GPII Omelie 1996-2005 361

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INCONTRO CON LA COMUNITÀ DEI FILIPPINI RESIDENTI IN ROMA



I Domenica di Avvento, 1° dicembre 2002




1. "Tu, Signore, tu sei nostro Padre, da sempre ti chiami nostro redentore" (Is 63,16). All'inizio dell'Avvento, la Liturgia ci invita a riassaporare il consolante messaggio della paternità di Dio. Le parole tratte dal Libro del profeta Isaia, e poc'anzi ascoltate, ci introducono nel nucleo centrale della predicazione di Gesù. Alla precisa richiesta dei discepoli: "Signore, insegnaci a pregare", Egli risponde incoraggiandoli a rivolgersi a Dio col dolce nome di "Padre" (cfr Lc 11,1-4).

Sì, Dio è nostro Padre! Si prende cura di noi, perché siamo opera delle sue mani. E' sempre pronto a perdonare i peccatori pentiti, e ad accogliere con tenerezza quanti confidano nella sua infinita misericordia (cfr Is 64,4).

Carissimi Fratelli e Sorelle della Cappellania cattolica filippina a Roma! Sono lieto di condividere con voi quest'annuncio consolante, mentre intraprendiamo il cammino dell'Avvento. Avrei voluto farvi visita il 24 febbraio scorso e celebrare l'Eucaristia nella Basilica di Santa Pudenziana al Viminale. Non è stato possibile ed è per questo che oggi vi accolgo con grande cordialità qui, in Vaticano, riprendendo così i miei consueti incontri con le parrocchie e le comunità della nostra Diocesi.

2. With great affection I greet you and, through you, the many thousands of Filipino men and women living in Rome and in other cities throughout Italy. I greet the Cardinal Vicar and the Auxiliary Bishop for the central zone, who are constantly concerned for your pastoral care. I also greet your fellow countryman, Cardinal José Sanchez, Prefect emeritus of the Congregation for the Clergy, who honors us by his presence here today.

I likewise respectfully acknowledge the presence of their Excellencies, the Ambassadors of the Philippines to the Holy See and to the Republic of Italy, together with other Representatives of the Filipino community.

My cordial greeting also goes to the priests, to the men and women Religious and to the lay faithful who in various ways serve your large and lively community. In a special way I greet your hard-working Chaplain, Father Alberto Maria Guevara. I thank him for his kind words at the beginning of this celebration and his introduction to the many activities taking place at the Basilica of Santa Pudenziana, which was entrusted in 1991 to the Sentro Pilipino. Just a few months ago he took over the rich legacy of pastoral care left behind by the much-loved Father Remo Bati after ten years of generous and faithful service to the community. I also thank Mr Exequiel Garcia and young Mark Angelo who spoke on behalf of all of you.

The Church’s concern for the Filipino faithful can also be seen in thirty-nine pastoral centers located throughout the City where you can foster your own noble Christian traditions and give them new life, thanks to the liturgical and apostolic services offered there.

3. Dear Brothers and Sisters, hold fast to the rich cultural and religious heritage that is an integral part of your identity. Many of you have had the chance to find employment here in Italy and have attained a standard of living that enables you to help your family members at home. For others, however – and I hope that they are few – your status as immigrants has brought you serious problems, including loneliness, the separation of families, the loss of the values handed down from the past and at times even the loss of your faith.

I would like to renew to all of you, and in particular to the many women present here, the words of encouragement which we heard in today’s Liturgy: Do not lose heart! We must not grow weak in faith, for the Lord is near. The fact that you are immigrants makes you all the more dear to Jesus who, as we recall during Advent, came on earth to save us.

Continue, then, with trust and determination, along the path of faith and solidarity so well expressed in the motto mentioned by your Chaplain, which calls you to "communion", "witness" and "the proclamation of the Gospel". The witness of an authentically Christian life will keep you united among yourselves and will continue to win you the respect and help of others. I ask those who employ you to welcome you and love you as cherished brothers and sisters in Christ. All of us must work together to build the civilization of love.

Traduzione italiana dell'omelia pronunciata in lingua inglese:

2. Con grande affetto saluto voi e tramite voi le molte migliaia di donne e uomini filippini che vivono a Roma e in altre città d'Italia. Saluto il Cardinale Vicario e il Vescovo Ausiliare della zona Centro, che si impegnano costantemente per la vostra cura pastorale. Saluto anche il vostro concittadino, il Cardinale José Sánchez, Prefetto emerito della Congregazione per il Clero, che oggi ci onora qui della sua presenza.

Parimenti, prendo atto con rispetto della presenza delle loro Eccellenze, gli Ambasciatori delle Filippine presso la Santa Sede e presso la Repubblica Italiana, e di altri rappresentanti della comunità filippina.

Saluto cordialmente anche i sacerdoti, i religiosi, uomini e donne, e i fedeli laici che servono la vostra ampia e viva comunità in vari modi. In modo particolare, saluto il vostro solerte Cappellano, Padre Alberto Mena Guevara. Lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto all'inizio di questa celebrazione e per la presentazione delle numerose attività che si svolgono presso la Basilica di Santa Pudenziana, affidata nel 1991 al Sentro Filippino. Alcuni mesi fa, Padre Guevara ha ricevuto la ricca eredità di sollecitudine pastorale trasmessagli dall'amato Padre Remo Bati dopo dieci anni di servizio fedele e generoso alla comunità. Ringrazio anche il signor Exequiel Garcia e il bambino Mark Angelo che hanno parlato a nome di tutti voi.

La sollecitudine della Chiesa per i fedeli filippini è resa visibile anche dai trentanove centri pastorali presenti in tutta la città, nei quali potete promuovere le vostre nobili tradizioni cristiane e conferire loro nuova vita grazie ai servizi liturgici e apostolici che vi vengono offerti.

3. Cari Fratelli e care Sorelle,

rimanete saldi nella vostra ricca eredità culturale e religiosa che è parte integrante della vostra identità. Molti di voi hanno avuto la possibilità di trovare un'occupazione qui in Italia e hanno raggiunto un livello di vita che permette loro di aiutare i propri familiari rimasti nel loro Paese d'origine. Tuttavia, ad altri, che spero siano pochi, la condizione di immigrati ha causato gravi problemi, fra i quali la solitudine, la separazione delle famiglie, la perdita dei valori trasmessi dal passato, a volte perfino la perdita della fede.

Vorrei rinnovare a tutti voi, e in particolare alle donne presenti qui, le parole di incoraggiamento che abbiamo ascoltato nella liturgia di oggi: Non scoraggiatevi! Non dobbiamo lasciare che la nostra fede si indebolisca, perché il Signore è vicino. Il fatto che siate immigrati vi rende ancor più cari a Gesù che, come ricordiamo durante l'Avvento, è giunto sulla terra per salvarci.

Proseguite allora, con fiducia e determinazione, lungo il cammino di fede e solidarietà, indicato egregiamente dal motto menzionato dal vostro Cappellano, che vi invita alla "comunione", alla "testimonianza" e alla "proclamazione del Vangelo". La testimonianza di una vita autenticamente cristiana vi manterrà uniti e continuerà a conquistarvi al rispetto e all'aiuto degli altri. Chiedo a chi vi dà lavoro di accogliervi e di amarvi come cari fratelli e sorelle in Cristo. Tutti noi dobbiamo cooperare per edificare la civiltà dell'amore.

4. "Vegliate... vigilate". Questa esortazione, che Gesù ci rivolge nel Vangelo (cfr Mc 13,33 Mc 13,53), è il richiamo fondamentale del tempo di Avvento: vigilare nell'attesa del Messia. Rimaniamo desti, carissimi Fratelli e Sorelle, per essere pronti ad incontrare il Salvatore, che viene a rivelarci il volto del Padre celeste.

Maria, l'umile vergine di Nazareth, eletta da Dio per diventare la Madre del Redentore, renda fruttuosa la nostra orante e vigile attesa del Redentore.Amen!
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SANTA MESSA PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI DEGLI ATENEI ROMANI

IN PREPARAZIONE AL SANTO NATALE


Martedì, 10 dicembre 2002




1. "Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio" (Is 40,1).

Con questo invito si apre il cosiddetto "Libro della consolazione", nel quale il Secondo Isaia reca al popolo in esilio l'annuncio gioioso della liberazione. Il tempo della punizione è terminato; Israele può guardare con fiducia verso il futuro: lo attende finalmente il ritorno in patria.

Questo annuncio gioioso vale anche per noi. In fondo, siamo tutti viandanti in cammino. La vita è una lunga strada sulla quale ogni essere umano, pellegrino dell'Assoluto, s'affatica alla ricerca di una dimora stabile e sicura. Il passare del tempo gli conferma che tale dimora non può trovarla quaggiù. La nostra vera e definitiva patria è il cielo. L'autore della Lettera agli Ebrei dirà: "Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura" (He 13,14).

In questa prospettiva è consolante la parola del profeta. Egli assicura che Dio cammina con noi: "Consolate, consolate il mio popolo... Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà" (Is 40,1). Nella notte di Betlemme il Verbo di Dio si è fatto nostro compagno di viaggio; ha preso la nostra stessa carne ed ha accettato di condividere fino in fondo la nostra condizione. Nella fede, possiamo dunque accogliere in tutta la ricchezza del suo significato l'augurio: "Consolate, consolate il mio popolo!".

2. E' con questo senso di intima gioia che rivolgo a voi il mio saluto, illustri Rettori e Professori, ed a voi, carissimi studenti delle Università Romane. A ciascuno esprimo gratitudine, per aver voluto non mancare a questo appuntamento tradizionale del tempo di Avvento.

Saluto in particolare il Vice Ministro per l'Università e la delegazione dei Rettori italiani presenti a questa celebrazione, come pure i rappresentanti delle antiche Università Europee. Ringrazio il Rettore dell'Università "Tor Vergata" e la studentessa della "Sapienza" per le parole che mi hanno rivolto, interpretando i vostri sentimenti. Mi sento pienamente a mio agio con voi.

3. Torniamo ora ad ascoltare il profeta. Egli ci aiuta a meglio comprendere il messaggio di gioia che il mistero del Natale reca agli uomini di ogni tempo e di ogni cultura. La nascita di Cristo è annuncio consolante per l'intera umanità.

Sì, "allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà" (Is 40,5). Tutti possiamo contemplarla ed esserne illuminati. Dinanzi a questa gloria, prosegue il profeta, "ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria è come il fiore del campo" (Is 40,6).

La gloria di Dio e la gloria degli uomini: c'è forse gloria umana che possa confrontarsi con quella divina? C'è potenza terrena che possa competere con il Signore? Anche i grandi della terra, come Nabucodonosor, Dario, Ciro sono "come l'erba", come il fiore "che appassisce quando il soffio del Signore spira su di essi" (Is 40,7). Nulla resiste a Dio. Solo Lui, con la sua onnipotenza, regge l'universo, e guida le sorti degli uomini e della storia.

Guardiamo al secolo appena trascorso e a questi nostri tempi: quanto fragili si sono dimostrate potenze che pretendevano imporre il loro dominio! Anche la scienza, la tecnica, la cultura, quando mostrano pretese di onnipotenza, si rivelano in fondo come l'erba che in fretta secca, come un fiore che avvizzisce e muore.

4. Risuonino nel cuore di ciascuno queste parole del profeta, che insieme abbiamo riascoltato. Esse non mortificano la libertà umana; al contrario, l'arricchiscono guidandola su sentieri di autentica promozione dell'uomo. In questa prospettiva, un grande aiuto offre la pastorale universitaria, che la Chiesa con diligente cura promuove nei centri di studio e di ricerca scientifica.

Ricordo la mia personale esperienza nell'università. Dal quotidiano contatto con alunni e professori ho appreso che occorre fornire una formazione integrale, atta a preparare i giovani alla vita: un insegnamento che li educhi ad assumere in maniera responsabile il loro ruolo nella famiglia e nella società con una competenza non solo professionale, ma anche umana e spirituale. Da quegli anni, che hanno segnato la mia esistenza, ho tratto utili ammaestramenti, che ho cercato di riproporre nel saggio di etica cristiana "Amore e responsabilità", e nell'opera drammatica sul matrimonio "La bottega dell'orefice".

5. Ritorniamo ancora al testo del profeta, che l'odierna liturgia ci propone. E' una pagina quanto mai densa di significati, che preannuncia al popolo scoraggiato: "Ecco il Signore Dio viene con potenza, con il braccio detiene il dominio" (Is 40,10). L'onnipotenza di Dio, come meglio comprenderemo nel mistero del Natale, è permeata di tenerezza e di misericordia. E' una potenza di amore, che si china con predilezione sui deboli e sugli umili.

La pagina evangelica, poc'anzi proclamata, ci aiuta a capire ancor più in profondità questo messaggio di speranza. Il pastore, di cui parla Gesù, abbandona novantanove pecore sui monti per andare alla ricerca di quella smarrita (cfr Mt 18,12-14). Dio non considera l'umanità come una massa anonima, ma si sofferma su ogni individuo e di ciascuno si prende cura personalmente. Cristo è il vero Pastore che raduna con il suo braccio il gregge, "porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri" (Is 40,11).

6. Eloquente è la parabola della pecorella smarrita. La pecora, a differenza di altri animali, come ad esempio il cane, non sa tornare da sola a casa e ha bisogno della guida del pastore. Così siamo anche noi, incapaci di salvarci con le sole nostre forze. Abbiamo bisogno dell'intervento dall'Alto. E a Natale si compie questo prodigio di amore: Dio si è fatto uno di noi per aiutarci a ritrovare la strada che conduce alla felicità e alla salvezza.

Illustri Rettori e Professori, carissimi studenti! Apriamo il cuore al Bambino che a Betlemme nascerà per noi! Prepariamoci a ricevere la sua luce che illumina i nostri passi e il suo amore che dà vigore alla nostra esistenza. Ci accompagni in questa trepida attesa la Vergine Santissima, Sede della Sapienza.

Con questi sentimenti, formulo a voi e alle vostre famiglie sentiti voti augurali. Che le prossime feste natalizie siano serene e sante! Buon Avvento e buon Natale! Amen.
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INCONTRO CON LA COMUNITÀ

DELLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIOVANNI NEPOMUCENO NEUMANN


Aula Paolo VI

III Domenica di Avvento, 15 dicembre 2002




1. "Fratelli, state sempre lieti" (1Th 5,16). Quest'invito dell'apostolo Paolo ai fedeli di Tessalonica, risuonato poc'anzi nella nostra assemblea, esprime bene il clima dell'odierna liturgia. Oggi infatti è la terza domenica d'Avvento, detta tradizionalmente domenica "Gaudete", dalla parola latina con cui inizia l'Antifona di Ingresso.

"Rallegratevi sempre nel Signore". Di fronte alle immancabili difficoltà della vita, alle incertezze e alle paure per il futuro, alla tentazione dello scoraggiamento e della delusione, la Parola di Dio ripropone sempre il "lieto annunzio" della salvezza: il Figlio di Dio viene a guarire "le piaghe dei cuori spezzati" (cfr Is 61,1). Questa letizia, preannuncio della gioia del Natale ormai prossimo, possa pervadere il cuore di ciascuno di noi e ogni ambito della nostra esistenza.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di san Giovanni Nepomuceno Neumann: benvenuti! E' bello incontrarvi all'approssimarsi delle festività natalizie. Il Natale, lo sappiamo, è una festa sentita in modo particolare dalle famiglie e dai bambini, e voi siete una Parrocchia composta da molte giovani famiglie.

Porgo a tutti voi il mio più cordiale saluto. Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore Ovest, il vostro Parroco, Padre Danilo Bissacco, e i suoi Vicari, ai quali è affidata la cura della comunità. Ringrazio quanti, a vostro nome, hanno voluto esprimermi sentimenti di affetto e di comunione all'inizio della celebrazione. Attraverso voi qui presenti, desidero far giungere una parola di sentita vicinanza ai circa diecimila residenti nel territorio della Parrocchia.

Riuniti attorno all'Eucaristia, avvertiamo più facilmente come la missione di ogni comunità cristiana sia quella di recare il messaggio dell'amore di Dio a tutti gli uomini. Ecco perché è importante che l'Eucaristia sia sempre il cuore della vita dei fedeli, come lo è quest'oggi per la vostra Parrocchia, anche se non tutti i suoi membri hanno potuto parteciparvi personalmente.

3. A due anni dalla sua fondazione, la vostra comunità non dispone ancora di un adeguato centro di culto. Proprio in questa terza domenica di Avvento, la diocesi celebra la Giornata di preghiera e di sensibilizzazione perché tutte le zone della Città, specialmente quelle di periferia, abbiano una chiesa con le strutture necessarie al normale svolgimento delle attività liturgiche, formative e pastorali.

Mi auguro che quanto prima anche per voi sia possibile realizzare questo progetto, senza tuttavia perdere mai lo stile missionario che in questi anni ha reso viva e dinamica la vostra famiglia parrocchiale.

Conosco le difficoltà con le quali quotidianamente essa si deve confrontare. L'antica Borgata Fogaccia, attualmente più conosciuta come Borgata Montespaccato, in cui la Parrocchia è situata, è una zona densamente popolata, con costruzioni sorte senza un piano regolatore, priva di strutture sociali, dove è notevole la presenza di immigrati extra-comunitari come pure di persone in cerca di una stabile occupazione.

4. Non bisogna tuttavia perdersi d'animo. Del resto, alla vostra giovane comunità non manca l'iniziativa, grazie pure ai cari Padri Redentoristi che, da veri figli di sant'Alfonso, nell'anno del Grande Giubileo, hanno accettato di occuparsi di voi. Pur nella povertà delle strutture e nella fatica di ogni giorno, voi già prestate attenzione a chi è in difficoltà.

Proseguite, carissimi Fratelli e Sorelle, su questo cammino. Soprattutto prendetevi cura dei bambini e degli adolescenti, non facendo mancare loro attenzione, amicizia e fiducia. Sostenete le famiglie, in particolare quelle giovani e quelle povere o in difficoltà.

Vi protegga, carissimi, il celeste vostro Patrono, san Giovanni Nepomuceno Neumann, per molti forse non così noto come invece meriterebbe. Questa grande figura di Vescovo missionario, straordinario pioniere del Vangelo nell'America del Nord a metà del diciannovesimo secolo, nei brevi anni della sua esistenza si è speso per il Signore, per la Chiesa e per il popolo a lui affidato. Imitatene lo zelo per l'annuncio del Vangelo e l'ardente amore per la Chiesa e per il prossimo bisognoso.

5. "Preparate la via del Signore" (Jn 1,23). Raccogliamo quest'invito dell'Evangelista! L'approssimarsi del Natale ci stimola ad una più vigile attesa del Signore che viene, mentre l'odierna liturgia ci presenta come esempio da imitare Giovanni il Battista.

Volgiamo infine lo sguardo a Maria, "causa" della vera e profonda gioia, perché ottenga per ciascuno quella gioia che viene da Dio e che nessuno potrà mai più toglierci. Amen!
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SANTA MESSA DI MEZZANOTTE

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


24 dicembre 2002




1. “Dum medium silentium tenerent omnia… - Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale” (Ant. al Magn. 26 Dicembre).

In questa Notte Santa si compie l’antica promessa: il tempo dell’attesa è finito, e la Vergine dà alla luce il Messia.

Gesù nasce per l’umanità che va in cerca di libertà e di pace; nasce per ogni uomo oppresso dal peccato, bisognoso di salvezza e assetato di speranza.

All’incessante grido dei popoli: Vieni, Signore, salvaci!, Dio risponde in questa notte: la sua eterna Parola d’amore ha assunto la nostra carne mortale. “Sermo tuus, Domine, a regalibus sedibus venit”. Il Verbo è entrato nel tempo: è nato l’Emmanuele, il Dio-con-noi.

Nelle cattedrali e nelle basiliche, come nelle chiese più piccole e sperdute di ogni parte della terra, si leva commosso il canto dei cristiani: “Oggi è nato per noi il Salvatore” (Salmo resp.).

2. Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7).

Ecco l’icona del Natale: un fragile neonato, che le mani di una donna proteggono con poveri panni e depongono nella mangiatoia.

Chi può pensare che quel piccolo essere umano è il “Figlio dell’Altissimo” (Lc 1,32)? Lei sola, la Madre, conosce la verità e ne custodisce il mistero.

In questa notte anche noi possiamo ‘passare’ attraverso il suo sguardo, per riconoscere in questo Bambino il volto umano di Dio. Anche per noi, uomini del terzo millennio, è possibile incontrare Cristo e contemplarlo con gli occhi di Maria.

La notte di Natale diventa così scuola di fede e di vita.

3. Nella seconda Lettura, poc’anzi proclamata, l’apostolo Paolo ci aiuta a comprendere l’evento-Cristo, che celebriamo in questa notte di luce. Egli scrive: “È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” (Tt 2,11).

La “grazia di Dio apparsa” in Gesù è il suo amore misericordioso, che presiede all’intera storia della salvezza e la guida verso il suo definitivo compimento. Il rivelarsi di Dio “nell’umiltà della nostra natura umana” (Prefazio d’Avvento I) costituisce l’anticipazione, sulla terra, della sua “manifestazione” gloriosa alla fine dei tempi (cfr Tt 2,13).

Non solo. L’evento storico che stiamo vivendo nel mistero è la “via” a noi offerta per giungere all’incontro con Cristo glorioso. In effetti, con la sua Incarnazione, Gesù “ci insegna - come osserva l’Apostolo - a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza” (Tt 2,12-13).

O Natale del Signore, che hai ispirato Santi di ogni tempo! Penso, tra gli altri, a san Bernardo e alle sue elevazioni spirituali davanti alla scena toccante del presepe; penso a san Francesco d’Assisi, ideatore ispirato della prima animazione “dal vivo” del mistero della Notte Santa; penso a santa Teresa di Gesù Bambino, che all’orgogliosa coscienza moderna ha riproposto con la sua “piccola via” l’autentico spirito del Natale.

4. “Troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12).

Il Bambino giacente nella povertà di una mangiatoia: questo è il segno di Dio. Passano i secoli ed i millenni, ma il segno rimane, e vale anche per noi, uomini e donne del terzo millennio. È segno di speranza per l’intera famiglia umana: segno di pace per quanti soffrono a causa di ogni genere di conflitti; segno di liberazione per i poveri e gli oppressi; segno di misericordia per chi è chiuso nel circolo vizioso del peccato; segno d’amore e di conforto per chi si sente solo e abbandonato.

Segno piccolo e fragile, umile e silenzioso, ma ricco della potenza di Dio, che per amore si è fatto uomo.

5. Signore Gesù, con i pastori
noi ci accostiamo al tuo presepe
per contemplarti avvolto in fasce
e giacente nella mangiatoia.

O Bambino di Betlemme,
Ti adoriamo in silenzio con Maria,
tua Madre sempre Vergine.
A Te la gloria e la lode nei secoli,
divin Salvatore del mondo! Amen.
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CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

PER LA FINE DELL’ANNO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Martedì, 31 dicembre 2002




1. "Nato da donna, nato sotto la legge" (Ga 4,4).

Con questa espressione l'apostolo Paolo riassume il mistero del Figlio di Dio, "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre".

"Tu Patris sempiternus es Filius" - abbiamo poc'anzi cantato nell'Inno Te Deum. Nell'abisso imperscrutabile di Dio prende origine ab aeterno la missione di Cristo, destinata a "ricapitolare tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra" (Ep 1,10).

Il tempo, iniziato con la creazione, raggiunge la sua pienezza quando viene "visitato" da Dio nella Persona del Figlio unigenito. Nel momento in cui Gesù nasce a Betlemme, evento di portata incalcolabile nella storia della salvezza, la bontà di Dio acquista un ‘volto’ visibile e tangibile (cfr Tt 3,4).

Dinanzi al Bambino, che Maria avvolge in fasce e depone nella mangiatoia, tutto sembra fermarsi. Colui che è l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine, vagisce tra le braccia di una donna: il Creatore è nato tra noi!

In Gesù il Padre celeste ha voluto riscattarci dal peccato e adottarci come figli (cfr Ga 4,5). Con Maria sostiamo in adorante silenzio dinanzi a così grande mistero!

2. E' questo il sentimento che ci pervade, mentre celebriamo i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio. La Liturgia fa coincidere questa significativa festa mariana con la fine e l'inizio dell'anno. Per cui, questa sera, alla contemplazione del mistero della divina maternità della Vergine uniamo il cantico della nostra gratitudine per il compiersi del 2002, mentre si affaccia all'orizzonte della storia il 2003. Ringraziamo Dio dal profondo del cuore per tutti i benefici che ci ha elargito durante i passati dodici mesi.

Penso, in particolare, alla generosa risposta di tanti giovani alla proposta cristiana; penso alla crescente sensibilità ecclesiale per i valori della pace, della vita e della salvaguardia del creato; penso anche ad alcuni passi significativi nel non facile cammino ecumenico. Per tutto rendiamo grazie a Dio. I suoi doni, infatti, prevengono e accompagnano sempre ogni gesto positivo da noi compiuto.

3. Sono lieto di vivere questi momenti, come ogni anno, con tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, che rappresentate la Comunità diocesana di Roma. A ciascuno rivolgo un cordiale saluto. Saluto il Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari, i sacerdoti e le religiose impegnati nel servizio pastorale nelle varie Parrocchie e negli Uffici diocesani. Saluto il Signor Sindaco di Roma, i membri della Giunta e del Consiglio Comunale, come pure le altre Autorità provinciali e regionali. Il mio pensiero si estende a chiunque vive nella nostra Città e Regione, in particolare a quanti si trovano in situazioni di difficoltà e di disagio.

Il cammino della Chiesa di Roma è stato caratterizzato quest'anno da uno speciale impegno per le vocazioni sacerdotali e religiose. A questo tema, decisivo per il presente e il futuro dell'evangelizzazione, ha volto la sua attenzione il Convegno diocesano dello scorso giugno. Verso questo medesimo obiettivo convergono le varie iniziative ed attività pastorali promosse dalla Diocesi. L'attenzione alle vocazioni è giustamente inserita all'interno della scelta di missionarietà che, dopo la Missione cittadina, costituisce la linea portante della vita e della pastorale della Chiesa di Roma.

4. Tutti debbono sentirsi coinvolti in questa vasta azione missionaria e vocazionale. Tocca però in primo luogo ai sacerdoti lavorare per le vocazioni, anzitutto vivendo con gioia il grande dono e mistero che Dio ha posto in loro, sì da "generare" nuove e sante vocazioni.

La pastorale vocazionale sia una priorità per le parrocchie, chiamate ad essere scuole di santità e di preghiera, palestre di carità e di servizio ai fratelli, e specialmente per le famiglie che, quali cellule vitali, compongono la Comunità parrocchiale. Quando tra i coniugi regna l'amore, i figli crescono moralmente sani e sbocciano più facilmente le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

In quest'anno, che ho voluto proclamare "Anno del Rosario", invito particolarmente voi, care famiglie di Roma, alla recita quotidiana del Rosario, perché al vostro interno si crei il clima favorevole all'ascolto di Dio e al fedele compimento della sua volontà.

5. "Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quemadmodum speravimus in Te - Sia con noi la tua misericordia: in Te abbiamo sperato".

La tua misericordia, Signore! In questa Liturgia di fine anno la lode e il rendimento di grazie si accompagnano ad un sincero esame di coscienza personale e comunitario. Domandiamo perdono al Signore per le mancanze di cui ci siamo resi colpevoli, certi che Dio, ricco di misericordia, è infinitamente più grande dei nostri peccati.

"In Te abbiamo sperato". In Te, Signore, - riaffermiamo questa sera - è la nostra speranza. Tu, nel Natale, hai recato la gioia al mondo, irradiando sul cammino degli uomini e dei popoli la tua luce. Le ansie e le angosce non possono estinguerla; il fulgore della tua presenza costantemente ci conforta.

Possa ogni uomo e ogni donna di buona volontà incontrare e sperimentare la potenza del tuo amore e della tua pace. Possa la città di Roma e l'intera umanità accoglierti come suo unico Salvatore. E' questo il mio augurio per tutti; un augurio che depongo nelle mani di Maria, Madre di Dio, Salus Populi Romani.


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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO

E NELLA XXXVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

1° gennaio 2003




1. "Ti benedica il Signore e ti protegga... rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (Nb 6,24 Nb 6,26): questa è la benedizione che, nell'Antico Testamento, i sacerdoti pronunciavano sul popolo eletto nelle grandi feste religiose. La Comunità ecclesiale la riascolta quest'oggi, mentre chiede al Signore di benedire il nuovo anno appena iniziato.

"Ti benedica il Signore e ti protegga". Dinanzi agli eventi che sconvolgono il Pianeta, appare con chiarezza che solo Iddio può toccare l'animo umano nel profondo; solo la sua pace può ridare speranza all'umanità. Occorre che Egli rivolga verso di noi il suo volto, ci benedica, ci protegga e ci faccia dono della sua pace.

E' pertanto quanto mai opportuno iniziare il nuovo anno invocando da Lui questo prezioso dono. Lo facciamo per intercessione di Maria, Madre del "Principe della pace".

2. In questa solenne celebrazione sono lieto di rivolgere il mio deferente saluto agli illustri Signori Ambasciatori del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un affettuoso saluto va, poi, al mio Segretario di Stato ed agli altri Responsabili dei Dicasteri della Curia Romana, con un particolare pensiero per il nuovo Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Desidero manifestare loro riconoscenza per il quotidiano impegno a favore di una pacifica convivenza tra i popoli, secondo le linee dei Messaggi per la Giornata Mondiale della Pace. Il Messaggio di quest'anno rievoca l'Enciclica Pacem in terris, nel quarantennio della sua pubblicazione. Il contenuto di questo autorevole e storico documento del Papa Giovanni XXIII costituisce "un impegno permanente" per i credenti e per gli uomini di buona volontà in questo nostro tempo appesantito da tensioni, ma anche carico di tante attese positive.

3. Quando fu scritta la Pacem in terris nubi minacciose si profilavano all'orizzonte mondiale, e sull'umanità pesava l'incubo di una guerra atomica.

Il mio venerato Predecessore, che ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari, non si lasciò vincere dalla tentazione dello scoraggiamento. Al contrario, poggiando su una salda fiducia in Dio e nelle potenzialità del cuore umano, indicò con forza "la verità, la giustizia, l'amore e la libertà" come i "quattro pilastri" su cui costruire una pace durevole (cfr Messaggio cit., n. 3).

Il suo insegnamento rimane attuale. Oggi come allora, malgrado gravi e ripetuti attentati alla serena e solidale convivenza dei popoli, la pace è possibile e doverosa. Anzi, la pace è il bene più prezioso da invocare da Dio e da costruire con ogni sforzo, mediante gesti concreti di pace, da parte di ogni uomo e ogni donna di buona volontà (cfr Messaggio cit., n. 9).

4. La pagina evangelica, che poc'anzi abbiamo ascoltato, ci ha ricondotti idealmente a Betlemme, dove i pastori si recarono per adorare il Bambino nella notte di Natale (cfr Lc 2,16). Come non volgere lo sguardo con apprensione e dolore a quel luogo santo dove nacque Gesù?

Betlemme! La Terra Santa! La drammatica e perdurante tensione, nella quale questa regione del Medio Oriente si trova, rende più urgente la ricerca di una soluzione positiva del conflitto fratricida e insensato, che da troppo tempo la sta insanguinando. Occorre la cooperazione di tutti coloro che credono in Dio, consapevoli che l'autentica religiosità, lungi dal porre gli individui e i popoli in conflitto tra loro, li spinge piuttosto a costruire insieme un mondo di pace.

L'ho voluto ricordare con vigore nel Messaggio per l'odierna Giornata Mondiale della Pace: "La religione possiede un ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel consolidare condizioni di pace". Ed ho aggiunto che "essa può esercitare questo ruolo tanto più efficacemente, quanto più decisamente si concentra su ciò che le è proprio: l'apertura a Dio, l'insegnamento di una fratellanza universale e la promozione di una cultura di solidarietà" (Messaggio cit., n. 9).

Di fronte agli odierni conflitti ed alle minacciose tensioni del momento, ancora una volta invito a pregare affinché siano ricercati "mezzi pacifici" di composizione ispirati da una "volontà di intesa leale e costruttiva", in armonia con i principi del diritto internazionale (cfr Messaggio cit., n. 8).

5. "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge... perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4-5). Nella pienezza del tempo, ricorda san Paolo, Dio mandò nel mondo un Salvatore, nato da donna. Il nuovo anno si apre pertanto sotto il segno di una donna, sotto il segno di una madre: Maria.

In ideale prolungamento con il Grande Giubileo, del quale non si è spenta ancora l'eco, ho voluto proclamare, nell'ottobre scorso, l'Anno del Rosario.Dopo aver riproposto con vigore Cristo come unico Redentore del mondo, ho desiderato che quest'anno fosse segnato da una particolare presenza di Maria. Nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae ho scritto che "il Rosario è preghiera orientata per sua natura alla pace, per il fatto stesso che consiste nella contemplazione di Cristo, Principe della Pace e «nostra pace» (Ep 2,14). Chi assimila il mistero di Cristo - e il Rosario proprio a questo mira - apprende il segreto della pace e ne fa un progetto di vita" (n. 40).

Sia Maria ad aiutarci a scoprire il volto di Gesù, Principe della Pace. Ci sostenga Lei e ci accompagni in questo nuovo anno; ottenga per noi e per il mondo intero il desiderato dono della pace. Così sia
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GPII Omelie 1996-2005 361