GPII Omelie 1996-2005 373

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VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Sabato Santo, 19 aprile 2003



1. "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui" (Mc 16,6).

All'alba del primo giorno dopo il sabato, come narra il Vangelo, alcune donne vanno al sepolcro per onorare il corpo di Gesù, che, crocifisso il venerdì, era stato avvolto in fretta in un lenzuolo e deposto nel sepolcro. Lo cercano, ma non lo trovano: non è più nel luogo dove è stato sepolto. Di Lui rimangono solo i segni della sepoltura: la tomba vuota, le bende, il lenzuolo. Le donne, tuttavia, restano turbate alla vista di un "giovane vestito d'una veste bianca", che annuncia loro: "E' risorto, non è qui".

Questa sconvolgente notizia, destinata a cambiare le sorti della storia, continua da allora ad echeggiare di generazione in generazione: annuncio antico e sempre nuovo. E' risuonata ancora una volta durante questa Veglia pasquale, madre di tutte le veglie, e si sta diffondendo in queste ore per tutta la Terra.

2. O sublime mistero di questa Notte Santa! Notte nella quale riviviamo l'evento straordinario della Resurrezione! Se Cristo fosse rimasto prigioniero del sepolcro, l'umanità e l'intero creato, in un certo modo, avrebbero perduto il loro senso. Ma Tu, Cristo, sei veramente risorto!

Trovano allora compimento le Scritture che abbiamo riascoltato poc'anzi nella liturgia della Parola, ripercorrendo le tappe dell'intero disegno salvifico. All'inizio della creazione "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Gn 1,31). Ad Abramo aveva promesso: "Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra" (Gn 22,18). Ci è stato riproposto uno dei canti più antichi della tradizione ebraica, che svela il significato dell'antico esodo quando "il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani" (Ex 14,30). Continuano ad avverarsi nei nostri giorni le promesse dei Profeti: "Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere..." (Ez 36,27).

3. In questa notte di Risurrezione tutto ricomincia dal "principio"; la creazione riacquista il suo autentico significato nel piano della salvezza. E' come un nuovo inizio della storia e del cosmo, perché Cristo è risorto, "primizia di coloro che sono morti" (1Co 15,20). Lui, "l'ultimo Adamo", è diventato "spirito datore di vita" (1Co 15,45).

Lo stesso peccato dei nostri progenitori viene cantato nel Preconio pasquale come "felix culpa", "felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!". Dove abbondò il peccato, sovrabbonda ora la Grazia e "la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo" (Salmo resp.) di un edificio spirituale indistruttibile.

In questa Notte Santa è nato un popolo nuovo con il quale Iddio ha suggellato un'eterna alleanza nel sangue del Verbo incarnato, crocifisso e risorto.

4. Si entra a far parte del popolo dei redenti mediante il Battesimo. "Per mezzo del battesimo - ci ha ricordato l'apostolo Paolo nell'Epistola ai Romani - siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (6,4).

Questa esortazione è specialmente per voi, carissimi catecumeni, ai quali tra poco la Madre Chiesa comunicherà il grande dono della vita divina. Da diversi Paesi la divina Provvidenza vi ha condotti qui, presso la tomba di San Pietro, per ricevere i Sacramenti dell'iniziazione cristiana: il Battesimo, la Confermazione e l'Eucaristia. Entrate così nella Casa del Signore, venite consacrati con olio di letizia e potete cibarvi del Pane del cielo.

Sorretti dalla potenza dello Spirito Santo, perseverate nella vostra fedeltà a Cristo, e proclamate con coraggio il suo Vangelo.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle qui presenti! Anche noi ci uniremo fra qualche istante ai catecumeni per rinnovare le promesse del nostro Battesimo. Torneremo a rinunciare a Satana e alle sue opere per aderire fermamente a Dio e ai suoi progetti di salvezza. Esprimeremo così un impegno più deciso di vita evangelica.

Maria, gioiosa testimone dell'evento della Risurrezione, aiuti tutti a camminare "in una vita nuova"; renda ognuno consapevole che, essendo stato crocifisso il nostro uomo vecchio con Cristo, dobbiamo considerarci e comportarci come uomini nuovi, persone "viventi per Dio, in Cristo Gesù" (cfr Rm 6,4-11).

Amen. Alleluia!
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CAPPELLA PAPALE PER LE ESEQUIE DELL’EM.MO CARD. AURELIO SABATTANI



Giovedì, 24 aprile 2003



1. "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia... Beati gli operatori di pace" (Mt 5,6 Mt 5,9).

Abbiamo riascoltato poco fa, nel corso di questa celebrazione con la quale prendiamo commiato dal venerato Cardinale Aurelio Sabattani, la pagina evangelica delle Beatitudini. Quante volte egli ha avuto modo di meditarla nel corso della sua lunga esistenza!

"Beati!". Gesù proclama beati coloro che lo hanno seguito giorno dopo giorno, andando controcorrente rispetto alla logica del mondo.In questa schiera di suoi fedeli discepoli ci pare che, pur nei limiti d'ogni umana esistenza, si collochi anche questo nostro fratello, che ha reso un molteplice e generoso servizio alla Chiesa. In suffragio della sua anima offriamo questa Liturgia eucaristica, domandando al Signore di usargli misericordia e di accordargli la beatitudine promessa ai poveri in spirito, ai miti, ai misericordiosi, agli operatori di pace, a quelli che hanno fame e sete della giustizia.

2. "Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,12). La nostra dimora definitiva e la nostra "ricompensa", come ricorda Gesù nel Vangelo, non sono su questa terra, ma nei cieli. Ne era ben consapevole il compianto Cardinale che nel testamento spirituale raccomanda ai suoi cari di "vivere nella fede e nella grazia di Dio, unica cosa che ha valore definitivo". In effetti, egli ben sapeva che, proprio conformando la propria volontà a quella di Cristo, specialmente nei momenti difficili e sofferti della vita, il credente diviene degno delle beatitudini evangeliche. Soltanto abbandonandosi fiduciosamente nelle mani del Signore e coltivando in ogni circostanza una ininterrotta intimità con Lui, si diviene veri "figli di Dio".

3. "Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Ph 1,21). Così l'apostolo Paolo poteva dire di sé, al termine della sua esistenza. Analoghi sentimenti vengono espressi dal compianto Cardinale nel suo testamento spirituale. Riconoscendo di essere stato ricolmato da Dio di continui e singolari benefici, si è presentato ora al suo giudizio, dopo aver egli stesso esercitato l’ufficio di giudice entro la Chiesa. Si è presentato con serena fiducia, come egli dichiara, nella consapevolezza di essere stato mosso sempre dal desiderio di servire Cristo e la Chiesa.

Cristo è "il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio", afferma l’apostolo Pietro nella prima lettura (Ac 10,42), che poco fa’ è stata proposta alla nostra attenzione. Il Cardinale Sabattani ha cercato di vivere in unione con Lui, sforzandosi di metterne in pratica gli insegnamenti. Questo è anche per noi motivo di conforto nel momento del distacco. Chi confida nel Signore, ci ha ricordato il Salmo responsoriale, non ha nulla da temere anche quando deve camminare in valle tenebrosa (cfr Ps 23 [22]).

4. Ci pare giusto rileggere, proprio in questa prospettiva, la lunga vicenda terrena del Cardinale Aurelio Sabattani e specialmente gli ultimi anni segnati da non poche sofferenze. Laureato in "utroque iure", dopo l'ordinazione sacerdotale lavorò dapprima in Segreteria di Stato e poi nella sua Diocesi di Imola. Tornato a Roma, fu nominato Prelato Uditore della Rota Romana.

Il mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, nel 1965 lo elesse Arcivescovo e Prelato della Santa Casa di Loreto, dove restò fino al 1971.

Ritornato a Roma quale Segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ebbe modo di partecipare a vari Congressi internazionali, facendosi apprezzare come brillante ed illuminato canonista.

Membro del Collegio Cardinalizio dal 1983 con il Titolo di Sant'Apollinare alle Terme, si è dedicato con impegno all'amministrazione della giustizia in qualità di Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. In seguito è stato Arciprete della Patriarcale Basilica Vaticana, Vicario Generale per la Città del Vaticano e Presidente della Fabbrica di San Pietro.

5. Ora, terminato il pellegrinaggio terreno, egli è giunto a quella patria celeste, che il Signore riserva ai suoi fedeli servitori.

Il Mistero pasquale, che stiamo solennemente celebrando in quest’Ottava, assume eloquente significato per noi quest’oggi. La vita ricevuta con il Battesimo non termina con la morte, perché Cristo, morendo sulla Croce, ha sconfitto il potere della morte. "Nell’ordine umano – ho ricordato durante la Via Crucis presso il Colosseo – la morte è l’ultima parola. La parola che viene dopo, la parola della risurrezione, è parola solamente di Dio".

Per questo nel Prefazio noi ripeteremo con fiducioso abbandono le parole della speranza cristiana: "Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata e, mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo".

Daremo tra poco l'ultimo saluto su questa terra al caro Cardinale Aurelio Sabattani. Apriamo il cuore a questo annuncio di speranza che ci viene dalla fede. E' la stessa speranza che ha illuminato la vita sacerdotale ed apostolica del Cardinale Sabattani.

La Vergine Santa, stringendolo fra le sue braccia materne, lo introduca in quel Paradiso per il quale egli è vissuto, ha lavorato, ha sofferto, ha pregato. Lo accolgano i santi e con loro sia beato per sempre in Dio. Amen
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CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI SEI SERVI DI DIO



II Domenica di Pasqua, 27 aprile 2003




1. "Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia" (Ps 117,1). Così canta la Chiesa oggi, in questa seconda domenica di Pasqua, Domenica della Divina Misericordia.Nel Mistero pasquale si rivela appieno il consolante disegno salvifico dell'amore misericordioso di Dio, del quale sono testimoni privilegiati i Santi e i Beati del Paradiso.

Per una provvidenziale coincidenza, ho la gioia di elevare agli onori degli altari sei nuovi Beati proprio in questa Domenica in cui celebriamo la "Divina misericordia". In ciascuno di essi, in maniera diversa, si è manifestata la tenera e sorprendente misericordia del Signore: Giacomo Alberione, presbitero, fondatore della Famiglia Paolina; Marco d'Aviano, presbitero, dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini; Maria Cristina Brando, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato; Eugenia Ravasco, vergine, fondatrice della Congregazione delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria; Maria Domenica Mantovani, vergine, cofondatrice dell'Istituto Piccole Suore della Sacra Famiglia; Giulia Salzano, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Catechiste del Sacro Cuore.

2. "Questi (segni) sono stati scritti... perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome" (Jn 20,31). La Buona Novella è un messaggio universale destinato agli uomini di tutti i tempi. Esso è diretto personalmente a ciascuno e chiede di essere tradotto in vita vissuta. Quando i cristiani diventano "vangeli viventi", si trasformano in "segni" eloquenti della misericordia del Signore e la loro testimonianza raggiunge più facilmente il cuore delle persone. Quali docili strumenti nelle mani della Provvidenza divina, incidono profondamente nella storia. Così è avvenuto per questi sei nuovi Beati, che provengono dalla cara Italia, terra feconda di santi.

3. Il beato Giacomo Alberione intuì la necessità di far conoscere Gesù Cristo, Via Verità e Vita, "agli uomini del nostro tempo con i mezzi del nostro tempo" - come amava dire - , e si ispirò all'apostolo Paolo, che definiva "teologo e architetto della Chiesa", rimanendo sempre docile e fedele al Magistero del Successore di Pietro, "faro" di verità in un mondo spesso privo di saldi riferimenti ideali. "Ad usare questi mezzi ci sia un gruppo di santi", soleva ripetere questo apostolo dei tempi nuovi.

Quale formidabile eredità egli lascia alla sua Famiglia religiosa! Possano i suoi figli e le sue figlie spirituali mantenere inalterato lo spirito delle origini, per corrispondere in modo adeguato alle esigenze dell’evangelizzazione nel mondo di oggi.

4. In un'epoca e in un contesto diversi rifulse per santità il beato Marco d'Aviano, nel cui animo ardeva il desiderio di preghiera, di silenzio e di adorazione del mistero di Dio. Questo contemplativo itinerante per le strade dell'Europa fu al centro di un vasto rinnovamento spirituale grazie ad una coraggiosa predicazione accompagnata da numerosi prodigi. Profeta disarmato della misericordia divina, fu spinto dalle circostanze ad impegnarsi attivamente per difendere la libertà e l'unità dell'Europa cristiana. Al continente europeo, che si apre in questi anni a nuove prospettive di cooperazione, il beato Marco d'Aviano ricorda che la sua unità sarà più salda se basata sulle comuni radici cristiane.

5. Sorprendente è quanto Iddio ha compiuto attraverso Maria Cristina Brando. La sua è una spiritualità eucaristica ed espiatrice, che si articola in due linee come "due rami che partono dallo stesso tronco": l'amore di Dio e quello del prossimo. Il desiderio di prendere parte alla passione di Cristo viene come "travasato" nelle opere educative, finalizzate a rendere le persone consapevoli della loro dignità e ad aprirsi all'amore misericordioso del Signore.

6. Protesa interamente a diffondere l'amore ai Cuori di Cristo e di Maria fu la beata Eugenia Ravasco. Contemplando questi due Cuori, Ella si appassionò al servizio del prossimo e consumò la vita con letizia per i giovani e i poveri. Seppe aprirsi con lungimiranza alle urgenze missionarie, con una speciale sollecitudine per i "lontani" dalla Chiesa.

L'espressione: "fare il bene per amore del Cuore di Gesù" e "bruciare del desiderio del bene degli altri, specialmente della gioventù", ben sintetizza il suo carisma, che ha consegnato al suo Istituto.

7. Sulla medesima scia si colloca la beata Maria Domenica Mantovani. Questa degna figlia della terra veronese, discepola del beato Giuseppe Nascimbeni, si ispirò alla santa Famiglia di Nazaret per farsi "tutta a tutti", sempre attenta alle necessità del "povero popolo". Straordinario fu il suo modo di essere fedele in ogni circostanza sino all'ultimo respiro alla volontà di Dio, dal quale si sentiva amata e chiamata. Che bell'esempio di santità per ogni credente!

8. Che dire, poi, della beata Giulia Salzano? Precorrendo i tempi, fu un’apostola della nuova evangelizzazione, nella quale unì l'azione apostolica alla preghiera, offerta senza sosta specialmente per la conversione delle persone "indifferenti".

Questa nuova Beata ci incoraggia a perseverare nella fede e a non perdere mai la fiducia in Dio, che tutto opera. Chiamati ad essere gli apostoli dei tempi moderni, possano i credenti ispirarsi anche alla beata Giulia Salzano "per infondere in tante creature la carità immensa di Cristo".

9. "Eterna è la misericordia di Dio!", che risplende in ciascuno dei nuovi Beati. Attraverso di loro Iddio ha realizzato grandi meraviglie! Davvero eterna, o Signore, è la tua misericordia! Tu non abbandoni chi a Te ricorre. Insieme a questi nuovi Beati con filiale fiducia ti ripetiamo: Gesù, confido in Te!

Aiutaci, Maria, Madre della Misericordia, a proclamare con la nostra esistenza che "eterna è la misericordia di Dio". Ora e sempre. Amen! Alleluia!

VIAGGIO APOSTOLICO


DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II


IN SPAGNA


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SANTA MESSA CON CANONIZZAZIONI

OMELIA DEL SANTO PADRE


Plaza de Colón, Madrid

III Domenica di Pasqua, 4 maggio 2003




1. "Siate testimoni della mia risurrezione" (cfr Lc 24,46-48), Gesù dice ai suoi Apostoli nel racconto del Vangelo appena proclamato. Missione difficile e impegnativa, affidata a uomini che ancora non osano mostrarsi in pubblico per paura di essere riconosciuti come discepoli del Nazareno. Ciononostante, la prima lettura ci ha presentato Pietro che, una volta ricevuto lo Spirito Santo a Pentecoste, ha il coraggio di proclamare dinanzi al popolo la risurrezione di Gesù e di esortare al pentimento e alla conversione.

Da allora la Chiesa, con la forza dello Spirito Santo, continua a proclamare questo annuncio straordinario a tutti gli uomini di tutti i tempi. E il Successore di Pietro, pellegrino in terra spagnola, vi ripete: Spagna, seguendo un passato di coraggiosa evangelizzazione, sii ancora oggi testimone di Gesù Cristo risorto!

2. Saluto con affetto tutto il popolo di Dio venuto dalle diverse regioni del Paese e qui riunito per partecipare a questa solenne celebrazione. Porgo un rispettoso e deferente saluto alle Loro Maestà i Reali di Spagna e alla Famiglia Reale. Ringrazio cordialmente per le gentili parole il Cardinale Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid. Saluto i Cardinali e i Vescovi spagnoli, i sacerdoti e le persone consacrate; saluto anche con affetto i membri degli Istituti legati ai nuovi Santi.

Ringrazio in modo particolare per la loro presenza qui il Presidente del Governo e i Presidenti delle Comunità Autonome, come pure le Autorità civili, che hanno offerto la loro valida collaborazione per la realizzazione dei vari momenti di questa visita.

3. I nuovi Santi si presentano oggi dinanzi a noi come veri discepoli del Signore e testimoni della sua Risurrezione.

San Pedro Poveda, cogliendo l'importanza della funzione sociale dell'educazione, realizzò un importante compito umanitario ed educativo fra gli emarginati e i bisognosi. Fu maestro di preghiera, pedagogo della vita cristiana e dei rapporti fra la fede e la scienza, convinto che i cristiani dovessero apportare valori e impegni sostanziali per la costruzione di un mondo più giusto e solidale. Concluse la sua esistenza con la corona del martirio.

San José María Rubio visse il suo sacerdozio prima come diocesano e poi come gesuita, con un dono totale di sé all'apostolato della Parola e dei Sacramenti, dedicando molte ore al confessionale e guidando numerosi corsi di esercizi spirituali, nei quali formò molti cristiani che poi sarebbero morti martiri durante la persecuzione religiosa in Spagna. "Fare quello che Dio vuole e volere quello che Dio fa", era il suo motto.

4. Santa Genoveva Torres fu strumento della tenerezza di Dio verso le persone sole e bisognose di amore, di consolazione e di cure nel corpo e nello spirito. La nota caratteristica che dava impulso alla sua spiritualità era l'adorazione riparatrice dell'Eucaristia, fondamento a partire dal quale svolse un apostolato pieno di umiltà e semplicità, di abnegazione e di carità.

Uguale amore e sensibilità verso i poveri portò Santa Ángela de la Cruz a fondare la sua "Compagnia della Croce", con una dimensione caritativa e sociale a favore dei più bisognosi e con un impatto enorme sulla Chiesa e sulla società sivigliana della sua epoca. I suoi tratti distintivi erano la naturalità e la semplicità, ricercando la santità con uno spirito di mortificazione, al servizio di Dio nei fratelli.

Santa Maravillas de Jesús visse animata da una fede eroica, plasmata nella risposta a una vocazione austera, ponendo Dio al centro della sua esistenza. Superate le tristi circostanze della Guerra Civile spagnola, realizzò nuove fondazioni dell'Ordine del Carmelo informate allo spirito caratteristico della riforma teresiana. La sua vita contemplativa e la clausura del monastero non le impedirono di rispondere ai bisogni delle persone che frequentava e di promuovere opere sociali e caritative attorno a sé.

5. I nuovi Santi hanno volti molto concreti e la loro storia è ben nota. Qual è il loro messaggio? Le loro opere, che ammiriamo e per le quali rendiamo grazie a Dio, non si devono alle loro forze o alla sapienza umana, ma all'azione misteriosa dello Spirito Santo, che ha suscitato in essi un'adesione incrollabile a Cristo crocifisso e risorto e il proposito di imitarlo. Cari fedeli cattolici di Spagna: lasciatevi interpellare da questi meravigliosi esempi!

Nel rendere grazie al Signore per i tanti doni che ha distribuito in Spagna, vi invito a chiedere con me che in questa terra continuino a fiorire nuovi Santi. Nasceranno altri frutti di santità se le comunità ecclesiali mantengono la loro fedeltà al Vangelo che, secondo una venerabile tradizione, fu predicato fin dai primi tempi del cristianesimo e si è conservato attraverso i secoli.

Nasceranno nuovi frutti di santità se la famiglia sa restare unita, come autentico santuario dell'amore e della vita. "Questa fede cristiana e cattolica... costituisce l'identità del popolo spagnolo", ho detto in occasione del mio pellegrinaggio a Santiago de Compostela (Messa per il Pellegrino, 9-11-1982). Conoscere e approfondire il passato di un popolo significa rafforzare e arricchire la sua stessa identità. Non abbandonate le vostre radici cristiane! Solo così sarete capaci di apportare al mondo e all'Europa la ricchezza culturale della vostra storia.

6. "Aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture" (Lc 24,45). Cristo risorto illumina gli Apostoli affinché il loro annuncio possa essere compreso e si trasmetta integro a tutte le generazioni; affinché l'uomo udendo creda, credendo speri, e sperando ami (cfr Sant'Agostino, De catechizandis rudibus, 4, 8). Predicando Gesù Cristo risorto la Chiesa desidera annunciare a tutti gli uomini un cammino di speranza e accompagnarli all'incontro con Cristo.

Nel celebrare questa Eucaristia, invoco su tutti voi il grande dono della fedeltà ai vostri impegni cristiani. Ve lo conceda Dio Padre per intercessione della Santissima Vergine, venerata in Spagna con tanti titoli, e dei nuovi Santi
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SANTA MESSA CON ORDINAZIONI PRESBITERALI



IV Domenica di Pasqua, 11 maggio 2003




1. "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11).

Nella pagina evangelica, che l'odierna liturgia ci propone, Gesù definisce se stesso come il Buon Pastore che offre la vita per il suo gregge.

Il mercenario, che non sente come sue le pecore, dinanzi alle difficoltà e ai pericoli le abbandona e fugge. Il pastore invece, che conosce le pecore una ad una, stabilisce con esse un rapporto di familiarità così profondo da essere disposto a dare la vita per loro.

Esempio sublime di dedizione amorevole, Gesù invita i suoi discepoli, in particolare i sacerdoti, a seguire le sue stesse orme. Chiama ogni presbitero ad essere buon pastore del gregge che la Provvidenza gli affida.

2. Oggi, carissimi ordinandi presbiteri, anche voi venite configurati al Buon Pastore, diventando collaboratori dei successori degli Apostoli.

Vi saluto tutti con affetto. Saluto anzitutto il Cardinale Vicario, Mons. Vicegerente e i Vescovi Ausiliari. Saluto i Rettori e i Superiori del Pontificio Seminario Romano Maggiore e del Seminario diocesano Redemptoris Mater, che hanno curato la vostra formazione. Saluto il Cardinale Andrzej Maria Deskur e i formatori dei "Figli della Croce", i responsabili e i formatori di quanti, tra voi, appartengono alla Società di Nostra Signora della Santissima Trinità e alla Società dell'Apostolato Cattolico.

Viva riconoscenza desidero esprimere alle vostre comunità parrocchiali, alle associazioni, ai movimenti e ai gruppi di appartenenza. Un grazie a quanti vi hanno aiutato a riconoscere e ad accogliere la chiamata del Signore, e specialmente alle vostre famiglie, che vi hanno educato alla fede e oggi gioiscono insieme con voi.

3. Carissimi ordinandi, questo giorno rimarrà indimenticabile per ognuno di voi. Quest'oggi voi siete "promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re", prendendo parte al suo ministero "per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo" (Presbyterorum Ordinis PO 1).

Vorrei semplicemente richiamare alla vostra attenzione alcuni tratti che evidenziano chi è nel progetto salvifico di Dio il sacerdote, e che cosa la Chiesa e il mondo attendono da lui. Il sacerdote è l'uomo della Parola, a cui spetta il compito di portare l'annuncio evangelico agli uomini ed alle donne del suo tempo. Egli deve farlo con vivo senso di responsabilità, impegnandosi ad essere sempre in piena sintonia con il magistero della Chiesa. Egli è anche l'uomo dell'Eucaristia, mediante la quale egli penetra nel cuore del Mistero pasquale. Specialmente nella Santa Messa egli avverte l'esigenza di una sempre più intima configurazione a Gesù Buon Pastore, sommo ed eterno Sacerdote.

Cibatevi, dunque, della parola di Dio; intrattenetevi ogni giorno con Cristo presente realmente nel sacramento dell'Altare. Lasciatevi raggiungere dall'amore infinito del suo Cuore, prolungate l'adorazione eucaristica nei momenti importanti della vostra vita, in quelli delle decisioni personali e pastorali difficili, all'inizio e al termine delle vostre giornate. Posso assicurarvi che io "ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!" (Ecclesia de Eucharistia, 25).

4. Configurati a Cristo Buon Pastore, cari ordinandi, voi sarete i ministri della divina misericordia. Amministrerete il sacramento della Riconciliazione, adempiendo così il mandato trasmesso dal Signore agli Apostoli dopo la risurrezione: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22-23). Di quanti miracoli e prodigi operati dalla misericordia di Dio nel confessionale diventerete testimoni!

Ma per poter compiere degnamente la missione che oggi vi è affidata, dovrete mantenervi in unione costante con Dio nella preghiera, e fare voi stessi esperienza del suo amore misericordioso mediante una regolare pratica della Confessione, lasciandovi anche guidare da esperti consiglieri spirituali, soprattutto nei momenti impegnativi dell'esistenza.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle della Diocesi di Roma e voi che fate corona a questi ordinandi! Il sacerdote, chiamato in special modo a tendere alla santità, è per l'intero popolo cristiano il testimone dell'amore e della gioia di Cristo. Sull'esempio del Buon Pastore, egli aiuta i credenti a seguire Cristo, ricambiando il suo amore. Siate vicini ai vostri sacerdoti; accompagnateli con costante preghiera e domandate al Signore con insistenza che non manchino operai nella sua messe.

E Tu, Maria, "Donna eucaristica", Madre e modello di ogni sacerdote, sii accanto a questi tuoi figli oggi e lungo gli anni del loro ministero pastorale. Come l'apostolo Giovanni, essi oggi Ti accolgono "nella loro casa". Fa' che conformino la vita al divino Maestro che li ha scelti come suoi ministri.

L'"eccomi", poc'anzi pronunciato da ciascuno con giovanile entusiasmo, si esprima ogni giorno nella generosa adesione ai compiti del ministero e fiorisca nella gioia del "magnificat" per le "grandi cose" che la misericordia di Dio vorrà operare attraverso le loro mani. Amen
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CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI QUATTRO BEATI



V Domenica di Pasqua, 18 maggio 2003

1. "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Jn 15,5 cfr Canto al Vangelo ).Le parole rivolte da Gesù agli Apostoli, al termine dell'Ultima Cena, costituiscono un toccante invito anche per noi, suoi discepoli del terzo millennio. Solo chi Gli rimane intimamente unito - innestato a Lui come il tralcio alla vite - riceve la linfa vitale della sua grazia. Solo chi vive in comunione con Dio produce frutti abbondanti di giustizia e di santità.

Testimoni di questa fondamentale verità evangelica sono i Santi che ho la gioia di canonizzare in questa quinta domenica di Pasqua. Due di essi provengono dalla Polonia: Józef Sebastian Pelczar, Vescovo, fondatore della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù; Urszula Ledóchowska, vergine, fondatrice delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante. Le altre due Sante sono italiane: Maria De Mattias, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo; Virginia Centurione Bracelli, laica, fondatrice delle Suore di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario e delle Suore Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario.

2. "Doskonalosc jest jak owe miasto Objawienia (Ap 21), majace dwanascie bram, wychodzacych na wszystkie strony swiata, na znak, ze ludzie wszelkiego narodu, stanu i wieku wejsc przez nie moga. (...) Zaden stan lub wiek nie jest przeszkoda do zycia doskonalego. Bóg bowiem nie ma wzgledu na rzeczy zewnetrzne (...), ale na dusze (...), a zada tylko tyle, ile dac mozemy". Tymi slowami nasz nowy swiety Józef Sebastian Pelczar wyrazal swoja wiare w powszechne powolanie do swietosci. Tym przekonaniem zyl jako kaplan, profesor i biskup. Sam do swietosci dazyl i innych do niej prowadzil. Dokladal wszelkiej gorliwosci, ale tak to czynil, aby w jego posludze sam Chrystus byl Nauczycielem i Mistrzem.

Dewiza jego zycia bylo zawolanie: "Wszystko dla Najswietszego Serca Jezusowego przez Niepokalane Rece Najswietszej Maryi Panny". To ono ksztaltowalo jego duchowa sylwetke, której charakterystycznym rysem jest zawierzenie siebie, calego swego zycia i poslugi, Chrystusowi przez Maryje.

Swoje oddanie Chrystusowi pojmowal nade wszystko jako odpowiedz na Jego milosc, jaka zawarl i objawil w sakramencie Eucharystii. "Zdumienie – mówil - musi ogarnac kazdego, gdy pomysli, ze Pan Jezus, majac odejsc do Ojca na tron chwaly, zostal z ludzmi na ziemi. Milosc Jego wynalazla ten cud cudów, (...) ustanawiajac Najswietszy Sakrament". To zdumienie wiary nieustannie budzil w sobie i w innych. Ono prowadzilo go tez ku Maryi. Jako biegly teolog nie mógl nie widziec w Maryi Tej, która "w tajemnicy Wcielenia antycypowala takze wiare eucharystyczna Kosciola"; Tej, która noszac w lonie Slowo, które stalo sie cialem, w pewnym sensie byla "tabernakulum" - pierwszym "tabernakulum" w historii (por. Ecclesia de Eucharistia, 55). Zwracal sie wiec do Niej z dzieciecym oddaniem i z ta miloscia, która wyniósl z domu rodzinnego, i innych do tej milosci zachecal. Do zalozonego przez siebie Zgromadzenia Sluzebnic Najswietszego Serca Jezusowego pisal: "Posród pragnien Serca Jezusowego jednym z najgoretszych jest to, by Najswietsza Jego Rodzicielka byla czczona od wszystkich i milowana, raz dlatego, ze Ja Pan sam niewypowiedzianie miluje, a po wtóre, ze Ja uczynil Matka wszystkich ludzi, zeby Ona swa slodkoscia pociagala do siebie nawet tych, którzy uciekaja od swietego Krzyza i wiodla ich do Serca Boskiego".

Wynoszac do chwaly oltarzy Józefa Sebastiana, modle sie za jego wstawiennictwem, aby blask jego swietosci byl dla sióstr sercanek, Kosciola w Przemyslu i dla wszystkich wierzacych w Polsce i na swiecie zacheta do takiego umilowania Chrystusa i Jego Matki.

["La perfezione è come quella città dell’Apocalisse (Ap 21), con dodici porte che si aprono verso tutte le parti del mondo, come segno che gli uomini di ogni nazione, di ogni stato e di ogni età possono attraversarle. (...) Nessuno stato o nessuna età sono ostacolo ad una vita perfetta. Dio infatti non considera le cose esterne (...), ma l’anima (...), ed esige soltanto tanto quanto possiamo dare". Con queste parole, il nostro nuovo santo Giuseppe Sebastiano Pelczar esprimeva la propria fede nella chiamata universale alla santità. Di questa convinzione visse come sacerdote, come professore , e come vescovo. Tendeva alla santità egli stesso e ad essa conduceva gli altri. Fu zelante in ogni cosa, ma lo fece in modo che nel suo servizio Cristo stesso fosse il Maestro.

Il motto della sua vita era: "Tutto per il Sacratissimo Cuore di Gesù per le mani immacolate della Santissima Vergine Maria". Fu esso a formare la sua figura spirituale, la cui caratteristica fu l’affidare a Cristo per mezzo di Maria se stesso, la propria vita, il proprio ministero.

Intendeva il suo dono a Cristo soprattutto come risposta al suo amore, racchiuso e rivelato nel sacramento dell’Eucaristia. Diceva: "Ogni uomo deve essere preso dallo stupore al pensiero che il Signore Gesù, dovendo andare al Padre su un trono di gloria, rimase sulla terra con gli uomini. Il suo amore ha inventato questo miracolo dei miracoli, istituendo il Santissimo Sacramento". Incessantemente destava in sé e negli altri questo stupore della fede. Fu esso a condurlo anche a Maria. Come esperto teologo, non poteva fare a meno di vedere in Maria colei che "nel mistero dell’Incarnazione anticipava anche la fede eucaristica della Chiesa"; colei che portando nel grembo il Verbo, che si fece carne, fu in un certo senso il "tabernacolo" - il primo "tabernacolo" nella storia (cfr. Ecclesia de Eucharistia, 55). Si rivolgeva dunque a Lei con filiale dedizione e con quell’amore che aveva portato dalla casa paterna, ed incoraggiava gli altri a tale amore. Scriveva alla Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, da lui fondata: "Tra i desideri del Sacro Cuore di Gesù uno dei più ardenti è quello che la sua Santissima Madre sia venerata ed amata da tutti, primo, perché il Signore stesso l’ama in modo ineffabile, e poi perché la fece madre di tutti gli uomini, affinché, con la sua dolcezza attirasse a sé persino coloro che fuggono dalla santa Croce e li conducesse al Cuore Divino".

Elevando alla gloria degli altari Giuseppe Sebastiano Pelczar, chiedo che per sua intercessione lo splendore della sua santità sia per le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, per la Chiesa di Przemysl e per tutti i credenti in Polonia e nel mondo un incoraggiamento a questo amore verso Cristo e verso la sua Madre.]

3. Swieta Urszula Ledóchowska przez cale swe zycie wiernie i z miloscia wpatrywala sie w oblicze Chrystusa, swego Oblubienca. W sposób szczególny jednoczyla sie z Chrystusem konajacym na Krzyzu. To zjednoczenie napelnialo ja niezwykla gorliwoscia w dziele gloszenia slowem i czynem Dobrej Nowiny o milosci Boga. Niosla ja przede wszystkim dzieciom i mlodziezy, ale tez osobom znajdujacym sie w potrzebie, ubogim, opuszczonym, samotnym. Do nich wszystkich mówila jezykiem milosci popartej czynem. Z przeslaniem Bozej milosci przemierzyla Rosje, kraje skandynawskie, Francje i Wlochy. Byla w swoich czasach apostolka nowej ewangelizacji, dajac swym zyciem i dzialaniem dowód, ze milosc ewangeliczna jest zawsze aktualna, twórcza i skuteczna.

I ona czerpala natchnienie i sily do wielkiego dziela apostolstwa z umilowania Eucharystii. Pisala: "Mam milowac bliznich jak Jezus mnie umilowal. Bierzcie i jedzcie me sily, bo one sa do waszej dyspozycji (...). Bierzcie i jedzcie moje zdolnosci, moja umiejetnosc (...), me serce - niech swa miloscia rozgrzewa i rozjasnia zycie wasze (...). Bierzcie i jedzcie mój czas - niech on bedzie do waszej dyspozycji. Jam wasza, jak Jezus jest mój". Czy w tych slowach nie brzmi echo oddania, z jakim Chrystus w Wieczerniku ofiarowal samego siebie Uczniom wszystkich czasów?

Zakladajac Zgromadzenie Sióstr Urszulanek Serca Jezusa Konajacego przekazala mu tego ducha. "Przenajswietszy Sakrament - pisala - to slonce zycia naszego, to nasz skarb, nasze szczescie, nasze wszystko na ziemi. (...) Kochajcie Jezusa w tabernakulum! Tam niech serce wasze czuwa, choc cialo przy pracy, przy zajeciu. Tam Jezus, a Jezusa trzeba nam kochac tak goraco, tak serdecznie. Jesli nie umiemy kochac, to przynajmniej pragnijmy kochac - kochac coraz wiecej".

W swietle tej eucharystycznej milosci swieta Urszula w kazdej okolicznosci umiala dostrzec znak czasu, aby sluzyc Bogu i braciom. Ona wiedziala, ze dla czlowieka wierzacego kazde, nawet najmniejsze wydarzenie staje sie okazja do realizowania planów Bozych. To, co zwyczajne czynila nadzwyczajnym; codzienne zamieniala w ponadczasowe; to, co przyziemne czynila swietym.

Jezeli dzis swieta Urszula staje sie przykladem swietosci dla wszystkich wierzacych, to dlatego, ze jej charyzmat moze byc podjety przez kazdego, kto w imie milosci Chrystusa i Kosciola chce skutecznie dawac swiadectwo Ewangelii we wspólczesnym swiecie. Wszyscy mozemy uczyc sie od niej, jak z Chrystusem budowac swiat bardziej ludzki - swiat, w którym coraz pelniej beda realizowane takie wartosci, jak: sprawiedliwosc, wolnosc, solidarnosc, pokój. Od niej mozemy uczyc sie jak na co dzien realizowac „nowe" przykazanie milosci.

[Sant’Orsola Ledóchowska, per tutta la sua vita, con fedeltà e con amore, fissava con lo sguardo il volto di Cristo, suo Sposo. In modo particolare si univa a Cristo agonizzante sulla Croce. Tale unione la colmava di uno straordinario zelo nell’opera dell’annunciare, con parole ed opere, la Buona Novella dell’amore di Dio. La portava prima di tutto ai bambini e ai giovani, ma anche a tutti coloro che si trovavano nel bisogno, ai poveri, agli abbandonati, ai soli. A tutti si rivolgeva con il linguaggio dell’amore provato con le opere. Con il messaggio dell’amore di Dio attraversò la Russia, i Paesi scandinavi, la Francia e l’Italia. Ai suoi tempi fu un’apostola della nuova evangelizzazione, dando con la sua vita e con la sua attività la prova di una costante attualità, creatività ed efficacia dell’amore evangelico.

Anche lei attingeva dall’amore per l’Eucaristia l’ispirazione e la forza per la grande opera dell’apostolato. Scriveva: "Devo amare il prossimo come Gesù ha amato me. Prendete e mangiate... Mangiate le mie forze, sono a vostra disposizione (...). Prendete e mangiate le mie capacità, il mio talento (...), il mio cuore, affinché con il suo amore esso riscaldi e illumini la vostra vita (...). Prendete e mangiate il mio tempo, sia a vostra disposizione. (...) sono vostra come Gesù-Ostia è mio". Non risuona in queste parole l’eco di un dono con il quale Cristo, nel Cenacolo, offrì se stesso ai Discepoli di ogni tempo?

Fondando la Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, trasmise ad essa questo spirito. "Il Santissimo Sacramento - scrisse - è il sole della nostra vita, il nostro tesoro, la nostra felicità, il nostro tutto sulla terra. (...) Amate Gesù nel tabernacolo! Là rimanga sempre il vostro cuore anche se materialmente siete al lavoro. Là è Gesù, che dobbiamo amare ardentemente, con tutto il cuore. E se non sappiamo amarlo, desideriamo almeno di amarlo - di amarlo sempre più".

Alla luce di quest’amore eucaristico Sant’Orsola sapeva scorgere in ogni circostanza un segno del tempo, per servire Dio e i fratelli. Sapeva, che per chi crede, ogni evento, persino il più piccolo diventa un’occasione per realizzare i piani di Dio. Quello che era ordinario, lo faceva diventare straordinario; ciò che era quotidiano lo mutava perché diventasse perenne; ciò che era banale lei lo rendeva santo.

Se oggi Sant’Orsola diventa esempio di santità per tutti i credenti, è perché il suo carisma possa essere accolto da chi nel nome dell’amore di Cristo e della Chiesa voglia in modo efficace testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi. Tutti possiamo imparare da lei come edificare con Cristo un mondo più umano - un mondo in cui verranno realizzati sempre più pienamente valori come la giustizia, la libertà, la solidarietà, la pace. Da lei possiamo imparare come mettere in pratica ogni giorno il comandamento "nuovo" dell’amore.]

4. "Questo è il suo comandamento: che crediamo... e ci amiamo gli uni gli altri" (1Jn 3,23). L'apostolo Giovanni esorta ad accogliere l'amore sconfinato di Dio, che per la salvezza del mondo ha dato il suo Figlio unigenito (cfr Jn 3,16). Questo amore si è espresso in modo sublime quando è espresso in modo sublime quando Cristo ha versato il suo Sangue quale "prezzo infinito del riscatto" per l'intera umanità. Dal mistero della Croce fu interiormente conquistata Maria De Mattias, che pose l'Istituto delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo "sotto lo stendardo del Divin Sangue". L'amore per Gesù crocifisso si tradusse in lei in passione per le anime e in un'umile dedizione ai fratelli, al "caro prossimo", come amava ripetere. "Animiamoci – esortava - a patire volentieri per amore di Gesù che con tanto amore ha dato il sangue per noi. Fatichiamo per guadagnare anime al cielo".

Questo messaggio Santa Maria De Mattias affida ai suoi figli e alle sue figlie spirituali quest'oggi, spronando tutti a seguire fino al sacrificio della vita l'Agnello immolato per noi.

5. Lo stesso amore sostenne Virginia Centurione Bracelli. Seguendo l'esortazione dell'apostolo Giovanni, volle amare non soltanto "a parole", o "con la lingua", ma "coi fatti e nella verità" (cfr 1Jn 3,18). Mettendo da parte le sue nobili origini, si dedicò all'assistenza degli ultimi con straordinario zelo apostolico. L'efficacia del suo apostolato scaturiva da una adesione incondizionata alla volontà divina, che si alimentava di incessante contemplazione e di ascolto obbediente della parola del Signore.

Innamorata di Cristo, e per Lui pronta a donare se stessa ai fratelli, santa Virginia Centurione Bracelli lascia alla Chiesa la testimonianza di una santità semplice e feconda. Il suo esempio di coraggiosa fedeltà evangelica continua ad esercitare un forte fascino anche sulle persone del nostro tempo. Soleva dire: quando si ha come fine Dio soltanto, "tutte le opposizioni si spianano, tutte le difficoltà si vincono" (Positio, 86).

6. "Rimanete in me!". Nel Cenacolo Gesù ha più volte ripetuto questo invito, che san Józef Sebastian Pelczar, santa Urszula Ledóchowska, santa Maria De Mattias e santa Virginia Centurione Bracelli hanno accolto con totale fiducia e disponibilità. E' un invito pressante e amorevole rivolto a tutti i credenti. "Se rimarrete in me - assicura il Signore - e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato" (Jn 15,7).

Possa ciascuno di noi sperimentare nella propria esistenza l'efficacia di questa assicurazione di Gesù.

Ci sia di aiuto Maria, Regina dei Santi e modello di perfetta comunione con il suo divin Figlio. Ci insegni a restare "innestati" a Gesù, come tralci alla vite, e a non separarci mai dal suo amore. Nulla, infatti, possiamo senza di Lui, perché la nostra vita è Cristo vivo e presente nella Chiesa e nel mondo. Oggi e sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo
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GPII Omelie 1996-2005 373