GPII 1989 Insegnamenti - A docenti di università della Turchia e di Roma - Città del Vaticano (Roma)

A docenti di università della Turchia e di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Il rispetto della libertà religiosa fondamento della collaborazione tra cristiani e musulmani


Illustri rettori e professori.

E' per me un grande onore ricevervi oggi per questo cordiale scambio di saluti. La vostra venuta a Roma può essere considerata un ulteriore segno della positività degli accordi di cooperazione accademica esistenti tra l'università di Ankara e la pontificia università gregoriana. Sono lieto di sapere che questo accordo è stato rinnovato nel corso del vostro raduno.

La cooperazione tra le due università ha finora assunto la forma di visite reciproche e scambio di professori. In questo modo avete cercato di promuovere la mutua conoscenza e comprensione. Apprendo con gioia che l'attuale seminario, organizzato dalle due università e con il sostegno del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, ha dato uno stimolo in più alla collaborazione tra voi.

Il tema da voi scelto per le vostre discussioni, "Collaborazione nell'educazione teologica: comunicare i valori religiosi ai giovani di oggi", è di notevole importanza. Nel mondo contemporaneo alcuni attribuiscono meno importanza alla teologia e alla educazione religiosa, di fronte alle questioni scottanti della giustizia, della pace, dello sviluppo, del rispetto per la natura e della ricerca scientifica. Ma proprio per affrontare questi problemi è necessaria una riflessione sui valori e le verità fondamentali. Tra questi sono di grandissima importanza la dignità della persona umana e la fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri umani, che noi, in quanto cristiani e musulmani, vediamo fondata sul rapporto dell'uomo con Dio. Come ho ricordato ai giovani musulmani a Casablanca il 19 agosto 1985: "Per quanto importanti siano i problemi economici, l'uomo non vive di solo pane, egli ha bisogno di una vita intellettuale e spirituale; in ciò si trova l'anima di questo nuovo mondo al quale aspirate" ("Allocutio Albae domi, in Marochio, ad iuvenes muslinos", 9, die 19 aug. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 [1985] 504s).

L'attuale situazione sociale, economica e politica spinge a una maggiore consapevolezza della dimensione spirituale della vita, dimensione che trascende i confini nazionali e le differenze etniche e culturali. Perché l'uomo possa scoprire se stesso e il suo "io" più profondo in mezzo a così grandi cambiamenti, è imperativo che egli debba sviluppare il suo spirito e la sua coscienza al servizio del bene e della verità. Questo è il primo passo per risolvere la crisi di identità così diffusa nel mondo in cui viviamo.

Ventiquattro anni fa il Concilio Vaticano II, nella dichiarazione "Nostra Aetate", lancio un appello alla collaborazione tra cristiani e musulmani.

Il vostro seminario è espressione dello spirito del Concilio. Esprimo la speranza che possa essere davvero di incoraggiamento per un "rinnovato impegno di ricerca e investigazione", condotto insieme a vantaggio dei vostri studenti e di tutta la società. Una tale collaborazione può essere autenticamente efficace solo quando le condizioni sociali e politiche rispettano la libertà di coscienza che è diritto di ogni persona, e quando la libertà religiosa viene garantita nella legge e nella pratica. perciò parte importante del vostro dialogo sarà la ricerca di mezzi per promuovere queste fondamentali e legittime aspirazioni. Con questa intenzione invoco su di voi e sui vostri colleghi delle diverse università rappresentate le benedizioni di Dio onnipotente, sapiente e misericordioso.

1989-05-12

Venerdi 12 Maggio 1989




Ai partecipanti all'assemblea generale della Società delle Missioni Africane - Città del Vaticano (Roma)

Al servizio delle giovani Chiese che vogliono aprirsi alla missione


Signor superiore generale, cari amici della Società delle Missioni Africane.

Di ritorno dall'Africa e dal Madagascar, vi ricevo con una gioia del tutto particolare in occasione della vostra sedicesima assemblea generale. Ho appena visitato alcuni paesi di un continente pieno di avvenire, con milioni di uomini e di donne che hanno tanto da dare al mondo. Ho avuto la possibilità di vedere delle Chiese ferventi, che si consolidano di giorno in giorno e acquistano una personalità propria vivendo la fede senza abbandonare la propria cultura. Ho potuto così rendermi conto del fatto che questi paesi e queste Chiese si trovano a dover affrontare gravi problemi umani che riguardano a volte i bisogni fondamentali di popolazioni coraggiose ma sottoposte a prove di ogni genere.

Certo, questo non cancella la gioia di vivere africana, ma quante e quali ingiustizie e sofferenze! Proprio dentro queste realtà umane, positive e negative e all'interno di Chiese locali specifiche si colloca la vostra missione. Il vostro fondatore, monsignor de Marion Brésillac, uomo di fede profonda e grande coraggio, diceva: "La Società delle Missioni Africane ha come scopo principale l'evangelizzazione dei Paesi africani che hanno bisogno di missionari". Molti Vescovi africani ricorrono ancora a voi, riconoscendo così la vostra specifica vocazione. Essi sanno che le necessità dell'evangelizzazione sono immense e lo saranno ancora per molto tempo. Rispondete a queste inchieste; vanno nel senso della vostra vocazione: per prima cosa annuncio del Vangelo, specialmente ai meno favoriti, partecipazione alla formazione del clero e dei responsabili laici, collaborazione in tutto ciò che consente di far crescere la giustizia e la pace e di salvare l'ambiente per le generazioni future. Non escludete nessuno dal vostro apostolato, consapevoli che "lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale" (GS 22 § 5) e agite sempre con un grande rispetto della Chiesa locale, attivi nel suo presbiterio e lieti di portare il vostro contributo originale che ciascuno saprà riconoscere.

Partecipate, al vostro posto, alle ricerche e alle iniziative di incontro tra le culture africane e la fede cristiana. Certo, questa è già radicata in terra d'Africa. I cristiani vi sanno vivere la fede e la carità secondo il loro genio particolare, pur restando saldamente legati alla Chiesa universale e al suo centro, la Sede Apostolica. Continuate ad aprire le vostre menti e i vostri cuori per discernere "le tracce del Verbo" nelle culture dove il cristianesimo è ancora assente. E poiché tutte le culture hanno bisogno di conversione, favorite questa conversione nella speranza e nel riconoscimento che Dio è già presente. Questo spirito è lo spirito di dialogo che ho desiderato esprimere con l'incontro di Assisi. L'evangelizzazione è una strada a doppio senso. Chi propone la buona Novella invita le religioni non-cristiane a scoprire Cristo, ma è anch'egli chiamato, dai segni della presenza di Dio in queste religioni, a ricevere delle nuove illuminazioni sui modi diversi di vivere come uomo, e quindi con Dio. Il missionario ha il compito di invitare alla conversione, e vi è invitato anch'egli.

Siate anche solidali con l'impegno delle Chiese locali nella difesa dei diritti umani e davanti alle angustie degli uomini. Il Vangelo riguarda tutto l'uomo e Gesù si è identificato con i poveri e i sofferenti. Il Cristo, nel giudizio finale di san Matteo, dice che dobbiamo testimoniare l'autenticità della nostra fede attraverso l'amore concreto per questi uomini bisognosi. Proprio questi uomini e donne sofferenti, talvolta rifiutati, ci spingono ad essere assetati di giustizia e di condivisione, in una ricerca umile del Dio delle beatitudini e del Magnificat.

Vi incoraggio ancora a continuare nell'impegno per mettere la vostra lunga esperienza al servizio delle Chiese giovani che vogliono aprirsi alla missione "ad gentes" al di là delle frontiere. Benedica il Signore questi giovani africani, asiatici e sud-americani che vi raggiungono nel vostro impegno missionario! Da parte vostra, d'accordo con i responsabili di queste Chiese, trovate il modo per effettuare il discernimento necessario con la serietà auspicabile.

Infine, avete un altro ruolo importante da svolgere. Siate, nelle vostre Chiese di origine, i testimoni diretti dell'universalità. Partecipate alla pastorale dei migranti, rifiutate ogni genere di razzismo, siate presenti, di persona o attraverso dei laici associati, là dove si prendono delle decisioni importanti per l'Africa, e fate conoscere e amare intorno a voi le culture africane. Fate anche conoscere tutto quello che lo Spirito fa vivere alle Chiese africane e che per voi è stato rivelazione e sorgente di vita. Consentirete così alle vostre Chiese di origine di arricchirsi di quello che vivono le Chiese sorelle d'Africa e di discernere più chiaramente come esser solidali con loro.

Al di sopra di tutto, siate fervorosi nel rigenerarvi con regolarità per lo svolgimento del vostro compito missionario. Tutti i membri della vostra Società e i loro associati siano uomini di preghiera! E' necessario che lo Spirito Santo sia il motore di tutto ciò che fate. Temete l'attivismo che a poco a poco fa dimenticare Dio e può snaturare il servizio all'uomo; siate in ogni cosa testimoni del primato del Regno di Dio. "Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori". Questo stile di vita missionario, nel quale la contemplazione di Dio e del suo Figlio ha grande spazio, permette di agire con pazienza, perseveranza e dimenticanza di sé: tutte qualità indispensabili all'apostolo, oggi come ieri.

La vostra assemblea generale ha lavorato sulle vostre costituzioni.

Quando saranno approvate, sappiate esser loro fedeli affinché la pietra originale da voi portata alla costruzione del Regno sia salda e svolga il suo compito. così Dio sarà glorificato attraverso di voi e attraverso i doni a voi accordati.

Al termine di questo raduno ecclesiale, sono lieto di invocare sul responsabile della vostra Società Missionaria, sui membri del consiglio e su tutti i padri e i fratelli che lavorano all'evangelizzazione accanto ai Vescovi e al clero africano, le più abbondanti benedizioni divine.

1989-05-13

Sabato 13 Maggio 1989




Ad un gruppo di Vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Le nuove sfide alla comunità ecclesiale peruviana esigono un rinnovamento di vita cristiana conforme alla dottrina


Signor Cardinale, amati fratelli nell'Episcopato.


1. Sono felice di salutarvi cordialmente dopo la santa Messa che ieri abbiamo concelebrato e dopo i dialoghi personali che abbiamo avuto riguardo all'attuale situazione delle comunità ecclesiali affidate alla vostra sollecitudine pastorale.

Ringrazio vivamente il signor Cardinale Juan Landazuri Ricketts, Arcivescovo di Lima, per le gentili parole che ha avuto la cortesia di rivolgermi a nome di tutti, facendosi anche portavoce dei vostri collaboratori diocesani e dei vostri fedeli.

Il vedervi riuniti qui fraternamente, mi fa ricordare la fervente presenza delle immense moltitudini raccolte nella città di Lima in occasione del quinto Congresso Eucaristico e mariano dei paesi bolivariani. Con emozione contenuta, ricordo ancora il profondo silenzio attorno al Santissimo Sacramento dell'altare, a cui allusi concludendo la mia allocuzione diretta ai giovani riuniti in gran numero davanti alla nunziatura apostolica. La riverenza nei confronti di Gesù Eucaristia è l'eloquente espressione della fede viva e della pietà del vostro popolo, che per la sua identità cristiana ha saputo resistere alle ondate del secolarismo.

In occasione della visita "ad limina Apostolorum", siete venuti per esprimere la vostra unione e comunione con questa Sede Apostolica, che serve la Chiesa universale, che in questo mondo è colpita dalle pioggie, dalle inondazioni e dalle tormente delle diverse prove, ma nonostante tutto non cade perché è fondata sulla pietra, da cui deriva il nome di Pietro" (S.Augustini "Tract. in Evang. S. Io.", 124).


2. Voi come successori degli apostoli, vi riunite intorno a Pietro, Vescovo di Roma, suo successore; così si esprime la collegialità universale per l'edificazione di quanti nell'unità della Chiesa vedono un segno di luce per un mondo che corre il pericolo di rimanere nelle tenebre. Nella diocesi il Vescovo, come Pastore di tutti i fedeli, deve essere prima di tutto maestro della verità che viene da Dio - come ricordavo durante la mia prima visita in America Latina, dieci anni fa (cfr. "Allocutio, in urbe Puebla, habita, od Episcopos Americae Latinae, III generali coetui adsistentes", I, die 28 ian. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 190s) -; educatore di tutti nella fede autentica, incarico permanente ma che acquisisce un'enfasi singolare davanti alla rinnovata azione evangelizzatrice che la Chiesa in Perù e in tutta l'America Latina deve affrontare in occasione della commemorazione del quinto centenario della evangelizzazione di quelle terre.

Deve essere anche la voce e il segno che rendono evidenti l'unità del Popolo di Dio affidato alla sua cura, che deve guidare sempre verso una intensa vita cristiana mediante l'infaticabile annuncio della buona Novella. Ispirato dalla carità dovrà denunciare, quando sarà necessario, tutto ciò che si allontana da quest'ultima, in particolare le dottrine o le ideologie, così come le deviazioni o i rischi di deviazione che mettono in pericolo la fede (cfr. Congr. Pro Doctr. Fidei, "Libertatis Nuntius", Introd.), E' parte della sua missione il vigilare affinché il pluralismo legittimo non porti a manifestazioni o atteggiamenti che di fatto si allontanano dagli insegnamenti della Chiesa. Per tutto ciò, il Vescovo è chiamato sempre ad annunciare Cristo con la sua parola e la sua testimonianza, affermando con san Paolo: "per me vivere è Cristo" (Ph 1,21); come Pastore deve rispondere a tutti quelli che gli chiedono ragione della sua speranza (cfr 1P 3,15) e, con il suo esempio, invitare a seguire il Signore, mostrando il cammino evangelico e segnalando con la massima chiarezza i pericoli che possono ostacolare la risposta all'invito di Gesù a seguirlo. Nello sviluppo di una evangelizzazione rinnovata, il Pastore presterà una attenzione preferenziale all'azione santificatrice che abbracci tutti gli aspetti della vita umana.

L'unità fra tutti voi, amati fratelli, nella verità, nella fede e nella carità, sarà una eloquente risposta al desiderio espresso dal Signore nella sua preghiera al Padre: "Che tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21); questo favorirà anche l'unità fra tutti i membri delle vostre Chiese particolari, poiché Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, comunione di amore, invita gli uomini ad assumere il dinamismo dell'amore, costruendo un mondo che esprima questo mistero e che, allo stesso tempo, si orienti verso Cristo Gesù e trovi in lui il suo riepilogo (cfr AA 2).


3. Nella realizzazione del vostro ministero episcopale, contate sulla insostituibile collaborazione dei presbiteri, che assicurano il rafforzamento e la vitalità delle comunità cristiane, mediante la Parola ed i sacramenti. Per questo è necessario che i sacerdoti possano coltivare intensamente la loro vita spirituale per poter così comunicare ai fedeli i doni e le ricchezze che essi stessi hanno ricevuto.

Nel decreto del Concilio Vaticano II sul ministero e la vita dei sacerdoti sono indicate due vie per la santificazione personale e la spiritualità del sacerdote. La prima è l'intimità profonda con Cristo; è la spiritualità che il sacerdote coltiva nei momenti di silenzio, di adorazione, nella lettura della Parola di Dio, nella liturgia delle ore, nella meditazione personale. La seconda via - inseparabile dalla prima - è il proprio ministero sacerdotale esercitato con generoso dono di sé, come continuazione logica della sua intimità con il Signore (cfr PO 14). Per tutti questi motivi i presbiteri, "come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1) devono essere ricolmi di un grande spirito di servizio e obbedienza, di una grande sollecitudine per la salvezza delle anime, disposti al sacrificio, assidui nella preghiera, appassionati del proprio ministero, e devono fare dell'Eucaristia il centro e la fonte di tutti i loro aneliti pastorali.

Di conseguenza, anche la ricerca diligente dei candidati al sacerdozio ed alla vita religiosa, la loro adeguata preparazione dottrinale e umana, ed il seguirli con sollecitudine affinché perseverino, devono essere oggetto delle vostre preoccupazioni prioritarie per la loro importanza per il futuro della Chiesa nel vostro Paese. Pertanto, nei seminari e nelle case di formazione - come ricordano insistentemente i documenti emanati dalla Sede apostolica - deve regnare un ambiente di serietà, di pietà liturgica e personale, di studio, di disciplina, di convivenza fraterna e di iniziazione pastorale, che siano garanzia e base solida per una idonea preparazione al servizio ministeriale.

In questo senso, la devozione deve essere una nota essenziale nella vita dei seminari. Allo stesso tempo il futuro sacerdote deve contare su di una rigorosa formazione nelle virtù umane, come la sincerità e la lealtà, la temperanza e l'umiltà, la fortezza e la letizia. Infatti sul fondamento di queste virtù si potrà costruire solidamente l'edificio spirituale del futuro pastore di anime.

Non meno importante è la formazione dottrinale, che non può limitarsi ad una mera trasmissione di nozioni e conoscenze, come se la scienza filosofica e teologica potessero ridursi ad un semplice sociologismo o a un moralismo antropologico, senz'altro orizzonte se non l'etica dei valori. Il parlare "di Dio" deve condurre a parlare "con Dio", facendo così dello studio l'alimento dello spirito e la fonte per la vita di fede. In questo modo si potrà rispondere adeguatamente alle necessità dei fedeli, che sperano che i loro sacerdoti siano prima di tutto maestri della vera fede e testimonino con le loro vite il messaggio di salvezza che annunciano.


4. Ma, come vi dicevo nel nostro ultimo incontro di Lima "non possiamo fermarci ai risultati già conseguiti" ("Limae, allocutio ad Peruviae Episcopos habita", die 15 maii 1988: , XI, 2 [1988] 1430), poiché le sfide che si presentano alle comunità ecclesiali del Perù, esigono un vigoroso rinnovamento della vita cristiana per stimolare ogni volta di più, nei fedeli, l'apertura alla grazia nel profondo del cuore.

Non è strano constatare d'altra parte che, essendo maggiori le difficoltà incontrate, per diversi motivi, dalla persona per realizzarsi secondo la sua dignità e vocazione, è anche maggiore la tentazione di coloro che "dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione dell'umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore" (GS 10 RH 52). In strutture sociali che non rispettano sufficientemente le esigenze obiettive di ordine morale, e in cui la fame interpella con insistenza i responsabili della cosa pubblica, si corre il rischio di cadere in un tipo di riduzionismo che mina la concezione della persona in quanto creatura redenta da Cristo, e che nasconde l'importanza della sete di Dio, della "nostalgia di infinito" che ognuno percepisce nel profondo del suo essere ("Limae, allocutio ad iuvenes hermanos habita", 3, die 15 maii 1988: , XI, 2 [1988] 1440). Una corretta visione antropologica, ispirata all'autentica grandezza dell'uomo come è stato rivelato in Cristo (cfr GS 22), non può essere evitata nel momento dell'annuncio della buona Novella della salvezza al mondo di oggi. Occorre tenere sempre presente che "unicamente ricorrendo alle capacità morali e spirituali della persona, si ottengono cambiamenti culturali, economici e sociali che siano realmente al servizio dell'uomo, poiché il peccato, che si trova alla radice delle ingiustizie, è propriamente primordialmente un atto volontario che ha la sua origine nella libertà di ogni persona" ("Limae, allocutio ad homines studiis excultos et ad operis susceptores habita", 4, die 15 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 1148).

I materialismi di diversa origine, l'affanno consumista, le concezioni equivoche sull'uomo ed il suo destino, di cui si sono occupati con successo i Vescovi riuniti a Puebla poco più di dieci anni fa (cfr."Puebla" 305-315), non devono condurre i cristiani a perdere di vista ciò che la Chiesa, esperta di umanità, insegna loro.

Per tutto questo, è necessario che prestiate una diligente attenzione all'attività catechetica in tutte le sue forme e modalità. Infatti, per poter trasmettere la fede alle nuove generazioni, è necessario portare a termine una rinnovata azione evangelizzatrice. Tale rinnovamento - come si segnala nel Direttorio Catechistico Generale - "deve aiutare la nascita e il progresso di questa vita di fede durante tutta l'esistenza, fino alla piena spiegazione della verità rivelata e alla sua applicazione nella vita, ("Directorium Catechisticum Generale", 30).

Le manifestazioni di fervore popolare, che h o potuto apprezzare in occasione del Congresso Eucaristico bolivariano a Lima, sono un invito rivolto ai Pastori per avanzare sempre più nell'arduo compito dell'istruzione religiosa. In quelle ferventi espressioni di religiosità intorno all'Eucaristia, si rendeva presente la fede di un popolo che ha dato il primo fiore di santità all'America Latina, santa Rosa di Lima. E' in questi momenti che si fanno più evidenti i motivi di speranza e le inesauribili risorse che, ben portate avanti, possono trasformare la fisionomia del Perù con realizzazioni concrete ed efficaci, che rendano possibile la civiltà dell'amore fra i Peruviani.


5. Non possiamo passare sotto silenzio comunque, la presenza di fattori che ostacolano la realizzazione di una maggiore fraternità, giustizia e solidarietà nella società peruviana. L'innegabile presenza del peccato, con la sua inevitabile sequela di sofferenze, che si ripercuotono soprattutto sui più deboli e indifesi, deve interpellare tutti, secondo la responsabilità di ognuno, al fine di suscitare un impegno comune perché la vita individuale e sociale si conformi maggiormente al disegno divino.

Nei vostri recenti documenti collettivi, specialmente nel "Messaggio dei Vescovi del Perù di fronte alla situazione attuale", dello scorso mese di ottobre, avete rivolto un urgente appello ad uno sforzo solidale per costruire una società veramente cristiana, che metta l'ideale del servizio al di sopra dell'idea del dominio e dello sfruttamento, che porta con sé conseguenze tanto gravi. "La società peruviana attuale - vi dicevo nel nostro ultimo incontro a Lima -, che giustamente mira a raggiungere obiettivi di progresso in grado di ampliare l'orizzonte materiale e spirituale di ogni cittadino, si sente a volte come minata interiormente da un'ingiustificata eclissi del dovuto rispetto per la dignità umana, a causa di ideologie materialiste che negano la trascendenza e di una cieca e insensibile violenza ai ripetuti inviti alla riconciliazione. A tutto ciò va ad aggiungersi la crescente e ancora estrema povertà in cui vivono molte famiglie, i mali sociali introdotti o generati dal traffico di stupefacenti, la diffusione delle sètte e la ostinata persistenza di strutture dottrinali e metodologiche che creano confusione fra i fedeli e attentano all'unità della Chiesa" ("Limae, allocutio ad Peruviae Episcopos habita", 3, die 15 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 1430).

Tali circostanze, che descrivevamo qualche mese fa, continuano ad essere sfide che dovete affrontare a partire dal Vangelo, affinché la sua azione salvifica penetri e rinnovi tutti gli aspetti della vita personale e sociale. Nel vostro servizio pastorale, non smettete di insistere sul fatto che il potere del male può essere vinto con la forza del bene; esortazione paolina che i giovani accolsero con entusiasmo durante il mio affettuoso incontro con loro a Lima.

L'opzione per un mondo più umano non è estranea alla missione della Chiesa, che vede bene come la presente crisi di valori può favorire la vittoria sulla verità da parte dell'errore e del disprezzo della dignità dell'essere umano. La proclamazione dei principi della morale cristiana come via per la conversione personale, e l'orientamento di ogni cosa verso Cristo - superando gli antagonismi, i contrasti e in definitiva il peccato - devono essere imperativi per la rinnovata evangelizzazione di cui il vostro paese ha bisogno.


6. Nella vostra realtà concreta vi sforzate di servire gli uomini predicando loro "la Parola di salvezza" e "di riconciliazione" (Ac 13,26 2Co 5,19), invitandoli alla conversione del cuore, incoraggiandoli ad affidarsi alla guida e alla protezione di Maria, ed esortandoli a superare le tensioni sociali, che sono fonte di divisione e di conflitti. E' un compito che - come lo constatate ogni giorno - si presenta con caratteristiche di massima urgenza, dato che sono molti i peruviani che sperimentano sulla propria pelle la mancanza di solidarietà di chi, potendo aiutare, non lo fa.

Essendo maestri della fede dovete essere anche, e irrinunciabilmente, difensori e promotori della dignità umana (cfr. "Allocutio, in urbe Puebla habita, ad Episcopos Americae Latinae, III generali coetui adsistentes" I et III, die 28 ian. 1979: , II [1979] 190s et 202s). In questo senso dovete proclamare, con la parola e la testimonianza, l'insegnamento sociale della Chiesa su questa materia.

Il quinto Congresso Eucaristico e mariano, che ho avuto l'onore di chiudere a Lima, ha rappresentato anche l'occasione privilegiata per rinnovare e rafforzare l'amore e la devozione del Popolo di Dio alla santissima Vergine.

Conosco l'affetto filiale dei Peruviani nei confronti della Madre di Dio. perciò nella situazione non facile che sta attraversando il vostro amato Paese, Maria deve incoraggiare la speranza di tutti. Lei ci insegna che Dio è sempre ricco in misericordia (cfr Lc 1,54) e fedele alle sue promesse. Ma ciò esige un atteggiamento di fede come quella della Vergine, che fu chiamata beata per aver "creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

Cari fratelli, chiedo al Signore che questa visita "ad limina Apostolorum" confermi e consolidi ancor di più l'unione fra voi e la Chiesa universale. Con questo il vostro ministero guadagnerà in intensità ed efficacia, e certamente tutto ciò ritornerà a vantaggio delle comunità ecclesiali del Perù.

Non voglio concludere senza pregarvi di portare ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, il saluto e la benedizione del Papa che prega per tutti con grande affetto e viva speranza.

Alla Madre di Gesù raccomando la vostra persona, le vostre inquietudini e sollecitudini pastorali, affinché rispondiate generosamente alla sfida di un tempo che reclama una evangelizzazione audace e pienamente fedele al Signore Gesù.

Con questi fervidi auguri vi accompagni la mia benedizione apostolica.

1989-05-13

Sabato 13 Maggio 1989




Messaggio per la giornata Missionaria Mondiale 1989 - Città del Vaticano (Roma)

Il papa si fa voce di tutti i poveri e dei missionari che lavorano per impiantare la Chiesa nel cuore del mondo

Carissimi fratelli e sorelle! A Pentecoste ha avuto inizio la missione della Chiesa. L'annuncio del Signore risorto, fatto dagli apostoli alla folla di pellegrini convenuti a Gerusalemme, fu ascoltato e accolto nella varietà di lingue e culture che essi rappresentavano, anticipando così in qualche modo l'universalità del nuovo Popolo di Dio. E' nello spirito e nella grazia della Pentecoste, sorgente sempre feconda della vocazione evangelizzatrice e missionaria della Chiesa, che vi rivolgo questo messaggio per l'annuale Giornata Missionaria Mondiale.

La celebrazione di questa giornata, consacrata alla preghiera, alla catechesi e alla raccolta di aiuti per le missioni, richiama alla Chiesa intera il dovere di andare in tutto il mondo per portarvi l'annuncio del Vangelo. Possa tale ricorrenza arrecare a tutto il Popolo di Dio, pastori e fedeli, una rinnovata effusione dello Spirito Santo, che è lo Spirito della missione, colui che deve ora continuare l'opera salvifica, radicata nel sacrificio della Croce. Gesù l'ha affidata alla Chiesa; ma "lo Spirito Santo rimane il trascendente soggetto protagonista della realizzazione di tale opera nello spirito dell'uomo e nella storia del mondo" ("Dominumn et Vivificantem", 42).

I - Il clero autoctono, speranza della Chiesa missionaria Dio - ricorda il Concilio Vaticano II (cfr LG 9) - volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma facendo di loro un popolo: il popolo messianico che ha per capo Cristo ed è radunato nella Chiesa. Questa esiste in comunità locali, le quali sono affidate alla cura e alla guida di pastori propri, che le reggono, esercitando secondo la loro parte di autorità l'ufficio di Cristo Pastore e Capo cfr LG 28). La loro autorità e missione è di annunciare il Vangelo, di santificare e di governare il Popolo di Dio.

L'annuncio del Vangelo, fatto dagli apostoli dopo la Pentecoste, diede vita a comunità di battezzati, alle quali essi preposero dei responsabili che garantissero l'unità e la formazione nella fede dei singoli membri, la celebrazione dell'Eucaristia, la comunione con gli apostoli e le altre comunità cristiane.

Ciò che fecero gli apostoli all'inizio della diffusione della Chiesa nel mondo, continua oggi attraverso l'evangelizzazione missionaria: infatti "per la costituzione della Chiesa e lo sviluppo della comunità cristiana, sono necessari vari tipi di ministeri, suscitati nell'ambito stesso dei fedeli: tra essi sono da annoverare i compiti dei sacerdoti, dei diaconi, dei catechisti" (AGD 15).

In questo messaggio desidero sottolineare soprattutto la necessità e il valore della presenza del clero autoctono nelle giovani comunità cristiane. Le vicende della formazione e dello sviluppo del clero autoctono segnano il cammino dell'evangelizzazione missionaria. Furono soprattutto i romani Pontefici, nella loro responsabilità di Pastori della Chiesa universale, a preoccuparsi perché, insieme con l'invio di missionari, le nascenti comunità dei paesi di missione fossero fornite, appena possibile, di sacerdoti locali e di Vescovi locali. Ciò fu promosso in particolare dai Papi di questo secolo, a cominciare da Benedetto XV, il quale nella "Maximum illud" (di cui celebriamo il sessantesimo di pubblicazione) affermava fra l'altro: "Chi presiede la Missione deve rivolgere le sue principali premure alla buona formazione del Clero indigeno, sul quale specialmente sono riposte le migliori speranze delle nuove cristianità" (7).

Il fiorire del clero autoctono torna a lode degli stessi missionari che, con tenacia paziente e perseverante, a volte fino al martirio, hanno lavorato e sofferto per formare le nuove comunità cristiane, cercando di far sbocciare dalle famiglie il prezioso frutto delle vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e missionaria. Essi sono ora lieti di lavorare in comunione e di farsi collaboratori dei sacerdoti e dei Vescovi locali, ben sapendo che "la causa comune del Regno di Dio associa strettamente l'una e l'altra schiera di messaggeri evangelici per una collaborazione sempre necessaria e indubbiamente fruttuosa... e la loro armoniosa coordinazione è anche, e dev'essere anzi, esemplare espressione della comunione ecclesiale" (Pauli VI, "Nuntius scripto datus missionali rei provehendae missus, ob diem per totum catholicum orbem celebrandum id est 21 octobris, huius ispius anni", die 20 iul. 1973: Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 738).

Con il Concilio Vaticano II si è aperta una nuova stagione nella storia sempre affascinante dell'attività missionaria. Dal momento che la Chiesa è per sua natura missionaria e ogni Chiesa particolare è chiamata a riprodurre in se stessa l'immagine della Chiesa universale, anche le nuove Chiese sono invitate a "partecipare quanto prima e di fatto alla missione universale della Chiesa, inviando anch'esse dei missionari a predicare dappertutto nel mondo il Vangelo, anche se soffrono per scarsezza di Clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anch'esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni" (AGD 20). E da tale spirito missionario devono essere animati, anzitutto, i sacerdoti, rendendosi disponibili a iniziare l'attività missionaria non solo nella propria diocesi, ma anche fuori di essa, se inviati dal Vescovo.


II - L'Opera di san Pietro apostolo: da cent'anni a servizio del clero locale Quest'anno ricorre il centenario di fondazione della pontificia Opera di san Pietro apostolo: come dal cuore ardente di Paolina Jaricot nacque l'Opera della Propagazione della Fede, così fu dall'amore e dal sacrificio di due altre donne, Stefania e Giovanna Bigard, madre e figlia, che prese inizio quest'altra fondamentale iniziativa missionaria. La scintilla fu accesa da una lettera di Monsignor Gousin, Vescovo di Nagasaki, il quale il 1° giugno 1889 scriveva alle Bigard, già sue benefattrici e collaboratrici, di essere costretto a negare l'entrata in seminario a giovani che desideravano diventare sacerdoti, per mancanza dei mezzi necessari alla loro formazione. Le signore Bigard colsero in quella lettera l'appello della volontà di Dio, un appello che cambio radicalmente la loro vita. Esse divennero così le instancabili mendicanti di aiuti a favore degli aspiranti al sacerdozio, che nei paesi di missione bussavano sempre più numerosi alle porte dei seminari. Le due generose donne conobbero difficoltà di ogni genere, ma non desistettero dall'impegno assunto; lo assolsero fedelmente fino alla morte, avendo la gioia di vedere l'Opera approvata e benedetta dalla Santa Sede.

A cent'anni dalla sua fondazione, essa conserva integro il suo valore nella prospettiva della finalità che le diede origine: "Sensibilizzare il popolo cristiano al problema della formazione del Clero locale nelle Chiese di missione e invitarlo a collaborare spiritualmente e materialmente alla preparazione dei candidati al sacerdozio" ("Statuti delle Pontificie Opere Missionarie", 15).

L'Opera di san Pietro apostolo, che doverosamente ho voluto ricordare e desidero raccomandare in questo messaggio, ha largamente contribuito allo sviluppo del clero locale e continua a svolgere un ruolo importante, per gli aiuti che offre affinché nelle giovani Chiese i seminari, le case di formazione e i centri di studi superiori possano accogliere e preparare adeguatamente le vocazioni autoctone agli impegni dell'apostolato.

Mentre ringrazio di cuore coloro che, con la loro preghiera e le loro offerte, partecipano ai programmi dell'Opera, invito tutti a lodare il Signore per le meraviglie che ha compiuto servendosi di Stefania e Giovanna Bigard, le quali si consacrarono alla causa missionaria con dedizione totale. La Chiesa, la quale - come scrissi nella lettera apostolica "Mulieris Dignitatem" - "ringrazia per tutte le manifestazioni del "genio" femminile apparso nel corso della storia", (31), non può non magnificare il Signore considerando i frutti di evangelizzazione e di santità maturati dall'Opera iniziata dalle signore Bigard.


III - Tutti i membri della Chiesa devono impegnarsi per promuovere le vocazioni sacerdotali e missionarie e per annunciare il Vangelo L'Opera di san Pietro apostolo richiama la insostituibile finzione che è riservata al clero nella missione evangelizzatrice. Del suo servizio pastorale hanno bisogno le comunità cristiane, per essere guidate nella loro vita di fede e per formarsi allo spirito missionario.

La sfida più importante che la missione universale pone a tutta la Chiesa è quella delle vocazioni nelle varie espressioni in cui esse possono realizzarsi, ossia nella vita sacerdotale, religiosa e laicale. "Per l'evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli evangelizzatori. Per questo tutti, a cominciare dalle famiglie cristiane, dobbiamo sentire la responsabilità di favorire il sorgere e il maturare di vocazioni specificamente missionarie, sia sacerdotali e religiose, sia laicali, ricorrendo a ogni mezzo opportuno, senza mai trascurare il mezzo privilegiato della preghiera, secondo la parola stessa del Signore Gesù: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua mess" (Mt 9,37-38)" (CL 35).

La situazione attuale - ho ricordato nella stessa lettera apostolica sulla vocazione e missione dei laici - postula che, riguardo al dovere di annunciare il Vangelo, ogni discepolo del Signore si senta chiamato in prima persona: "Guai a me, se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16). A tale compito i fedeli laici sono abilitati e impegnati dai sacramenti dell'iniziazione cristiana e dai doni dello Spirito Santo (cfr CL 33).

Nella prospettiva della partecipazione dei laici alla missione universale della Chiesa, non è motivo di gioia e di speranza il fatto che due delle quattro Pontificie Opere Missionarie, e cioè l'Opera della Propagazione della Fede e l'Opera di san Pietro apostolo, siano state fondate da laici, e precisamente da donne ardenti di zelo per il Regno di Dio? IV - Il permanente servizio di animazione e di formazione delle Pontificie Opere Missionarie Pur avendo insistito sull'attività dell'Opera di san Pietro apostolo, in occasione del centenario della sua fondazione, non posso concludere il messaggio senza raccomandare anche le altre Opere Missionarie: la Propagazione della Fede, la Santa Infanzia e l'Unione Missionaria dei sacerdoti, religiosi e religiose, opere che sono a servizio del Papa e di tutte le Chiese particolari.

Esse, pur svolgendo attività proprie distinte, hanno una comune finalità fondamentale: suscitare e mantenere vivo nel Popolo di Dio - pastori e fedeli - un intenso spirito missionario, che si traduca in impegno per le vocazioni missionarie, per gli aiuti a tutte le missioni del mondo, così da venire incontro alle loro richieste e necessità, sempre crescenti, con il contributo generoso di tutti i cristiani.

Il Papa, in questa giornata della carità universale, si fa voce di tutti i poveri del mondo; voce soprattutto dei missionari, che ai fratelli di fede e a tutti gli uomini di buona volontà stendono la mano.

I missionari si spendono nell'annuncio del Vangelo agli avamposti della missione, la quale anche ai nostri giorni incontra difficoltà e prove e richiede non di rado la testimonianza suprema del dono della propria vita. Per questo, a nome di tutta la Chiesa rivolgo loro la mia parola di affettuoso incoraggiamento, perché nel loro apostolato si sentano accompagnati e sostenuti dalla presenza del Signore risorto, dalla potenza del suo Spirito e dalla solidarietà della comunità credente.

Tutti i discepoli del Signore ricordino che la beata Vergine Maria, regina degli apostoli e madre di tutte le genti, è loro modello e sostegno nell'impegno missionario. A lei affido l'attività missionaria della Chiesa e tutti coloro che consacrano la loro vita perché il Regno sia annunciato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo.

Ai missionari e ai loro collaboratori, a quanti in qualsiasi maniera partecipano all'opera missionaria della Chiesa, imparto di cuore la benedizione apostolica, pegno dei favori divini e segno del mio affetto e della mia riconoscenza.

Dal Vaticano, il 14 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1989, undicesimo di pontificato.

1989-05-14

Domenica 14 Maggio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - A docenti di università della Turchia e di Roma - Città del Vaticano (Roma)