GPII 1989 Insegnamenti - Ai vigili del fuoco francesi - Città del Vaticano (Roma)

Ai vigili del fuoco francesi - Città del Vaticano (Roma)

Scoprite nella vostra missione il senso profondo della solidarietà


Cari amici vigili del fuoco di Parigi.


1. Ho il piacere di ricevervi oggi pensando alla vostra missione di dedizione e anche ricordando la lunga e prestigiosa storia del vostro corpo, a servizio dei parigini da più di circa due secoli.

Voi avete il bel compito di assicurare la protezione delle persone e dei beni. E, voi per primi, sapete che sotto queste parole un po' fredde, c'è la fiducia di tutta la popolazione che ricorre a voi, anzitutto per spegnere il fuoco, causa di antico terrore, ma anche, quotidianamente, per fronteggiare i pericoli della vita urbana di oggi. La vostra stabile presenza rassicura coloro che molte cause, materiali ma anche semplicemente umane, possono condurre fino all'angoscia più profonda, spesso nella solitudine.

Nei vostri interventi, nella vostra azione di prevenzione, voi sviluppate grandi mezzi tecnici in continuo progresso ed efficacemente coordinati, ma portate soprattutto l'impegno personale, fisico e morale, di ciascuno di voi.

E non posso dimenticare la vostra disponibilità a rispondere agli appelli provenienti talvolta da molto lontano, per andare a partecipare alle operazioni di soccorso alle vittime di catastrofi come quella del Messico. o, recentemente, in Armenia.

Desidero congratularmi con ciascuno di voi per l'opera umanitaria da voi svolta giorno dopo giorno e dirvi quanto essa venga apprezzata da tutti quelli cui andate incontro, tutti quelli che aiutate in molte maniere.


2. Ed eccovi a Roma per un breve soggiorno. Sarei lieto che scopriste, intorno al centro illustre che sono le tombe degli apostoli, il vero senso di questo luogo: uomini e donne di tutto il mondo che si ritrovano animati dalla stessa fede, dalla sollecitudine di una unità da costruire sempre meglio, da una solidarietà da vivere sempre più intensamente.

Il vostro pellegrinaggio avviene a qualche settimana dalla Pasqua, culmine dell'anno cristiano. Questa sosta sul vostro cammino vi sia occasione per la riflessione e la preghiera per cogliere meglio la luce del Vangelo che rischiara ogni strada e ogni azione fraterna! Vi propongo la meditazione di una parabola di Gesù che amo ricordare, quella del "Buon Samaritano". Voi sapete che quest'uomo, che va in aiuto di una vittima abbandonata sul ciglio della strada, non è solo un esempio per noi, ma è anche la figura stessa di Cristo, salvatore degli uomini!


3. Cari amici, vi ringrazio di essere venuti a rendere visita al successore di Pietro nel corso del vostro breve pellegrinaggio. Attraverso il vostro gruppo, offro i miei fervidi voti agli ufficiali, ai sotto-ufficiali, ai pompieri, agli anziani della compagnia e anche ai membri delle vostre famiglie. Sappiate trovare nella vostra missione la gioia del servizio e la profonda soddisfazione della più intensa solidarietà umana! Su di voi e i vostri compagni imploro di tutto cuore la benedizione di Dio.

1989-03-06

Lunedi 6 Marzo 1989







Ad un gruppo di Vescovi del Cile in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Proclamare il messaggio di salvezza nella sua integrità, senza ambiguità, riduzioni, silenzi, ideologizzazioni


Signor Cardinale, cari fratelli nell'Episcopato.


1. Sono felice di darvi il mio più cordiale benvenuto a questo incontro che corona la visita "ad Limina" con cui avete voluto manifestare ancor più chiaramente la vostra intima unione nella fede e nella carità con il successore di Pietro.

Ringrazio vivamente per il deferente saluto con cui mi fate pervenire anche i sentimenti di devozione e affetto dei vostri fedeli diocesani, che costituiscono una parte della Chiesa di Dio nel Cile, tanto vicina al mio cuore di Pastore.

La vostra venuta a Roma ha un profondo significato ecclesiale ed è di stimolo ad una maggior comunione per i vostri collaboratori e fedeli, che vedono, in questa Sede, santificata dalla testimonianza degli apostoli Pietro e Paolo, il centro della cattolicità e della unità di quanti professano la stessa fede in Gesù Cristo. Questo ha voluto mettere in rilievo la costituzione apostolica "Pastor Bonus", affermando che "l'istituzione delle visite "ad Limina", di grande importanza per la sua antichità e per il chiaro significato ecclesiale, è uno strumento di grande utilità ed espressione concreta della cattolicità della Chiesa, della unità del Collegio dei Vescovi che si fonda sul successore di Pietro e assume il suo significato dal luogo del martirio dei Principi degli Apostoli; perciò non si può ignorare il suo valore teologico, pastorale, sociale e religioso" ("Aduex." I, 7).

I colloqui personali e le relazioni quinquennali sullo stato delle vostre diocesi, hanno evocato nella mia mente le indimenticabili giornate vissute con gli amati figli del Cile in occasione della mia visita pastorale nella vostra Patria. Santiago, Valparaiso, Punta Arenas, Puerto Montt, Concepcion, Temuco, La Serena e Antofagasta, furono i centri in cui si diedero appuntamento gran parte delle vostre comunità e in cui sperimentai personalmente quanto fossero vissuti i valori cristiani nella vostra terra e fra la vostra gente.


2. Voglio che le mie parole di oggi, cari fratelli, vi servano da incoraggiamento per rafforzare ancora di più l'unità nella vostra Conferenza Episcopale. Questo sarà una realtà ogni giorno più palpabile se la comunione intima nella fede e nella carità penetrerà in tutto il vostro essere, il vostro operare, il vostro ministero pastorale. Come afferma il Concilio Vaticano II, voi "per virtù dello Spirito Santo, che vi è stato dato, siete divenuti veri ed autentici maestri della fede, pontefici e pastori" (cfr CD 2). E' poi vostra missione primaria proclamare "l'intero mistero di Cristo" (CD 12) perché "non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). Quanto attuali continuano ad essere le parole dell'apostolo san Pietro quando disse a Gesù Cristo a nome proprio e degli altri discepoli: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" (Jn 6,68). Si, tutti abbiamo bisogno della salvezza. Non possiamo salvarci da soli: è il Signore che ci salva. E la salvezza è la vita, la vera vita in Cristo, che comincia qui, durante il nostro pellegrinaggio terreno, abbracciando tutta la realtà umana, proiettandosi nell'ambiente sociale, e cercando la sua dimensione ultima e definitiva nella vita eterna, nella Gerusalemme celeste (Ap 21,2ss).

La salvezza che conduce alla vera vita è il contenuto ed il frutto della evangelizzazione. Gesù Cristo, nel suo essere e nel suo operare, incarna la buona Novella, il lieto evento; e bisogna che, colmi di entusiasmo e di gioia nello Spirito Santo, assumiamo il compito urgente e improrogabile di far conoscere ai nostri fratelli le "imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8). La vita e l'azione della Chiesa deve essere caratterizzata da una specie di radicale trasparenza - che la rende credibile e, allo stesso tempo, mostra la propria identità - affinché il volto di Cristo appaia luminoso e giunga agli uomini attraverso la predicazione del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti. La Chiesa non esiste in funzione di se stessa; non cerca la propria gloria; non confida nelle sue strutture come se da quelle dipendesse la sua efficacia; la sua missione è quella di essere "sacramento" di salvezza, cioè rendere presente Cristo che è anche il suo capo, il suo sposo e, allo stesso tempo il suo salvatore.

E' assai edificante leggere negli scritti di santa Teresa del Gesù delle Ande, la prima beata cilena, la testimonianza del suo "pazzo" amore per Gesù Cristo. Il Signore Gesù, era, infatti, il centro assoluto di Teresa, la sua ragione d'essere, la molla potente del suo profondo e autentico spirito apostolico, così evidente nelle sue lettere. Potremmo dire che il messaggio e la testimonianza cristiana che Teresa delle Ande ha lasciato in Cile, mantiene un valore grande e permanente, soprattutto perché indica ciò che è centrale nella nostra fede, che è la base di ogni cosa e da cui bisogna partire per osservare e valutare tutto il resto.


3. Gesù Cristo, il Signore, illumina tutti gli aspetti della vita. Egli ci permette di scoprire la grandezza di Dio, la necessità di coltivare ed accrescere il senso autentico del sacro, il profondo rispetto con cui dobbiamo avvicinarci alle cose di Dio, specialmente quando partecipiamo al culto divino. La sacra liturgia deve essere sempre al centro della vita della Chiesa; "nessun'altra azione pastorale - come vi dissi durante il nostro incontro nel seminario di Santiago - per urgente e importante che sembri, può privare la Liturgia del suo ruolo centrale" ("Allocutio Iacobspoli, ad Chiliae episcopos coram admissus", 8, die 2 apr. 1987: , X, 1 [1987] 955). Fate poi attenzione che la liturgia sia degna, affascinante, partecipata; che secondo uno spirito riverente porti all'adorazione; che si realizzi nella fedeltà alle norme impartite dalla Sede apostolica. perciò è di importanza decisiva il ruolo del sacerdote, che in ogni momento deve essere il pedagogo ricco di vita interiore, che comunichi un profondo sentimento di preghiera e di unione con Dio per fare si che il mistero pasquale si faccia vivo ed operante nelle parrocchie, nelle comunità, nel cuore dei fedeli.

Se Gesù Cristo è il centro della nostra fede e della nostra vita, ne conseguirà logicamente che si rafforzerà l'attività catechistica, per trasmettere, con ogni mezzo possibile, la verità su Cristo, sulla Chiesa, sull'uomo. Un annuncio del messaggio salvifico che lo abbracci nella sua totalità e purezza, evitando le ambiguità ingannevoli, le riduzioni mutilatrici, i silenzi sospettosi, le riletture soggettive, le deviazioni e ideologizzazioni che minacciano l'integrità ed i contenuti della nostra fede.

E' con questo spirito che dovete presentare sempre la verità sull'uomo, presente nella verità su Cristo e sulla Chiesa, e che ha la sua applicazione anche nel campo dei diritti umani, della dignità della persona, dei valori superiori della giustizia e della pacifica convivenza. Bisogna essere persuasi che nulla è tanto utile per la convivenza terrena come l'apporto illuminante e fortificante della fede, anche quando apparentemente non ha conseguenze immediate o soluzioni concrete.


4. Il vostro Paese è particolarmente sensibile alla problematica sociale e politica. Nessuno potrà negare che l'incarico politico assunto con grande spirito di servizio, con sincero desiderio di un bene comune, con un atteggiamento rispettoso nei confronti di chi non condivide le stesse opinioni, è una azione degna di elogio e di stimolo. Questa opinione manifesto il Concilio Vaticano II affermando che "La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità" (GS 75). Nella recente esortazione apostolica post-sinodale "Christifideles Laici" si sostiene con forza la necessaria animazione cristiana dell'ordine temporale come missione specifica dei laici, tendente a "promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune" (CL 42). Su questa stessa linea la "Istruzione sulla libertà cristiana e la liberazione" aveva precisato che "non spetta ai Pastori della Chiesa intervenire direttamente nella costruzione politica e nell'organizzazione della vita sociale. Questo compito rientra nella vocazione dei laici che agiscono di propria iniziativa con i loro concittadini" (Congr. Pro Doctr. Fidei, "Instructio de libertate christiana et liberatione Libertatis Conscientia", 80). Il comportamento della Chiesa su questo terreno deve essere quello di orientare, a partire dalla fede e da ciò che questa insegna, a proposito della dignità e del destino dell'uomo, segnalare ciò che costituisce un disaccordo o una incoerenza morale, e rispettare la coscienza dei fedeli e degli uomini di buona volontà in generale, quando si tratta di opzioni o alternative che non contraddicono i principi della fede, la morale e la dottrina sociale della Chiesa.


5. La missione di annunciare il Vangelo salvifico del nostro Signore Gesù Cristo - missione che riveste una particolare attualità e necessità mentre si compie il quinto centenario dall'inizio della evangelizzazione dell'America Latina - mi porta a condividere con voi, cari fratelli, alcune preoccupazioni che possono avere accenti e modalità differenti nelle diverse diocesi.

Il necessario rinnovamento della vita interiore della Chiesa è un compito urgente a cui dovete dedicare le vostre maggiori energie. La mèta da conseguire deve essere sempre l'incontro del popolo cristiano con il Dio vivo e vero, che si rende presente e agisce mediante la grazia nel profondo del cuore.

Che nessun fedele sia privo degli aiuti spirituali che lo avvicinano alla vita di Cristo, lo fanno crescere in santità e lo stimolano all'impegno cristiano e al dinamismo apostolico.

In questo compito, conoscete bene il ruolo primordiale che compete ai presbiteri "come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). La nostra epoca infatti, richiede sacerdoti con un grande spirito di servizio ecclesiale e di obbedienza, con una grande attenzione per la salvezza delle anime, disposti al sacrificio, formati nella preghiera e nel lavoro, con una solida preparazione nelle scienze ecclesiastiche, entusiasti di dedicare la propria vita al Signore ed alla Chiesa. Sacerdoti che facciano dell'Eucaristia il culmine in cui la loro vocazione si realizza in tutta la sua pienezza. Sacerdoti profondamente convinti che la grazia vince il male, che l'amore è più forte dell'odio. Si, amati fratelli: "l'amore è più forte".


6. A tutti deve pervenire la vostra sollecitudine pastorale come "dottori autentici" e "araldi della fede" (LG 25), accompagnando il messaggio cristiano con la testimonianza della vostra vita. So bene che non sempre contate su di un numero sufficiente di sacerdoti per seguire convenientemente le comunità.

Ma come non soffrire per la mancanza di assistenza religiosa nelle zone periferiche delle grandi città e nei luoghi lontani nelle campagne? Vi invito dunque a realizzare grandi sforzi per arrivare fino a queste pecorelle che camminano disperse e senza un pastore; alimentate i gruppi di preghiera e specialmente la recitazione del santo rosario, devozione così radicata nel vostro continente e così feconda per la vita cristiana; fate tutto il possibile per creare luoghi di culto che, anche nella loro semplicità, favoriscano il raccoglimento e lo spirito di adorazione; animate le vocazioni al diaconato permanente, affinché con il loro ministero si possa supplire, per quanto possibile, alla scarsezza di presbiteri.

A questo riguardo, vi incoraggio a seguire con particolare attenzione la formazione dei diaconi, che deve essere solida e accurata, poiché anche loro "partecipano della missione e della grazia del Supremo Sacerdozio" (LG 41). E' per questo che, dopo una accurata scelta dei candidati, i chiamati al diaconato permanente devono ricevere una preparazione dottrinale, spirituale e pastorale che sia all'altezza dei compiti che saranno loro affidati.


7. Amati fratelli, è nel seno delle famiglie cristiane che nasceranno le vocazioni con cui Dio benedirà le vostre Chiese locali. Di conseguenza, è necessario dare un particolare impulso e prestare particolare attenzione alla pastorale familiare. So che in questo campo fate molti sforzi e vi incoraggio a continuare. Come è gradito al Signore vedere che la famiglia cristiana è veramente una "chiesa domestica", un luogo di preghiera, di trasmissione della fede, di apprendimento attraverso l'esempio degli adulti, di saldo comportamento cristiano, che si conserverà durante tutta la vita come il dono più sacro! E' stato detto di santa Monica che era stata "due volte madre di Agostino" perché non solo lo diede alla luce, ma lo riscatto grazie alla fede cattolica. così devono essere i genitori cristiani: due volte genitori dei loro figli, nella loro vita naturale e nella loro vita in Cristo e spirituale. Preoccupatevi di istruire i padri di famiglia affinché prontamente conducano i loro figli al fonte battesimale, affinché si preoccupino convenientemente del fatto che ricevano la dovuta preparazione per la prima Comunione e la Cresima, e affinché si avvicinino a questi sacramenti senza eccessivi indugi. Che le famiglie cristiane accolgano i figli con immenso amore, e che mai, per nessun motivo, ci sia chi osi attentare contro la vita di un bambino non ancora nato.

Non posso dimenticare i giovani. Voi sapete quanto sia grande la mia preoccupazione per i giovani. Il grande educatore Giovanni Bosco - di cui abbiamo da poco celebrato il centenario - era convinto che la giovinezza fosse il periodo chiave per lo sviluppo successivo, quando il ragazzo diventa adulto. Questa convinzione è confermata dalla esperienza di tutti noi. Per questo vi prego, venerabili fratelli, di incoraggiare i vostri sacerdoti, religiosi, religiose e operatori della pastorale a svolgere un intenso apostolato fra la gioventù. Che venga comunicato ai giovani un amore entusiasta e ardente per Cristo, come lo ebbero le beate Teresa delle Ande e Laura Vicuna. Che i giovani, ben istruiti sui contenuti essenziali della fede, imparino a guardare ogni cosa a partire dal Vangelo. Che siano formati nelle virtù umane della responsabilità, della laboriosità, della sincerità e generosità. Che imparino ad amare la virtù della purezza e a lottare con coraggio contro le influenze dei mezzi che commercializzano il sesso ed esaltano l'erotismo con il falso miraggio di essere più liberi. Dice la Scrittura: "Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo (Signore) le tue parole" (Ps 119,9).


8. Andate avanti cari fratelli! Continuate nel vostro servizio generoso di abnegazione nella missione propria della Chiesa, così come ha affermato il Concilio Vaticano II. Mantenete una fede inalterabile grazie allo Spirito ed annunciate senza posa i valori del Regno di Dio, per portare ad una migliore conoscenza delle verità della fede e alla conversione dei cuori. Incoraggiate i laici perché assumano, illuminati dal Vangelo e resi più forti dalla grazia, gli impegni temporali che possono condurre ad una convivenza umana più conforme alla volontà ed al disegno di Dio. Non dimenticate mai che il Pastore deve essere sempre il simbolo dell'unità fra il gregge che gli è stato affidato.

Che questa visita "ad limina", dimostri ulteriormente la vostra vicinanza al successore di Pietro e consolidi la vostra mutua unione come Vescovi e come guide della Chiesa in Cile. Con ciò la vostra azione pastorale guadagnerà in intensità ed efficacia, per il bene delle vostre comunità ecclesiali.

Per concludere, desidero affidarvi un incarico particolare: quello di portare ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi, seminaristi e a tutti i vostri fedeli diocesani il mio affettuoso saluto e la mia benedizione. Fate loro sapere che il Papa segue con grande attenzione pastorale e interesse gli avvenimenti nel vostro nobile Paese e che chiede al Signore ogni giorno di sostenere con la sua grazia tutti gli uomini di buona volontà che operano per la concordia, la riconciliazione e la pacifica convivenza di tutti i figli della nazione cilena.

Vi raccomando alla protezione della Madonna del Carmine, madre e regina del Cile, e come pegno del costante aiuto divino, vi benedico di cuore.

1989-03-10

Venerdi 10 Marzo 1989




Le credenziali dell'ambasciatore di Etiopia - Città del Vaticano (Roma)

Pace interna e rispetto dei diritti dei cittadini condizioni essenziali per l'autentico sviluppo


Signor ambasciatore.

Le porgo il mio cordiale benvenuto alla presentazione delle lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Etiopia presso la Santa Sede. Il saluto portato da parte del Presidente, sua eccellenza Mengistu Haile Mariam e del governo e del popolo di Etiopia è stato grandemente apprezzato. La prego di farsi interprete dei miei auguri e preghiere per la pace e il benessere di tutto il popolo del suo Paese.

Come vostra eccellenza ha ricordato, la collaborazione tra la Santa Sede e il suo governo risale ai rapporti che l'antico Stato di Etiopia ha avuto per secoli con la Santa Sede. Alla base di queste relazioni c'è il grande rispetto e la stima della Santa Sede per le ricche tradizioni culturali e religiose del popolo etiope e della Chiesa copta-ortodossa cui appartengono molti suoi connazionali.

Proprio a causa di questi durevoli legami, la Santa Sede ha seguito con viva apprensione la situazione angosciosa sofferta dalla popolazione in tempi recenti. Il mondo intero è stato testimone dei terribili effetti della carestia e mentre accogliamo con favore e riconoscenza la notevole dimostrazione di solidarietà da parte della comunità internazionale e di gruppi privati, rimane tuttavia un senso di frustrazione perché non si è fatto o avrebbe potuto farsi di più per salvare vite umane.

L'eccellenza vostra ha riferito della priorità data all'eliminazione delle malattie e allo sviluppo economico ed educativo. Questo richiede un grande impegno da parte dell'intera Nazione ed è importante poter contare sulla libera e intelligente collaborazione di tutti i settori della popolazione. Lo sviluppo richiede la volontà del popolo di superare le situazioni negative. Non può essere attuato senza un diffuso senso di partecipazione e collaborazione. Esso comincia e trova l'attuazione più adeguata nell'impegno di ciascun popolo per il proprio sviluppo (cfr SRS 44). Questo non elimina la necessità di un sostegno da parte della comunità internazionale, ma sottolinea il fatto che sono le stesse nazioni in via di sviluppo ad essere direttamente responsabili di creare condizioni di pace interna e di rispetto per i legittimi diritti dei cittadini a servizio del bene comune, così che possa attuarsi uno sviluppo autentico.

La comunità cattolica in Etiopia è impegnata attivamente nel processo di sviluppo. Attraverso le sue realtà educative ed assistenziali, la Chiesa difende e promuove la dignità umana occupandosi dell'alimentazione e della salute, dell'educazione, della vita familiare e dell'integrità morale, sempre sullo sfondo del rapporto dell'uomo con Dio. In tutto questo ella compie la sua missione religiosa e umanitaria. Allo Stato richiede soprattutto la salvaguardia e la protezione della libertà religiosa che è diritto inalienabile di ogni individuo. A questo proposito desidero ripetere ciò che ho scritto nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1988: "La libertà dell'uomo nella ricerca della verità e nella professione, che vi è collegata, delle proprie convinzioni religiose, deve trovare una precisa garanzia nell'ordinamento giuridico della società, cioè essere riconosciuta e sancita dalla legge civile quale diritto soggettivo ed inalienabile" ("Nuntius ab diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D.

1988", 1, die 8 dec. 1987: X, 3 [1987] 1333s).

Lungi dall'essere un concetto astratto, la libertà religiosa tocca in profondità la vita degli individui e delle società.

In questa occasione desidero sottolineare la grave preoccupazione con cui la Santa Sede segue la situazione di conflitto armato, quasi dimenticata, esistente in alcune regioni, che rende molto difficili le operazioni umanitarie di soccorso. Prego che si possa trovare una soluzione sulla base di un sincero e franco riconoscimento dei diritti di quanti sono coinvolti, e che una rapida cessazione delle ostilità possa essere raggiunta attraverso la mutua comprensione.

E' mia fervida speranza, signor ambasciatore, che attraverso la sua missione si rafforzino ulteriormente le buone relazioni esistenti tra la repubblica popolare di Etiopia e la Santa Sede, e le assicuro nel suo lavoro la cooperazione e l'assistenza dei dicasteri della Santa Sede. Sulla sua persona e sul popolo di Etiopia invoco copiose benedizioni di Dio onnipotente.

1989-03-10

Venerdi 10 Marzo 1989




Agli Arcivescovi metropoliti degli Stati Uniti d'America - Città del Vaticano (Roma)

La concelebrazione della Messa sulla tomba di san Pietro

Cari fratelli.

E' quanto mai opportuno che questi giorni di preghiera e di dialogo trovino il loro culmine in questa concelebrazione dell'Eucaristia perché è qui, all'altare, che la Chiesa si rivela nella sua più intima natura come comunione gerarchica di fede, speranza e carità.

Noi celebriamo questa Eucaristia presso la tomba di san Pietro che, insieme con gli altri apostoli, è stato scelto dal Signore per essere il fondamento della sua Chiesa. La chiamata di questi apostoli è profondamente collegata, sia storicamente che nell'ordine della grazia, alla loro esperienza di Cristo e alla loro professione di fede in lui. Mentre noi veneriamo la memoria di Pietro, invochiamo la sua intercessione perché possiamo trovare l'ispirazione e la forza a noi necessaria per imitare gli apostoli nel rendere coraggiosa testimonianza a Cristo.

Le parole del Signore a Pietro: "Mi ami tu?... Pasci i miei agnelli...

Pasci le mie pecorelle" (Jn 21,15-17) sono rivolte a ciascuno dei suoi successori, i Vescovi di Roma. Ma queste parole si applicano anche a tutti i Vescovi, successori degli apostoli, ai quali è stata affidata la cura del gregge che appartiene al Signore e non a loro. Come a Pietro, ciò che è richiesto a noi è un amore che pone tutta la sua fiducia in Dio e che persevera sino alla fine anche di fronte all'incomprensione e al rifiuto. E' l'amore che "tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Co 13,7).

La liturgia di oggi ci ricorda ancora una volta che Cristo si è presentato come un segno di contraddizione in mezzo a coloro che venne a salvare.

Nelle tenebre e confusione originate dal peccato, fu destinato a dare la sua vita in riscatto per molti (cfr Mt 20,28). Invocando l'intercessione della nostra Madre Maria, che visse questo mistero di Redenzione in pienezza, e dei santi Pietro e Paolo, noi preghiamo affinché Dio continui a effondere le sue benedizioni su tutta la Chiesa degli Stati Uniti. E conceda egli altresi a ciascuno di voi, cari fratelli, la pienezza dei suoi doni mentre cercate di compiere la vostra missione di maestri della fede e di evangelizzatori nella vostra amata terra, che è benedetta dalla protezione di Maria Immacolata madre della Chiesa.

1989-03-11

Sabato 11 Marzo 1989




Ai familiari dei missionari italiani - Città del Vaticano (Roma)

La famiglia cristiana deve sentirsi a pieno titolo "soggetto missionario"



1. Rivolgo un saluto cordiale ai Vescovi, qui presenti, ai superiori provinciali degli istituti missionari, ai responsabili di vari organismi operanti per le missioni, ed a tutti voi, familiari dei missionari italiani, che avete voluto dare significato al vostro pellegrinaggio a Roma con questo incontro col successore di Pietro.

Questa vostra visita mi è particolarmente gradita perché è segno di una generosa e convinta partecipazione all'ansia missionaria della Chiesa e nello stesso tempo è segno di fedeltà al Papa, che di questa ansia missionaria è, per volontà del Signore, il primo interprete.

Il mio ricordo va, in questo momento, a tutti i missionari italiani, religiosi, religiose, sacerdoti e laici, - in massima parte vostri congiunti - che, nelle varie parti del mondo, operano con grande sacrificio e dedizione per il primo annuncio del Vangelo. Come diceva il Papa Paolo VI, di venerata memoria, "li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita" (EN 69) al fine di testimoniare e annunciare la "buona notizia" che Dio è Padre, e che, in Cristo, siamo diventati suoi figli.

Questo incontro può considerarsi una "celebrazione della missione" ed esprime, anche, il cammino che la Chiesa italiana ha compiuto in questi anni, approfondendo e vivendo il piano pastorale "Comunione e comunità missionaria".

In questa circostanza è opportuno porre in evidenza il valore primario e insostituibile delle persone nell'azione missionaria: il Vangelo si è diffuso nel mondo, perché dagli inizi fino ai nostri giorni, ci sono stati "apostoli" che hanno speso la vita per questa causa.


2. La missione è una sfida con cui la Chiesa deve misurarsi incessantemente se vuol essere fedele al mandato che il Signore le ha consegnato.

Questa sfida si fa più pressante oggi, sia per il numero crescente di gruppi umani che hanno bisogno di ricuperare le loro radici cristiane, sia per il progressivo espandersi di popoli e culture che non conoscono Cristo. E' soprattutto la missione "ad gentes" che pone alla Chiesa problemi urgenti e difficili a causa della vastità dei campi d'azione e della complessità delle situazioni. Ecco perché l'èra dei missionari non è finita. Anzi, è necessario rafforzare ed arricchire le varie espressioni di missionarietà sorte in questi anni, ridar loro vigore e incremento. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Mt 9,36): nel nostro tempo, più che in passato, il divario tra esigenze della missione e disponibilità di energie si fa sempre più accentuato. E' perciò indispensabile rinnovare una coraggiosa promozione di vocazioni che, nelle diverse forme, si consacrino radicalmente all'impegno missionario.

Questa auspicata rifioritura di vocazioni è legata specialmente alla vitalità e disponibilità della famiglia cristiana: essa in primo luogo è chiamata a comprendere e a vivere l'esigente nobiltà di partecipare responsabilmente all'opera evangelizzatrice della Chiesa. La famiglia cristiana deve sentirsi a pieno titolo "soggetto missionario", sia impegnandosi nel contesto storico in cui vive sia donando qualcuno dei "suoi" alla causa della missione universale. In quanto "chiesa domestica" essa deve essere cosciente che i valori di fede non sono un patrimonio da consumare all'interno delle sue pareti, ma costituiscono un dono da partecipare e condividere con tutti gli uomini. "Le famiglie cristiane portano un particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie e, più generalmente, con un'opera educativa che fa disporre i loro figli, fin dalla giovinezza, a riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini (FC 54).

Modello ideale a cui riferirsi in questo impegno è la famiglia di Nazaret, perché, più di ogni altra, ha saputo vivere la piena disponibilità al piano divino di salvezza, realizzata nella missione di Cristo.

Nella presentazione al tempio Maria e Giuseppe lo offrono a Dio come "sua proprietà", disposti ad accogliere i misteriosi disegni che l'Onnipotente ha su di lui. Con la stessa fede e disponibilità accettano la "scelta" del dodicenne Gesù in occasione del pellegrinaggio a Gerusalemme: "Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49).

Durante la vita pubblica Maria accompagna con la sua presenza discreta e rispettosa la missione del Figlio, ne accetta tutte le conseguenze, fino a condividere in pienezza il martirio ai piedi della Croce "soffrendo profondamente col suo Unigenito, e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui" (LG 58).


3. Ma perché questa vocazione missionaria possa svilupparsi e realizzarsi autenticamente, domanda ai genitori la fede di accoglierla, il coraggio di favorirla e il sacrificio di accompagnarla lungo tutto il cammino, fino ad accettare, eventualmente, la prova drammatica del martirio. L'esperienza del martirio è la testimonianza più grande che oggi, come in passato, la "missione" offre ed è la conferma più credibile della sua autenticità. A questa esperienza sono stati chiamati, ultimamente, anche parecchi missionari, vostri figli, o fratelli o familiari: ciò vi ha causato indicibili sofferenze, ma nello stesso tempo vi ha introdotto nel cuore della missione e vi ha permesso così di associarvi all'amore redentivo di Cristo che salva gli uomini. L'esempio di dedizione offerto dalle vostre famiglie non può essere ignorato dalla comunità ecclesiale, anzi deve diventare stimolo perché essa sappia offrire con generosità quei figli che lo Spirito Santo vuole riservarsi per la missione universale.

La comunità cristiana sia disposta quindi a considerare come dono e grazia queste "chiamate", nella consapevolezza che esse non la impoveriscono o le sottraggono forze per la sua pastorale, ma costituiscono invece il segno più eloquente della sua vitalità. Infatti, la maturità cristiana di una Chiesa si misura dalla sua capacità di generare vocazioni per la missione.

Cari familiari: nell'impartire la benedizione apostolica voglio affidare voi e i vostri missionari alle materne sollecitudini di Maria. Essa, che servi totalmente la missione del suo Figlio, vi conceda il conforto della sua benevolenza.

1989-03-11

Sabato 11 Marzo 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai vigili del fuoco francesi - Città del Vaticano (Roma)