GPII 1989 Insegnamenti


GIOVANNI PAULO II


INSEGNAMENTI 1989






Omelia della Messa di fine anno - Roma

Roma ha sperimentato comportamenti non cristiani di paura e di rifiuto nei confronti degli emarginati



1. "In principio era il Verbo" (Jn 1,1).

Siamo riuniti nell'ultimo giorno dell'anno 1988. "Questa è l'ultima ora", leggiamo nella lettera di san Giovanni apostolo (1Jn 2,18). Si. L'ultima ora di questo anno si avvicina a noi, e noi ci avviciniamo ad essa. Tale è la legge dell'esistenza umana in terra. Tutto il creato è sottomesso alla caducità. Il tempo è una misura del nostro passare nel mondo.

E proprio in questo momento particolare del nostro passare, quando l'anno solare 1988 cederà il posto al successivo, proprio in questo momento la liturgia ci proclama il mistero del principio: "In principio era il Verbo".


2. Ma non si tratta di un principio nel tempo.

Il Verbo è eterno. Il Verbo esiste al di fuori del tempo e al di sopra del tempo. Il Verbo è Dio, è Figlio della stessa sostanza del Padre.

"II Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Jn 1,1). Era ed è. così come Dio è colui che è. Il Verbo è Dio: è Verbo del Padre.

Il prologo del Vangelo di Giovanni non proclama soltanto il principio del tempo. Parla di questo principio eterno, che il mondo ebbe in Dio per mezzo del Verbo.

"Egli (il Verbo) era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste" (Jn 1,2-3).

Si. Il Verbo consostanziale al Padre è, nello stesso tempo, principio di tutto il creato. In lui, Dio trino ed unico - il Padre, il Figlio e lo Spirito - ha dato inizio a tutto ciò che esiste al di fuori di lui. A tutto il creato. "I mondi furono formati dalla parola di Dio" (He 11,3).


3. così dunque oggi alla fine dell'anno che termina, la Chiesa guarda verso il principio: - verso questo principio che è in Dio, il Dio che è, lui stesso, senza principio e senza fine. Dio infatti è eternità. così come è onnipotenza. Come è amore.

La Chiesa guarda pure - verso questo principio che è da Dio. Guarda verso il mistero della creazione.

Anche il pensare dell'uomo, lo sforzo conoscitivo di tante scienze è indirizzato verso il principio. Lo cerca nelle stesse creature. Nei processi cosmici. Nelle leggi della materia, nel suo dinamismo.

In questa infaticabile ricerca l'intelletto umano - restando nei limiti dell'empirico - si ferma, per così dire, davanti alla soglia di questo principio che è da Dio. E, più ancora, di quello che è eternamente in Dio. Il prologo di Giovanni rimane una costante sfida. Un costante invito al pensiero umano.

Dio, nella sua parola, invita l'uomo a varcare la soglia di tutto ciò che è visibile - di tutto ciò che è creato - verso il mistero. Verso ciò che è non-creato, infinito, eterno.


4. Nell'ottava del Natale viviamo in modo particolarmente intenso l'invito di Dio.

Ecco, "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

Ciò che è divino si è unito a ciò che è umano. L'invisibile è diventato visibile. L'infinito ha assunto la forma umana.

L'ha assunta non soltanto "esternamente". L'umanità è stata accolta nell'unità della persona divina del Verbo.

Veramente! "Ineffabile mysterium"! "Creator generis humani, animatum corpus sumens, de Virgine nasci dignatus est: et procedens homo sine semine, largitus est nobis suam Deitatem".

"O admirabile commercium"! così prega la Chiesa nei vespri di oggi. Nel giorno della fine dell'anno guarda verso l'anno nuovo: verso il nuovo principio.

La Chiesa può guardare così, può pensare così, perché attinge al mistero di Natale.

Il Cristo nato è il nuovo principio.

In lui si manifesta il disegno d'amore della Trinità: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" ("Ecce nova facio omnia") (Ap 21,5).


5. Alla luce del Natale la Chiesa che è in Roma, la Chiesa apostolica che ha il suo principio in Gesù Cristo per mezzo dei santi apostoli Pietro e Paolo, guarda se stessa, pensa alla sua missione particolare.

La Chiesa di Roma guarda la città nella quale vive condividendone le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce, e partecipando nel suo modo proprio, alla sua crescita e alla sua promozione umana e spirituale, sociale e terrena, morale e religiosa.

Guardiamo insieme questa città per conoscerla sempre meglio ed amarla ogni giorno di più: questa città che il mondo chiama eterna per la sua storia incomparabile, ma talvolta senza rendersi conto del significato anche religioso del termine.

La Roma di oggi, sia come città, sia anche come centro della cristianità, fa parte del mistero dell'incarnazione. In essa il divino e l'umano si incontrano e si mescolano: il divino con la sua chiamata eterna, l'umano con le sue grandezze e le sue miserie. Per questo la metropoli romana rischia di trovarsi sopraffatta da problemi sempre più gravi e crescenti; rischia di perdere o compromettere quel volto cristiano che la fa risplendere nel mondo.


6. Per corrispondere al suo compito e alla sua missione, questa Chiesa da oltre due anni sta preparando il Sinodo pastorale diocesano, che vuole essere la risposta della diocesi di Roma alle consegne del Vaticano II mediante un servizio di rinnovamento pastorale, spirituale e religioso che essa vuole rendere alla città, "contribuendo a rinnovare la stessa società civile di oggi".

Tutta la vita e l'attività della diocesi di Roma, in quest'anno che sta per chiudersi, hanno avuto come scopo prioritario la preparazione di questo evento di Chiesa infondendo spirito e prospettiva sinodale ad ogni aspetto dell'azione pastorale, nelle parrocchie, come in ogni altro ambito dell'attività umana: nella pastorale familiare, nel mondo della scuola, della cultura e del lavoro, nel vasto campo della gioventù, nei molteplici campi dove la testimonianza cristiana della carità e solidarietà appare sempre più urgente.


7. La diocesi, attraverso la Caritas e attraverso una ampia rete di altre iniziative promosse dalla comunità cristiana di Roma, ha cercato di alleviare le sofferenze umane di tanti fratelli che l'egoismo di una società opulenta emargina e rifiuta. La città, quest'anno, ha sperimentato, in talune circostanze, comportamenti - non certo cristiani - di paura e di rifiuto nei confronti di immigrati di colore, di profughi, di nomadi, di senza casa, di giovani siero-positivi o malati di AIDS. La Caritas diocesana, in collaborazione anche con le autorità civili, ha potuto rendersi promotrice di iniziative concrete di solidarietà, mettendosi dalla parte dei più deboli, con aiuti immediati e concreti, ma soprattutto favorendo uno spirito di solidarietà e di rispetto della vita e della dignità di ogni uomo.


8. Oggi, nell'ultimo giorno dell'anno del Signore 1988, ci troviamo insieme in questa chiesa, che prende il suo nome da Gesù: la Chiesa del Gesù. E deve le sue origini alla congregazione legata in modo particolare a questo nome di Gesù.

Saluto i padri gesuiti che officiano in questa chiesa e gli alunni dello Scolasticato internazionale del Gesù. Saluto in particolare il preposito generale, padre Peter-Hans Kolvenbach. Unitamente al Cardinale vicario Ugo Poletti, al Cardinale titolare Eduardo Martinez e ai Vescovi ausiliari di Roma, saluto i presenti a questa celebrazione liturgica: i loro familiari e i loro parenti.

Saluto le autorità civili e tutti i romani, augurando per l'anno nuovo ogni bene nel Signore.


9. Gesù! Per prima ha ascoltato questo nome la Vergine a Nazaret. così il bambino è stato chiamato dall'angelo durante l'annunciazione, prima di essere concepito.

E lei, Maria, è stata la prima a pronunciare questo nome. Tutti gli altri hanno imparato questo nome da lei, dalla Madre. E continuano ad impararlo.

Quante volte è stato pronunciato questo nome nel corso di duemila anni! Roma l'ha pronunciato e lo pronuncia dai tempi dei cesari.

Noi siamo riuniti qui, oggi, in questo nome, per cantare "Te Deum laudamus", e chiedere prima il perdono di tutte le nostre colpe commesse nel corso dell'anno che sta per finire.

Gesù: il Verbo che si è fatto carne. Il Figlio dell'uomo.

E nello stesso tempo questo Verbo era in principio presso Dio - ed era Dio - e tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

"In lui era la vita" (Jn 1,4).

In lui è la vita.

Questa vita era - ed è - la luce degli uomini (cfr Jn 1,4) e "la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5).

Veramente, quale "admirabile commercium"!

1988-12-31

Sabato 31 Dicembre 1988




Lettera apostolica in forma di "Motu Proprio" - Città del Vaticano (Roma)

Il Santo Padre Giovanni Paolo II istitutisce l'ufficio del lavoro della Sede Apostolica

Nel primo anniversario della promulgazione dell'enciclica "Laborem Exercens", nella quale sono ricordate le principali verità del "vangelo del lavoro" contenute nel patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, e lo stesso lavoro è additato come "la chiave essenziale di tutta la questione sociale considerata dal punto di vista del vero bene dell'uomo" (LE 3), esposi al Cardinale segretario di Stato, con lettera del 20 novembre 1982, i peculiari caratteri di quella particolare comunità costituita da quanti - uomini e donne, sacerdoti, religiosi e laici - prestano la loro opera nei dicasteri ed organismi della Sede Apostolica, al servizio della Chiesa universale. In tale prospettiva devono armonizzarsi tanto la chiara consapevolezza di ciò che significa la partecipazione alla "sollecitudine per tutte le Chiese" (2Co 11,29), che caratterizza il servizio prestato presso la Cattedra di Pietro, quanto le esigenze di giustizia e di equità dettate dall'autentico rispetto della dignità della persona di ciascun collaboratore. Si tratta di esigenze poste in evidenza tanto dai miei predecessori, a partire dalla enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII, quanto dal Concilio Ecumenico Vaticano II e da me stesso nelle encicliche "Laborem Exercens" e "Sollicitudo Rei Socialis".

Ora, anche in applicazione della costituzione apostolica "Pastor Bonus", che ha recepito nel testo normativo (artt. 33-36) e nell'"Annesso" II i principi della menzionata lettera, ritengo giunto il momento, dopo approfonditi studi e consultazioni, di dare avvio, con convenienti norme e strutture, all'attuazione dei medesimi principi.

Pertanto istituisco l'ufficio del lavoro della Sede Apostolica (ULSA) secondo lo statuto da me approvato ad experimentum per un quinquennio ed unito al presente "Motu Proprio".

La competenza di questo ufficio si riferisce al lavoro, in tutte le sue forme ed applicazioni, prestato alle dipendenze della Curia romana, dello Stato della Città del Vaticano, della radio vaticana e degli organismi o enti, esistenti e futuri, anche non aventi sede nello Stato della Città del Vaticano, e gestiti amministrativamente in modo diretto dalla Sede Apostolica.

Nel creare l'ULSA desidero dar vita, in primo luogo, ad un organismo destinato alla realizzazione e al consolidamento di una vera e propria comunità di lavoro, i cui pilastri portanti sono quelle caratteristiche del lavoro umano quali si possono dedurre dalle encicliche sopra citate: il lavoro come prerogativa della persona, come dovere, come diritto ed infine come servizio.

Attendendo alle funzioni ad esso affidate, l'ULSA contribuirà a far si che nella particolare comunità di lavoro, operante alle dipendenze del Papa, - sia fattivamente onorata la dignità di ciascun collaboratore; - siano riconosciuti, tutelati, armonizzati e promossi i diritti economici e sociali di ogni membro; - siano sempre più fedelmente adempiuti i rispettivi doveri; - sia stimolato un vivo senso di responsabilità; - sia reso sempre migliore il servizio.

Adempiendo le proprie funzioni l'ULSA favorirà sempre più la trasformazione della comunità di lavoro in una comunità di persone ove, insieme alla necessaria unità di direzione, sia promossa l'attiva partecipazione di ogni membro di ciascuno organismo, sollecitando ad una adeguata preparazione culturale e professionale, e stimolando la coscienza della propria funzione e responsabilità, secondo le capacità ed attitudini di ciascuno, affinché tutti si sentano parte attiva tanto in seno al rispettivo settore, quanto nella prospettiva della missione dell'intera Chiesa (cfr GS 68). Infatti: "L'attività di tutti coloro che lavorano nella Curia Romana e negli altri Organismi della Santa Sede è un vero servizio ecclesiale, contrassegnato da carattere pastorale, in quanto è partecipazione alla missione universale del Romano Pontefice, e tutti devono compierlo con la massima responsabilità e con la disposizione a servire" ("Pastor Bonus", art. 33).

All'ULSA è assegnata infine la composizione delle eventuali questioni di carattere amministrativo o economico-sociale, emergenti nei vari organismi della Sede Apostolica.

In questa,concezione tipicamente comunitaria dei rapporti di lavoro e considerata la natura specifica del servizio reso alla Santa Sede, non è concepibile il ricorso a metodi rivendicativi di forza; occorrerà pertanto promuovere le vie del dialogo sincero per la ricerca comune di soluzioni, ricorrendo in primo luogo alle previste procedure di conciliazione.

E' mio auspicio che, grazie all'ufficio del lavoro, la Santa Sede appaia sempre meglio anche come esempio dell'impegno della Chiesa in favore della giustizia, la cui anima è la virtù cristiana della solidarietà (cfr SRS 39).

In tal modo, tutti insieme avremo anche recato un efficace contributo alla costruzione di quella pace che è frutto della giustizia e della sincera collaborazione nelle relazioni interpersonali, sociali e tra i popoli, per la quale instancabilmente opera la Sede Apostolica mediante i suoi organismi.

Tutto quanto è stato stabilito con la presente lettera, in forma di "Motu Proprio", ordino che abbia pieno e stabile valore a partire dal 1° marzo 1989, nonostante qualsiasi disposizione contraria, pur meritevole di speciale menzione.

Dato a Roma, dal palazzo apostolico Vaticano il 1° gennaio dell'anno 1989, undecimo di pontificato.

1989-01-01

Domenica 1 Gennaio 1989




Nella ventiduesima Giornata Mondiale della Pace - Città del Vaticano (Roma)

Auguriamo che sia l'anno della pace, della giustizia, della solidarietà, della sollecitudine sociale per tutti



1. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando suo Figlio" (Ga 4,4).

Dio mando il Figlio: una verità mirabile! Dio, unico vero Dio, Dio che è uno. E' uno nella sua divinità.

A quante persone, poste di fronte a quest'unità e unicità di Dio, è sembrato inconcepibile che questo sia vero. "Dio mando il Figlio". Che questa sia la verità su Dio.

Tuttavia Dio non è forse un mistero assoluto? L'uomo può forse misurare la verità su Dio, sulla sua unità, sulla vita interiore della divinità con il metro delle esperienze e dei concetti umani? Verità e mistero! La verità su Dio è proprio questo mistero della sua unità, che è unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. E' l'unità divina della Trinità.

Questa è la verità, che egli stesso ci ha annunciato: "aveva parlato... molte volte... per mezzo dei profeti... ultimamente... ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (He 1,1-2).

Intanto, alla soglia dell'anno 1989 che oggi inizia, noi, persone umane, rendiamo gloria e lode a Dio, che è mistero, che è la divina unità nella Trinità.

La divina unità della comunione.

Rendiamo gloria e lode. E iniziamo l'anno nuovo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


2. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio".

Durante l'ottava di Natale, come anche ieri, abbiamo contemplato, con gli occhi della fede, la generazione eterna di questo Figlio, del Verbo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Jn 1,1). Il Figlio della stessa sostanza del Padre. Dio da Dio. Luce da luce.

Oggi consideriamo il messaggio di Paolo sul Figlio mandato dal Padre. E anche sullo Spirito mandato dal Padre e dal Figlio. Il Figlio è stato mandato visibilmente nella natura umana di Gesù di Nazaret. Lo Spirito è mandato in modo invisibile. E' mandato nei nostri cuori. E' mandato per opera del Figlio che grida: Abbà, Padre! (cfr Ga 4,6). E i nostri cuori e la nostra bocca gridano insieme con lui: Padre, Padre nostro! Il Figlio è stato mandato nel tempo. E' venuto nel mondo, e poi l'ha lasciato, tornando al Padre. Tuttavia la sua missione non è cessata. La missione del Figlio permane. Permane per opera dello Spirito Santo. Il Figlio è presente nei nostri cuori e nella nostra storia.

Ed è per questo che permane pure "la pienezza del tempo". Ogni anno nuovo prende significato da questa pienezza ed è da essa permeato. Per questo lo chiamiamo l'anno del Signore: l'anno nuovo del Signore nostro Gesù Cristo. Questo è il millenovecentoottantanovesimo anno dalla sua nascita terrena, tenendo anche conto della limitatezza dei computi umani.


3. Salutiamo quindi l'anno nuovo in questa "pienezza del tempo", alla quale parteciperà grazie alla missione del Figlio, e grazie alla missione dello Spirito del Figlio.

Salutiamo...

Auguriamo che il volto del Signore si posi su di esso. Auguriamo che sia l'anno della pace, della giustizia, e della crescente solidarietà, della sollecitudine sociale per ciascuno e per tutti. Che la pace, la giustizia e la solidarietà crescano negli uomini e nella società! Che crescano e maturino nelle coscienze umane, come pure nella fatica quotidiana della coscienza e della volontà.

Tale "crescita" umana si incontra costantemente con la missione del Figlio. La missione, che per opera dello Spirito di verità raggiunge i cuori e si manifesta nel grido: Abbà Padre! Questo grido rende testimonianza alla figliolanza d'adozione: "Non sei più schiavo, ma figlio" - scrive l'apostolo. Il Figlio nel Figlio, nel Figlio-Verbo unigenito ed eterno, che si è fatto uomo e nacque da Maria vergine.

Si è fatto uomo - per noi! Nacque da Maria vergine - per noi! Egli è la nostra eredità. L'eredità di tutti. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi in lui e arrivino alla conoscenza della verità! "Non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,7).


4. Il Figlio eterno di Dio - consostanziale al Padre - nella sua nascita terrena dalla Vergine è diventato il Figlio dell'uomo.

Dio gli ha dato in eredità tutte le nazioni e i popoli. Mediante l'eredità, che è lui stesso - mediante la figliolanza che egli ci elargisce nello Spirito Santo, noi tutti siamo diventati la sua eredità. Il suo Popolo.

Il Concilio insegna: "In tutte... le nazioni della terra è radicato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i cittadini del suo Regno, non terreno, ma celeste. E infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo, comunicano con gli altri nello Spirito Santo, e così "chi sta in Roma sa che gli Indi sono sue membra". Siccome, dunque, il Regno di Cristo non è di questo mondo (cfr Jn 18,36), la Chiesa, cioè il Popolo di Dio, introducendo questo Regno, nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce ed accoglie tutta la dovizia di capacità e di consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva. Poiché essa ben ricorda di dover raccogliere con quel Re, al quale sono state date in eredità tutte le genti (cfr Ps 2,8), e nella cui città portano doni ed offerte..." (LG 13).


5. E proprio per questo, oggi la Chiesa pensa a tutti gli uomini dell'intero pianeta, a tutte le nazioni, in cui ciascuno trova le proprie radici umane e la propria identità.

Riportero qui le parole del messaggio per la celebrazione di questa giornata mondiale della pace, in cui ho espresso le speranze e le sollecitudini della Chiesa in questo primo giorno dell'anno nuovo verso quanti si trovano a vivere in un contesto sociale, diverso dalle proprie tradizioni culturali ed appartenenze religiose ed etniche. Si tratta del problema dei gruppi minoritari; "il rispetto verso di essi va considerato, in qualche modo come la pietra di paragone per un'armoniosa convivenza sociale e come l'indice della maturità civile raggiunta da un Paese e dalle sue istituzioni... Garantire la partecipazione alla vita pubblica delle minoranze è segno di elevato progresso civile, e ciò torna ad onore di quelle Nazioni, nelle quali a tutti i cittadini è garantita una tale partecipazione in un clima di vera libertà" ("Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1989", 12, die 8 dec. 1988: , XI, 3 [1988] 1738).


6. "I pastori andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino, che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16).

Oggi è l'ottavo giorno di questa festa mediante la quale la liturgia ci fa presente il mistero della nascita di Dio. Questo mistero rimane inseparabile dall'inscrutabile mistero di Dio stesso, che è uno nell'unità della divinità. Che è uno nell'unità della Trinità. Che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

L'ottavo giorno della festa dell'Incarnazione del Verbo, la Chiesa dirige il nostro sguardo verso Maria. Il Natale è, nello stesso tempo, la sua festa. La sua festa più grande. Nel mistero della nascita terrena del Figlio di Dio è racchiusa la sua divina maternità. Proprio oggi questa divina maternità della Vergine Maria di Nazaret la circondiamo di una particolare venerazione.

"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio nato da donna" (Ga 4,4).

Quanto strettamente, quanto "organicamente" Maria appartiene al mistero della missione del Figlio nello Spirito Santo! A questa "missione" che avvenne nella notte di Betlemme e che dura nella storia della umanità. Che dura nei cuori umani per opera dello Spirito del Figlio.

Maria è il primo testimone di questo mistero. E' la viva "memoria" del Verbo che si è fatto carne. La memoria viva... vivissima: infatti è la sua madre.

"Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

Mediante la divina maternità di lei il Padre introdusse il Figlio nella storia dell'umanità.

Gli ha dato in eredità le nazioni ed i popoli di tutta la terra.

Poiché lui stesso - il Figlio - è l'eredità di noi tutti in Dio. Siamo infatti "figli nel Figlio" e in lui possiamo gridare a Dio: "Abbà, Padre!".


7. Lo possiamo gridare nel giorno in cui la Chiesa prega per la pace in terra.

In cui - considerando il bene della pace - ricorda i diritti delle nazioni. Ci richiamiamo, Madre di Dio, al tuo cuore immacolato. Alla tua "memoria" materna.

Mediante la "memoria" del Verbo, che si fece carne in te - ti affidiamo tutti gli esseri umani, la cui umanità il Figlio di Dio condivise divenendo uomo.

Ti affidiamo tutte le nazioni ed i popoli, in particolare quelli che, in modo singolare, "hanno necessità" della tua materna memoria.

Del tuo cuore! 17/01/19102 Pag. 13866

1989-01-01

Domenica 1 Gennaio 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Maria, madre dell'umanità è madre e regina della pace


Cari fratelli e sorelle.


1. Oggi è la solennità della maternità divina di Maria. Nella liturgia della Messa la Chiesa si rivolge a Lei con queste parole: "Salve, Madre Santa: tu hai dato alla luce il Re, che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno".

La divina maternità è il vertice più alto di tutti i doni di grazia, che ella ha ricevuto dal Padre celeste, il dono al quale tutti gli altri sono finalizzati. La grandezza di Maria è soprattutto in questa missione di maternità nei confronti del Verbo divino, fatto uomo nel suo grembo purissimo. Tutta la vita e tutta la santità di Maria si proiettano nella incomparabile missione di consentire il realizzarsi del mistero dell'Incarnazione, di essere cioè Madre di quel "Figlio dell'uomo" che è allo stesso tempo Figlio di Dio, quel Figlio che, mentre ascolta ed accondiscende alla sua voce materna e premurosa, ancor più ascolta e segue i comandi del Padre che è nei cieli.


2. In quanto madre di Cristo, Maria è anche madre della Chiesa, madre dell'umanità, madre di tutte le generazioni dei figli di Dio. Essa è madre e regina della pace. In modo assai opportuno il mio venerato predecessore Paolo VI volle unire la festa della maternità di Maria alla Giornata della Pace, che oggi celebriamo in tutto il mondo. Maria ha generato il Principe della pace, colui che ci dona quello Spirito Santo, il cui frutto principale è proprio la pace.

Ricordiamo pertanto, in questo momento, tutte le zone del mondo dove non c'è pace. Maria, sull'esempio del suo Figlio, c'insegni ad apprezzare specialmente l'inestimabile valore della pace interiore, dalla quale ogni altra pace proviene e senza la quale ogni altra è precaria, illusoria o insoddisfacente.


3. Anche l'anno nuovo, che oggi inizia, è sotto il segno della maternità di Maria, regina della pace, quasi a significare una nuova speranza, un rinnovato proposito.

Se le forze del male e dell'odio insistono nella loro attività demolitrice, noi, discepoli del Signore e di Maria, insisteremo ancor più, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, nell'impegno per l'edificazione della pace e della giustizia.

In questa prospettiva, rivolgo a voi qui presenti e a quanti ascoltano attraverso la radio e la televisione, i miei cordiali auguri di un sereno e fruttuoso anno nuovo, invocando su tutti la materna protezione di Maria santissima.

[Al termine della preghiera il Papa ha pronunziato le seguenti parole:] Appello del Papa per tutti i sequestrati All'inizio di questo nuovo anno, in cui gli animi si aprono ai voti augurali ed alla speranza di un mondo più umano, più giusto e più solidale, non posso non rivolgere il mio pensiero a tante famiglie che vivono nell'angoscia a causa dei loro familiari, tenuti sotto sequestro.

L'apprensione e il turbamento si fanno ancora più gravi quando si pensa che, come avviene per i giovani Carlo Celadon e Cesare Casella, la violenta detenzione si prolunga senza che vi siano segnali che assicurino i congiunti nel dolore.

Rinnovo la mia preghiera anzitutto perché il Signore in questi giorni del tempo natalizio, che è tempo di bontà e di gioia, tocchi il cuore di coloro che hanno nelle loro mani la sorte di quegli infelici prigionieri. Faccio appello alla coscienza dei sequestratori perché rilascino quanto prima gli ostaggi in nome della propria dignità e in nome di Dio, che è l'unico padrone della vita dell'uomo.

L'augurio all'Italia e al mondo Ieri sera, dopo aver ascoltato il messaggio del signor Presidente della Repubblica Italiana, ho fatto gli auguri a lui e a tutta la Nazione italiana.

Oggi voglio ripetere questi auguri, a voi qui presenti, romani, pellegrini, a tutti gli italiani e a tutti i cittadini del mondo intero: buon anno nella pace.

Il saluto ai neonati Insieme con questo anno neonato, saluto anche tutti i bambini neonati, in questo giorno come anche in tutta la ottava di Natale. Che sia per loro la natività del Figlio di Dio la luce della loro vita umana, durante tutti i giorni, fin quando la Provvidenza concederà loro di continuare il loro cammino terrestre: auguri a tutti i neonati.

17/01/19102 Pag. 13868 Sia lodato Gesù Cristo!

1989-01-01

Domenica 1 Gennaio 1989




Alla prefettura della casa pontificia - Città del Vaticano (Roma)

Un lavoro che ha tanta rilevanza per lo svolgimento del ministero del Papa



1. Da tempo desideravo questa visita alla prefettura della casa pontificia, per portare di persona un saluto ed un ringraziamento a lei, monsignor prefetto, ed a voi tutti, cari officiali, ecclesiastici e laici, nei locali dove compite il vostro lavoro, che ha tanta rilevanza per il quotidiano svolgersi del mio ministero, a contatto con il Popolo di Dio. Mi è caro esprimervi il mio vivo ringraziamento per il vostro servizio che viene svolto con competenza e dedizione e, per la maggior parte di voi, anche in un nascondimento che ne impreziosisce agli occhi di Dio il valore ed il merito.

La prefettura, così come essa è oggi strutturata, non ha una lunga storia, giacché risale alla costituzione apostolica "Regimini Ecclesiae Universae" del 1967, integrata dal motu proprio "Pontificalis Domus" dell'anno successivo.

Nella sostanza, pero, essa ha origini ben più antiche, poiché l'attuale istituzione raccoglie in sé le competenze e le attribuzioni che erano proprie della "Congregazione cerimoniale" e degli "Uffici del Maggiordomato e del Maestro di Camera", oltre alle funzioni riservate un tempo al "Maestro di Casa dei Sacri Palazzi apostolici" e della soppressa "Commissione Araldica per la Corte Pontificia".


2. I compiti oggi spettanti alla prefettura sono concisamente richiamati dalla costituzione apostolica "Pastor Bonus". Gli articoli 180 e 181 ricordano, infatti, che essa "si occupa dell'ordine interno relativo alla Casa Pontificia" e che "assiste il Sommo Pontefice sia nel palazzo apostolico sia quando viaggia in Roma e in Italia. Cura l'ordinamento e lo svolgimento delle cerimonie pontificie, esclusa la parte strettamente liturgica... Dispone le udienze pubbliche e private del Sommo Pontefice".

Dal semplice accenno a questi articoli balza evidente la mole di lavoro che grava sulle vostre spalle, con la complessità e la delicatezza delle mansioni, che si collegano così da vicino con la quotidiana attività del Papa: è un continuo impegnarsi, senza tregua né considerazione di giorni festivi o feriali, con preveggenza e con tempestività, affinché il "ministero petrino", affidato al Papa per confermare nella fede i fratelli di tutto il mondo, sia esercitato con la massima precisione, puntualità, ordine ed intelligenza. Se questo è motivo di legittima fierezza per ciascuno di voi, è per me richiamo ad un dovere di riconoscenza, che spontaneamente si trasforma in sentita invocazione a Dio, perché vi sia largo delle sue ricompense.

A lui mi è caro affidare, in questo inizio d'anno, ogni vostro desiderio, pregando perché, nella sua bontà, conceda copiosi doni a voi ed ai vostri familiari, alleviando le fatiche che sostenete per la Chiesa e per il suo Capo visibile, e facendole servire, nell'amabile disposizione della sua provvidenza, ad un bene più grande.

Con questo voto imparto di cuore, quale pegno di speciale affetto, la mia benedizione.

1989-01-02

Lunedi 2 Gennaio 1989









Alle religiose dell'"Unione di santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola" - Città del Vaticano (Roma)

Educare nel segno del Vangelo per formare l'uomo alla verità



1. Sono lieto di salutarvi in questa vigilia dell'Epifania, mentre si conclude il vostro capitolo generale, nel quale vi siete impegnate a rileggere e aggiornare le vostre costituzioni alla luce del nuovo Codice di Diritto Canonico; ed eleggere la superiora generale e rivivere lo spirito della vostra madre fondatrice, la serva di Dio Luigia Tincani, per inserirlo nelle mutate situazioni dei tempi e nei nuovi contesti della società contemporanea.

Il mio saluto va anzitutto alla superiora generale Anna Maria Balducci, che avete voluto rieleggere alla guida della vostra unione: a lei e a tutto il governo della vostra istituzione come a tutte le comunità presenti in Italia, in Olanda, nel Pakistan e nell'India il mio compiacimento e il mio augurio.


2. Questo incontro mi offre la possibilità di dirvi quanto io apprezzi la vostra attività e il vostro campo specifico di azione nella Chiesa: insegnare, educare, testimoniare il Vangelo nella scuola, farlo circolare nel modo di pensare e di conversare, soprattutto tra la gioventù. Non è compito facile, lo sapete. Per questo è necessario un forte spirito di orazione e di contemplazione per "attingere con gioia le acque alle sorgenti della salvezza" (Is 12,3); ma è ugualmente indispensabile un impegno intellettuale costante e rigoroso per raggiungere una professionalità, che sia all'altezza del servizio che vi è affidato.

Vorrei riferirmi in questo momento alla significativa denominazione che la madre fondatrice ha dato alla vostra famiglia spirituale: "Unione Santa Caterina delle Missionarie della Scuola". "Unione" dice comunione. Ora sapete quale forte rilievo ha assunto nell'insegnamento del Concilio, e nello stesso Codice di Diritto Canonico, il grande tema biblico e patristico della comunione.

Esso vi chiama a lasciarvi "unire" in Cristo dallo Spirito Santo nell'amore del Padre, perché diventiate partecipi della vita stessa della Trinità e della sua gloria, che è presente nella Chiesa e si riflette sul volto di ogni uomo, sul quale brilla la luce del volto di Dio (Ps 4,7).

Questa comunione spirituale sta alla radice della missione e vi rende "missionarie", in quanto ricolme dell'amore di Cristo siete spinte ad irradiarne la luce attorno a voi. La missione scaturisce dalla pienezza della comunione; e la vostra missione si attua nella scuola, il luogo classico, in cui i giovani si aprono al sapere, incontrano l'esperienza umana con le sue ricchezze ed ambiguità, scoprono le proprie radici, si formano una visione del mondo e vengono plasmati per il futuro.

Dipende largamente dalla scuola e dai maestri che vi incontrano il posto che avrà la fede nella loro vita negli anni che verranno. Il discorso si riferisce qui particolarmente alla scuola pubblica e statale, alla quale voi intendete dedicarvi.

Comunione, missione e scuola trovano un modello altissimo nella grande vergine di Siena e dottore della Chiesa, santa Caterina, che voi amate e seguite come patrona e modello. Come dunque non pensare qui alla celebre dottrina cateriniana del "ponte"? Noi sappiamo che due grandi realtà misteriose convergono nella storia: l'amore di Dio, "dives in misericordia", che viene incontro agli uomini, e l'uomo che, pur ferito dal peccato, è aperto costitutivamente all'Assoluto e si muove "come a tentoni" verso di esso (cfr Ac 17,27). Ora, Gesù è il ponte della comunicazione tra queste due misteriose realtà e come ponte egli ha costituito la Chiesa nella storia; ma ponte in maniera singolare è Maria, la madre del Redentore; ponte, a suo modo, è stata santa Caterina e tali siete chiamate ad essere singolarmente voi, soprattutto negli ambienti scolastici dove avviene la elaborazione e la trasmissione del sapere.


3. Tutto ciò comporta autentiche sfide per ciascuna di voi: per tenere congiunti orazione e studio, vita comunitaria e personalità individuale, silenzio e comunicazione, distacco evangelico e solidarietà con gli altri, fedeltà alla disciplina religiosa e prudente flessibilità nelle situazioni della professione, ascolto sincero degli altri e limpida coscienza di verità, di quella verità che è Cristo, "in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza" (Col 2,3).

Alla luce di queste premesse la vostra vocazione consiste nel testimoniare col vostro comportamento l'"uomo vero" (cfr Col 3,10), e a "edificarlo" (cfr 1Co 14,26) aiutandolo a "crescere" e a costruirsi per raggiungere la misura perfetta di Cristo, secondo l'immagine di Dio che lo ha creato (cfr Ep 4,12-13 Col 3,10). Mentre quindi siete impegnate a "edificarvi vicendevolmente" (cfr 1Th 5,11), ponete mano alla edificazione degli altri per renderli "nuova creatura" (cfr 2Co 5,17), nel segno della verità e della carità (cfr Ep 4,15).

La festa dell'Epifania, alla quale ci stiamo preparando, rievoca l'irradiazione della luce del Verbo sul mondo. "La luce vera, che illumina ogni uomo, veniva nel mondo. egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo riconobbe" (Jn 1,9-10). E' questa la passione della Chiesa nei secoli, l'assillo della sua presenza tra gli uomini. Sarà anche questa la vostra esperienza, talvolta la vostra sofferenza. Ma non dovete temere, perché c'è l'assicurazione del Signore: "Confidite, ego vici mundum" (Jn 16,33).

Negli Atti degli Apostoli si legge che san Paolo opero per due anni a Efeso "nella scuola di Tiranno, "dialego menos"", cioè conversando e dialogando in modo così autorevole ed efficace che tutti gli abitanti della provincia proconsolare dell'Asia poterono ascoltare la Parola di Dio (cfr Ac 19,9-10).


4. Auguro che uscendo da questo vostro capitolo generale torniate ai vostri posti di lavoro e nelle vostre scuole con il medesimo impegno e successo, testimoniando e dialogando con autorevolezza nel mondo della scuola e della cultura, per aprire la via al Vangelo e cooperare per la costruzione di una umanità bella, pura e santa, gradita a Dio, di cui gli uomini hanno nostalgia e bisogno (cfr Rm 12,17), soprattutto oggi.

Vi ispiri santa Caterina da Siena e vi accompagni la Madre del Redentore, "Sedes Sapientiae", che nel giorno della Epifania contempliamo nel presepe in atto di offrire alle genti il Verbo di Dio fatto uomo.

Con la mia benedizione.

1989-01-05

Giovedi 5 Gennaio 1989





GPII 1989 Insegnamenti