GPII 1989 Insegnamenti - Ai partecipanti al colloquio internazionale ed interdisciplinare - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti al colloquio internazionale ed interdisciplinare - Città del Vaticano (Roma)

Pio XI: un Papa energico, ardito e dalle audaci realizzazioni in un'età ricca di progressi e carica di minacce per l'umanità


Signor Cardinale, cari amici.


1. E' per me una grande gioia accogliervi questa mattina in Vaticano, nel corso del vostro colloquio su "Achille Ratti, Papa Pio XI", organizzato dall'"Ecole Française" di Roma sotto gli auspici del pontificio consiglio della cultura e con la partecipazione dell'università di Lille III, del Greco n. 2, del centro nazionale francese per la ricerca scientifica, dell'università degli studi di Milano, dell'università degli studi di Roma - "La Sapienza" - e, naturalmente, della biblioteca ambrosiana di Milano, di cui Achille Ratti fu prestigioso prefetto. Saluto con deferenza in voi dei maestri eminenti e dei ricercatori famosi di queste grandi istituzioni universitarie e culturali, ad iniziare dall'"Ecole Française" di Roma, con il suo direttore M. Charles Pietri, membro del pontificio consiglio della cultura; la presenza dell'"Ecole Française" a Roma, con quella di molteplici istituzioni sorelle di diversi paesi, testimonia e allo stesso tempo alimenta l'irradiazione della città eterna.

Per studiare la personalità spirituale e culturale di Pio XI e la sua opera, avete elaborato un programma di alto livello scientifico, beneficiando del contributo di esperti giunti dalla Francia, dall'Italia, da altre nazioni dell'Europa o di altri continenti. Come attuale successore di questo grande Papa, vedo nella vostra visita in Vaticano un omaggio al papato stesso e per questo voglio esprimervi la mia gratitudine.


2. La vostra iniziativa, occorre sottolinearlo, giunge a proposito, a cinquant'anni dalla morte di questo Pontefice. Mezzo secolo, infatti, è poco se confrontato con i due millenni della Chiesa cattolica ed è molto se confrontato alla vita umana. Questa distanza e questa vicinanza vi hanno permesso, allo stesso tempo, di raccogliere ancora la testimonianza di personalità autorevoli e di elaborare già una valutazione caratterizzata dalla visione scientifica testimoniata dai vostri contributi. Cinquant'anni, sembra ieri. Ciononostante da questa data l'Europa e il mondo sono tanto cambiati che sembrano trascorsi molti secoli. In altre parole, i diciassette anni del pontificato di Pio XI sono entrati nella storia, una storia tessuta di avvenimenti il cui peso continua a farsi sentire nella vita odierna delle nazioni.


3. Pio XI è nato il 31 maggio 1857 a Desio ed è morto il 10 febbraio 1939, a 82 anni, alla vigilia del decimo anniversario degli accordi del Laterano. Il discorso che avrebbe dovuto rivolgere in quell'occasione ai Vescovi italiani invitati, e che fu pubblicato soltanto dal mio predecessore Giovanni XXIII, costituisce quasi una sintesi delle sue preoccupazioni e delle sue convinzioni. In quella drammatica vigilia della seconda guerra mondiale, l'anziano Pontefice testimonia la sua fiducia incrollabile nella capacità dei popoli di rinnovarsi, attingendo dai loro principi di vita, ispirati alla fede cristiana, la forza necessaria per assicurare la pace dell'umanità: "Pax Christi in Regno Christi", questo era il suo motto.

La forte personalità di Achille Ratti gli permise, infatti, divenuto Papa, di affrontare un momento storico contrastato, allo stesso tempo ricco di conquiste scientifiche benefiche e pieno di minacce per la dignità umana e le libertà civili. Questo fu un tempo di maturazione e anche di transizione, in cui la Chiesa cattolica, innanzitutto in Italia, riprese coscienza di se stessa e delle sue radici e si preparo ad entrare con determinazione in un nuovo periodo della storia.


4. I mezzi di comunicazione sociale allora rappresentavano un'abbagliante novità; contribuivano a propagare una concezione pagana dell'esistenza, nel momento in cui, in un numero sempre maggiore di zone del mondo veniva professata un'ideologia atea. Lungi dallo scoraggiarsi, Pio XI creo la radio vaticana, che inauguro il 12 febbraio 1931, alla presenza dello scienziato Guglielmo Marconi. E dedico un'enciclica, "Vigilanti Cura", al cinema.

I problemi della giustizia sociale divenivano sempre più pressanti. Il Papa li affronto di petto nella sua enciclica "Quadragesimo Anno", sulla restaurazione dell'ordine sociale in piena conformità col Vangelo. Al tempo stesso, infaticabile, proponeva l'ideale dell'educazione cristiana e del matrimonio cristiano nelle sue encicliche "Divini Illius Magistri" e "Casti Connubii".

I problemi erano numerosi e gli ostacoli si moltiplicavano dinanzi ai messaggeri del Vangelo. Papa Pio XI, senza mezzi termini, li affronto con coraggio e fermezza, nell'ora dell'ascesa dei regimi autoritari e totalitari in Europa, dal fascismo al nazionalsocialismo ed al comunismo ateo: ciascuno ha ancora nella memoria la risonante pubblicazione a cinque giorni di distanza, della "Mit Brennender Sorge" e della "Divini Redemptoris". Ma l'indomito Pontefice non si limitava a segnalare i pericoli, a stigmatizzare gli errori e ad evitare i rischi: egli tracciava arditamente il cammino e sosteneva con tutta la sua possente energia la giovane e promettente Azione Cattolica, mentre apriva la Chiesa missionaria all'inculturazione del Vangelo, sulle orme del suo predecessore Benedetto XV, con l'enciclica "Rerum Ecclesiae", e ordinava personalmente nella Basilica di san Pietro, con un gesto profetico, i primi Vescovi autoctoni cinesi.

I suoi interventi, frequenti e vigorosi, sostenevano ed orientavano l'impegno risoluto dei cattolici in campo sociale e politico. Con il loro stile volitivo e rigoroso, essi traducevano la sua forte personalità forgiatasi nella tradizione dei Pastori della Chiesa milanese, sant'Ambrogio e san Carlo Borromeo.

Essi rivelavano al tempo stesso la sua pressante preoccupazione di incarnare il messaggio di Cristo nel cuore della città, in una prospettiva decisamente universale, pur distinguendo il fermento evangelico dalla civiltà che impregna: l'impegno generoso di tutta la Chiesa per instaurare il Regno di Cristo. Questo è l'orientamento religioso fondamentale del suo pontificato segnato dalla canonizzazione di Teresa di Lisieux e di Bernadette Soubirous, di don Bosco e di Jean-Marie Vianney, di John Fisher e di Tommaso Moro.


5. Non saprei, in questi brevi momenti, presentarvi in modo completo la figura e l'opera in questo grande Pontefice; è giustamente l'oggetto dei vostri lavori scientifici. Ma non posso fare a meno di evocare, per quanto brevemente, il suo impegno deciso a favore della cultura. Il "Papa bibliotecario", come egli definiva se stesso in un incontro familiare con i seminaristi lombardi il 28 settembre 1923, si sentiva profondamente legato all'istituzione in cui aveva lavorato con amore. Con l'aiuto del Cardinale Eugène Tisserant, trasformo la biblioteca vaticana da deposito organizzato di libri in un organo promotore di cultura.

Istitui l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E, in quei tempi in cui nuove discipline esigevano un loro posto nel "cursus studiorum" con un loro metodo proprio, egli affronto con coraggio intellettuale e decisione pastorale tanto gli aspetti dottrinali che le implicazioni pratiche richieste dalla complessità del campo universitario in evoluzione. Ed ebbe il coraggio di osare la riforma e la ristrutturazione degli studi superiori ecclesiastici con la costituzione "Deus Scientiarum Dominus". Al tempo stesso, si rivelava mecenate accorto della "Specola Vaticana", inaugurava la nuova sede della "Pinacoteca" e ristrutturava diverse sezioni dei Musei Vaticani, sul territorio del nuovo Stato che aveva creato.

Senza alcun dubbio la sua opera più significativa in campo culturale è stata la ricostituzione della pontificia accademia delle scienze, con il motu proprio "In Multis Solaciis" del 28 ottobre 1936. Questa rinnovata istituzione privilegia le scienze matematiche, fisiche e naturali e lo studio dei problemi epistemologici che ad esse si rapportano.


6. A questi sessanta accademici, "una sorta di senato della Sede Apostolica in campo scientifico", come egli amava chiamarli, Pio XI, non chiedeva altro che l'amore per la verità e la serietà delle ricerche e delle conclusioni, nella convinzione che non può sorgere alcuna contraddizione fra la scienza e la fede, questi due beni che provengono da un'unica fonte. Non vi può essere, credo, messaggio più congeniale a voi, che coltivate la particolare disciplina che è la storia della Chiesa. Questa disciplina ha conosciuto, negli anni passati e me ne rallegro vivamente, uno sviluppo notevole, che nelle facoltà ecclesiastiche che nell'insieme delle università, con l'impegno rimarchevole di tanti laici come voi.

Il dibattito sullo statuto epistemologico della storia della Chiesa ha sempre bisogno di essere approfondito. Esso ha conosciuto un momento esemplare nel corso del colloquio del 1981 dedicato alla memoria del professor Hubert Jedin sui problemi fondamentali del metodo della storia della Chiesa. Non dubito che il vostro incontro interdisciplinare ed interuniversitario potrà offrire a sua volta un contributo concreto di alto valore a questo proposito.


7. Vi ringrazio, ed esprimo la mia gratitudine particolare all'"Ecole Française" di Roma che, sotto l'impulso del suo saggio ed accorto direttore, crea occasioni proficue di collaborazione con istituzioni ed organismi pontifici, in particolare con il pontificio consiglio della cultura, così come con altri istituti, e che ha avuto la felice iniziativa di questo colloquio "Achille Ratti, Papa Pio XI", dopo i precedenti dedicati a Paolo VI e al Concilio Vaticano II. Vorrei inoltre, in questa circostanza, rallegrarmi per la recente pubblicazione di quattro volumi sul pontificato di Urbano V, che si aggiungono alla collezione già imponente dei registri del medioevo.

Cari amici, vi auguro un fecondo proseguimento e una felice conclusione del vostro colloquio sulla personalità e l'opera di uno dei grandi Papi del nostro tempo, energico ed ardito, dalle vedute ampie e generose e dalle realizzazioni audaci. Assicuro a ciascuno di voi la mia stima per le vostre persone e i vostri lavori e vi benedico di cuore, insieme con i membri e con gli zelanti collaboratori dell'"Ecole Française" e con tutti coloro che vi sono cari.

1989-03-17

Venerdi 17 Marzo 1989




Le credenziali del nuovo ambasciatore di Capo Verde - Città del Vaticano (Roma)

La Chiesa intende servire con la sua missione la grande causa dello sviluppo della persona


Signor ambasciatore.


1. Sia benvenuto in Vaticano, per questa cerimonia in cui ho il piacere di ricevere vostra eccellenza che viene a presentare le lettere che l'accreditano in qualità d'ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Capo Verde presso la Santa Sede. Ho vivamente apprezzato le espressioni con cui ha voluto trasmettermi i nobili sentimenti del diletto popolo di Capo Verde e, in particolare, i cordiali saluti e gli auguri che mi ha rivolto da parte di sua eccellenza il Presidente della Repubblica, Aristide Pereira. Nell'esprimere, in modo particolare al presidente del suo Paese, il mio ringraziamento per questi sentimenti di cui lei ha voluto farsi interprete, desidero confermare a vostra eccellenza la considerazione e la benevolenza con cui verrà sempre accolto in questa Sede, nello svolgimento dell'alta missione affidatale; e, apprezzando i nobili propositi da lei manifestati all'atto di assumerla, in consonanza con le tradizioni del popolo di Capo Verde, mi auguro che si concretizzino nell'approfondimento dei buoni rapporti già esistenti, in un contesto di rispetto, dialogo e libertà religiosa.


2. Ha già colpito particolarmente la mia attenzione il riferimento, da lei fatto, alla costante proclamazione, da parte della Santa Sede, della dignità e libertà dell'essere umano nella sua totalità e dei diritti che ne conseguono, come pure la sua allusione agli sforzi fatti per promuovere lo spirito di tolleranza e di riconciliazione fra i popoli, per un mondo più giusto e più fraterno. Vostra eccellenza ha fatto riferimento anche all'impegno con cui il suo Paese tenta di procedere verso queste mete ideali, di carattere etico, che si impongono all'intera famiglia umana. La sua presenza qui testimonia la considerazione e le aspirazioni che il popolo di Capo Verde nutre nei confronti di questi valori di ordine umano, morale e spirituale, e il suo desiderio di una società fondata su di essi.


3. C'è fortunatamente nel mondo, oggi, una graduale presa di coscienza della dignità dell'essere umano. Ogni persona, di fatto, oltre alle caratteristiche etniche, culturali e socio-economiche proprie della situazione in cui si trova, possiede una dimensione trascendente che va al di là dei parametri dovuti al sistema politico e all'ideologia, e che la proietta al livello più alto e più nobile di tutto il creato e al di sopra di tutte le opere umane. L'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, degno del massimo rispetto che deve essere espresso in norme generali e in conseguenti comportamenti.

Una società che si organizza per progredire, con la partecipazione e il miglioramento dei propri cittadini, non può non riflettere nelle sue istituzioni e inscrivere nei suoi programmi e servizi l'autentica verità dell'inviolabile dignità dell'uomo e la salvaguardia dei diritti che ne derivano, in misura uguale per tutti. Viene ad essere così assicurato ciò che è fondamentale e imprescindibile affinché ogni uomo possa riconoscere, assumere e portare a compimento il proprio valore e la propria grandezza, si rende possibile l'instaurazione e il rafforzamento di rapporti sociali giusti e sani, portatori di benessere, di pace e di progresso; e si prepara un terreno solido sul quale edificare l'auspicato sviluppo integrale dell'uomo.


4. Vostra eccellenza ha accennato anche alle sfide che la sua giovane Nazione deve affrontare e agli sforzi che le si richiedono per conseguire migliori condizioni di vita per tutti i cittadini. Un autentico sviluppo dell'uomo e della società è opera di paziente applicazione, e necessariamente richiede, durante le varie fasi e livelli che comporta, la partecipazione sempre più ampia, libera e consapevole degli interessati. Il rispetto dei propri valori, il riconoscimento dei propri bisogni reali e il soddisfacimento delle proprie legittime aspirazioni sono i canali attraverso cui i cittadini si rendono conto e si convincono della loro responsabilità di essere i protagonisti del proprio progresso e di servirsi gradualmente dei mezzi per raggiungerlo.

Lo spirito di iniziativa, unito ad una convergenza di intenti e ad un congiungimento degli sforzi che si impongono a tutti, è un fattore importante nel processo di edificazione di una società giusta, pacifica e ordinata. Favorire questo spirito di iniziativa suscita, in genere, una partecipazione e un lavoro che corrispondono meglio alle esigenze della popolazione. La realizzazione personale di ogni individuo all'interno di una società, tramite l'accesso all'educazione e alla cultura e la libera circolazione delle informazioni, può diventare un contributo diretto all'autentico sviluppo della Nazione.


5. Nel frattempo, è chiaro che un piano di sviluppo che mirasse solo alla dimensione economica finirebbe per ridurre e rendere schiavo ancora di più l'uomo, invece di elevarlo e liberarlo. Su questo punto la Chiesa "esperta in umanità" possiede un'esperienza che deriva dalla sua missione evangelizzatrice di tutti i popoli, che l'ha condotta ad elaborare un corpo di dottrina sociale che essa presenta come contributo affinché si abbia una visione giusta e globale dello sviluppo stesso. Quest'ultimo non può non includere le dimensioni culturali, trascendenti e religiose della persona umana e della società. Senza questo progresso nessuno può realizzarsi pienamente, e nemmeno la società riesce a strutturarsi in modo da garantire stabilmente la libertà degli individui e le condizioni necessarie alla giustizia e alla pace.

Signor ambasciatore.

La Chiesa, con la missione religiosa che le è propria, nella fedeltà a Cristo e al servizio integrale dell'uomo, nel proclamare il Vangelo desidera solo contribuire alla progressiva umanizzazione delle condizioni di vita e dei rapporti interpersonali nella società. Nei luoghi in cui si radica, essa cerca di portare avanti l'educazione dei propri membri - e aiutare tutti gli uomini di buona volontà - perché diventino più giusti, fraterni e sensibili alle necessità del prossimo; in questo senso, non cessa di assumere e gestire iniziative di tipo caritativo, assistenziale, educativo, culturale e artistico. Si sforza continuamente di inculcare i valori morali che ispirano e guidano i comportamenti che nobilitano le persone ed elevano le società; né cessa di indicare le vie del dialogo come modo per eliminare le tensioni e dirimere i conflitti.

Contemporaneamente, si fa costantemente promotrice della causa della giustizia e della pace, sia a livello nazionale che internazionale; fa sentire la sua voce, in modo particolare, a favore delle persone e dei popoli più bisognosi facendo appello alla solidarietà, come ha già fatto e come, ancora una volta oggi, vuol fare a favore della sua Nazione.


6. Il popolo di Capo Verde, in maggioranza cattolico, desidera che anche in quel Paese la Chiesa possa continuare a svolgere la sua missione e ad occuparsi dei suoi figli, possa cooperare allo sviluppo integrale dell'uomo di Capo Verde e, riconoscendo i servizi resi in passato da questa Chiesa nel settore dell'educazione, desidera ancora che essa possa continuare a gestire l'educazione religiosa e morale dei bambini e dei giovani, cosa che essa fa tentando di infondere in loro il messaggio del Vangelo e incitandoli a tradurre in azione e in iniziative utili alla società gli alti ideali che propone loro. Inoltre, questo favorirà la grande causa del progresso di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, causa a favore della quale è necessario riunire tutte le forze e i mezzi, consolidare lo spirito di collaborazione, per rendere più efficace l'impegno comune.

Nel momento in cui vostra eccellenza inizia ufficialmente l'esercizio della sua funzione, formulo i migliori auguri affinché un felice svolgimento della medesima gli porti serenità e gioia. Le assicuro che qui troverà sempre tutta la comprensione e l'appoggio che ha il diritto di aspettarsi. E, nel chiederle di trasmettere al signor Presidente della Repubblica i miei migliori saluti, imploro sulla persona di vostra eccellenza, sul diletto popolo di Capo Verde e sulle sue autorità il favore e la benedizione di Dio onnipotente.

1989-03-17

Venerdi 17 Marzo 1989




Messa per il centoventesimo di fondazione dell'"Ospedale Bambino Gesù" - Al personale e familiari dei piccoli degenti, Città del Vaticano (Roma)

Il medico, come il sacerdote, ha la missione di provvedere alla cura e alla salvezza dell'uomo



1. "Ecco il servo saggio e fedele, che il Signore ha posto a capo della sua famiglia" (Lc 12,42).

Carissimi fratelli e sorelle.

Oggi, solennità di san Giuseppe, il nostro pensiero non può non andare, contemporaneamente, anche a Gesù bambino, che l'iconografia tradizionale rappresenta pure tra le braccia del santo Patriarca.

E' dunque, una bella circostanza per festeggiare con voi, in questa liturgia, il centoventesimo anniversario di fondazione del vostro ospedale, intitolato al bambino Gesù. Un ospedale sorto per curare e lenire, con amore pari alla dedizione, le sofferenze dei piccoli innocenti, così simili in ciò al Figlio stesso di Dio fatto uomo, fatto bambino come loro, soggetto alla sofferenza come loro.


2. Desidero salutare cordialmente tutti i presenti, esprimendo la gioia di questo incontro per me assai significativo: saluto il presidente, il personale dirigente, i medici, le suore Figlie della Carità, le vigilatrici d'infanzia, il personale ausiliare, nonché i familiari dei piccoli degenti.

Un incontro significativo, dicevo, perché voi sapete quale stretta relazione esiste, quale analogia, quale interscambio tra la missione del sacerdote da una parte e quella dell'operatore sanitario dall'altra: tutti sono dediti, a diverso titolo, alla salvezza dell'uomo, alla cura della sua salute, a liberarlo dal male, dalla sofferenza e dalla morte, a promuovere in lui la vita, il benessere, la felicità. E quanto si accentua tale analogia, se consideriamo che la cura dei piccoli sofferenti, richiede maggiormente quelle virtù di abnegazione, di diligenza, di delicatezza, di compassione, di misericordia che devono accomunare il medico al sacerdote! Per questo, cari fratelli e sorelle, devo dirvi che io sento il vostro ospedale particolarmente vicino al mio cuore di Pastore e di Vescovo di Roma, in cui ormai da centoventi anni codesta istituzione esercita la sua benefica attività.


3. Nella preghiera iniziale della santa Messa abbiamo ricordato che Dio ha voluto "affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di San Giuseppe". Quali sono questi "inizi della redenzione?". Sono la vita terrena di Gesù fanciullo; una vita che per trent'anni egli ha condotto nell'intimo del focolare domestico, tra la gente semplice del suo tempo, amorosamente dedito, certamente, alle opere buone, ma senza che lo splendore della sua divinità trasparisse al di là di un normale comportamento umano. Quanto amore e quanto rispetto non avrà mostrato Gesù durante questi anni, egli che poi nel ministero pubblico ricorderà il comandamento del decalogo di onorare il padre e la madre! E con quanta premura e dedizione Giuseppe e Maria non avranno seguito il crescere di Gesù "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini" (Lc 2,52).

E la vita di ogni fanciullo battezzato è anch'essa una partecipazione alla Redenzione di Cristo. C'è anche per essa, ed in modo speciale, quella "fedele cooperazione che la Chiesa esercita all'opera della salvezza", per la quale, nella medesima preghiera, abbiamo chiesto l'intercessione di san Giuseppe.

E soprattutto, se pensiamo al fanciullo sofferente, non possiamo non andare col nostro pensiero alla partecipazione della Chiesa alle sofferenze redentrici del Cristo.


4. Nella vostra delicata professione, voi medici, voi religiose, voi vigilatrici d'infanzia che assistete questi piccoli, troverete sempre in san Giuseppe un modello, un protettore, un conforto. Mettetevi fiduciosamente sotto il suo potente patrocinio: egli vi insegnerà l'arte nobilissima e soprannaturale di illuminare, consolare e confortare queste piccole anime messe di fronte alla prova terribile del dolore. Il santo falegname di Nazaret vi ispirerà parole giuste, il sorriso ed il gesto rasserenanti, l'intervento tempestivo ed efficace, la finezza d'animo nel riflettere sul mistero del dolore umano.

I piccoli che avete fra le vostre mani sono stati misteriosamente chiamati fin dai loro primi anni di vita ad una dura prova, che coinvolge anche voi adulti, ponendovi interrogativi inquietanti. Davanti al mistero tremendo del dolore, anche le menti più elevate hanno sentito l'impotenza del limite umano.

Sembra mancare la parola. Proprio per questo occorre che vi affidiate alla Parola di Dio: ascoltarla e farla vostra, "sperando contro ogni speranza" come dice san Paolo nella lettera ai Romani (Rm 4,18); occorre avere la medesima docilità di san Giuseppe nell'ascoltare e nel mettere in pratica le ispirazioni dello Spirito di sapienza; occorre ascoltare la "voce dell'angelo".


5. Esprimo la speranza che centri di cura per bambini come il vostro possano sempre più moltiplicarsi. Come sapete, un numero grandissimo di fanciulli innocenti nel mondo soffre ed anche muore per la mancanza di strutture ospedaliere. E' questa certamente una delle piaghe più terribili che affliggono la moderna società, è uno scandalo intollerabile, per rimediare al quale non faremo mai abbastanza. Questo nobilissimo ideale di portar soccorso ai fanciulli ammalati o bisognosi, in qualunque parte della terra si trovino, è una causa che deve attrarre il cuore e stimolare le energie di molti giovani e dar significato ad una esistenza. Molti laici, religiosi e religiose ad esso si dedicano; ma quante maggiori forze occorrerebbero! Profitto pertanto di questa occasione per lanciare un appello a tutte le anime generose: andate senza paura, e Dio vi darà il centuplo! San Giuseppe vi assista nella fatica, perché possiate condividere con lui il premio celeste. Preghiamolo tutti insieme, cari fratelli e sorelle, con la stessa orazione finale di questa santa Messa, chiedendo al Signore: "Donaci la stessa fedeltà e purezza di cuore, che animo San Giuseppe nel servire il tuo unico Figlio, nato dalla Vergine Maria". Amen.

1989-03-18

Sabato 18 Marzo 1989




Ai giovani della diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Cristo dice a ciascuno di voi: "Seguimi... entra nella pienezza del mio mistero"


Mi permetto di guardare qualche volta l'orologio, perché in questa aula manca un orologio più grande. Invece la televisione italiana non ci risparmia. Misura ogni minuto.

Facciamo un po' di storia. Quando per la prima volta ho celebrato la domenica delle palme in piazza san Pietro, dieci anni or sono, nel 1979, nuovo Vescovo di Roma, sono rimasto colpito dalla partecipazione di molti giovani, dei giovani e delle giovani. Ero abituato piuttosto alla partecipazione dei ragazzi.

Anche la liturgia parla di "Pueri Hebraeorum". Ma si vede che qui in Italia i giovani vogliono rimanere ancora "pueri". così si è spiegata la loro partecipazione, che mi ha molto sorpreso in senso positivo.

così, con questa bella tradizione, si è camminato fino all'anno della Redenzione, 1983-1984. Verso la conclusione dell'anno della Redenzione, domenica delle palme 1984 - mi sembra che fosse in aprile -, è stata organizzata una grande celebrazione giovanile, con la partecipazione non solamente dei romani, ma anche di tanti altri venuti dall'Italia e da fuori Italia. Possiamo dire che era la prima Giornata Mondiale, almeno europea, della Gioventù a Roma. Lo stesso si è ripetuto nel 1985. Quell'anno era stato dichiarato dalle Nazioni Unite "Anno della Gioventù", così noi, la Chiesa, abbiamo offerto quella convocazione giovanile qui, a Roma, nella domenica delle palme.

Di nuovo tale domenica è stata celebrata con la partecipazione di tanti giovani dell'Europa, soprattutto naturalmente d'Italia, della città di Roma, ma anche di altri continenti. E si è pensato e deciso di dichiarare questo giorno - la domenica delle palme - "Giornata Mondiale della Gioventù". così si è introdotta la celebrazione di questa giornata nella Chiesa.

Devo dire che nello stesso anno 1985, per l'"Anno internazionale dei giovani" ho scritto anche una lettera ai giovani e alle giovani di tutto il mondo.

In quella lettera ho cercato soprattutto e quasi esclusivamente di dare un commento al colloquio evangelico tra Gesù e il giovane: il giovane che va da Gesù per chiedergli: che cosa devo fare per avere la vita eterna? - e la risposta di Gesù (cfr Mt 19,16-30 Mc 10,17-22 Lc 18,18-30). Il commento era abbastanza lungo. La lettera penso che fosse di circa cento pagine dattiloscritte. Con il programma delineato nella lettera si è cominciato ad andare avanti con l'esperienza delle Giornate della Gioventù, giornate introdotte nella Chiesa nello stesso giorno della domenica delle palme, e celebrate in molte diocesi ed anche in parrocchie del mondo cattolico, e così anche a Roma. Ma subito, insieme con il nostro pontificio consiglio dei laici, si è pensato che, al di fuori di questo giorno - la domenica delle palme - si potessero e si dovessero prevedere anche delle celebrazioni internazionali ed anche locali, ma soprattutto internazionali, continentali. così, una volta, senza il permesso dei "superiori", ho abbandonato Roma per essere nel giorno della domenica delle palme a Buenos Aires, dove i nostri carissimi fratelli giovani dell'America Latina, soprattutto dell'Argentina, hanno celebrato la loro Giornata della Gioventù. Anche quest'anno si pensa - non domani, ma in agosto, dopo la solennità dell'Assunzione della Vergine - di celebrare una Giornata dei giovani a carattere internazionale, soprattutto per gli Europei, a Santiago de Campostela, in Spagna, nella parte nord-ovest della Spagna dove si trova questo santuario famoso, frequentato dal medioevo, da tanti secoli, da molti pellegrini di tutti i paesi europei. Ritorniamo così sulle orme dei nostri antenati.

Questo per la storia. Si deve conoscere la storia. Voi giovani, come giovani, avete anche il diritto di non sapere qualche cosa di dieci anni fa. Per voi questo è già storia. Si deve ritornare a questi inizi, sapere dove ci troviamo. Oggi ci troviamo qui. Per la prima volta ci troviamo riuniti con la gioventù romana, solamente della diocesi di Roma, qui, nell'aula Paolo VI, per anticipare la celebrazione di domani, della domenica delle palme 1989. Ci troviamo per prepararci a questa celebrazione.

La scelta della domenica delle palme per la giornata dei giovani è una cosa che fa pensare. Questi "Pueri Hebraeorum" sono così potenti che adesso tutti i giovani nel mondo vengono convocati proprio nella domenica delle palme per essere insieme, tra loro e con Gesù Cristo. Perché questa domenica? Il giovane che ha chiesto a Gesù che cosa fare per avere la vita eterna, per entrare nel Regno dei cieli, non sapeva ancora dove andava Cristo e dove doveva finire. Ma noi lo sappiamo. La risposta di Cristo, lo ricordate, era: "Seguimi", "Seguimi". Questo giovane, di cui scrivono i sinottici, non lo ha potuto seguire, non era abbastanza coraggioso da lasciare le sue ricchezze temporali. Non è andato con Cristo, non è diventato uno degli apostoli. E' rimasto triste, come scrive l'Evangelista. Ma veramente quel "Seguimi" era una risposta difficile già in quel momento, quando Cristo la pronunciava, e specialmente dopo quando, camminando insieme con lui, come gli apostoli, si è arrivati a quel giorno, si splendido, della domenica delle palme, dell'ingresso glorioso, trionfale a Gerusalemme di un Messia, di un Messia che pochi giorni dopo sarebbe stato crocifisso.

Ecco perché queste cose - i giovani e la giornata della domenica delle palme - sono legate insieme. Non solamente per il motivo trionfale, per il motivo completo: Cristo dice "seguimi" e con questa parola vuole introdurre ciascuno di noi dentro tutto il suo mistero. E il suo mistero si conclude con la Pasqua.

Pasqua di Gerusalemme vuol dire Gesù condannato, Gesù flagellato, Gesù crocifisso, alla fine Gesù risorto. "Seguimi" vuol dire "entra nella pienezza del mio mistero". così Gesù ha condotto i suoi seguaci, i suoi apostoli, attraverso questo mistero. così voleva condurre anche quel giovane, che in un certo momento lo ha abbandonato. E così vuol condurre anche ciascuno di noi.

La scelta della domenica delle palme per la Giornata della Gioventù si spiega così: voi giovani dovete sapere che cosa vuol dire la parola di Gesù "Seguimi". Vuol dire "entra nella pienezza del mio mistero", non solamente in quello che può apparire trionfale, bello, attraente, ma anche in quello che è doloroso, che costa. Con questo "costo", con questo dolore, con questa Croce si pagano i valori fondamentali, soprattutto con questa Croce si rivela Dio. Se consideriamo le diverse religioni del mondo, non ce ne è una nella quale questa autorivelazione di Dio è così. E' una realtà stupenda, è una realtà veramente soprannaturale, un mistero divino-umano. Dice il Concilio Vaticano II: Gesù Cristo ci ha rivelato a ciascuno di noi, ha rivelato l'uomo all'uomo, ci ha rivelato qual è la vera vocazione e la vera dignità dell'uomo rivelandoci Dio, rivelandoci il Padre e il suo amore. Questa rivelazione del Padre e del suo amore culmina proprio nel mistero pasquale (cfr GS 22).

Noi giovani, se vogliamo dare una risposta a Cristo, alla sua proposta, al suo "Seguimi", dobbiamo passare per questo mistero centrale, per questa realtà centrale: conoscere Gesù, conoscere Dio e conoscere se stessi con la chiave di questo mistero.

Ecco, questa, possiamo dire, è la parte più speculativa per spiegare la caratteristica propria della domenica delle palme, della Giornata della Gioventù: perché voi siete chiamati ogni anno, in questa domenica, ad essere insieme con i vostri Pastori, ad essere insieme con Gesù. La risposta "Seguimi" è semplice e nello stesso tempo immensamente ricca. In questa risposta si può trovare tutta la realtà vocazionale, soprattutto la constatazione di fondo che l'uomo, la persona umana, è un essere che ha la vocazione, che ha una finalità profonda della sua esistenza, del suo essere, per cui vale la pena d'impegnarsi, vale la pena vivere.

E questa è già una cosa di grandissima importanza, perché tanti nostri contemporanei soffrono proprio su questo punto, soffrono per la mancanza della risposta: perché vivere? qual è il senso della nostra vita? dei nostri sforzi? delle nostre sofferenze? Dentro questa risposta, che ci spiega la nostra vocazione umana, si trovano tutte le vocazioni, tutte le diverse strade, perché si può seguire Cristo lungo strade diverse. così era dall'inizio, dai tempi del Vangelo e così è oggi e sarà domani. Ci sono diverse proposte, diverse risposte, diverse vocazioni. E tutte costituiscono la bellezza, la ricchezza spirituale della Chiesa. E questo è bello. Ogni persona umana porta iscritta dentro il suo cuore una vocazione divina: "Non vivo inutilmente". Dio ci ha predestinati a vivere in Cristo, a vivere nell'eternità la pienezza della vita divina attraverso Cristo nello Spirito Santo.

Questo Dio già iscrive nel nostro essere una vocazione terrena che sia cristiana.

Questa realtà vocazionale è molto presente nell'insegnamento del Concilio Vaticano II. E' molto presente anche nella cultura cristiana contemporanea, nella cultura e nella vita organizzativa. Le vocazioni sono certamente diverse e si deve pensare ad ogni vocazione possibile proprio in questo giorno, domenica della gioventù. Per questo si deve ritornare alla domanda di un giovane e alla risposta di Gesù e, dentro questo dialogo, ritrovare il problema vocazionale, la propria vocazione, la propria missione.

Il Vaticano II ci presenta la Chiesa sotto l'aspetto di una "missione", missione che viene da Dio, missione della Trinità. Dal Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo si compie, in questo mondo creato, umano, temporale, una missione divina. E noi siamo invitati a prender parte a questa missione in modi diversi. Lo hanno confermato anche recentemente l'ultimo Sinodo dei Vescovi sui laici e il documento "Christifideles Laici" che è il frutto delle riflessioni sinodali.

Qui a Roma abbiamo un'altra occasione per studiare tutto questo, per attuare tutto questo: è il Sinodo romano. Il Sinodo romano è per dare la risposta ai cristiani di Roma, alla fine del secondo millennio dopo Cristo, la risposta alla nostra missione. Qual è la missione di Roma? Si potrebbe parlare molto. Basta leggere il nome Roma, ma non come si legge nella geografia, ma dalla fine all'inizio. Allora abbiamo la parola "amor". Questo penso che sapevano anche san Pietro e san Paolo quando vennero qui. Non so se erano consci di questa possibilità di cambiare le lettere della parola Roma. Ma certamente sapevano che la missione di Roma è "amor".

E poi lo spiegavano i padri della Chiesa, soprattutto i grandi padri apostolici, post-apostolici, come sant'Ireneo: la tua missione, Roma, è "amor"; tu devi servire per un grande amore, amore fra tutti i popoli chiamati alla Chiesa di Cristo. Chiamati alla Chiesa, vuol dire chiamati ad essere partecipi di questo amore soprannaturale, divino in cui si è rivelato Dio Padre nel suo Figlio crocifisso e risorto. Questo amore viene sempre portato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo in modo invisibile, ma reale, realistico. La pneumatologia, la dottrina, la fede nello Spirito Santo, è la parte direi, più realistica di tutta la Rivelazione.

Allora, carissimi giovani, vi auguro di realizzare questa vocazione specifica di Roma, "amor", andando insieme con Cristo con le diverse strade, con le diverse vocazioni. Che siano buone vocazioni alla famiglia; che si possa vincere questa crisi della famiglia. La crisi della famiglia è la crisi della persona e delle persone. Sono le persone che pagano per questa crisi; sono le persone che la causano e che la pagano; le donne, i mariti, i bambini, la società.

E poi che ci siano anche in questa Chiesa di Roma vocazioni sacerdotali, vocazioni religiose. Che sia una Chiesa autentica, con la sua vivacità che porta frutti.

Termino così questa mia prolusione ai giovani di Roma. Ci incontreremo domani per celebrare insieme il grande mistero pasquale nella domenica delle palme e per entrare in questo periodo che ci fa attraversare le profondità di Dio.

1989-03-18

Sabato 18 Marzo 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai partecipanti al colloquio internazionale ed interdisciplinare - Città del Vaticano (Roma)