GPII 1989 Insegnamenti - Alla membri della commissione e del comitato di redazione - Città del Vaticano (Roma)

Alla membri della commissione e del comitato di redazione - Città del Vaticano (Roma)

Il Catechismo per la Chiesa universale: verso un testo da presentare al Sinodo del '90



1. Sono molto lieto di potermi incontrare con voi in occasione della quarta sessione collegiale della commissione e del comitato di redazione del Catechismo per la Chiesa universale.

Dal momento in cui, nel giugno del 1986, ha costituito la commissione per la preparazione di tale Catechismo, dando così adempimento ad un preciso voto del Sinodo straordinario del 1985, so che vi siete dedicati a tale difficile, ma importante compito con generoso impegno e dedizione, senza risparmio di tempo e di energie.

Siete così arrivati all'elaborazione dell'attuale terza bozza di un documento, che in questi giorni state esaminando e valutando.


2. In un tempo in cui "l'umanità vive un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti" (GS 4), e "masse intere si avviano verso l'indifferentismo o corrono il pericolo di conservare una fede priva del necessario dinamismo e di un reale influsso nella vita" ("Direttorio Catechistico generale", 6), l'elaborazione di un catechismo per la Chiesa universale appare sempre più un'iniziativa valida e necessaria.

Certamente nessuno misconosce il ruolo di mezzo e di strumento che un testo per la catechesi svolge nella pastorale della Chiesa e, più in generale, nella missione evangelizzatrice, che essa avverte in forma sempre più urgente e doverosa alle porte del terzo millennio.

Tuttavia, anche per l'immediato presente, la Chiesa sente la necessità e l'urgenza di un'esposizione sintetica e chiara dei contenuti essenziali e fondamentali della fede e della morale cattolica; esposizione da attuare sulla linea del Concilio Vaticano II, "il grande catechismo dei nostri tempi" ("Insegnamenti di Paolo VI", IV [1967] 304).

Tale compendio, preparato "nello stile e nel modo auspicati dai padri sinodali e richiesti dalle esigenze pedagogiche, psicologiche e tecniche della società e cultura moderna" ("In Petriana basilica, allocutio od eos qui in Romana Curia ministerium summi implent coram admissos", 7, die 28 iun. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1986] 1962), servirà ad esprimere e a ravvivare la "memoria" della Chiesa, favorendo una catechesi aperta in dimensione universale e capace di favorire il superamento di quella frattura tra fede e cultura che costituisce il "dramma della nostra epoca" (Pauli VI, EN 20).

Nel testo in preparazione, ispirato agli insegnamenti della Bibbia e della liturgia, non andrà neppure trascurata l'esigenza di alcune formule fondamentali che, facilmente memorizzabili, possano riassumere in forma semplice e concisa tematiche veramente importanti, rispettando opportunamente l'ordine e la gerarchia della dottrina cattolica e attingendo, oltre che dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa.


3. Una tale esposizione organica e completa della verità cristiana potrà così costituire un "punto di riferimento" per i catechismi nazionali e diocesani.

Infatti il compendio che andate elaborando si propone di essere un valido strumento, di cui possano servirsi anzitutto i Vescovi, in quanto, maestri e dottori della fede, ai quali compete l'esaltante servizio di guidare e garantire un autentico e integrale sviluppo della fede nelle comunità ecclesiali, loro affidate.

Inoltre esso potrà essere utilmente usato dai redattori dei catechismi nazionali e diocesani, dai catechisti, e, per il loro tramite, da tutto il Popolo di Dio, offrendo "un insegnamento che insista sull'essenziale, senza pretendere di affrontare tutte le questioni disputate, né di trasformarsi in ricerca teologica o in esegesi biblica; un insegnamento tuttavia sufficientemente completo che non si fermi al primo annuncio della fede del mistero cristiano, quale noi abbiamo nel "kérigma"; un'iniziazione cristiana integrale, aperta a tutte le componenti della vita cristiana" (CTR 21).

Il Catechismo universale pertanto, con la sua esposizione incisiva e convincente, chiara e semplice nello stesso tempo, delle principali ed irrinunciabili verità rivelate ed insegnate dalla Chiesa, non sostituirà, ma solleciterà e favorirà l'indispensabile ed ulteriore opera di mediazione ed inculturazione, che compete alle Chiese locali e alle Conferenze Episcopali, le quali, attente alle diverse situazioni culturali e religiose dei destinatari, e nel rispetto delle esigenze della comunicazione catechistica, sapranno ripensare e riformulare la "fides ecclesiae" in un linguaggio significativo e adatto alla condizione dei soggetti.


4. A tal fine, tappa indispensabile e decisiva nel processo di preparazione del Catechismo per la Chiesa universale, sarà la prevista e ormai prossima consultazione, su un progetto del Catechismo universale, di tutti i Vescovi, delle Conferenze Episcopali e, attraverso di esse, degli istituti di catechetica, delle facoltà teologiche e di altri organismi specializzati nell'annuncio della Parola di Dio.

Ci si augura così di poter arrivare a un testo, che possa essere presentato alla prossima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, prevista per il prossimo anno, in vista della sua redazione definitiva.

Con questa fiducia e con questo augurio, vi accompagno nel vostro lavoro con la benedizione apostolica.

1989-02-07

Martedi 7 Febbraio 1989









L'omelia durante il rito penitenziale per l'inizio della Quaresima - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Nelle ceneri, segno della morte dell'uomo, la promessa della vittoria sul peccato



1. "Il Padre tuo, che vede nel segreto" (Mt 6,4 Mt 6,18). Oggi iniziamo la Quaresima. Questo, nella vita della Chiesa, è un tempo particolare: un tempo forte.

Sin dal primo giorno, la liturgia ci rivolge parole "forti". Parole fondamentali. Con la potenza di queste parole ci prepara a vivere bene questo periodo di quaranta giorni. La verità della Quaresima è profonda. Invita pure a una particolare concentrazione spirituale, a una intensa vita di fede.

Dobbiamo ritrovarci dinanzi a colui che "vede nel segreto" e che è il nostro Padre.


2. Durante la liturgia delle ceneri la Chiesa rivolge ai fedeli parole forti. Tali certamente sono quelle che vengono oggi ricordate a ciascuno di noi: "Sei polvere e in polvere tornerai" (Gn 3,19).

Siamo tutti unanimi circa l'evidenza di questa verità. Le parole del libro della Genesi parlano della morte, della legge della morte, che sin dall'inizio accompagna la storia dell'uomo sulla terra.

La morte è parte dell'uomo sulla terra, benché Dio l'abbia creato per la vita.

La legge della morte ha le sue radici nel peccato. E' il peccato dell'origine umana, quando l'uomo accetto come motivo della sua esistenza e del suo comportamento il "diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male" (Gn 3,5); cioè: sarete voi a decidere di essi. così dunque le parole "sei polvere e in polvere tornerai" parlano dell'eredità del peccato originale.

Accettiamo l'evidenza di queste parole, che viene confermata dall'esperienza della storia umana.

Siamo tuttavia chiamati a ritrovare, in questo tempo di salvezza, quella verità più profonda, che sta nascosta nelle parole del libro della Genesi. Per ritrovarla dobbiamo entrare nella stanza interiore del nostro "io" umano per trovarci insieme con il creatore e Padre, che "vede nel segreto".


3. Nel corso della liturgia delle ceneri la Chiesa pronuncia parole forti. Tra queste ce n'è anche una - forte e fondamentale - che ci esorta: "convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Non possiamo fermarci alla soglia della storia umana. Dobbiamo proseguire - dobbiamo andare fino in fondo, seguendo lo sguardo di Dio che "vede nel segreto". Che fa permeare la storia dell'uomo e la storia del creato con la novità del suo Vangelo.

Convertitevi! Questa parola forte pronuncia oggi la Chiesa insieme con Cristo.

Essa funge da ambasciatrice per Cristo (cfr 2Co 5,20).

Sull'esistenza terrena dell'uomo grava non soltanto la sentenza originale: "in polvere tornerai", ma anche la chiamata pronunciata da Dio, costantemente ripetuta dalla Chiesa, e oggi con una forza particolare: "Lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20).

Lasciatevi riconciliare... credete al Vangelo! Sapete che cosa questo annuncia? Annuncia che Dio tratto da peccato in nostro favore colui che non aveva conosciuto peccato, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio (cfr 2Co 5,21).

Proprio questo è il Vangelo: la buona Novella! In nome della buona Novella, la Chiesa impone oggi le ceneri sul nostro capo. Come se dicesse: Ritrovate in questo segno della morte dell'uomo la promessa della vittoria sulla morte. Ritrovate nelle ceneri, messe sul vostro capo, la potenza salvifica della vittoria sul peccato. Questa è la potenza di Cristo crocifisso; in lui diventiamo giustizia di Dio.


4. Tale è l'appello della Quaresima, che la Chiesa oggi rivolge ai fedeli con una forza particolare.

Per poter ascoltare questo appello, per poter penetrare nella sua profondità salvifica, per poter rinascere spiritualmente mediante esso - sono necessari: l'elemosina, la preghiera e il digiuno.

Con tutto questo occorre pure entrare nella camera (cfr Mt 6,6), nella stanza interiore del nostro cuore e della nostra coscienza, - e rimanervi insieme con il Padre "che vede nel segreto".

Occorre lasciare che lo sguardo di Dio operi in noi.

Occorre creare uno spazio interiore per l'agire salvifico di Dio.

Occorre! Che in questa Quaresima, più che mai, la nostra vita sia nascosta con Cristo in Dio (cfr Col 3,3).

"Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Mt 6,4 Mt 6,18).

1989-02-08

Mercoledi 8 Febbraio 1989




L'incontro del Vescovo di Roma con il clero della sua diocesi - Città del Vaticano (Roma)

Il Sinodo, come il Concilio, non è una realtà estranea: è la parrocchia. E la parrocchia è il Sinodo


Cominciamo con una domanda che era certamente fuori programma. Ecco, in prima fila è colui che ha fatto la domanda, chiedendomi cosa io pensi del clero di Roma. Vorrei dare una risposta, ma non in linea retta, piuttosto in obliquo.

Ci troviamo all'inizio della Quaresima ed in questo periodo la Chiesa dice a noi tutti: "Mettiti in ascolto della Parola di Dio". Lo dice a tutti e per primo al Papa: "Mettiti all'ascolto della Parola di Dio, fai i tuoi esercizi spirituali". Si faranno tra poco, la prossima settimana, come è tradizione in Vaticano. Quest'anno predicherà gli esercizi un Cardinale, il Cardinale Biffi. Ma, prima di questi esercizi, vengono invitati i parroci di Roma, il clero di Roma, ed io mi metto in ascolto della loro parola. Si sa bene che per predicare gli esercizi si cerca sempre un buon predicatore, una persona qualificata. Allora, se voi siete stati invitati a fare questo primo esercizio spirituale al Papa... questo contiene già la risposta alla domanda del vostro collega su cosa pensi il Papa del clero di Roma.

Vi ringrazio per quanto ho potuto ascoltare. E' stata veramente una relazione molto accurata, composta - possiamo dire - da diversi capitoli. Ogni capitolo ha trattato un aspetto diverso, e tutti hanno ruotato intorno al problema guida del "Sinodo di Roma".

A queste considerazioni, a queste voci che abbiamo ascoltato tutti insieme, vorrei aggiungere una cosa di carattere storico, che viene dalle esperienze della Chiesa universale. Certamente, questo nostro Sinodo deve fare riferimento al Concilio Vaticano II. E' un Sinodo post-conciliare.

Venticinque anni fa abbiamo partecipato a tale Concilio e possiamo dire, nello stesso tempo, lo abbiamo ricevuto. Tutti hanno ricevuto questo Concilio come un contenuto, come un messaggio, come una nuova lettura della Parola di Dio. Lo abbiamo ricevuto da noi tutti e, attraverso noi tutti, lo abbiamo ricevuto dallo Spirito Santo, Questo è il Concilio Vaticano II che così si interpreta, così si spiega nella storia della Chiesa o, piuttosto, nella ecclesiologia, la teologia della Chiesa.

Ma dopo il Concilio si è vista le necessità di trovarne le chiavi di lettura. Qui sono intervenuti i diversi Sinodi, le sessioni straordinarie e quelle ordinarie del Sinodo dei Vescovi, che coinvolgono l'Episcopato del mondo intero.

Tra questi Sinodi post-conciliari direi che quello che costituisce la chiave di lettura di prim'ordine è stato il Sinodo del 1974 sull'evangelizzazione. Tutti i Sinodi post-conciliari, non solamente quello, hanno presentato una chiave di lettura del Concilio, ma direi che il Sinodo del '74 ha costituito una chiave centrale per la lettura del Concilio, del suo contenuto, del suo messaggio e del suo orientamento: come la Chiesa deve ricevere il Concilio e come deve farne la propria vita.

Inoltre si spiega anche molto bene come fra i documenti post-sinodali, quello che Paolo VI ci ha lasciato nella "Evangelii Nuntiandi" sia un documento che certamente spicca e guida la Chiesa in diversi ambienti, in diverse dimensioni. Naturalmente si potrebbe pensare che l'"Evangelii Nuntiandi", sia un documento missionario, ma tutta la Chiesa si trova in "statu missionis". E' un documento universale. "Evangelii Nuntiandi", vuol dire ovunque e dappertutto e soprattutto qui a Roma.

Penso così che il tema centrale del Sinodo romano, che adesso si è cominciato a realizzare - da quasi due anni - corrisponda veramente a quello che ha trattato il Concilio e, poi, la sua principale chiave di lettura, ossia l'"Evangelii Nuntiandi": l'evangelizzazione.

L'evangelizzazione costituisce la vita della Chiesa e noi, a Roma, dobbiamo vedere con i nostri occhi, con la nostra esperienza, nella quale nessuno può sostituirci, dobbiamo vedere questa evangelizzazione come compito, come sfida, come metodologia per la nostra città, per le nostre parrocchie.

Qui vorrei aggiungere ancora un'altra cosa che forse tocca l'aspetto metodologico del Sinodo. Certamente in questo periodo ogni Sinodo deve fare una lettura e una applicazione del Concilio con l'aiuto dei diversi Sinodi e dei documenti post-sinodali che si sono succeduti dopo il Vaticano II. Ma si deve sempre temere ed evitare una cosa: che il Concilio ed anche il Sinodo possano essere trattati come una cosa esterna, un supplemento della nostra vita, della Chiesa locale, della parrocchia, una cosa - se possiamo dire così - un po' paracadutata nella vita della Chiesa. Penso allora che, parlando organicamente, il Sinodo arrivi al suo punto proprio, quando la sua tematica - come anche la tematica del Concilio Vaticano II - non viene più vista come una tematica, un contenuto, un avvenimento esterno: il momento in cui la parrocchia si vede nel Sinodo e, attraverso il Sinodo, si vede anche nel Concilio, e vede questo Sinodo in sé e non vede una divergenza, una spaccatura. Non sono due cose diverse. Il Sinodo non è altro che la mia parrocchia, la mia parrocchia così come è e così come dobbiamo cercare di renderla, se possiamo farlo, perché ci sono molte cose che non si possono fare semplicemente, benché si debbano fare sempre. Sappiamo bene quante siano le circostanze dalle quali dipende questo "fare" nel campo spirituale, nel campo pastorale, apostolico. E sappiamo sempre che il primo agente qui è lo Spirito Santo e noi tutti insieme, e ciascuno di noi, siamo suoi poveri ministri.

Vorrei augurare a tutti voi, carissimi confratelli, che si ottenga questo momento nella vita della parrocchia e nella vita del Sinodo, che si ottenga questo momento nel quale si vedrà il Sinodo come la mia parrocchia e nello stesso tempo si vedrà la mia parrocchia come il Sinodo. Non sono due realtà estranee, non sono diverse fra di loro, ma si identificano, si coinvolgono. Questo voglio augurare al Sinodo romano e ad ogni parrocchia romana nella prospettiva dei lavori che ci aspettano.

Nello stesso tempo voglio ringraziare tutti coloro che hanno preso la parola ed hanno svolto un capitolo, una parte di questa predica quaresimale, la prima, giustamente, che il Papa ha potuto ascoltare. Ringrazio poi tutti i presenti come tutti coloro che non sono qui fisicamente presenti, ma che appartengono alla nostra assemblea, al clero di Roma, che collaborano nella grande opera nell'apostolato e della pastorale delle parrocchie. A tutti loro voglio esprimere il mio ringraziamento, il mio cordiale saluto e il mio augurio di buona e fruttuosa Quaresima. Lo faccio certamente rivolgendomi, per esempio, al nostro seminario romano e agli altri seminari, perché tutti questi istituti sono organi dello stesso Corpo e lavorano per la vita dello stesso Corpo, che è sempre il Corpo di Cristo. La Chiesa nella sua dimensione universale e la Chiesa nella sua dimensione romana, particolare e locale è sempre lo stesso Corpo di Cristo. Questo dice di più a ciascuno di noi. Ci dice che facciamo parte di questo Corpo, più che parte, parte attiva, parte che rende dei servizi, che svolge dei ministeri, che porta carismi in questo Corpo, nell'insieme della sua organicità e della sua vitalità.

Ancora una volta voglio ringraziare vostra Eminenza e tutti i confratelli Vescovi per la loro presenza e per la loro continua collaborazione, perché se il Papa può e deve essere Vescovo di Roma - e non può essere altro - lo è grazie a loro.

1989-02-09

Giovedi 9 Febbraio 1989




Messaggio al Brasile: per la campagna di fraternità - Città del Vaticano (Roma)

Chi travisa la verità minaccia la pace


Fratelli e sorelle in Cristo, amati brasiliani.

Sia lodato il nostro Signore Gesù Cristo!


1. Non è la prima volta che mi è gradito comunicare, attraverso la radio e la televisione con il diletto popolo brasiliano, in occasione dell'apertura della nuova campagna di fraternità che quest'anno ha come tema "La comunicazione sociale". Entrando nelle vostre case, nei locali dei vostri incontri, saluto tutti voi, secondo lo slogan della campagna: "La Verità e la Pace" siano con voi! Ciò equivale a dire, innanzitutto, che sia con voi Gesù Cristo, che è venuto a dare testimonianza della verità e ci dice: "Io sono... la verità" (Jn 14,6). Come "mediatore tra Dio e gli uomini" (1Tm 2,5), egli ci ha riconciliato con Dio stesso e ci ha lasciato il suo messaggio di riconciliazione fraterna; e "primogenito fra molti fratelli" (Rm 8,29) ci ha costituito nella libertà di figli di Dio e ci ha proclamati tutti fratelli: "E' lui la nostra pace" (Ep 2,14).


2. Comincia la Quaresima, tempo di penitenza, in preparazione della Pasqua: ci accingiamo a celebrare la salvezza, che abbiamo ottenuto attraverso la vita, la morte e la Risurrezione del Signore. Noi siamo stati introdotti in questo mistero pasquale attraverso il Battesimo, quando siamo stati liberati dal peccato e arricchiti con la grazia e lo Spirito di verità; quando abbiamo rinunciato alle opere contrarie alla luce e alla pace con Dio e con gli altri, opere che provengono soprattutto dal maligno. Egli è il principe delle tenebre e il padre della menzogna, dal quale nascono l'odio, i conflitti e le guerre (cfr Jc 3,14).


3. Attraverso il Battesimo, poi, siamo entrati nella Chiesa pellegrina che, in continuità con la Chiesa della Pentecoste, dà il mandato: "Andate in tutto il mondo e annunciate la Buona Novella a tutte le creature" (Mc 1,15).

Fra questo mandato di evangelizzazione - "fate discepole tutte le nazioni" - e la comunicazione sociale, c'è un richiamo reciproco, in quanto convergono nell'uomo e nella sua salvezza.

La Chiesa ha sempre più coscienza dell'importanza della comunicazione sociale; la Chiesa vuole evangelizzare i rapporti di relazione e di scambio di esperienze fra le persone, i valori e gli ideali. Desidera portare il "fermento" del Regno alla "produzione" dei meravigliosi mezzi di comunicazione che caratterizzano il nostro tempo, i quali privilegiano l'immediatezza e non la riflessione.


4. La comunicazione sociale rappresenta uno dei beni di maggiore consumo; e il suo controllo risveglia le avidità del potere, del possesso e del compiacersi della sapienza terrena, contrapposta alla sapienza che viene dall'Alto (cfr Jc 3,15). E accade che, per sopravvivere, le imprese della comunicazione vanno ad incentivare i padroni di quella condotta che disturba l'ordine nella società: la violenza, l'erotismo e il consumismo. Sollecita verso il bene degli uomini e dei popoli, la Chiesa ricorda agli imprenditori, ai professionisti della comunicazione sociale e a tutti gli operatori della comunicazione che prestino attenzione alla grave responsabilità dell'inversione di valori, che incide negativamente nel tessuto diversificato della società; indica loro la solidarietà e la fraternità come condizioni affinché tutti gli uomini possano usufruire dei beni della verità e della pace; ricorda loro che queste hanno radice nei principi basilari di condotta che salvaguardano il rispetto per l'altro; il senso del dialogo, la giustizia, l'etica corretta della vita personale, professionale e comunitaria, la libertà e la dignità della persona umana e la sua capacità di partecipazione e di condivisione con gli altri.


5. Quando vengono a mancare la verità nel riconoscimento dei diritti all'informazione, all'opinione, al pluralismo culturale e alla libera iniziativa, e la verità nell'osservanza dei doveri correlati, la pace comincia ad essere minacciata. La pace autentica non è solamente l'assenza di guerra ma è "opera della giustizia" (Is 32,7) per la quale anelano gli uomini: è qualcosa che deve essere costruita.

Ma come la volontà degli uomini è debole e ferita dal peccato, la pace esige uno sforzo di conversione delle menti e dei cuori, per gli autentici valori umani. Nel caso dei cristiani sono la "penitenza e la fede nel Vangelo" (Mc 1,15) che vi porteranno a vivere, testimoniare e annunciare la buona Novella della salvezza in Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi e per sempre (cfr He 13,8).

Solamente con cuori convertiti si potranno mutare gli ambienti dove coesistono libertà e paura, scienza e analfabetismo, abbondanza e miseria, consumismo e condizioni disumane e proprio li far emergere la fraternità.

Implorando lo Spirito della verità, in special modo per la missione della Chiesa in Brasile; affinché li si affermi una comunicazione sociale a servizio della verità e della giustizia, che dia frutti di pace nella patria e nel cuore di ogni Brasiliano, vi benedico tutti!

1989-02-09

Giovedi 9 Febbraio 1989




Ad un gruppo di gendarmi provenienti da Eisenstadt - Città Del Vaticano (Roma)

La fede oltrepassa le frontiere


Eccellentissimo signor Vescovo, cari fratelli e sorelle.

In occasione del vostro pellegrinaggio a Roma per visitare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e i luoghi significativi dell'arte cristiana e della antica cultura europea, avete espresso il desiderio di incontrarmi e di contraccambiare la visita che ho fatto in Austria nello stupendo Burgenland. Sono molto felice di vedervi e vi ringrazio per la vostra dimostrazione di affetto.

E' ancora vivo in me il ricordo della vostra patria dove, grazie alla fraterna amicizia che ho fin dal Concilio con il vostro Vescovo Stefan Laszlo, già Arcivescovo di Cracovia, ho potuto soggiornare e infine, in occasione del mio secondo viaggio pastorale, celebrare a Trausdorf l'Eucaristia con voi, i vostri concittadini e un gran numero di credenti dell'Ungheria e della Croazia.

Durante quell'incontro abbiamo riconosciuto insieme che la grande comunità della Chiesa supera ogni confine di ordine culturale, linguistico e territoriale.

"La fede oltrepassa le frontiere", questo deve essere il leit-motiv spirituale del lavoro pastorale della vostra diocesi nel 1989. Questo vale anche per voi che fate da ponte con i popoli dell'Europa dell'Est e per l'uomo proiettato verso Dio e il prossimo. Vi incoraggio quindi ad affrontare questo tema attuale con diverse dimensioni, sia nella vita pubblica che privata. Un esempio luminoso sarà per voi il vostro patrono san Martino.

Cari fratelli e sorelle, il vostro gruppo è composto soprattutto da membri della gendarmeria del Burgenland. Durante la mia visita pastorale l'anno scorso avete dovuto compiere un grande lavoro, perché la celebrazione di Trausdorf potesse svolgersi in una degna cornice. Ancora una volta desidero dirvi: "Dio ve ne renda merito".

Vi auguro un felice soggiorno nella città eterna. A voi e ai vostri cari i miei migliori auguri, soprattutto per il vostro impegno di grande responsabilità, e la mia benedizione apostolica.

1989-02-09

Giovedi 9 Febbraio 1989




All'unione agricoltori d'Austria - Città del Vaticano (Roma)


Gentili signore e signori.

Incontrando a Roma il successore di Pietro, avete voluto esprimere la vostra fede e l'unità con lui. A voi tutti do il benvenuto.

La vostra presenza mi riporta al mio ultimo pellegrinaggio pastorale nella vostra bella Austria con le sue profonde radici nei valori culturali e nella fede cristiana. Alcuni di voi hanno contribuito in modo determinante al buon esito della mia visita. Vi ringrazio profondamente.

Voi siete tra i molti che hanno collaborato per far giungere nella mia patria medicinali e macchine agricole. Lo avete fatto per le vostre convinzioni cristiane, per le quali non abbiamo solo responsabilità di noi stessi o verso Dio, ma anche obblighi sociali ed internazionali. La responsabilità davanti a Dio dà alla responsabilità verso noi stessi e i nostri simili una qualità ed una profondità che deriva dall'essere cristiani. Dio stabilisce la misura della nostra responsabilità.

La fede ci aiuta a capire che l'uomo che va incontro agli altri, nella sua buona azione dona se stesso; ma nel donarsi, accoglie l'altro, custodendolo dentro di sé nel mistero del suo stesso essere.

Augurandovi ogni bene per voi e le vostre famiglie, soprattutto per i bambini e gli ammalati, supplico il Signore perché vi resti sempre vicino e vi imparto con tutto il cuore la mia speciale benedizione apostolica.

1989-02-09

Giovedi 9 Febbraio 1989




Ai giornalisti cattolici - La verità deve essere fonte e criterio della libertà anche nell'informazione


1. A tre anni dall'incontro del febbraio 1986, sono lieto di ritrovarmi qui con voi, rappresentanti di una professione molto delicata e perciò di grande responsabilità, quale è quella del giornalista.

Vi saluto tutti con grande affetto, e ringrazio l'unione cattolica della stampa italiana, l'UCSI, per essersi ancora una volta fatta promotrice di questa iniziativa, che mi consente di continuare un dialogo che considero molto utile: per voi, che attendete una parola di orientamento e di incoraggiamento per la vostra professione; e poi anche per la Chiesa, che, come sapete, si attende molto dalla vostra testimonianza e la segue con partecipe sollecitudine.


2. La vostra libera responsabilità vi porta a giudicare gli avvenimenti; ma questo deve essere fatto sempre nella più scrupolosa obiettività dei fatti. La verità deve essere la fonte ed il criterio della libertà anche nell'informazione. Chi considera vero ciò che è falso non è libero; chi afferma il falso, contrabbandandolo come vero, non è leale: e si può non rispettare la verità sia dicendo positivamente il falso, sia dicendo solo una parte della verità, tacendo intenzionalmente l'altra.

Tutti siamo consapevoli che la società odierna - grazie alla diffusione dell'istruzione, alle possibilità offerte dai mezzi moderni di comunicazione, all'affermarsi di sempre nuove e più sofisticate tecnologie - non può vivere senza informazione. Questa, e voi ne siete i più diretti testimoni oltre che gli artefici, è divenuta indispensabile nella vita di oggi. Ma l'informazione non è fine a se stessa. Del resto voi, più volte, avete riconosciuto che il fine della comunicazione è servire la vita, dare dignità alla vita, favorire la solidarietà del vivere, stimolare l'impegno di tutti a costruire un mondo degno della grandezza dell'uomo e dell'amore infinito di Dio.


3. Di qui l'irrinunciabile dimensione etica della comunicazione, dalla quale deriva la esigenza obiettiva della competenza professionale e della responsabilità morale, dato che solo quando la comunicazione obbedisce ad una seria disciplina morale, essa garantisce la vera libertà di informazione. "E' evidente - rileva l'"Inter Mirifica", riferendosi ai giornalisti, agli scrittori, agli editori - quali grandi responsabilità li riguardino nell'evolversi della società odierna, avendo essi la possibilità di indirizzare al bene o al male l'umanità con le loro informazioni e pressioni" (IM 11).

Volendo dunque tracciare l'"identikit" di una autentica libertà di informazione, potremmo dire che essa consiste nella sintesi vitale tra autonomia, verità, senso del bene comune e senso di responsabilità.

Tutti dobbiamo perciò prendere coscienza di questa problematica e delle sue dimensioni reali, consapevoli che la stampa ha recato all'umanità grandi possibilità, aprendo le vie per un nuovo stile di vita e per una rinnovata adesione delle coscienze ai valori portanti della vita sociale, senza i quali è impossibile elaborare ed attuare insieme un nuovo progetto d'uomo e di società.

La Chiesa guarda perciò con molta fiducia a voi, chiamati, per vocazione, ad essere, allo stesso tempo, testimoni e servitori. Testimoni del mondo, innanzitutto, del quale dovete mettere in luce, con oggettività e secondo il grado di importanza che essa comporta, la storia e la cronaca, con le aspirazioni, le sofferenze e le esigenze degli uomini, con i segni di speranza che scaturiscono dagli avvenimenti; ma anche testimoni della verità, della giustizia e di tutti quei valori morali e spirituali che nobilitano l'uomo. Ma dovete essere anche servitori degli uomini, non per assecondare le loro passioni o per dire ciò che ad essi può far piacere, bensi per indicare la via per la loro crescita umana, perché, conoscendo la verità, diventino più liberi, più responsabili, più maturi, e il nuovo progetto d'uomo sia veramente aperto ad una visione integrale della persona, della società, della storia.

E il segreto per essere veri servitori degli uomini è quello di essere servitori di Dio: chi rispetta ed ama Dio, rispetta ed ama l'uomo, e quindi lavora efficacemente per il suo vero bene. Non è la ricchezza materiale che fa liberi gli uomini, ma la verità. Gli uomini e i popoli saranno sempre più liberi nella misura in cui accoglieranno liberamente e vivranno responsabilmente la buona Novella di Cristo.


4. La libertà di comunicare che tutti consideriamo bene supremo, "diritto insopprimibile", come afferma la legge che regola il vostro ordinamento professionale, è condizione perché possiate agire ed esprimervi secondo i dettami della vostra coscienza, del vostro intelletto, della vostra volontà. Questa libertà vi fa assumere una funzione di tramite, in qualità di informatori e di orientatori, nei confronti dei più diversi aspetti della realtà, dei più diversi argomenti e delle più diverse tesi, privilegiandone, attraverso una obiettiva valutazione, le parti positive. E' ancora quella libertà professionale che, mediante l'uso di un linguaggio chiaro, aperto, comprensibile, prudente e semplice, permette al lettore di affrontare i problemi del nostro tempo nella loro complessità, fornendo gli elementi di giudizio e di conoscenza sufficienti per affrontarli; aiutandolo nelle scelte, per essere voce attiva nel contesto sociale, politico e religioso che ferve nella comunità di oggi.


5. Per tutte queste considerazioni, penso che occorra un sempre maggiore impegno per qualificare e valorizzare meglio le diverse forme di presenza dei cattolici già operanti nei giornali, nella radio e nella televisione, oltreché crearne eventualmente di nuove là dove fosse utile e necessario. Oltre a produrre luoghi adatti di confronto e di coordinamento, occorre soprattutto preparare adeguatamente i comunicatori di domani, ampliando e rafforzando le scuole di formazione; aiutando in particolare i giovani a scoprire in se stessi un'eventuale vocazione ad operare nel mondo della comunicazione, arricchendosi di una formazione ancorata ai valori cristiani e, al tempo stesso, professionalmente valida e artisticamente creativa. Pur senza trascurare i canali primordiali e generalmente più diretti di evangelizzazione, la Chiesa non può rimanere estranea a questa problematica, così come i cattolici, attraverso le loro strutture, da quelle universitarie a quelle associazionistiche e di impegno ecclesiale, debbono adoperarsi a formare professionisti, pubblicisti, operatori della comunicazione, educati non solo all'uso tecnico degli strumenti, ma anche e soprattutto alla responsabilità morale, che nasce dalla conoscenza e dalla coscienza dei gravi problemi culturali e sociali connessi con l'informazione.

Di fronte a tante voci che riversano nel mondo i loro messaggi umani, la loro pubblicità, è legittimo, anzi doveroso, il richiamo ad una più qualificata presenza dei cattolici nel settore sempre più vasto dell'informazione. Su tutto questo desidero richiamare la particolare attenzione dei dirigenti e soci l'unione cattolica stampa italiana, dato che tra i compiti indicati dal loro statuto, vi sono anche quelli della preparazione e dell'aggiornamento professionale, dell'animazione cristiana nel mondo dell'informazione e negli organismi di categoria, affinché il giornalismo sia sempre più "un fatto di verità, di cultura e di progresso, nel quale la società possa riflettersi costruttivamente". Una testimonianza che acquista un particolare significato dal momento che l'UCSI si appresta a celebrare il trentennio della sua fondazione, avvenuta nel 1959 per iniziativa di benemeriti giornalisti. Tra questi è doveroso ricordare illustri maestri come Giuseppe Dalla Torre, Guido Gonella e Raimondo Manzini, la cui memoria so quanto sia viva tra voi, come lo è nel mondo ecclesiale, per i preziosi servizi resi alla Chiesa, alla società, al giornalismo italiano ed anche sul piano internazionale.


6. Cari giornalisti! I compiti che vi stanno davanti sono estremamente impegnativi. Molto semplicemente vorrei dirvi che dovete operare insieme. Le vostre strade devono convergere. Insieme dovete continuare ad operare, per diffondere e per affermare i valori della libertà, della fraternità, della pace, dell'amore per la verità, del rispetto di Dio e della persona umana.

Con questi sentimenti, invoco su di voi, sulle vostre famiglie, sulle vostre organizzazioni, qui autorevolmente rappresentate, la protezione del vostro patrono, san Francesco di Sales. E soprattutto invoco la luce di Dio, affinché vi illumini e vi sostenga nell'assolvere nel modo più alto e degno la vostra professione.

Con una benedizione particolare a voi, ai vostri cari, al vostro lavoro.

1989-02-10

Venerdi 10 Febbraio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Alla membri della commissione e del comitato di redazione - Città del Vaticano (Roma)