GPII 1989 Insegnamenti - Congedo dalla comunità - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

Congedo dalla comunità - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

Il congedo dalla comunità di Castel Gandolfo


Signor sindaco, signori della giunta comunale! Questo incontro di commiato alla fine della mia permanenza a Castel Gandolfo è una bella consuetudine, la quale consente a me e a voi di manifestare reciproca stima, deferenza ed affetto. Sentimenti, questi che provo anche verso l'intera popolazione di Castel Gandolfo.

Nel dirle, signor sindaco, il mio compiacimento per l'indirizzo di saluto, con il quale ella ha inteso farsi espressione dei sentimenti dei suoi collaboratori e concittadini, desidero ringraziare tutti per la cordiale accoglienza. Essa mi ha confermato che la vostra ospitalità è offerta non ad una persona estranea, ma a una persona amica, che è partecipe della vita e dei problemi di questa diletta città.

Egregi signori, a voi, che siete responsabili di questa amministrazione, rivolgo l'esortazione a continuare nell'espletamento del vostro compito, ispirandovi ai principi cristiani della dignità della persona umana. In tal modo, nel promuovere il progresso sociale e civile di Castel Gandolfo non sottovaluterete l'azione che incrementa il retto e doveroso sviluppo morale.

Infatti la crescita etica è ben ordinata quando si ispira al disegno che Dio ha iscritto nel cuore di ogni persona ed ha rivelato nel vero, grande amore del Redentore.

A testimonianza della mia particolare benevolenza e con i voti cordiali di una vita serena ed operosa, vi imparto la benedizione apostolica.

[Testo del discorso rivolto dal Santo Padre a dirigenti, ufficiali, funzionari ed agenti delle forze dell'ordine:] Cari agenti della pubblica sicurezza, della polizia stradale, e dell'arma dei carabinieri.

Come è ormai consuetudine, anche quest'anno, prima di lasciare questa amena cittadina di Castel Gandolfo, non posso non esprimere a tutti voi la mia gratitudine per il vostro prezioso servizio, col quale mi avete accompagnato ed assistito negli incontri con i numerosi gruppi di pellegrini e di visitatori, nelle quotidiane attività pastorali, nei viaggi e negli spostamenti per l'udienza generale del mercoledi.

Vi ringrazio per la dedizione e la premura con cui avete curato il buon andamento delle udienze e delle manifestazioni religiose. Il vostro impegno ha fatto si che tutto fosse in ordine, e regnasse una atmosfera di serenità, di tranquillità e di sicurezza, che dispone gli animi alla riflessione e all'ascolto delle verità che il Papa, quale successore di Pietro sente di dover annunciare agli uomini di buona volontà nel nome di Cristo.

Chiedo al Signore ed alla "Virgo Fidelis", protettrice delle forze dell'ordine, che il vostro lavoro diligente, puntuale e coraggioso vi sia ricompensato non solo dalla giustizia umana, ma anche dalla bontà divina, con quella abbondanza di grazie che solo Dio può concedere a coloro che lo servono nei fratelli.

Ancora grazie vivissime! Scenda la mia affettuosa benedizione su di voi, sui vostri familiari, i vostri colleghi, i vostri superiori e su tutte le persone care.

1989-09-26

Martedi 26 Settembre 1989




La tradizionale "pesca" con i dipendenti a Castel Gandolfo (Roma)

Il saluto al personale delle Ville pontifice


Il mio soggiorno estivo comincia sempre con la santa Messa celebrata la prima domenica e si conclude, come oggi, con questo incontro di congedo e la tradizionale "pesca". Questa "pesca", è, come ha ricordato il direttore, un momento anche gioioso perché porta con sé un dono piccolo o grande, più o meno prezioso, ma imprevisto, inatteso o forse anche atteso. E ciò corrisponde perfettamente alla struttura della nostra vita, al suo dinamismo, poiché in essa ci troviamo continuamente di fronte a doni imprevisti, e anche a delle sofferenze, a delle ferite impreviste, a gioie, dunque, e a tristezze. Ecco possiamo dire che la vita umana sia in questo senso molto simile ad una "pesca".

Vorrei tornare pero a quella Messa con la quale iniziammo la nostra coesistenza estiva in queste Ville. L'Eucaristia non ci parla di un dono fortuito, di un dono passeggero, che dà gioia perché l'abbiamo "pescato". Ma ci parla di un dono assoluto, ci parla della grazia di Dio, ci mette sempre davanti agli occhi la realtà della nostra fede, della nostra esistenza cristiana, ci porta la presenza di Cristo, Figlio di Dio che si è fatto uomo e ha dato se stesso per noi, per ciascuno di noi, per farci vivere in modo nuovo, a sua immagine, come figli di Dio. Allora ogni volta che celebriamo la Messa, ogni volta che partecipiamo a questo sacrificio incontriamo un Assoluto, un Assoluto che viene da Dio, un'assoluta bontà, un'assoluta verità, la grazia. La grazia è la vita nuova di ciascuno di noi, ma in Dio. E questo è un destino non passeggero, non fortuito: è un dono definitivo col quale diventiamo ricchi, anche se siamo poveri; diventiamo nuovi, anche se siamo vecchi; diventiamo giovani, anche se siamo anziani. Io oggi concludendo con la "pesca" il mio periodo di permanenza tra voi, faccio tornare al mistero eucaristico la vostra attenzione per centrare i miei auguri soprattutto su quella realtà, sul mistero della grazia divina con la quale Dio stesso, per il tramite dello Spirito Santo, ci fa essere nuovi, giovani, ricchi e felici nella prospettiva della felicità eterna. Questo è quanto esprime la santa Messa e tutto questo corona la nostra esistenza transeunte, passeggera.

Voglio così formulare il mio augurio in quest'ultima giornata tornando alla prima; voglio augurare questo bene soprannaturale, questo bene che non cambia, che non si perde. Voglio augurarlo a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, ai più anziani che conoscono bene il peso della vita ed hanno già una piena esperienza dell'esistenza terrena, ed anche a questi giovani che affrontano il futuro, cercano le strade della loro vocazione, della loro professione, e lo auguro anche a questi più piccoli per i quali la vita è ancora un'incognita e dunque la vivono ancora felici nella inconsapevolezza di quello che la vita realmente è, ma questo è un loro diritto. Vi auguro dunque questo bene della garazia, un bene che Dio ha previsto per ciascuno di noi, ancor più che questo piccolo bene che il Papa e gli organizzatori hanno previsto per questa serata, perché il dono di Dio è stato previsto nella prospettiva della nostra esistenza perenne, immortale.

Con questo augurio ringrazio tutti per il contributo che ciascuno di voi porta nella vita di questo bene comune che sono le Ville di Castel Gandolfo. Vi benedico tutti, presenti ed assenti, in particolare il più giovane, quello appena nato.

1989-09-26

Martedi 26 Settembre 1989









Il Santo Padre ricorda i Sommi Pontefici defunti Paolo VI e Giovanni Paolo I - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Si sono spesi generosamente fino all'estremo respiro


La celebrazione anniversaria in suffragio dei Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I ci riconduce qui, presso la loro tomba e presso il sepolcro dell'apostolo Pietro, per una comune preghiera nel ricordo del loro generoso servizio ecclesiale e della loro testimonianza di totale dedizione a Dio e ai fratelli. Non possiamo compiere questo atto di cristiana pietà senza fermarci, almeno per un istante, a riflettere sulla eredità spirituale che questi due Pontefici hanno lasciato a tutta la Chiesa.

E' a tutti nota la multiforme ricchezza del pontificato di Paolo VI, il Papa che porto avanti coraggiosamente e felicemente concluse il Concilio Vaticano II, avviato non senza un'ispirazione dall'Alto dal predecessore, Giovanni XXIII.

Egli conobbe profondamente e segui con assidua attenzione le trasformazioni del mondo moderno, nel costante assillo di raccoglierne gli aspetti positivi, di correggerne le devianze, di orientarne gli sviluppi verso mete di autentico progresso. Soprattutto, egli si dedico con appassionato trasporto a scandagliare il mistero umano-divino della Chiesa al quale dedico la sua prima enciclica e sul quale volle si concentrasse con impegno preferenziale l'attenzione del Concilio.

Egli opero, altresi, instancabilmente per la pace, ricordando a tutti con chiarezza, fin dal messaggio istitutivo dell'annuale Giornata Mondiale, che "di pace non si può legittimamente parlare, ove della pace non si riconoscano e non si rispettino i solidi fondamenti".

Il Papa Giovanni Paolo I, nel suo breve pontificato, lascio alla Chiesa un messaggio la cui eco continua a risuonare insistentemente nell'animo dei fedeli. Egli insegno con incisiva chiarezza il valore fondamentale delle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, ravvivando nelle coscienze la consapevolezza del ruolo che tali virtù svolgono nella vita soprannaturale; ed inoltre indico ciò che la catechesi deve essere nel cammino della Chiesa dei nostri tempi, ricordando a tutti che in essa si fonda e si realizza l'insostituibile e fondamentale compito di ogni apostolo del Signore.

Noi invochiamo da Dio la pace ed il premio eterno per questi due suoi servi fedeli, che gli hanno reso una luminosa testimonianza davanti al mondo contemporaneo. Al tempo stesso, ad essi chiediamo di intercedere per la Chiesa, che tanto hanno amato e per la quale si sono generosamente spesi fino all'estremo respiro. Per parte nostra, ci impegnamo a mantener viva nei nostri cuori la loro immagine, e a raccogliere dall'esempio della loro vita e dalla ricchezza del loro messaggio indicazioni preziose per una più coerente ed incisiva presenza apostolica nel mondo.

1989-09-28

Giovedi 28 Settembre 1989




Al capitolo generale dei Carmelitani dell'Antica Osservanza - Città del Vaticano (Roma)

Offrite al mondo secolarizzato il volto di Cristo come fonte di speranza e di dignità


Cari fratelli.

Il mio animo si apre al più cordiale saluto nell'accogliere in voi i qualificati rappresentanti dell'Ordine Carmelitano dell'Antica Osservanza, riuniti in questi giorni a Sassone per i lavori del capitolo generale. Ringrazio il priore generale John Malley per le parole di omaggio, con cui ha voluto aprire questo incontro. A lui e a tutti voi esprimo i miei fervidi auguri per un rinnovato slancio nella ripresa della attività proprie del vostro benemerito ordine.


1. Il capitolo generale è un grande momento di grazia per ogni famiglia religiosa.

E' un momento di rinnovato impegno e di fedeltà al proprio carisma, di memoria comunitaria della presenza dello Spirito in mezzo alla famiglia. L'Ordine Carmelitano, a cui appartenete, affonda le sue radici nella terra di Gesù e di Maria; sul monte Carmelo, ricco di simbolismo spirituale e di memorie legate al profeta Elia. Il cammino pellegrinante verso i luoghi della Redenzione ha marcato l'esperienza di Dio e la spiritualità che formano la eredità più preziosa che il Carmelo tiene viva nel Popolo di Dio.

Più volte in questi ultimi anni ho voluto invitare i fedeli e le persone di buona volontà a volgere con speranza, ma anche con rinnovata fedeltà, lo sguardo al terzo millennio dell'èra di Cristo. Ultimamente con l'anno mariano tutta la Chiesa è stata chiamata a prepararsi con Maria a questo evento che "apre come una nuova prospettiva" (RMA 49) alla umanità intera sotto il segno di Cristo, redentore dell'uomo.


2. Sono contento che l'Ordine Carmelitano ha voluto rispondere a queste esortazioni scegliendo come tema focale del capitolo generale: "Carmelo 2000: Eredità, Profezia e Sfida. Elia, che fai tu qui?" (cfr 1R 19,13). La situazione attuale del mondo manifesta le trasformazioni che fondano speranze valide per un futuro migliore per tutti quanti, pero rivela anche molteplici minacce finora sconosciute (DM 2). La famiglia carmelitana, insieme con tutta la Chiesa, deve avere la fortezza di venire incontro a questo futuro con coraggio.

Questo tema del vostro capitolo generale è destinato a sollecitare una maggiore consapevolezza del dono prezioso della spiritualità carmelitana e a prendere coscienza in modo sempre più avvertito della stima di cui il carisma carmelitano gode nella Chiesa. Esso infatti è un dono dello Spirito alla Chiesa, che contribuisce ad edificarla con la secolare esperienza di interiorità, di contemplazione, di fraternità e di servizio profetico.


3. L'eredità dell'ordine è legata alla prima chiamata sul monte Carmelo degli eremiti che si davano alla contemplazione e alla solitudine; essa ricorda come l'ordine si è messo al servizio della Chiesa e del Vangelo; ha testimoniato attraverso i secoli i valori della vita religiosa, imitando il profeta Elia, e Maria, splendore e madre del Carmelo, ascoltatrice attenta della Parola di Dio, solidale con il popolo dell'alleanza e con la sofferenza degli oppressi di ogni genere.

La profezia del carisma dell'ordine si rifà ad Elia, appassionato assertore della presenza viva di Dio nella storia e negli eventi. I carmelitani, gli unici nell'Occidente che celebrano la festa e il messaggio di Elia, sono chiamati ad essere profeti e testimoni nella "notte oscura" dello spirito che la nostra società sta vivendo. L'esempio zelante di Elia deve risvegliare in tutta la famiglia carmelitana uno sguardo vigile di fede profonda, sulla situazione attuale dell'uomo di oggi e sulle minacce che ne avvelenano l'ambiente e le radici stesse della vita: il suo rapporto con Dio, il senso della vita, del lavoro, della giustizia e della oppressione, della dignità autentica di ogni vivente.

La sfida poi rivolta all'Ordine del Carmelo nel suo viaggio verso l'anno 2000 è la stessa che è di fronte a tutta la Chiesa: di offrire al mondo secolarizzato il volto di Cristo come fonte di speranza e di dignità. E' una sfida di fede che lancia tutta la Chiesa verso un futuro sconosciuto, ma certamente pieno di potenzialità e ottimismo per il Regno di Dio. Il Carmelo deve portare il proprio contributo, camminando in compagnia di ogni uomo e donna, verso le sfide che, in dimensioni ormai cosmiche, l'umanità si trova ad affrontare.


4. So che questo capitolo generale ha lavorato in un clima di speranza e di fiducia verso il futuro, tenendo pero sempre presente la tradizione antica dell'ordine. Con questo spirito avete voluto ristrutturare il vostro governo centrale, senza tradire il patrimonio peculiare della vostra spiritualità, ma anzi, per renderlo sempre più rispondente alle esigenze del servizio di tutto l'ordine. In questo modo avete preso considerazione delle varie divisioni del mondo attuale (cfr SRS 20) e avete voluto dare maggior attenzione alle zone emergenti del mondo (cfr. Pauli VI, "Populorum Progressio"), ai problemi inerenti ad una vera evangelizzazione, alla vostra opzione preferenziale per i poveri di ogni nazione e al vostro impegno per la giustizia e la pace nel mondo. La dimensione internazionale del vostro ordine vi arricchisce e vi fa tener presente anche l'aspetto della famiglia carmelitana allargata e l'importanza dei laici che condividono il vostro carisma.

E' su questo scenario universale che deve aprirsi la già ricca tradizione di spiritualità del Carmelo che si sente profondamente coinvolto in questa sfida che il mondo attuale pone alla missione evangelizzatrice della Chiesa.


5. Durante questo capitolo generale avete voluto non solo rivedere la vostra legislazione e scegliere un governo centrale secondo le strutture rinnovate, ma avete voluto anche programmare le linee operative del prossimo sessennio, valutando precisamente i criteri di azione e identificando i problemi più gravi e urgenti. Lo stesso tema del capitolo dovrebbe suscitare stimolo e speranza nei cuori. Il capitolo generale è una celebrazione della vostra fraternità internazionale; un incontro con la realtà esistenziale dell'ordine con i suoi limiti e i suoi pregi. perciò alla fine del capitolo generale, con tutti i piani fatti, tutti devono sentirsi ispirati ed incoraggiati a camminare con Cristo, accompagnati da Maria ed Elia verso il terzo millennio, verso quel futuro del quale solo Gesù è Signore! A questo scopo vi imparto la benedizione apostolica, che estendo a tutti i membri del vostro ordine.

1989-09-29

Venerdi 29 Settembre 1989




Ai Vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Gesù Cristo è la maggiore ricchezza che la Chiesa può offrire ai Peruviani per ottenere la riconciliazione nella vita sociale


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Siate i benvenuti in questo incontro collegiale che è per me motivo di profonda gioia e che mi consente di condividere le vostre preoccupazioni e soddisfazioni e conoscere le aspirazioni e le speranze che vi spronano alla costruzione delle comunità che il Signore ha affidato alle vostre cure pastorali.

In questi momenti di intimità il mio pensiero si rivolge a tutte le diocesi che rappresentate, ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli tutti. Vi ringrazio vivamente per questa visita che avete preparato con tanta cura e che viene a rafforzare il vincolo interiore che ci unisce nella preghiera, nella fede e nell'amore operoso.

Durante i colloqui personali che abbiamo avuto, ho riscontrato ancora una volta la vitalità delle vostre Chiese particolari, che sento tanto vicine al mio cuore di Pastore. Sono ancora vive nella mia mente le intense giornate dei miei pellegrinaggi apostolici nel vostro Paese, nel corso dei quali i cattolici peruviani hanno mostrato in ogni momento uno speciale affetto ed adesione al successore di Pietro.

Questo incontro mi offre inoltre l'opportunità di manifestarvi la mia gioia e la mia gratitudine per il vostro generoso impegno nel perpetuare la missione dell'annuncio del Vangelo perché "la Parola del Signore si diffonda e sia glorificata" (2Th 3,1) e sia proclamata ed instaurata la potestà di Dio su tutta la terra. Voi, quali Vescovi, siete i principali responsabili della costruzione e della crescita delle Chiese locali che vi sono state affidate. Come principio visibile di comunione (cfr LG 23) è vostra missione quella di consolidare l'unità del Popolo di Dio sulle solide e ferme basi della verità, della fede e della carità. Per raggiungere quegli obiettivi non dovete cessare di promuovere la retta trasmissione della fede ed il rispetto per la disciplina comune di tutta la Chiesa (cfr LG 23), vedendo in ciò una concreta manifestazione del vostro amore verso il gregge di Cristo.


2. Qualche volta è stato possibile pensare erroneamente che la libertà di indagine del teologo ed il pluralismo ecclesiale limitano la portata della vigilanza del Pastore sulle dottrine che mettono in pericolo l'unità del gregge e la stessa vita cristiana. Ciò nonostante, sappiamo bene, per la testimonianza del Buon Pastore (cfr Mt 18,12-14 Lc 15,4-7 Mt 26,31 Mc 6,34 Jn 10,1-15 Jn 10,26-29 Jn 21,15-17), che nulla deve ostacolare la vigilanza di un Vescovo sulla crescita della porzione di Popolo di Dio affidato alla sua cura, nella costante aspirazione che i fedeli in Cristo crescano nella verità della fede, si rafforzino nella speranza e si infiammino di zelo nella carità (cfr CD 12 CD 15). Oltre a ciò, l'ardore della carità deve portare il Pastore a venire incontro a quanti hanno smarrito la via, invitandoli, con premura, a correggere la rotta e chiamandoli nuovamente alla pienezza della fede della Chiesa ed a rendere esplicita la loro adesione agli insegnamenti e agli orientamenti del Magistero (cfr. Conf. Episc. Peruviae, "Documentum de teologia liberationis", 73).

D'altra parte, come ho avuto occasione di farvi presente durante il nostro ultimo incontro a Lima, "la vita urbana del Perù, scossa da anni dalla violenza e dal terrorismo, dalla povertà, dal traffico della droga, dal deterioramento della morale e da altri mali, non può restare in alcun modo al margine della vostra parola orientatrice" ("Limae, allocutio ad episcopos peruanos", die 15 maii 1988: , XI, 2 [1988] 1430).


3. Il grande compito del momento attuale è quello di promuovere la rinnovata evangelizzazione e riconciliazione delle vostre Chiese locali, affinché così evangelizzate e riconciliate siano a loro volta evangelizzatrici e riconciliatrici di tutti quanti ne hanno bisogno (cfr. Pauli VI, EN 13; RP 8-9). Le molteplici fratture che sorgono dal peccato degli uomini e che si riflettono in una crisi di valori ed in strutture ingiuste sono ostacoli alla realizzazione delle persone ed alla loro crescita in dignità. Dimostrando il loro contrasto con il disegno di Dio, queste fratture manifestano l'urgente bisogno di un'evangelizzazione portatrice di amore, di autentica pace, di perdono, di fratellanza che porti la riconciliazione ai cuori infranti dal dolore, vittime della violenza, emarginati dall'odio.

La nuova evangelizzazione in cui, con la Chiesa pellegrina in altre nazioni latinoamericane, siete impegnati, implica un profondo rinnovamento della vita di ciascun cristiano e della comunità ecclesiale nel suo insieme. La Chiesa, formata da uomini che sono segnati dall'impronta del peccato. è insieme "santa e sempre bisognosa di purificazione" e ciò richiede l'instancabile applicazione alla penitenza e al suo rinnovamento (cfr LG 8), riaffermando la piena fedeltà, e rifiutando ogni riduzione della verità evangelica. "Il vostro ufficio di Pastori e maestri della fede comprende in modo ineludibile l'obbligo di discernere, chiarire e proporre rimedi alle deviazioni che si presentino, ogni qualvolta si renda necessario" ("Liame, allocutio ad episcopos peruanos", die 15 maii 1988: , XI, 2 [1988] 1430).


4. Le necessità più urgenti che riscontrate nella realtà del Perù hanno il loro culmine nell'insieme delle circostanze che minacciano l'uomo concreto che soffre dinanzi ai colpi della crisi economica, dinanzi a situazioni che attentano alla sua dignità umana e al suo diritto a una vita degna della sua condizione di persona e dinanzi all'insicurezza e alla violenza che minano la fratellanza fra connazionali. E' proprio per cercare di dare una risposta a una situazione tanto angosciosa e alle cause profonde radicate nel peccato e nella crisi dei valori, avete proclamato che la maggiore ricchezza che la Chiesa possa offrire ai Peruviani per giungere al rinnovamento della vita personale e alla riconciliazione sociale è Gesù Cristo (cfr. Conf. Episc. Peruviae, "Nuntius de hodierna situatione", 1). Soltanto un incontro personale e sincero con il Signore può aiutare a raggiungere la vera pace, la giustizia, la fortezza, l'amore, la riconciliazione cui anelano i cuori dei Peruviani.

Come avete ben detto, la crisi ha la sua origine nel cuore degli uomini.

Dinanzi a tanta confusione e dolore è indispensabile tornare all'uomo; approfondire la sua personale identità per scoprire le autentiche vie che conducono al senso pieno della vita umana e alla realizzazione del disegno di Dio per la società. E come si può fare ciò senza la luce di Cristo? Come farlo senza ricorrere a colui che mostra all'uomo la sua identità in quanto uomo? (cfr GS 22). E' per questo che la Chiesa desidera "che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la potenza di quella verità sull'uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, con la potenza di quell'amore che da essa irradia" (RH 13).


5. Il rinnovamento della vita sociale passa attraverso l'annuncio del Signore Gesù, che salva, libera e riconcilia l'essere umano. La Chiesa, di conseguenza, fedele alla sua missione, deve porre un'attenzione particolarissima nell'annuncio del Vangelo quando viene incontro all'uomo nella sua realtà concreta, con le sue angosce e speranze. Il compito di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo spetta a tutti i credenti. Ciò nonostante i sacerdoti, "resi partecipi in modo speciale del sacerdozio di Cristo" (PO 5), quali immediati collaboratori dei Vescovi (cfr LG 21) e collaboratori del disegno salvifico di Dio, rendono manifesta la salvezza in Cristo mediante la celebrazione dei santi misteri (cfr PO 22), come araldi e ministri della riconciliazione di Cristo sino ai confini della terra (cfr 2Co 5,18 Ac 1,8).

Vegliate pertanto affinché i sacerdoti, convocati dal Signore quali vostri collaboratori, possiedano una solida formazione umana, intellettuale e spirituale. Osservate bene le qualità dei chiamati al sacerdozio, poiché è preferibile avere meno sacerdoti che permettere che quanti non possiedono i requisiti dovuti accedano alla vita sacerdotale.

Poco fa abbiamo ricordato con la Chiesa dell'America Latina il ventesimo anniversario della conferenza di Medellin. Già allora, accogliendo gli orientamenti del Concilio Vaticano II, i Vescovi latino-americani dicevano: "Venga curata l'integralità dottrinale dinanzi ad una tendenza verso novità non sufficientemente fondate. Si insista inoltre su un approfondimento che raggiunga, se è possibile, un alto livello intellettuale, tenendo presente in particolare la formazione del Pastore" ("Medellin", 13.17; cfr. OT 15-16; Pauli VI, "Allocutio in aperitione II Conferentiae generalis episcoporum Americae Latinae", die 24 aug. 1968: Insegnamenti di Paolo VI, VI [1968] 403ss).

Insieme al Vescovo, servitore di una Chiesa serva di Dio, il sacerdote deve lasciarsi compenetrare affinché il servizio di Cristo aderisca al suo essere e si esprima in un atteggiamento cordiale, fraterno, al di sopra di ideologie o gruppi, per annunciare il Signore, per trasmettere salute, per portare gioia e consolazione a coloro che più soffrono, ai poveri, a quanti non hanno voce, a quanti vedono schiacciata la propria dignità umana.


6. La Chiesa riconosce con gratitudine ed apprezzamento l'enorme opera che le famiglie religiose hanno sviluppato nel radicamento della fede in America Latina.

Anche oggi esse svolgono un ruolo insostituibile nell'apostolato e nell'azione ministeriale in molte delle vostre circoscrizioni ecclesiastiche. Accanto alla testimonianza dei loro carismi specifici, è di particolare importanza approfondire la coscienza dell'unità ecclesiale che rende possibile il superamento delle difficoltà che si possono presentare e rafforza la piena integrazione dei religiosi e delle religiose nella pastorale d'insieme. L'intima unione con i legittimi Pastori e la docilità agli insegnamenti della Chiesa susciterà anche "tra il clero diocesano e le comunità dei religiosi rinnovati vincoli di fraternità e di collaborazione. Si dia perciò grande importanza a tutti quei mezzi, anche se semplici nè propriamente formali, che giovino ad accrescere la mutua fiducia, la solidarietà apostolica e la fraterna concordia" (cfr. "Ecclesiae Sanctae" I, 28; "Mutuae Relationes", 37).

Dinanzi all'esiguità del clero, nel far fronte ai bisogni spirituali delle vostre comunità più lontane, dovete ricorrere ai catechisti e ad altri operatori pastorali, che effettuano una encomiabile opera quali collaboratori vostri e dei sacerdoti. Alla vigilia del quinto centenario dell'evangelizzazione dell'America Latina, non posso fare a meno di ricordare quei valorosi e fedeli maestri di dottrina che in passato hanno istruito nella fede e nei buoni costumi gli abitanti del Perù, quali efficaci collaboratori dei sacerdoti che avevano la cura delle anime nei vasti altopiani della vostra Nazione. Ai nostri giorni i catechisti devono ricevere una formazione intensa ed adeguata che renda la loro azione pastorale sempre più rispondente al rinnovamento della Chiesa dinanzi al terzo millennio del cristianesimo. Dovete mostrare una particolare sollecitudine nei confronti delle comunità indigene nella necessaria opera di evangelizzazione integrale, che porti, al tempo stesso, al consolidamento dei gruppi etnici e ad un maggiore sviluppo dei loro valori autoctoni.


7. Nel quadro dell'azione evangelizzatrice, la famiglia cristiana deve essere l'oggetto prioritario delle vostre cure; la sua santità di vita deve essere promossa a partire da ogni singola famiglia, ricordando agli sposi cristiani che il Signore li chiama ad approfondire l'amore che è al tempo stesso affetto umano e carità soprannaturale. Quali Pastori della Chiesa, dovete ricordare il disegno di Dio per la famiglia cristiana e la sua missione di rendere presente l'amore e la donazione di Cristo alla sua Chiesa. E' importante, oggi più che mai, insistere sui grandi principi di comportamento che devono ispirare gli sposi cristiani, il loro compito specifico nella società, il loro ruolo di formatori e la loro missione di evangelizzatori partendo dallo stesso nucleo familiare. La famiglia è, infatti, il luogo di incontro con Dio e l'ambiente favorevole per perfezionare la grazia propria del sacramento del Matrimonio.


8. Come avete ripetutamente manifestato, siete coscienti dei mali che affliggono l'istituzione familiare nel vostro Paese. A questo proposito, non avete omesso di segnalare il basso indice di matrimoni che è chiaramente inferiore a quello delle coppie che si dichiarano cattoliche, la radicata abitudine di unioni illecite "per prova", la disgregazione della vita familiare con il divorzio, l'infedeltà o l'abbandono, la violazione del diritto alla vita e l'esclusione della fecondità. A tutto ciò si uniscono altri fattori derivanti dalla situazione di povertà in cui vivono molte delle vostre famiglie: la mancanza di un'abitazione dignitosa, la disoccupazione, la remunerazione non rapportata al costo della vita, i deleteri effetti del consumismo, la corruzione, la sfida della pornografia.

E' quindi urgente intensificare un'azione pastorale che, rispondendo alle diverse sfide che si presentano, porti le famiglie a compiere la missione di essere cenacolo dell'amore e luogo di santificazione per i loro membri, in una autentica apertura verso gli altri, in un impegno solidale ed effettivo che renda concreti gli ideali della carità cristiana. Attraverso l'unione stabile e la fedeltà coniugale, la famiglia è chiamata ad essere testimonianza della forza unificatrice dell'amore in una società tanto spesso divisa, afflitta da lotte tra fratelli, vittima talvolta della tentazione della violenza. Questo avete ripetuto nel vostro documento collettivo dello scorso mese di aprile: "Perù, scegli la vita!".


9. Quando penso al vostro Paese, uno dei ricordi che tornano alla mia mente è l'impressionante immagine di quelle centinaia di migliaia di giovani, lieti e festosi, ma anche silenziosi e disponibili all'ascolto, che si sono incontrati con il successore di Pietro per accogliere il suo messaggio in ognuna delle mie indimenticabili visite quale pellegrino del Vangelo nella vostra cara terra. Li ho potuto rendermi conto personalmente, cari fratelli nell'Episcopato, che i giovani del Perù hanno fame di Dio, una provvidenziale fame di Dio. Certamente molte persone hanno anche fame di pane, e vivono nell'angoscia e nel dolore; ma quelle situazioni, che devono essere risolte urgentemente e con la collaborazione di tutti, non placano la fame di Dio, il cui clamore risuona nelle manifestazioni di quei giovani che anelano a convertirsi, che cercano un senso per le loro vite, che esigono ideali alti e nobili, e che se non dovessero riceverli potrebbero traviarsi e cadere vittime di "succedanei quali le ideologie che conducono all'esasperazione dei conflitti e dell'odio" o di altre manifestazioni del materialismo che sparge nel mondo una cultura di morte.

Sono lieto di sapere che in Perù operano diversi movimenti ecclesiali orientati verso la gioventù. Nel vostro Paese, dove per prima è fiorita la santità in America Latina, sono sorte, per opera dello Spirito di Dio, vigorose ed originali manifestazioni apostoliche che vogliono rispondere alle sue inquietudini più profonde e che per la loro affinità latinoamericana cominciano già a estendersi ad altre nazioni sorelle. I movimenti apostolici sono una nuova benedizione del Signore per la sua Chiesa per cui, come Vescovi, dovete prestar loro una grande sollecitudine, incoraggiandoli e vegliando che siano fedeli alla fede della Chiesa e docili agli orientamenti dei suoi Pastori. Essi saranno l'alba del domani se, come la Madre del Signore, i giovani accoglieranno Gesù nel loro cuore e si identificheranno in lui, per essere testimoni di Cristo dinanzi al mondo e dinanzi agli altri giovani, annunciando il Salvatore del mondo e Signore della storia.

10. Riflettendo sui semi della fede che gettati nei solchi delle vostre terre hanno dato alla luce un popolo credente - la cui identità più profonda è legata alla Chiesa - troverete indubbiamente stimolo ed entusiasmo per portare a compimento la rinnovata evangelizzazione di ciascuna delle vostre comunità ecclesiali e per annunciare la speranza che la vita cristiana può offrire quale cammino efficace e concreto di superamento individuale e sociale.

Con il vostro sollecito orientamento, le Chiese locali devono trasformarsi in veri e propri fari di speranza per tutti coloro che cercano soluzioni ai problemi umani secondo il disegno liberatore e riconciliatore che Dio ha manifestato.

E' l'ora della speranza cristiana, l'ora in cui la Chiesa in Perù, alzando la bandiera della giustizia, mostri agli uomini che il messaggio di Gesù è attuale e si esprime in modo concreto nella vita di ciascun cristiano impegnato e cosciente della sua dignità di figlio di Dio. E' l'ora della speranza cristiana, in cui la fedeltà ai principi del Vangelo richiederà, in non poche occasioni, dolorose rinunce e silenziosi martirii, conosciuti soltanto da Dio. E' l'ora della fiducia, in cui è necessario che il grano continui a crescere nel grembo della terra, affinché un luminoso mattino si trasformi in spiga dorata dall'abbondante frutto.

Tornando alle vostre diocesi, vi prego di trasmettere ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose, operatori di pastorale e fedeli il saluto affettuoso del Papa che prega per tutti affinché il Signore dei miracoli effonda in tutto il Perù i suoi doni di pace e di giustizia nella concordia e nell'amore fraterno.

Vi benedico tutti di cuore.

1989-09-29

Venerdi 29 Settembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Congedo dalla comunità - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)