GPII Omelie 1996-2005 333

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANT’ENRICO



I Domenica di Quaresima

17 febbraio 2002




1. «Perdonaci, Signore: abbiamo peccato». L'invocazione del Salmo responsoriale, poc'anzi risuonata nella nostra assemblea, esprime in maniera significativa il sentimento che ci anima in questa prima domenica di Quaresima. Siamo all'inizio di un singolare itinerario di penitenza e di conversione. Ci rendiamo conto che si tratta di un'occasione favorevole per riconoscere il peccato, che offusca il nostro rapporto con Dio e con i fratelli. "Riconosco la mia colpa - proclama il Salmista -, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. / Contro di te, contro te solo ho peccato, / quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto" (Ps 50,5-6).

Che cosa sia il peccato e quali conseguenze produca nella vita dell'uomo è bene indicato anche dalla pagina del Libro della Genesi, che abbiamo ascoltata (cfr Gn 3,1-7). I nostri progenitori cedettero alle lusinghe del tentatore, interrompendo bruscamente il dialogo di fiducia e di amore che avevano con Dio. Il male, la sofferenza e la morte entrano così nel mondo, ed occorrerà attendere il Salvatore promesso per ristabilire, in modo anche più mirabile, l'originario piano del Creatore (cfr ivi Gn 3,8-24).

2. All'insidiosa azione del Maligno non sfugge il Messia, come narra san Matteo nell'odierna pagina evangelica: «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo» (Mt 4,1). Nel deserto Egli è sottoposto a una triplice tentazione di satana, a cui però resiste con decisione. Gesù ribadisce con fermezza che non è lecito mettere Dio alla prova; non è permesso rendere culto a un altro dio; non si può decidere da se stessi il proprio destino. Il riferimento ultimo di ogni credente è la Parola che esce dalla bocca del Signore.

In queste poche righe sta delineato il programma del nostro cammino quaresimale. Siamo chiamati anche noi ad attraversare il deserto della quotidianità, affrontando la ricorrente tentazione di allontanarci da Dio. Siamo invitati a imitare l'atteggiamento del Signore, che si volge deciso verso l'ubbidienza alla Parola del Padre celeste e, in tal modo, ristabilisce la gerarchia dei valori secondo l'originario progetto divino.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di sant'Enrico! La vostra è la trecentunesima parrocchia che ho la gioia di visitare, proseguendo il mio pellegrinaggio pastorale attraverso la nostra Diocesi. Come già ho avuto modo di sottolineare, questi graditi incontri domenicali mi offrono una singolare opportunità di "esercitare in maniera molto concreta la mia missione di Vescovo di Roma, Successore dell'Apostolo Pietro" (Lettera al Cardinale Camillo Ruini, in L'Osservatore Romano, 16 dicembre 2001, p. 4).

Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro attivo Parroco, Don Romano Esposito, ed i Vicari parrocchiali. Con un grato pensiero a quanti mi hanno rivolto il benvenuto all'inizio di questa celebrazione, saluto poi i membri del Consiglio pastorale, di quello per gli Affari Economici e dei vari gruppi parrocchiali. Saluto con affetto ciascuno di voi qui presenti, ed estendo il mio pensiero ai membri tutti di questa giovane e promettente comunità cristiana, come pure agli abitanti della zona.

4. La vostra è una comunità giovane, nata nel 1998 dalla «Parrocchia madre» di sant'Alessandro. E' costituita in gran parte da famiglie di recente formazione, che si sono insediate nel quartiere durante l'ultimo decennio. Soltanto dal giugno 1999 è provvista di un vero e proprio tempio parrocchiale. Tanti bambini e ragazzi la popolano, la rallegrano e la rendono vivace.

Penso a coloro che partecipano ai gruppi della Gioventù Ardente Mariana, a chi percorre l'itinerario verso la riscoperta del Battesimo, al gruppo Caritas e al Centro di ascolto per anziani ed extracomunitari, alla «Comunità d'amore», che desidera aiutare i giovani sposi e i fidanzati a vivere il sacramento cristiano del Matrimonio. Penso a quanti - lettori, ministranti e componenti del coro - contribuiscono a rendere vive e partecipate le celebrazioni liturgiche.

So, inoltre, che state lavorando per sostenere le famiglie e vi preoccupate dell'educazione dei ragazzi, in primo luogo di quelli che si apprestano a ricevere i Sacramenti dell'iniziazione cristiana, come pure di quelli che frequentano l'Oratorio. Convocare i genitori mentre si propone la catechesi ai loro figli è, indubbiamente, un'ottima via per aiutare le famiglie a vivere insieme gli appuntamenti sacramentali.

Con uguale generosità so che vi preparate a collaborare alle varie iniziative che la Diocesi di Roma ha in programma: il Convegno ecclesiale sul tema delle vocazioni, che si terrà in giugno, come gli altri incontri previsti, a partire da quello con i giovani in Piazza San Pietro, il 21 marzo prossimo. Proseguite su questo cammino e Dio renderà fruttuosi i vostri sforzi per il bene di tutti.

5. "Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituti giusti" (Rm 5,19). Questa consolante parola dell'apostolo Paolo ai Romani ci conforta nel nostro cammino spirituale. Sul mondo, dominato spesso dal male e dal peccato, risplende vittoriosa la luce di Cristo. Egli con la sua passione e risurrezione ha sconfitto il peccato e la morte, aprendo ai credenti le porte dell'eterna salvezza. Ecco l'incoraggiante messaggio che raccogliamo dall'odierna liturgia.

Per partecipare appieno alla vittoria di Cristo, occorre però impegnarsi a cambiare, alla luce della parola di Dio, il proprio modo di pensare e di agire.

«Crea in me, o Dio, un cuore nuovo, rinnova in me uno spirito saldo» (Ps 50,12). Facciamo nostra quest'invocazione del Salmista. E' una preghiera quanto mai opportuna nel tempo di Quaresima.

Crea, Signore, in noi un cuore nuovo! Rinnovaci nel tuo amore! Ottienici Tu, Vergine Maria, un cuore nuovo e uno spirito saldo. Giungeremo così a celebrare la Pasqua, rinnovati e riconciliati con Dio e con i fratelli
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CELEBRAZIONE EUCARISTICA SVOLTASI PRESSO

LA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GELASIO I, PAPA

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

PRONUNCIATA DAL CARD. CAMILLO RUINI


III Domenica di Quaresima

3 marzo 2002




1. "Signore... dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete" (Jn 4,15 cfr Canto al Vangelo ).

La richiesta della Samaritana imprime una svolta decisiva al lungo e intenso dialogo con Gesù, che si svolge presso il pozzo di Giacobbe, vicino alla città di Sicar. Ce lo racconta san Giovanni nell'odierna pagina evangelica.

Cristo chiede alla donna: "Dammi da bere" (v. 7). La sua sete materiale è segno di una realtà ben più profonda: esprime l'ardente desiderio che l'interlocutrice e i suoi concittadini si aprano alla fede.

La donna di Samaria, per parte sua, quando domanda a Lui dell'acqua, manifesta in fondo il bisogno di salvezza presente nel cuore di ogni persona. E il Signore si rivela come colui che offre l'acqua viva dello Spirito, che sazia per sempre la sete d'infinito d'ogni essere umano.

La liturgia di questa terza domenica di quaresima ci propone uno splendido commento all'episodio giovanneo, quando nel Prefazio si dice che Gesù "ebbe sete così ardente" della salvezza della Samaritana da "accendere in lei la fiamma dell'amore di Dio".

2. L'episodio della Samaritana delinea l'itinerario di fede che tutti siamo chiamati a percorrere. Gesù continua ancora oggi ad "avere sete", cioè a desiderare la fede e l'amore dell'umanità. Dall'incontro personale con lui, riconosciuto e accolto come Messia, nasce l'adesione al suo messaggio di salvezza e il desiderio di diffonderlo nel mondo.

È quanto avviene nel seguito del racconto giovanneo. Il legame con Gesù trasforma completamente la vita della donna, che corre senza indugio a comunicare la buona notizia alla gente del villaggio vicino: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?" (Jn 4,29). La rivelazione accolta con fede chiede di divenire parola proclamata agli altri e testimoniata mediante scelte concrete di vita. È questa la missione dei credenti, che scaturisce e si sviluppa a partire dall'incontro personale con il Signore.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di san Gelasio! Grazie per la calorosa accoglienza e per le gentili parole che i vostri rappresentanti hanno voluto rivolgermi all'inizio della Celebrazione Eucaristica. Saluto cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare di settore, il vostro caro Parroco, Don Albino Marin, il Viceparroco e tutti voi, appartenenti alla Comunità parrocchiale, che quest'anno celebra il trentesimo anniversario di fondazione. Estendo il mio affettuoso pensiero a coloro che vivono in questa popolosa zona di Rebibbia.

Mi congratulo con voi per quanto state facendo, in particolare nel campo della catechesi, della liturgia e della carità. Sono questi, infatti, i pilastri insostituibili della vita cristiana, che vanno sviluppati usufruendo anche del sostegno e dei servizi di coordinamento e di animazione offerti dagli Uffici pastorali del Vicariato. Ogni comunità parrocchiale, infatti, cresce ancor più unita ed attiva quando cammina in comunione affettiva ed effettiva con i legittimi Pastori e l'intera famiglia diocesana.

Speciale attenzione riservate alle famiglie, perché possano pienamente realizzare la propria vocazione. Anche quando dovessero incontrare difficoltà nella vita coniugale o nel rapporto tra genitori e figli, non cessino mai di richiamarsi a quel fondamentale "sì", che dai coniugi è stato pronunciato nel giorno del matrimonio. Iddio non fa mai mancare il sostegno della sua grazia a quanti confidano in Lui.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, proseguite, poi, nel condurre con dedizione quella particolare opera apostolica, tanto necessaria per la vita della Chiesa, che è la Missione permanente. Si tratta di una preziosa eredità scaturita dalla Missione cittadina e dal Grande Giubileo dell'Anno Duemila.

Facendovi carico dei problemi degli abitanti del quartiere, voi avete la possibilità di offrire loro la concreta testimonianza dell'amore infinito di Dio. Oltre alle visite alle famiglie e allo sforzo di intessere rapporti di amicizia con la gente, sia vostra cura intensificare quelle proficue esperienze di formazione avviate a favore dei bambini e dei giovani, come il Coro dei fanciulli e l'Oratorio. Se infondete fiducia ai ragazzi e alle ragazze, essi saranno generosi apostoli dei loro coetanei e attivi operatori nelle molteplici opere parrocchiali.

Cari giovani, a voi do appuntamento all'incontro che, insieme con i vostri amici delle altre Parrocchie di Roma, vivremo in Piazza San Pietro il 21 marzo, in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Toronto nel prossimo mese di luglio. C'è poi il Convegno ecclesiale diocesano di giugno sul tema delle vocazioni. Anche a questo appuntamento si prepara la vostra Comunità parrocchiale con la riflessione comunitaria, e soprattutto con la preghiera. Possa Iddio far nascere anche tra voi numerose e sante vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie, essenziali per la vita e il futuro della Chiesa.

5. "La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).

Al dono dello Spirito, simboleggiato dall'acqua viva promessa da Gesù alla Samaritana, fanno riferimento anche le parole dell'apostolo Paolo, proclamate nella seconda lettura. Lo Spirito è la "caparra" della salvezza definitiva promessaci da Dio. L'uomo non può vivere senza speranza. Non poche speranze, tuttavia, naufragano contro gli scogli della vita. La speranza del cristiano, però, "non delude", perché poggia sul solido fondamento della fede nell'amore di Dio, rivelato in Cristo.

A Maria, Madre della Speranza, affido la vostra Parrocchia e il cammino quaresimale verso la Pasqua. Maria, che ha seguito suo Figlio Gesù fino alla Croce, ci aiuti tutti ad essere discepoli fedeli di Colui che fa zampillare nel nostro cuore acqua per la vita eterna (cfr Jn 4,14).



CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME


E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


24 marzo 2002

XVII Giornata Mondiale della Gioventù

"Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14)




1. "Pueri Hebraeorum, portantes ramos olivarum...
I giovani ebrei, portando rami d'ulivo, / andarono incontro al Signore".

Così canta l'antifona liturgica, che accompagna la solenne processione con i rami d'ulivo e di palma in questa Domenica, detta appunto delle Palme e della Passione del Signore. Abbiamo rivissuto quel che avvenne quel giorno: in mezzo alla folla esultante intorno a Gesù, che in groppa ad un'asina entrava in Gerusalemme, moltissimi erano i ragazzi. Alcuni farisei avrebbero voluto che Gesù li facesse tacere, ma Egli rispose che, se essi avessero taciuto, avrebbero gridato le pietre (cfr Lc 19,39-40).

Anche oggi, grazie a Dio, i giovani sono in gran numero qui in Piazza San Pietro. I "giovani ebrei" sono diventati ragazzi e ragazze di ogni nazione, lingua e cultura. Benvenuti, carissimi! A ciascuno di voi il mio più cordiale saluto. L'odierno appuntamento ci proietta verso la prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Toronto, città canadese tra le più cosmopolite del mondo. Là si trova già la Croce dei Giovani che un anno fa, in occasione della Domenica delle Palme, i giovani italiani consegnarono ai loro coetanei canadesi.

2. La Croce è al centro dell'odierna liturgia. Voi, cari giovani, con la vostra attenta ed entusiastica partecipazione a questa solenne celebrazione, mostrate che non vi vergognate della Croce. Voi non temete la Croce di Cristo. Anzi, l'amate e la venerate, perché è il segno del Redentore morto e risorto per noi. Chi crede in Gesù crocifisso e risuscitato porta la Croce in trionfo, come prova indubitabile che Dio è amore. Con il dono totale di sé, con la Croce appunto, il nostro Salvatore ha vinto definitivamente il peccato e la morte. Per questo acclamiamo festanti: "Gloria e lode a Te, o Cristo, che con la tua Croce hai redento il mondo!".

3. "Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, / e alla morte di croce. / Per questo Dio l'ha esaltato / e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome" (Acclamaz. al Vangelo). Con queste parole dell'apostolo Paolo, già risuonate nella seconda lettura, abbiamo poc'anzi elevato la nostra acclamazione prima dell'inizio del racconto della Passione. Esse esprimono la nostra fede: la fede della Chiesa.

La fede in Cristo non è però mai scontata. La lettura della sua Passione ci pone di fronte a Cristo, vivente nella Chiesa. Il mistero pasquale, che nei giorni della Settimana Santa rivivremo, è sempre attuale. Noi siamo oggi i contemporanei del Signore e, come la gente di Gerusalemme, come i discepoli e le donne, siamo chiamati a decidere se stare con Lui o fuggire o rimanere semplici spettatori della sua morte.

Si riapre ogni anno, nella Settimana Santa, la grande scena in cui si decide il dramma definitivo non soltanto per una generazione, ma per l'intera umanità ed ogni singola persona.

4. Il racconto della Passione mette in luce la fedeltà di Cristo, in contrasto con l'umana infedeltà. Nell'ora della prova, mentre tutti, anche i discepoli e persino Pietro, abbandonano Gesù (cfr Mt 26,56), Egli rimane fedele, pronto a versare il sangue per portare a compimento la missione affidatagli dal Padre. Accanto gli resta Maria, silenziosa e sofferente.

Cari giovani! Imparate da Gesù e dalla sua e nostra Madre. La vera forza dell'uomo si vede nella fedeltà con cui egli è capace di rendere testimonianza alla verità, resistendo a blandizie e minacce, ad incomprensioni e ricatti, e persino alla persecuzione dura e spietata. Ecco la strada nella quale ci chiama a seguirlo il nostro Redentore.

Solo se sarete disposti a fare questo, diventerete ciò che Gesù si attende da voi, e cioè "sale della terra" e "luce del mondo" (Mt 5,13-14). E' proprio questo, come sapete, il tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. L'immagine del sale "ci ricorda che, mediante il battesimo, tutto il nostro essere è stato profondamente trasformato, perché «condito» con la vita nuova che viene da Cristo (cfr Rm 6,4)" (Messaggio per la XVII Giornata Mondiale della Gioventù, 2).

Cari giovani, non perdete il vostro sapore di cristiani, il sapore del Vangelo! Mantenetelo vivo, meditando costantemente il mistero pasquale: la Croce sia la vostra scuola di sapienza. Di nient'altro vantatevi, se non di questa sublime cattedra di verità e di amore.

5. La liturgia ci invita a salire verso Gerusalemme con Gesù acclamato dai giovani ebrei. Tra poco Egli "dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno" (Lc 24,46). San Paolo ci ha ricordato che Gesù "spogliò se stesso assumendo la condizione di servo" (Ph 2,7) per ottenere a noi la grazia della filiazione divina. E' da qui che scaturisce la vera sorgente della pace e della gioia per ciascuno di noi! Sta qui il segreto della gioia pasquale, che nasce dal travaglio della Passione.

A questa gioia auguro che prenda parte ognuno di voi, cari giovani amici. Colui che avete scelto come Maestro non è un mercante d'illusioni, non è un potente di questo mondo, né un astuto e abile ragionatore. Voi sapete chi avete scelto di seguire: è il Crocifisso risorto! Cristo morto per voi, Cristo risorto per voi.

E io vi assicuro che non rimarrete delusi. Nessun'altro, al di fuori di Lui, vi può infatti dare quell'amore, quella pace e quella vita eterna a cui anela profondamente il vostro cuore. Beati voi, giovani, se sarete fedeli discepoli di Cristo! Beati voi se, in ogni circostanza, sarete disposti a testimoniare che veramente quest'uomo è Figlio di Dio! (cfr Mt 27,39).

Vi guidi ed accompagni Maria, Madre del Verbo incarnato, pronta ad intercedere per ogni uomo che viene sulla faccia della terra.
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SANTA MESSA DEL CRISMA NELLA BASILICA VATICANA

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì Santo, 28 marzo 2002




1. "Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione" (Is 61,1).

Le parole del profeta Isaia rappresentano il motivo dominante della Missa Chrismatis, che in questa mattina del Giovedì Santo vede riunito, in ogni Diocesi, l'intero presbiterio intorno al proprio Pastore. Nel corso di questo solenne rito, che si svolge prima dell'inizio del Triduo pasquale, vengono benedetti gli Olii, che recheranno il balsamo della grazia divina al popolo cristiano.

"Il Signore mi ha consacrato con l'unzione". Queste parole richiamano innanzitutto la missione messianica di Gesù, consacrato per virtù dello Spirito Santo e divenuto il sommo ed eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, stabilita nel suo sangue. Tutte le prefigurazioni del sacerdozio dell'Antico Testamento trovano il compimento in Lui, unico e definitivo mediatore tra Dio e gli uomini.

2. "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21). Così Gesù commenta, nella Sinagoga di Nazareth, l'annuncio profetico di Isaia. Afferma di essere Lui l'Unto del Signore, Colui che il Padre ha mandato per recare agli uomini la liberazione dai peccati e portare il lieto annunzio ai poveri ed agli afflitti. E' Lui che è venuto per proclamare il tempo della grazia e della misericordia. L'Apostolo, nella Lettera ai Colossesi, osserva che Cristo, "generato prima di ogni creatura", è "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (1,15.18). Accogliendo la chiamata del Padre ad assumere la condizione umana, porta con sé il soffio della vita nuova e dona la salvezza a tutti coloro che credono in Lui.

3. "Gli occhi di tutti... stavano fissi sopra di Lui" (Lc 4,20).

Anche noi, come i presenti nella Sinagoga di Nazareth, manteniamo lo sguardo fisso sul Redentore, che "ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Ap 1,6). Se ogni battezzato partecipa del suo sacerdozio regale e profetico "per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio" (1P 2,5), i presbiteri sono chiamati a condividere la sua oblazione in modo speciale. Sono chiamati a viverla nel servizio al sacerdozio comune dei fedeli. L'Ordine è, pertanto, il sacramento grazie al quale la missione affidata dal Maestro ai suoi apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa fino alla fine dei tempi: è, dunque, il sacramento del ministero apostolico, che comporta i gradi dell'episcopato, del presbiterato e del diaconato.

Carissimi Fratelli, quest'oggi noi prendiamo particolare consapevolezza di questo peculiare ministero che ci è stato conferito. Il divin Maestro ci ha affidato, nell'Eucaristia, la celebrazione del proprio Sacrificio, chiamandoci con ciò alla sua speciale sequela. Per questo, nel corso dell'odierna celebrazione, Gli ribadiamo insieme fedeltà e amore, e, confidando nella potenza della sua grazia, rinnoviamo le promesse fatte nel giorno della nostra Ordinazione.

4. Quanto grande è per noi questo giorno! Il Giovedì Santo Gesù ha fatto di noi i ministri della sua presenza sacramentale tra gli uomini. Ha posto nelle nostre mani il suo perdono e la sua misericordia e ci ha fatto dono del suo Sacerdozio per sempre.

Tu es sacerdos in eternum! Echeggia nel nostro animo questa chiamata, che ci fa avvertire come la nostra vita sia legata indissolubilmente alla sua. Per sempre!

Mentre rendiamo grazie per questo dono misterioso, non possiamo non confessare le nostre infedeltà. Nella Lettera che, come ogni anno, ho voluto inviare ai sacerdoti per questa speciale occasione, ho ricordato che "noi tutti - coscienti dell'umana debolezza, ma fidando nella potenza sanatrice della grazia divina - siamo chiamati al abbracciare il "Mysterium Crucis" e ad impegnarci ulteriormente nella ricerca della santità" (n. 11). Non dimentichiamo, carissimi Fratelli, il valore e l'importanza del sacramento della Penitenza nella nostra esistenza. Esso è intimamente legato all'Eucaristia e fa di noi i dispensatori della misericordia divina. Se a questa sorgente di perdono e di riconciliazione facciamo ricorso, potremo essere autentici ministri di Cristo ed irradiare attorno a noi la sua pace e il suo amore.

5. "Canterò per sempre l'amore del Signore!" (Liturgia della Messa del Crisma).

Raccolti attorno all'altare, sulla tomba dell'apostolo Pietro, mentre rendiamo grazie per il dono del nostro sacerdozio ministeriale, preghiamo per quanti sono stati strumenti preziosi della divina chiamata nei nostri confronti.

Penso anzitutto ai nostri genitori che, donandoci la vita e chiedendo per noi la grazia del Battesimo, ci hanno inserito nel Popolo della salvezza e, con la loro fede, ci hanno educato ad essere attenti e disponibili alla voce del Signore. Accanto a loro ricordiamo quanti, con la testimonianza ed il sapiente consiglio, ci hanno guidato nel discernimento della nostra vocazione. E che dire, poi, dei tanti fedeli laici che ci hanno accompagnato verso il Sacerdozio e che continuano a starci vicini nel ministero pastorale? A tutti renda merito il Signore.

Preghiamo per tutti i presbiteri; in modo singolare per quanti operano tra tante difficoltà o soffrono persecuzioni, con un pensiero speciale per coloro che hanno pagato con il sangue la loro fedeltà a Cristo.

Preghiamo per quei nostri confratelli che sono venuti meno agli impegni assunti con l'ordinazione sacerdotale o che attraversano un periodo di difficoltà e di crisi. Scegliendoci per una missione così sublime, Cristo non ci fa mai mancare la grazia e la gioia di seguirlo, sul Tabor come sulla via della Croce.

Ci accompagni e sostenga Maria, la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, che ha chiamato i suoi Apostoli non «servi», ma «amici». A Gesù, nostro Maestro e Fratello, gloria e potenza nei secoli dei secoli (cfr Ap 1,6). Amen
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SANTA MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì Santo, 28 marzo 2002

1. "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Jn 13,1)

Queste parole, riportate nel brano evangelico appena proclamato, ben sottolineano il clima del Giovedì Santo. Esse ci fanno intuire i sentimenti provati da Cristo "nella notte in cui veniva tradito" (1Co 11,22), e ci stimolano a partecipare con intensa e intima gratitudine al solenne rito che stiamo compiendo.

Questa sera entriamo nella Pasqua di Cristo, che costituisce il momento drammatico e conclusivo, lungamente preparato ed atteso, dell'esistenza terrena del Verbo di Dio. Gesù è venuto tra di noi non per essere servito, ma per servire, ed ha assunto su di sé i drammi e le speranze degli uomini di tutti i tempi. Anticipando misticamente il sacrificio della Croce, nel Cenacolo ha voluto restare con noi sotto le specie del pane e del vino ed ha affidato agli Apostoli e ai loro successori la missione e il potere di perpetuarne la memoria viva ed efficace nel rito eucaristico.

Questa celebrazione, pertanto, ci coinvolge misticamente tutti e ci immette nel Triduo Sacro, durante il quale anche noi impareremo dall'unico "Maestro e Signore" a "tendere le mani" per andare là dove ci chiama il compimento della volontà del Padre celeste.

2. "Fate questo in memoria di me" (1Co 11,24-25). Con questo comando, che ci impegna a ripetere il suo gesto, Gesù conclude l'istituzione del Sacramento dell'Altare. Anche al termine della lavanda dei piedi Egli ci invita ad imitarlo: "Vi ho dato l'esempio perché come ho fatto io facciate anche voi" (Jn 13,15). Stabilisce in tal modo un'intima correlazione tra l'Eucaristia, sacramento del suo dono sacrificale, e il comandamento dell'amore, che ci impegna ad accogliere e servire i fratelli.

Non si può disgiungere la partecipazione alla mensa del Signore dal dovere di amare il prossimo. Ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia, anche noi pronunciamo il nostro “Amen” davanti al Corpo e al Sangue del Signore. Ci impegniamo in tal modo a far ciò che Cristo ha fatto, "lavare i piedi" dei fratelli, trasformandoci in immagine concreta e trasparente di Colui che "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,7).

E' l'amore l'eredità più preziosa che Egli lascia a quanti chiama alla sua sequela. E' il suo amore, condiviso dai suoi discepoli, che questa sera viene offerto all'intera umanità.

3. "Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1Co 11,29). Grande dono è l'Eucaristia, ma anche una grande responsabilità per chi la riceve. Gesù, dinanzi a Pietro che è riluttante a farsi lavare i piedi, insiste sulla necessità di essere mondi per prendere parte al banchetto sacrificale dell'Eucaristia.

La tradizione della Chiesa ha sempre evidenziato il legame esistente tra l'Eucaristia e il sacramento della Riconciliazione. Ho voluto ribadirlo anch'io nella Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo di quest'anno, invitando anzitutto i presbiteri a considerare con rinnovato stupore la bellezza del Sacramento del perdono. Solo così potranno poi farlo riscoprire ai fedeli affidati alle loro cure pastorali.

Il sacramento della Penitenza restituisce ai battezzati la grazia divina perduta con il peccato mortale, e li dispone a ricevere degnamente l'Eucaristia. Inoltre, nel colloquio diretto che la sua celebrazione ordinaria comporta, il Sacramento può venire incontro all'esigenza di comunicazione personale, resa oggi sempre più difficile dai ritmi frenetici della società tecnologica. Con la sua opera illuminata e paziente il confessore può introdurre il penitente a quella comunione profonda con Cristo che il Sacramento ridona e l'Eucaristia porta a pieno compimento.

Possa la riscoperta del sacramento della Riconciliazione aiutare tutti i credenti ad accostarsi con rispetto e devozione alla Mensa del Corpo e del Sangue del Signore.

4. "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Jn 13,1).

Ritorniamo spiritualmente nel Cenacolo! Ci raccogliamo con fede intorno all'Altare del Signore, facendo memoria dell'Ultima Cena. Ripetendo i gesti di Cristo, proclamiamo che la sua morte ha redento l'umanità dal peccato, e continua a dischiudere la speranza di un futuro di salvezza per gli uomini di ogni epoca.

Tocca ai sacerdoti perpetuare il rito che, sotto le specie del pane e del vino, rende presente il sacrificio di Cristo in modo vero, reale e sostanziale, fino alla fine dei tempi. Tocca a tutti i cristiani farsi servi umili e attenti dei fratelli per collaborare alla loro salvezza. E' compito di ogni credente proclamare con la vita che il Figlio di Dio ha amato i suoi "fino alla fine". Questa sera, in un silenzio carico di mistero, si alimenta la nostra fede.

Uniti a tutta la Chiesa, annunciamo la tua morte, o Signore. Ripieni di gratitudine, gustiamo già la gioia della tua resurrezione. Pieni di fiducia, ci impegniamo a vivere nell'attesa del tuo ritorno glorioso. Oggi e sempre, o Cristo, nostro Redentore. Amen!
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VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Sabato Santo, 30 marzo 2002




1. "Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu" (Gn 1,3).

Un'esplosione di luce, che la parola di Dio trasse dal nulla, squarciò la prima notte, la notte della creazione.

Scriverà l'apostolo Giovanni: "Dio è luce e in lui non ci sono tenebre" (1Jn 1,5). Dio non ha creato le tenebre, ma la luce! E il Libro della Sapienza, rivelando chiaramente che l'opera di Dio obbedisce da sempre ad una finalità positiva, così si esprime: "Egli ha creato tutto per l'esistenza; / le creature del mondo sono sane, / in esse non c'è veleno di morte, / né gli inferi regnano sulla terra" (Sg 1,14).

In quella prima notte, la notte della creazione, affonda le sue radici il mistero pasquale che, dopo il dramma del peccato, costituisce la restaurazione e il coronamento di quel primo inizio. La divina Parola ha chiamato all'esistenza tutte le cose e, in Gesù, si è fatta carne per salvarci. E se destino del primo Adamo fu ritornare alla terra da cui era stato tratto (cfr Gn 3,19), l'ultimo Adamo è disceso dal cielo per risalirvi vincitore, primizia della nuova umanità (cfr Jn 3,13 1Co 15,47).

2. Un'altra notte costituisce l'evento fondamentale della storia d'Israele: è il prodigioso esodo dall'Egitto, di cui ogni anno si legge il racconto nella solenne Veglia pasquale.

"Il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull'asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra" (Ex 14,21-22). Il popolo di Dio è nato da questo "battesimo" nel Mare Rosso, quando sperimentò la mano potente del Signore che lo strappava alla schiavitù per condurlo alla sospirata terra della libertà, della giustizia e della pace.

Questa è la seconda notte, la notte dell'esodo.

La profezia del Libro dell'Esodo si compie oggi anche per noi, che siamo israeliti secondo lo Spirito, discendenza di Abramo grazie alla fede (cfr Rm 4,16). Nella sua Pasqua, quale nuovo Mosè, Cristo ci ha fatto passare dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio. Morti con Gesù, con Lui risorgiamo a vita nuova, grazie alla potenza del suo Spirito. Il suo Battesimo è diventato il nostro.

3. Riceverete questo Battesimo, che genera l'uomo a vita nuova, anche voi, carissimi Fratelli e Sorelle catecumeni, provenienti da diversi Paesi: dall'Albania, dalla Cina, dal Giappone, dall'Italia, dalla Polonia, dalla Repubblica Democratica del Congo. Due di voi, una mamma giapponese ed una cinese, portano con sé anche il figlio, così che, nella stessa celebrazione, le madri saranno battezzate insieme coi loro bambini.

"In questa santissima notte", in cui Cristo è risuscitato dai morti, si compie per voi un "esodo" spirituale: lasciate alle spalle la vecchia esistenza ed entrate nella "terra dei viventi". Questa è la terza notte, la notte della risurrezione.

4. "O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi". Così abbiamo cantato nel Preconio pasquale, all'inizio di questa solenne Veglia, madre di tutte le Veglie.

Dopo la notte tragica del Venerdì Santo, quando l'"impero delle tenebre" (Lc 22,53) sembrò aver la meglio su Colui che è "la luce del mondo" (Jn 8,12), dopo il grande silenzio del Sabato Santo, in cui Cristo, compiuta la sua opera sulla terra, trovò riposo nel mistero del Padre e portò il suo messaggio di vita negli abissi della morte, ecco finalmente la notte che precede "il terzo giorno", nel quale, secondo le Scritture, il Messia sarebbe risorto, come Egli stesso aveva più volte preannunciato ai suoi discepoli.

"O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l'uomo al suo Creatore!" (Preconio pasquale).

5. Questa è la notte per eccellenza della fede e della speranza.Mentre tutto è immerso nel buio, Dio - la Luce - veglia. Con Lui vegliano quanti confidano e sperano in Lui.

O Maria, questa è per eccellenza la tua notte! Mentre si spengono le ultime luci del sabato, e il frutto del tuo grembo riposa nella terra, anche il tuo cuore veglia! La tua fede e la tua speranza guardano avanti. Oltre il pesante masso, intravedono già la tomba vuota; oltre gli spessi veli delle tenebre, scorgono l'alba della risurrezione.

Fa, o Madre, che anche noi vegliamo nel silenzio della notte, credendo e sperando nella parola del Signore. Incontreremo così, nella pienezza della luce e della vita, Cristo, primizia dei risorti, che regna col Padre e lo Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Alleluia!
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GPII Omelie 1996-2005 333