GPII Omelie 1996-2005 257

257

PELLEGRINAGGIO GIUBILARE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)


SANTA MESSA NELLA BASILICA DELL'ANNUNCIAZIONE

Israele - Nazareth

Sabato, 25 Marzo 2000

«Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola» (Angelus).


Signor Patriarca,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Reverendo Padre Custode,
Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. 25 marzo 2000, solennità dell'Annunciazione nell'Anno del Grande Giubileo: oggi gli occhi di tutta la Chiesa sono rivolti a Nazareth. Ho desiderato tornare nella città di Gesù, per sentire ancora una volta, a contatto con questo luogo, la presenza della donna della quale sant'Agostino ha scritto: «Egli scelse la madre che aveva creato; creò la madre che aveva scelto» (cfr Sermo 69, 3, 4). Qui è particolarmente facile comprendere perché tutte le generazioni chiamino Maria beata (cfr Lc 2,48).

Saluto cordialmente Sua Beatitudine il Patriarca Michel Sabbah, e lo ringrazio per le gentili parole di introduzione. Con l'Arcivescovo Boutros Mouallem e tutti voi, Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, gioisco della grazia di questa solenne celebrazione. Sono lieto di avere l'opportunità di salutare il Ministro Generale Francescano Padre Giacomo Bini, che mi ha accolto al mio arrivo, e di esprimere al Custode, Padre Giovanni Battistelli, come pure ai Frati della Custodia l'ammirazione dell'intera Chiesa per la devozione con la quale svolgete la vostra vocazione unica. Con gratitudine rendo omaggio alla fedeltà al compito affidatovi dallo stesso san Francesco e confermato dai Pontefici nel corso dei secoli.

2. Siamo qui riuniti per celebrare il grande mistero che si è compiuto qui duemila anni fa. L'evangelista Luca colloca chiaramente l'evento nel tempo e nello spazio: «Nel sesto mese, l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1,26-27). Per comprendere però ciò che accadde a Nazareth duemila anni fa, dobbiamo ritornare alla lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei. Questo testo ci permette di ascoltare una conversazione tra il Padre e il Figlio sul disegno di Dio da tutta l'eternità. «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo ... per fare, o Dio, la tua volontà» (10, 5-7). La Lettera agli Ebrei ci dice che, obbedendo alla volontà de Padre, il Verbo Eterno viene tra noi per offrire il sacrificio che supera tutti i sacrifici offerti nella precedente Alleanza. Il suo è il sacrificio eterno e perfetto che redime il mondo.

Il disegno divino è rivelato gradualmente nell'Antico Testamento, in particolare nelle parole del profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato: «Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7, 14). Emmanuele: Dio con noi. Con queste parole viene preannunciato l'evento unico che si sarebbe compiuto a Nazareth nella pienezza dei tempi, ed è questo evento che celebriamo oggi con gioia e felicità intense.

3. Il nostro pellegrinaggio giubilare è stato un viaggio nello spirito, iniziato sulle orme di Abramo, «nostro padre nella fede» (Canone Romano; cfr Rm Rm 4,11-12). Questo viaggio ci ha condotti oggi a Nazareth, dove incontriamo Maria, la più autentica figlia di Abramo. È Maria, più di chiunque altro, che può insegnarci cosa significa vivere la fede di «nostro padre». Maria è in molti modi chiaramente diversa da Abramo; ma in maniera più profonda «l'amico di Dio» (cfr Is 41,8) e la giovane donna di Nazareth sono molto simili.

Entrambi ricevono una meravigliosa promessa da Dio. Abramo sarebbe diventato padre di un figlio, dal quale sarebbe nata una grande nazione. Maria sarebbe divenuta Madre di un Figlio che sarebbe stato il Messia, l'Unto del Signore. Dice Gabriele «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce ... il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre ... e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,31-33).

Sia per Abramo sia per Maria la promessa giunge del tutto inaspettata.Dio cambia il corso quotidiano della loro vita, sconvolgendone i ritmi consolidati e le normali aspettative. Sia ad Abramo sia a Maria la promessa appare impossibile. La moglie di Abramo, Sara, era sterile e Maria non è ancora sposata: «Come è possibile?», chiede all'angelo. «Non conosco uomo» (Lc 1,34).

4. Come ad Abramo, anche a Maria viene chiesto di rispondere «sì» a qualcosa che non è mai accaduto prima. Sara è la prima delle donne sterili della Bibbia che a concepire per potenza di Dio, proprio come Elisabetta sarà l'ultima. Gabriele parla di Elisabetta per rassicurare Maria: «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio» (Lc 1,36).

Come Abramo, anche Maria deve camminare al buio, affidandosi a Colui che l'ha chiamata. Tuttavia, anche la sua domanda «come è possibile?» suggerisce che Maria è pronta a rispondere «sì», nonostante le paure e le incertezze. Maria non chiede se la promessa sia realizzabile, ma solo come si realizzerà. Non sorprende, pertanto, che infine pronunci il suo fiat: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Con queste parole Maria si dimostra vera figlia di Abramo e diviene la Madre di Cristo e Madre di tutti i credenti.

5. Per penetrare ancora più profondamente questo mistero, ritorniamo al momento del viaggio di Abramo quando ricevette la promessa. Fu quando accolse nella propria casa tre ospiti misteriosi (cfr Gn 18,1-15) offrendo loro l'adorazione dovuta a Dio: tres vidit et unum adoravit. Quell’incontro misterioso prefigura l'Annunciazione, quando Maria viene potentemente trascinata nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.Attraverso il fiat pronunciato da Maria a Nazareth, l'Incarnazione è diventata il meraviglioso compimento dell'incontro di Abramo con Dio. Seguendo le orme di Abramo, quindi, siamo giunti a Nazareth per cantare le lodi della donna «che reca nel mondo la luce» (inno Ave Regina Caelorum).

6. Siamo però venuti qui anche per supplicarla. Cosa chiediamo noi pellegrini, in viaggio nel Terzo Millennio Cristiano, alla Madre di Dio? Qui, nella città che Papa Paolo VI, quando visitò Nazareth, definì «La scuola del Vangelo. Qui s'impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare nel senso, tanto profondo e misterioso, di quella semplicissima, umilissima, bellissima apparizione» (Allocuzione a Nazareth, 5 gennaio 1964) prego innanzitutto per un grande rinnovamento della fede di tutti i figli della Chiesa. Un profondo rinnovamento di fede: non solo un atteggiamento generale di vita, ma una professione consapevole e coraggiosa del Credo: «Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo factus est».

A Nazareth, dove Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52), chiedo alla Santa Famiglia di ispirare tutti i cristiani a difendere la famiglia contro le numerose minacce che attualmente incombono sulla sua natura, la sua stabilità e la sua missione. Alla Santa Famiglia affido gli sforzi dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà a difendere la vita e a promuovere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.

A Maria, la Theotókos, la grande Madre di Dio, consacro le famiglie della Terra Santa, le famiglie del mondo.

A Nazareth, dove Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, chiedo a Maria di aiutare la Chiesa ovunque a predicare la «buona novella» ai poveri, proprio come ha fatto Lui (cfr Lc 4,18). In questo «anno di grazia del Signore», chiedo a Lei di insegnarci la via dell’umile e gioiosa obbedienza al Vangelo nel servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, senza preferenze e senza pregiudizi.

«O Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare la mia preghiera, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen» (Memorare).
258

PELLEGRINAGGIO GIUBILARE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)


SANTA MESSA NELLA CHIESA DEL SANTO SEPOLCRO

Israele - Gerusalemme

Domenica, 26 marzo 2000




«Credo... in Gesù Cristo ... concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto ... il terzo giorno risuscitò dai morti».

1. Seguendo il cammino della storia della salvezza, così come narrato dal Credo Apostolico, il mio pellegrinaggio giubilare mi ha condotto in Terra Santa. Da Nazareth, dove Gesù fu concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, sono giunto a Gerusalemme, dove «patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto». Qui, nella Basilica del Santo Sepolcro, mi inginocchio davanti al luogo della sua sepoltura: «Ecco il luogo dove lo avevano deposto» (Mc 16,6).

La tomba è vuota. È una testimone silenziosa dell'evento centrale della storia umana: la Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Per quasi duemila anni la tomba vuota ha reso testimonianza alla vittoria della Vita sulla morte. Con gli apostoli e gli evangelisti, con la Chiesa di ogni tempo e luogo, anche noi rendiamo testimonianza e proclamiamo: «Cristo risuscitato dai morti, non morirà più; la morte non ha più potere su di Lui» (cfr Rm 6,9).

«Mors et vita duello conflixere mirando; dux vitae mortuus, regnat vivus» (Sequenza Pasquale Latina Victimae Paschali). Il Signore della Vita era morto; ora regna, vittorioso sulla morte, sorgente di vita eterna per quanti credono.

2. In questa chiesa, «Madre di tutte le Chiese» (san Giovanni Damasceno), porgo i miei cordiali saluti a sua Beatitudine il Patriarca Michel Sabbah, agli Ordinari delle altre Comunità cattoliche, a Padre Giovanni Battistelli e ai Frati Minori della Custodia di Terra Santa, come pure ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici.

Con stima e affetto fraterni saluto il Patriarca Diodoros della Chiesa Greca Ortodossa e il Patriarca Torkom della Chiesa Armena Ortodossa, i rappresentanti delle Chiese Copta, Sira ed Etiopica, oltre che le Comunità anglicana e luterana.

Qui, dove nostro Signore Gesù Cristo è morto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi (Jn 11,52), il Padre delle misericordie rafforzi il desiderio di unità e di pace fra quanti hanno ricevuto il dono della vita nuova vita mediante le acque salvifiche del Battesimo.

3. «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Jn 2,19).

L'evangelista Giovanni ci racconta che dopo che Gesù risuscitò dai morti, i discepoli si ricordarono di queste parole e credettero (cfr Jn 2,22). Gesù le aveva pronunciate affinché fossero un segno per i suoi discepoli. Quando visitò il Tempio insieme ai discepoli scacciò i cambiavalute e i mercanti dal luogo santo (cfr Jn 2,15). Nel momento in cui i presenti protestarono domandando : «Quale segno ci mostri per fare queste cose?», Gesù rispose: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». L'evangelista osserva che Egli «parlava del tempio del suo corpo» (Jn 2,18-21).

La profezia contenuta nelle parole di Gesù si compì a Pasqua, quando «il terzo giorno risuscitò dai morti». La Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo è il segno che l’eterno Padre è fedele alla sua promessa e fa nascere nuova vita dalla morte: «la risurrezione del corpo e la vita eterna». Il mistero si riflette chiaramente in questa antica Chiesa dell'Anastasi, che ospita sia il sepolcro vuoto, segno della Risurrezione, sia il Golgota, luogo della Crocifissione. La Buona Novella della Risurrezione non può mai essere scissa dal mistero della Croce. San Paolo nella seconda Lettura ascoltata oggi dice: «noi predichiamo Cristo crocifisso» (1Co 1,23). Cristo, che si è offerto come sacrificio della sera sull'altare della Croce (cfr Ps 141,2), si è ora rivelato come «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Co 1,24). Nella sua Risurrezione, i figli e le figlie di Adamo sono stati resi partecipi della vita divina che era sua dall'eternità, con il Padre, nello Spirito Santo.

4. «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù» (Ex 20,2).

L'odierna liturgia quaresimale ci presenta l'Alleanza che Dio strinse con il suo popolo sul Monte Sinai, quando diede i Dieci Comandamenti della Legge a Mosè. Il Sinai rappresenta la seconda tappa di quel grande pellegrinaggio di fede iniziato quando Dio disse ad Abramo: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò» (Gn 12,1).

La Legge e l'Alleanza sono il sigillo delle promessa fatta ad Abramo. Attraverso il Decalogo e la legge morale inscritta nel cuore umano (cfr Rm 2,15), Dio sfida radicalmente la libertà di ogni uomo e di ogni donna. Rispondere alla voce di Dio che risuona nel profondo della nostra coscienza e scegliere il bene è l’uso più sublime della libertà umana. Significa veramente scegliere tra la vita e la morte (cfr Dt 30,15). Camminando sulla via dell'Alleanza con Dio Santissimo, il popolo divenne custode e testimone della promessa, la promessa di una autentica liberazione e della pienezza di vita.

La Risurrezione di Gesù è il sigillo definitivo di tutte le promesse di Dio, il luogo di nascita di una umanità nuova e risorta, il pegno di una storia segnata dai doni messianici della pace e della gioia spirituale. All'alba di un nuovo millennio, i cristiani possono e devono guardare al futuro con salda fiducia nella potenza gloriosa del Risorto di fare nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). Egli è Colui che libera ogni creatura dalla schiavitù della caducità (cfr Rm 8,20). Mediante la Risurrezione, Egli apre la via al riposo del grande Sabbath, l'Ottavo Giorno, quando il pellegrinaggio dell’umanità giungerà al termine e Dio sarà tutto in tutti (1Co 15,28).

Qui, presso il Santo Sepolcro e il Golgota, mentre rinnoviamo la nostra professione di fede nel Signore Risorto, possiamo forse dubitare che nella potenza dello Spirito della Vita ci verrà data la forza per superare le nostre divisioni e operare insieme al fine di costruire un futuro di riconciliazione, di unità e di pace? Qui, come in nessun altro luogo al mondo, udiamo ancora una volta il Signore dire ai suoi discepoli: «abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (cfr Jn 16,33).

5. «Mors et vita duello conflixere mirando; dux vitae mortuus, regnat vivus».

Risplendente della gloria dello Spirito, il Signore Risorto è il Capo della Chiesa, suo Mistico Corpo. Egli la sostiene nella missione di proclamare il Vangelo della salvezza agli uomini e alle donne di ogni generazione fino a quando ritornerà nella gloria!

Da questo luogo, dove per primi alle donne e agli Apostoli fu fatta conoscere la Risurrezione, esorto tutti i membri della Chiesa a rinnovare la loro obbedienza al comandamento del Signore di portare il Vangelo fino ai confini della Terra. All'alba di un nuovo Millennio, c'è un grande bisogno di gridare dai tetti la buona novella che «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Jn 3,16). «Signore ... Tu hai parole di vita eterna» (Jn 6,68). Oggi, come umile Successore di Pietro, desidero ripetere queste parole mentre celebriamo il Sacrificio Eucaristico in questo luogo, il più sacro al modo. Con l'intera umanità redenta, faccio mie le parole che Pietro il pescatore ha rivolto a Cristo, Figlio del Dio vivente: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna».

Christós anésti.

Cristo è risorto! Egli è veramente risorto! Amen.


259

CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI 5 SERVI DI DIO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Domenica, 9 aprile 2000




1. "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,24).

Questa è la richiesta rivolta a Filippo da alcuni greci, saliti a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Il loro desiderio di incontrare Gesù e di ascoltarne la parola suscita una sua risposta solenne: «E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo» (Jn 12,23). Qual è quest'«ora» a cui Gesù allude? Il contesto lo chiarisce: è l'«ora» misteriosa e solenne della sua morte e della sua risurrezione.

Vedere Gesù! Come quel gruppo di greci, innumerevoli uomini e donne lungo i secoli hanno desiderato conoscere il Signore. Lo hanno visto con gli occhi della fede. Lo hanno riconosciuto come Messia, crocifisso e risuscitato. Si sono lasciati da lui conquistare e sono divenuti suoi fedeli discepoli. Sono i santi ed i beati che la Chiesa ci addita come modelli da imitare ed esempi da seguire.

Nel contesto delle celebrazioni dell'Anno Santo, oggi ho la gioia di elevare alla gloria degli altari alcuni nuovi beati. Sono cinque Confessori della fede che hanno annunciato Cristo con la parola e l'hanno testimoniato con l'incessante servizio ai fratelli. Si tratta di Mariano de Jesús Euse Hoyos, Sacerdote diocesano e parroco; Francesco Saverio Seelos, Sacerdote professo della Congregazione del Santissimo Redentore; Anna Rosa Gattorno, vedova, Fondatrice dell'Istituto delle Figlie di Sant'Anna; Maria Elisabetta Hesselblad, Fondatrice dell'Ordine delle Suore del Santissimo Salvatore; Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan, Fondatrice della Congregazione della Sacra Famiglia.

2. "El que quiera servirme, que me siga, y donde esté yo, allí también estará mi servidor" (Jn 12,26), nos ha dicho Jesús en el Evangelio que hemos escuchado. Seguidor fiel de Jesucristo, en el ejercicio abnegado del ministerio sacerdotal, fue el Padre Mariano de Jesús Euse Hoyos, que hoy sube a la gloria de los altares. Desde su íntima experiencia de encuentro con el Señor, el Padre Marianito, como es conocido familiarmente en su patria, se comprometió incansablemente en la evangelización de niños y adultos, especialmente de los campesinos. No ahorró sacrificios ni penalidades, entregándose durante casi cincuenta años en una modesta parroquia de Angostura, en Antioquia, a la gloria de Dios y al bien de las almas que le fueron encomendadas.

Que su luminoso testimonio de caridad, comprensión, servicio, solidaridad y perdón sean de ejemplo en Colombia y también una valiosa ayuda para seguir trabajando por la paz y la reconciliación total en ese amado País. Si el 9 de abril de hace cincuenta y dos años marcó el inicio de violencias y conflictos, que por desgracia duran aún, que este día del año del Gran Jubileo señale el comienzo de una etapa en la que todos los colombianos construyan juntos la nueva Colombia, fundamentada en la paz, la justicia social, el respeto de todos los derechos humanos y el amor fraterno entre los hijos de una misma patria.

3. "Give me again the joy of your help; with a spirit of fervour sustain me, that I may teach transgressors your ways and sinners may return to you" (Ps 51,14-15). Faithful to the spirit and charism of the Redemptorist Congregation to which he belonged, Father Francis Xavier Seelos often meditated upon these words of the Psalmist. Sustained by God's grace and an intense life of prayer, Father Seelos left his native Bavaria and committed himself generously and joyfully to the missionary apostolate among immigrant communities in the United States.

In the various places where he worked, Father Francis Xavier brought his enthusiasm, spirit of sacrifice and apostolic zeal. To the abandoned and the lost he preached the message of Jesus Christ, "the source of eternal salvation" (He 5,9), and in the hours spent in the confessional he convinced many to return to God. Today, Blessed Francis Xavier Seelos invites the members of the Church to deepen their union with Christ in the Sacraments of Penance and the Eucharist. Through his intercession, may all who work in the vineyard for the salvation of God's people be encouraged and strengthened in their task.

4. "Io, quando sarò elevato da terra - ha promesso Gesù nel Vangelo - attirerò tutti a me" (Jn 12,32). Sarà, infatti, dall'alto della Croce che Gesù rivelerà al mondo l'amore sconfinato di Dio per l'umanità bisognosa di salvezza. Attratta irresistibilmente da questo amore, Anna Rosa Gattorno trasformò la sua vita in una continua immolazione per la conversione dei peccatori e la santificazione di tutti gli uomini. Essere "portavoce di Gesù", per far giungere ovunque il messaggio dell'amore che salva: ecco l'anelito più profondo del suo cuore!

Affidata totalmente alla Provvidenza ed animata da un coraggioso slancio di carità, la beata Anna Rosa Gattorno ebbe un unico intento, quello di servire Gesù nelle membra doloranti e ferite del prossimo, con sensibilità ed attenzione materna verso ogni umana miseria.

La singolare testimonianza di carità, lasciata dalla nuova Beata, costituisce ancor oggi uno stimolante incoraggiamento per quanti nella Chiesa sono impegnati a recare, in modo più specifico, l'annuncio dell'amore di Dio che guarisce le ferite d'ogni cuore e offre a tutti la pienezza della vita immortale.

5. "When I am lifted up from the earth, I shall draw all men to myself" (Jn 12,32). The promise of Jesus, is wonderfully fulfilled also in the life Mary Elisabeth Hesselblad. Like her fellow countrywoman, Saint Bridget, she too acquired a deep understanding of the wisdom of the Cross through prayer and in the events of her own life. Her early experience of poverty, her contact with the sick who impressed her by their serenity and trust in God's help, and her perseverance despite many obstacles in founding the Order of the Most Holy Saviour of Saint Bridget, taught her that the Cross is at the centre of human life and is the ultimate revelation of our Heavenly Father’s love. By constantly meditating on God's word, Sister Elisabeth was confirmed in her resolve to work and pray that all Christians would be one (cf. Jn Jn 17,21).

She was convinced that by listening to the voice of the Crucified Christ they would come together into one flock under one Shepherd (cf. Jn Jn 10,16), and from the very beginning her foundation, characterized by its Eucharistic and Marian spirituality, committed itself to the cause of Christian unity by means of prayer and evangelical witness. Through the intercession of Blessed Mary Elisabeth Hesselblad, pioneer of ecumenism, may God bless and bring to fruition the Church’s efforts to build ever deeper communion and foster ever more effective cooperation among all Christ's followers.

6. "Unless a wheat grain falls on the ground and dies, it remains only a single grain; but if it dies it yields a rich harvest" (Jn 12,24). From childhood, Mariam Thresia Mankidiyan knew instinctively that God's love for her demanded a deep personal purification. Committing herself to a life of prayer and penance, Sister Mariam Thresia’s willingness to embrace the Cross of Christ enabled her to remain steadfast in the face of frequent misunderstandings and severe spiritual trials. The patient discernment of her vocation eventually led to the foundation of the Congregation of the Holy Family, which continues to draw inspiration from her contemplative spirit and love of the poor.

Convinced that "God will give eternal life to those who convert sinners and bring them to the right path" (Letter 4 to her Spiritual Father), Sister Mariam devoted herself to this task by her visits and advice, as well as by her prayers and penitential practice. Through Blessed Mariam Thresia's intercession, may all consecrated men and women be strengthened in their vocation to pray for sinners and draw others to Christ by their words and example.

7. "Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo" (Jr 31,33). Dio è l'unico nostro Signore e noi siamo il suo popolo. Questo inscindibile patto d'amore fra Dio e l'umanità ha avuto la sua piena realizzazione nel sacrificio pasquale di Cristo. E' in Lui che noi, pur appartenendo a terre e culture diverse, diveniamo un unico popolo, una sola Chiesa, uno stesso edificio spirituale, di cui i santi sono pietre luminose e salde.

Rendiamo grazie al Signore per la splendida testimonianza di questi nuovi Beati. Guardiamo ad essi, specialmente in questo tempo quaresimale, per trarne incitamento nella preparazione alle prossime celebrazioni pasquali.

Maria, Regina dei Confessori, ci aiuti a seguire il suo divin Figlio, come hanno fatto i nuovi Beati. E voi, Mariano de Jesús Euse Hoyos, Francesco Saverio Seelos, Anna Rosa Gattorno, Maria Elisabetta Hesselblad, Mariam Thresa Chiramel Mankidiyan, intercedete per noi, perché, partecipando intimamente alla Passione redentrice di Cristo, possiamo vivere la fecondità del seme che muore ed essere accolti come sua messe nel Regno dei cieli. Amen!



CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME


E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


16 aprile 2000

1. "Benedictus, qui venit in nomine Domini... Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" (Mt 21,9 cfr Ps 117 [118], Ps 26).

Giunge fino a noi, sull'onda di queste parole, l'eco dell'entusiasmo con cui gli abitanti di Gerusalemme accolsero Gesù per la festa della Pasqua. Le riascoltiamo ogni volta che nel corso della Messa cantiamo il "Sanctus". Dopo aver detto: "Pleni sunt coeli et terra gloria tua", aggiungiamo: "Benedictus, qui venit in nomine Domini. Hosanna in excelsis".

In quest'inno, la cui prima parte è presa dal profeta Isaia (cfr Is 6,3), si esalta il Dio "tre volte santo". Si prosegue poi, nella seconda, esprimendo la gioia riconoscente dell'assemblea di fronte al compimento delle promesse messianiche: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli".

Il pensiero va naturalmente al popolo dell'Alleanza che, per secoli e generazioni, è vissuto in attesa del Messia. Alcuni ritennero di individuare in Giovanni Battista colui nel quale si compivano le promesse. Come sappiamo, però, all'esplicita domanda circa l'eventuale sua identità messianica, il Precursore rispose con un chiaro diniego, rimandando a Gesù quanti lo interrogavano.

La persuasione che i tempi messianici fossero ormai arrivati andò crescendo nel popolo, dapprima per la testimonianza del Battista, poi grazie alle parole ed ai segni compiuti da Gesù e, in modo speciale, a causa della risurrezione di Lazzaro, avvenuta qualche giorno prima dell'ingresso in Gerusalemme, del quale parla il Vangelo di oggi. Ecco perché la folla, quando Gesù arriva in città cavalcando un asinello, lo accoglie con un'esplosione di gioia: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli" (Mt 21,9).

2. I riti della Domenica delle Palme rispecchiano l'esultanza del popolo in attesa del Messia, ma, allo stesso tempo, si caratterizzano come liturgia «di passione» in senso pieno. Essi, infatti, dischiudono dinanzi a noi la prospettiva dell'ormai imminente dramma, che abbiamo rivissuto poc'anzi nel racconto dell'evangelista Marco. Anche le altre letture ci introducono nel mistero della passione e della morte del Signore. Le parole del profeta Isaia, nel quale taluni amano vedere quasi un evangelista dell'Antica Alleanza, ci prospettano l'immagine di un condannato flagellato e schiaffeggiato (cfr Is 50,6). Il ritornello del Salmo responsoriale, "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato", ci fa contemplare l'agonia di Gesù sulla croce (cfr Mc 15,34).

Ma è l'apostolo Paolo che, nella seconda lettura, ci introduce nell'analisi più profonda del mistero pasquale: Gesù, "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce" (Ph 2,6-8). Nell'austera liturgia del Venerdì Santo riascolteremo queste parole, che così proseguono: "Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre" (ivi 2, 9-11).

L'abbassamento e l'esaltazione: ecco la chiave per comprendere il mistero pasquale; ecco la chiave per penetrare nella mirabile economia di Dio, che si compie negli eventi della Pasqua.

3. Perché a questa solenne liturgia sono presenti, come ogni anno, molti giovani? Da diversi anni, in effetti, la Domenica delle Palme è diventata la festa annuale dei giovani. Da qui, nel 1984, anno della Gioventù e, in certo senso, anno giubilare dei giovani, prese avvio il pellegrinaggio delle Giornate Mondiali della Gioventù che, passando per Buenos Aires, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila e Parigi, tornerà a Roma, nel prossimo mese di agosto, per la Giornata Mondiale della Gioventù dell'Anno Santo Duemila.

Perché, dunque, tanti giovani si danno appuntamento per la Domenica delle Palme qui a Roma e in ogni diocesi? Certo, tante sono le ragioni e le circostanze che possono spiegare questo fatto. Sembra, però, che la motivazione più profonda, sottesa a tutte le altre, sia individuabile in ciò che l'odierna liturgia ci rivela: il misterioso piano di salvezza del Padre celeste, che si realizza nell'abbassamento e nell'esaltazione del Figlio suo unigenito, Gesù Cristo. E' qui la risposta agli interrogativi ed alle inquietudini di fondo di ogni uomo e di ogni donna e, specialmente, dei giovani.

"Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato". Come sono vicine queste parole alla nostra esistenza! Della drammaticità della vita voi, cari giovani, cominciate a fare esperienza. E v'interrogate sul senso dell'esistenza, sul vostro rapporto con voi stessi, con gli altri e con Dio. Al vostro cuore assetato di verità e di pace, ai tanti vostri interrogativi e problemi, talora persino pieni di angoscia, Cristo, Servo sofferente e umiliato, abbassato sino alla morte di croce ed esaltato nella gloria alla destra del Padre, offre se stesso come unica valida risposta. Di fatto, non c'è altra risposta così semplice, completa e convincente.

4. Carissimi giovani, grazie per la vostra partecipazione a questa solenne liturgia. Cristo, con il suo ingresso in Gerusalemme, inizia il cammino di amore e di dolore della Croce. Guardate a Lui con rinnovato slancio di fede. Seguitelo! Egli non promette illusorie felicità; al contrario, perché possiate raggiungere l'autentica maturità umana e spirituale, vi invita a seguire il suo esempio esigente, facendo vostre le sue impegnative scelte.

Maria, la fedele discepola del Signore, vi accompagni in questo itinerario di conversione e di progressiva intimità con il suo divin Figlio che, come ricorda il tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,4). Gesù si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà, si è addossato le nostre colpe, perché fossimo redenti dal suo sangue versato sulla croce. Sì, per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte. Alla morte di croce.

"Gloria e lode a Te, o Cristo!".



SANTA MESSA DEL CRISMA NELLA BASILICA VATICANA


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì Santo, 20 aprile 2000

1. "A Colui che ... ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli" (Ap 1,5-6).

Ascoltiamo queste parole del Libro dell'Apocalisse nell'odierna solenne Messa del Crisma, che precede il Sacro Triduo pasquale. Prima di celebrare i misteri centrali della salvezza, ogni comunità diocesana si raccoglie questa mattina attorno al proprio Pastore per la benedizione dei santi Oli, che della salvezza sono strumento nei diversi sacramenti: Battesimo, Cresima, Ordine, Unzione dei malati. Questi segni della grazia divina derivano la loro efficacia dal mistero pasquale, dalla morte e risurrezione di Cristo. Ecco perché la Chiesa colloca questo rito alla soglia del Santo Triduo, nel giorno in cui, con supremo atto sacerdotale, il Figlio di Dio fatto uomo si è offerto al Padre, in riscatto per l'umanità intera.

2. "Ha fatto di noi un regno di sacerdoti". Intendiamo questa espressione a due livelli. Il primo, come ricorda pure il Concilio Vaticano II, in riferimento a tutti i battezzati, i quali "vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici" (Lumen gentium LG 10). Ogni cristiano è sacerdote. Si tratta qui del sacerdozio detto "comune", che impegna i battezzati a vivere l'oblatività verso Dio nella partecipazione all'Eucaristia e ai sacramenti, nella testimonianza di una vita santa, nell'abnegazione e nella carità operosa (cfr ibid.).

Ad un altro livello, l'affermazione che Dio "ha fatto di noi un regno di sacerdoti" si riferisce ai sacerdoti ordinati come ministri, chiamati cioè a formare e reggere il popolo sacerdotale e ad offrire in suo nome il sacrificio eucaristico a Dio in persona di Cristo (cfr ibid.). La Messa "crismale" fa, così, solenne memoria dell'unico Sacerdozio di Cristo ed esprime la vocazione sacerdotale della Chiesa, in particolare del Vescovo e dei presbiteri uniti a lui. Ce lo ricorderà fra poco il Prefazio: Cristo "non soltanto comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, ma con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli e, mediante l'imposizione delle mani, li fa partecipi del suo ministero di salvezza".

3. "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato..." (Lc 4,18).

Cari sacerdoti, queste parole ci concernono in maniera diretta. Siamo stati chiamati con l'ordinazione presbiterale a condividere la stessa missione di Cristo, ed oggi rinnoviamo insieme i comuni impegni sacerdotali. Con viva emozione, facciamo memoria del dono ricevuto da Cristo, che ci ha chiamati ad una speciale partecipazione al suo Sacerdozio.

Con la benedizione degli Oli e, in particolare, del santo Crisma, vogliamo rendere grazie per l'unzione sacramentale, divenuta la nostra parte di eredità (cfr Ps 15,5). E' un segno di forza interiore, che lo Spirito Santo concede ad ogni uomo chiamato da Dio a particolari compiti nel servizio del suo Regno.

"Ave sanctum oleum: oleum catechumenorum, oleum infirmorum, oleum ad sanctum crisma". Mentre rendiamo grazie a nome di quanti riceveranno questi santi segni, preghiamo al tempo stesso affinché la potenza soprannaturale, che attraverso di essi agisce, non cessi di operare anche nella nostra vita. Che lo Spirito Santo, posatosi su ciascuno di noi, trovi in ognuno la debita disponibilità per compiere la missione per la quale siamo stati "unti" il giorno della nostra Ordinazione.

4. "Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria". Tu sei venuto in mezzo a noi a predicare l'anno di grazia del Signore (cfr Lc 4,19).

Come ho ricordato nella Lettera indirizzata ai Sacerdoti per l'odierna ricorrenza, il Sacerdozio di Cristo è intrinsecamente legato al mistero dell'Incarnazione, di cui celebriamo in quest'Anno Giubilare il bimillenario. "E' inscritto nella sua identità di Figlio incarnato, di uomo-Dio" (n. 7). Ecco perché questa suggestiva liturgia del Giovedì Santo costituisce, in un certo modo, una quasi connaturale celebrazione giubilare per noi, anche se il Giubileo dei Sacerdoti in quest'Anno Santo è previsto per il prossimo 18 maggio.

L'esistenza terrena di Cristo, il suo "passaggio" nella storia, da quando è stato concepito nel seno della Vergine Maria a quando è asceso alla destra del Padre, costituisce un unico evento sacerdotale e sacrificale. Ed esso è interamente sotto l'"unzione" dello Spirito Santo (cfr Lc 1,35 Lc 3,22).

Quest'oggi incontriamo in modo speciale Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, e varchiamo spiritualmente questa Porta Santa, che spalanca ad ogni uomo la pienezza dell'amore salvifico. Come Cristo è stato docile all'azione dello Spirito nella condizione di uomo e di servo obbediente, così il battezzato e, in modo particolare, il ministro ordinato deve sentirsi impegnato a realizzare la propria consacrazione sacerdotale nell'umile e fedele servizio a Dio ed ai fratelli.

Iniziamo con questi sentimenti il Triduo pasquale, culmine dell'Anno liturgico e del Grande Giubileo. Disponiamoci a compiere l'intenso pellegrinaggio pasquale sulle orme di Gesù che patisce, muore e risorge. Sostenuti dalla fede di Maria, seguiamo Cristo sacerdote e vittima, "che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Ap 1,5-6).

Seguiamolo ed insieme proclamiamo: "Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria".

Tu, Cristo, sei lo stesso ieri, oggi e sempre. Amen!

SANTA MESSA IN COENA DOMINI


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì Santo, 20 aprile 2000

1. "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione" (Lc 22,15).

Cristo fa conoscere, con queste parole, il significato profetico della Cena pasquale, che sta per celebrare con i discepoli nel Cenacolo di Gerusalemme.

Con la prima lettura, tratta dal Libro dell'Esodo, la Liturgia ha posto in luce come la Pasqua di Gesù si inscriva nel contesto di quella dell'Antica Alleanza. Con essa gli Israeliti facevano memoria della cena consumata dai loro padri, al momento dell'esodo dall'Egitto, della liberazione dalla schiavitù. Il testo sacro prescriveva che un po' del sangue dell'agnello fosse posto sui due stipiti e sull'architrave delle case. Ed aggiungeva come andava mangiato l'agnello, e cioè: "con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano... in fretta... In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito... Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio" (Ex 12,11-13).

Il sangue dell'agnello ottenne ai figli e alle figlie d'Israele la liberazione dalla schiavitù d'Egitto, sotto la guida di Mosè. Il ricordo di un evento così straordinario diventò occasione di festa per il popolo, riconoscente al Signore per la libertà riacquistata, dono divino ed impegno umano sempre attuale: "Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore" (ibid., 12, 14). E' la Pasqua del Signore! La Pasqua dell'Antica Alleanza!

2. "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione" (Lc 22,15). Nel Cenacolo, Cristo, obbediente alle prescrizioni dell'Antica Alleanza, consuma la cena pasquale con gli Apostoli, ma riempie questo rito di un nuovo contenuto. Abbiamo ascoltato come san Paolo ne parla nella seconda lettura, tratta dalla prima Lettera ai Corinzi. In questo testo, ritenuto la più antica descrizione della Cena del Signore, viene ricordato che Gesù, "nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è [dato] per voi; fate questo in memoria di me»". Ugualmente, alla fine della Cena, preso il calice, aggiunse: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (cfr 1Co 11,23-26).

Parole solenni nelle quali è consegnata per i secoli la memoria dell'istituzione dell'Eucaristia. Ogni anno, in questo giorno, le ricordiamo tornando spiritualmente nel Cenacolo. Con emozione particolare le rivivo questa sera, perché conservo negli occhi e nel cuore le immagini del Cenacolo, dove ho avuto la gioia di celebrare l'Eucaristia, in occasione del recente pellegrinaggio giubilare in Terra Santa. L'emozione si fa ancor più forte, perché quest'anno è l'anno del Giubileo bimillenario dell'Incarnazione. In questa prospettiva, la celebrazione che stiamo vivendo acquista una profondità particolare. Nel Cenacolo, infatti, Gesù colmò di nuovo contenuto le antiche tradizioni ed anticipò gli eventi del giorno successivo, quando il suo Corpo, corpo immacolato dell'Agnello di Dio, sarebbe stato immolato e il suo Sangue versato per la redenzione del mondo. L'Incarnazione era avvenuta in vista proprio di questo evento, in vista della Pasqua di Cristo, della Pasqua della Nuova Alleanza!

3. "Ogni volta... che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Co 11,26). L'Apostolo ci esorta a far costante memoria di questo mistero. Al tempo stesso, ci invita a vivere ogni giorno la nostra missione di testimoni e di annunciatori dell'amore del Crocifisso, nell'attesa del suo ritorno glorioso.

Ma come far memoria di quest'evento salvifico? Come vivere nell'attesa che Cristo ritorni? Prima di istituire il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, Cristo curvo ed inginocchiato, nell'atteggiamento dello schiavo, lava nel Cenacolo i piedi ai discepoli. Lo rivediamo mentre compie questo atto, che nella cultura ebraica è proprio dei servi e delle persone più umili della famiglia. Pietro dapprima si rifiuta, ma il Maestro lo convince, ed anche lui si lascia infine lavare i piedi insieme agli altri discepoli. Subito dopo, però, indossate le vesti e sedutosi nuovamente a tavola, Gesù spiega il senso di questo suo gesto: "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Jn 13,12-14). Sono parole che, legando il mistero eucaristico al servizio dell'amore, possono essere considerate propedeutiche all'istituzione del Sacerdozio ministeriale.

Con l'istituzione dell'Eucaristia Gesù comunica agli Apostoli la partecipazione ministeriale al suo sacerdozio, il sacerdozio dell'Alleanza nuova ed eterna, in virtù della quale Lui, e solo Lui, è sempre e dappertutto artefice e ministro dell'Eucaristia. Gli Apostoli sono resi, a loro volta, ministri di questo eccelso mistero della fede, destinato a perpetuarsi sino alla fine del mondo. Sono resi contemporaneamente servitori di tutti coloro che avranno parte a così grande dono e mistero.

L'Eucaristia, il sommo Sacramento della Chiesa, è congiunta al sacerdozio ministeriale, nato anch'esso nel Cenacolo, come dono del grande amore di colui che "sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Jn 13,1).

L'Eucaristia, il sacerdozio ed il nuovo comandamento dell'amore! E' questo il memoriale vivo che contempliamo nel Giovedì Santo.

"Fate questo in memoria di me": ecco la Pasqua della Chiesa! La nostra Pasqua!



OMELIA DEL SANTO PADRE


GIOVANNI PAOLO II


DURANTE LA VEGLIA PASQUALE


Sabato Santo, 22 aprile 2000






1. "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete" (Mt 27,65).

La tomba di Gesù venne chiusa e sigillata. Secondo la richiesta dei sommi sacerdoti e dei farisei, a guardia furono posti dei soldati, perché nessuno potesse trafugare il corpo (cfr Mt 27,62-64). E' questo l'evento da cui prende avvio la liturgia della Veglia Pasquale.

Vegliavano accanto al sepolcro coloro che avevano voluto la morte di Cristo, considerandolo un "impostore" (Mt 27,62). Il loro desiderio era che Lui e il suo messaggio fossero sepolti per sempre.
Vegliava, non molto lontano, Maria e con Lei gli Apostoli ed alcune donne. Conservavano impressa nel cuore l'immagine sconvolgente degli eventi appena compiuti.

2. Veglia la Chiesa, questa notte, in ogni angolo della terra e rivive le tappe fondamentali della storia della salvezza. La solenne liturgia che stiamo compiendo è espressione di questo "vegliare" che, in un certo modo, richiama quello stesso di Dio, di cui parla il Libro dell'Esodo: "Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dal paese d'Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore ... di generazione in generazione" (Ex 12,42).

Nel suo amore provvidente e fedele, che supera il tempo e lo spazio, Dio veglia sul mondo. Così canta il Salmista: "Non si addormenterà, non prenderà sonno / il custode d'Israele. / Il Signore è il tuo custode ... Il Signore veglierà su di te ... da ora e per sempre" (Ps 120,4-5 Ps 120,8).

Anche il passaggio tra il secondo ed il terzo millennio, che stiamo vivendo, è custodito nel mistero del Padre. Egli "opera sempre" (Jn 5,17) per la salvezza del mondo e, mediante il Figlio fatto uomo, guida il suo popolo dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita. Tutta l'"opera" del Grande Giubileo dell'anno Duemila è, per così dire, inscritta in questa notte di Veglia, che porta a compimento quella del Natale del Signore. Betlemme e il Calvario richiamano lo stesso mistero d'amore di Dio, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

3. Nel suo vegliare, in questa Notte Santa, la Chiesa si china sui testi della Sacra Scrittura, che delineano il disegno divino dalla Genesi al Vangelo e che, grazie anche ai riti liturgici del fuoco e dell'acqua, conferiscono a questa singolare celebrazione una dimensione cosmica. L'intero universo creato è chiamato a vegliare, in questa notte, presso il sepolcro di Cristo. Scorre davanti ai nostri occhi la storia della salvezza, dalla creazione alla redenzione, dall'esodo all'Alleanza sul Sinai, dall'antica alla nuova ed eterna Alleanza. In questa Notte Santa, trova compimento l'eterno progetto di Dio che investe la storia dell'uomo e del cosmo.

4. Nella Veglia pasquale, madre di tutte le veglie, ogni uomo può riconoscere anche la propria personale storia di salvezza, che ha il suo punto fondamentale nella rinascita in Cristo mediante il Battesimo.

Questa è, in modo tutto particolare, la vostra esperienza, carissimi Fratelli e Sorelle, che tra poco riceverete i Sacramenti dell'iniziazione cristiana: Battesimo, Cresima ed Eucaristia.
Voi provenite da diversi Paesi del mondo: Giappone, Cina, Camerun, Albania e Italia.

La varietà delle vostre nazioni di origine evidenzia l'universalità della salvezza portata da Cristo. Tra poco, carissimi, sarete intimamente inseriti nel mistero d'amore di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo. Possa la vostra esistenza diventare un canto di lode alla Santissima Trinità e una testimonianza di amore che non conosca frontiere.

5. "Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit: venite adoremus!". Così ieri ha cantato la Chiesa, mostrando il legno della Croce "al quale fu appeso il Cristo Salvatore del mondo". "Fu crocifisso, morì e fu sepolto", recitiamo nel Credo.

Il sepolcro! Ecco il luogo dove l'avevano deposto (cfr Mc 16,6). Spiritualmente è lì presente tutta la Comunità ecclesiale di ogni parte della terra. Ci siamo anche noi con le tre donne che si recano al sepolcro, prima dell'alba, per ungere il corpo senza vita di Gesù (cfr Mc 16,1). La loro premura è la nostra premura. Con loro scopriamo che la grossa pietra tombale è stata rotolata via e il corpo non vi è più. "Non è qui", annuncia l'angelo, mostrando il sepolcro vuoto e le bende funerarie per terra. La morte non ha più potere su di Lui (cfr Rm 6,9).

Cristo è risorto! Annuncia, al termine di questa notte di Pasqua, la Chiesa, che ieri aveva proclamato la morte di Cristo sulla Croce. E' annuncio di verità e di vita.

"Surrexit Dominus de sepulchro, qui pro nobis pependit in ligno. Alleluia!". E' risorto dal sepolcro il Signore, che per noi fu appeso alla croce.

Sì, Cristo è veramente risorto e noi ne siamo testimoni.

Lo gridiamo al mondo, perché la gioia che è nostra raggiunga tanti altri cuori accendendo in essi la luce della speranza che non delude.

Cristo è risorto, alleluia!


CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DELLA BEATA MARIA FAUSTYNA KOWALSKA - Domenica, 30 aprile 2000

30400
GPII Omelie 1996-2005 257