GPII Omelie 1996-2005 296

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANT’ANGELA MERICI



Domenica, 27 maggio 2001

1. "Ascende il Signore tra canti di gioia" (rit. al Salmo resp.). Queste parole dell'odierna liturgia ci introducono nella solennità dell'Ascensione del Signore. Riviviamo il momento in cui Cristo, dopo aver portato a compimento la sua missione terrena, fa ritorno al Padre. Questa festa costituisce il coronamento della glorificazione di Cristo avvenuta nella Pasqua. Rappresenta anche l'immediata preparazione al dono dello Spirito Santo, che avverrà nella Pentecoste. L'Ascensione del Signore, pertanto, non va compresa come un episodio isolato, ma come parte integrante dell'unico Mistero pasquale.

Gesù risorto in realtà non lascia definitivamente i suoi discepoli; inizia piuttosto un nuovo tipo di rapporto con loro. Se dal punto di vista fisico e terreno non è più presente come prima, in realtà la sua presenza invisibile si intensifica, raggiungendo una profondità e un'estensione assolutamente nuove. Grazie all'azione dello Spirito Santo promesso, Gesù sarà presente là dove ha insegnato ai discepoli a riconoscerlo: nella parola del Vangelo, nei Sacramenti, nella Chiesa, Comunità di quanti crederanno in Lui, chiamata a svolgere un'incessante missione evangelizzatrice nel corso dei secoli.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di Sant'Angela Merici! Sono lieto di celebrare insieme con voi l'odierna solennità dell'Ascensione. Vi saluto tutti con affetto. Saluto anzitutto il Cardinale Vicario, il Vescovo ausiliare del settore, il vostro caro Parroco, Don Guido Peressini, e i sacerdoti suoi collaboratori. Un particolare ringraziamento va a coloro che, all'inizio della celebrazione, mi hanno rivolto cordiali parole a nome di tutti.

Il mio pensiero va, poi, alle Religiose dei cinque Istituti femminili presenti ed operanti in Parrocchia, ai componenti del Consiglio pastorale e a quanti, a vario titolo, partecipano e animano la vita parrocchiale. Abbraccio con affetto ciascuno di voi qui presenti, carissimi Fratelli e Sorelle, e coloro che vivono in questo quartiere.

3. La Liturgia ci esorta quest'oggi a contemplare il cielo, come fecero gli Apostoli al momento dell'Ascensione, per essere però i testimoni credibili del Risorto sulla terra (cfr Ac 1,11), collaborando con Lui alla crescita del Regno di Dio in mezzo agli uomini. Ci invita, inoltre, a meditare sul mandato che Gesù, prima di salire al cielo, affida ai discepoli: predicare a tutte le genti la conversione ed il perdono dei peccati (cfr Lc 24,47). E' un mandato che ci spinge a riflettere su quanto la nostra Diocesi, attraverso le esperienze del Sinodo diocesano e della Missione cittadina, come pure attraverso gli eventi che hanno avuto luogo durante il recente Giubileo, va cercando di realizzare in maniera fedele a Cristo, così da incidere efficacemente nella società e nella cultura contemporanee.

A questo stesso mandato di Cristo cercheremo di rispondere anche attraverso il Convegno diocesano, che si svolgerà dal 7 al 9 giugno prossimo, per verificare gli esiti della Missione cittadina ed impostare una pastorale missionaria permanente. Una pastorale, cioè, che si rivolga a tutti; educhi i fedeli a tendere alla santità, perché ciascuno realizzi, secondo la propria peculiare vocazione, la sua missione nel mondo. Vi esorto tutti a pregare per la buona riuscita di tale Convegno e a prepararvi ad aderire prontamente alle linee pastorali che da esso emergeranno. In tal modo, pure la vostra Comunità parrocchiale si inserirà, con rinnovato entusiasmo, nel cammino missionario che la Chiesa di Roma va compiendo.

4. La vostra Parrocchia, che conta oltre cinquemila abitanti, sta vivendo, al pari dell'intera città di Roma, una profonda trasformazione sociale e avverte l'urgenza di adeguare sempre più la propria azione pastorale alle mutate esigenze della gente. E' questa una sfida a cui voi già state cercando di dare risposte concrete. Vi preoccupate, in particolare, di andare incontro alle non poche situazioni di povertà esistenti nel quartiere, per proclamare con i fatti il "vangelo della carità". Penso, ad esempio, alle persone provenienti da Paesi fuori della Comunità europea, spesso senza lavoro e impossibilitate a vivere un'esistenza dignitosa. Penso ai molti anziani che sentono fortemente la solitudine, proprio nel momento in cui le forze fisiche e la buona salute cominciano a venir meno.

Vorrei far giungere il mio fraterno saluto a tutti coloro che si trovano in condizioni disagiate, e vi invito, carissimi, ad essere sempre al loro fianco. Vi ringrazio per quel che, al riguardo, già state facendo. Mi compiaccio specialmente per la realizzazione del Centro Caritas, che intende proporsi come un segno della vostra risposta ai bisogni immediati di quanti troppo spesso sono dimenticati.

Continuate con coraggio e fiducia, sapendo che non siete soli in questo sforzo. E' con voi l'intera Diocesi che, grazie all'esperienza del Grande Giubileo, è molto cresciuta nella comunione ed è pronta a svolgere una più incisiva e rinnovata opera missionaria nella nostra Metropoli.

5. A questa vostra azione di impegno apostolico e di rinnovamento ecclesiale tutte le componenti del Corpo mistico di Cristo sono chiamate a dare il proprio contributo. Penso in modo speciale a voi, carissimi giovani. La vostra Comunità parrocchiale, durante la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, ha accolto ben 1500 ragazzi e ragazze provenienti da tutto il mondo. Avete così potuto sperimentare quale entusiasmo e quale vitalità spirituale siano sgorgate da quelle giornate di grazia. Con lo stesso spirito proseguite a testimoniare Cristo in famiglia, a scuola e negli ambienti di vita quotidiana. Con la stessa gioia andate incontro ai vostri coetanei e siate verso di loro accoglienti e aperti. Inoltre, voi potete fare molto pure per gli anziani. E' noto che tra giovani e anziani viene spesso ad instaurarsi un legame che può risultare per voi un'ottima via di approfondimento della fede, alla luce della loro esperienza. Gli anziani, a loro volta, possono da voi attingere la freschezza dell'entusiasmo tipico della vostra età per meglio vivere l'autunno della loro esistenza. Si realizza così un utile scambio di doni a beneficio dell'intera Comunità. La reciproca comprensione e la mutua cooperazione tra tutti siano lo stile permanente della vostra vita familiare e parrocchiale.

6. "Io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso" (Lc 24,49). Gesù parla qui del suo Spirito, lo Spirito Santo. Anche noi, al pari dei discepoli, ci disponiamo a ricevere questo dono nella solennità della Pentecoste. Solo la misteriosa azione dello Spirito può renderci nuove creature; solo la sua potenza misteriosa ci mette nella condizione di annunciare le meraviglie di Dio. Non temiamo, quindi; non ripieghiamoci su noi stessi! Piuttosto, con pronta disponibilità, collaboriamo con Lui, affinché la salvezza offerta da Dio a ogni uomo in Cristo conduca l'umanità intera al Padre.

Restiamo in attesa della discesa del Paraclito, come i discepoli nel Cenacolo, insieme con Maria. Giungendo nella vostra Chiesa ho visto una colonna che sorregge l'immagine della Madonna con la scritta: "Non passar la via, senza salutar Maria". Seguiamo sempre questo consiglio. Maria, a cui soprattutto in questo mese di maggio ci rivolgiamo con fiducia, ci aiuti a essere degni discepoli del suo Figlio; di Lui ci renda coraggiosi testimoni nel mondo. Quale Regina dei nostri cuori, faccia di tutti i credenti una famiglia unita nell'amore e nella pace.


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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE E TRASLAZIONE DELL’URNA CON IL CORPO

DEL BEATO GIOVANNI XXIII, PAPA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 3 giugno 2001

1. "Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo" (Ac 2,4).

Così avvenne a Gerusalemme nella Pentecoste. Oggi, raccolti in questa Piazza cuore del mondo cattolico, noi riviviamo il clima di quel giorno. Anche nel nostro tempo, come nel Cenacolo di Gerusalemme, la Chiesa è attraversata da un "vento gagliardo". Essa sperimenta il soffio divino dello Spirito, che la apre all'evangelizzazione del mondo.

Per una felice coincidenza, nell'odierna solennità abbiamo la gioia di ospitare, accanto all'altare, le venerate spoglie del Beato Giovanni XXIII, che Dio ha plasmato col suo Spirito facendone un mirabile testimone del suo amore. Questo mio venerato predecessore si spense trentotto anni or sono, il 3 giugno del 1963, proprio mentre in Piazza San Pietro una gran folla di fedeli pregava, spiritualmente raccolta attorno al suo capezzale. A quella preghiera si ricongiunge l'odierna celebrazione e, mentre commemoriamo il transito di questo Beato Pontefice, rendiamo lode a Dio che lo ha donato alla Chiesa ed al mondo.

Come Sacerdote, come Vescovo e come Papa, il Beato Angelo Roncalli è stato docilissimo all'azione dello Spirito, che lo ha guidato sulla via della santità. Per questo, nella vivente comunione dei santi, vogliamo celebrare la solennità di Pentecoste in singolare sintonia con lui, lasciandoci accompagnare da alcune sue ispirate riflessioni.

2. "La luce dello Spirito Santo irrompe dalle prime parole del Libro degli Atti degli Apostoli... La marcia impetuosa del Divino Spirito precede e accompagna gli evangelizzatori penetrando nelle anime di chi li ascolta e dilatando le tende della Chiesa Cattolica sino agli ultimi confini della terra, trascorrendo per tutti i secoli della storia" (Discorsi Messaggi Colloqui del S. Padre Giovanni XXIII, II, p. 398).

Con queste parole, pronunciate nella Pentecoste del 1960, Papa Giovanni ci aiuta a cogliere l'incontenibile spinta missionaria propria del mistero che in questa solennità celebriamo. La Chiesa nasce missionaria perché nasce dal Padre, che ha mandato Cristo nel mondo; dal Figlio che, morto e risorto, ha inviato gli Apostoli a tutte le genti; dallo Spirito Santo, che infonde in essi la luce e la forza necessarie per attuare tale missione.

Anche in questa sua originaria dimensione missionaria, la Chiesa è icona della Santissima Trinità: essa riflette nella storia la sovrabbondante fecondità che è propria di Dio stesso, sussistente sorgente d'amore che genera vita e comunione. Con la sua presenza e la sua azione nel mondo, la Chiesa propaga tra gli uomini questo misterioso dinamismo, diffondendo il Regno di Dio, che "è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17).

3. Consapevole di questa vocazione della Chiesa è stato il Concilio Ecumenico Vaticano II, annunciato, indetto e aperto da Papa Giovanni XXIII.

Lo Spirito Santo può ben dirsi il protagonista del Concilio, fin da quando il Papa lo convocò, dichiarando di aver accolto come venuta dall'alto una voce intima risonata nel suo spirito (cfr Cost. Ap. Humanae salutis, 25 dic. 1961, 6). Quella "brezza leggera" diventò un "vento gagliardo" e l'evento conciliare prese la forma di una rinnovata Pentecoste. "E' infatti nella dottrina e nello spirito della Pentecoste - affermò Papa Giovanni - che il grande avvenimento del Concilio Ecumenico prende sostanza e vita" (Discorsi Messaggi Colloqui, cit., p. 398).

Se oggi, carissimi Fratelli e Sorelle, ricordiamo quella singolare stagione ecclesiale, è perché il Grande Giubileo dell'Anno Duemila si è posto in continuità con il Concilio Vaticano II, riprendendone numerosi aspetti sia di dottrina che di metodo. E il recente Concistoro straordinario ne ha riproposto l'attualità e la ricchezza per le nuove generazioni cristiane. Tutto questo è per noi un ulteriore motivo di riconoscenza nei confronti del Beato Papa Giovanni XXIII.

4. In particolare, nel contesto dell'odierna celebrazione, che associa alla Pentecoste un solenne atto di venerazione, vorrei sottolineare come il dono più prezioso lasciato da Papa Giovanni al Popolo di Dio sia stato lui stesso, cioè la sua testimonianza di santità.

Vale anche per lui quanto egli stesso affermò dei Santi, che cioè ognuno di essi "è un capolavoro di grazia dello Spirito Santo" (ibid., p. 400). E pensando ai martiri e ai pontefici sepolti a San Pietro, aggiungeva parole che è commovente riascoltare oggi: "Talora le reliquie dei loro corpi sono ridotte a poca cosa, ma sempre qui palpita il loro ricordo e la loro preghiera". Ed esclamava: "Oh! I Santi, i Santi del Signore, che dappertutto ci allietano, ci incoraggiano, ci benedicono" (ibid., p. 401).

Queste espressioni di Papa Giovanni, avvalorate dall'esempio luminoso della sua esistenza, pongono bene in luce l'importanza della scelta della santità come via privilegiata della Chiesa all'inizio del nuovo millennio (cfr Novo millennio ineunte, NM 30-31). La generosa volontà di collaborare con lo Spirito per la santificazione propria e dei fratelli è infatti condizione previa e indispensabile per la nuova evangelizzazione.

5. Se l'evangelizzazione richiede la santità, questa a sua volta ha bisogno della linfa della vita spirituale: della preghiera e dell'intima unione con Dio mediante la Parola e i Sacramenti. Ha bisogno, in una parola, della personale e profonda vita nello Spirito.

Come non ricordare, anche a questo proposito, la ricca eredità spirituale lasciataci dal Beato Giovanni XXIII nel suo "Giornale dell'anima"? In quelle pagine si può ammirare da vicino il quotidiano impegno con cui egli, fin dagli anni del Seminario, volle pienamente corrispondere all'azione dello Spirito Santo. Dallo Spirito si è lasciato plasmare giorno per giorno, cercando con paziente tenacia di conformarsi sempre più alla sua volontà. Sta qui il segreto della bontà con la quale egli ha conquistato il Popolo di Dio e tanti uomini di buona volontà.

6. Affidandoci alla sua intercessione, vogliamo oggi chiedere al Signore che la grazia del Grande Giubileo si irradii sul nuovo millennio, mediante la testimonianza di santità dei cristiani. Professiamo con fiducia che questo è possibile. E' possibile per l'azione dello Spirito Paraclito che, secondo la promessa di Cristo, rimane sempre con noi.

Animati da salda speranza, con le parole stesse del Beato Giovanni XXIII diciamo: "O Santo Spirito Paraclito... rendi forte e continua la preghiera che facciamo in nome del mondo intero: accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore: dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti gli uomini e tutti i popoli... Mortifica in noi la naturale presunzione, e sollevaci nelle regioni della santa umiltà, del vero timor di Dio, del generoso coraggio. Che nessun legame terreno ci impedisca di far onore alla nostra vocazione: nessun interesse, per ignavia nostra, mortifichi le esigenze della giustizia: nessun calcolo riduca gli spazi immensi della carità dentro le angustie dei piccoli egoismi. Tutto sia grande in noi: la ricerca e il culto della verità; la prontezza al sacrificio sino alla croce e alla morte; e tutto, infine, corrisponda all'estrema preghiera del Figlio al Padre celeste; e a quella effusione che di Te, o Santo Spirito di amore, il Padre e il Figlio vollero sulla Chiesa e sulle sue istituzioni, sulle singole anime e sui popoli. Amen" (Discorsi Messaggi Colloqui, cit., IV, p. 350).

Veni, Sancte Spiritus, veni!


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CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 5 BEATI



Santissima Trinità, 10 giugno 2001




1. "Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi" (Ant. d'inizio).

Sempre, ma specialmente nell'odierna festa della Santissima Trinità, l'intera Liturgia è orientata al mistero trinitario, sorgente di vita per ogni credente.

"Gloria al Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo": ogni volta che proclamiamo queste parole, sintesi della nostra fede, adoriamo l'unico e vero Dio in tre Persone. Contempliamo attoniti questo mistero che ci avvolge totalmente. Mistero di amore; mistero di ineffabile santità.

"Santo, Santo, Santo il Signore, Dio dell'universo" canteremo tra poco, entrando nel cuore della Preghiera eucaristica. Il Padre ha tutto creato con saggezza e amorevole provvidenza; il Figlio con la sua morte e risurrezione ci ha redenti; lo Spirito Santo ci santifica con la pienezza dei suoi doni di grazia e di misericordia.

Possiamo a giusto titolo definire l'odierna solennità una "festa della santità". In questo giorno, pertanto, trova la sua più opportuna cornice la cerimonia di canonizzazione di cinque Beati: Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès.

2. "Giustificati... per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 5,1).

Per l'apostolo Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, la santità è dono che il Padre ci comunica mediante Gesù Cristo. La fede in Lui è, infatti, principio di santificazione. Per la fede l'uomo entra nell'ordine della grazia; per la fede egli spera di prendere parte alla gloria di Dio. Questa speranza non è vana illusione, ma frutto sicuro di un cammino ascetico tra tante tribolazioni, affrontate con pazienza e virtù provata.

Fu questa l'esperienza di san Luigi Scrosoppi, durante una vita interamente spesa per amore di Cristo e dei fratelli, specialmente dei più deboli e indifesi.

"Carità! Carità!": quest'esclamazione sgorgò dal suo cuore nel momento di lasciare il mondo per il Cielo. La carità egli esercitò in modo esemplare, soprattutto nei confronti delle ragazze orfane e abbandonate, coinvolgendo un gruppo di maestre, con le quali diede inizio all'Istituto delle "Suore della Divina Provvidenza".

La carità fu il segreto del suo lungo e instancabile apostolato, nutrito di costante contatto con Cristo, contemplato e imitato nell'umiltà e nella povertà della sua nascita a Betlemme, nella semplicità della vita laboriosa a Nazaret, nella completa immolazione sul Calvario, nell'eloquente silenzio dell'Eucaristia. Per questo la Chiesa lo addita ai sacerdoti e ai fedeli quale modello di profonda ed efficace sintesi tra la comunione con Dio e il servizio dei fratelli. Modello, in altre parole, di un'esistenza vissuta in comunione intensa con la Santissima Trinità.

3. "Grande è il suo amore per noi". L'amore di Dio per gli uomini si è manifestato con particolare evidenza nella vita di sant'Agostino Roscelli, che oggi contempliamo nel fulgore della santità. La sua esistenza, tutta permeata di fede profonda, può essere considerata un dono offerto per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Fu la fede a renderlo sempre obbediente alla Chiesa e ai suoi insegnamenti, in docile adesione al Papa e al proprio Vescovo. Dalla fede seppe attingere conforto nelle ore tristi, nelle aspre difficoltà e negli avvenimenti dolorosi. Fu la fede la roccia solida alla quale seppe aggrapparsi per non cedere mai allo scoraggiamento.

Questa stessa fede sentì il dovere di comunicare agli altri, soprattutto a coloro che accostava nel ministero della confessione. Divenne maestro di vita spirituale specialmente per le Suore che egli fondò, le quali lo videro sereno pur in mezzo alle situazioni più critiche. Sant'Agostino Roscelli esorta anche noi a confidare sempre in Dio, immergendoci nel mistero del suo amore.

4. "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo". Alla luce del mistero della Trinità acquista singolare eloquenza la testimonianza evangelica di san Bernardo da Corleone, anch'egli elevato oggi agli onori degli altari. Di lui tutti si meravigliavano e si domandavano come un frate laico potesse discorrere così altamente del mistero della Santissima Trinità. In effetti, la sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo costante di ascesi, intessuta di preghiera e di penitenza. Coloro che lo hanno conosciuto attestano concordi che "egli sempre stava intento nell'orazione", "mai cessava di orare", "orava di continuo " (Summ., 35). Da questo colloquio ininterrotto con Dio, che trovava nell'Eucaristia il suo centro propulsore, traeva linfa vitale per il suo coraggioso apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo, non scevro di tensioni e di inquietudini.

Anche oggi il mondo ha bisogno di santi come Fra' Bernardo immersi in Dio e proprio per questo capaci di trasmetterne la verità e l'amore. L'umile esempio di questo Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio la preghiera e l'ascolto di Dio l'anima dell'autentica santità.

5. "Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera" (Anti. di Comunione). Teresa Eustochio Verzeri, che quest'oggi contempliamo nella gloria di Dio, nella sua breve ma intensa vita si lasciò condurre docilmente dallo Spirito Santo. A lei Dio si rivelò come misteriosa presenza davanti a cui ci si deve inchinare con profonda umiltà. Sua gioia era considerarsi sotto la costante protezione divina, sentendosi nelle mani del Padre celeste, nel quale imparò a confidare sempre.

Abbandonandosi all'azione dello Spirito, Teresa visse la particolare esperienza mistica "dell'assenza di Dio". Solo una fede incrollabile le impedì di non smarrire la confidenza in questo Padre provvidente e misericordioso, che la metteva alla prova: "E' giusto - ella scriveva - che la sposa, dopo aver seguito lo sposo in tutte le sue pene che ne accompagnarono la vita, abbia parte ancora con lui alla più terribile" (Libro dei doveri, III, 130).

E' questo l'insegnamento che santa Teresa lascia all'Istituto delle "Figlie del Sacro Cuore di Gesù", da lei fondato. Questo è l'insegnamento che lascia a tutti noi. Anche in mezzo alle contrarietà e alle sofferenze intime ed esteriori occorre mantenere viva la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

6. Canonizzando la beata Rafqa Choboq Ar-Rayes, la Chiesa illumina in modo particolare il mistero dell'amore donato e accolto per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Questa monaca dell'Ordine libanese maronita desiderava amare e dare la propria vita per i suoi fratelli. Nelle sofferenze che non hanno cessato di tormentarla negli ultimi ventinove anni della sua esistenza, santa Rafqa ha sempre manifestato un amore generoso e appassionato per la salvezza dei fratelli, traendo dalla sua unione con Cristo, morto sulla croce, la forza di accettare volontariamente e di amare la sofferenza, autentica via di santità.

Possa santa Rafqa vegliare su quanti conoscono la sofferenza, in particolare sui popoli del Medio Oriente che devono affrontare la spirale distruttrice e sterile della violenza! Per sua intercessione, chiediamo al Signore di aprire i cuori alla ricerca paziente di nuove vie per la pace, affrettando i giorni della riconciliazione e della concordia!

7. "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Ps 8,2 Ps 8,10). Contemplando questi fulgidi esempi di santità, ritorna spontanea nel cuore l'invocazione del Salmista. Il Signore non cessa di donare alla Chiesa e al mondo mirabili esempi di uomini e donne, nei quali si riflette la sua gloria trinitaria. La loro testimonianza ci spinga a guardare verso il Cielo e a cercare senza posa il Regno di Dio e la sua giustizia.

Maria, Regina di tutti i Santi, che per prima hai accolto la chiamata dell'Altissimo, sostienici nel servire Dio e i fratelli. E voi camminate con noi, santi Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, perché la nostra esistenza, come la vostra, sia lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen!


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SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA

NELLA SOLENNITÀ DEL SS.MO CORPO E SANGUE DI CRISTO


Giovedì 14 Giugno 2001

1. "Ecce panis Angelorum, / factus cibus viatorum: / vere panis filiorum - "Ecco il pane degli angeli, / pane dei pellegrini, / vero pane dei figli" (Sequenza).

Oggi la Chiesa mostra al mondo il Corpus Domini - il Corpo di Cristo. E invita ad adorarlo: Venite adoremus - Venite adoriamo!

Gli sguardi dei credenti si concentrano sul Sacramento, in cui Cristo ha lasciato tutto se stesso: Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Per questo è sempre stato ritenuto il più Santo: il "santissimo Sacramento", vivo memoriale del Sacrificio redentore.

Ritorniamo, nella solennità del Corpus Domini, a quel "Giovedì" che tutti chiamiamo "santo", in cui il Redentore celebrò la sua ultima Pasqua con i discepoli: fu l'Ultima Cena, compimento della cena pasquale ebraica e inaugurazione del rito eucaristico.

Per questo la Chiesa, da secoli, ha scelto un giovedì per la solennità del Corpus Domini, festa di adorazione, di contemplazione e di esaltazione. Festa in cui il Popolo di Dio si stringe intorno al tesoro più prezioso ereditato da Cristo, il Sacramento della sua stessa Presenza, e lo loda, lo canta, lo porta in processione per le vie delle città.

2. "Lauda, Sion, Salvatorem!" (Sequenza).

La nuova Sion, la Gerusalemme spirituale, in cui si radunano i figli di Dio da ogni popolo, lingua e cultura, loda il Salvatore con inni e cantici. Inesauribili, infatti, sono lo stupore e la riconoscenza per il dono ricevuto. Questo dono "supera ogni lode, non vi è canto che sia degno" (ibid.).

Ecco un mistero sublime e ineffabile. Mistero dinanzi al quale si resta attoniti e silenziosi, in atteggiamento di contemplazione profonda ed estasiata.

3. "Tantum ergo Sacramentum veneremur cernui - Un così grande Sacramento adoriamo prostrati".

Nella santa Eucaristia è realmente presente Cristo, morto e risorto per noi.

Nel Pane e nel Vino consacrati rimane con noi lo stesso Gesù dei Vangeli, che i discepoli hanno incontrato e seguito, che hanno visto crocifisso e risorto, le cui piaghe Tommaso ha toccato prostrandosi in adorazione ed esclamando: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28) (cfr ivi, 17-20).

Nel Sacramento dell'altare si offre alla nostra amorosa contemplazione tutta la profondità del mistero di Cristo, il Verbo e la carne, la gloria divina e la sua tenda tra gli uomini. Dinanzi ad esso non possiamo dubitare che Dio sia "con noi", che abbia assunto in Gesù Cristo tutte le dimensioni dell'umano, tranne il peccato, spogliandosi della sua gloria per rivestirne noi (cfr ivi, 21-23).

Nel suo Corpo e nel suo Sangue si manifesta il volto invisibile di Cristo, il Figlio di Dio, nella modalità più semplice e al tempo stesso più alta possibile in questo mondo. Agli uomini di ogni tempo, che perplessi chiedono: "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21), la Comunità ecclesiale risponde ripetendo il gesto che il Signore stesso compì per i discepoli di Emmaus: spezza il pane. Nello spezzare il pane si aprono allora gli occhi di chi lo cerca con cuore sincero. Nell'Eucaristia lo sguardo del cuore riconosce Gesù e il suo inconfondibile amore che si dona "sino alla fine" (Jn 13,1). E in Lui, in quel suo gesto, riconosce il Volto di Dio!

4. "Ecce panis Angelorum... vere panis filiorum - Ecco il pane degli Angeli... vero pane dei figli".

Di questo pane ci nutriamo per diventare testimoni autentici del Vangelo. Di questo pane abbiamo bisogno per crescere nell'amore, condizione indispensabile per riconoscere il volto di Cristo nel volto dei fratelli.

Dell'Eucaristia ha bisogno la nostra Comunità diocesana per proseguire nel cammino di rinnovamento missionario che ha intrapreso. Proprio nei giorni scorsi si è tenuto a Roma il convegno diocesano che ha analizzato "le prospettive di comunione, di formazione e di missionarietà nella Diocesi di Roma per i prossimi anni". Occorre continuare a camminare "ripartendo" da Cristo, cioè dall'Eucaristia. Camminiamo con generosità e coraggio ricercando la comunione all'interno della nostra Comunità ecclesiale e dedicandoci con amore al servizio umile e disinteressato verso tutti, specialmente i più bisognosi.

Su questo cammino Gesù ci precede con il dono di sé fino al sacrificio e ci offre se stesso come cibo e sostegno. Anzi, in ogni tempo, non cessa di ripetere ai Pastori del Popolo di Dio: "Date loro voi stessi da mangiare" (Lc 9,13); spezzate per tutti questo pane di vita eterna.

Compito impegnativo ed esaltante. Missione che dura sino al compimento dei secoli.

5. "Tutti mangiarono e si saziarono" (Lc 9,17). Attraverso le parole del Vangelo, che poc'anzi abbiamo ascoltato, giunge fino a noi l'eco di una festa che, da duemila anni, non ha fine. Festa del popolo in cammino nell'esodo del mondo, nutrito di Cristo vero Pane di salvezza.

Al termine della Santa Messa anche noi ci metteremo in cammino nel cuore di Roma, recando il Corpo di Cristo nascosto nei nostri cuori e ben visibile nell'ostensorio. Accompagneremo il Pane di vita immortale per le strade della Città. Lo adoreremo e attorno a Lui si stringerà la Chiesa, ostensorio vivente del Salvatore del mondo.

Che i cristiani di Roma, rinvigoriti dal suo Corpo e dal suo Sangue, mostrino Cristo a tutti con il loro modo di vivere: con la loro unità, con la loro fede gioiosa, con la loro bontà!

Che la nostra Comunità diocesana riparta coraggiosamente da Cristo, Pane di vita immortale!

E Tu, Gesù, Pane vivo che dà vita, pane dei pellegrini, "nutrici e difendici, / portaci ai beni eterni / nella terra dei viventi". Amen!


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SANTA MESSA IN RITO LATINO NELL'AEROPORTO DI CHAYKA

OMELIA DEL SANTO PADRE


Domenica, 24 giugno 2001



1. "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome" (Is 49,1).

Celebriamo quest'oggi la nascita di san Giovanni Battista. Le parole del profeta Isaia ben si addicono a questa grande figura biblica che sta tra l'Antico e il Nuovo Testamento. Nella lunga schiera dei profeti e dei giusti d'Israele Giovanni "il Battezzatore" è stato posto dalla Provvidenza immediatamente prima del Messia, per preparare dinanzi a Lui la via con la predicazione e con la testimonianza della vita.

Tra tutti i Santi e le Sante, Giovanni è l'unico di cui la Liturgia celebri la nascita. Abbiamo udito nella prima Lettura che il Signore ha chiamato il suo Servo "fino dal grembo materno". Questa affermazione si riferisce nella sua pienezza al Cristo, ma, quasi di riflesso, si può applicare anche al suo Precursore. Entrambi vengono alla luce grazie ad un intervento speciale di Dio: il primo nasce dalla Vergine, il secondo da una donna anziana e sterile. Fin dal grembo materno Giovanni preannuncia Colui che rivelerà al mondo l'iniziativa d'amore di Dio.

2. "Dal grembo di mia madre tu mi hai chiamato" (Salmo resp.). Possiamo fare nostra, oggi, quest'esclamazione del Salmista. Dio ci ha conosciuti ed amati prima ancora che i nostri occhi potessero contemplare le meraviglie del creato. Ogni uomo nascendo riceve un nome umano. Ma prima ancora, egli possiede un nome divino: il nome con il quale Dio Padre lo conosce e lo ama da sempre e per sempre. Così è per tutti, nessuno escluso. Nessun uomo è anonimo per Dio! Tutti hanno uguale valore ai suoi occhi: tutti diversi, ma tutti uguali, tutti chiamati ad essere figli nel Figlio.

"Giovanni è il suo nome" (Lc 1,63). Zaccaria conferma ai parenti stupiti il nome del figlio, scrivendolo su una tavoletta. Dio stesso, mediante il suo angelo, aveva indicato quel nome, che in ebraico significa "Dio è favorevole". Dio è favorevole all'uomo: vuole la sua vita, la sua salvezza. Dio è favorevole al suo popolo: ne vuol fare una benedizione per tutte le nazioni della terra. Dio è favorevole all'umanità: ne guida il cammino verso la terra dove regnano pace e giustizia. Tutto questo è inscritto in quel nome: Giovanni!

Carissimi Fratelli e Sorelle! Giovanni Battista era il messaggero, il precursore: era stato inviato per preparare la via a Cristo. Che cosa ci dice la figura di san Giovanni Battista proprio qui, a Kyiv, all'inizio di questo pellegrinaggio nella vostra Terra? Non è, in un certo senso, provvidenziale il fatto che questa figura si rivolga a noi proprio a Kyiv?

3. Qui ebbe luogo il Battesimo della Rus'. Da Kyiv cominciò quella fioritura di vita cristiana che il Vangelo avrebbe suscitato dapprima nella terra dell'antica Rus', poi nei territori dell'Europa dell'Est e, in seguito, oltre gli Urali, nel territori asiatici. Anche Kyiv, dunque, ha svolto in un certo senso il ruolo di "precursore del Signore" tra i numerosi popoli a cui l'annuncio della salvezza sarebbe giunto partendo da qui.

San Vladimiro e gli abitanti della Rus' ricevettero il battesimo da missionari provenienti da Costantinopoli, il più grande centro del cristianesimo d'Oriente, e così la giovane Chiesa entrò nell'ambito della ricchissima eredità di fede e di cultura della Chiesa bizantina. Era la fine del primo millennio. Pur vivendo secondo due tradizioni diverse, la Chiesa di Costantinopoli e quella di Roma rimanevano ancora in piena comunione. Ho scritto nella Lettera Apostolica Euntes in mundum: "Dobbiamo ringraziare insieme il Signore per questo fatto, che rappresenta oggi un auspicio ed una speranza. Dio ha voluto che la madre Chiesa, visibilmente unita, accogliesse nel suo grembo, già ricco di Nazioni e di popoli, ed in un momento di espansione missionaria sia in Occidente sia in Oriente, questa sua nuova figlia sulle rive del Dniepr" (n. 4).

Se dunque oggi, celebrando l'Eucaristia secondo la tradizione romana, ricordiamo quel momento così profondamente connesso alla tradizione bizantina, lo facciamo con gratitudine. Lo facciamo anche con il desiderio che il ricordo dell'unico fonte battesimale favorisca il ricupero di quella situazione di comunione in cui la diversità delle tradizioni non impediva l'unità della fede e della vita ecclesiale.

4. Con il Battesimo avvenuto qui, a Kyiv, ebbe inizio la millenaria storia del cristianesimo nei territori dell'odierna Ucraina e dell'intera regione. Oggi, avendo la grazia di sostare in questo luogo storico, il mio sguardo è portato a spaziare sugli oltre dieci secoli durante i quali la grazia di quel primo Battesimo ha continuato a riversarsi sulle successive generazioni dei figli di questa Nazione. Quale fioritura di vita spirituale, liturgica ed ecclesiale si è sviluppata dall'incontro delle diverse culture e tradizioni religiose! Questa splendida eredità è ora affidata a voi, cari Fratelli e Sorelle. In questi giorni, che mi vedono peregrino nella vostra Terra, io prego Dio insieme con voi, perché la vostra generazione, all'inizio di un nuovo millennio, sia all'altezza delle grandi tradizioni del passato.

Da questa Città, culla delle fede cristiana per l'Ucraina e per l'intera regione, volgo lo sguardo e abbraccio con affetto cordiale gli uomini che dimorano in queste terre. Saluto, in modo speciale, i Signori Cardinali Marian Jaworski e Lubomyr Husar, il caro Vescovo di Kyiv-Zhytomyr, Mons. Jan Purwi½ski, i venerati Fratelli della Conferenza Episcopale Ucraina e del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-cattolica Ucraina, il clero, i religiosi, le religiose ed i fedeli delle vostre gloriose e martoriate Chiese, che con tanto coraggio hanno saputo tenere accesa la fiaccola della fede anche nei tempi bui della persecuzione.

Saluto cordialmente il Signor Presidente della Repubblica Leonid Kucma e lo ringrazio per la sua presenza.

5. Popolo di Dio che credi, speri ed ami in Terra ucraina, riassapora con gioia il dono del Vangelo, che hai ricevuto oltre mille anni or sono! Guarda in questo giorno a Giovanni il Battista, modello perenne di fedeltà a Dio e alla sua Legge. Egli ha preparato a Cristo la via con la testimonianza della parola e della vita. Imitalo con docile e fiduciosa generosità.

San Giovanni Battista è anzitutto modello di fede. Sulla scia del grande profeta Elia, per ascoltare meglio la Parola dell'unico Signore della sua vita, egli lascia tutto e si ritira nel deserto, da dove farà risuonare l'invito a preparare le vie del Signore (cfr Mt 3,3 e par.).

E' modello di umiltà, perché a quanti vedono in lui, non solo un Profeta, ma addirittura il Messia, risponde: "Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali" (Ac 13,25).

E' modello di coerenza e di coraggio nel difendere la verità, per la quale è pronto a pagare di persona fino al carcere e alla morte.

Terra d'Ucraina, intrisa del sangue dei martiri, grazie per l'esempio di fedeltà al Vangelo che hai offerto ai cristiani di ogni parte del mondo! Tanti tuoi figli e figlie hanno camminato in piena fedeltà a Cristo; molti di loro hanno spinto la loro coerenza fino al sacrificio supremo. La loro testimonianza sia per i cristiani del terzo millennio di esempio e di sprone.

6. Alla scuola di Cristo, sulle le orme di san Giovanni Battista, dei Santi e dei Martiri di questa Terra, abbiate anche voi, carissimi Fratelli e Sorelle, il coraggio di mettere sempre al primo posto i valori spirituali.

Cari Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, che avete fedelmente accompagnato questo popolo a prezzo di sacrifici personali di ogni genere e lo avete sostenuto nei tempi bui del terrore comunista, vi ringrazio e vi esorto: continuate ad essere zelanti testimoni di Cristo e buoni pastori del suo gregge nell'amata Ucraina.

Voi, cari giovani, siate forti e liberi! Non lasciatevi incantare da ingannevoli miraggi di felicità a buon mercato. Seguite la via di Cristo: Egli è esigente, certo, ma può farvi gustare il senso pieno della vita e la pace del cuore.

Voi, cari genitori, preparate la via del Signore davanti ai vostri figli. Educateli con amore e date loro un valido esempio di coerenza con i principi che insegnate. E voi che avete responsabilità educative e sociali sentitevi impegnati a promuovere sempre lo sviluppo integrale della persona umana, coltivando nei giovani un profondo senso di giustizia e di solidarietà con i più deboli.

Siate, tutti e ciascuno, "luce delle nazioni" (Is 49,6)!

7. "Luce dell'Ucraina" sii tu, città di Kyiv. Da Te sono partiti gli evangelizzatori che, nel corso dei secoli, sono stati i "Giovanni Battista" dei popoli che abitavano queste terre. Quanti tra loro hanno sofferto, come Giovanni, per rendere testimonianza alla verità e sono diventati con il loro sangue seme di nuovi cristiani. Non manchino nelle nuove generazioni uomini e donne della tempra di questi gloriosi antenati!

Vergine Santissima, Protettrice dell'Ucraina, Tu da sempre hai guidato il cammino del popolo cristiano. Continua a vegliare sui tuoi figli. Aiutali a non dimenticare mai il "nome", l'identità spirituale che hanno ricevuto nel Battesimo. Aiutali a gioire sempre della grazia inestimabile di essere discepoli di Cristo (cfr Jn 3,29). Sii Tu la guida di ciascuno. Tu, Madre di Dio e Madre nostra, Maria!



GPII Omelie 1996-2005 296