GPII Omelie 1996-2005 226

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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA




Cappella di San Stanislao della Cattedrale di Wawel (Kraców)

Giovedì, 17 giugno 1999




“In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Queste parole di Cristo con le quali la liturgia ci introduce nel mistero dell’odierna memoria di Sant’Adalberto, acquistano una particolare eloquenza nella cattedrale di Wavel. Insieme alle tombe dei santi sovrani e degli eroi nazionali essa, infatti, nasconde la storia dell’amore, di quell’amore che rende la vita per i fratelli un dono per Cristo.

Rendo grazie alla Divina Provvidenza perché mi viene dato di trovarmi nuovamente presso la confessione di Santo Stanislao, per offrire qui il sacrificio di ringraziamento per questa comunità ecclesiale, che il Vescovo di Szczepanów ha consolidato per interi millenni con il suo ministero pastorale e con la sua morte per martirio. In un certo senso egli diede inizio a questa storia d’amore per l’uomo e per Cristo, che si compie incessantemente in mezzo a questo popolo. Da essa cresce anche il calendarium della nostra vita, delle nostre ricerche, del nostro cammino - individuale e comunitario - verso l’incontro con Cristo. Lodo Dio perché in questo grande patrimonio spirituale ho potuto avere una parte, specialmente come vescovo di Kraków e perché da questa ricchezza posso attingere forza ed ispirazione come Vescovo di Roma.

Voglio salutare cordialmente tutti i partecipanti a questa Eucaristia. Sarebbe difficile nominarli tutti. Sono persone a me care, membri del Governo, rappresentanti di vari ambienti con i quali ero legato e che svolgono importanti funzioni culturali, scientifiche e sociali nella vita della Nazione.

In modo particolare voglio salutare gli studenti del Seminario Maggiore dell’Arcidiocesi di Cracovia, il Seminario dal quale anch’io sono uscito, anche se in modo molto inusuale. Mi riferisco al periodo dell’occupazione e a quello successivo. Il periodo del Seminario clandestino. Dopo c’è stata una graduale normalizzazione ed è cominciata la mia attività scientifica legata alla Facoltà Teologica dell’Università Jagellonica. Mi rallegro per le vocazioni.

Sono lieto per la vostra presenza e ringrazio Dio per il dono della vocazione, che vi ha elargito. Durante questa S. Messa voglio raccomandare a Dio ciascuno di voi e domandare tutti i doni dello Spirito Santo, di cui avete bisogno, per custodire la vostra vocazione, per adempierla con saggezza e amor nel sacerdozio, e per renderla luce per il mondo nel terzo millennio. Vi prego di trasmettere il mio cordiale saluto e la mia benedizione ai vostri fratelli in tutti i seminari maggiori polacchi diocesani e religiosi.

Saluto cordialmente tutte le persone qui riunite - coloro a cui, da anni, mi uniscono cordiali legami di amicizia, e coloro che, forse, non conosco personalmente, ma che mi offrono la loro benevolenza. Li ringrazio di tutto cuore per la loro presenza, per la comunità che costituiamo noi riuniti attorno a questo sarcofago, la confessione di san Stanislao, il primo Patrono della Polonia. Sia lodato Gesù Cristo!

Prima di lasciare Kraków, il Santo Padre ha effettuato una visita privata alle tombe dei genitori e del fratello Edmund, nel Cimitero monumentale di Rakowice, soffermandosi in silenziosa preghiera.





Martedì, 29 giugno 1999

Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo

1. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente"! (Mt 16,16).

Pietro, facendosi portavoce del gruppo degli Apostoli, proclama la propria fede in Gesù di Nazaret, l'atteso Messia Salvatore del mondo. In risposta alla sua professione di fede, Cristo gli affida la missione di essere il fondamento visibile su cui poggerà l'intero edificio della comunità dei credenti: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,18).

E' questa la fede che, lungo i secoli, si è diffusa in tutto il mondo attraverso il ministero e la testimonianza degli Apostoli e dei loro successori. E' questa la fede che oggi noi proclamiamo, facendo solenne memoria dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. Seguendo un'antica e venerabile tradizione, la Comunità cristiana di Roma, che ha l'onore di custodire le tombe di questi due Apostoli, "colonne" della Chiesa, rende loro culto in un'unica festa liturgica ed insieme li venera come suoi celesti Patroni.

2. Pietro, il pescatore di Galilea, fu chiamato da Gesù insieme col fratello Andrea all'inizio dell'attività pubblica, per divenire "pescatore di uomini" (cfr Mt 4,18-20). Testimone dei principali momenti dell'attività pubblica di Gesù, come la Trasfigurazione (cfr Mt 17,1) e la preghiera dell'orto degli ulivi nell'imminenza della Passione (cfr Mt 26,36-37), dopo gli avvenimenti pasquali ricevette da Cristo il compito di pascere il gregge di Dio (cfr Jn 21,15-17) in suo nome.

Dal giorno della Pentecoste, Pietro governa la Chiesa, vigilando sulla sua fedeltà al Vangelo e guidandone i primi contatti col mondo dei gentili. Questo suo ministero si manifesta, in modo particolare, nei momenti decisivi che scandiscono la crescita della Chiesa apostolica. E' lui, infatti, che accoglie nella comunità dei credenti il primo convertito dal paganesimo (cfr Ac 10,1-48), ed è ancora lui ad intervenire autorevolmente nell'assemblea di Gerusalemme sul problema della libertà dagli obblighi derivanti dalla legge giudaica (cfr Ac 15,7-11).

I misteriosi disegni della Provvidenza divina condurranno l'apostolo Pietro fino a Roma, dove verserà il proprio sangue come suprema testimonianza di fede e di amore verso il divin Maestro (cfr Jn 21,18-19). Porterà così a compimento la missione di essere segno della fedeltà a Cristo e dell'unità di tutto il popolo di Dio.

3. Paolo, l'antico persecutore della Chiesa nascente, toccato dalla grazia di Dio sulla strada di Damasco, diviene l'instancabile apostolo delle genti. Durante i suoi viaggi missionari, non cesserà di predicare Cristo crocifisso e di attirare alla causa del Vangelo gruppi di fedeli in varie città dell'Asia e dell'Europa.

La sua intensa attività non impedì all'"Apostolo delle genti" di condurre una vasta riflessione sul messaggio evangelico, confrontandolo con le diverse situazioni con le quali veniva a contatto nella sua predicazione.

Il libro degli Atti degli Apostoli descrive il lungo itinerario che da Gerusalemme lo conduce prima in Siria ed in Turchia, poi in Grecia, ed infine a Roma. E' proprio qui, nel cuore del mondo allora conosciuto, che egli corona con il martirio la propria testimonianza per Cristo. Come egli stesso afferma nella seconda Lettura poc'anzi proclamata, la missione affidatagli dal Signore è quella di recare il messaggio evangelico in mezzo ai pagani: "Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i gentili" (2Tm 4,17).

4. Secondo una consuetudine ormai consolidata, in questo giorno dedicato alla memoria degli apostoli Pietro e Paolo il Papa impone agli Arcivescovi Metropoliti, nominati nel corso dell'ultimo anno, il "Pallio", quale segno di comunione con la Sede di Pietro.

E', dunque, per me una grande gioia accogliere voi, amati Fratelli nell'Episcopato, venuti a Roma da varie parti del mondo per questa felice circostanza. Insieme con voi, desidero salutare le Comunità cristiane affidate alle vostre cure pastorali: esse sono chiamate ad offrire, sotto la vostra sapiente guida, una coraggiosa testimonianza di fedeltà a Cristo ed al suo Vangelo. I doni ed i carismi di ogni Comunità sono ricchezza per tutti e confluiscono in un unico cantico di lode a Dio, sorgente di ogni bene. Tra questi doni, uno dei principali è certamente quello dell'unità, ben simboleggiata dall'odierna imposizione del "Pallio".

5. L'anelito verso l'unità fra i cristiani è, inoltre, sottolineato dalla presenza di delegati del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, venuti per condividere la gioia dell'odierna liturgia e per venerare gli Apostoli, Patroni della Chiesa che è in Roma. Ad essi rivolgo il mio deferente pensiero e, attraverso di loro, saluto il Patriarca Ecumenico Bartholomaios I. Gli Apostoli Pietro, Paolo ed Andrea, che sono stati strumento di comunione fra le prime comunità cristiane, sostengano con il loro esempio e la loro intercessione il cammino di tutti i discepoli di Cristo verso la piena unità.

L'avvicinarsi del Giubileo dell'anno Duemila ci invita a fare nostra la preghiera per l'unità (Jn 17,20-23) rivolta da Gesù al Padre alla vigilia della sua Passione. Siamo chiamati ad accompagnare questa nostra supplica con segni concreti che favoriscano il cammino dei cristiani verso la piena comunione. Per questo motivo, ho chiesto che nel calendario dell'anno Duemila venga introdotta alla vigilia della festa della Trasfigurazione, secondo la proposta di Sua Santità Bartholomaios I, una giornata di preghiera e di digiuno giubilare. Tale iniziativa costituirà una concreta espressione della nostra volontà di unirci alle iniziative dei fratelli delle Chiese Ortodosse e, al tempo stesso, del desiderio che essi prendano parte alle nostre.

Voglia il Signore, per intercessione degli apostoli Pietro e Paolo, far sì che si intensifichi nel cuore dei credenti l'impegno ecumenico, affinché, dimentichi degli errori commessi nel passato, tutti giungano alla piena unità voluta da Gesù.

6. "Benedetto il Signore che libera i suoi amici" (Ritornello al Salmo Resp.). Nella loro missione apostolica, i santi Pietro e Paolo hanno dovuto affrontare difficoltà di ogni genere. Queste, tuttavia, lungi dall'indebolire la loro azione missionaria, ne hanno rafforzato lo zelo a beneficio della Chiesa e per la salvezza degli uomini. Essi hanno potuto superare ogni prova, poiché la loro fiducia era riposta non nelle risorse umane, ma nella grazia del Signore, il quale, come ricordano le Letture dell'odierna Solennità, libera i suoi amici da ogni male e li salva per il suo Regno (cfr Ac 12,11 1Tm 4,18).

E' la stessa fiducia in Dio che deve sostenere anche noi. Sì, il "Signore libera i suoi amici". Questa consapevolezza deve renderci coraggiosi di fronte alle difficoltà che si incontrano nell'annunciare il Vangelo nella vita quotidiana. Ci sostengano i santi Patroni, Pietro e Paolo, e ci ottengano quell'ardore missionario che li rese testimoni di Cristo sino ai confini del mondo allora conosciuto.

Pregate per noi, santi Apostoli Pietro e Paolo, "colonne" della Chiesa di Dio!

E Tu, Regina degli Apostoli, che Roma venera con il bel titolo di "Salus populi romani", accogli sotto la tua protezione il popolo cristiano incamminato verso il terzo millennio. Sostieni ogni sincero sforzo mirante a promuovere l'unità dei cristiani e veglia sul cammino dei discepoli del tuo Figlio Gesù.

Amen!


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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE

DELLA DEDICAZIONE DEL NUOVO

SANTUARIO DELLA MADONNA DEL DIVINO AMORE


Domenica, 4 luglio 1999

1. "Questo giorno è consacrato al Signore" (Ne 8,10).

Ben si addicono le parole che abbiamo ascoltato nella prima Lettura al momento che stiamo vivendo in questo Santuario del Divino Amore, tanto caro agli abitanti di Roma e del Lazio. Sì, questo giorno è consacrato a Dio, ed è perciò giorno singolarmente denso di festa e di gioia. Il Signore ci ha raccolti nella sua casa per farci sperimentare in modo più intenso il dono della sua presenza. Come il popolo ebreo così anche noi, seguendo quanto racconta Neemia, accogliamo la sua parola con l'acclamazione "Amen, amen" e ci prostriamo col cuore davanti a lui, manifestando profonda adesione alla sua volontà.

Anche noi ripetiamo con il Salmo responsoriale: "Le tue parole, Signore, sono spirito e vita"!

La parola di Dio illumina il rito di dedicazione di questo nuovo tempio mariano, dove i fedeli, che qui si raccoglieranno in preghiera soprattutto durante il Grande Giubileo, saranno aiutati ad aprirsi all'azione rinnovatrice dello Spirito.

Tutto, pertanto, in questo luogo deve predisporre all'incontro con il Signore; tutto deve incoraggiare i credenti a proclamare la loro fede in Cristo ieri, oggi, sempre.

2. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16).

E' questa la professione di fede dell'apostolo Pietro, che abbiamo ascoltato nell'odierna pagina evangelica. A Pietro replica Gesù, affidandogli il compito di sostenere l'intero edificio spirituale della sua Chiesa: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,18).

Il tempio, nel quale ci troviamo e che ora viene consacrato al culto, è segno di quell'altra Chiesa, fatta di pietre vive, che sono i credenti in Cristo, mirabilmente uniti dal "cemento" spirituale della carità. Mediante l'azione dello Spirito Santo, doni e carismi di ciascun membro della comunità ecclesiale non contraddicono ma, anzi, arricchiscono l'armonia dell'unica costruzione spirituale del Corpo di Cristo. In tal modo, il tempio materiale esprime la comunione interiore di quanti qui si raccolgono per lasciarsi ammaestrare dalla Parola di Dio, come ci è stato ricordato nella prima Lettura: "Tutto il popolo porgeva l'orecchio a sentire il libro della legge" (Ne 8,3). Qui i fedeli riceveranno i Sacramenti - specialmente il Sacramento della Riconciliazione e quello dell'Eucaristia - e potranno esprimere con maggior intensità la loro devozione alla Madonna del Divino Amore.

3. "La gioia del Signore è la vostra forza" (Ne 8,10).

Così Neemia salutava l'assemblea degli Israeliti raccolti in un sol luogo per rinnovare l'Alleanza con Dio. Con queste stesse parole desidero salutare oggi tutti voi, che siete raccolti in questo Santuario mariano.

Vi ringrazio, carissimi Fratelli e Sorelle, per la vostra presenza tanto numerosa. Saluto con affetto il Cardinale Vicario, a cui va la mia riconoscenza per i sentimenti espressimi all'inizio della celebrazione. Insieme con lui, saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti ed i Rettori di altri Santuari mariani qui presenti. Saluto il Rettore-Parroco del Santuario, Don Pasquale Silla, che tanto ha fatto per giungere a questo giorno, e tutti i figli e le figlie della Madonna del Divino Amore, che custodiscono con sollecita cura questi luoghi. Essi proseguono l'opera meritoria del loro fondatore, Don Umberto Terenzi, che con tenacia volle qui una nuova casa per la Vergine Santa, quella che oggi, appunto, noi dedichiamo. Un pensiero speciale ai parrocchiani di questo Santuario-Parrocchia, testimoni diretti di come il popolo romano ami la Madonna del Divino Amore e venga sovente a visitarla in pellegrinaggio, fidando nella sua intercessione.

Saluto, infine, i progettisti ed i realizzatori di quest'opera: Padre Costantino Ruggeri e l'architetto Luigi Leoni, insieme con tutti i benefattori, le imprese e le maestranze.

4. Con la dedicazione di questo nuovo Santuario viene oggi sciolto parzialmente un voto che i romani, invitati dal Papa Pio XII, fecero alla Madonna del Divino Amore nel 1944, quando le truppe alleate stavano per lanciare l'attacco decisivo su Roma occupata dai tedeschi. Davanti all'immagine della Madonna del Divino Amore, il 4 giugno di quell'anno, i romani invocarono la salvezza di Roma, promettendo a Maria di correggere la propria condotta morale, di costruire il nuovo Santuario del Divino Amore e di realizzare un'opera di carità a Castel di Leva. In quello stesso giorno, dopo poco più di un'ora dalla lettura del voto, l'esercito tedesco abbandonò Roma senza opporre resistenza, mentre le forze alleate entravano per Porta San Giovanni e Porta Maggiore, accolte dal popolo romano con manifestazioni di esultanza.

Oggi il Santuario è una realtà e sta per essere completata anche l'opera di carità: una casa per anziani non lontana da qui. Ma il voto dei romani comprendeva una promessa a Maria Santissima che non termina e che è assai più difficile da realizzare: la correzione della condotta morale, il costante impegno, cioè, di rinnovare la vita e renderla sempre più conforme a quella di Cristo. Carissimi Fratelli e Sorelle, è questo il compito a cui richiama l'edificio sacro che oggi viene dedicato a Dio.

Queste mura che circoscrivono lo spazio sacro in cui siamo raccolti e, ancor più, l'altare, le grandi vetrate policrome e gli altri simboli religiosi si pongono come segni della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Una presenza che si rende manifesta in maniera reale nell'Eucaristia, celebrata ogni giorno e conservata nel Tabernacolo; una presenza che si rivela viva e vivificante nell'amministrazione dei Sacramenti; una presenza che si potrà continuamente sperimentare nella preghiera e nel raccoglimento. Che tale presenza sia per tutti di costante richiamo a conversione e fraterna riconciliazione!

5. "Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello . . . risplendente della gloria di Dio" (Ap 21,9-10).

La grande visione della Gerusalemme celeste, con cui si chiude il libro dell'Apocalisse, ci invita ad elevare lo sguardo dalla bellezza ed armonia architettonica di questo nuovo tempio allo splendore della Chiesa celeste, pienezza dell'amore e della comunione con la Santissima Trinità, alla quale tende fin dall'inizio l'intera storia della salvezza.

Come afferma il Concilio Vaticano II, Maria è immagine e primizia della Gerusalemme celeste, verso cui siamo incamminati. "La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell'anima è l'immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio pellegrinante" (Lumen gentium LG 68).

A Maria rivolgiamo fiduciosi i nostri cuori e su tutti invochiamo la sua materna protezione.

A Te, Madre del Divino Amore, affidiamo la comunità diocesana, il proseguimento della Missione cittadina da poche settimane terminata, nonché questa amata Città di Roma con i suoi problemi e le sue risorse, le sue ansie e le sue speranze.

A Te affidiamo le famiglie, i malati, gli anziani, le persone sole. Nelle tue mani poniamo i frutti dell'Anno Santo ed in modo speciale le attese e le speranze dei giovani che, durante il Giubileo, verranno a Roma per la XV Giornata Mondiale della Gioventù.

A Te affidiamo, infine, la richiesta che già Ti rivolsi in occasione della mia prima visita a questo Santuario: che, per tua intercessione, si moltiplichi il numero degli operai nella messe del Signore e che la gioventù sappia apprezzare, in tutta la sua bellezza, il dono della chiamata al sacerdozio e alla vita religiosa, di cui oggi il mondo ha grande bisogno.

Amen!


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SANTA MESSA IN OCCASIONE DEL XXI ANNIVERSARIO

DELLA MORTE DI PAPA MONTINI

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II

ALL'INIZIO DELLA SANTA MESSA


Castel Gandolfo - Venerdì, 6 agosto 1999

L'Eucaristia, che ci apprestiamo a celebrare, ci conduce oggi spiritualmente sul Tabor, insieme agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, per ammirare estasiati lo splendore del Signore trasfigurato. Nell'evento della Trasfigurazione contempliamo l’incontro misterioso fra la storia che si edifica ogni giorno e l’eredità beata che ci attende in Cielo, nell'unione piena con Cristo, Alfa e Omega, Principio e Fine. A noi, pellegrini sulla terra, è dato di gioire della compagnia del Signore trasfigurato, quando ci immergiamo nelle cose di lassù mediante la preghiera e la celebrazione dei divini misteri. Ma, come i discepoli, pure noi dobbiamo scendere dal Tabor nell'esistenza quotidiana, dove le vicende degli uomini interpellano la nostra fede. Sul monte abbiamo visto; sulle strade della vita ci è chiesto di proclamare instancabilmente il Vangelo, che illumina i passi dei credenti.


Questa profonda convinzione spirituale ha guidato l'intera missione ecclesiale del mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, tornato alla casa del Padre proprio nella festa della Trasfigurazione, ventun'anni orsono. Nell'Angelus che egli avrebbe voluto pronunciare in quel giorno, il 6 agosto 1978, affermava: “L’odierna solennità getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana e ci fa rivolgere la mente al destino immortale che quel fatto in sé adombra”.

Sì! Ci ricorda Paolo VI: siamo fatti per l’eternità, e l'eternità comincia fin d’ora, poiché il Signore è in mezzo a noi, vive con e nella sua Chiesa.

Mentre, con intima commozione, facciamo memoria di questo indimenticabile mio Predecessore nella sede di Pietro, preghiamo affinché ogni cristiano dalla contemplazione di Cristo, “irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza” (He 1,3), sappia trarre coraggio e costanza per annunciarlo e testimoniarlo fedelmente mediante le parole e le opere.

Maria, Madre sollecita e premurosa, ci aiuti ad essere scintilla splendente della luce salvifica del suo Figlio Gesù.



Cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo - Domenica, 15 agosto 1999

Festa dell' Assunzione




1. "Magnificat anima mea Dominum" (Lc 1,46)!

La Chiesa pellegrina nella storia si unisce oggi al cantico di esultanza della Beata Vergine Maria; esprime la sua gioia e loda Iddio perché la Madre del Signore entra trionfante nella gloria del cielo. Nel mistero della sua Assunzione, appare il significato compiuto e definitivo delle parole che essa stessa pronunciò ad Ain-Karin, rispondendo al saluto di Elisabetta: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Lc 1,49).

Grazie alla vittoria pasquale sulla morte di Cristo, la Vergine di Nazaret, unita profondamente al mistero del Figlio di Dio, ne ha condiviso in modo singolare gli effetti salvifici. Ha corrisposto pienamente col suo "Sì" alla divina volontà, ha partecipato intimamente alla missione di Cristo, ed è entrata per prima dietro a Lui nella gloria, in corpo e anima, nell'integralità del suo essere umano.

Il "Sì" di Maria è gioia per quanti erano nelle tenebre e nell'ombra della morte. Attraverso di Lei, infatti, è venuto nel mondo il Signore della vita. I credenti esultano e la venerano quale Madre dei figli redenti da Cristo. In particolare quest'oggi, La contemplano come "segno di consolazione e di sicura speranza" (Prefazio) per ogni uomo e per ogni popolo in cammino verso la Patria eterna.

Carissimi Fratelli e Sorelle, volgiamo il nostro sguardo verso la Vergine che la Liturgia ci fa invocare come Colei che spezza i legami agli oppressi, rende la luce ai ciechi, scaccia da noi ogni male e chiede per noi ogni bene (cfr Inno dei Secondi Vespri).

2. "Magnificat anima mea Dominum"!

La Comunità ecclesiale rinnova nell'odierna solennità il cantico di ringraziamento di Maria: lo fa come Popolo di Dio e domanda ad ogni credente di unirsi al coro di lode verso il Signore. A questo, già dai primi secoli, esortava sant'Ambrogio: "Sia in ciascuno l'anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria a esultare in Dio" (S. Ambrogio, Exp. Ev. Luc., II, 26). Le parole del Magnificat sono come il testamento spirituale della Vergine Madre. A buon diritto, pertanto, esse costituiscono l'eredità di quanti, riconoscendosi suoi figli, decidono di accoglierla nella loro casa, come fece l'apostolo Giovanni, che la ricevette come Madre direttamente da Gesù, ai piedi della croce (cfr Jn 19,27).

3. "Signum magnum paruit in caelo" (Ap 12,1). La pagina dell'Apocalisse, che poc'anzi è stata proclamata, nel presentare il "segno grandioso" della "donna vestita di sole" (Ap 12,1) afferma che ella "era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto" (Ap 12,2). Anche Maria, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, quando si reca ad aiutare la cugina Elisabetta porta in grembo il Salvatore, concepito per opera dello Spirito Santo.

Entrambe le figure di Maria, quella storica descritta nel Vangelo e quella adombrata nel Libro dell'Apocalisse simbolizzano la Chiesa. Il fatto che la condizione di gravidanza, come poi il parto, le insidie del drago e il rapimento del neonato "verso Dio e verso il suo trono" (Ap 12,4-5) appartengano anche alla Chiesa "celeste" contemplata in visione dall'apostolo Giovanni, è assai eloquente e, nell'odierna solennità, è motivo di profonda riflessione.

Come Cristo risorto e asceso al cielo porta per sempre in sé, nel suo corpo glorioso e nel suo cuore misericordioso, le piaghe della morte redentrice, così la Madre sua reca nell'eternità "le doglie e il travaglio del parto" (Ap 12,2). E come il Figlio, mediante la sua morte, non cessa di redimere quanti da Dio sono generati come figli adottivi, così la nuova Eva continua, di generazione in generazione, a dare alla luce l'uomo nuovo, "creato secondo Dio, nella giustizia e nella santità vera" (Ep 4,24). Si tratta della maternità escatologica della Chiesa, presente e operante nella Vergine.

4. Nel presente momento storico, al termine di un millennio ed alla vigilia di un nuovo orizzonte epocale, questa dimensione del mistero di Maria appare più che mai significativa. La Madonna, assunta tra i Santi nella gloria di Dio, è segno sicuro di speranza per la Chiesa e per l'intera umanità.

La gloria della Madre è motivo di gioia immensa per tutti i suoi figli, una gioia che conosce le ampie risonanze del sentimento, tipiche della pietà popolare, anche se ad esse non si riduce. E' una gioia, per così dire, teologale, saldamente fondata nel mistero pasquale. In questo senso, la Vergine è "causa nostrae laetitiae - causa della nostra gioia".

Assunta in cielo, Maria indica la via di Dio, la via del Cielo, la via della Vita. La mostra ai suoi figli battezzati in Cristo e a tutti gli uomini di buona volontà. La apre soprattutto ai piccoli e ai poveri, prediletti della divina misericordia. Ai singoli ed alle nazioni, la Regina del mondo svela la potenza d'amore di Dio, i cui disegni disperdono quelli dei superbi, rovesciano i potenti e innalzano gli umili, ricolmano di beni gli affamati e rimandano i ricchi a mani vuote (cfr Lc 1,51-53).

5. "Magnificat anima mea Dominum"! In questa prospettiva, la Vergine del Magnificat ci aiuta a meglio comprendere il valore ed il senso del Grande Giubileo ormai imminente, tempo propizio in cui la Chiesa universale si unirà al suo cantico per lodare la mirabile opera dell'Incarnazione. Lo spirito del Magnificat è lo spirito del Giubileo: nel cantico profetico, infatti, Maria dà voce al giubilo che Le colma il cuore, perché Dio, suo Salvatore, ha guardato l'umiltà della sua serva (cfr Lc 1,47-48).

Tale sia anche lo spirito della Chiesa e di ogni cristiano. Preghiamo perché il Grande Giubileo sia tutto un Magnificat, che unisca la terra e il cielo in un cantico di lode e di ringraziamento. Amen!


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VIAGGIO APOSTOLICO IN SLOVENIA (19 SETTEMBRE 1999)

SANTA MESSA E BEATIFICAZIONE


DEL SERVO DI DIO ANTON MARTIN SLOMŠEK




Domenica, 19 settembre 1999

1. "Facciamo l'elogio degli uomini illustri . . . il loro nome vive di generazione in generazione. I popoli narreranno la loro sapienza, l'assemblea ne proclamerà la gloria" (Si 44,1 Si 44,14-15).

Queste parole del Siracide sono risuonate quest’oggi nella nostra assemblea. Ascoltandole, noi abbiamo spontaneamente pensato alle persone che in questo popolo sloveno si sono distinte per le loro virtù: abbiamo pensato, ad esempio, ai Vescovi Friderik Baraga, Janez Gnidovec e Anton Vovk, al padre Vendelin Voanjak e al giovane Lojze Grozde.

Abbiamo pensato, in particolare, a colui che la Chiesa oggi proclama Beato: il Vescovo di Maribor Anton Martin Slomšek, primo figlio di questa Nazione slovena ad essere elevato alla gloria degli altari. A tre anni dalla mia prima visita ritorno oggi in mezzo a voi per proporvi in Lui un modello di quella santità nella quale vi indicai allora l'unica forza che vince il mondo. Sono pertanto lieto di incontrarmi con voi e presiedere questa solenne Santa Messa.

Saluto Mons. Franc Kramberger, Pastore di questa Chiesa e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto. Saluto inoltre i Signori Cardinali, i Vescovi sloveni e gli altri Vescovi, che concelebrano questa solenne Eucaristia. Il mio saluto si estende poi al clero, ai religiosi ed alle religiose, e a tutti voi, carissimi fedeli di questa illustre Chiesa e delle Chiese vicine, qui convenuti per rendere omaggio al nuovo Beato.

Un saluto deferente rivolgo al Presidente della Repubblica, al Capo del Governo ed alle Autorità civili che hanno voluto onorarci della loro presenza, rendendo così più solenne questa celebrazione.

2. Il Vangelo odierno, che parla della vite e dei tralci, ci ricorda che solo rimanendo uniti a Cristo si può portare frutto. Gesù ci indica così il segreto della santità di Mons. Anton Martin Slomšek, che oggi ho la gioia di proclamare Beato. Egli è stato un tralcio che ha recato frutti abbondanti di santità cristiana, di singolare ricchezza culturale e di alto amor patrio. Per questo sta oggi davanti a noi come splendido esempio di concreta attuazione del Vangelo.

Nel novello Beato rifulgono, anzitutto, i valori della santità cristiana. Sulle orme di Cristo egli si fece buon Samaritano del popolo sloveno. Attento alle esigenze della formazione del clero e dei fedeli, con zelo apostolico che è ancora oggi di esempio per noi, non si stancò di evangelizzare animando le missioni popolari, suscitando numerose confraternite, predicando esercizi spirituali e diffondendo canti popolari e scritti religiosi. Egli fu, nel senso più genuino dell'espressione, un pastore cattolico, a cui i Superiori ecclesiastici affidarono importanti compiti pastorali anche in altre regioni dello Stato di allora.

Fedele e docile alla Chiesa, Slomšek si dimostrò profondamente aperto all'ecumenismo e fu uno dei primi nell'Europa centrale a impegnarsi per l'unità dei cristiani. Possa il suo anelito per l’unità stimolare l’impegno ecumenico, affinché i cristiani di questa Europa che gli fu cara arrivino a varcare la soglia del terzo millennio “se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio” (Tertio millennio adveniente, 34).

3. Grande fu poi l’attenzione che il novello Beato riservò alla cultura. Vissuto verso la metà del secolo scorso, era perfettamente conscio dell'importanza che per l'avvenire della Nazione aveva la formazione intellettuale degli abitanti, specialmente dei giovani. Per questo, egli unì all’azione pastorale l’impegno per la promozione della cultura, che è ricchezza di una nazione e patrimonio di tutti. La cultura costituisce l'humus, da cui un popolo può trarre gli elementi necessari per la propria crescita e il proprio sviluppo.

Convinto di ciò, Slomšek si adoperò per aprire a favore della gioventù varie scuole, e rese possibile la pubblicazione di libri utili per la formazione umana e spirituale. Ribadiva che se i giovani si corrompono, spesso la colpa è da ricercare nella mancanza di una adeguata formazione. La famiglia, la scuola e la Chiesa - egli insegnava - devono unire i loro sforzi in un serio programma educativo, ciascuna conservando la propria sfera di autonomia, ma tutte tenendo conto dei comuni valori.

Solo con una solida formazione si preparano donne e uomini capaci di costruire un mondo aperto ai valori perenni della verità e dell’amore.

4. Il nuovo Beato fu animato anche da profondi sentimenti di amor patrio. Egli ebbe cura della lingua slovena, sollecitò opportune riforme sociali, promosse l’elevazione culturale della Nazione, si adoperò in ogni modo perché il suo popolo potesse occupare un posto onorevole nel consesso delle altre Nazioni europee. E questo fece senza mai cedere a sentimenti di miope nazionalismo o di egoistica contrapposizione nei confronti delle aspirazioni dei popoli vicini.

Il nuovo Beato si propone a voi come modello di autentico patriottismo. Le sue iniziative hanno segnato in modo determinante l'avvenire del vostro popolo ed hanno dato un importante contributo al raggiungimento della vostra indipendenza. Volgendo lo sguardo alla amata regione dei Balcani, segnata purtroppo in questi anni da lotte e violenze, da nazionalismi estremi, da efferate pulizie etniche e da guerre tra popoli e culture, vorrei additare a tutti la testimonianza del nuovo Beato. Egli mostra che è possibile essere sinceri patrioti e con eguale sincerità vivere insieme e collaborare con persone di altra nazionalità, di altra cultura e di altra religione. Possa il suo esempio e soprattutto la sua intercessione ottenere solidarietà e pace autentica per tutti i popoli di questa vasta zona dell’Europa.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle della cara Slovenia! Seguite le orme di questo vostro connazionale integro e generoso, che bramava conoscere la volontà di Dio e compierla a qualsiasi costo. La sua fermezza interiore ed il suo ottimismo evangelico erano radicati in una salda fede nella vittoria di Cristo sul peccato e sul male.

Imitatelo specialmente voi, cari giovani sloveni, e come lui non esitate a dedicare le vostre giovanili energie a servizio del Regno di Dio e dei vostri fratelli. Per voi sacerdoti, egli sia modello di zelante operosità e di spirito di sacrificio. Per voi, laici responsabili, specialmente per voi che operate nelle pubbliche istituzioni, sia esempio di onestà, di servizio spassionato, di coraggiosa ricerca della giustizia e del bene comune.

Siate costruttori di pace anche all’interno dell’Europa! Il processo di unificazione nel quale il Continente è impegnato non può basarsi soltanto su interessi economici, ma deve trarre ispirazione da quei valori cristiani nei quali affondano le sue più antiche ed autentiche radici. Un’Europa attenta all’uomo e al pieno rispetto dei suoi diritti, ecco la meta verso la quale dirigere gli sforzi! Possa la vecchia Europa trasmettere alle nuove generazioni la fiaccola della civiltà umana e cristiana che ha illuminato i passi degli avi durante il millennio che sta per concludersi.

6. In questa prospettiva, invito tutti a pregare per la prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che si raccoglierà tra pochi giorni per riflettere su Cristo, vivente nella Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa. E’ un’occasione importante per approfondire la peculiare missione dei popoli europei nel contesto delle relazioni mondiali. Un’Europa, maestra di civiltà, che sa valorizzare le risorse che le provengono dall'Occidente e dall'Oriente.

Mi piace qui ripetere le parole profetiche, che Slomšek pronunciò durante una missione popolare: "Dicono: 'Il mondo è invecchiato, il genere umano va alla deriva, l'Europa si avvicina alla fine'. Ebbene: sì, se abbandoniamo l'umanità al suo cammino naturale, al suo orientamento fatale. No, se la forza proveniente dall'alto, che si conserva nella religione di Gesù, nella sua Chiesa, si effonderà nuovamente in tutti i ceti del genere umano e ridonerà loro la vita".

Raccogliamo dal Beato Slomšek questa importante lezione. Egli, coraggioso servo di Cristo, ci aiuti ad essere tralci di vita immortale, che diffondono dappertutto il Vangelo della speranza e dell’amore.

Amen!



GPII Omelie 1996-2005 226