GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Pisa

Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Pisa

"Con tutti voi imploro dalla Madre il dono di nuove vocazioni sacerdotali"



1. "Protege, Virgo, Pisas".


1. Con questa bella invocazione, che spicca ai piedi della venerata icona della "Madonna di sotto gli Organi", custodita in cattedrale, mi rivolgo oggi a Maria santissima insieme con voi, qui convenuti per la preghiera dell'"Angelus". In queste brevi parole raccolgo le necessità e le speranze di tutta la cara popolazione di Pisa e del suo territorio.

Quante volte, nel corso dei secoli, questa invocazione è salita alle labbra di naviganti e viaggiatori, di padri e madri di famiglia, di persone semplici e di uomini importanti, per esprimere la fiducia di ogni pisano nella protezione della Vergine santa sulla città e sui suoi abitanti. A lei anch'io mi rivolgo, per chiederLe di custodire questa Chiesa particolare, di darle vigore e generosità, di sostenerla nel suo pellegrinaggio di fede, affinché continui a rendere anche oggi, come nel passato, la sua coraggiosa testimonianza a Cristo e al suo Vangelo.


2. Mi reco col pensiero nei numerosi santuari, che la devozione della Chiesa pisana ha eretto a Maria nel corso dei secoli. Tra questi, in particolare, ricordo la "Madonna del Soccorso" di Seravezza, la "Madonna del piastraio" sulle alture di Stazzema, e soprattutto la "Madonna del Sole" a Pietrasanta, dove sorge il nuovo centro vocazionale di questa diocesi, in terra di Versilia. Con tutti voi imploro dalla Madre del Redentore il dono di nuove vocazioni sacerdotali, così necessarie ed urgenti per l'opera di evangelizzazione.

Siano numerosi i giovani che, guidati dalla Vergine santa, sappiano scoprire il significato, il valore, la grandezza, la gioia di una risposta generosa alla chiamata di Cristo. Ponga lei sulle loro labbra, e prima nel cuore, la risposta che fu sua: "Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola". Questa terra, che ha conosciuto nel passato la fioritura di tante vocazioni maschili e femminili, torni ad essere un luogo privilegiato nel quale molti cuori giovanili sappiano accogliere l'invito interiore dello Spirito a seguire Cristo con impegno totale.

Al tempo stesso, chiedo a Maria di far regnare in ogni famiglia la concordia, di illuminare gli uomini della cultura e della scienza nella loro ricerca della verità, di disporre gli animi di tutti ad accogliere il messaggio del Vangelo, per trovare in esso speranza, libertà, spirito fraterno, forza di solidarietà.


3. O Madre del Redentore, con la fiducia dei padri, che vollero la tua immagine nella chiesa primaziale, per venerarti quale protettrice sicura di tutti i pisani, affido a te le attese e le preoccupazioni, le sofferenze e le gioie di quanti vivono ed operano in questa arcidiocesi.

La tua intercessione rinfranchi nel clero e nelle anime consacrate il desiderio di santità e la volontà di servire Cristo nei fratelli; ravvivi nei giovani l'entusiasmo per gli ideali, che fanno grande e bella la vita; difenda le persone mature dalla tentazione della sfiducia, che dispone l'animo al compromesso; ottenga lunga vita agli anziani, affinché possano partecipare alle nuove generazioni i frutti della loro saggezza.

Concedi, o Vergine che, sul tuo esempio, ogni fedele di questa antica ed illustre Chiesa sappia pronunciare, nelle diverse circostanze della vita, il "fiat" dell'adesione pronta e generosa ai voleri di Dio.

"Protege, Virgo, Pisas". Amen.

[Al termine il Papa ha così parlato:] Abbiamo pregato insieme, abbiamo pregato per tutti. La preghiera abbraccia molte persone che non hanno potuto essere presenti fisicamente. Io nella nostra preghiera voglio inserire in modo speciale tutte le persone malate, i sofferenti che si trovano negli ospedali, nelle cliniche. Qui abbiamo vicino a noi l'antico ospedale di santa Chiara. A tutti questi carissimi fratelli e sorelle va la nostra preghiera. Non possiamo mai perdere di vista la figura del buon samaritano: essa deve essere sempre presente nella nostra vita quotidiana, sociale attraverso quanti soffrono e quanti, come buoni samaritani, gli sono vicini come medici ed infermieri. Ma la possibilità di essere buoni samaritani si presenta a ciascuno di noi in diversi modi. Tra i malati ricoverati in questo ospedale vorrei ricordare in particolare l'Arcivescovo emerito di Pisa monsignor Benvenuto Matteucci. Ho avuto modo di incontrarlo molte volte. Ora soffre, è ricoverato nell'ospedale. Ci uniamo spiritualmente a lui e preghiamo che il Pastore supremo lo conservi sempre nel suo amore. Un amore che è proprio del Buon Pastore, dell'eterno Pastore.

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1989-09-24

Domenica 24 Settembre 1989




Prima della Messa l'incontro con i sacerdoti, religiosi, laici impegnati - Pisa

La vita di fede si attua in modo primario mediante un'intensa partecipazione alla vita diocesana


Venerato fratello nell'Episcopato, carissimi fratelli e sorelle!


1. L'esperienza dell'incontro fraterno nel Signore, soprattutto in questa bella chiesa cattedrale, centro della vita spirituale della diocesi, è sempre una preziosa grazia divina, che ci fa sentire Dio presente tra noi, unisce i nostri cuori nel mutuo conforto e nella mutua edificazione, e coordina meglio i nostri sforzi per il conseguimento del Regno di Dio. Occorre profittare di queste speciali occasioni di grazia e farne tesoro per il nostro lavoro, per i momenti lieti e per quelli, purtroppo inevitabili, di solitudine e di sconforto.

Il Pastore della diocesi ha felicemente avviato questo clima di fraternità manifestando, anche a nome vostro, la gioia per aver tra voi il successore di Pietro, venuto per conoscervi e per incoraggiarvi nel vostro cammino di fede e di comunione.


2. Mentre ringrazio monsignor Plotti per le affettuose espressioni con cui ha interpretato i comuni sentimenti, rivolgo a tutti voi il mio più cordiale saluto, e desidero esprimere anch'io la mia gioia per il dono che oggi ci fa la Provvidenza.

La vita di fede, soprattutto per il clero ed i laici impegnati, si attua in modo primario mediante un'intensa partecipazione alla vita diocesana, che oggi opportunamente si esprime e struttura in programmazioni pastorali pluriennali, come appunto avviene nella vostra diocesi, che ha elaborato un "piano pastorale", articolato in una prima fase, dal 1986 a quest'anno, dedicata all'evangelizzazione della famiglia, e in una seconda, a partire dall'anno corrente fino al 1992, dedicata alla pastorale giovanile. Il concentrare l'attenzione su di un tema specifico, senza perdere d'occhio gli altri problemi o interessi, è un ottimo metodo per coordinare gli sforzi e favorire la collaborazione reciproca, così da esercitare sulle anime e sull'intera società un influsso più incisivo.

Tale collaborazione, tuttavia, suppone un clima di vera fraternità.

Essa, per una diocesi, è un bene impagabile. Riattualizza infatti, in qualche modo, l'esperienza della comunità primitiva, della quale parlano gli Atti (Ac 2-5), e fa rivivere oggi qualcosa del fervore di allora nella sua contagiosa capacità di irraggiamento missionario.


3. Per quanto concerne il clero la fraternità s'esprime soprattutto in condivisione di vita. Per voi, membri di istituti religiosi e di società di vita apostolica, tale condivisione si attua in particolare nelle norme che regolano la vita comune, ed io colgo volentieri l'occasione per esortarvi a mantenerne viva in voi la stima.

Per voi, sacerdoti diocesani, la condivisione ha significati molteplici.

Ma io vorrei qui sottolineare che anche per voi la vita comunitaria, pur con i necessari adattamenti, resta raccomandabile. Non pochi sacerdoti in cura d'anime hanno trovato nell'adozione di opportune forme di vita comunitaria un efficace aiuto sia per le loro esigenze personali che per l'esercizio del loro ministero pastorale.

Esorto pertanto soprattutto quelli tra voi, ai quali è affidata l'assistenza spirituale di piccole comunità parrocchiali, a voler sperimentare, col consiglio ed il consenso del Vescovo, qualche opportuna forma di convivenza, che consenta di meglio provvedere a se stessi e all'adempimento dei doveri apostolici.

Il ministero, vissuto lietamente nella comunione fraterna, contribuirà, oltretutto, a suscitare negli altri, soprattutto nei giovani, stima per il sacerdozio, così da far scoprire in esso, da parte di coloro che sono chiamati da Dio, il senso vero e irrinunciabile della loro vita.

Vi esorto, carissimi sacerdoti, a porre un forte impegno nella pastorale delle vocazioni, un impegno che nasca da un grande amore per il vostro sacerdozio.

Un sacerdote che portasse avanti il proprio lavoro stancamente, abitudinariamente o in un modo troppo umano e secolaresco, non potrebbe mai suscitare in chi lo avvicina interesse per il sacerdozio, anzi, trasmetterebbe idee sbagliate su di esso. Diffonderemo attorno a noi l'amore per il sacerdozio, se noi per primi lo ameremo intensamente, secondo la piena verità della sua essenza, così come il Vangelo e il Magistero della Chiesa ce lo presentano; se lo vivremo generosamente e disinteressatamente, secondo l'esempio di quei sacerdoti santi di cui tutta la storia della Chiesa è costellata.


4. Ed ora anche per voi, carissimi laici, una fraterna parola per esprimervi quell'incoraggiamento nel cammino della fede, del quale ho parlato all'inizio.

Una delle grandi consegne fatte ai laici dal recente Concilio è stata quella di farsi promotori della cultura cattolica, che un tempo era patrimonio quasi esclusivo del clero e dei religiosi. Il moltiplicarsi delle iniziative culturali in campo laicale ed in particolare il sorgere, nelle diocesi, di appositi centri di formazione teologica per i laici, è da considerarsi certamente una grande benedizione del cielo ed un cospicuo risultato della riforma conciliare, da cui possiamo attenderci una ricca messe di bene.

Esiste, inoltre, tutto un campo di discipline - in specie le scienze umane, psicologiche e sociali - che, per lo stretto contatto con le realtà temporali, possono e devono trovare in voi laici cattolici, che per vocazione animate cristianamente i valori temporali, dei cultori eminenti, autorevoli ed altamente specializzati, tanto da poter essere, in qualità di esperti, di grande aiuto anche ai Pastori della Chiesa.

Per questo esorto caldamente coloro che tra voi ne hanno la possibilità o l'attitudine, a seguire con attenzione la scuola di formazione teologica e la scuola di formazione all'impegno sociale e politico della "Casa Toniolo", esistenti nella vostra diocesi.

Altra provvidenziale istituzione del Concilio Vaticano II è stata quella dei consigli pastorali, parrocchiali e diocesani, strutture anch'esse quanto mai opportune per l'affermazione del contributo laicale nell'edificazione della Chiesa e nel servizio cristiano alla società. E' importante che tali consigli siano operanti in ogni comunità parrocchiale, e raggiungano un loro equilibrio, così da evitare sia un'eccessiva passività ed una specie di inerzia, sia, al contrario, una soverchia autonomia e intraprendenza. Il rapporto col sacerdote - col parroco o col Vescovo - sul quale, in ultima analisi, pesa la principale responsabilità della vita della comunità credente, deve portare, superando eventuali difficoltà, ad una collaborazione serena e costruttiva, nel rispetto delle competenze di ciascuno. Ciò sarà certamente favorito dalla coscienziosa fedeltà a quanto le leggi della Chiesa prevedono in materia, senza trascurare gli impulsi della carità, che sa trovare sempre la via per superare ogni forma di contrasto o di incomprensione.


5. Nella parrocchia emergono tutti i bisogni dell'uomo, della Chiesa e della società. così la parrocchia è una fondamentale scuola di umanità, di socialità e di ecclesialità. Essendo essa un campo aperto a tanti bisogni, necessità, prospettive e progetti, come non vi sarà spazio per la vostra inventiva, carissimi laici, per la vostra generosità, per la vostra disponibilità? Quanto oggi la parrocchia ha bisogno di voi! E quanto oggi voi, con la vostra maggior preparazione culturale e spirituale, potete fare in modo anche più incisivo che in passato! La parrocchia è una comunità ministeriale. Tutto in essa dev'essere visto come servizio ecclesiale, anche le più umili prestazioni, da quelle della amministrazione economica a quelle della manutenzione.

La parrocchia è anche la comunità della carità fraterna, una comunità proiettata verso i bisogni degli altri - le persone dell'isolato, del quartiere, della zona - specie dei più poveri e dei sofferenti, di chi patisce ingiustizia o emarginazione. La parrocchia dev'essere, nel modo più concreto ed immediato, un centro irradiante amore fraterno, "perché il mondo creda". Di qui l'importanza della "Caritas parrocchiale", dalla cui funzionalità dipende in non piccola parte l'immagine che i lontani si fanno della comunità credente.


6. Voglio ricordare, infine, l'importanza della pastorale familiare, alla quale avete dedicato il piano pastorale dell'ultimo triennio. Essa si può considerare come elemento portante, anche se non unico. di tutta l'evangelizzazione, soprattutto nella visuale della moderna teologia, nata dopo il Concilio. Come sappiamo bene oggi, le famiglie stesse devono essere le prime evangelizzatrici delle famiglie. Il sacerdote, indubbiamente, ha una responsabilità speciale nella preparazione al matrimonio e nel sostegno alla famiglia come realtà soprannaturale; ma una competenza specifica ed insostituibile spetta pure alle coppie degli sposi, che vivono in prima persona la realtà dell'amore e della responsabilità familiare. La nuova evangelizzazione non potrà fare a meno del contributo delle famiglie cristiane.

Mettiamoci dunque tutti all'opera, ciascuno secondo la sua vocazione, il suo carisma, il suo ministero, nella profonda unità e nella meravigliosa varietà in cui s'esprime la realta del Corpo mistico di Cristo.

Con tali auguri e voti vi benedico tutti di cuore, estendendo il mio affettuoso pensiero ai vostri cari.

1989-09-24

Domenica 24 Settembre 1989




L'omelia della Messa - Ai fedeli riuniti, Pisa

Il cristiano deve annunciare la piena verità di Cristo riconoscendo gli elementi validi posseduti dagli altri



1. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Con la gioiosa certezza che queste parole ci danno della presenza del Signore in mezzo a noi, qui riuniti per "fare memoria" del suo sacrificio redentore, saluto tutti voi, cari fratelli e sorelle della santa Chiesa che è in Pisa. Saluto, in particolare, il vostro Arcivescovo, monsignor Alessandro Plotti e lo ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti; con lui saluto l'Arcivescovo emerito, monsignor Benvenuto Matteucci, al quale assicuro con fraterno affetto il mio orante sostegno nelle difficili condizioni di salute in cui versa; un fraterno saluto a tutti i Vescovi della Toscana, con il Cardinale Silvano Piovanelli e saluto infine, voi, sacerdoti, religiosi e religiose, che generosamente spendete le vostre energie a servizio del gregge di Cristo.

Vi saluto lodando il Signore, perché nella sua bontà ci ha convocati oggi per la celebrazione eucaristica in questa "Piazza dei Miracoli", nella quale i vostri padri hanno costruito, in un suggestivo angolo dell'antica città, un complesso monumentale di straordinaria forza evocativa. Innalzando in spazi contingui il battistero, il duomo e la sua torre campanaria, l'ospedale e il camposanto, essi hanno lasciato ai posteri un immagine emblematica della Chiesa, che rigenera l'uomo all'amore di Dio fin dal suo nascere, lo nutre alla mensa della Parola e del Pane eucaristico nella sua fatica quotidiana, lo accompagna col soccorso della carità fraterna nella malattia e lo affida a Dio nel momento della morte.

Su questo messaggio, consegnato visivamente nel candido marmo degli edifici circostanti, i vostri antenati vi invitano a riflettere. Essi vi hanno lasciato un ricordo e un monito, affinché questa Chiesa che è in Pisa non perda mai, nel succedersi delle generazioni, la consapevolezza della sua specifica identità, della missione che Dio le ha affidato nel tempo, della ricompensa che le riserva per l'eternità.


2. In questa riflessione sulla realtà della Chiesa, carissimi fratelli e sorelle, ci guidano le letture liturgiche poc'anzi proclamate. A cominciare dalla pagina tratta dal libro del Deuteronomio, nella quale Mosè parla al popolo per ricordargli: "Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato..." (Dt 7,6).

Ecco, dunque: all'inizio di tutto c'è l'iniziativa di Dio. E' Dio che sceglie il suo popolo, e questa sua scelta non ha altra motivazione che l'amore: Dio non ha scelto Israele perché "più numeroso" di altri popoli - "siete infatti il più piccolo di tutti i popoli" (Dt 7,7) - ma unicamente perché lo ama (cfr Dt 7,8).

Si tratta, pertanto, di una scelta di Dio, ed è una scelta che libera e, al tempo stesso, lega: Dio libera Israele "dalla condizione servile, dalla mano del faraone" (Dt 7,8), ma per legarlo a sè con un patto di alleanza. Ormai Israele sarà "un popolo consacrato al Signore", cioè un popolo che, pur vivendo in mezzo agli altri popoli, dovrà sentirsi impegnato a corrispondere al "privilegio" della scelta divina, offrendo il suo culto all'unico vero Dio e osservandone i comandamenti. L'alleanza con Dio è un privilegio che onora, ma che va anche onorato: è un patto che impegna solennemente.

E allora io ti dico: Chiesa che vivi in Pisa, ripensa alla tua storia nella luce che ti viene da questa Parola di Dio! Fin dagli inizi dell'èra cristiana i tuoi padri sono stati oggetto di una scelta di predilezione da parte di Dio: se non Pietro stesso, sicuramente i primi suoi discepoli sono approdati alla foce dell'Arno per recarti la "buona notizia" del Vangelo. Tu allora sei nata: alle tue origini c'è un'iniziativa d'amore di Dio. I tuoi padri hanno saputo corrispondere generosamente al patto d'alleanza, che Dio stabili allora con essi.

I frutti di tale corrispondenza sono descritti negli annali della tua storia e sono evocati da questa fioritura di opere d'arte che tutto il mondo ti invidia.

Come vivi tu ora la scelta fatta da Dio? Con quale generosità sai tu corrispondere all'iniziativa del suo amore, difendendo, mediante la fedeltà al suo patto, la libertà di cui egli ti ha fatto dono? "Tu sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio". Non dimenticarlo mai!


3. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Qui è Gesù stesso che parla. Egli si rivolge ai membri del popolo nuovo, che è venuto a costituire sul fondamento del proprio sacrificio. La comunità dell'antica alleanza non era che la prefigurazione del nuovo Israele, col quale egli ha stipulato, nel suo sangue, una alleanza definitiva ed universale. Non c'è più nulla di provvisorio, nulla di particolaristico. Il nuovo popolo rispecchia l'universale volontà salvifica di Dio: raccoglie gente di ogni razza e parla la lingua di ogni nazione, come dimostrerà l'evento della Pentecoste con l'evidenza inoppugnabile dei fatti.

Dalle labbra del suo Fondatore e Maestro la Chiesa apprende ogni giorno questa sua vocazione universale, che la rende unica interlocutrice, nelle cose dello spirito, tra la terra e il cielo: "Tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo, e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo" (Mt 18,18).

Tuttavia, questo orizzonte sconfinato della missione, affidata alla Chiesa, non deve rimanere qualcosa di vago o di astratto, nè deve far perdere il contatto con la realtà concreta e con certi suoi limiti umani: l'unione universale dei popoli in Cristo. che la Chiesa è chiamata ad attuare, si realizza di fatto mediante l'incontro in comunità ristrette: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20); e le persone che entrano a far parte di tali comunità non sono, purtroppo, sempre perfette: "Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo..." (Mt 18,15).


4. Fratelli carissimi! Quale messe di considerazioni stimolanti offre questa Parola di Cristo a quanti - come noi ora - si riuniscono "nel suo nome"! Essa ci assicura, innanzitutto, che la realtà della Chiesa, popolo in cammino verso la patria, ha una sua espressione già in ogni piccola comunità che, pur col peso di infedeltà e di colpe, si raccoglie nella fede per confessare il nome di Cristo.

Una sua espressione, ad esempio, è nella famiglia, santificata dal sacramento del Matrimonio, quando - vera "chiesa domestica" - essa cerca, nella lettura della Parola di Dio e nella comunione della preghiera, la forza per vivere nell'amore la vita di tutti i giorni. Un'altra sua espressione è nella parrocchia, raccolta intorno al sacerdote per celebrare i divini misteri, nutrirsi del Pane eucaristico e rinsaldare i vincoli della carità fraterna. Altra sua espressione, soprattutto, - e qui pienamente - è nella comunità diocesana, quando "sotto la sacra presidenza del Vescovo, viene offerto il simbolo di quella carità e unità del Corpo mistico, senza la quale non può esserci salvezza" (LG 26).

Ecco, dunque, carissimi fedeli di Pisa! Facendo unità col vostro Vescovo, che a voi annuncia il Vangelo, per voi rinnova il mistero della Cena del Signore, con voi vive l'impegno del servizio fraterno, voi realizzate in pienezza la Chiesa di Cristo. Il Concilio Vaticano II ha parlato a lungo delle Chiese "particolari" o "locali", come questa vostra, ed ha affermato con forza che "in esse e da esse è costituita l'una e unica Chiesa cattolica" (LG 23).

Chiesa particolare e Chiesa universale: c'è tra loro una diretta, intrinseca e costitutiva reciprocità, in forza della quale la Chiesa universale si rende visibile e si esprime nella concretezza della Chiesa particolare, e questa, a sua volta, respira e vive della cattolicità di quella.

Le conseguenze di un tale rapporto sono immediate ed importanti: tu, fedele di Pisa, non puoi pensare di essere in comunione con la Chiesa universale, se non vivi la comunione col tuo Vescovo nell'ambito della tua Chiesa particolare.

Viceversa, la sintonia col tuo Pastore non basterebbe a dare alla tua fede il respiro della cattolicità, se egli avesse sventuratamente interrotto la comunione con gli altri Vescovi e con colui che, "quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia del Vescovo sia della massa dei fedeli" (LG 23).

La celebrazione odierna, nella quale accanto al vostro Arcivescovo, carissimi pisani, c'è il successore di Pietro, che con lui offre la medesima Eucaristia, è la conferma palese del vincolo di amore e di pace, che lega intimamente la vostra Chiesa con la Chiesa di Roma nella comunione dell'unica Chiesa di Cristo.

Come non essere grati al Signore di questa gioiosa esperienza di fraternità, che fa quasi toccare con mano la profonda verità delle parole di Cristo: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro"? Siamo grati a Dio e sentiamoci, nello stesso tempo, impegnati a vivere sempre più a fondo la comunione ecclesiale, mediante la quale il Maestro divino promulga fra noi la sua presenza salvatrice.


5. Un'autorevole dimostrazione del processo concreto, a cui occorre attenersi nella costruzione della comunità di fede e di vita cristiana, ci è offerta dall'attività apostolica di Paolo in Corinto. La pagina del libro degli Atti, ascoltata poco fa, ci presenta l'Apostolo ospite degli amici Aquila e Priscilla di cui, in un primo tempo, condivide il lavoro materiale quale fabbricatore di tende.

Ciò gli consente di stabilire un contatto diretto con la realtà socio-economica dell'ambiente circostante e di farsi in tal modo, meglio accettare.

Vi sono anche oggi ambienti prevenuti, che guardano alla Chiesa come ad una realtà estranea, se non addirittura ostile, che non ha da dir loro nulla di utile e di costruttivo. Il primo impegno della comunità cristiana, in questi casi, è di smentire simili pregiudizi, operando in atteggiamento di sincera partecipazione ai problemi e alle istanze di questi fratelli. Solo la ricuperata fiducia a livello umano consentirà di aprire un dialogo che potrà poi spingersi oltre, fino ai problemi della fede e della salvezza.

San Paolo inizia il suo lavoro apostolico entro la cerchia dell'ambiente giudaico, ma lo estende ben presto al vasto mondo dei pagani, nel quale il Signore lo rassicura di avere "un popolo numeroso" che intende aggregare alla sua Chiesa (cfr Ac 18,10).

Anche oggi il cristiano deve guardarsi dalla tentazione di chiudersi nel piccolo gruppo di coloro che la pensano come lui, per aprirsi al riconoscimento degli elementi validi che pure gli altri possiedono e, prendendo spunto da questi, annunciare loro la piena verità di Cristo salvatore.

E' quanto fa l'apostolo Paolo a Corinto. Il libro degli Atti ne riassume la predicazione annotando che egli andava "affermando... che Gesù era il Cristo" (Ac 18,5).

Non diverso è il compito della Chiesa oggi; non diverso, è il compito della Chiesa che vive in questa vostra città dall'illustre passato, o pisani! Essa con tutte le sue comunità religiose, le confraternite, le associazioni, i gruppi, i movimenti, con tutta la ricchezza della sua esperienza cristiana e l'efficienza della sua organizzazione, non ha altro fine che questo: portare a tutti l'annuncio che Gesù è il Cristo, che la sua Parola è la verità che tutti cerchiamo, che egli è il risorto per la Redenzione dell'uomo, che in lui - e in nessun altro - è riposta la speranza per la salvezza del mondo.


6. "Non avere paura..., continua a parlare e non tacere...: io sono con te" (Ac 18,9-10).

Questo dice oggi il Signore anche a te, Chiesa che gli rendi testimonianza in Pisa. "Non avere paura" di proclamare le supreme verità che Cristo ti ha rivelato, non chiuderti nello sconforto o nell'isolamento: il Signore è con te! "Continua a parlare e non tacere", perché se da Cristo hai ricevuto un così grande patrimonio di grazia e di verità per il bene dell'uomo, mai ti sarebbe lecito, mai ti sarebbe consentito di sottrarlo ai fratelli o di tenerlo nascosto.

Se dai tuoi padri hai ereditato una forza ed una chiarezza di voce e di testimonianza come quella che appare da questi stupendi edifici, tu devi continuare ad esprimerti con la stessa coraggiosa franchezza.

"Io sono con te!" E' con te il tuo Signore, il Cristo che per te è morto, il Cristo che ti ha scelto e che continua ad amarti. Egli porterà certamente a compimento l'opera che in te ha iniziato. Egli vuole realizzare in pienezza la missione, per la quale ti ha chiamato fin dai primi inizi dell'èra cristiana.

Trova perciò in te stessa il coraggio di affidarti al tuo Maestro e Signore, per seguirlo con assoluta determinazione, con fede viva e con generosa risposta di amore.

"Continua a parlare e non tacere!" Amen.

1989-09-24

Domenica 24 Settembre 1989




Alla quarantaseiesima brigata aerea dell'aeronautica militare - Pisa

Manifestate le qualità morali che fanno la grandezza dell'uomo


Signor generale, ufficiali e sottufficiali, carissimi avieri.


1. Sono lieto di incontrarmi con voi, al termine della mia visita a Pisa, sede di codesta gloriosa brigata aerea, che da quasi cinquant'anni sta operando al servizio della Patria in un crescendo di attività, che hanno come scopo la sicurezza del Paese e varie forme di soccorso in caso di pubbliche calamità.

Ringrazio il comandante per il gentile indirizzo di saluto, col quale ha voluto altresi presentarmi brevemente le finalità ed i compiti del reparto.

Desidero congratularmi vivamente con tutti voi, suoi membri, per gli svariati e provvidenziali interventi che svolgete non solo in Italia, ma anche all'estero, laddove vi chiama il dramma dell'uomo sofferente o indifeso. Il pensiero va, in particolare, agli aviatori caduti a Kindu, nel 1961, durante una missione di pace.

Con commozione ho sostato poco fa a pregare per loro nella cappella che ne ricorda il sacrificio.

Vedo in voi, nella vostra disciplina, nella vostra preparazione, nel vostro coraggio e nella vostra generosità a servizio del prossimo, una peculiare manifestazione di quelle alte qualità morali che fanno la grandezza dell'uomo.


2. La vostra stessa specialità - il volo - invita al pensiero delle cose alte e celesti, cose ardue, perché richiedono uno sforzo di ascensione, ostacolato dalla pesantezza del corpo; e come le alte cime della perfezione morale richiedono, per essere conseguite, un lungo esercizio ascetico, così le vostre audaci e rapide imprese aviatorie, che vi rendono padroni dei cieli e degli spazi, sono rese possibili solo al prezzo di un'analoga intensa e coscienziosa disciplina, legata al possesso di virtù quali il senso del dovere, il sacrificio, l'obbedienza, la solidarietà umana, la semplicità di vita, che sono pure necessarie per le ascensioni dello spirito. La vostra professione vi dispone, pertanto, alla comprensione e all'apprezzamento di quei valori che sono propri dell'ideale cristiano, il quale non nega, ma purifica, convalida ed innalza gli slanci più generosi, più nobili ed onesti del cuore umano alla ricerca del bene e della giustizia.

La vostra professione aviatoria è simbolo ed espressione del bisogno proprio dello spirito umano di spaziare e di dominare al di sopra delle realtà terrene e materiali alla conquista dell'infinito, di quel Dio che la tradizione religiosa dell'umanità e la stessa Sacra Scrittura collegano col simbolo del "cielo".


3. Vi esorto, quindi, a proseguire con generosa apertura d'animo nell'adempimento del vostro dovere. Coloro tra voi che fanno esplicita professione di fede cristiana, si sentano tenuti ad offrire un'esemplare testimonianza, nei confronti dei commilitoni, per quanto attiene all'assolvimento fedele degli incarichi o delle missioni loro affidate. Chi non partecipa della vostra fede deve essere indotto dal vostro stesso comportamento ad interrogarsi sulla sorgente del vostro entusiasmo e del vostro spirito di sacrificio. Il cristianesimo è e resta sempre una grande scuola di umanità, anche se a ciò non si limita, giacché eleva l'uomo oltre se stesso, alla dignità di figlio di Dio.

Con questi pensieri vi imparto la mia benedizione, che volentieri estendo a tutte le persone care.

1989-09-24

Domenica 24 Settembre 1989




Al capitolo generale degli agostiniani - Castel Gandolfo (Roma)

Un'esperienza forte e trasparente di Cristo per aprirvi alle nuove frontiere della Chiesa


Carissimi.

Sono ben lieto di accogliervi, superiori e delegati dell'Ordine Agostiniano, convenuti a Roma da tante parti del mondo per celebrare il centosettantaseiesimo capitolo generale. Saluto tutti voi ed in particolare il padre Miguel Angel Orcasitas Gomez, al quale, come priore generale da voi eletto, avete affidato il governo dell'ordine per i prossimi sei anni.


1. Avete scelto come tema del capitolo generale: "Gli Agostiniani verso il 2000".

Con piacere vedo in questa scelta una chiara volontà di camminare con la Chiesa e per la Chiesa alla soglia del terzo millennio della sua storia, e il sincero impegno di affrontare con essa le sfide del nostro tempo, risolvendole a vantaggio dell'uomo "prima fondamentale via della Chiesa" (RH 14), tracciata da Cristo stesso nel mistero della sua Incarnazione e Redenzione.

L'esperienza e la dottrina del vostro padre sant'Agostino offrono a voi indicazioni precise e autorevoli circa la presenza e la missione che vi spetta nella Chiesa e nel mondo di oggi.


2. Sant'Agostino, come ben sapete, ha studiato a fondo il "problema dell'uomo" (cfr. "Confessiones" IV, 4, 9: PL 32, 397), le sue angosce e le sue aspirazioni.

Egli è riuscito in qualche modo a sintonizzarsi con ogni uomo, avendone conosciuto e sperimentato la miseria e la grandezza. Nel suo incontro con Cristo attraverso la conversione, sant'Agostino ha individuato la vera soluzione del problema.

L'uomo non si comprende senza un riferimento a Dio; solo Cristo può offrire la liberazione e la salvezza che egli va cercando (cfr. "Allocutio in aedibus Athenaei Augustiani, XVI expleto saeculo a conversione S. Augustini, episcopi et Ecclesiae doctoris", 4, die 17 sept. 1986: , IX, 2 [1986] 645).

Questa stessa esperienza, vissuta da ciascuno di voi nelle vostre comunità è ancora oggi un dono prezioso da custodire e da offrire all'uomo contemporaneo, sempre alla ricerca di verità e di soluzioni liberanti. Con una esperienza di Cristo forte, gioiosa e trasparente voi potete contribuire all'impegno costante della Chiesa nel suo ministero a favore di tutti gli uomini.


3. Sant'Agostino è stato anche un grande contemplativo, ed ha avuto il pregevole merito di saper tradurre la sua forte passione per Dio in un infaticabile servizio verso ogni categoria di persone, in risposta alle diverse "necessità" della Chiesa del suo tempo. Mentre non ha cessato di coltivare l'interiorità nell'intimo della quale c'è Dio (cfr. "De Trinitate", VIII, 7, 11: PL 42, 957), egli non si è mai sottratto alle esigenze del "Cristo povero", ogni qualvolta questi ha bussato alla porta della sua pace ("In Jo. Ev.", tr. 57, 4: PL 35, 1791). Allo studio incessante della Parola di Dio e dei problemi del suo tempo, Agostino ha saputo unire con grande ed invidiabile equilibrio una carità sempre pronta ad accogliere le richieste del "Cristo bisognoso" di pane e di verità.

Ecco un altro vostro importante compito a vantaggio della Chiesa e dell'uomo contemporaneo; una convinta e profonda contemplazione dell'amore e della bellezza di Dio, che vi permetta la diffusione del buon profumo di Cristo (cfr "Regula", VIII, 1: PL 32, 1 384). In un mondo in cui purtroppo si registrano ancora molteplici squilibri per mancanza di amore e di fiducia verso Dio e la sua giustizia, e quanto mai importante la testimonianza di chi fonda la sua vita sull'ascolto e sulla contemplazione di questo Dio, per servire poi i fratelli ispirandosi al modello del suo amore gratuito e misericordioso. Le vostre comunità dovrebbero diventare, perciò in maniera sempre più evidente luoghi ricchi di umanità e di accoglienza, proprio perché in esse si prega e si gusta l'incontro con Dio.


4. Sant'Agostino si è costantemente ispirato alla prima Chiesa di Gerusalemme, descritta da san Luca negli Atti degli Apostoli (Ac 2 et 4), quale fecondo modello di comunione e di condivisione. Le sue stesse comunità monastiche sono state da lui modellate su questa comunità, perché fosse ancor più evidente il significato che per l'intera umanità riveste la Chiesa, "mistero di comunione e di unità" (cfr LG 1; S. Augustini, "Enarr. in Ps. 132", 9: PL 37, 1735).

Questo periodo postconciliare è stato caratterizzato dalla riflessione di tutta la Chiesa sulla propria identità. Ora pero, nella prospettiva di una rinnovata evangelizzazione occorrono modelli vivi ed efficaci di vita ecclesiale; occorre che si "rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità" (cfr CL 34). Chi, dunque, più di voi può aiutare la Chiesa in questo servizio di comunione nella Chiesa e nel mondo? Auspico di cuore che questo capitolo segni l'inizio di un sincero e rinnovato impegno della vostra famiglia religiosa, perché diventi segno e fermento di nuove comunità ecclesiali in cui tutti i cristiani - laici, religiosi e sacerdoti - si sentano un solo Corpo con Cristo, il "Cristo unico", il "Cristo totale" (cfr. S. Augustini, "Epist. 243", 4: PL 35, 1056; "In Io. Ev." 21, 8: PL 35, 1568; cfr. "Augustinum Hipponensem", II).


5. Desidero concludere con un auspicio ed una esortazione. L'auspicio che la "dottrina di sant'Agostino sia studiata e largamente conosciuta e il suo zelo pastorale imitato, affinché il magistero di tanto dottore e pastore continui nella Chiesa e nel mondo a favore della cultura e della fede" ("Epist. 243", 4: PL 35, 1056; "In Io. Ev." 21, 8: PL 35, 1568; cfr. "Augustinum Hipponensem", II, conclusio). L'esortazione che con un atteggiamento profetico e di fede, vi apriate coraggiosamente alle nuove frontiere della Chiesa, impegnandovi a ridare vitalità alla vostra esperienza con una maggiore consapevolezza della vostra identità e con un costante e peculiare lavoro per la proposta vocazionale e la formazione dei nuovi candidati al vostro ordine.

La Vergine Maria, che voi onorate particolarmente con i bei titoli di madre della consolazione e del buon consiglio, accompagni i vostri passi e interceda perché possiate fare sempre tutto ciò che il Figlio suo Gesù vi dirà (cfr Jn 2,5).

Invocando la grazia del Signore, imparto di cuore la benedizione apostolica a voi qui presenti, a tutti i fratelli dell'Ordine Agostiniano, alle dilette monache agostiniane di vita contemplativa, ai membri degli istituti che fanno parte della famiglia agostiniana e a tutti i laici a voi in qualche modo legati da vincoli di amicizia e di collaborazione.

1989-09-26

Martedi 26 Settembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Pisa