GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La fede con la quale Maria si è preparata ad accogliere il Figlio di Dio guidi la preparazione del presepio nelle vostre case

Testo:

Nel nostro cammino di preparazione al Natale siamo giunti alla quarta domenica di Avvento. Fra una settimana celebreremo con gioia la festa della Natività di nostro Signore.

Nella Messa di quest'oggi la Chiesa ci fa meditare sulla fede di Maria, ricordandoci l'elogio rivoltole dalla sua parente sant'Elisabetta: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

Sentiamo che questo episodio del Vangelo di Luca, letto in prospettiva del Natale, è un invito ed un monito a rinvigorire anche la nostra fede sulla verità di Gesù, il Figlio di Dio, il Verbo eterno, che si fa carne nel seno della Vergine per abitare tra gli uomini e donare la grazia e la verità (cfr. Jn 1,14 Jn 1,17). Le parole di Elisabetta ci ricordano che la Vergine è beata proprio perché all'annuncio dell'angelo, messaggero della volontà di Dio Padre, ha risposto con l'obbedienza della fede, abbandonandosi totalmente a Dio. Maria ha davvero prestato al Signore l'ossequio della sua mente e della sua volontà, ben consapevole che nel momento dell'annuncio si compivano le promesse fatte ai padri del popolo eletto e disponendosi con incondizionata generosità alla perfetta collaborazione al progetto divino.

In quest'ultima tappa dell'Avvento meditiamo sulla fede con la quale Maria si è preparata ad accogliere, credendo fermamente, colui che doveva nascere da lei: il Santo, il Figlio di Dio.

Siano questi sentimenti di fede a guidare anche la preparazione del presepio in tutte le vostre case. Tale suggestiva tradizione fa rivivere davanti ai nostri occhi, mediante raffigurazioni artistiche, o di carattere popolare, il mistero di Betlemme. Nella ricostruzione del presepio veniamo idealmente guidati alla grotta, ove il Verbo di Dio ha voluto nascere nell'umiltà e nel nascondimento. Anche noi, come Maria e Giuseppe, e i pastori, ci accostiamo in spirito di adorazione al salvatore, nato nella notte santa.

Son ben felice, perciò, di benedire le statuine del Bambino Gesù che i ragazzi di Roma, seguendo una tradizione molto bella, recano oggi in mano qui, in questa piazza, per deporle, poi, nei presepi delle proprie case.

Cari ragazzi, siate anche voi, come i pastori di Betlemme, messaggeri e testimoni della bellezza e della bontà di Gesù. Siatelo nella vostra famiglia, tra gli amici, nella scuola.

Pregate perché il prossimo Natale rechi gioia e pace nelle vostre case ed in quelle di tutti i bambini del mondo, ricordando in modo speciale i fanciulli ai quali la casa è venuta a mancare proprio in questi giorni, a causa delle disastrose calamità che hanno colpito la loro terra.


[Omissis. Saluto ad alcuni pellegrini]


Data: 1988-12-18 Data estesa: Domenica 18 Dicembre 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di san Giuseppe Cottolengo

Testo:

[L'accoglienza festosa e toccante dei bambini e dei ragazzi della comunità] Carissimi ragazzi, carissimi papà - anche io sono adesso uno di loro -, e mamme, carissimi catechisti e catechiste, carissimi confratelli sacerdoti, vi ringrazio per questa bella accoglienza nella parrocchia che mi è dato di visitare oggi, nel decimo anno del mio ministero petrino qui a Roma e, se non mi sbaglio questa è la centocinquantesima parrocchia visitata durante questi dieci anni. Ma voi avete ricordato anche questo evento di dieci anni fa, il giorno 16 ottobre 1978, e vorrei anche oggi - ancora oggi, come lo faccio tutti gli anni e quasi tutti i giorni - ringraziare per questa prima accoglienza che ho avuto da parte dei romani, diventando - venuto come ho detto da un paese lontano - diventando Vescovo di Roma. Ringrazio di cuore per la vostra accoglienza di oggi come anche sempre ringrazio per questa accoglienza così buona di allora, di dieci anni fa.

Quando dico accoglienza e penso a quella che abbiamo vissuto insieme stasera nella parrocchia di San Giuseppe Cottolengo pensando, o vivendo piuttosto questa accoglienza di oggi, così festosa così gioiosa, così sincera, così bene parlata e così bene cantata, dai più piccoli e dai più grandi, da tutti, mi viene in mente naturalmente questa altra accoglienza: l'accoglienza della notte di Betlemme a cui ci avviciniamo, tra pochi giorni, tra una settimana avremo infatti la ricorrenza liturgica di questa grandissima solennità del Natale, dove è stato accolto il Figlio di Dio, nato nella natura umana, nato e deposto in un presepe.

Come è stato accolto? Si, pensiamo che è stato accolto con grande povertà: erano pochi quelli che sapevano della sua venuta, ma erano alcuni - possiamo dire - privilegiati, soprattutto i pastori. Questi sono andati, chiamati dall'angelo, che annunciava loro la nascita del Salvatore, sono andati a vedere questo neonato, in una capanna, deposto in un presepe degli animali. Sono andati ed hanno portato i loro doni che ci dicono di un altro dono che Gesù stesso ci ha portato, questo dono più grande di tutti i doni possibili che l'uomo può offrire a lui. Questo dono che lui, Figlio di Dio, ci ha portato e ci ha offerto per la prima volta in quella notte di Betlemme, in quella notte della sua nascita: questo dono è lui stesso, la sua umanità appena rivelata su questa terra e la sua divinità che esiste da sempre. Ci ha offerto il dono della divinità, della figliolanza divina nella umana natura e ci ha portato questo dono per ciascuno di noi. E questo suo dono non è paragonabile con nessun altro dono che si può pensare, che si può offrire. Ma si deve cercare di capire la grandezza di questo dono divino, della divina grazia, della divina verità e si deve anche cercare come rispondere a questo dono di Dio che si offre a noi per rispondere a questo dono con il dono di noi stessi.

Ecco, questa breve meditazione sul mistero natalizio a cui ci avviciniamo, questa breve meditazione sia per voi anche, carissimi, un augurio per le feste, certamente, per le persone, per le famiglie, per la vostra vita, per la vita di ciascuno di voi: capire, approfondire il dono che ci porta Gesù con la sua nascita e rispondere a questo dono nel modo che è a noi uomini possibile, sempre insufficiente paragonandolo al suo dono, ma sempre da lui atteso, come nella notte di Betlemme attendeva la presenza di questi semplici pastori con i loro poveri doni, quelli almeno che li hanno potuti portare. Vi auguro buon Natale a tutti; buon Natale a tutti e a tutta la vostra parrocchia. Che il Signore vi benedica.


[L'omelia durante la celebrazione eucaristica]


1. Cari fratelli e Sorelle! Abbiamo ascoltato la Parola di Dio, che la Chiesa ci fa meditare nella liturgia di questa quarta domenica del tempo d'Avvento.

Ogni giorno ripetiamo nella Liturgia delle Ore: "Il Signore è vicino".

Le letture domenicali ci permettono di penetrare ancor più dettagliatamente in questo mistero della vicinanza del Signore.

E' vicino colui che il Padre ha "mandato nel mondo". Colui - l'atteso - che è stato preannunciato dai profeti; colui che esaudisce la preghiera dei salmi.

Egli è - come annuncia oggi il salmista - "l'uomo della destra di Dio" (cfr. Ps 80[79],18) il "Figlio di Dio".

Verrà come servo della nostra salvezza. Il servo della conversione dei popoli. Infatti il salmista grida con fiducia: "Da te più non ci allontaneremo, / ci farai vivere e invocheremo il tuo nome" (Ps 80[79],19).

Il salvatore del mondo, l'autore della nuova vita è ormai vicino.


2. Il profeta Michea indica il luogo della sua nascita: "E tu, Betlemme di Efrata / così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, / da te mi uscirà colui / che deve essere il dominatore in Israele, / le sue origini sono dall'antichità, / dai giorni più remoti" (Mi 5,1).

Parole ammirabili! Esse indicano non solo il luogo della nascita del Messia, ma anche la sua provenienza "dai giorni più remoti", dall'eternità, poiché egli è Dio. Le parole del profeta non preannunciano forse il Figlio di Dio? Colui che è "Dio da Dio, Luce da Luce"? 3. Dio è il "Pastore d'Israele".

Il Messia che verrà da Dio, sarà egli pure chiamato il profeta pastore: "Egli starà là e pascerà (i figli d'Israele) con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra" (cfr. Mi 5,3).

Israele era un popolo numericamente non grande, anzi uno dei più piccoli. Tuttavia nei disegni di Dio è diventato l'inizio di ciò che è universale, di ciò che non conosce frontiere e divisioni tra popoli, nazioni o stati. Infatti si riferisce all'uomo. Colui che viene è il redentore dell'uomo: di ciascuno e di tutti.

Viene come pastore delle anime. E il suo potere - potere di pastore - è un servizio alla salvezza universale dell'uomo.

In questo senso il salimista grida: "Tu, pastore d'Israele... / Risveglia la tua potenza / e vieni in nostro soccorso" (Ps 80[79],2-3).


4. Ecco, egli viene. Ecco è vicino! Con le parole della lettera agli Ebrei egli stesso - Cristo stesso - proclama il mistero della sua venuta.

"Entrando nel mondo, Cristo dice (al Padre): / Tu non hai voluto nè sacrifici nè offerte, / un corpo invece mi hai preparato" (He 10,5).

Così dice al Padre il Figlio eterno che è "nel seno del Padre" (Jn 1,18).

"Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà" (He 10,7).

Colui che è vicino, la cui nascita a Betlemme celebreremo nella liturgia tra qualche giorno - viene come redentore del mondo.

Viene perché "noi siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (cfr. He 10,1).


5. Il luogo della sua nascita è Betlemme di Efrata, nella terra di Giuda. Il Padre ha preparato un corpo al suo Figlio eterno, introducendolo nel nostro tempo e inviandolo nel mondo - come Figlio dell'uomo.

Il figlio dell'uomo nasce da una Vergine.

La sua esistenza terrena è iniziata in quel momento, quando la Vergine di Nazaret ha risposto all'angelo: "Eccomi, sono la serva del Signore, / avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

E' stato quello il momento in cui Maria "ha creduto" e per cui Elisabetta nel momento della visitazione, nella casa di Zaccaria, ha potuto proclamarla "beata" perché "ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

La fede di Maria è diventata il prologo della nuova alleanza di Dio con l'umanità intera. Questa è l'alleanza stretta nel sangue del proprio Figlio: il Figlio di Dio che assumendo un corpo umano, verrà al mondo come Figlio di Maria Vergine.


6. In questo modo la liturgia dell'odierna domenica d'Avvento ci permette di conoscere che "il Signore è vicino". Lo meditiamo oggi nella comunità della vostra parrocchia, dedicata a san Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Sono lieto di celebrare questa liturgia con voi, cari fratelli e sorelle, che condividete il dono della fede e della speranza, che è propria del tempo di Avvento.

Esprimo il mio cordiale saluto a tutta la comunità ecclesiale che opera qui, in Valle Aurelia, in questa popolosa zona del settore ovest di Roma.

Il primo pensiero va al Cardinale vicario, Ugo Poletti, al Vescovo ausiliare, monsignor Remigio Ragonesi, al vostro parroco, don Giovanni di Tullio, ai suoi collaboratori ed a tutti i confratelli della congregazione dei Servi della Carità, fondata dal beato Luigi Guanella, e a cui è stata affidata la cura pastorale di questo quartiere.

Un saluto ed un augurio alle religiose guanelliane della parrocchia, a quelle che lavorano nella scuola materna. Un affettuoso pensiero di conforto e di incoraggiamento va pure a coloro che operano nell'accoglienza dei profughi, dei poveri, degli ex-carcerati; che assistono ragazze in difficoltà, le persone sole e abbandonate, gli ammalati e gli anziani. Un pensiero grato va pure a tutti gli appartenenti alle organizzazioni parrocchiali, dalla "Legio Mariae" alla San Vincenzo, dal Centro Olimpia per l'animazione sportiva ai gruppi giovanili, alla Corale Lauretana, ai catechisti, ai membri del Consiglio pastorale. Con tutti mi compiaccio per la preziosa e generosa disponibilità a sviluppare nel quartiere centri di aggregazione, occasioni di amicizia, possibilità associative per tutti.

Un saluto ed un augurio, infine, a tutti voi qui presenti che in qualsiasi maniera condividete con la vostra collaborazione il cammino faticoso dell'annuncio cristiano a Valle Aurelia.


7. Il vostro quartiere è sorto rapidamente con la costruzione di numerosi edifici abitativi. A tutti voi che siete qui oggi la Chiesa dice che il Signore è vicino, perché egli vuole essere presente tra di voi, accostarsi ai vostri problemi, alle preoccupazioni che vi assillano e che talvolta lasciano nelle vostre famiglie tracce di incertezza di fronte al futuro. Penso alla disoccupazione e sottoccupazione giovanili, al triste diffondersi dell'uso della droga, a tutti coloro che hanno bisogno di riscoprire il valore del sacramento del Matrimonio come dono di Dio, come momento di comunione e come realtà di grazia santificante.

Col Natale il Signore si accosta ad ogni uomo e ad ogni donna, ad ogni anima con i suoi problemi, e vuole portare liberazione, gioia, pace; vuole ricondurre ciascuno alla famiglia ed alla casa di Dio. "Il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele", dove "abiteranno sicuri" (Mi 5,2 Mi 5,3).

Vi invito a considerare l'importanza di questa "visita" di Dio, e vi chiedo di accogliere il Signore che viene, specialmente nella costante partecipazione alla Messa festiva. E' in questa assemblea del Popolo di Dio, che il Signore infonde in noi i doni soprannaturali. Per questo egli ci convoca, e spezza per noi il pane della Parola e dell'Eucaristia. Cercate il Signore in questa realtà spirituale ed unitevi all'offerta del suo corpo e del suo sangue.


8. "Il Signore è vicino".

Nel corso di questi giorni di Avvento che ci preparano al Natale del Signore, riflettiamo spesso sulle parole del salimista, che oggi sono risuonate nella liturgia: "Dio degli eserciti, volgiti, / guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, / il germoglio che ti sei coltivato" (Ps 80[79],15-16).

Sul terreno dell'umanità Dio ha piantato una mirabile vigna mediante il mistero dell'incarnazione: il suo Figlio eterno - redentore del mondo - perché noi tutti cresciamo con lui e in lui. Chiediamo di maturare in lui, in questa pienezza salvifica, che Dio ha ideato per l'uomo nel suo eterno amore.

"Dio volgiti...".

Volgiti a noi nel ripetersi della liturgia, perché il mistero della tua venuta ci rinnovi sempre.

Volgiti, o Dio... Volgiti come Figlio di Maria, di colei che tu hai prescelto come Madre.

Veramente: "Benedetta... fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo" (cfr. Lc 1,42).

[Al consiglio pastorale che raccoglie gruppi, movimenti ed associazioni parrocchiali] Voglio ringraziare per queste parole, per questa presentazione della realtà della parrocchia, specialmente dell'apostolato dei laici che è diviso nei diversi settori secondo i compiti, secondo le scelte, secondo i diversi carismi, ma tutto confluente nella comunità della Chiesa, nella comunità parrocchiale.

Tutto serve al bene di tutti come insegnava san Paolo paragonando la Chiesa, in qualsiasi dimensione, ad un corpo.

Si ispira la vostra parrocchia allo spirito dei vostri patroni, san Giuseppe Cottolengo e beato Luigi Guanella, patrono, quest'ultimo, non tanto della parrocchia ma dei vostri sacerdoti, in quanto è il loro fondatore. Questo spirito di grande semplicità, di povertà spirituale - povertà dello spirito - è la prima delle benedizioni e ci fa essere simili al Signore. Lui era il primo tra i poveri di spirito; come dice san Paolo di lui: "essendo ricco si è fatto povero per noi".

Ecco, è questa anche la caratteristica dei due santi, un santo ed un beato, ai quali si ispira non solamente il gruppo pastorale dei vostri sacerdoti, ma anche il gruppo apostolico dei laici. E ciò è molto attuale ed io sono molto grato alla Provvidenza che attraverso il mio carissimo Cardinale vicario mi ha portato, oggi, in questa parrocchia, in questa comunità così vicina spiritualmente al mistero del santo Natale. Perché sappiamo bene che il Natale di Gesù è una speciale rivelazione della povertà che ci arricchisce: povertà divina che umanamente ci arricchisce.

Questo è il nucleo del Vangelo è una fonte di contemplazione inesauribile... mistero del Natale.

Vi auguro carissimi fratelli e sorelle di approfondire sempre più questo mistero, che non si può imparare perché è mistero divino, insondabile essendo umano e nello stesso tempo divino... è insondabile. Non si può imparare molto, si può imparare a vivere lo spirito di questo mistero e vedo che voi aspirate ad avere lo spirito di questo mistero, a vivere lo spirito di questo mistero per portarlo agli altri. così auguro il buon Natale a voi tutti qui presenti, rappresentanti dei diversi gruppi nel consiglio pastorale, a tutta la comunità parrocchiale nelle sue varie componenti tra i quali anche tutti i rifugiati, tutti coloro che soffrono e che sono anche assistiti. Tutto questo è naturalmente un'espressione dello spirito di Cristo. Allora buon Natale ai vostri cari, alle vostre famiglie, ai bambini, ai giovani, a tutti.

[L'incontro con la numerosa componente giovanile della parrocchia] Avete scelto una forma molto interessante per questo incontro: il dialogo, un dialogo un poco simbolico, rappresentativo di tanti altri dialoghi che si fanno tra i giovani; possiamo dire un dialogo tipico. Non faccio commenti perché questo dialogo, come abbiamo ascoltato, si commenta da se stesso, si spiega da se stesso. Vl ringrazio per averlo trovato ed anche per averlo proposto, così, davanti a tuttl i presenti. Quando ho sentito che c'era un dialogo ho pensato subito al santo Natale che è Natale del Verbo divino. Il Verbo divino si fa carne. Il Verbo divino Figlio di Dio consostanziale al Padre nacque come uomo, come bambino, neonato, figlio della Vergine Maria. Lui è il Verbo e se lui è Verbo, vuol dire che Dio vuole parlare a noi, anzi vuole entrare con noi in dialogo. Anche la parola latina "verbum" e greca "logos" è la stessa che troviamo nella parola "dialogo", "dialogos". Dio vuole entrare in un dialogo con noi e così ha scelto la strada attraverso il suo Figlio eterno, coeterno, consostanziale, che è il suo Verbo. Non bastavano i profeti che hanno parlato prima, tanti e grandissimi, stupendi. Dovete leggere un Isaia, anche quando si ascoltano i suoi brani nella liturgia già si intuisce che è un profeta stupendo per le verità che dice, le visioni del futuro messianico... stupende.

Ma non bastavano tutti i profeti, non bastava Isaia; ad instaurare il dialogo di Dio con noi è venuto il suo Figlio e questo dialogo di salvezza continua, aperto una volta è aperto per sempre, aperto per ciascuno di noi.

Dovete riflettere su che cosa significhi per ciascuno di voi la constatazione appena fatta. Dio, il suo Verbo, il suo Cristo vuole entrare in dialogo con me. Non posso essere sordo.

Mi si chiedevano, prima, quali suggerimenti io avessi per voi. Il mio suggerimento è questo: non restate sordi alla Parola di Dio, ascoltatela, cercatela, approfonditela, assimilatela, sforzatevi di uniformarvi ad essa, cercate una risposta a quella parola.

In questo dialogo da voi interpretato si accennava anche ad un racconto, e si aspettava un commento riguardo le due guerre mondiali; fatti storici del nostro secolo, e la prima e la seconda guerra mondiale. Ma il vostro collega ha solo enunciato e non è arrivato a parlare di questi veramente tragici eventi, che hanno marcato la storia del mondo, e soprattutto del nostro continente in diversi sensi, con una grande prova, con una grande sofferenza. Non è facile, invero, parlare in modo adeguato e sintetico di questi due eventi della storia europea.

Ma che cosa vuole dire che Gesù è nato a Betlemme? Che il Verbo di Dio si fece uomo? Che Dio in suo Figlio è entrato nella storia dell'uomo? Storia dell'uomo, storia del genere umano, di tanti popoli, nazioni, continenti, epoche.

Tutto questo è storia che scrive l'uomo, gli uomini, che tutti noi scriviamo. I nostri padri, i nostri nonni scrivevano la storia nell'epoca della prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale noi scriviamo la storia di questa parte ultima del XX secolo, verso la fine del secondo millennio dopo Cristo. Ma non è solamente l'uomo a scrivere la storia dell'uomo. A scrivere la storia dell'uomo è anche l'uomo-Dio, il Dio-uomo, lui scrive la storia dell'umanità insieme con noi. E questa storia si chiama "storia della salvezza", perché Dio attraverso tutte le vicende storiche dell'umanità, le vicende tante volte tragiche, preoccupanti porterà l'umanità, cioè ogni uomo verso i suoi destini.

Allora il secondo suggerimento: tu devi capire che sei coinvolto in una storia non solamente umana, storia della tua vita, personale, della tua famiglia, storia della tua patria, storia dell'Europa, storia del mondo, dell'umanità, sei coinvolto nella storia della salvezza. E devi camminare dentro questa storia andando insieme con Cristo cercando la sua guida, ascoltando la sua voce, seguendo il cammino che lui ci ha tracciato. Ecco il secondo suggerimento ed anche il secondo augurio.

Quando sono passato salutandovi, mi è venuta alla memoria una frase del Vangelo dove a proposito dell'incontro di Gesù con un giovane si legge: "Gesù lo ha guardato con amore". Dovete sapere che ciascuno di voi è guardato da Cristo con amore. Dovete incontrare questo suo sguardo, questi suoi occhi attraverso tutti gli occhi che si incontrano nella folla, negli ambienti, dappertutto. Trovate questi occhi, questo sguardo pieno d'amore.

Con questo sguardo Gesù vuole dire: "Seguimi, seguimi". Costruisci la storia della tua vita insieme con me, cerca, io ti aiutero.

Ecco, carissimi giovani, sono molto lieto di quest'incontro nella parrocchia di San Giuseppe Cottolengo. Sono molto riconoscente per la vostra presenza, per la vostra creatività, per questa invenzione, per questo dialogo e auguro a tutti, alle vostre famiglie un buon Natale.


Data: 1988-12-18 Data estesa: Domenica 18 Dicembre 1988




Al Consiglio Generalizio della Società del Verbo divino - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il vostro compito: calare la verità di Cristo nel dialogo di salvezza con tutte le culture e le tradizioni

Testo:

Cari fratelli in Cristo.


1. Con gioia particolare vi accolgo, membri del Consiglio generalizio della Società del Verbo divino. Attraverso di voi saluto tutti i membri della società, su cui invoco grazia, misericordia e pace da Dio Padre e dal Figlio suo Gesù Cristo (cfr. 2Jn 1,3).

Il vostro istituto ha di recente celebrato il trentesimo Capitolo generale e state commemorando anche i cento anni della presenza della società nella città eterna. Attraverso il Capitolo la Società ha rinnovato il suo impegno fondamentale di lavoro missionario nel senso più importante, in obbedienza al mandato di Cristo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).

Poiché a me è stata affidata una speciale sollecitudine per tutte le Chiese, è per me una grande gioia sapere che i membri della società sono impegnati in tante parti del mondo in specifiche iniziative missionarie. Vi assicuro il sostegno della mia preghiera e il mio incoraggiamento per ciascun membro della vostra comunità, vicino e lontano.


2. Per il vostro carisma religioso voi avete il privilegio di prendere parte alla missione di salvezza affidata da Cristo alla Chiesa.

Come missionari del Verbo divino voi sottolineate la dimensione mondiale di questa missione. Voi vi identificate con le situazioni di frontiera delle Chiese locali, edificando comunità cristiane là dove non esistono ancora e accompagnandole nella loro crescita finché si possono sostenere con le loro forze e vitalità. Il vostro compito è portare la verità di Cristo in un dialogo salvifico e redentivo con le culture e tradizioni locali.

Indubbiamente questo genere di apostolato era alla base della grande visione che animava il vostro beato fondatore Arnold agli inizi della vostra esistenza religiosa e missionaria. Guidato dallo Spirito Santo, egli comprese bene la natura missionaria della Chiesa e non esito a promuovere questa consapevolezza missionaria nei suoi contemporanei.

Egli si mostro aperto alle differenti culture e consenti ai suoi figli spirituali di continuare gli studi delle nuove scienze, utili per il lavoro missionario. E stato in particolare per l'impegno di padre Wilhelm Schmid, membro del vostro istituto, che la Chiesa ha a sua disposizione un'ampia conoscenza dell'antropologia culturale, così necessaria per un'efficace evangelizzazione di popoli con differenti impianti culturali. Queste scienze sono strumenti importanti per il vostro servizio ecclesiale.


3. Tuttavia, come ha evidenziato anche il vostro Capitolo generale, i membri della Società del Verbo divino sono anzitutto messaggeri di nostro Signore Gesù Cristo, e sarete in grado di proclamare la buona novella con efficacia solo se ascoltate la Parola di Dio e la vivete quotidianamente. La Parola di Dio il Verbo divino - deve continuare ad essere il punto centrale della vostra spiritualità, l'oggetto della vostra preghiera e meditazione quotidiana, perché possa essere la sorgente della vostra gioia e fecondità. Per usare le parole dell'evangelista Giovanni, il Verbo incarnato deve diventare per voi qualcosa che avete visto con i vostri occhi, qualcosa che avete contemplato e le vostre mani hanno toccato (cfr. 1Jn 1,1).

Per raggiungere questo tipo di unità con il Verbo, dovete essere aperti radicalmente allo Spirito Santo. E' stato lo Spirito di Dio a muovere i profeti, lui era presente all'incarnazione del Verbo e, alla Pentecoste, ha aperto la strada del Vangelo al mondo. Oggi, lo stesso Spirito muove e guida gli araldi della buona novella della salvezza.


4. Con grande gioia ho appreso che quest'anno la Società ha avuto centodiciassette nuovi missionari ordinati. Siete benedetti da numerose vocazioni, soprattutto in Polonia, India, Indonesia e Filippine. Giovani missionari provenienti da questi Paesi vengono mandati nei diversi continenti per evangelizzare ed edificare nuove comunità cristiane.

Altri Paesi che negli ultimi anni avevano conosciuto una crisi vocazionale cominciano ora a mostrare nuovi segni di speranza. Questo fatto ci sprona a rendere grazie al Signore per la sua bontà e a pregare più intensamente perché mandi degni operai nella sua vigna.

Le vocazioni che Dio ci manda provengono da differenti culture e spesso da Chiese che non molto tempo fa erano esse stesse comunità cristiane missionarie.

Nel disegno di Dio, questo è un fattore importante nella vita della vostra Società, e richiede grande attenzione e riflessione da parte vostra. In quanto comunità di sacerdoti e fratelli di diverse lingue e nazioni, voi potete diventare sempre di più un simbolo vivente dell'unità e diversità della Chiesa.


5. Nella lieta occasione di questo incontro desidero esortare voi e tutti i membri della Società del Verbo divino, come individui e come comunità, a rimanere fedeli alla vostra specifica vocazione, partecipando con gioia al compito missionario della Chiesa. Sotto la protezione della beata Vergine Maria, che voi venerate come Sposa Immacolata dello Spirito Santo, e per l'intercessione del vostro beato fondatore Arnold e del beato Joseph Freinademetz, possiate continuare a lavorare nella vigna del Signore con saggezza e dedizione. Di cuore imparto a voi tutti la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-12-19 Data estesa: Lunedi 19 Dicembre 1988









Ai Cardinali e alla Curia romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La responsabilità della Chiesa, madre e maestra, verso l'uomo e il suo futuro

Testo:

Signori Cardinali, venerati e cari fratelli.


1. "Si rinnova per noi, nel ricorrente ciclo annuale, l'alto mistero della nostra salvezza, che, promesso all'inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine".(S. Leonis Magni "Hom. in Natale Dom.", XXII, 1). Queste parole di san Leone Magno interpretano efficacemente il clima che caratterizza il nostro incontro, che avviene, secondo la cara consuetudine, nel tempo di attesa, durante il quale la Chiesa si dispone a rivivere l'evento della nascita di Gesù, Verbo incarnato nel senso purissimo della Vergine Maria per la salvezza del mondo.

Ringrazio il signor Cardinale decano per le parole con le quali ha interpretato i sentimenti di ciascuno in questa circostanza, che segna una pausa di familiare intimità tra le assillanti attività di ogni giorno. Ricambio di cuore i voti augurali a lei, venerato fratello, ai membri del Sacro Collegio e a tutti voi, miei collaboratori della Curia romana, del Vicariato di Roma, del Governatorato della Città del Vaticano. Il mio pensiero in questo momento si porta pure, con vivo affetto, ai rappresentanti pontifici e al personale del servizio diplomatico, i quali nelle varie parti del mondo rendono presente l'universale sollecitudine pastorale del successore di Pietro.

A tutti mi sento spiritualmente vicino; verso tutti esprimo sentimenti di sincera riconoscenza; per tutti invoco copiosi doni di gioia e di pace da colui che ci apprestiamo ad accogliere nella culla di Betlem.

La vicinanza del Natale e la prospettiva dell'ormai imminente fine dell'anno ci invitano, venerati fratelli, a sostare in un esame retrospettivo e come in una spirituale rassegna delle principali vicende, che hanno caratterizzato la vita della Chiesa durante i mesi trascorsi. La fede ci dice che Dio guida con infinita sapienza la storia degli uomini, "attingens a fine usque ad finem, fortiter suaviterque disponens omnia". E riandando col pensiero alle vicende trascorse possiamo non solo capire meglio il disegno provvidenziale, che in esse si è venuto progressivamente dipanando, ma anche maturare propositi di più generosa corrispondenza alle iniziative sempre mirabili dell'amore misericordioso di Dio per noi.


2. Il primo evento a cui il pensiero spontaneamente si porta è la conclusione dell'anno mariano, che ha visto i cristiani stringersi con più intensa fiducia intorno alla Vergine santissima per seguirla sempre più da vicino nel cammino della fede, nel quotidiano impegno della fedeltà a Cristo e alla Chiesa, già fin d'ora orientata verso la celebrazione del bimillenario della nascita del Salvatore. Per questo, l'anno, già ritualmente concluso, resta aperto nei cuori e nelle coscienze.

Il dono di questo tempo di grazia con Maria ha suscitato nelle Chiese particolari tutta una fioritura di iniziative, volte ad approfondire la conoscenza della sua missione nel mistero salvifico di Cristo e a stimolare nei fedeli una maggior corrispondenza ai suoi esempi, per il servizio della Chiesa e della comunità degli uomini, nella testimonianza della carità. Nella prospettiva del capitolo VIII della "Lumen Gentium", oltre alla valorizzazione delle feste e dei tempi liturgici, sono state poste in atto iniziative culturali e religiose, per illustrare la figura di Maria in ogni suo aspetto: interventi da parte di episcopati e di singoli Vescovi, celebrazioni, pellegrinaggi, congressi e incontri di studio e di riflessione, pubblicazioni, rinnovato interesse per la mariologia nelle facoltà teologiche e nei Seminari.

I Santuari mariani sono stati le capitali spirituali di tutto il fervore sviluppatosi intorno all'anno dedicato alla Vergine, ed il loro ruolo nell'attuazione delle sue finalità si è rivelato di primaria importanza.

In particolare, l'anno mariano è stato uno stimolo per rinnovare la catechesi sulla beata Vergine: ed ha suscitato, inoltre, una maggiore attenzione alla Vergine nella riflessione biblica, teologica e antropologica. Nel quadro di tale approfondito ripensamento deve essere collocata anche la lettera apostolica "Mulieris Dignitatem", nella quale ho cercato di raccogliere il messaggio rivelato circa la dignità e la vocazione della donna nella Chiesa e nella società.

Le indicazioni emerse nel corso di questi mesi inducono a perseverare nel cammino intrapreso, vivendo con Maria e come Maria gli anni che ci separano dal grande Giubileo.

Alle soglie del terzo millennio cristiano, ogni Chiesa particolare deve impegnarsi in uno sforzo di autentico rinnovamento: nessuno, meglio di Maria, può essere di aiuto in tale impresa. Ella, che per prima ha vissuto l'incarnazione del Verbo nel proprio seno, può insegnare al credente come accogliere Cristo nella propria vita e come donarlo poi ai fratelli, per introdurli alla sua pienezza.


3. L'anno mariano ha avuto anche una sua peculiare dimensione ecumenica, secondo quanto avevo esplicitamente auspicato nell'enciclica "Redemptoris Mater" (cfr. RMA 29-34); in varie parti, infatti, ci sono state celebrazioni comuni tra cattolici e ortodossi.

Così, nella solennità dell'Annunciazione del Signore, il 25 marzo, giorno in cui le Chiese ortodosse cantano l'"Akathistos", ho avuto la gioia di partecipare, insieme con rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche, al canto di questo stupendo e antico inno liturgico.

Con viva sensibilità ecumenica è stato pure celebrato il millennio del Battesimo della Rus' di Kiev. Ciò che si compi in quella terra mille anni or sono fu un evento di enorme importanza storica: lo confermano le conseguenze che ne scaturirono non solo nell'ambito strettamente religioso, ma anche in quello culturale e sociale, perché - come osservavo nella lettera apostolica pubblicata per la circostanza - si introduceva in quei popoli "un seme destinato a germogliare e a svilupparsi sulla terra, nella quale era stato gettato, e a trasformarla nella misura del proprio sviluppo, rendendola capace di generare nuovi frutti" ("Euntes in Mundum", 5). perciò, nel messaggio indirizzato ai cattolici ucraini ho sottolineato che dal Battesimo della Rus' ebbe origine "non soltanto la identità cristiana, ma anche quella culturale dei popoli ucraino, russo e bielorusso e, di conseguenza, la loro storia" ("Magnum Baptismi Donum", 1).

La consapevolezza di ciò non poteva non conferire alle celebrazioni una precisa fisionomia: in esse si doveva innanzitutto lodare Dio per la mirabile iniziativa con cui, mediante i suoi servi Olga e Vladimiro, aveva chiamato nuovi popoli ad entrare nel suo regno di santità e di amore. Per questo la parte più significativa delle celebrazioni si è espressa nella preghiera. così è stato per la Chiesa sorella del Patriarcato di Mosca, la quale ha voluto accanto a sè nel rendimento di grazie a Dio l'intero mondo cristiano. Aderendo a tale invito, ho inviato con gioia a Mosca, in rappresentanza della Chiesa cattolica, una numerosa delegazione guidata dal Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato e dal Cardinale Johannes Willebrands, Presidente del Segretariato per l'Unione dei cristiani. Io stesso poi, insieme con i figli di san VIadimiro della Chiesa di Kiev che si riconoscono in piena comunione col successore di Pietro, ho celebrato la ricorrenza nella Basilica vaticana con un solenne rito di ringraziamento.

Nell'occasione è stato posto in rilievo che il Battesimo della Rus' si è compiuto in un tempo in cui, pur essendosi già sviluppate le forme orientale ed occidentale del cristianesimo, la Chiesa continuava a rimanere indivisa nella intera sua compagine. La ricorrenza millenaria, riportando gli animi a quelle origini benedette da Dio con tanta effusione di grazia, non ha mancato di suscitare in ogni vero seguace di Cristo la nostalgia della comunione iniziale, incitando ciascuno ad adoperarsi con rinnovato slancio per far si che quanto prima sia ripristinata la piena unità tra queste Chiese sorelle.

Un contributo importante in tal senso è venuto anche dal fervore di studi che la ricorrenza ha suscitato. Sono stati promossi congressi ed iniziative culturali, a cui hanno preso parte studiosi di tutta l'Europa e dell'America, in una sorta di "ekumene" delle scienze storiche, che gioverà sicuramente al progresso non solo di tali discipline, ma anche della reciproca conoscenza fra persone e Chiese.

Nel ringraziare ancora una volta Dio, Signore della storia, per la gioia della celebrazione millenaria, chiedo a lui istantemente di voler confortare l'impegno di tutti a favore della libertà religiosa come presupposto e fondamento di un'equa soluzione dei problemi che ancora affliggono quelle popolazioni. 4. E' ricorso quest'anno il ventesimo anniversario della pubblicazione dell'enciclica "Humanae Vitae": la Santa Sede, in collaborazione con gli episcopati dei vari Paesi, ha sentito il dovere di ricordare la particolare testimonianza sulla verità dell'uomo e dell'amore umano, che il Papa Paolo VI, nel luglio del 1968, offri al mondo con quel suo coraggioso documento. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha promosso a tal fine un incontro dei rappresentanti delle Conferenze episcopali, i quali hanno riflettuto sul compito, oggi particolarmente urgente, dell'amore coniugale come dono di Dio affidato alla responsabilità dell'uomo e della donna.

Ricordando ai coniugi questa fondamentale verità, la Chiesa non fa che richiamarli al senso della loro personale dignità e dei rischi a cui essa è esposta. Gli straordinari progressi della scienza ed i risultati che, sulla loro base, la tecnologia va ottenendo nel campo della bioetica, mentre offrono prospettive terapeutiche fino a ieri impensabili, portano anche con sè gravi pericoli di "degradazione" della persona: alcune loro applicazioni suppongono infatti la convinzione che la persona non debba essere frutto dell'amore di due esseri umani chiamati a partecipare - nella comunione indissolubile del coniugio - alla potenza creatrice di Dio, ma possa essere un semplice "prodotto" della tecnica.

In questo contesto si è rivelato con crescente chiarezza nel corso di questi anni, il valore profetico dell'enciclica "Humanae Vitae", nella cui scia si è voluta porre l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio". In gioco è la difesa dell'"umano" in una sua dimensione essenziale. Non c'e progresso autentico quando l'"umano" è compromesso. Il credente, peraltro, sa che il garante più attendibile della dignità della persona è Dio stesso, il quale, creando l'uomo, ha impresso in lui la sua propria immagine.

L'uomo contemporaneo ode voci molteplici a questo riguardo. Le interpretazioni che gli vengono offerte circa la sua natura ed il suo destino sono spesso tra loro contrastanti.

Il risultato è un diffuso senso di smarrimento, che normalmente sfocia nel disimpegno personale e nell'acquiescenza ai modelli di comportamento, propagandati dalla moda del momento. Quando questi giungono a toccare aspetti fondamentali dell'"umano", è la dignità stessa della persona che viene chiamata in causa, insidiata, e spesso anche compromessa. Il comportamento, su cui l'"Humanae Vitae" ha dato precisi orientamenti, è strettamente legato ad uno di questi aspetti fondamentali dell'"umano". Se l'enciclica continua ad incontrare incomprensioni e critiche, ciò dimostra quanto sia necessario continuare a favorire la comprensione della sostanziale profondità del problema. Di qui lo sforzo della Chiesa, che avverte tutta la gravità di questa situazione e non si sottrae alle sue responsabilità di madre e maestra.


5. Non vi si sottrae, in verità, in ogni altro campo in cui sia in gioco l'uomo con il suo futuro: l'uomo come persona e l'uomo come comunità. Proprio per questo, interpretando la sollecitudine della Chiesa per la dimensione sociale dell'uomo, ho voluto celebrare il ventesimo anniversario di un'altra enciclica di Paolo VI, la "Populorum Progressio", con uno speciale documento magisteriale, dedicato al problema dello "sviluppo". L'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" ha avuto, nel corso di quest'anno, ampia eco, anche presso i responsabili delle società civili, nonché delle istituzioni internazionali, suscitando anche numerose sessioni di studio, nel corso delle quali gli specialisti della materia hanno portato il contributo delle loro riflessioni sui vari aspetti della società contemporanea.

Esprimo l'auspicio che, grazie all'operoso impegno di tutte le persone di buona volontà, sia promosso uno sviluppo della società rispettoso della persona umana in tutte le sue dimensioni. Qui è in gioco l'"umano" nella dimensione della società e dell'intera umanità.


6. A nessuno sfugge che, più che in ogni altra epoca, la Chiesa si trova oggi dinanzi a compiti, che hanno un'importanza, un'estensione e una molteplicità forse non mai prima conosciute; sono sfide a cui essa deve rispondere, e a cui, in particolare, si sente chiamata la Santa Sede in forza del ministero Petrino.

Questo ha suggerito di rivedere la struttura della Curia romana, per meglio adeguarne il funzionamento in rapporto alle presenti esigenze della Chiesa. Nel Concistoro del 28 giugno ho avuto la gioia di apporre la firma alla costituzione apostolica "Pastor Bonus", concludendo così un lungo lavoro di studi e di consultazioni. "Mia preoccupazione - ho scritto nell'introduzione - è stata quella di andare risolutamente avanti affinché la conformazione e l'attività della Curia corrispondano sempre di più all'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, siano sempre più chiaramente idonee al conseguimento dei fini pastorali della Curia, e vengano incontro, in forma sempre più concreta, alle necessità della società ecclesiastica e civile" ("Pastor Bonus", 13). Ia Curia è per sua natura collegata col ministero Petrino e, come tale, è finalizzata al servizio sia della Chiesa universale che delle Chiese particolari, del Collegio dei Vescovi e delle Conferenze episcopali. suo scopo, pertanto, è di rafforzare l'unità e la comunione del Popolo di Dio e di promuovere la missione propria della Chiesa nel mondo.

Da tali finalità discende l'articolata fisionomia dei Dicasteri, e, con essa, la meglio definita tipologia dei Dicasteri e degli organismi, per cui le strutture "nuove", conciliari e post-conciliari, prevalentemente "promozionali", sono collocate in posizione di parità giuridica con quelle "antiche", caratterizzate da finalità di governo, giurisdizionali ed esecutive; discendono pure da tali finalità le innovazioni giuridiche dirette a promuovere e potenziare la mutua collaborazione tra i Dicasteri, e, infine, il rilievo dato ai rapporti con l'episcopato nel suo insieme e con i singoli Vescovi, le cui "visite ad limina" sono viste come momento privilegiato di espressione della "sollicitudo omnium Ecclesiarum", come dell'"affectus collegialis" esistente tra il successore di Pietro e i suoi confratelli, successori degli apostoli.

Se il "munus Petrinum" è diaconia d'amore, per cui il Papa è, per antonomasia, il "Servus servorum Dei", la Curia non può che essere volta all'attuazione concreta di tale diaconia, di tale servizio, sull'esempio di Cristo Gesù, Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore. E' stato perciò mio intento rendere sempre più evidente ed operativa la dimensione pastorale della Curia stessa, non soltanto nelle sue finalità, ma anche nello spirito che deve animare coloro che vi operano (cfr. "Pastor Bonus", 33). Ad essi, pertanto, mentre esprimo anche in questa circostanza la mia gratitudine, ricordo che il loro lavoro comporta una responsabilità ecclesiale da vivere in profondo e costante spirito di fede. La loro collaborazione con la Sede apostolica - come pure quella di coloro che operano nei diversi organi che compongono la struttura amministrativa della stessa Sede apostolica - non si esaurisce in un mero rapporto di "dare e avere", come avviene per gli enti esistenti nella società civile, ma è un servizio prestato a Cristo nei fratelli.

Il rinnovamento delle leggi della Chiesa, voluto dai Papi Giovanni XXIII e Paolo VI e dal Concilio Ecumenico Vaticano II, è giunto così alla sua fase conclusiva: il "Codex Iuris Canonici" è già in vigore; il "Codex Iuris Canonici Orientalis" sarà pubblicato prossimamente; come parte essenziale di entrambi, si pone la costituzione apostolica "Pastor Bonus". Il perfezionamento da essa apportato alle strutture giuridiche, anche se necessario, non sarà tuttavia sufficiente, da solo, al raggiungimento degli scopi desiderati. Occorrerà per questo che quanti, pur in mansioni diverse, servono la Sede apostolica si sentano responsabilmente parte di una peculiare "comunità di lavoro", qualificata da una specifica missione ecclesiale e siano sorretti nell'adempimento del loro impegno quotidiano da spirito di mutua carità e da costante anelito missionario.


7. Altri eventi, che mi limito ad accennare, riempiono il mio cuore di consolazione, in questo scorcio dell'anno. Non posso infatti dimenticare le mie visite apostoliche in Italia e fuori, specialmente i viaggi pastorali in America Latina, in Africa meridionale, in Austria ed a Strasburgo.

Così rimane viva la grande esperienza di Chiesa, che, il 28 e 29 giugno scorso, abbiamo potuto vivere insieme con la creazione di 24 nuovi Cardinali.

E la testimonianza della sempre rinnovantesi santità della Chiesa è stata data ancora una volta dalle numerose canonizzazioni e beatificazioni avvenute nel corso dell'anno, che hanno proposto ai fedeli di tutto il mondo figure eminenti di amore a Dio e di carità operosa e sofferta ai fratelli.

Di tutto ancora siano rese grazie al Signore e alla Vergine! 8. Venerati fratelli.

In questo quadro, ricco di così vive e stimolanti esperienze, che hanno irradiato di luce il corso dell'anno che sta per chiudersi, non sono mancate purtroppo ombre, che recano al cuore pena e preoccupazione.

a) Anzitutto l'esito, purtroppo non riuscito, del tentativo di evitare l'instaurarsi di una situazione oggettivamente scismatica da parte di una ben nota comunità. Le trattative furono condotte con grande pazienza e carità, nel rispetto della dignità delle persone, con costante impegno di fedeltà allo Spirito Santo, che sempre assiste la Chiesa e che l'ha guidata con speciale amore nel Concilio Vaticano II. La Chiesa cattolica ha serena consapevolezza di aver percorso tutte le strade consentite dalla "coscienza di verità" che le è propria; rispettando sempre le sensibilità soggettive e anche le reazioni, che deprecabili abusi avevano potuto suscitare.

Tutto ciò, purtroppo, non ha sortito l'effetto desiderato: tanto che si è reso inevitabile il ricorso, pur con profondo dolore, all'applicazione della più grave sanzione canonica. Non ho voluto, tuttavia, che quella restasse l'ultima parola. Nel desiderio di aiutare chi, animato da retta intenzione e da amore per la Chiesa, voleva dissociarsi da un simile gesto di rottura, ho ritenuto opportuno costituire una speciale commissione, la quale potesse consentire ai fedeli ben disposti di esprimere nella comunione ecclesiale i valori positivi della propria formazione culturale e spirituale.

I primi risultati dell'applicazione del "Motu Proprio" "Ecclesia Dei" offrono motivi di speranza. Auspico che, grazie alla prudente azione di tale organismo, alla generosa e leale collaborazione dei Vescovi, del clero e dei fedeli delle Chiese particolari più direttamente interessate, oltreché, ovviamente, alla buona volontà degli stessi destinatari delle norme emanate, l'unità cattolica possa essere consolidata, conforme alla suprema volontà da Cristo manifestata nella preghiera dell'ultima cena: "Che tutti siano una cosa sola..." (cfr. Jn 17,21ss).

b) In secondo luogo, è nota l'enorme risonanza della soluzione adottata dalla Commissione anglicana, durante la Conferenza di Lambeth, il 1° agosto scorso, che "ciascuna provincia rispetti la decisione e gli atteggiamenti di altre province nell'ordinazione e nella consacrazione delle donne all'episcopato".

Purtroppo - ed è con sincero dolore che qui ne parlo - si è trattato di una iniziativa unilaterale che, come ho recentemente scritto al carissimo fratello Robert Runcie, Arcivescovo di Canterbury, non ha tenuto adeguatamente in conto le dimensioni sia ecumeniche che ecclesiologiche del problema, in contrasto con la via sempre chiaramente seguita dalla Chiesa cattolica, come dalla Chiesa ortodossa e dalle antiche Chiese orientali.

Tale presa di posizione non favorisce certamente gli sforzi congiunti di preghiera e di studio dei membri della seconda Commissione Internazionale Anglicana-Cattolico Romana, e pone anzi seri ostacoli a quel progresso nella reciproca riconciliazione, che nel corso di questi ultimi decenni è arrivato ad esiti così promettenti.

Invito i responsabili a compiere ogni tentativo affinché si evitino conseguenze dolorose e deplorevoli non solo nei rapporti ecumenici, ma anche all'interno della stessa Comunione anglicana, nella sua estensione attraverso il mondo: la linea costante della Tradizione comune a tutte le Chiese non può essere così facilmente interrotta in un modo di procedere che nessuno di noi ha il potere e la competenza di autorizzare.

L'anelito di Cristo all'unità della sua Chiesa deve anche qui sorreggere la buona volontà di tutti per salvaguardare il tesoro di ortodossia e di ortoprassi, che egli stesso ci ha affidato, e che lo Spirito Santo ci aiuta a mantenere.


9. Ecco, venerati fratelli: abbiamo ripercorso insieme alcuni momenti particolarmente significativi di questo "anno del Signore", che volge ormai al suo termine. Rivedendo in prospettiva di fede uomini e vicende, traiamo nuovi motivi di umile riconoscenza verso colui che col suo Spirito riempie l'universo (cfr. Sg 1,7). A lui siamo grati non solo per le gioie che ci ha concesso, ma anche per le prove a cui ci ha sottoposto, perché crediamo che, nella sua onnipotenza, egli sa trarre il bene anche dal male.

Il mistero che ci apprestiamo a celebrare ci invita alla speranza. Dio s'è fatto uomo come noi; ha accettato di condividere fino in fondo la nostra condizione umana: come non essere fiduciosi circa il nostro futuro? "Descendit Deus, ascendit homo; Verbum caro factum est, ut caro sibi Verbi solium in Dei dextera vindicaret" (S. Ambrosii "Expos. Ps CXVIII", 3, 8). Confortati da questa consapevolezza, noi ci disponiamo a vivere nella gioia le prossime festività, al fine di perseverare con rinnovata alacrità nei nostri rispettivi compiti a servizio della Chiesa, perdurante epifania di Cristo nel mondo.

Con la mia particolare benedizione.


Data: 1988-12-22 Data estesa: Giovedi 22 Dicembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)