GPII Omelie 1996-2005 253

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PELLEGRINAGGIO GIUBILARE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)


Stadio di Amman - Giordania

Martedì, 21 Marzo 2000




«Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio.”» (Is 40,3).

Beatitudine, Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio,
Fratelli e Sorelle,

1. Le parole del profeta Isaia, che l'Evangelista applica a Giovanni Battista, ci ricordano il cammino che Dio ha tracciato nel corso del tempo nel suo desiderio di educare e di salvare il suo popolo. Oggi, come parte del mio pellegrinaggio giubilare che mi porta a pregare in alcuni dei luoghi legati agli interventi salvifici di Dio, la Divina Provvidenza mi ha condotto in Giordania. Saluto Sua Beatitudine Michel Sabbah che ringrazio per le sue cortesi parole di benvenuto. Abbraccio cordialmente l'Esarca greco-melkita Georges El-Murr e tutti i membri dell'Assemblea degli Ordinari Cattolici della Terra Santa, come pure i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali. Sono grato alle Autorità civili che hanno voluto onorare la nostra celebrazione con la loro presenza.

Il Successore di Pietro è pellegrino in questa terra benedetta dalla presenza di Mosè ed Elia, dove Gesù stesso ha insegnato e operato miracoli (cfr Mc 10,1 Jn 10,40-42), dove la Chiesa primitiva ha reso testimonianza con la vita di numerosi santi e martiri. In questo anno del Grande Giubileo tutta la Chiesa, e specialmente oggi la Comunità cristiana di Giordania, sono spiritualmente unite in un pellegrinaggio alle origini della nostra fede, un pellegrinaggio di conversione e di penitenza, di riconciliazione e di pace.

Cerchiamo una guida che ci indichi il cammino. E qui ci viene incontro la figura di Giovanni il Battista, una voce che grida nel deserto (cfr Lc 3,4). Egli ci indicherà la via da seguire affinché i nostri occhi possano «vedere la salvezza di Dio» (cfr Lc 3,6). Guidati da lui, percorriamo il nostro cammino di fede per vedere in modo più chiaro la salvezza realizzata da Dio attraverso una storia che risale ad Abramo. Giovanni il Battista è stato l'ultimo della serie di profeti che ha mantenuto viva e alimentato la speranza del Popolo di Dio. Con lui il tempo della pienezza è giunto.

2. Il seme di questa speranza è stata la promessa fatta ad Abramo quando fu chiamato ad abbandonare tutto ciò che gli era familiare e a seguire un Dio che non aveva ancora conosciuto (cfr Gn 12,1-3). Nonostante la sua ricchezza, Abramo era un uomo che viveva nell'ombra della morte, poiché non aveva figli né terra propria (cfr Gn 15,2). La promessa sembrava vana, poiché Sara era sterile e la terra apparteneva ad altri. Abramo tuttavia ripose ancora di più la sua fede in Dio: «Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18).

Per quanto impossibile potesse sembrare, Isacco nacque a Sara e Abramo ricevette una terra. E attraverso Abramo e i suoi discendenti, la promessa divenne una benedizione per «tutte le famiglie della terra» (Gn 12,3 Gn 18,18).

3. Tale promessa fu suggellata quando Dio parlò a Mosè sul Monte Sinai.Ciò che accadde tra Mosè e Dio sulla montagna sacra plasmò la storia successiva della salvezza come un’Alleanza di amore tra Dio e l'uomo - un'alleanza che esige obbedienza ma che promette libertà. I Dieci Comandamenti scolpiti nella pietra sul Sinai - ma inscritti nel cuore umano dall'inizio della creazione - sono la divina pedagogia dell'amore, poiché indicano l'unico cammino sicuro per il compimento del nostro anelito più profondo: l'insopprimibile ricerca dello spirito umano del bene, della verità e dell'armonia.

Il popolo camminò per quarant'anni prima di raggiungere questa Terra. Mosè, «con il quale il Signore parlava faccia a faccia» (Dt 34,10), morì sul Monte Nebo e fu sepolto «nella valle, nel paese di Moab ... nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba» (Dt 34,5-6). Ma l'Alleanza e la Legge che egli ricevette da Dio vivono per sempre.

Attraverso i tempi i profeti dovettero difendere la Legge e l'Alleanza contro coloro che ponevano le norme e i regolamenti umani al di sopra della volontà di Dio, e pertanto imponevano una nuova schiavitù al popolo (cfr Mc 6,17-18). La stessa città di Amman - la Rabbah dell'Antico Testamento - ricorda il peccato di re Davide nel causare la morte di Uria e prendere sua moglie Betsabea, per il cui peccato fu qui che cadde Uria (cfr 2S 11,1-17). «Ti muoveranno guerra» - dice Dio a Geremia nella Prima Lettura che abbiamo ascoltato oggi - «ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Jr 1,19). Per aver denunciato il mancanze nell'osservare l'Alleanza, alcuni profeti, tra cui il Battista, pagarono con il proprio sangue. Ma, in forza della divina promessa - «io sono con te per salvarti» - essi rimasero saldi «come una fortezza, come un muro di bronzo» (Jr 1,18), proclamando la Legge della vita e della salvezza, l'amore che non viene mai meno.

4. Nella pienezza del tempo, presso il fiume Giordano Giovanni il Battista indica Gesù, colui sul quale lo Spirito Santo discende come una colomba (cfr Lc 3,22), colui che battezza non con l'acqua, ma «in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3,16). I cieli sono aprti e udiamo la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17). In Lui, il Figlio di Dio, si compiono la promessa fatta ad Abramo e la Legge donata a Mosè.

Gesù è la realizzazione della promessa. La sua morte sulla Croce e la sua Risurrezione conducono alla vittoria definitiva della vita sulla morte. Attraverso la Risurrezione vengono spalancate le porte del paradiso, e noi possiamo di nuovo camminare nel Giardino della Vita. In Cristo Risorto otteniamo la sua «misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre» (Lc 1,54-55).

Gesù è il compimento della Legge. Solo Cristo Risorto rivela il pieno significato di quanto è accaduto presso il Mar Rosso e sul Monte Sinai. Egli rivela la vera natura della Terra Promessa, dove «non ci sarà più la morte» (Ap 21,4). Essendo «il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1,18), il Signore Risorto è la meta di ogni nostro pellegrinaggio: «l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine» (Ap 22,13).

5. Negli ultimi cinque anni, la Chiesa in questa regione ha celebrato il Sinodo Pastorale delle Chiese in Terra Santa. Tutte le Chiese Cattoliche insieme hanno camminato con Gesù e hanno riascoltato la sua chiamata, tracciando il cammino da percorrere in un Piano Pastorale Generale. In questa solenne Liturgia sono lieto di ricevere i frutti del Sinodo come segno della vostra rinnovata fede e del vostro generoso impegno. Il Sinodo ha comportato un'esperienza profondamente sentita di comunione con il Signore, e anche di intensa comunione ecclesiale, come i discepoli riuniti intorno agli Apostoli alla nascita della Chiesa (cfr Ac 2,42 Ac 4,32). Il Sinodo ha fatto chiaramente capire che il vostro futuro risiede nell'unità e nella solidarietà. Prego oggi, ed esorto l'intera Chiesa a pregare con me, affinché il lavoro del Sinodo porti a un rafforzamento dei vincoli di amicizia e di collaborazione tra le comunità Cattoliche locali in tutta la loro ricca varietà, tra tutte le Chiese Cristiane e le Comunità Ecclesiali, e tra i Cristiani e le altre grandi religioni che qui fioriscono. Che le risorse della Chiesa - le famiglie, le parrocchie, le scuole, le associazione laicali, i movimenti giovanili - pongano l'unità e l'amore come il loro obiettivo supremo! Non esiste modo più efficace per partecipare socialmente, professionalmente e politicamente, all'opera di giustizia, di riconciliazione e di pace, che il Sinodo ha auspicato.

Ai Vescovi e ai sacerdoti dico: siate buoni Pastori secondo il Cuore di Cristo! Guidate il gregge che vi è stato affidato lungo il cammino che conduce ai verdi pascoli del Suo Regno! Rafforzate la vita pastorale delle vostre comunità attraverso una nuova e più dinamica collaborazione con i religiosi e i laici. Nelle difficoltà del vostro ministero affidatevi al Signore. Avvicinatevi a Lui nella preghiera, ed Egli sarà la vostra luce e la vostra gioia. L'intera Chiesa vi ringrazia per la vostra dedizione e per la missione di fede che svolgete nelle vostre Diocesi e nelle vostre parrocchie.

A voi, Religiosi e Religiose, esprimo l'immensa gratitudine della Chiesa per la vostra testimonianza del primato di Dio in tutte le cose! Continuate a risplendere come fari dell'amore evangelico che supera ogni barriera! Ai laici dico: non abbiate paura di occupare il vostro proprio posto e responsabilità nella Chiesa! Siate testimoni coraggiosi del Vangelo nelle vostre famiglie e nella società!

In questa Festa della Mamma in Giordania, mi congratulo con le madri presenti qui e invito tutte le madri a edificare una nuova civiltà dell'amore. Amate le vostre famiglie! Insegnate loro la dignità di ogni vita, insegnate loro le vie dell'armonia e della pace, insegnate loro il valore della fede, della preghiera e della bontà! Cari giovani, il cammino della vita si schiude davanti a voi. Costruite il vostro futuro sulle solide fondamenta dell'amore di Dio, e rimanete sempre uniti nella Chiesa di Cristo! Contribuite a trasformare il mondo attorno a voi, dando il meglio di voi stessi nel servizio agli altri e al vostro Paese.

E ai bambini che ricevono la loro Prima Santa Comunione dico: Gesù è il vostro migliore amico; egli conosce ciò che avete nel cuore. Rimanete uniti a Lui e nelle vostre preghiere ricordate la Chiesa e il Papa.

6. In questo anno del Grande Giubileo, tutto il popolo di Dio pellegrino ritorna in spirito ai luoghi legati alla storia della nostra salvezza. Dopo aver seguito le orme di Abramo e di Mosè, il nostro pellegrinaggio ha ora raggiunto la terra dove il nostro Salvatore Gesù Cristo ha vissuto e viaggiato durante la sua vita terrena. «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del figlio» (He 1,1-2). Nel Figlio si sono compiute tutte le promesse. Egli è Redemptor Hominis, il Redentore dell'uomo, la speranza del mondo! Tenendo presente tutto ciò, l'intera Comunità cristiana di Giordania sia sempre più salda nella fede e generosa nelle opere di servizio amorevole!

Che la Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi guidi e vi protegga nel vostro cammino! Amen.


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PELLEGRINAGGIO GIUBILARE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)


Territori Palestinesi, Betlemme

Mercoledì, 22 Marzo 2000






“Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio ... ed è chiamato “Consigliere ammirabile, Dio potente, ... Principe della pace”” (Is 9,5).

Signor Presidente, grazie per la sua presenza e per quella delle autorità civili.

Beatitudine, Venerati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. Le parole del profeta Isaia annunciano la venuta del Salvatore nel mondo. Quella grande promessa si è compiuta qui, a Betlemme. Per duemila anni, generazione dopo generazione, i cristiani hanno pronunciato il nome di Betlemme con profonda emozione e gioiosa gratitudine. Come i pastori e i Magi, siamo venuti anche noi a trovare il Bambino “avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Come molti pellegrini prima di noi, ci inginocchiamo pieni di stupore e in adorazione di fronte al mistero ineffabile che qui si è compiuto.

Nel primo Natale del mio ministero di Successore dell'Apostolo Pietro espressi pubblicamente il mio grande desiderio di celebrare l'inizio del mio Pontificato a Betlemme, nella grotta della Natività (cfr Omelia della Messa di Mezzanotte, 24 dicembre 1978, n. 3). Allora ciò non fu possibile; e non è stato possibile fino a questo momento. Oggi, però, come posso non lodare il Dio di ogni misericordia, le cui vie sono misteriose e il cui amore è senza fine, per avermi condotto qui, nell'anno del Grande Giubileo, nel luogo in cui è nato il Salvatore? Betlemme è al centro del mio pellegrinaggio giubilare. I sentieri che ho seguito mi hanno condotto a questo luogo e al mistero che esso proclama.

Ringrazio il Patriarca Michel Sabbah per le sue gentili espressioni di benvenuto e abbraccio cordialmente tutti i membri dell'Assemblea degli Ordinari Cattolici della Terra Santa. È significativa la presenza, nel luogo che ha visto la nascita nella carne del Figlio di Dio, di molte comunità cattoliche di rito orientale, che compongono il ricco mosaico della nostra cattolicità. Con affetto nel Signore saluto i Rappresentanti delle Chiese ortodosse e delle Comunità ecclesiali presenti in Terra Santa.

Sono grato ai Responsabili dell'Autorità Palestinese che partecipano alla nostra celebrazione e si uniscono a noi nella preghiera per il benessere del popolo palestinese.

2. “Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,10-11).

La gioia annunciata dall'angelo non è qualcosa che appartiene al passato. È una gioia di oggi, dell'oggi eterno della salvezza di Dio, che comprende tutti i tempi, passato, presente e futuro. All'alba del nuovo millennio siamo chiamati a comprendere più chiaramente che il tempo ha un senso perché qui l'Eterno è entrato nella storia e rimane con noi per sempre. Le parole di Beda il Venerabile esprimono chiaramente questo concetto: “Ancora oggi, e ogni giorno sino alla fine dei tempi, il Signore sarà continuamente concepito a Nazareth e partorito a Betlemme” (In Ev. S. Lucae, 2; PL 92, 330). Poiché in questa città è sempre Natale, ogni giorno è Natale nel cuore dei cristiani. Ogni giorno siamo chiamati a proclamare il messaggio di Betlemme al mondo - “la buona novella di una grande gioia”: il Verbo Eterno, “Dio da Dio, Luce da Luce”, si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Jn 1,14).

Il bambino appena nato, indifeso e totalmente dipendente dalle cure di Maria e di Giuseppe, affidato al loro amore, è l’intera ricchezza del mondo. Egli è il nostro tutto!

In questo bambino, il Figlio che ci è stato dato, noi troviamo riposo per le nostre anime e il vero pane che non viene mai meno, il Pane Eucaristico annunciato anche dal nome stesso di questa città: Beth-lehem, la casa del pane. Dio è nascosto nel Bambino; la divinità è celata nel Pane della Vita. Adoro te devote latens Deitas! Quae sub his figuris vere latitas!

3. Il grande mistero della Kenosi divina, l'opera della nostra redenzione che si dispiega nella debolezza: non è una verità facile. Il Salvatore è nato di notte, al buio, nel silenzio e nella povertà della grotta di Betlemme. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”, dichiara il profeta Isaia (9, 1). Questo è un luogo che ha conosciuto il “giogo” e il “bastone” dell'oppressione. Quante volte si è udito in queste strade il grido degli innocenti! Anche la grande chiesa edificata sul luogo in cui è nato il Salvatore appare come una fortezza percossa dalle contese del tempo. La culla di Gesù sta sempre all'ombra della Croce. Il silenzio e la povertà della nascita a Betlemme sono una cosa sola con il buio e il dolore della morte sul Calvario. La culla e la Croce sono lo stesso mistero dell’amore che redime; il corpo che Maria ha posto nella mangiatoia è lo stesso corpo sacrificato sulla Croce.

4. Dov'è dunque il dominio del “Consigliere ammirabile, Dio potente e Principe della pace” di cui parla il profeta Isaia? Qual è il potere al quale si riferisce Gesù stesso quando afferma: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18)? Il Regno di Cristo “non è di questo mondo” (Jn 18,36). Il suo Regno non è il dispiegamento di forza, di ricchezza e di conquista, che sembra forgiare la storia umana. Al contrario si tratta del potere di vincere il Maligno, della vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. È il potere di guarire le ferite che deturpano l'immagine del Creatore nelle sue creature. Quello di Cristo è il potere che trasforma la nostra debole natura e ci rende capaci, mediante la grazia dello Spirito Santo, di vivere in pace gli uni con gli altri e in comunione con Dio. “A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Jn 1,12). È questo il messaggio di Betlemme, oggi e sempre. È questo il dono straordinario che il Principe della Pace ha portato nel mondo duemila anni fa.

5. In questa pace saluto tutto il popolo palestinese, consapevole come sono dell'importanza di questo momento nella vostra storia. Prego affinché il Sinodo Pastorale appena conclusosi, al quale hanno partecipato tutte le Chiese cattoliche, vi infonda coraggio e rafforzi tra voi i vincoli dell’unità e della pace. In tal modo sarete testimoni sempre più efficaci della fede, edificando la Chiesa e servendo il bene comune. Offro il bacio santo ai cristiani delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali. Saluto la comunità musulmana di Betlemme e prego per una nuova era di comprensione e di cooperazione tra tutti i popoli della Terra Santa.

Oggi guardiamo ad un momento di duemila anni fa, ma nello spirito abbracciamo tutti i tempi. Siamo riuniti in un solo luogo, ma includiamo il mondo intero. Celebriamo un Bambino appena nato, ma ci stringiamo a tutti gli uomini e le donne di ogni luogo. Oggi, dalla Piazza della Mangiatoia, proclamiamo con forza in ogni tempo, luogo e ad ogni persona: “La pace sia con voi! Non temete!”. Queste parole riecheggiano in tutte le pagine della Scrittura. Sono parole divine pronunciate da Gesù stesso dopo essere risorto dai morti: “Non temete”! (Mt 28,10). Sono le medesime parole che la Chiesa oggi rivolge a voi. Non temete di preservare la vostra presenza e il vostro patrimonio cristiani nel luogo stesso in cui il Salvatore è nato.

Nella grotta di Betlemme, per usare le parole di san Paolo della Seconda Lettura di oggi, è “ apparsa infatti la grazia di Dio” (Tt 2,11). Nel Bambino che è nato, il mondo ha ricevuto “la misericordia promessa ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre” (cfr Lc 1,54-55). Abbagliati dal mistero del Verbo Eterno fattosi carne, lasciamo da parte ogni timore e diventiamo come gli angeli, glorificando Dio che offre al mondo tali doni. Con il coro celeste cantiamo “un canto nuovo” (Ps 96,1).

Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14).

O Bambino di Betlemme, Figlio di Maria e Figlio di Dio, Signore di tutti i tempi e Principe della Pace, “lo stesso ieri, oggi e sempre” (He 13,8): mentre avanziamo verso il nuovo millennio, guarisci le nostre ferite, rafforza i nostri passi, apri il nostro cuore e la nostra mente alla “bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge” (Lc 1,78). Amen.


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PELLEGRINAGGIO GIUBILARE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)


CAPPELLA DEL CENACOLO

Gerusalemme

Giovedì, 23 Marzo 2000

1. “Questo è il mio Corpo”.

Riuniti nella Sala Superiore, abbiamo ascoltato il racconto evangelico dell'Ultima Cena. Abbiamo udito le parole che emergono dalle profondità del mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Gesù prende il pane, lo benedice e lo spezza, poi lo dà ai suoi discepoli dicendo: “Questo è il mio Corpo”. L'alleanza di Dio con il suo popolo sta per culminare nel sacrificio del suo Figlio, il Verbo Eterno fattosi carne. Le antiche profezie stanno per compiersi: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Ecco, io vengo per fare, O Dio, la tua volontà” (He 10,5-7). Nell'Incarnazione, il Figlio di Dio, di Colui che è uno con il Padre, è divenuto uomo e ha ricevuto un corpo dalla Vergine Maria. Ora, nella notte prima della sua morte, dice ai suoi discepoli: “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”.

È con profonda emozione che ascoltiamo ancora una volta le parole pronunciate qui, nella Sala Superiore, duemila anni fa. Da allora, sono state ripetute, generazione dopo generazione, da quanti condividono il sacerdozio di Cristo mediante il Sacramento dell’Ordine Sacro. In tal modo, Cristo stesso ripete costantemente queste parole, attraverso la voce dei suoi sacerdoti, in ogni angolo del mondo.

2. “Questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza; versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”.

Obbedendo al comandamento di Cristo, la Chiesa ripete queste parole ogni giorno nella celebrazione dell'Eucaristia. Parole che emergono dalle profondità del mistero della Redenzione. Nella celebrazione della cena pasquale nella stanza al piano superiore, Gesù prese il calice colmo di vino, lo benedisse e lo diede ai suoi discepoli. Faceva parte del rito pasquale del Vecchio Testamento. Tuttavia Cristo, il Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, usò queste parole per proclamare il mistero salvifico della sua Passione e della sua morte. Sotto le specie del pane e del vino, ha istituito i segni sacramentali del Sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue.

Con la tua croce e la tua resurrezione salvaci, o Salvatore del mondo”. In ogni Santa Messa, proclamiamo questo “mistero della fede”, che per duemila anni ha alimentato e sostenuto la Chiesa, mentre compie il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, proclamando la croce e la morte del Signore fino a quando verrà (cfr Lumen gentium LG 8). In un certo senso, Pietro e gli Apostoli, nelle persone dei loro Successori, sono tornati oggi nella stanza al piano superiore, per professare la fede perenne della Chiesa: “Cristo è morto, Cristo è risorto, Cristo ritornerà”.

3. Infatti, la prima lettura della Liturgia di oggi ci riporta alla vita della prima comunità cristiana. I discepoli “erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (Ac 2,42).

Fractio panis. L'Eucaristia è sia un banchetto di comunione nella nuova ed eterna alleanza, sia il sacrificio che rende presente la potenza salvifica della croce. Fin dall'inizio il mistero eucaristico è sempre stato legato all'insegnamento e alla sequela degli Apostoli e alla proclamazione della Parola di Dio, annunciata prima dai Profeti e ora, una volta per tutte, in Cristo Gesù (cfr He 1,1-2). Ovunque vengono pronunciate le parole “questo è il mio Corpo” e invocato lo Spirito Santo, la Chiesa viene rafforzata nella fede degli Apostoli e nell'unità che ha l’origine e il vincolo nello Spirito Santo.

4. San Paolo, l'Apostolo delle genti, ha compreso chiaramente che l'Eucaristia, in quanto condivisione del Corpo e del Sangue di Cristo, è anche un mistero di comunione spirituale nella Chiesa. “Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo” (1Co 10,17). Nell'Eucaristia, Cristo, il Buon Pastore, che ha dato la sua vita per il gregge, resta presente nella sua Chiesa. Che cos'è l'Eucaristia se non la presenza sacramentale di Cristo in quanti condividono l'unico pane e l'unico calice? Questa presenza è la più grande ricchezza della Chiesa.

Mediante l'Eucaristia, Cristo edifica la Chiesa. Le mani che hanno spezzato il pane per i discepoli durante l'Ultima Cena si sarebbero distese sulla croce per riunire ogni popolo intorno a Lui nel Regno eterno del Padre. Attraverso la celebrazione dell'Eucaristia, Egli non cessa mai di portare uomini e donne a essere membri effettivi del suo Corpo.

5. “Cristo è morto, Cristo è risorto, Cristo ritornerà”.

Questo è il “mistero della fede” che proclamiamo in ogni celebrazione eucaristica. Gesù Cristo, il Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, ha redento il mondo con il proprio sangue. Risorto dai morti, è andato a preparare un luogo per noi nella casa del Padre. Nello Spirito che ci ha reso figli amati di Dio, nell'unità del Corpo di Cristo, attendiamo il suo ritorno con gioiosa speranza.

Quest'anno del Grande Giubileo è un’opportunità speciale per i sacerdoti per crescere nella considerazione del mistero che celebrano sull'altare. Per questo motivo desidero firmare la Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo di quest'anno qui, nella Sala Superiore, dove fu istituito l'unico sacerdozio di Gesù Cristo, che tutti noi condividiamo.

Celebrando questa Eucaristia nella Stanza Superiore a Gerusalemme, siamo uniti alla Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo. Uniti al Capo, siamo in comunione con Pietro e con gli Apostoli e con i loro Successori nel corso dei secoli. In unione con Maria, con i Santi, con i Martiri e con tutti i battezzati che hanno vissuto nella grazia dello Spirito Santo, diciamo con forza: Marana tha! “Vieni Signore Gesù!” (cfr Ap 22,20). Conduci noi e tutti coloro che hai scelto alla pienezza della grazia nel tuo Regno eterno! Amen.
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PELLEGRINAGGIO GIUBILARE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)


SANTA MESSA PER I GIOVANI

Israele - Korazim, Monte delle Beatitudini,

Venerdì, 24 marzo 2000

“Considerate la vostra vocazione, fratelli” (1Co 1,26)


1. Oggi queste parole di san Paolo sono rivolte a tutti noi che siamo giunti qui sul Monte delle Beatitudini. Siamo seduti su questa collina come i primi discepoli e ascoltiamo Gesù. In silenzio ascoltiamo la sua voce gentile e pressante, gentile quanto questa terra stessa e pressante quanto l'invito a scegliere fra la vita e la morte.

Quante generazioni prima di noi si sono commosse profondamente udendo il Discorso della Montagna! Quanti giovani nel corso dei secoli si sono riuniti intorno a Gesù per apprendere le parole di vita eterna, proprio come oggi voi siete riuniti qui! Quanti giovani cuori sono stati ispirati dalla forza della sua personalità e dalla avvincente verità del suo avvincente messaggio! È meraviglioso che siate qui!

Grazie, Arcivescovo Boutros Mouallem, per la sua cordiale accoglienza. La prego di trasmettere i miei saluti oranti a tutta la comunità greco-melkita che presiede. Estendo i miei auguri fraterni ai numerosi Cardinali, al Patriarca Sabbah, ai Vescovi, e a tutti i sacerdoti qui presenti. Saluto i membri delle Comunità Latina, Maronita, Siriana, Armena, Caldea, e tutti i nostri fratelli e sorelle delle altre Chiese Cristiane e Comunità Ecclesiali. Rivolgo una speciale parola di ringraziamento ai nostri amici Musulmani che sono qui, ed ai membri di fede Ebraica.

Questo grande raduno è come una prova generale per la Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Roma nel mese di agosto! Il giovane che ha parlato ha promesso che avrete un’altra montagna, il Monte Sinai! Giovani di Israele, dei Territori Palestinesi, della Giordania e di Cipro, giovani del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia, dell'Europa, dell'America e dell'Oceania! Saluto ognuno di voi con affetto e amore!

2. I primi che udirono le Beatitudini di Gesù serbavano nel cuore il ricordo di un altro monte, il Monte Sinai. Proprio un mese fa, ho avuto la grazia di recarmi là, dove Dio parlò a Mosè e Gli diede la Legge scritta “dal dito di Dio” (Ex 31,18) su tavole di pietra. Questi due monti, il Sinai e il Monte delle Beatitudini, ci offrono la mappa della nostra vita cristiana e una sintesi delle nostre responsabilità verso Dio e verso il prossimo. La Legge e le Beatitudini insieme tracciano il cammino della sequela di Cristo e il sentiero regale verso la maturità e la libertà spirituali.

I Dieci Comandamenti del Sinai possono sembrare negativi: “Non avrai altri dèi di fronte a me;... Non uccidere; Non commettere adulterio; Non rubare; Non pronunziare falsa testimonianza...” (Ex 20,3 Ex 20,13-16), Essi sono invece sommamente positivi. Andando oltre il male che nominano, indicano il cammino verso la legge d'amore che è il primo e il più grande dei Comandamenti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37 Mt 22,39). Gesù stesso afferma di non essere venuto per abolire la Legge, ma per darle compimento (cfr Mt 5,17). Il suo messaggio è nuovo, ma non distrugge ciò che già esiste. Anzi sviluppa al massimo le sue potenzialità. Gesù insegna che la via dell'amore porta la legge al suo pieno compimento (cfr Ga 5,14). Ed ha insegnato questa verità importantissima su questa collina, qui in Galilea.

3. “Beati voi”, dice “Beati i poveri in spirito, i miti e i misericordiosi, gli afflitti, coloro che hanno fame e sete della giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati! Beati voi!”. Le parole di Gesù possono sembrare strane. È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: “Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui che è “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), queste parole lanciano una sfida che richiede una metanoia profonda e costante dello spirito, una grande trasformazione del cuore.

Voi giovani comprenderete il motivo per cui è necessario questo cambiamento del cuore! Siete infatti consapevoli di un'altra voce dentro di voi e intorno a voi, una voce contraddittoria. È una voce che dice: “Beati i superbi e i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non hanno scrupoli, che sono senza pietà, disonesti, che fanno la guerra invece della pace e perseguitano quanti sono di ostacolo sul loro cammino”. Questa voce sembra avere senso in un mondo in cui i violenti spesso trionfano e pare che i disonesti abbiano successo. “Sì” dice la voce del male “sono questi a vincere. Beati loro!”

4. Gesù offre un messaggio molto diverso. Non lontano da qui egli chiamò i suoi primi discepoli, così come chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta fra le due voci in competizione per conquistare il vostro cuore, anche ora, qui sulla collina, la scelta fra il bene e il male, fra la vita e la morte. Quale voce sceglieranno di seguire i giovani del XXI secolo? Riporre la vostra fiducia in Gesù significa scegliere di credere in ciò che dice, indipendentemente da quanto ciò possa sembrare strano, e scegliere di non cedere alle lusinghe del male, per quanto attraenti possano sembrare.

Dopo tutto, Gesù non solo proclama le Beatitudini. Egli vive le Beatitudini. Egli è le Beatitudini. Guardandolo, vedrete cosa significa essere poveri in spirito, miti e misericordiosi, afflitti, avere fame e sete della giustizia, essere puri di cuore, operatori di pace, perseguitati. Per questo motivo ha il diritto di affermare “Venite, seguitemi!”. Non dice semplicemente, “Fate ciò che dico”. Egli dice “Venite, seguitemi!”.

Voi ascoltate la sua voce su questa collina e credete a ciò che dice. Tuttavia, come i primi discepoli sul mare di Galilea, dovete abbandonare le vostre barche e le vostre reti e questo non è mai facile, in particolare quando dovete affrontare un futuro incerto e siete tentati di perdere la fiducia nella vostra eredità cristiana. Essere buoni Cristiani può sembrare un'impresa superiore alle vostre forze nel mondo di oggi. Tuttavia Gesù non resta a guardare e non vi lascia soli ad affrontare tale sfida. È sempre con voi per trasformare la vostra debolezza in forza. CredeteGli quando vi dice: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2Co 12,9)!

5. I discepoli trascorsero del tempo con il Signore. Giunsero a conoscerlo e ad amarlo profondamente. Scoprirono il significato di quanto l'Apostolo Pietro disse una volta a Gesù: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Jn 6,68). Scoprirono che le parole di vita eterna sono le parole del Sinai e le parole delle Beatitudini. Questo è il messaggio che diffusero ovunque.

Al momento della sua Ascensione, Gesù affidò ai suoi discepoli una missione e questa rassicurazione: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,18-20). Da duemila anni i seguaci di Cristo svolgono questa missione. Ora, all'alba del terzo millennio, tocca a voi. Tocca a voi andare nel mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini. Quando Dio parla, parla di cose che hanno la più grande importanza per ogni persona, per le persone del XXI secolo non meno che per quelle del primo secolo. I Dieci Comandamenti e le Beatitudini parlano di verità e di bontà, di grazia e di libertà, di quanto è necessario per entrare nel Regno di Cristo. Ora tocca a voi essere coraggiosi apostoli di quel Regno!

Giovani della Terra Santa, giovani del mondo, rispondete al Signore con un cuore aperto e volenteroso! Volenteroso e aperto come il cuore della figlia più grande di Galilea, Maria, la Madre di Gesù. Come rispose? Disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).

O Signore Gesù Cristo, in questo luogo che hai conosciuto e che hai tanto amato, ascolta questi giovani cuori generosi! Continua a insegnare a questi giovani la verità dei Comandamenti e delle Beatitudini! Rendili gioiosi testimoni della tua verità e apostoli convinti del tuo Regno! Sii con loro sempre, in particolare quando seguire te e il Vangelo diviene difficile e arduo! Sarai tu la loro forza, sarai tu la loro vittoria!

O Signore Gesù, hai fatto di questi giovani degli amici tuoi: tienili per sempre vicino a te!

Amen!



GPII Omelie 1996-2005 253