GPII 1989 Insegnamenti - L'incontro ecumenico - Ai fedeli riuniti, Oslo (Norvegia)

L'incontro ecumenico - Ai fedeli riuniti, Oslo (Norvegia)

Non cerchiamo altro che quella pienezza di unità che Cristo voleva per la sua unica e sola Chiesa


Caro Vescovo Aarflot, cari amici.


1. In questa gioiosa occasione il mio cuore è ricolmo di gratitudine e lode a Dio onnipotente, che ci ha riuniti nel nome del suo amato Figlio, Gesù Cristo.

Sono venuto in Norvegia innanzitutto per visitare i miei fratelli e le mie sorelle cattolici, per incoraggiarli e confermarli nella loro fede, così come Gesù ha pregato Pietro di fare per il suo gregge (cfr Lc 22,32). Ma sono venuto anche in uno spirito fraterno di rispetto e amore per salutare tutti i cristiani, che attraverso la fede e il Battesimo sono rinati ad una vita nuova. Sono venuto qui come un fratello in Cristo, nella speranza che la mia visita possa essere per tutti i popoli un segno concreto dell'amore infinito di Dio.

Per questo motivo desidero ringraziare tutti voi, rappresentanti della Chiesa luterana e delle altre Chiese e comunità ecclesiali in Norvegia, per la vostra presenza qui. Sono particolarmente grato a lei, Vescovo Aarflot, per le sue cortesi parole di benvenuto questa sera e in modo particolare per la sua gradita lettera dello scorso anno, in cui mi ha detto che la visita del Papa in Norvegia era attesa con gioia e aspettativa. Poiché ella è stato uno degli osservatori ecumenici al Sinodo straordinario dei Vescovi tenutosi a Roma nel 1985 per celebrare il ventesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, lei ha contribuito alla preparazione del rapporto che gli osservatori hanno sottoposto al Sinodo. In esso si legge fra l'altro: "Desideriamo ringraziarvi per la fiducia che avete riposto nelle nostre Chiese. Non ci avete visti come estranei o rivali, e noi non ci siamo sentiti tali. Ci avete accolti come fratelli in Cristo attraverso la fede e il battesimo, anche se non ancora in comunione perfetta" ("Information Service", SPCU, 60, 20). Oggi, in Norvegia, anche io posso dire di essere stato accolto non più come un estraneo o un rivale, ma come un fratello in Cristo, e di ciò mi rallegro moltissimo.


2. Il nostro desiderio di avvicinarci sempre di più è rafforzato dal fatto che protestanti e cattolici in Norvegia condividono un'eredità comune. Il Vangelo è stato portato qui secoli fa, assai prima degli avvenimenti del sedicesimo secolo.

L'unica Chiesa fioriva in questo Paese, nutrita dalla testimonianza di cristiani impegnati quali il grande martire sant'Olav, al quale guardano sia cattolici che protestanti come fonte di ispirazione. Questa storia degli inizi e in stridente contrasto con il periodo successivo alla riforma, quando, per oltre quattrocento anni, fra amarezze e sospetti, i cristiani divisi si sono reciprocamente sbarrati le porte. Per tutti questi secoli siamo coesistiti nella separazione. Nonostante ciò rimaneva una certa comunione, anche se imperfetta (cfr UR 3).

La comune eredità di protestanti e cattolici in Norvegia - le loro radici comuni - è tanto più importante oggi, in quanto il movimento ecumenico crea nuove possibilità e una nuova speranza che un giorno possa essere ristabilita l'unità fra i seguaci di Cristo. Come afferma il Concilio Vaticano II: "Il Signore dei secoli... ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l'interiore ravvedimento e il desiderio dell'unione" (UR 1). Oggi con la grazia di Dio non cerchiamo altro che quella pienezza di unità fra i cristiani che Cristo voleva per la sua unica e sola Chiesa.


3. Il ristabilimento della comunione nella piena unità che perseguiamo, esige un impegno comune al compito ecumenico. Non posso mai abbastanza sottolineare quanto profondamente questo impegno sia divenuto una parte irrevocabile della vita della Chiesa cattolica. Il Concilio Vaticano II ne ha stabilito la direzione nel suo storico decreto sull'ecumenismo nel 1964. Il nostro nuovo Codice di Diritto Canonico ha cercato di applicare l'insegnamento conciliare affermando ancora una volta che "per volontà di Cristo" la Chiesa è impegnata a promuovere il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani (cfr CIC 755, §1). Chiarisce inoltre che è dovere del Vescovo promuovere l'ecumenismo trattare con umanità e carità coloro che non sono in piena comunione con noi (cfr CIC 383 §3). Il Sinodo straordinario dei Vescovi nel 1985 ha osservato che "l'ecumenismo si è iscritto profondamente e indelebilmente nella coscienza della Chiesa" (Synodi Extr. Episc. 1985, "Relatio Finalis", II,C,7).

Sono consapevole che fra i cristiani esistono diverse interpretazioni del significato e dello scopo del ministero del Vescovo di Roma, anche quando questo ministero è un servizio all'unità. Personalmente mancherei gravemente al mio dovere quale successore dell'apostolo Pietro se non cercassi costantemente e con forza di promuovere l'unità fra i cristiani. Lo faccio in obbedienza a Cristo che voleva l'unità fra i suoi discepoli e in risposta alla grazia dello Spirito Santo che è all'opera nel promuovere questa unità nel nostro tempo (cfr UR 1).

Da parte sua, la Chiesa luterana di Norvegia ha dato allo stesso modo contributi significativi al movimento ecumenico. Un riconoscimento speciale va tributato alla memoria del Vescovo Berggrav e del professor Einer Moland, due grandi campioni dell'ecumenismo. Più recentemente - a Stavanger nel 1985 - la Chiesa luterana di Norvegia ha ospitato l'assemblea plenaria della commissione sulla fede e l'ordine. Questa non è stata soltanto un'espressione di generosa ospitalità, ma anche la manifestazione di una crescente consapevolezza del fatto che, nonostante la fede cristiana metta radici nelle culture individuali, essa trascende anche ogni distinzione di razza e nazione.


4. L'impegno all'ecumenismo è anche un impegno alla preghiera e al dialogo. In carità, fiducia e sincerità fraterna, senza interpretare erroneamente le nostre importanti differenze, cerchiamo attraverso il dialogo nella preghiera di raggiungere la pienezza di comunione. Nel far ciò noi impariamo ad apprezzare la reciproca diversità e le esperienze uniche di vita cristiana. Cerchiamo di giungere ad una pienezza di amore e di verità: nelle parole di san Paolo, "secondo la verità nella carità" (Ep 4,15). Solo in questo modo il dialogo teologico può produrre frutti durevoli.

Al termine del Concilio Vaticano II, nel suo discorso di commiato agli osservatori delegati, Papa Paolo VI disse che "quale risultato del Concilio noi abbiamo iniziato nuovamente ad amarci l'un l'altro, conformemente alle parole di Cristo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35)"; cfr. Pauli VI "Allocutio in Basilica S. Pauli extra Moenia", die 4 dec. 1965). Ma la pienezza dell'amore che perseguiamo attraverso il dialogo implica anche pienezza di verità. "Per loro io consacro me stesso" dice Gesù. "Perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,19).

L'unità nell'amore dovrebbe condurre all'unità nella fede, unità nella verità di Cristo.

Il dialogo sulla piena verità della fede è fondamentale per la questione della nostra condivisione dell'Eucaristia. I cattolici credono fermamente che la celebrazione dell'Eucaristia è la suprema espressione della fede della Chiesa. Ma quando nella liturgia il celebrante si rivolge alla comunità dicendo: "Proclamiamo il mistero della fede", cattolici e protestanti devono riconoscere che non possiamo ancora proclamare una fede comune nel mistero dell'Eucaristia e della Chiesa. La posizione cattolica sulla condivisione dell'Eucaristia non intende offendere i nostri compagni nel dialogo. Piuttosto essa è un'espressione della nostra profonda convinzione, radicata nella nostra dottrina e in sintonia con un'antica pratica, che l'Eucaristia può essere condivisa soltanto da quanti sono in piena comunione fra loro.

Il problema della condivisione eucaristica non può essere risolto prescindendo dalla nostra comprensione del mistero della Chiesa e del ministero al servizio dell'unità. Tutti questi problemi sono in rapporto fra loro. Attendiamo con ansia il giorno - e dobbiamo pregare e lavorare duramente per raggiungerlo in cui, professando insieme l'unica fede in Cristo ricevuta dagli apostoli, potremo condividere il suo Corpo e il suo Sangue di nuovo quali membri della stessa famiglia di fede. così avrebbe dovuto essere dalle origini. Questo deve essere l'obiettivo comune del dialogo e lo scopo della nostra costante preghiera.

Il dialogo inoltre ci aiuta a trovare i fondamenti della comune testimonianza cristiana nel mondo e dell'azione comune per alleviare le sofferenze dell'umanità e per promuovere la giustizia e la pace. E mia preghiera che il popolo cristiano della Norvegia, nonostante le sue divisioni, continui ad essere unito nell'alleviare le sofferenze e nel promuovere l'autentico sviluppo dell'umanità quale parte della sua comune testimonianza al Vangelo.

Sono lieto di apprendere che diversi dialoghi bilaterali e multilaterali vengono portati avanti oggi in Norvegia. Desidero menzionare in particolare il dialogo fra la Chiesa luterana di Norvegia e la Chiesa cattolica, che è dovuto all'iniziativa personale del Vescovo Aarflot. Questo foro di discussione è dedicato allo studio di documenti emanati dalla Commissione Internazionale del Dialogo luterano/cattolico che da molti anni è occupata nello studio di temi di grande importanza ecumenica sia per i luterani che per i cattolici. Giunto alla sua terza fase, il dialogo attualmente si sta occupando degli importanti problemi della giustificazione, ecclesiologia e sacramentalità. I risultati di questo dialogo devono successivamente essere valutati ufficialmente dalle autorità che hanno promosso il dialogo. Questo è un passo di importanza vitale che i partecipanti al dialogo internazionale hanno richiesto più di una volta.


5. Cari fratelli e sorelle, cari amici in Cristo: nella sua lettera agli Efesini, san Paolo li sollecitava ad essere zelanti "cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace, (perché vi è) un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti"(Ep 4,3-6).

Questo passaggio viene oggi proclamato a noi: nelle nostre Chiese, nel nostro insegnamento, nella preghiera personale e nella meditazione dei discepoli di Cristo ovunque. Dobbiamo accoglierlo come una sfida ecumenica e allo stesso tempo come un'affermazione della nostra vocazione cristiana. Che le parole di san Paolo possano condurci ad una comunione di fede ancora maggiore, ad una più profonda pienezza di amore e verità, affinché, superando ogni divisione, possiamo essere del tutto uno in Cristo.

Vi ringrazio ancora una volta per il vostro cordiale benvenuto e prego affinché gli sforzi positivi che state compiendo al servizio del Signore per promuovere l'unità dei cristiani, possano portare abbondanti frutti, per amore del Vangelo del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. La grazia e la pace siano con tutti voi. Amen.

1989-06-01

Giovedi 1 Giugno 1989




L'incontro con la Conferenze Episcopale della Scandinavia - Oslo (Norvegia)

Anche nella diaspora delle vostre Chiese locali voi non siete una parte "dimenticata" né perduta


Carissimi confratelli.


1. "Pace a voi" (Jn 20,19). Con la benedizione che nostro Signore risorto imparti agli apostoli io oggi saluto voi e i Pastori di queste fedeli Chiese locali dei Paesi nordici. Vi ringrazio di cuore per l'amichevole invito a compiere questa visita pastorale, che mi avete rivolto durante la vostra visita "ad limina" a Roma nel febbraio 1987. Mi rallegro con voi che questo incontro possa svolgersi, due anni e mezzo dopo, in piena armonia con le altre Chiese cristiane e con le altre comunità ecclesiali insieme alle autorità statali di ciascun Paese.

Il mio grazie va anche al presidente della vostra Conferenza Episcopale, il Vescovo Verschuren, per il suo fraterno indirizzo di saluto che egli, anche a nome vostro, mi ha rivolto. Desidero a mia volta ricambiarlo soprattutto di fronte al nuovo Pastore di Reykjavik, il Vescovo Jolson, che possiamo accogliere in mezzo a noi oggi per la prima volta.


2. Con ragione possiamo considerare il nostro incontro di oggi, come ha già sottolineato il vostro presidente, quale prosecuzione del fraterno scambio di idee che abbiamo avuto durante la vostra ultima visita "ad limina" a Roma. Nel volgere lo sguardo al passato, possiamo ringraziare dal profondo del cuore la Provvidenza divina che alcune istanze pastorali che allora avevamo avanzato ancora in forma di desiderio o di progetto, nel frattempo, con l'aiuto di Dio, sono divenute realtà.

Penso soprattutto alla beatificazione del vostro grande testimone della fede, Niels Stensen, che ha avuto luogo in Vaticano il 23 ottobre del 1988. Possa il nuovo beato fare da intercessore in cielo ora come io già allora mi ero augurato: "Accompagni egli con la sua assistenza e il suo appoggio particolare il futuro cammino della Chiesa nelle vostre comunità" ("Allocutio ad Episcopos Scandinavios occasione eorum visitationis "ad limina", coram admissos", 2, die 26 febr. 1987: , X, 1 [1987] 430). Inoltre voi siete riusciti, nel frattempo, ad inaugurare a Stoccolma il progettato seminario per aspiranti sacerdoti che è aperto anche ad altre diocesi e che dovrà dare impulso e approfondire il lavoro pastorale e catechetico nelle vostre Chiese locali. Io saluto la fondazione di questa nuova e prestigiosa istituzione e domando per voi la benedizione di Dio per un fruttuoso adempimento dei compiti che vi siete dati.

Al tempo stesso riconosco che questa mia stessa visita pastorale rappresenta una tangibile conferma dell'ulteriore progresso delle relazioni ecumeniche tra le Chiese cristiane e le comunità ecclesiali nei vostri Paesi nordici. Rappresenta anche una conferma delle aperture del Concilio Vaticano II e in questo anche voi - come proprio ora è stato sottolineato nell'indirizzo di saluto - riconoscete una delle principali direzioni del vostro compito pastorale. Proprio lo sviluppo dell'ecumenismo nei vostri Paesi ci dà motivo di ringraziare Dio per aver potuto superare negli ultimi decenni molte accuse e malintesi e per avere messo a fuoco i molti elementi che abbiamo in comune. Anche se molto cammino è rimasto da percorrere sulla strada della pienezza della fede e della comunione ecclesiale è tuttavia molto importante che i cristiani, di fronte alla crescente scristianizzazione del mondo di oggi, facciano insieme tutto quanto è possibile e augurabile. Perseverate dunque nel dialogo ecumenico e nella collaborazione fiduciosa con le comunità cristiane non cattoliche. Dio vi conceda che anche questa mia visita pastorale possa contribuire ad una più profonda comprensione reciproca e ad un più deciso sforzo comune per raggiungere la piena unità nell'amore e nella verità di Gesù Cristo.


3. Come avevo messo in rilievo nel mio discorso durante la vostra visita "ad limina", tutte le Chiese cristiane si trovano di fronte, nella società di oggi, alla comune sfida della secolarizzazione. Il senso di una verità trascendente e di una vita divina si è molto affievolito o è quasi scomparso in molti uomini. In un mondo secolarizzato, che basta a se stesso e che si impegna solo per se stesso, la religione e la Chiesa sembrano non avere più alcuna utilità. E anche tra i cristiani la fede, nella vita concreta di tutti i giorni, ha perso la sua forza.

Questo fatto non è estraneo alla diminuzione della frequenza nelle chiese e della preghiera nella vita dei singoli e delle famiglie. L'allontanamento di molti battezzati dalla vita comunitaria della Chiesa continua a crescere. Si diffonde un relativismo a tutti i livelli che nega e mette in pericolo le verità assolute del cristianesimo mettendo sullo stesso piano, senza differenze, le diverse visioni del mondo.

Questi fatti preoccupanti non possono e non devono mai diventare per la Chiesa, per noi Vescovi, e per i nostri sacerdoti e fedeli motivo di pusillanimità e rassegnazione. Per questo nel nostro incontro di oggi desidero incoraggiarvi e richiamarvi affinché non siate rassegnati di fronte al processo di secolarizzazione e al deterioramento della vita di fede. E' giunto il momento di recuperare le fondamenta perdute della fede attraverso comuni sforzi, rinnovati e rafforzati. Questo è un dovere che si fa sempre più pressante e totalizzante. Io, in altre occasioni, e già molte volte, l'ho definito con la parola "nuova evangelizzazione" di cui necessita non solo la società moderna ma anche vasti settori della Chiesa stessa. E' perciò necessario che il dovere primario e più importante dei Vescovi e dei sacerdoti nel nostro tempo sia proprio questo: dedicarsi alla trasmissione fedele delle verità di fede e ad un suo continuo e persistente approfondimento. Questa istanza pressante trova rispondenza nella frase della Bibbia che voi avete scelto per la mia odierna visita pastorale: "Vai in tutto il mondo e annuncia la Buona Novella a tutti gli uomini". E' lo stesso comandamento di Cristo che ci obbliga a rifondare su base missionaria la nostra pastorale nella moderna società industriale.


4. Ecco come dobbiamo nuovamente portare la nostra testimonianza di cristiani: vivere davvero come giovani e come Chiesa di Gesù Cristo nel tessuto vivente del Vangelo per riportare alla luce nel nostro mondo il volto nascosto di Dio. Solo da una riflessione sui fondamenti e le radici della nostra fede può nascere una nuova vita. Il presupposto di tutto ciò risiede in una seria presa di coscienza della Parola di Dio nella Sacra Scrittura. Allora, come dice san Gerolamo: "Chi non conosce la Scrittura, non conosce Cristo".

Ascoltare con attenzione la Parola di Dio e diffonderla con coraggio e fiducia è un compito che spetta soprattutto a noi Vescovi e ai nostri sacerdoti.

La mediazione della fede attraverso la Parola, i sacramenti e il servizio dell'amore ci permette, innanzitutto, di apparire come veri e propri testimoni di Gesù Cristo. Essere testimoni significa: impegnarsi con tutta la propria esistenza alla diffusione della fede. Soltanto chi ha meditato la Parola di Dio nel profondo del proprio cuore può trasmetterla in modo credibile agli altri. Da questo consegue la grande necessità che i sacerdoti e i loro collaboratori pastorali, che a motivo del loro incarico sono obbligati a trasmettere la fede, ricevano una adeguata preparazione e una formazione permanente affinché il messaggio di gioia di Gesù Cristo possa giungere agli uomini in modo convincente anche nel nostro tempo.

La Chiesa vive e diffonde la sua fede in modi diversi: nelle comunità e nelle parrocchie, nelle associazioni e nei gruppi - ciascuno secondo le proprie realtà concrete. Ma il nucleo più importante - viste anche le possibilità limitate dovute alla vostra situazione di diaspora - rimane la famiglia, vissuta e organizzata secondo principi cristiani, che il Concilio Vaticano II definisce come una "sorta di Chiesa domestica" nella quale i genitori "devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede" (LG 11). Trasmettere la fede richiede soprattutto un colloquio fiducioso tra le generazioni in modo da giungere ad uno scambio di esperienze religiose e ad un reciproco arricchimento. Ancora una volta è la famiglia il luogo naturale per esercitare questo colloquio nella fede. Per questo motivo desidero ancora una volta raccomandarvi una cura e una attenzione particolare per la pastorale della famiglia e della gioventù.

Dalla perdita dei valori morali fondamentali deriva soprattutto lo sradicamento della morale di coppia e familiare. Di fronte alla crescente pratica del divorzio e alla perdita generalizzata del senso del peccato, che ad essa è legata, noi abbiamo il pressante dovere di comunicare agli uomini l'autentico insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia in una più profonda catechesi di fede così come è scritto dettagliatamente nella esortazione apostolica "Familiaris Consortio".


5. Come dice l'Apostolo la fede viene dall'ascolto (cfr Rm 10,14). perciò dobbiamo come priorità inserire nei nostri progetti pastorali e nella nostra azione l'annuncio vivente e la fiducia nella Parola di Dio attraverso le prediche, la catechesi, nella famiglia e nell'insegnamento della religione e nel lavoro con i giovani. Al servizio della Parola spetta la precedenza rispetto a qualunque altra cosa, anche rispetto a qualcosa di molto importante e necessario. Ciò di cui hanno bisogno gli uomini e ciò che - forse anche inconsapevolmente - attendono è il messaggio di liberazione del Regno di Dio che è già in mezzo a noi, che guarisce e trasforma il mondo. Da qui ha origine il giusto orientamento spirituale e morale per la vita.

Attraverso questa nuova evangelizzazione che viene oggi richiesta si giunge ad una fede cattolica intatta e alla morale della Chiesa cui si è vincolati. Ma soprattutto da una nuova evangelizzazione scaturisce la realtà di trasmettere, predicare e diffondere i fondamenti della fede così come sono, ogni credente riceve la visione e il valore della vita e del mondo nella sua totalità e nel suo pieno significato soltanto da Gesù Cristo. Mi riferisco ad ogni spirito religioso, attraverso il quale le famiglie e le comunità, i nostri paesi e l'Europa possano ritrovare veramente la loro impronta cristiana.


6. Tornate dunque, cari confratelli, alle vostre diocesi dopo questo nostro incontro, nella legge e nello spirito di Gesù Cristo con nuovo coraggio e fiducia e annunciate la buona Novella a tutti gli uomini. Conosciamo la grandezza del nostro compito e anche le sue difficoltà, incontrate soprattutto nel mondo di oggi e in particolare nella situazione di diaspora delle vostre Chiese locali. Cercate dunque insieme ai vostri sacerdoti e ai vostri collaboratori pastorali i mezzi e i modi migliori per diffondere ancora più pienamente e più efficacemente nel nostro tempo il messaggio di Cristo.

In questa occasione desidero ringraziare dal profondo del cuore voi, i vostri sacerdoti e tutti i collaboratori laici: proprio voi che finora, con ogni forza, vi siete impegnati nelle vostre diocesi e nelle vostre parrocchie per una vita cristiana attiva e fruttuosa. Siate sempre consapevoli del fatto che, anche in una situazione di diaspora delle vostre Chiese locali, voi non siete una parte dimenticata, né perduta. Anche nella "dispersione" siete in molti modi legati ai cristiani di altri paesi e con la Chiesa di tutto il mondo che vi offre attraverso numerose iniziative, degne di ogni lode, sostegno e appoggio fraterno nel vostro lavoro pastorale. Anche per questo vi rivolgiamo il nostro comune e sincero grazie.

Ma soprattutto, nella vostra viva fede, siate sempre felici perché Dio è sempre al vostro fianco e fa crescere e prosperare con la sua grazia i vostri semi e le vostre piante nella sua vigna. Anche da questo deriva la nostra testimonianza di fede e la trasmissione della nostra fede nella sua forma più alta, nella celebrazione del servizio divino, nell'ascolto comunitario della Parola di Dio, nella lode e nella preghiera, nell'offrire e nel ricevere i sacramenti: anche nella liturgia della Chiesa nella quale non più noi, ma Cristo stesso, è il protagonista, soprattutto nella celebrazione dell'Eucaristia, che è l'origine e il centro di tutta la vita cristiana e della Chiesa. Laddove due o tre sono raccolti nel nome di Cristo, Cristo è in mezzo a loro, così come egli stesso ci ha detto: è in mezzo a loro. (cfr Mt 18,20). Dove arriva Cristo, là è la Chiesa, là è l'inizio del Regno di Dio in questo mondo.

Dio onnipotente e pieno di bontà, che è diventato in Cristo "il nostro "Emmanuele", il nostro "Dio con noi"" vi dia forza e vi guidi ancora nel vostro compito episcopale. Egli benedica voi e le vostre Chiese locali e faccia crescere tra di voi il Regno della verità e dell'amore. Sia lodato Gesù Cristo.

1989-06-01

Giovedi 1 Giugno 1989




L'incontro con i sacerdoti, le religiose e il consiglio pastorale - Oslo (Norvegia)

La Norvegia ha bisogno di rinnovata fiducia nella sua autentica vocazione cristiana


Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. E' una grande gioia per me vedere qui riuniti nella pro-cattedrale di sant'Olav i sacerdoti della diocesi, le suore e i rappresentanti dei laici. In voi abbraccio tutta la diocesi di Oslo, riunita attorno al suo Pastore, il Vescovo Gerhard Schwenzer, e saluto tutti voi con le parole di san Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

La cattedrale è sempre il cuore della diocesi. E' il centro da cui irradia la luce della vita cristiana, manifestata nell'adorazione piena di fede al Signore e nelle vite di santità e di servizio. E' tanto vero questo che è proprio qui che il successore di Pietro sente il dovere di confermare i suoi fratelli e le sue sorelle (cfr Lc 22,32) e di incoraggiarli a perseverare nella vita sacramentale, nell'evangelizzazione e nella catechesi, e in tutte le forme di servizio cristiano. La professione di fede di Pietro a Cesarea di Filippi è al centro del ministero petrino. Oggi e sempre il Vescovo di Roma è vincolato a quelle semplici e chiare parole pronunciate da Pietro che rispondeva alla domanda di Gesù: "Voi chi dite che io sia?" con le parole: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Questa è la fede che condivido con voi e che riaffermo oggi dinanzi ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici di Oslo.


2. Innanzitutto saluto i sacerdoti che lavorano nella vigna del Signore in questa diocesi. E' mio desiderio incoraggiarvi nel vostro ministero. Voi siete stati "prescelti per annunziare il Vangelo di Dio" (Rm 1,1). Nulla nelle vostre vite può prendere il posto del vostro speciale rapporto con Cristo, la vostra sacramentale configurazione a lui e la vostra partecipazione al suo mistero pasquale. Perché voi siete veramente testimoni e ministri di una vita diversa da quella terrena.

Voi siete i portavoce, gli speciali costruttori del Regno guadagnatoci da Cristo attraverso la sua vittoria sul peccato e la morte. Quali "araldi del Vangelo e pastori della Chiesa" avete il compito speciale di aver cura della crescita spirituale del Corpo di Cristo (cfr PO 6).

La mia preghiera per voi è che siate sempre più autentici testimoni di Cristo, con una profonda vita di preghiera, fedeli nella celebrazione dei sacramenti attraverso i quali la Chiesa viene edificata, instancabili nell'insegnare. Dovete lavorare nelle difficili condizioni della diaspora, in cui la distanza e il clima spesso rendono difficile ai parrocchiani riunirsi insieme e difficile per voi raggiungerli. Non vi scoraggiate e non vi sgomentate mai per l'esiguo numero del vostro gregge. Ricordate che siete sempre uniti con vincoli indissolubili alla Chiesa intera, sia sulla terra che in cielo. Gesù Cristo vi ha scelti e vi ama. Egli vi manterrà fedeli fino alla fine. La sua grazia vi sosterrà nel generoso servizio alla sua Chiesa!


3. Care sorelle.

In voi rendo omaggio a una lunga storia di devota consacrazione e testimonianza a Cristo nella diocesi. La presenza della Chiesa in Norvegia, sia nell'ultimo secolo che al giorno d'oggi, non sarebbe stata possibile senza di voi.

Molti Norvegesi hanno avuto il loro primo contatto con la Chiesa cattolica attraverso i vostri ospedali, scuole e asili. Hanno visto nel vostro generoso servizio Cristo il servitore, il guaritore e il maestro.

I consigli evangelici della castità, povertà e obbedienza per amore del Regno sono l'espressione dell'amore supremo di Dio: l'amore di Dio per voi, che è all'origine della vostra vocazione, e il vostro amore per lui, che è un chiaro segno per il resto della comunità della "vita nuova ed eterna acquistata dalla redenzione di Cristo" (LG 44). Ciò significa che il vostro posto quali donne consacrate è proprio nel cuore della Chiesa. In voi i vostri fratelli cattolici e tutti gli altri dovrebbero vedere l'essenza di ciò che significa la vita battesimale. Ciò che fate quali persone consacrate è di grande importanza, ma ciò che siete attraverso la vostra consacrazione religiosa è ancora più centrale per il mistero della presenza salvifica di Dio nelle cose umane. Per questo, qualsiasi sia lo stile di vita scelto dalle vostre singole famiglie religiose - contemplativa e apostolica - la vostra vita consacrata è una testimonianza immensamente potente dell'amore di Cristo.

Care sorelle: sapete quanto la comunità cattolica della Norvegia ha bisogno di voi. Il Papa vi incoraggia e la comunità ecclesiale vi è grata. Che la grazia di Dio vi sostenga e vi ricolmi di gioia!


4. Saluto i rappresentanti dei laici che sono qui presenti ed anche i molti laici che essi rappresentano.

Cari amici: in mezzo alla società è vostro compito speciale essere testimoni di Cristo e portare la vostra fede cristiana nelle realtà della famiglia, della vita sociale e lavorativa, affinché tutte le cose vengano rinnovate in Cristo (cfr 2Co 5,17). Essere cristiano significa portare una "novità" nella vita e nel mondo che ci circonda. Questa responsabilità ha il suo fondamento nel nostro Battesimo, in cui ognuno di noi ha condiviso la morte di Cristo. Le parole di san Paolo descrivono ciò che è accaduto a ciascuno di noi: "Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,4).

Ogni pressione che viene esercitata sulle persone, sia giovani che anziane, affinché si conformino ai valori della società secolare in cui vivono è molto forte. Ma san Paolo dice ai cristiani: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente" (Rm 12,2). Questo "rinnovamento" è avvenuto una volta per tutte nell'acqua del Battesimo, ma esso deve diventare una realtà che condiziona sempre più profondamente le nostre vite, "trasformandoci" affinché i nostri pensieri e valori siano i pensieri e i valori di Gesù Cristo stesso.

Come accade questo? I sacramenti della Chiesa, soprattutto l'Eucaristia e il sacramento della Penitenza, conformano le nostre vite sempre più strettamente a quella di Cristo, così che noi viviamo veramente in un mondo "degno del vangelo di Cristo" (Ph 1,27). Riunendovi con gli altri per pregare e per servire la Chiesa e la comunità civile - lavorando fra i rifugiati e gli immigrati, nei vostri consigli parrocchiali, assistendo i bisognosi, aderendo alla società dei giovani cattolici, all'associazione delle donne cattoliche e ad altri consigli e organizzazioni che rendono servizi così importanti in questa diocesi - in tutti questi modi voi fate esperienza della Chiesa come una comunità, una vera comunione, come una grande sinfonia di culto, preghiera e servizio.


5. Cari fratelli e sorelle: in questa grande sinfonia ogni persona ha un posto e un ruolo specifico. Ciascuno di noi - sacerdote, religioso e laico - è chiamato a suonare uno "strumento" particolare, e tutti insieme siamo chiamati alla partecipazione attiva e armoniosa. perciò, per esempio, la celebrazione parrocchiale domenicale, tutte le volte che le vostre condizioni di diaspora lo consentano, dovrebbe essere una riunione gioiosa di tutta la comunità. La preghiera nelle famiglie e in piccoli gruppi - soprattutto quando la distanza dal luogo in cui si celebra la Messa è molto grande - può anche contribuire a salvaguardare la dimensione comunitaria della fede, poiché la fede non può e non deve essere confinata alla sfera personale e individuale.

Nel culto e nel servizio tutti sono chiamati a lavorare insieme: "Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio" (1P 4,10). Il ministero pastorale e il servizio nella Chiesa devono essere caratterizzati dall'unità e dall'armonia. Nelle ben note parole del Concilio, la Chiesa è "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Vivere questa unità e armonia può essere talvolta difficile; talvolta dobbiamo rinunciare alle nostre idee per amore di prospettive più ampie e più alte, e ciò può causare sofferenza. Ma anche questa è un modo di conformarsi a Cristo, che è venuto non per fare la sua volontà, ma quella del Padre che lo ha mandato (cfr Jn 6,38).


6. La nostra vocazione non è quella di rendere testimonianza a una dottrina semplicemente umana (1Co 2,1), ma di rendere testimonianza a Gesù Cristo e al potere della sua Risurrezione (cfr Ph 3,10). Ciò è stato il compito costante della Chiesa in Norvegia, dai primi giorni della sua presenza qui. Talvolta è stata la testimonianza del sangue, come è stato per sant'Olav e san Hallvard, il santo patrono di Oslo, che ha dato la vita per difendere i deboli. Per tutti noi qui presenti oggi in questa cattedrale, il compito è lo stesso: guardare oltre noi stessi, guardare a Gesù Cristo, che è nostra speranza e nostra vita, che solo può rispondere agli interrogativi e soddisfare i desideri dei cuori umani, Gesù Cristo che solo è "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6).

Cari fratelli sacerdoti, sorelle religiose e laici, uomini e donne: "Ringrazio Dio... ricordandomi sempre di voi nelle mie preghiere" (2Tm 1,3).

Ringrazio voi e coloro che rappresentate per la testimonianza della vostra fede cattolica. Vi incoraggio ad andare avanti, con gioia e fiducia, nell'amore e nella pace di nostro Signore Gesù Cristo. La Norvegia ha bisogno di una nuova fiducia nella sua vocazione cristiana. Ha bisogno di guardare a Gesù Cristo, il redentore, in cerca di luce e di forza per venire incontro alle necessità di una società che ha fatto un grande progresso materiale, ma che talvolta è incerta su come rispondere alle esigenze dello spirito. Tale rinnovamento di fede dipende moltissimo da ognuno di voi.

Che Maria, la Madre di Gesù e madre della sua Chiesa, vi sostenga con le sue preghiere e che tutti i santi della Norvegia vi rafforzino.

1989-06-02

Venerdi 2 Giugno 1989





GPII 1989 Insegnamenti - L'incontro ecumenico - Ai fedeli riuniti, Oslo (Norvegia)