GPII Omelie 1996-2005 416

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CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA DOMENICA DI PENTECOSTE



Sabato, 29 maggio 2004

1. Veni, creator Spiritus!

Da ogni parte della Chiesa, nella solennità di Pentecoste, si leva unanime questo canto: Veni, creator Spiritus! Il Corpo mistico di Cristo, sparso in tutta la terra, invoca lo Spirito da cui trae vita, il Soffio vitale che anima il suo essere e il suo agire.

Le antifone dei Salmi ci hanno ricordato poc’anzi quale fu l’esperienza dei discepoli nel Cenacolo: "Al compiersi della Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, erano tutti riuniti" (1 ant.); "Lingue di fuoco su ognuno degli Apostoli: lo Spirito di Dio appariva nel mondo" (2 ant.).

Riviviamo quella stessa esperienza spirituale anche noi, riuniti in questa Piazza, diventata un grande Cenacolo. E come noi, innumerevoli comunità diocesane e parrocchiali, associazioni, movimenti e gruppi in ogni parte del mondo levano al Cielo la comune invocazione: Vieni, Santo Spirito!

2. Saluto i Signori Cardinali e gli altri Presuli e sacerdoti presenti. Saluto tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, che avete voluto prender parte a questa suggestiva Celebrazione.

Invio ora il mio pensiero ai numerosi giovani che da Lednica, in Polonia, sono uniti a noi attraverso la radio e la televisione.

Z Placu sw. Piotra kieruje moje serdeczne pozdrowienie do mlodych zgromadzonych na modlitewnym czuwaniu w Lednicy. Modle sie z wami, drodzy moi Przyjaciele, o dar Ducha Swietego. Niech Pocieszyciel, Duch Prawdy napelni Was miloscia Chrystusa, któremu zawierzacie Wasza przyszlosc. Z serca Wam blogoslawie.

[Da Piazza San Pietro indirizzo il mio cordiale saluto ai giovani radunati nella veglia di preghiera a Lednica. Prego con voi, cari miei amici, per il dono dello Spirito Santo. Il Consolatore, lo Spirito di verità, vi colmi dell’amore di Cristo, a cui affidate il vostro futuro. Vi benedico di cuore.]

3. Saluto in modo speciale i membri del Rinnovamento nello Spirito, una delle varie espressioni della grande famiglia del movimento carismatico cattolico. Grazie al movimento carismatico tanti cristiani, uomini e donne, giovani e adulti, hanno riscoperto la Pentecoste come realtà viva e presente nella loro esistenza quotidiana. Auspico che la spiritualità della Pentecoste si diffonda nella Chiesa, quale rinnovato slancio di preghiera, di santità, di comunione e di annuncio.

Incoraggio a questo proposito l’iniziativa denominata "Roveto Ardente", promossa dal Rinnovamento dello Spirito. Si tratta di un’adorazione incessante, giorno e notte, davanti al Santissimo Sacramento; un invito ai fedeli a "ritornare al Cenacolo" perché, uniti nella contemplazione del Mistero eucaristico, intercedano per la piena unità dei cristiani e per la conversione dei peccatori. Auguro di cuore che questa iniziativa conduca molti a riscoprire i doni dello Spirito, che hanno nella Pentecoste la loro fonte sorgiva.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! La celebrazione di questa sera mi richiama alla mente il memorabile incontro con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità della vigilia di Pentecoste di sei anni fa. Fu una straordinaria epifania dell’unità della Chiesa, nella ricchezza e varietà dei carismi, che lo Spirito Santo elargisce in abbondanza. Quanto ebbi a osservare in quella occasione lo ripeto ora con forza: i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono una "risposta provvidenziale", "suscitata dallo Spirito Santo", all’odierna domanda di nuova evangelizzazione, per la quale sono necessarie "personalità cristiane mature" e "comunità cristiane vive" (cfr Insegnamenti XXI, 1 [1998], p. 1123).

Per questo dico anche a voi: "Apritevi con docilità ai doni dello Spirito! Accogliete con gratitudine e obbedienza i carismi che lo Spirito non cessa di elargire! Non dimenticate che ogni carisma è dato per il bene comune, cioè a beneficio di tutta la Chiesa!" (ivi, p. 1122).

5. Veni, Sancte Spiritus!

In mezzo a noi, con le mani alzate, sta la Vergine orante, Madre di Cristo e della Chiesa.

Insieme con Lei, imploriamo ed accogliamo il dono dello Spirito Santo, luce di verità, forza di autentica pace. Lo facciamo con le parole dell’antifona al Magnificat, che tra poco canteremo:

"Vieni, Spirito Santo, / riempi i cuori dei tuoi fedeli, / e accendi in essi il fuoco del tuo amore: / tu che nella varietà delle lingue umane / raduni i popoli nell’unica fede, alleluia".

Sancte Spiritus, veni!
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VIAGGIO APOSTOLICO A BERN IN OCCASIONE DELL’INCONTRO NAZIONALE DEI GIOVANI CATTOLICI DELLA SVIZZERA

SANTA MESSA NEL PRATO DELL'ALMEND DI BERN


Solennità della Santissima Trinità

Domenica, 6 giugno 2004

"Sia benedetto Dio Padre / e l’unigenito Figlio di Dio / e lo Spirito Santo: / perché grande è il suo amore per noi" (Ant. d’ingresso)


1. In questa prima domenica dopo la Pentecoste la Chiesa ci invita a celebrare il mistero della Santissima Trinità. Lo facciamo, carissimi Fratelli e Sorelle, nello stupendo scenario delle vette innevate, delle verdi vallate ricche di fiori e di frutti, dei numerosi laghi e torrenti che fanno bella la vostra Terra. Ci guida in questa riflessione la prima Lettura, che ci ha portati a contemplare la Sapienza divina quando "fissava i cieli… condensava le nubi in alto… fissava le sorgenti dell’abisso… stabiliva al mare i suoi limiti… disponeva le fondamenta della terra" (Pr 8,27-29).

Il nostro sguardo, però, non si rivolge solo al creato, "opera delle dita di Dio" (Sal. resp.); si fa attento specialmente alle presenze umane intorno a noi. Con affetto vi saluto, cari Fratelli e Sorelle di questa splendida regione posta nel cuore dell’Europa. Vorrei poter stringere la mano a ciascuno di voi per salutarlo personalmente e dirgli: "Il Signore è con te e ti ama!".

Saluto fraternamente i Vescovi della Svizzera, con il loro Presidente Mons. Amédée Grab, Vescovo di Chur, e Mons. Kurth Koch, Vescovo di Basel, che ringrazio per quanto mi ha detto a nome di tutti voi. Un deferente pensiero rivolgo poi al Signor Presidente della Confederazione Elvetica e alle altre Autorità, che ci onorano della loro presenza.

Un saluto particolare e pieno di affetto desidero riservare ai giovani cattolici della Svizzera, che ho incontrato ieri sera nella Bern Arena, dove abbiamo riascoltato insieme l’invito esigente ed entusiasmante di Gesù: "Alzati!". Cari giovani amici, sappiate che il Papa vi vuole bene, vi accompagna con la preghiera quotidiana, conta sulla vostra collaborazione alla causa del Vangelo e vi incoraggia con fiducia nel cammino della vita cristiana.

2. "Quanto hai rivelato della tua gloria noi lo crediamo", diremo nel Prefazio. La nostra assemblea eucaristica è testimonianza e proclamazione della gloria dell’Altissimo e della sua presenza operante nella storia. Sorretti dallo Spirito che il Padre ci ha inviato per mezzo del Figlio, "noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza" (Rm 5,3-4).

Carissimi, chiedo al Signore di poter essere in mezzo a voi testimone di speranza, di quella speranza che "non delude", perché fondata sull’amore di Dio che "è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rm 5,5). E’ di questo che il mondo ha oggi particolarmente bisogno: di un supplemento di speranza!

3. "Sei un solo Dio, un solo Signore" (Prefazio). Le tre Persone, uguali e distinte, sono un solo Dio. La loro distinzione reale non divide l’unità della natura divina.

Questa comunione profondissima Cristo ha proposto a noi, suoi discepoli, come modello: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). La celebrazione del mistero della Santissima Trinità costituisce per i cristiani ogni anno un forte richiamo all’impegno per l’unità. E’ un richiamo che tocca tutti, Pastori e fedeli, e tutti spinge ad una rinnovata consapevolezza della propria responsabilità nella Chiesa, Sposa di Cristo. Come non sentire impellente, di fronte a queste parole di Cristo, l’assillo ecumenico? Riaffermo, anche in questa circostanza, la volontà di avanzare sulla via difficile, ma ricca di gioia, della piena comunione di tutti i credenti.

E’ certo tuttavia che un forte contributo alla causa ecumenica viene dall’impegno dei cattolici di vivere l’unità al proprio interno. Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho sottolineato la necessità di "fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione" (n. NM 43), tenendo fisso lo sguardo del cuore "sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli" (ibid.). Si alimenta in tal modo quella "spiritualità della comunione" che, partendo dai luoghi in cui si plasma l’uomo e il cristiano, raggiunge le parrocchie, le associazioni, i movimenti. Una Chiesa locale in cui fiorisca la spiritualità della comunione saprà purificarsi costantemente dalle "tossine" dell’egoismo, che generano gelosie, diffidenze, smanie di auto-affermazione, contrapposizioni deleterie.

4. L’evocazione di questi rischi suscita in noi una spontanea preghiera allo Spirito Santo, che Gesù ha promesso di inviarci: "Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,13).

Che cos’è la verità? Gesù ha detto un giorno: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). La giusta formulazione della domanda non è dunque "Che cos’è la verità?", ma "Chi è la verità?".

Questa è la domanda che si pone anche l’uomo del terzo millennio. Cari Fratelli e Sorelle, non possiamo tacere la risposta, perché noi la conosciamo! La verità è Gesù Cristo, venuto nel mondo per rivelarci e donarci l’amore del Padre. Siamo chiamati a testimoniare questa verità con la parola e soprattutto con la vita!

5. Carissimi, la Chiesa è missione! Essa ha bisogno anche oggi di "profeti" capaci di risvegliare nelle comunità la fede nel Verbo rivelatore del Dio ricco di misericordia (cfr Ep 2,4). E’ giunto il tempo di preparare giovani generazioni di apostoli che non abbiano paura di proclamare il Vangelo. Per ogni battezzato è essenziale passare da una fede di abitudine a una fede matura, che s’esprima in scelte personali chiare, convinte, coraggiose.

Solo una fede così, celebrata e condivisa nella liturgia e nella carità fraterna, può nutrire e fortificare la comunità dei discepoli del Signore ed edificarla in Chiesa missionaria, libera da false paure perché sicura dell’amore del Padre.

6. "L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rm 5,5). Non è un merito nostro; è un dono gratuito. Nonostante il peso dei nostri peccati, Dio ci ha amati e ci ha redenti nel sangue di Cristo. La sua grazia ci ha risanati nel profondo.

Possiamo perciò esclamare con il Salmista: "Come è grande, Signore, il tuo amore su tutta la terra!". Come è grande in me, negli altri, in ogni essere umano!

E’ questa la vera sorgente della grandezza dell’uomo, questa la radice della sua indistruttibile dignità. In ogni essere umano si rispecchia l’immagine di Dio. Sta qui la più profonda "verità" dell’uomo, che in nessun caso può essere disconosciuta o violata. Ogni oltraggio recato all’uomo si rivela, in definitiva, un oltraggio al suo Creatore, che lo ama con amore di Padre.

La Svizzera ha una grande tradizione in fatto di rispetto per l’uomo. E’ una tradizione che sta sotto il segno della Croce: la Croce Rossa !

Cristiani di questo nobile Paese, siate sempre all’altezza di questo vostro glorioso passato! In ogni essere umano sappiate riconoscere ed onorare l’immagine di Dio! Nell’uomo creato da Dio si rispecchia la gloria della Santissima Trinità.

Diciamo dunque: "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo: al Dio che è, che era e che viene" (Canto al Vangelo). Amen!
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SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA

SOLENNITÀ DEL SS.MO CORPO E SANGUE DI CRISTO


Basilica di San Giovanni in Laterano

Giovedì, 10 giugno 2004




1. “Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1Co 11,26).

Con queste parole san Paolo ricorda ai cristiani di Corinto che la “cena del Signore” non è solamente un incontro conviviale, ma anche - e soprattutto - il memoriale del sacrificio redentore di Cristo. Chi vi prende parte - spiega l’Apostolo - si unisce al mistero della morte del Signore, anzi, se ne fa “annunziatore”.

Vi è dunque uno strettissimo rapporto tra il “fare l’Eucaristia” e l’annunciare Cristo.Entrare in comunione con Lui nel memoriale della Pasqua significa, nello stesso tempo, diventare missionari dell’evento che quel rito attualizza; in un certo senso, significa renderlo contemporaneo ad ogni epoca, fino a quando il Signore ritornerà.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle, riviviamo questa stupenda realtà nell’odierna solennità del Corpus Domini, in cui la Chiesa non solo celebra l’Eucaristia, ma la reca solennemente in processione, annunciando pubblicamente che il Sacrificio di Cristo è per la salvezza del mondo intero.

Riconoscente per questo immenso dono, essa si stringe intorno al Santissimo Sacramento, perché lì è la fonte e il culmine del proprio essere ed agire. Ecclesia de Eucharistia vivit! Vive dell’Eucaristia la Chiesa e sa che questa verità non esprime soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in maniera sintetica il nucleo del mistero che essa stessa è (cfr Lett. enc. Ecclesia de Eucaristia, EE 1).

3. Da quando, con la Pentecoste, il Popolo della Nuova Alleanza “ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza” (ivi). Proprio pensando a questo ho voluto dedicare all’Eucaristia la prima Enciclica del nuovo millennio e sono lieto ora di annunciare uno speciale Anno dell’Eucaristia. Esso inizierà col Congresso Eucaristico Mondiale, in programma dal 10 al 17 ottobre 2004 a Gadalajara (Mexico), e terminerà con la prossima Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 2 al 29 ottobre 2005 e il cui tema sarà “L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”.

Mediante l’Eucaristia, la Comunità ecclesiale viene edificata quale nuova Gerusalemme, principio di unità in Cristo tra persone e popoli diversi.

4. “Date loro voi stessi da mangiare” (Lc 9,13).

La pagina evangelica che poc’anzi abbiamo ascoltato offre un’immagine efficace dell’intimo legame esistente tra l’Eucaristia e questa universale missione della Chiesa. Cristo, “pane vivo disceso dal cielo” (Jn 6,51 cfr Acclamazione al Vangelo), è l’unico che può saziare la fame dell’uomo in ogni tempo e in ogni parte della terra.

Egli, però, non vuole farlo da solo, e così, come nella moltiplicazione dei pani, coinvolge i discepoli: “Egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla” (Lc 9,16). Questo segno prodigioso è figura del più grande mistero d’amore che si rinnova ogni giorno nella Santa Messa: mediante i ministri ordinati, Cristo dona il suo Corpo e il suo Sangue per la vita dell’umanità. E quanti degnamente si nutrono alla sua Mensa, diventano strumenti vivi della sua presenza d’amore, di misericordia e di pace.

5. “Lauda, Sion, Salvatorem…! – Sion, loda il Salvatore / la tua guida, il tuo pastore / con inni e cantici”.

Con intima commozione sentiamo risuonare nel cuore questo invito alla lode e alla gioia. Al termine della Santa Messa recheremo processionalmente il Divin Sacramento sino alla basilica di Santa Maria Maggiore. Guardando a Maria, comprenderemo meglio la forza trasformante che l’Eucaristia possiede. Ponendoci in ascolto di Lei, troveremo nel mistero eucaristico il coraggio e il vigore per seguire Cristo Buon Pastore e per servirlo nei fratelli.
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SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


E OMELIA DEL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I


Martedì, 29 giugno 2004




Introduzione del Santo Padre all'omelia del Patriarca Ecumenico:

Carissimi Fratelli e Sorelle, il brano del Vangelo, che abbiamo appena ascoltato in latino e in greco, ci invita ad approfondire il significato dell’odierna Festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo.

Desidero ora invitarvi ad ascoltare le riflessioni che il Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, ci proporrà, tenendo presente che entrambe le nostre voci parlano di unità.
Omelia di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I


Santità,

con sentimenti di gioia e di tristezza, veniamo a Voi durante questo importante giorno della festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, per manifestare il nostro amore nei confronti della persona di Vostra Santità e verso tutti i membri della Chiesa sorella di Roma, che festeggia la sua festa patronale. Rallegrandoci con Voi che vi rallegrate, siamo però dispiaciuti perché manca ciò che avrebbe reso piena la gioia di entrambi, cioè il ristabilimento della piena comunione tra le nostre Chiese.

Oggi concentriamo la nostra attenzione sul lieto quarantesimo anniversario dell’incontro – nell’anno 1964 – dei nostri Predecessori di venerata memoria a Gerusalemme, incontro che ha messo fine al cammino del nostro reciproco allontanamento e ha costituito l’inizio di un nuovo cammino di avvicinamento delle nostre Chiese.

Durante questo nuovo cammino sono stati compiuti molti passi verso il reciproco avvicinamento. Sono stati avviati dialoghi, si sono realizzati incontri, sono state scambiate lettere; l’amore è cresciuto, ma non siamo ancora giunti al fine desiderato. Non è stato possibile eliminare in quarant’anni le contrapposizioni che si sono accumulate durante oltre novecento anni.

La speranza - che procede con la fede e con l’amore che sempre spera - è uno dei doni importanti di Dio. Anche noi speriamo che ciò che non è stato possibile fino ad oggi, sarà ottenuto in futuro e, ce lo auguriamo, in un futuro prossimo. Forse sarà un futuro lontano, ma la nostra attesa ed il nostro amore non sono costretti entro brevi limiti temporali. La nostra presenza oggi, qui, esprime in tutta evidenza il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali, affinché il nostro interesse si concentri sullo studio delle differenze essenziali e delle verità dogmatiche che fino ad oggi dividono le nostre Chiese, come pure sulla maniera di vivere la verità cristiana della Chiesa unita.

Lungi dal desiderio di ricollegare il nostro nome a traguardi che soltanto lo Spirito Santo può ottenere, non attribuiamo alle nostre azioni un’efficacia maggiore di quella che Dio si compiacerà di dare loro. Manifestando tuttavia il nostro desiderio, operiamo instancabilmente in vista di ciò per cui ogni giorno preghiamo: "l’unione di tutti". Sapendo dalla preghiera sacerdotale di nostro Signore Gesù Cristo quanto sia necessaria la nostra unità - affinché il mondo creda che Egli viene da Dio - , collaboriamo con Voi affinché questa unità sia raggiunta, ed esortiamo tutti a pregare con fervore per il successo dei nostri comuni sforzi.

Carissimi cristiani,

l’unità delle Chiese - di cui parliamo e per la quale chiediamo le vostre preghiere - non è un’unione mondana, uguale alle unioni di Stati, alle corporazioni di persone e di strutture con le quali si crea una più alta unione organizzativa. Ciò è molto facile da raggiungere e tutte le Chiese hanno già costituito varie organizzazioni nel cui ambito esse collaborano in diversi settori.

L’unità alla quale le Chiese aspirano è una ricerca spirituale che mira a vivere insieme la comunione spirituale con la persona del nostro Signore Gesù Cristo. Essa potrà venire quando tutti noi avremo "la mente di Cristo", "l’amore di Cristo", "la fede di Cristo", "l’umiltà di Cristo", "la disposizione sacrificale di Cristo", e - in genere - quando vivremo tutto ciò che è di Cristo come egli lo ha vissuto, o almeno quando desideriamo sinceramente di vivere come egli vuole che viviamo.

In questo delicatissimo sforzo spirituale emergono difficoltà dovute al fatto che la maggior parte di noi uomini molto spesso presenta le proprie posizioni, opinioni e valutazioni come se esse fossero espressioni della mente, dell’amore ed in genere, dello spirito di Cristo. Poiché tali personali opinioni e valutazioni, e a volte anche gli stessi vissuti personali, non coincidono né tra loro né con il vissuto di Cristo, emergono le discordie. In buona fede, mediante i dialoghi interecclesiali cerchiamo di comprenderci a vicenda con sovrabbondanza d’amore; come anche cerchiamo di constatare in che cosa e perché si differenziano i nostri vissuti, che si esprimono con diverse formulazioni dogmatiche. Non facciamo discorsi astratti su questioni teoretiche sulle quali la nostra posizione non ha conseguenze per la vita. Cerchiamo tra tanti vissuti, che si esprimono con diverse formulazioni, quello che esprime rettamente, o almeno il più compiutamente possibile, lo spirito di Cristo.

Ricordate il comportamento dei due discepoli di Cristo quando egli non fu accettato da alcuni abitanti di una certa regione. I due discepoli si indignarono e chiesero a Cristo se potevano pregare Dio di scagliare fuoco dal cielo contro coloro che avevano rifiutato di accoglierlo. La risposta del Signore fu quella che è stata data a tanti cristiani durante i secoli : "Non sapete di quale spirito siete, poiché il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime degli uomini, ma a salvarle" (Lc 9,55-56). Tante volte alcuni fedeli, durante i secoli, hanno chiesto a Cristo di approvare opere che non si accordavano con la sua mente. Ancor più, hanno attribuito a Cristo le proprie opinioni e insegnamenti, sostenendo che gli uni e gli altri di interpretare lo spirito di Cristo. Da ciò sono derivate discordie tra i fedeli, che, di conseguenza, si sono divisi in gruppi assumendo la forma odierna delle diverse Chiese.

Oggi gli sforzi comuni tendono a vivere lo spirito di Cristo, nel modo che egli approverebbe se gli fosse richiesto. Un tale vissuto presuppone purezza di cuore, scopi disinteressati, santa umiltà, in poche parole: santità di vita. Contrasti accumulati e interessi secolari non ci permettono di vedere chiaramente e ritardano la comune comprensione dello spirito di Cristo, a cui seguirà anche la tanto desiderata unità delle Chiese, quale loro unione in Cristo, nello stesso spirito, nello stesso Corpo e nel suo stesso Sangue. Naturalmente, dal punto di vista spirituale, non ha senso l’accettazione e la realizzazione di un’unione esteriore, quando permane la diversità riguardo allo spirito.

Così è comprensibile che non si cerchi il livellamento delle tradizioni, delle usanze e delle abitudini di tutti i fedeli, e che si cerchi soltanto di vivere in comune la persona dell’uno e unico e immutabile Gesù Cristo nello Spirito Santo, la comunione nel vissuto dell’evento dell’Incarnazione del Logos di Dio, e della discesa dello Spirito Santo nella Chiesa, come anche il vissuto comune dell’evento della Chiesa come Corpo di Cristo che ricapitola tutto in se stesso. Questo vissuto spirituale ricercato costituisce il supremo vissuto dell’uomo, costituisce la sua unione con Cristo, e di conseguenza il dialogo su questo punto è il più importante di tutti. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo i cristiani di pregare fervidamente al nostro Signore Gesù Cristo affinché orienti i cuori al raggiungimento della meta di una tale aspirazione in modo che, una volta ottenuta, possiamo festeggiare insieme, a Dio piacendo, ogni celebrazione ecclesiale in piena comunione spirituale e gioia. Amen



Omelia del Santo Padre

1. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Interrogato dal Signore, Pietro, anche a nome degli altri Apostoli, fa la sua professione di fede.

In essa viene affermato il fondamento sicuro del nostro cammino verso la piena comunione. Se, infatti, vogliamo l'unità dei discepoli di Cristo, dobbiamo ripartire da Cristo. Come a Pietro, anche a noi è chiesto di confessare che Lui è la pietra angolare, il Capo della Chiesa. Ho scritto nella Lettera enciclica Ut unum sint: “Credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la Chiesa; volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l'eternità” (n. 9).

2. Ut unum sint! Ecco da dove scaturisce il nostro impegno di comunione, in risposta all’ardente desiderio di Cristo. Non si tratta di un vago rapporto di buon vicinato, ma del legame indissolubile della fede teologale per cui siamo destinati non alla separazione, ma alla comunione.

Ciò che, nell'evolversi della storia, ha infranto il nostro vincolo di unità in Cristo, lo viviamo oggi con dolore. In quest’ottica, il nostro incontro odierno non è solo un gesto di cortesia, ma una risposta al comando del Signore. Cristo è il Capo della Chiesa e noi vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare ciò che ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso Corpo e Sangue del Signore.

3. Con questi sentimenti desidero esprimere viva riconoscenza a Lei, Santità, per la Sua presenza e per le riflessioni che ha voluto proporci. Sono anche lieto di celebrare insieme a Lei il ricordo dei Santi Pietro e Paolo, che quest'anno cade nel quarantesimo anniversario dell'incontro benedetto, avvenuto a Gerusalemme, il 5 e 6 gennaio 1964, tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora I.

Santità, desidero ringraziarLa di cuore per aver accolto il mio invito a rendere visibile e riaffermare oggi, con questo nostro incontro, lo spirito che animava quei due singolari pellegrini, i quali diressero i loro passi l'uno verso l'altro, e scelsero di abbracciarsi per la prima volta proprio nel luogo dove nacque la Chiesa.

4. Quell'incontro non può essere soltanto un ricordo. E’ una sfida per noi! Ci indica il cammino della reciproca riscoperta e riconciliazione. Cammino certamente non facile, né privo di ostacoli. Nel gesto commovente dei nostri predecessori a Gerusalemme, possiamo trovare la forza di superare ogni malinteso e difficoltà, per consacrarci senza sosta a questo impegno di unità.

La Chiesa di Roma si è mossa con ferma volontà e con grande sincerità sulla via della piena riconciliazione, mediante iniziative che si sono rivelate, volta per volta, possibili e utili. Desidero oggi esprimere l’auspicio che tutti i cristiani intensifichino, ciascuno per la propria parte, gli sforzi, affinché si affretti il giorno in cui si realizzerà pienamente il desiderio del Signore: “Che siano una cosa sola” (Jn 17,11 Jn 17,21). Che la coscienza non ci rimproveri di aver omesso dei passi, di aver tralasciato delle opportunità, di non aver tentato tutte le strade!

5. Lo sappiamo bene: l'unità che ricerchiamo è anzitutto dono di Dio.Siamo consci, però, che l'affrettarsi dell’ora della sua piena realizzazione dipende anche da noi, dalla nostra preghiera, dalla nostra conversione a Cristo.

Santità, per quanto mi riguarda, mi preme confessare che sulla strada della ricerca dell'unità mi sono sempre lasciato guidare, come da sicura bussola, dall'insegnamento del Concilio Vaticano II. La Lettera enciclica Ut unum sint,resa pubblica pochi giorni prima della memorabile visita di Vostra Santità a Roma nel 1995, riaffermava proprio quanto il Concilio aveva enunciato nel Decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, del quale quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario di promulgazione.

Più volte ho avuto modo di sottolineare, in circostanze solenni, e lo ribadisco anche oggi, che l'impegno assunto dalla Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II è irrevocabile. Ad esso non si può rinunciare!

6. A completare la solennità e la gioia dell’odierna celebrazione, a renderla più ricca di contenuti spirituali ed ecclesiali, contribuisce il rito dell’imposizione dei Palli ai nuovi Metropoliti.

Venerati Fratelli, il Pallio, che oggi riceverete alla presenza del Patriarca Ecumenico, nostro Fratello in Cristo, è segno della comunione che vi unisce a titolo speciale alla testimonianza apostolica di Pietro e di Paolo. Vi lega al Vescovo di Roma, Successore di Pietro, chiamato a svolgere un peculiare servizio ecclesiale nei confronti dell’intero Collegio episcopale. Grazie per la vostra presenza ed auguri per il vostro ministero a favore di Chiese Metropolitane sparse in varie Nazioni. Vi accompagno volentieri con l’affetto e con la preghiera.

7. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. Quante volte ritornano nella mia quotidiana preghiera queste parole, che costituiscono la professione di fede di Pietro! Nella preziosa icona donata dal Patriarca Atenagora I a Papa Paolo VI il 5 gennaio 1964, i due Santi Apostoli, Pietro il Corifeo e Andrea il Protóclito, si abbracciano, in un eloquente linguaggio d'amore, al di sotto del Cristo glorioso. Andrea è stato il primo a porsi nella sequela del Signore, Pietro è stato chiamato a confermare i suoi fratelli nella fede.

Il loro abbraccio sotto lo sguardo di Cristo è un invito a proseguire nel cammino intrapreso, verso quel traguardo di unità che insieme intendiamo raggiungere.

Nessuna difficoltà ci freni. Ma piuttosto andiamo avanti con speranza, sostenuti dall’intercessione degli Apostoli e dalla materna protezione di Maria, Madre di Cristo, Figlio del Dio vivente

SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DEL SERVO DI DIO PAOLO VI


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Cappella Privata del Palazzo Pontificio - Castel Gandolfo

Festa della Trasfigurazione del Signore

Venerdì, 6 agosto 2004





Carissimi,

questo giorno, in cui si celebra la festa della Trasfigurazione del Signore, evoca per noi il caro e venerato ricordo del servo di Dio, il Papa Paolo VI: alla sera del 6 agosto 1978, proprio in questa casa, egli concluse la sua giornata terrena. Fedele imitatore del suo Signore, Egli recava nel suo cuore la luce del Tabor, e con quella luce camminò sino alla fine, portando con gaudio evangelico la sua croce.

Il 6 agosto non è solo l’anniversario della sua morte, ma anche della sua prima Enciclica, la Ecclesiam suam, che reca la data della Trasfigurazione di quarant’anni fa. In quel memorabile Documento, Paolo VI tracciò le linee programmatiche del suo pontificato.

Celebrando l’Eucaristia, ancora una volta rendiamo grazie a Dio per aver donato alla Chiesa questo indimenticabile Pastore. Affidandoci all’intercessione di Maria Santissima, chiediamo al Signore, che la Chiesa di oggi e di domani sappia sempre fare tesoro dei suoi esempi e dei suoi insegnamenti.

PELLEGRINAGGIO


DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II


A LOURDES IN OCCASIONE DEL 150.MO ANNIVERSARIO


DELLA PROMULGAZIONE DEL DOGMA


DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE




Prairie de la Ribère

Domenica, 15 agosto 2004

1. “Que soy era Immaculada Councepciou”. Le parole che Maria rivolse a Bernadette il 25 marzo 1858 risuonano con intensità tutta particolare nel corso di questo anno, nel quale la Chiesa celebra il 150° anniversario della solenne definizione del dogma, pronunciata dal Beato Pio IX con la Costituzione apostolica Ineffabilis Deus.

Ho desiderato vivamente di compiere questo pellegrinaggio a Lourdes, per ricordare un evento che continua a rendere gloria alla Trinità una e indivisa. La concezione immacolata di Maria è il segno dell'amore gratuito del Padre, l'espressione perfetta della redenzione operata dal Figlio, l’inizio di una vita totalmente disponibile all'azione dello Spirito.

2. Sotto lo sguardo materno della Vergine, saluto di cuore tutti voi, cari Fratelli e Sorelle, convenuti presso la Grotta di Massabielle per cantare le lodi di Colei che tutte le generazioni chiamano beata (cfr Lc 1,48).

Saluto innanzitutto i pellegrini francesi con i loro Vescovi, in particolare il Presidente della Conferenza Episcopale e Mons. Jacques Perrier, Vescovo di Tarbes e Lourdes, che ringrazio per le cordiali parole rivoltemi all'inizio della celebrazione.

Saluto il Signor Ministro dell'Interno, che rappresenta qui il Governo francese, e le altre Autorità civili e militari presenti.

Il mio pensiero beneaugurante si rivolge poi ai pellegrini qui convenuti da diverse parti d’Europa e del mondo e a tutti coloro che sono a noi spiritualmente uniti mediante la radio e la televisione. Con speciale affetto saluto voi, carissimi ammalati, che siete venuti in questo luogo benedetto a cercare sollievo e speranza. La Vergine Santa vi faccia sentire la sua presenza e dia conforto ai vostri cuori!

3. “In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna…” (Lc 1,39). Le parole del racconto evangelico ci hanno fatto rivedere con gli occhi del cuore la giovane fanciulla di Nazaret in cammino verso quella “città di Giuda” ove abitava la cugina, per offrirle i suoi servizi.

Ci colpisce in Maria innanzitutto l’attenzione colma di tenerezza verso la parente anziana. Il suo è un amore concreto, che non si limita a parole di comprensione, ma si fa carico in prima persona della fatica dell’assistenza. Alla cugina la Vergine non dona semplicemente qualcosa di sé; dona se stessa, senza nulla chiedere in cambio. Ha perfettamente capito che il dono ricevuto da Dio più che un privilegio è un compito, che la impegna verso gli altri con la gratuità che è propria dell’amore.

4. “L’anima mia magnifica il Signore…” (Lc 1,46). I sentimenti che Maria vive nell’incontro con Elisabetta erompono con forza nel cantico del Magnificat. Sulle sue labbra s’esprime l’attesa piena di speranza dei “poveri del Signore” e insieme la consapevolezza del compimento delle promesse, perché Dio “s’è ricordato della sua misericordia” (cfr Lc 1,54).

Proprio da questa consapevolezza scaturisce la gioia della Vergine Maria che pervade l’intero cantico: gioia per sapersi “guardata” da Dio nonostante la propria “bassezza” (cfr Lc 1,48); gioia per il “servizio” che le è possibile rendere, grazie alle “grandi cose” a cui l’ha chiamata l’Onnipotente (cfr Lc 1,49); gioia per il pregustamento delle beatitudini escatologiche, riservate agli “umili” ed agli “affamati” (cfr Lc 1,52-53).

Al Magnificat segue il silenzio: sui tre mesi di permanenza accanto alla cugina Elisabetta nulla ci è detto. O forse ci è detta la cosa più importante: il bene non fa rumore, la forza dell’amore s’esprime nella quiete discreta del servizio quotidiano.

5. Con le sue parole e col suo silenzio la Vergine Maria sta davanti a noi come modello per il nostro cammino. E' un cammino non facile: per la colpa dei progenitori, l'umanità porta in sé la ferita del peccato, le cui conseguenze continuano a farsi sentire anche nei redenti. Ma il male e la morte non avranno l'ultima parola! Maria lo conferma con tutta la sua esistenza, quale vivente testimone della vittoria di Cristo, nostra Pasqua.

I fedeli lo hanno capito. Per questo accorrono in folla presso questa grotta per ascoltare i moniti materni della Vergine, riconoscendo in lei “la donna vestita di sole” (Ap 12,1), la Regina che risplende accanto al trono di Dio (cfr Sal. resp.) ed intercede in loro favore.

6. Oggi la Chiesa celebra la gloriosa Assunzione al Cielo di Maria in corpo e anima. I due dogmi dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione sono tra loro intimamente legati. Entrambi proclamano la gloria di Cristo Redentore e la santità di Maria, il cui destino umano è già da ora perfettamente e definitivamente realizzato in Dio.

“Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”, ci ha detto Gesù (Jn 14,3).Maria è il pegno del compimento della promessa di Cristo. La sua Assunzione diventa così per noi “segno di sicura speranza e di consolazione” (cfr Lumen gentium ).

7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Da questa grotta di Massabielle la Vergine parla anche a noi, cristiani del terzo millennio. Mettiamoci in ascolto!

Ascoltate innanzitutto voi, giovani, che cercate una risposta capace di dare senso alla vostra vita. Qui la potete trovare. E' una risposta esigente, ma è la sola pienamente appagante. In essa sta il segreto della gioia vera e della pace.

Da questa grotta parte uno speciale appello anche per voi, donne.Apparendo nella grotta, Maria ha affidato il suo messaggio ad una ragazza, quasi a sottolineare la particolare missione che spetta alla donna in questo nostro tempo, tentato dal materialismo e dalla secolarizzazione: essere nella società di oggi testimone di quei valori essenziali che si vedono solo con gli occhi del cuore. A voi, donne, il compito di essere sentinelle dell'Invisibile! A tutti voi, fratelli e sorelle, lancio un pressante appello perché facciate tutto ciò che è in vostro potere affinchè la vita, tutta la vita, sia rispettata dal concepimento sino alla sua fine naturale. La vita è un dono sacro, di cui nessuno può farsi padrone.

La Vergine di Lourdes ha infine un messaggio per tutti. Eccolo: siate donne e uomini liberi! Ma ricordate: la libertà umana è una libertà ferita dal peccato. Ha bisogno essa stessa di essere liberata. Cristo ne è il liberatore, Lui che “ci ha liberati perché restassimo liberi” (Ga 5,1). Difendete la vostra libertà!

Carissimi, noi sappiamo di poter contare per questo su Colei che, non avendo mai ceduto al peccato, è la sola creatura perfettamente libera. A Lei vi affido. Camminate con Maria sulle strade della piena realizzazione della vostra umanità
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GPII Omelie 1996-2005 416