dignità di Cattedrale, è testimone silenziosa ma quanto mai eloquente del retaggio dei secoli. Nasconde in sé non soltanto i magnifici monumenti dell'architettura e dell'arte religiosa, ma anche le ceneri di coloro che formavano questa grande tradizione. Visitando questa bella città e la terra di Zamosc, oggi sono lieto di poter tornare a questo tesoro plurisecolare della nostra fede e della nostra cultura.

Saluto cordialmente tutti i fedeli qui riuniti e coloro che si sono uniti a noi spiritualmente. Saluto il Pastore di questa comunità, il Vescovo Jan con l'Ausiliare Mariusz e tutti i presbiteri e le persone consacrate. Rivolgo parole di saluto anche ai rappresentanti delle Autorità dello Stato e di quelle territoriali. Voglio esprimere particolare gratitudine a coloro che accompagnano il mio pellegrinaggio con la preghiera e con l'offerta della loro sofferenza. Prego Dio affinché essi partecipino alle grazie di questa visita.

3. La collocazione provvidenziale della scena della Visitazione di Maria nell'eccezionale cornice della bellezza di questa città e di questa terra, mi fa tornare in mente il racconto biblico della creazione, che riceve la sua spiegazione e il suo complemento nel mistero dell'Incarnazione. Dio nei giorni della creazione guardava l'opera del suo disegno e vedeva che quanto aveva fatto era cosa buona. Non poteva essere diversamente. L'armonia della creazione rispecchiava l'intima perfezione del Creatore. Alla fine, Dio creò l'uomo. Lo creò a propria immagine e somiglianza. Affidò a lui tutta la magnificenza del mondo perché, godendo di esso e usando i suoi beni in modo libero e razionale, collaborasse attivamente al perfezionamento dell'opera di Dio. E la Scrittura dice che allora «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn 1,31). Dopo la caduta originale dell'uomo, tuttavia, il mondo, come sua particolare proprietà, in un certo senso condivise la sua sorte. Il peccato non solo spezzò il legame d'amore tra l'uomo e Dio e distrusse l'unità tra gli uomini, ma sconvolse anche l'armonia di tutta la creazione. L'ombra della morte si posò non soltanto sul genere umano, ma anche su tutto ciò che per volontà di Dio doveva esistere per l'uomo.

Se, tuttavia, parliamo della partecipazione del mondo agli effetti del peccato dell'uomo, ci rendiamo conto che anch'esso non poteva essere privato della partecipazione alla promessa divina della Redenzione. Il tempo del compimento di questa promessa per l'uomo e per l'intera creazione giunse quando Maria, per opera dello Spirito Santo, divenne Madre del Figlio di Dio. Lui è il primogenito della creazione (cfr Col 1,15). Tutto ciò che è creato, da sempre era in Lui. Se viene al mondo, viene nella sua proprietà, come dice San Giovanni (cfr Jn 1,11). Viene per riabbracciare la creazione, per iniziare l'opera della redenzione del mondo, per restituire alla creazione la sua originale santità e dignità. Viene per farci vedere, con la sua stessa venuta, questa particolare dignità della natura creata.

Mentre percorro la terra polacca - dal Baltico, attraverso la Wielkopolska, la Masovia, la Warmia e la Masuria - e poi le sue regioni orientali - da quella di Bialystok fino a quella di Zamosc - e contemplo la bellezza di questa terra patria, mi si fa presente tale particolare dimensione della missione salvifica del Figlio di Dio. Qui sembrano parlare, con una potenza eccezionale, l'azzurro del cielo, il verde dei boschi e dei campi, l'argento dei laghi e dei fiumi. Qui suona in modo particolarmente familiare, polacco, il canto degli uccelli. E tutto ciò testimonia l'amore del Creatore, la potenza vivificante del suo Spirito e la redenzione operata dal Figlio per l'uomo e per il mondo. Tutte queste creature parlano della loro santità e della loro dignità, riacquistate quando colui che fu «generato prima di ogni creatura» assunse il corpo da Maria Vergine.

Se oggi parlo di tale santità e di tale dignità, lo faccio in spirito di rendimento di grazie a Dio, che ha compiuto opere così grandi per noi; allo stesso tempo, lo faccio in spirito di sollecitudine per la conservazione del bene e della bellezza elargita dal Creatore. Esiste, infatti, il pericolo che ciò che fa così gioire l'occhio ed esultare lo spirito, possa subire la distruzione. So che i Vescovi polacchi hanno espresso tale preoccupazione già dieci anni or sono, rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà, in una Lettera Pastorale sul tema della tutela dell'ambiente. Scrissero giustamente che «ogni attività dell'uomo, come di un essere responsabile, ha una sua dimensione morale. Il degrado dell'ambiente colpisce il bene della creazione offerto all'uomo da Dio Creatore come indispensabile per la sua vita e per il suo sviluppo. Esiste l'obbligo di fare buon uso di tale dono in spirito di gratitudine e di rispetto. D'altra parte la consapevolezza che questo dono è destinato a tutti gli uomini, costituisce un bene comune, genera un opportuno obbligo nei riguardi dell'altro. Perciò bisogna riconoscere che ogni azione che non considera il diritto di Dio sulla sua opera, come pure il diritto dell'uomo, oggetto di elargizione da parte del Creatore, è in contrasto con il comandamento dell'amore (...) Bisogna dunque rendersi conto che esiste un peccato grave contro l'ambiente naturale che grava sulle nostre coscienze, che genera una seria responsabilità nei riguardi di Dio Creatore» (2.5.1989).

Se stiamo parlando della responsabilità davanti a Dio, siamo consapevoli che qui non si tratta soltanto di ciò che, nel linguaggio di oggi, si è soliti chiamare ecologia. Non basta cercare la causa della distruzione del mondo soltanto in un'eccessiva industrializzazione, in un'acritica applicazione nell'industria e nell'agricoltura di conquiste scientifiche e tecnologiche, o in una affannosa ricerca della ricchezza senza tenere conto dei futuri effetti di tali azioni. Benché non si possa negare che tali azioni arrechino grandi danni, è facile osservare che la loro fonte si trova più in profondità: nell'atteggiamento stesso dell'uomo. Sembra che ciò che risulta più pericoloso per la creazione e per l'uomo sia la mancanza di rispetto per le leggi della natura e la scomparsa del senso del valore della vita.

La legge iscritta da Dio nella natura e che può essere letta per mezzo della ragione, induce al rispetto del disegno del Creatore - di un disegno che mira al bene dell'uomo. Tale legge stabilisce un certo ordine interiore che l'uomo trova e che dovrebbe conservare. Ogni attività che si oppone a quest'ordine colpisce inevitabilmente l'uomo stesso.

Così accade quando scompare il senso del valore della vita come tale, e specialmente della vita umana. Com'è possibile difendere efficacemente la natura, se vengono giustificate le iniziative che colpiscono il cuore stesso della creazione, che è l'esistenza dell'uomo? È possibile opporsi alla distruzione del mondo, se nel nome del benessere e della comodità si ammettono lo sterminio dei nascituri, la morte provocata degli anziani e degli infermi e, nel nome del progresso, vengono condotti inammissibili interventi e manipolazioni già agli inizi della vita umana? Quando il bene della scienza o gli interessi economici prevalgono sul bene della persona, e perfino di intere società, le distruzioni provocate nell'ambiente sono segno di autentico disprezzo dell'uomo. Occorre che tutti coloro ai quali sta a cuore il bene dell'uomo in questo mondo diano una costante testimonianza che «È il rispetto per la vita, e in primo luogo, per la dignità della persona umana la fondamentale norma ispiratrice di un sano progresso economico, industriale e scientifico» (Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Pace, 1.1.1990, n. 7).

4. «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. (. . .) Perché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1,16-17 Col 1,19-20). Queste parole di san Paolo sembrano tracciare la via cristiana di difesa di quel bene che è tutto il mondo creato. È la via della riconciliazione in Cristo. Mediante il sangue della croce e la resurrezione egli ha restituito alla creazione l'ordine originario. D'ora in poi il mondo intero, e al suo centro l'uomo, è stato strappato dalla schiavitù della morte e della corruzione (cfr Rm Rm 8,21), in un certo senso è stato nuovamente creato (cfr Ap 21,5) ed esiste non più per la morte, ma per la vita, per la nuova vita in Cristo. Grazie all'unione con Cristo l'uomo riscopre il proprio posto nel mondo. In Cristo nuovamente sperimenta quell'armonia originale, che esisteva tra il Creatore, la creazione e l'uomo prima di soccombere sotto gli effetti del peccato. In Lui rilegge la chiamata originaria di soggiogare la terra, che è la continuazione dell'opera divina della creazione, e non l'incontrollato sfruttamento.

La bellezza di questa terra mi induce ad invocare la sua conservazione per le generazioni future. Se amate questa terra patria, non rimanga senza risposta questa invocazione! In modo speciale, mi rivolgo a quanti è stata affidata la responsabilità di questo Paese e del suo sviluppo, esortandoli a non dimenticare il dovere di proteggerlo contro la distruzione ecologica! Preparino programmi per la tutela dell'ambiente e vigilino sulla loro efficace realizzazione! Soprattutto formino atteggiamenti di rispetto per il bene comune, per le leggi della natura e della vita! Siano sostenuti dalle organizzazioni, che si pongono come fine la difesa dei beni naturali! Nella famiglia e nella scuola non può mancare l'educazione al rispetto per la vita, per il bene e per la bellezza. Tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero cooperare a questa grande opera. Ogni discepolo di Cristo verifichi lo stile della propria vita, affinché la giusta aspirazione al benessere non offuschi la voce della coscienza, che pondera ciò che è giusto e ciò che è autenticamente buono.

5. Se parlo del rispetto per la terra, non posso dimenticare coloro che sono più fortemente ad essa legati e ne conoscono il valore e la dignità. Penso agli agricoltori, che non soltanto in terra di Zamosc, ma in tutta la Polonia affrontano la dura fatica dei campi, attingendo da essi i prodotti indispensabili alla vita degli abitanti delle città e dei villaggi. Nessuno come chi coltiva la terra può testimoniare come essa se è sterile non dà frutti, mentre invece curata con amore è una generosa nutrice. Con gratitudine e con rispetto chino il capo davanti a coloro che per secoli hanno fertilizzato questa terra con il sudore della fronte, e quando occorreva prenderne le difese non hanno risparmiato neppure il sangue. Con la stessa riconoscenza e con lo stesso rispetto mi rivolgo a coloro che anche oggi intraprendono il duro lavoro di coltivare la terra. Che Dio benedica il lavoro delle vostre mani!

So che in un tempo di trasformazioni sociali ed economiche non mancano problemi che spesso dolorosamente tormentano la campagna polacca. Occorre che nel processo delle riforme vengano riconosciuti i problemi degli agricoltori e risolti nello spirito della giustizia sociale.

Parlo di questo in terra di Zamosc, dove la questione contadina viene trattata da secoli. Basti ricordare le opere di Szymon Szymonowic, oppure l'attività della Società Rurale fondata a Hrubieszów duecento anni fa. Anche il Cardinale Stefan Wyszynski, come Vescovo del luogo e poi Primate di Polonia, spesso ricordava l'importanza dell'agricoltura per la Nazione e lo Stato, la necessità della solidarietà con la popolazione rurale da parte di tutti i gruppi sociali. Non posso far a meno oggi di inserirmi in questa tradizione. Lo faccio ripetendo con il Profeta queste parole colme di speranza: «Come la terra produce la vegetazione e come un giardino fa germogliare i semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia» (Is 61,11).

6. Volgiamo il nostro sguardo a Maria ed invochiamola con le parole di Elisabetta: «E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45).

Beata te, Maria, Madre del Redentore. Ti affidiamo oggi le sorti della terra di Zamosc e della terra polacca e tutti coloro che vivono e lavorano su di essa, realizzando la chiamata del Creatore a soggiogarla. Guidaci con la tua fede in questo tempo nuovo, che si schiude dinanzi a noi. Sii con noi assieme al tuo Figlio, Gesù Cristo, che vuole essere per noi la Via, la Verità e la Vita.


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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

BEATIFICAZIONE DI SUOR REGINA PROTMANN, EDMUND BOJANOWSKI


E 108 MARTIRI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE




Piazza Jósef Pilsudski (Warszawa)

Domenica, 13 giugno 1999



«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con le parole di questa beatitudine di Cristo, faccio una sosta nel mio percorso di pellegrino tra voi, popolo fedele di Warszawa. Saluto cordialmente quanti sono qui riuniti, i presbiteri, i religiosi e le religiose e i fedeli laici. Rivolgo un saluto fraterno ai Vescovi, specialmente al Cardinale Primate e ai suoi collaboratori, i Vescovi ausiliari dell'Arcidiocesi di Warszawa. Saluto il Signor Presidente della Repubblica, il Signor Primo Ministro, il Presidente del Senato e il Signor Presidente della Dieta, i Rappresentanti delle Autorità dello Stato e quelle locali e gli Ospiti invitati.

Rendo grazie alla divina Provvidenza, perché di nuovo mi viene dato di trovarmi qui, dove vent'anni fa, nella memorabile vigilia di Pentecoste, abbiamo vissuto in modo speciale il mistero del Cenacolo. Insieme col Primate del millennio, il Cardinale Stefan Wyszynski, con i Vescovi e con il Popolo di Dio della capitale, presente in gran numero, abbiamo invocato allora con ardore il dono dello Spirito Santo. In quei tempi difficili supplicavamo la sua potenza di riversarsi nei cuori degli uomini e di destare in essi la speranza. Era un grido che scaturiva dalla fede che Dio opera e che, con la potenza dello Spirito Santo, rinnova e santifica ogni cosa. Era un'implorazione per il rinnovamento del volto della terra, di questa terra. Scenda il tuo Spirito e rinnovi il volto della terra, di questa terra! Come non ringraziare oggi Dio, Uno e Trino, per tutto ciò che nell'arco degli ultimi vent'anni leggiamo come sua risposta a quel grido! Non è la risposta di Dio quanto si è compiuto in questo tempo in Europa e nel mondo, a cominciare dalla nostra Patria? Davanti ai nostri occhi sono avvenuti i cambiamenti dei sistemi politici, sociali ed economici, grazie ai quali le singole persone e le nazioni hanno visto nuovamente lo splendore della propria dignità. La verità e la giustizia stanno riacquistando il loro valore, divenendo una sfida impellente per tutti coloro che sanno apprezzare il dono della libertà. Per questo rendiamo grazie a Dio, guardando con fiducia verso il futuro.

Soprattutto gli rendiamo gloria per quanto questo ventennio ha portato nella vita della Chiesa. Nel rendimento di grazie, dunque, ci uniamo con le Chiese della tradizione occidentale e orientale, tra i popoli a noi vicini, uscite dalle catacombe e che svolgono apertamente la propria missione. La loro vitalità è una magnifica testimonianza della potenza della grazia di Cristo, che fa sì che gli uomini deboli diventino capaci di un eroismo, non di rado fino al martirio. Non è, questo, frutto dell'azione dello Spirito di Dio? Non è grazie a tale soffio dello Spirito nella storia recentissima, che oggi abbiamo la irripetibile occasione di sperimentare l'universalità della Chiesa e la nostra responsabilità per la testimonianza a Cristo e per l'annuncio del suo Vangelo «fino agli estremi confini della terra»?

Alla luce dello Spirito Santo la Chiesa in Polonia rilegge i segni dei tempi e si assume i suoi compiti, libera da limitazioni esterne e da pressioni, che sperimentava fino a poco tempo fa. Come non ringraziare oggi Dio perché nello spirito del reciproco rispetto e dell'amore, la Chiesa può condurre un dialogo creativo con il mondo della cultura e della scienza! Come non rendere grazie, per il fatto che i credenti possono senza ostacoli accostarsi ai sacramenti e ascoltare la parola di Dio, per poter poi testimoniare apertamente la propria fede! Come non rendere gloria a Dio per questa moltitudine di chiese costruite ultimamente nel nostro Paese! Come non rendere grazie perché i bambini e i giovani possono con tranquillità conoscere Cristo a scuola, dove la presenza del sacerdote, della religiosa o del catechista viene vista come un prezioso aiuto nel lavoro di educazione delle giovani generazioni! Come non lodare Dio, che con il suo Spirito anima le comunità, le associazioni e i movimenti ecclesiali, e fa sì che la missione dell'evangelizzazione venga intrapresa da sempre più ampie cerchie di laici!

Quando, durante il mio primo pellegrinaggio in Patria, mi trovavo in questo luogo, mi veniva insistentemente in mente la preghiera del Salmista:

«Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità» (105[106], 4-5).

Oggi, mentre volgiamo lo sguardo a quest'ultimo ventennio del nostro secolo, mi viene in mente l'esortazione dello stesso Salmo:

«Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
Benedetto il Signore (. . .)
da sempre, per sempre» (105[106], 1-2. 48).

2. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). La liturgia dell'odierna domenica conferisce un carattere particolare al nostro rendimento di grazie. Permette infatti di vedere tutto ciò che avviene nella storia di questa generazione, nella prospettiva dell'eterna misericordia di Dio, la quale si è rivelata più pienamente nell'opera salvifica di Cristo. Gesù «è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). Il mistero pasquale della morte e della risurrezione del Figlio di Dio ha conferito un nuovo corso alla storia umana. Se osserviamo in essa i segni dolorosi dell'azione del male, abbiamo la certezza che in definitiva esso non può dominare le sorti del mondo e dell'uomo, non può vincere. Tale certezza scaturisce dalla fede nella misericordia del Padre che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Jn 3,16). Perciò oggi, mentre San Paolo indica la fede di Abramo, che «per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede» (Rm 4,20), ci è dato di scorgere la fonte di questa forza, grazie alla quale perfino le più dure prove non erano in grado di distoglierci dall'amore di Dio.

Grazie alla fede nella divina misericordia, è perdurata in noi la speranza. Essa non riguardava soltanto la rinascita sociale e la restituzione all'uomo della dignità nelle dimensioni di questo mondo. La nostra speranza arriva molto più in fondo: si dirige, infatti, verso le divine promesse che sorpassano di molto la temporalità. Il suo definitivo oggetto è la partecipazione ai frutti dell'opera salvifica di Cristo. Ci può essere contata come giustizia, se «crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore» (Rm 4,24). Soltanto la speranza che scaturisce dalla fede nella risurrezione ci può spingere a dare nella vita quotidiana una degna risposta all'infinito amore di Dio. Solo con una tale speranza possiamo andare da coloro che sono «i malati» (Mt 9,12) ed essere apostoli dell'amore di Dio che guarisce. Se vent'anni fa dicevo che «la Polonia è diventata nei nostri tempi, terra di una testimonianza particolarmente responsabile» (Omelia in Piazza della Vittoria, 2.6.1979), oggi bisogna aggiungere che questa deve essere una testimonianza di operosa misericordia, edificata sulla fede nella risurrezione. Soltanto una testimonianza di questo genere è segno di speranza per l'uomo di oggi, specialmente per le giovani generazioni; e se per alcuni essa è anche un «segno di contraddizione», tale contraddizione non ci distolga mai dalla fedeltà a Cristo crocifisso e risorto.

3. «Omnipotens aeterne Deus, qui per glorificationem Sanctorum novissima dilectionis tuae nobis argumenta largiris, concede propitius, ut, ad Unigenitum tuum fideliter imitandum, et ipsorum intercessione commendemur, et incitemur exemplo»: così prega la Chiesa, ricordando nell'Eucaristia santi e sante: «O Dio, nostro Padre, che nella testimonianza gloriosa dei Santi doni alla tua Chiesa segni sempre nuovi del tuo amore misericordioso, fa' che sentiamo accanto a noi la presenza confortatrice di questi nostri fratelli, per essere stimolati all'imitazione del Cristo tuo Figlio» (Comune sanctorum et sanctarum, Collecta). Tale invocazione innalziamo anche oggi, mentre ammiriamo la testimonianza che ci viene dai beati appena elevati alla gloria degli altari. La viva fede, l'incrollabile speranza e il generoso amore sono stati attribuiti a loro come giustizia, perché erano radicati profondamente nel mistero pasquale di Cristo. A ragione dunque domandiamo di seguire fedelmente Cristo, sul loro esempio.

La beata Regina Protmann, Fondatrice della Congregazione delle Suore di Santa Caterina, proveniente di Braniewo, si dedicò con tutto il cuore all'opera del rinnovamento della Chiesa a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. La sua attività, che scaturiva dall'amore di Cristo sopra ogni cosa, si svolse dopo il Concilio di Trento. Ella si inserì attivamente nella riforma postconciliare della Chiesa, compiendo con grande generosità un'umile opera di misericordia. Fondò una Congregazione, che univa la contemplazione dei misteri di Dio con la cura degli infermi nelle loro case e con l'istruzione dei bambini e della gioventù femminile. Particolare attenzione dedicò alla pastorale delle donne. Dimentica di sé, la beata Regina abbracciava con lo sguardo lungimirante le necessità del popolo e della Chiesa. Le parole: «Come Dio vuole» divennero il motto della sua vita. L'ardente amore la sollecitava a compiere la volontà del Padre celeste, sull'esempio del Figlio di Dio. Non temeva di accettare la croce del servizio quotidiano, testimoniando il Cristo risorto.

L'apostolato della misericordia riempì la vita anche del beato Edmund Bojanowski. Questo proprietario terriero di Wielkopolska, dotato da Dio di numerosi talenti e di una particolare profondità di vita spirituale, nonostante fosse di salute cagionevole, con perseveranza, con prudenza e con generosità di cuore svolse e ispirò una vasta attività a favore del popolo rurale. Guidato da un discernimento pieno di sensibilità verso le necessità, diede inizio a numerose opere educative, caritative, culturali e religiose, di sostegno materiale e morale della famiglia rurale. Rimanendo laico, fondò la Congregazione delle Ancelle della Beata Vergine Immacolata, ben conosciuta in Polonia. A guidarlo in ogni iniziativa era il desiderio che tutti diventassero partecipi della redenzione. Si è iscritto nel ricordo umano come «un uomo cordialmente buono», che per amore di Dio e degli uomini sapeva efficacemente unire i vari ambienti intorno al bene. Nella sua ricca attività precedette di molto ciò che il Concilio Vaticano II ha detto sul tema dell'apostolato dei laici. Diede un esempio eccezionale di generoso e sapiente lavoro per l'uomo, per la patria e per la Chiesa. L'opera del beato Edmund Bojanowski viene continuata dalle Suore Ancelle, che saluto di tutto cuore e che ringrazio per il servizio silenzioso e colmo di spirito di sacrificio a favore dell'uomo e della Chiesa.

4. «Munire digneris me, Domine Jesu Christe (. . .), signo sanctissimae Crucis tuae: ac concedere digneris mihi (. . .) ut, sicut hanc Crucem, Sanctorum tuorum reliquiis refertam, ante pectus memum teneo, sic semper mente retineam et memoriam passionis, et sanctorum victorias Martyrum: ecco la preghiera che il Vescovo recita indossando la croce pettorale. Oggi di questa invocazione faccio la preghiera di tutta la Chiesa in Polonia che, portando da mille anni il segno della passione di Cristo, sempre si rigenera dalla semina del sangue dei martiri e vive della memoria della vittoria, da essi riportata su questa terra.

Proprio oggi stiamo celebrando la vittoria di coloro che, nei nostri tempi, diedero la vita per Cristo diedero la vita temporale, per possederla per i secoli nella sua gloria. È una vittoria particolare, perché condivisa dai rappresentanti del clero e dei laici, giovani e anziani, persone di vario ceto e stato. Tra di essi c'è l'Arcivescovo Antoni Julian Nowowiejski, Pastore della diocesi di Plock, torturato a morte a Dzialdowo; c’è il Vescovo Wladyslaw Goral di Lublin, torturato con particolare odio solo perché Vescovo cattolico. Ci sono sacerdoti diocesani e religiosi, che morirono perché non vollero abbandonare il loro ministero e coloro che morirono servendo i compagni prigionieri, malati di tifo; ci sono dei torturati a morte per la difesa degli Ebrei. Nel gruppo dei beati ci sono fratelli religiosi e suore, che perseverarono nel servizio della carità e nell'offrire i loro tormenti per il prossimo. Tra questi beati martiri ci sono anche dei laici. Ci sono cinque giovani formati all'oratorio salesiano; c'è un attivista zelante dell'Azione Cattolica, c'è un catechista laico, torturato a morte per il suo servizio ed una donna eroica, che diede liberamente la propria vita in cambio di quella di sua nuora in attesa di un figlio. Questi beati martiri vengono oggi iscritti nella storia della santità del Popolo di Dio peregrinante da oltre mille anni attraverso la terra polacca.

Se oggi ci rallegriamo per la beatificazione di cento e otto martiri chierici e laici, lo facciamo anzitutto perché sono la testimonianza della vittoria di Cristo, il dono che restituisce la speranza. Mentre compiamo questo atto solenne, in un certo senso si ravviva in noi la certezza che, indipendentemente dalle circostanze, possiamo riportare la piena vittoria in ogni cosa, grazie a colui che ci ha amati (cfr Rm 8,37). I beati martiri gridano ai nostri cuori: Credete che Dio è amore! Credetelo nel bene e nel male! Destate in voi la speranza! Che essa produca in voi il frutto della fedeltà a Dio in ogni prova!

5. Gioisci, Polonia, per i nuovi beati: Regina Protmann, Edmund Bojanowski ed i 108 Martiri. È piaciuto a Dio «di mostrare la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la bontà» dei tuoi figli e delle tue figlie in Cristo Gesù (cfr Ep 2,7). Ecco «la ricchezza della sua grazia», ecco il fondamento della nostra incrollabile fiducia nella presenza salvifica di Dio sulle strade dell'uomo nel terzo millennio! A lui sia gloria per i secoli dei secoli.

Amen!


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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA




Cattedrale dei Santi Michele Arcangelo e Floriano (Warszawa)

Domenica, 13 giugno 1999



1. «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (Ac 2,42).

Luca, evangelista ed insieme autore degli Atti degli Apostoli, attraverso la sintetica descrizione, che abbiamo appena udito, ci introduce nella vita della prima comunità di Gerusalemme. È ormai una comunità confortata dalla venuta dello Spirito Santo, cioè dopo la Pentecoste. In un altro passo san Luca scriverà: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola» (Ac 4,32). Gli Atti degli Apostoli mostrano come nella santa città di Gerusalemme, segnata dagli eventi della recente Pasqua, stava nascendo la Chiesa. Questa giovane Chiesa sin dall'inizio stesso «perseverava nella comunità», cioè formava la comunione corroborata dalla grazia dello Spirito Santo. Ed è così fino ad oggi. Gesù Cristo nel suo mistero pasquale costituisce il centro di questa comunità. Lui fa sì che la Chiesa viva, cresca e si realizzi come un corpo «ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro» (Ep 4,16).

Cari Fratelli e Sorelle, nello spirito di questa unità, nel nome di Gesù Cristo, saluto cordialmente voi tutti riuniti per questa Liturgia della Parola. Saluto la giovane diocesi di Warszawa-Praga insieme al suo Pastore Vescovo Kazimierz, saluto il Vescovo emerito, il Vescovo Ausiliare, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutto il Popolo di Dio di questa Chiesa, ed anche tutti coloro che mediante la radio e la televisione partecipano a quest'incontro di preghiera, insieme con noi. In modo particolare voglio trasmettere il mio saluto ai malati, a coloro che per mezzo delle loro sofferenze impetrano beni spirituali per la Chiesa.

Poc'anzi ho visitato un luogo particolarmente importante nella nostra storia nazionale. È sempre viva nei nostri cuori la memoria della Battaglia di Varsavia, che ebbe luogo qui presso, nel mese di agosto del 1920. Fu una grande vittoria dell'esercito polacco, una vittoria talmente grande che non era possibile spiegarla in modo puramente naturale e perciò fu chiamata «Miracolo sulla Vistola». La vittoria fu preceduta da una fervida preghiera nazionale. L'Episcopato Polacco, riunito a Jasna Góra, consacrò tutta la nazione al Sacratissimo Cuore di Gesù e lo affidò alla protezione di Maria Regina di Polonia. Oggi il nostro pensiero va a tutti coloro che, presso Radzymin e in molti altri luoghi di questa storica battaglia, diedero la loro vita in difesa della Patria e della sua libertà esposta al pericolo. Tra gli altri ricordiamo l'eroico sacerdote Ignacy Skorupka, che perse la vita poco lontano da qui, presso Ossów. Raccomandiamo alla Divina Misericordia le loro anime. Per decine di anni perdurava il silenzio riguardo al «Miracolo sulla Vistola». Alla nuova diocesi di Warszawa-Praga la Divina Provvidenza in un certo senso assegna oggi il compito di sostenere il ricordo di questo grande evento nella storia della nostra Nazione e di tutta l'Europa, che ebbe luogo sul lato est di Warszawa.

Parlando della tradizione di queste terre, vorrei anche ricordare il servo di Dio Don Ignacy Klopotowski, fondatore della Congregazione delle Suore Loretane. Negli ultimi anni della sua vita fu parroco nella chiesa di san Floriano, attualmente cattedrale di questa diocesi. Con amore di samaritano curava i poveri e i senzatetto. Per questo fece venire da Kraków figli e figlie spirituali di san Fra' Alberto. Qui si dedicò anche all'apostolato della parola di Dio mediante il lavoro editoriale. In questa terra nacque il nostro grande poeta dell'epoca del romanticismo, Cyprian Norwid, il quale spesso nelle sue opere ricorda commosso l'infanzia e gli anni della giovinezza trascorsi da queste parti.

Ti saluto, amata terra di Masovia, con la tua ricca tradizione religiosa e con la tua gloriosa storia.

2. «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Jn 13,1). Per comprendere il disegno di Dio nei riguardi della Chiesa, occorre tornare a ciò che si compì alla soglia della passione e della morte di Cristo. Bisogna tornare al cenacolo di Gerusalemme. La lettura del Vangelo di san Giovanni ci porta proprio al cenacolo, il Giovedì Santo: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Quel «sino alla fine» sembra testimoniare qui il carattere definitivo di quest'amore. Nel seguito della descrizione evangelica è Gesù stesso a spiegare in modo dettagliato in che cosa consista questo amore, quando comincia a lavare i piedi ai discepoli. Con questo gesto indica di non essere venuto al mondo «per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). Gesù pone se stesso come modello di tale amore: «Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Jn 13,15). Insegna a chi crede in Lui l'amore di cui egli stesso è modello e affida loro quest'amore desiderando che cresca come un grande albero su tutta la terra.

Tuttavia quel «sino alla fine» non si compì nel gesto umile della lavanda dei piedi. Si realizzò a perfezione soltanto quando «Gesù prese il pane, lo spezzò, lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo". Così dopo la cena prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli dicendo: "Prendete e bevetene, questo è il calice del mio sangue, della nuova ed eterna Alleanza che verrà versato per molti, in remissione dei peccati"» (cfr Mt 26,26-28).

Ecco la donazione totale. Il Figlio di Dio prima di offrire la propria vita sulla croce per la salvezza dell'uomo, lo ha fatto in modo sacramentale. Egli dona il suo Corpo e il suo Sangue ai discepoli, affinché, consumandoli, partecipino ai frutti della sua morte salvifica. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Jn 15,13). Cristo ha lasciato agli Apostoli questo segno sacramentale dell'amore. Disse loro: «Fate questo in memoria di me» (cfr 1Co 11,24). Gli Apostoli facevano così, e trasmettendo ai loro discepoli il Vangelo, lo trasmettevano insieme all'Eucaristia. Sin dall'ultima cena la Chiesa si edifica e si forma attraverso l'Eucaristia. La Chiesa celebra l'Eucaristia e l'Eucaristia forma la Chiesa. Così è stato ovunque le nuove generazioni di discepoli di Cristo diventavano via via Chiesa. Così è stato anche in terra polacca e così è anche oggi, mentre ci stiamo avvicinando alla soglia del terzo millennio: a coloro che verranno dopo di noi, trasmettiamo il Vangelo e l'Eucaristia.

3. «Erano assidui . . . nella frazione del pane e nelle preghiere» (Ac 2,42).

La prima comunità cristiana, presentata da Luca negli Atti degli Apostoli come esempio per noi, si corroborava con l'Eucaristia. La celebrazione dell'Eucaristia ha una grande importanza per la Chiesa e per i suoi singoli membri. Essa è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Lumen gentium LG 11). Sant'Agostino la chiama «vincolo d'amore» (In Evangelium Johannis tractatus, 26, 6, 13). Come leggiamo negli Atti degli Apostoli tale «vincolo d'amore» sin dall'inizio era fonte dell'unità della comunità dei discepoli di Cristo. Da esso scaturiva la premura per i fratelli bisognosi in modo che dei loro beni «facevano parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (cfr At Ac 2,45). Esso era sorgente di gioia, di semplicità di cuore e di reciproca benevolenza. Grazie a questo «vincolo d'amore» eucaristico, la comunità poteva essere unanime, frequentare il tempio e con un cuor solo lodare Dio (cfr Ac 2,46-47), e tutto questo era una testimonianza leggibile per il mondo: «Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (Ac 2,47).

L'unità nell'amore che scaturisce dall'Eucaristia non è soltanto espressione della solidarietà umana, ma è partecipazione all'amore stesso di Dio. Su tale unità si edifica la Chiesa. Essa è la condizione dell'efficacia della sua missione salvifica.

«Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Jn 15,13). Queste parole di Cristo racchiudono una grande sfida per la Chiesa. Per noi tutti che la costituiamo - per i vescovi, i sacerdoti, per le persone consacrate e per i fedeli laici: testimoniare quest'amore, renderlo visibile e attuarlo ogni giorno. Di tale testimonianza di amore, di unità e di perseveranza nella comunità, necessita oggi il mondo affinché, come ha detto Cristo, gli uomini «vedano le nostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli» (cfr Mt 5,16). Qui si tratta prima di tutto dell'unità all'interno della Chiesa sul modello dell'unità del Figlio con il Padre nel dono dello Spirito Santo. «Tutta la Chiesa - dice san Cipriano - si mostra come il popolo unito dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Ogni credente porta in questa comunità il suo proprio contributo, i propri talenti, a seconda della vocazione e del ruolo che ha da compiere. L'unità ed insieme la varietà è una grande ricchezza della Chiesa che le assicura un costante e dinamico sviluppo. In spirito di grande responsabilità nei riguardi di Cristo incessantemente presente nella Chiesa, cerchiamo di realizzare tale unità per il bene di tutta la comunità.

È per questo che la Chiesa attribuisce un'importanza così grande alla partecipazione all'Eucaristia, specialmente nel giorno del Signore, cioè la domenica, in cui celebriamo la memoria della resurrezione di Cristo. Nella Chiesa in Polonia era sempre vivo il culto dell'Eucaristia e il grande attaccamento dei fedeli alla partecipazione domenicale alla Santa Messa. Alla soglia del terzo millennio chiedo a tutti i miei connazionali: conservate questa buona tradizione. Rispettate il comandamento di Dio riguardo alla santificazione del giorno del Signore. Sia esso davvero il primo di tutti i giorni e la prima di tutte le feste. Esprimete il vostro amore per Cristo e per i fratelli, partecipando al banchetto domenicale della Nuova Alleanza - all'Eucaristia.

In modo particolare mi rivolgo ai genitori, affinché sostengano e coltivino questa bella usanza cristiana di partecipare alla Santa Messa insieme ai propri figli. Sia vivo nei cuori dei bambini e dei giovani il senso di tale dovere. Che la grazia dell'amore che otteniamo ricevendo il Pane eucaristico, rafforzi i legami familiari. Diventi fonte del dinamismo apostolico della famiglia cristiana.

Mi rivolgo anche a voi, cari Fratelli nel sacerdozio: accendete nei cuori umani la devozione e l'amore per l'Eucaristia. Mostrate quale grande bene per tutta la Chiesa sia questo sacramento del Corpo e del Sangue del Signore - sacramento di amore e di unità. Restate unanimi nella preghiera nelle vostre comunità diocesane e religiose. Perseverate nello spezzare il pane, progredite nella vita eucaristica e sviluppatevi spiritualmente nel clima dell'Eucaristia. L'Eucaristia «è la principale e centrale ragion d'essere del sacramento del Sacerdozio. Perciò il sacerdote è unito in modo singolare ed eccezionale all'Eucaristia. È in certo modo "da essa"e "per essa". È anche in modo particolare responsabile di essa. I fedeli attendono dal sacerdote una particolare testimonianza di venerazione e di amore verso l'Eucaristia, affinché anch'essi possano essere edificati e vivificati» (cfr Sul mistero ed il culto della SS. Eucaristia, 2).

4. È sorprendente come la Chiesa, sviluppandosi nel tempo e nello spazio, grazie al Vangelo e all'Eucaristia rimanga se stessa. Si può affermarlo guardando perfino dall'esterno la storia della Chiesa, e soprattutto lo si sperimenta dal di dentro. Lo sperimentano tutti coloro che celebrano l'Eucaristia, e coloro che partecipano ad essa. È il memoriale e il rinnovamento dell'Ultima Cena. E l'Ultima Cena fu il rendere presente sacramentalmente la passione e la morte di Cristo sulla croce - il sacrificio della Redenzione.

Annunziamo la tua morte, Signore Gesù; proclamiamo la tua risurrezione e, uniti nell'amore che da te proviene, attendiamo la tua venuta nella gloria. Amen.



GPII Omelie 1996-2005 217