GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi maroniti in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi maroniti in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

"Basta con la distruzione del Libano!"


Beatitudine e cari fratelli nell'Episcopato della Chiesa maronita.


1. Vi accolgo con particolare affezione, in occasione del vostro pellegrinaggio alle tombe di Pietro e di Paolo, principi degli apostoli, modelli e intercessori per tutto il Collegio Episcopale. La vostra presenza a Roma in questi giorni rende ancor più fervente la mia preghiera quotidiana per il vostro popolo sofferente, per questa amatissima terra legata alle origini del cristianesimo, oggi straziata.

Nel salutare le vostre persone, il successore di Pietro desidera dire a tutti i membri della Chiesa maronita che sono vicini al suo cuore, che hanno la stima e l'amicizia di tutta la Chiesa cattolica. Beatitudine e cari fratelli: portate ai Vescovi che non hanno potuto venire, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici delle vostre diocesi, e anche ai vostri fratelli di altri riti, il messaggio di solidarietà fraterna del Papa e di tutta la Chiesa, con l'incoraggiamento a restare saldi nella fede, a continuare a lavorare per la pace nella speranza fondata sulle promesse del Signore.

Lo stesso messaggio di solidarietà del Papa, ve lo affido per tutti i Libanesi, quelli che portano con noi il nome di cristiani o quelli che hanno in comune con noi la fede nel Dio unico e onnipotente. Auspico che tutti si impegnino con coraggio e perseveranza per la pace e il bene del vostro Paese, senza mai perdere la speranza.

So che i Libanesi non considerano come un conflitto di carattere religioso la guerra da cui sono provati da tanti anni: la pluralità di appartenenze religiose che caratterizza la regione è stata vissuta per lungo tempo in una convivenza molto ricca. Non è pensabile che, in nome della fede in Dio, si possa giungere a causare tante sofferenze e a mettere in pericolo l'esistenza stessa di un Paese.


2. Beatitudine, a nome dei Vescovi e dei fedeli maroniti, voi avete voluto rivolgermi parole di gratitudine per i passi da me compiuti a favore del Libano, dal momento che condivido la vostra pena di veder continuare la terribile guerra che distrugge il vostro popolo. Come potrei non levare la mia voce, quando mi giunge l'eco di tante sofferenze ingiuste e l'immagine del sangue innocente così crudelmente versato? Appena un mese fa, ho partecipato a numerosi capi di Stato la mia inquietudine davanti ai mali che continuano a travagliare il vostro popolo e davanti alla drammatica situazione che impedisce di affrontare liberamente e senza paura l'avvenire della Patria.

In questi anni dolorosi, alle debolezze e alle incertezze dei Libanesi, ad una situazione generale difficile, si sono aggiunte o imposte delle ingerenze e degli interventi armati non libanesi. Lo ripeto ancora qui: è dovere dei paesi della regione e di tutta la comunità internazionale di agire concretamente per metter fine a questo processo di distruzione e per aiutare lealmente i Libanesi di buona volontà a riattivare il dialogo per stabilire il libero funzionamento delle istituzioni dello Stato e ricostruire una società fondata sull'uguaglianza dei diritti e sui principi di una convivenza democratica.

Apprezzo vivamente e incoraggio caldamente le iniziative attualmente in corso, e spero che riceveranno accoglienza positiva da parte delle parti direttamente interessate e il sostegno internazionale necessario.


3. In questo periodo, la vostra visita "ad limina" acquista un significato particolare. Saluto il coraggio e lo spirito di fede che vi animano nello svolgimento di questo compito ecclesiale. Auspico che il vostro pellegrinaggio sia per voi una fonte di ispirazione di nuova energia nella vostra missione. Questa fonte, in realtà, è la fede in Cristo. Gli apostoli e i martiri hanno vissuto e sono morti per essa. La fede in Cristo vincitore del male è il centro stesso del mistero cristiano. Essa proietta la sua luce su quanto di oscuro c'è nella nostra storia personale e in quella delle nostre comunità. Con la Croce Cristo ha salvato il mondo. Dal suo fianco squarciato scorre il sangue e l'acqua che vivificano il mondo. Dalla sua tomba egli si è levato la mattina di Pasqua, primogenito tra i morti. Quando la stessa sopravvivenza di un popolo e di una Chiesa ci sembrano in pericolo estremo e a giudizio umano la soluzione ci pare irraggiungibile, il nostro sguardo di fede può essere rischiarato solo dal mistero pasquale della Redenzione, da cui la Chiesa trae la sua sola ragion d'essere.

Cari fratelli, la Chiesa maronita di cui avete la cura pastorale, è oggi chiamata a rafforzare la sua coesione fraterna appoggiandosi alla presenza fedele del Salvatore nelle membra sofferenti del suo Corpo. Con la preghiera di ciascuno, con la celebrazione comune dei misteri della fede, con l'amore fraterno più forte di ogni altro sentimento, rinsaldate l'unità delle vostre comunità ecclesiali. Voi siete gli eredi di un antico patrimonio spirituale, voi costituite una pianta preziosa nella vigna dell'Oriente cristiano, amata dal Signore e da tutti rispettata. I vostri antenati, nella loro tenacia, hanno forgiato nobili tradizioni. Voi avete il compito di approfondirle nuovamente di fronte alle tribolazioni della storia.

Oggi, fa parte della vostra missione saper incoraggiare e sostenere i fedeli della vostra Chiesa e tutti i vostri connazionali di buona volontà.

Aiutateli a vincere la tentazione dell'odio, della vendetta e delle rappresaglie, e superare gli egoismi per intraprendere un dialogo sincero, sola via possibile per ricostruire la vostra società e il vostro Paese.


4. E' necessario, nel momento attuale, che tutti i membri della Chiesa si sentano coinvolti nella missione essenziale di essere i testimoni dell'amore di Cristo.

Occorre la collaborazione concertata dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei laici con tutte le responsabilità da loro esercitate nella Chiesa e nella società. Gli uni e gli altri, uniti nella preghiera e in una fede rinnovata, uniti nelle strutture ecclesiali sempre da perfezionare, saranno testimoni più credibili del messaggio di pace del Vangelo. Insieme voi potrete rinnovare a tutta la società libanese il vostro appello e una ripresa della convivenza fraterna che era ammirata molto al di là delle vostre frontiere.

Insieme, superando le divisioni e le divergenze dentro la comunità e tra i gruppi, voi darete l'esempio del reciproco rispetto delle persone e delle loro convinzioni, che è condizione prioritaria per la giustizia e la libertà. Sono certo che il Sinodo patriarcale appena concluso ha dato indicazioni molto utili in questo senso.

Conosco anche le grandi preoccupazioni causate da una notevole emigrazione, sia per il vuoto creato dalla partenza di molti fedeli sia per la cura di mantenere saldi legami tra i maroniti sparsi nel mondo. Voi desiderate, giustamente, che essi restino in vivo rapporto con la loro Chiesa madre e la loro Patria.


5. Nel vostro Paese, la vita religiosa ha radici antiche; e nel passato è stato importante il ruolo svolto dai centri monastici, nel dare un impulso spirituale e intellettuale. Auspico che oggi gli ordini religiosi libanesi, maschili e femminili, continuino e rinnovino, in piena armonia con l'Episcopato maronita, il loro contributo alla testimonianza evangelica, soprattutto attraverso la disponibilità che viene dall'osservanza fedele dei voti di castità, povertà e obbedienza. In una Chiesa particolare, c'è sempre un posto privilegiato per i religiosi e le religiose, contemplativi o apostolici. La loro convocazione li chiama a dare l'esempio del perdono, ad essere costruttori di concordia e testimoni evidenti della solidarietà nell'abnegazione. Sappiamo che noi contiamo su di loro. Giovani numerosi si uniscano a loro nel noviziato; incoraggio il loro desiderio di seguire Cristo nella consacrazione disinteressata alla preghiera e al sostegno dei loro fratelli in tutte le forme di carità fraterna.


6. Voi avete anche attualmente un grande numero di candidati al sacerdozio. Vedo in questo un segno positivo: questi giovani sono araldi del fervore di un popolo che si volge verso il Signore, rappresentano con la loro generosità un pegno di speranza. Che voi possiate condurli alla vita sacerdotale, saldi nella fede, devoti ai fedeli, instancabili artefici di unità e di pace nel nome di Cristo! Desidero rendere omaggio a tutti i sacerdoti delle vostre diocesi, alla loro sollecitudine pastorale verso le comunità, in condizioni spesso precarie. E non posso dimenticare i sacerdoti, libanesi e non, che, nel corso di questi lunghi anni di guerra, sono caduti nello svolgimento del loro ministero ecclesiale e al servizio dei loro fratelli, unendosi così alle migliaia di vittime innocenti che piangiamo.


7. Non posso oggi affrontare tutti gli aspetti della vita ecclesiale nelle vostre diocesi, ma vorrei esprimere ancora il mio incoraggiamento in due campi. Per la formazione dei giovani, la catechesi e la scuola, voi vi impegnate in modo molto meritorio. Voi direte agli educatori, che restano disponibili nonostante le condizioni spesso al limite del sopportabile, quanto il Papa apprezzi la loro dedizione e quanto sia importante il loro compito perché i giovani del vostro Paese sviluppino le potenzialità ereditate, le loro qualità, la loro disposizione all'intesa fraterna con gli amici di altri gruppi sociali e religiosi. Sia sul piano dell'educazione religiosa propriamente detta sia su quello dell'educazione in generale, auspico che il contributo dei vostri fedeli continui ad essere grande e di qualità come nel passato.

I giovani di oggi potranno così dare, in questo Libano vivo che tutti speriamo, il contributo responsabile di un lavoro di valore per la vita politica, economica e sociale. Lo faranno mostrandosi fedeli ai principi cristiani fondamentali e nel pieno rispetto della dignità e dei diritti dei loro connazionali.


8. Le sofferenze provocate dagli eventi di questi ultimi quindici anni hanno rafforzato tra voi il senso dell'aiuto vicendevole, tradizionalmente vivo nelle vostre famiglie. La Caritas libanese, altre organizzazioni, delle iniziative spontanee hanno messo in atto dei tesori di carità veramente fraterna. Molti figli del Libano danno in questo un esempio forse sconosciuto all'estero; desidero quindi rendere loro omaggio. E auspico che essi continuino la loro azione verso i feriti, verso i colpiti dai lutti, quelli che la guerra ha privato di tutto, quelli che hanno dovuto lasciare terre e case, quelli che l'insicurezza ha reso deboli. E non manchi il sostegno concreto dei cristiani dei paesi più fortunati!


9. Beatitudine e cari fratelli nell'Episcopato: la vostra visita "ad limina" mi dà l'opportunità di confermarvi tutto il mio appoggio, di cuore, nella vostra missione. Attraverso di voi, con tutti i membri delle vostre comunità, la Chiesa maronita continua ad essere presente nella società libanese, ad onorare la tradizione di san Marone, di san Charbel, della beata Rafqa e di tanti altri servi di Dio che illuminano la vostra storia. Il ritorno alla pace, tanto desiderata noi lo speriamo, noi lo domandiamo nella preghiera, noi supplichiamo tutti coloro che possono contribuirvi seguendo la loro coscienza. Poiché si tratta di salvaguardare i diritti essenziali di uomini e donne legati alla loro terra, alla loro eredità spirituale e alle loro tradizioni culturali. Si tratta di salvaguardare delle libertà fondamentali, a cominciare da quella di vivere, di essere rispettati nel proprio credo e nei rapporti umani più radicati nella persona.

Il Signore doni alla Chiesa maronita, ai suoi Pastori, al suo clero, ai suoi religiosi e alle sue religiose, ai suoi fedeli il conforto della sua grazia, la forza della fede e della speranza, l'ardore dell'amore di Cristo! Invocando gli apostoli Pietro e Paolo, i santi del vostro Paese e nostra Signora del Libano, prego Dio onnipotente e misericordioso di colmarvi delle sue benedizioni.

1989-06-24

Sabato 24 Giugno 1989




Lettera ai Vescovi del Vietnam - Città del Vaticano (Roma)

Diletti fratelli, restate uniti


A sua eminenza il Cardinale Joseph-Marie Trinh-Van-Can Arcivescovo di Hanoi Presidente della Conferenza Episcopale del Vietnam e a tutti i Vescovi del Vietnam.

In occasione del viaggio del Cardinale Roger Etchegaray nel vostro Paese, è per me una grande gioia affidargli un messaggio con il mio saluto fraterno e la sollecitudine piena di affezione che ho per voi e per il caro popolo cristiano di cui avete la responsabilità e per la nobile nazione vietnamita.

Il Cardinale risponde all'invito della vostra Conferenza Episcopale. Mi rallegro di questo segno della comunione esistente tra l'Episcopato vietnamita e il successore di Pietro, malgrado le prove e le difficoltà del vostro Paese e della Chiesa. Sono certo che questa visita contribuirà a rafforzare ancor di più i vincoli che ci uniscono, rinsaldando la collegialità dei Vescovi nell'esercizio del loro compito pastorale.

Dopo gli avvenimenti passati che hanno segnato il vostro Paese, è la prima volta che uno stretto collaboratore del Papa può incontrarvi nel vostro ambito di apostolato. Nelle due settimane che trascorrerà con voi, avrà modo di prendere contatto con le comunità diocesane delle tre provincie ecclesiastiche del nord, del centro e del sud, secondo un preciso programma pastorale. Sono lieto che egli possa farsi interprete, presso di voi, dei sentimenti che provo a vostro riguardo e che possa esprimere tutta la mia stima e la mia affezione ai figli e alle figlie del Vietnam. Al suo ritorno, mi metterà a parte delle vostre gioie e delle vostre tristezze, delle vostre preoccupazioni e delle vostre speranze, che sono oggetto della nostra sollecitudine in quanto Pastori del Popolo di Dio.

So quanto i fedeli del vostro Paese sono fieri di appartenere alla Chiesa cattolica e con quale coraggio professano la loro fede. Conosco il loro profondo attaccamento al Vangelo, e rendo grazie a Dio per la vitalità delle vostre comunità cristiane, che sono di onore per la Chiesa intera.

In diverse circostanze, ho indirizzato dei messaggi al popolo vietnamita per dirgli che è presente nel mio cuore. Oggi, attraverso il nostro caro fratello, il Cardinale Etchegaray, vorrei risvegliare nel vostro cuore l'eco della preghiera di Cristo e invitarvi a conservare l'unità profonda che risponde al desiderio supremo del Signore: "Che siano tutti una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). Si, diletti fratelli, restate uniti voi membri della Conferenza Episcopale; approfondite l'unità tra i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli laici. Siate fraternamente artefici di unità affinché il mondo creda nel nostro Signore Gesù Cristo e comprenda che la famiglia umana è amata da Dio. Mantenendo la sua coesione e sviluppando lo slancio missionario, la Chiesa cattolica potrà testimoniare il Vangelo con autenticità nel Vietnam di oggi.

Un anno fa, ho avuto la gioia di canonizzare a Roma centodiciassette vostri padri nella fede e recentemente, celebrando l'anniversario di quella canonizzazione, ho ricevuto un gruppo di vostri connazionali, con i quali ho invocato l'intercessione dei vostri santi martiri per la vostra cara Patria. La testimonianza d'amore data dall'impressionante schiera di Vescovi, sacerdoti e laici che hanno effuso il loro sangue per Cristo sia per voi di sostegno nella vita di tutti i giorni e vi faccia guardare al futuro con speranza! Sulle loro orme, i Vietnamiti di oggi continuano a dare prova di coraggio, di pazienza e volontà di vivere in pace con gli altri, uniti a Cristo e nell'unità voluta da lui! La Chiesa ha la missione di offrire agli uomini di tutte le razze e di tutte le culture la luce del Vangelo e di radunarli in un solo Spirito. Per questo si presenta come segno di fraternità e invita al dialogo. La visita del Cardinal Etchegaray nel vostro Paese è un momento positivo di questo dialogo e auspico che possa continuare, nell'amore della verità e senza esclusione di nessuno.

Nel concludere questo messaggio, mi rivolgo ancora una volta a Maria, regina del Vietnam. Vi affido tutti, Pastori, sacerdoti, religiosi e fedeli laici alla sua tenerezza materna. Vi sostenga nella fedeltà a suo Figlio e alla sua Chiesa! Sia di guida alle vostre decisioni e ottenga la realizzazione delle vostre più profonde aspirazioni! Sia al vostro fianco con i vostri connazionali per edificare un futuro migliore per tutti e per costruire una pace autentica! Di tutto cuore vi invio la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 24 giugno 1989.

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Il saluto alla popolazione - Gaeta (Latina)

Le vostre antiche tradizioni intessute di fede vi impegnano ad una coerente testimonianza cristiana


Signor ministro, signor sindaco, fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di essere in mezzo a voi, abitanti di questa antica e bella città, e a voi venuti dal sud-pontino, dal casertano, dal frusinate e dai dintorni per partecipare a questo fraterno incontro.

Ringrazio il signor ministro e il signor sindaco per le espressioni di omaggio, che mi hanno rivolto a nome del governo e della cittadinanza. Saluto di cuore tutti i presenti e quanti, pur desiderandolo, non sono potuti intervenire, ma sono collegati con noi mediante la radio e la televisione. A tutti mi sento vicino con affetto vivo e profondo.

Confido che questa mia visita valga a rinsaldare i vincoli di comunione che da sempre esistono tra la vostra città e Roma, la sede di Pietro. Cittadini di Gaeta, le vostre antiche tradizioni, intessute di fede, vi impegnano ad una vita di coerente testimonianza cristiana, capace di tradursi nelle applicazioni concrete dell'amore, secondo gli insegnamenti sempre attuali del Vangelo.


2. Gaeta, città splendida per bellezze naturali, col suo mare limpido, i suoi monti, le sue vie di collegamento, che ne fanno un importante nodo di raccordo, è luogo ricco di storia, di cultura, di arte.

Carissimi, questa vostra città, che per il suo promontorio costituisce una fortezza naturale, ha subito più volte nel corso dei secoli assedi e distruzioni, in occasione delle invasioni saracene, delle guerre per l'unificazione politica nazionale, del secondo conflitto mondiale. L'opera di ricostruzione, con cui ogni volta la popolazione ha reagito agli eventi luttuosi, è riprova eloquente del suo coraggio, della sua capacità di ripresa, della sua volontà di non avvilirsi mai neppure in mezzo alle più grandi prove.

Voi avete motivo di essere fieri del vostro passato. In esso voi dovete cercare anche ispirazione e stimolo per costruire il vostro presente e il vostro futuro, mai dimenticando che è stata soprattutto la fede nel Vangelo - qui annunciato fin dai primi anni dell'èra cristiana - a plasmare le virtù tipiche del vostro popolo, in particolare quella che oggi desidero mettere in rilievo, e che costituisce la ragione profonda della mia presenza tra voi: l'accoglienza e l'ospitalità.

A fare di Gaeta un luogo di asilo, di tranquillità, di pace, hanno contribuito, insieme con la mitezza del clima e l'amenità del paesaggio, i molteplici insediamenti monastici, maschili e femminili. Qui hanno sostato molti e illustri santi: s'affacciano alla mente, tra gli altri, i nomi di san Benedetto, san Nilo, san Francesco d'Assisi, san Filippo Neri, sant'Alfonso, san Gaspare del Bufalo. Non posso poi dimenticare, tra i grandi nomi della cultura, il Cardinale Tommaso De Vio, che qui ha visto la luce e, appunto per il suo luogo di nascita, è conosciuto nella storia della teologia come il "Caetano".


3. Per la sua caratteristica di rifugio amico, Gaeta ha avuto più volte l'onore e il merito di ospitare il successore di Pietro, nei momenti in cui la Sede romana, per l'incalzare tumultuoso delle vicende storiche, non appariva più sicura per lui. così nel 1118, per sottrarsi ai disordini che lo minacciavano a Roma, riparo qui, nella sua città d'origine, il Papa Gelasio II, appartenente alla famiglia Caetani.

E qui trovo rifugio, centoquaranta anni fa, il mio venerato predecessore Pio IX, esule da Roma per le note vicende risorgimentali. In questa città egli emano l'enciclica "Ubi Primum" che segno il passo decisivo verso la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria, avvenuta poi a Roma qualche anno dopo, l'8 dicembre 1854. A ragione, dunque, il vostro Arcivescovo, nel rivolgermi l'invito a venire tra voi, chiama Gaeta la "città dell'Immacolata".


4. Cari fratelli e sorelle di Gaeta, di Formia, dei dintorni! Mi avete accolto come successore di Pietro, il pescatore da Cristo costituito capo della Chiesa per confermare nella fede i fratelli. Mi avete accolto come successore di Gelasio II e di Pio IX.

Ecco quanto vi dico. Perseverate nel quotidiano cammino di fede con gioioso ottimismo. Restate fedeli alla Chiesa ed al Magistero dei suoi Pastori, per restare così fedeli a Cristo. Sviluppate l'affettuosa devozione, che è già nelle vostre tradizioni, verso la Vergine Madre.

Questa vostra città ha ritrovato sempre nel Vangelo le energie per risorgere e ricostruire non solo i suoi edifici materiali, ma anche il tessuto morale, civile e sociale. Voi siete oggi alle prese con nuovi problemi. Gli impianti industriali ed altri tipi di attività lavorative non hanno prodotto l'auspicato incremento sul piano economico e sociale.

Alcuni cantieri hanno chiuso i battenti. I giovani incontrano difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro e devono spesso soffrire le conseguenze di una disoccupazione che può portare all'avvilimento personale e al degrado morale.

Nonostante questo, io vi dico: Abbiate fiducia! Come avete superato le difficoltà di ieri, saprete trovare le energie per superare anche quelle di oggi.

Rimanete ancorati al valore ed al senso della famiglia. Conservate il rispetto per ogni persona umana in qualunque momento della sua esistenza.

Consolidate i sentimenti di solidarietà e di partecipazione, che sono alla base di ogni vostra passata realizzazione, sostenuti da quella fede, che è stata e sarà sempre l'anima profonda di ogni vostro autentico progresso.

Mentre vi affido alla protezione materna di Maria, imparto di cuore a tutti la benedizione apostolica.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989




Il discorso agli ammalati - Itri (Latina)

Quanti sono chiamati a soffrire con Cristo non subiscono un castigo: il loro sacrificio, accettato con amore, diviene fonte di grazia


Signor ministro, signor sindaco di Itri, Cari fratelli e sorelle, carissimi ammalati.


1. Sono venuto su questo Sacro Monte per venerare la Vergine santissima nel suo santuario della Civita, così famoso e così ricco di significato per voi, che negli occhi di Maria e nel suo volto materno cercate conforto alle sofferenze fisiche e morali.

Seguendo le orme del mio predecessore Pio IX, a centoquarant'anni dalla sua visita, ho desiderato salire quassù anch'io, iniziando questa giornata, dedicata pienamente all'arcidiocesi di Gaeta, proprio da voi, membra sofferenti del Corpo Mistico della Chiesa. Eccomi, dunque, ai piedi di Maria, salute degli infermi e aiuto di tutti i cristiani.


2. Un saluto speciale vorrei rivolgere ai responsabili delle strutture sanitarie - amministratori, medici, infermieri, ausiliari, suore e volontari - come pure ai familiari dei sofferenti.

Vi esprimo il mio apprezzamento per la dedizione con cui vi sforzate di creare intorno ai malati, immagini viventi di Cristo sofferente, un ambiente familiare, accogliente, disteso. Voi sentite il dovere di portare calore umano nel vostro lavoro, vivendolo come "vera missione", da fratello a fratello. Voi sapete, infatti, che chi soffre non cerca soltanto lo specialista capace di curare i suoi mali, ma anche l'essere umano capace di capire i suoi stati d'animo e di sostenere la sua lotta quotidiana, volta alla riconquista della salute.

In questo vostro impegno vi è anche di grande aiuto la fede, la quale vi consente di vedere nel malato i lineamenti del volto di Cristo. Non ha forse egli detto: "Ero malato e siete venuti a visitarmi?" (Mt 25,36) Queste parole risuonino continuamente dentro di voi. Lui, che legge nel segreto, vi saprà ricompensare.

Non è forse già una ricompensa preziosa la riconoscenza dei vostri malati, i quali porteranno per sempre nel cuore il ricordo della vostra dedizione, della vostra serenità, della vostra delicatezza, oltre che della vostra competenza e dell'efficacia del vostro intervento terapeutico? Il vostro servizio, spesso lungo e logorante, ha un valore inestimabile davanti alla società e soprattutto davanti al Signore.


3. Cari ammalati, io vorrei soprattutto ringraziarvi per la vostri presenza; vorrei ringraziare per le parole di un vostro rappresentante che ha saputo fare una profonda analisi di ciò che vuole dire essere malato, essere malato da cristiano, essere malato dentro la situazione del mondo contemporaneo. Ringrazio per queste parole, per questa analisi che esprime anche i sentimenti, gli atteggiamenti e le speranze di tutti voi.

Io non sono venuto unicamente per portarvi il mio incoraggiamento umano, ma per recarvi anche e soprattutto il conforto della fede cristiana. Sono venuto per dirvi che le vostre infermità sono inscritte nel disegno d'amore paterno ed esigente di Dio. Non vedete in esse una fatalità cieca, ma una prova sempre provvidenziale, anche se dal punto di vista puramente umano spesso oscura ed incomprensibile.

Elevate i vostri occhi a Cristo, che ha accettato la prova della sua Passione. Guardate a lui, l'Innocente, che ha offerto senza riserva la sua vita per salvare tutti gli uomini, a lui che si è affidato a Dio, suo Padre, con totale abbandono. In un primo momento, come sapete, egli ha chiesto che gli fosse allontanato quel calice amaro, ma poi ha subito soggiunto: "Si faccia non la mia, ma la tua Volontà" (Lc 22,42). E la sua sofferenza è divenuta per noi causa di salvezza, di perdono, di vita.

La vostra generosa unione con la sofferenza di Cristo costituisce il culmine del vostro credere. Coloro che sono chiamati a soffrire con Cristo non subiscono un castigo, ma sono messi a parte di un compito impegnativo e fecondo.

La loro sofferenza, infatti, se accettata ed offerta con amore, diviene sorgente di grazia, di pace, di gioia. Diviene la via stretta, ma sappiamo che questa è la via che conduce al paradiso.


4. Carissimi ammalati, io vi auguro di recuperare presto la salute, per poter lasciare i centri di cura e tornare alle vostre case. Vi attendono gli abituali compiti familiari e sociali, nei quali tanto bene potrete ancora fare grazie alle energie ritrovate. Io prego per la vostra sollecita guarigione.

Ora, tuttavia, che nel libro della vostra vita il capitolo della malattia non è ancora chiuso, vi raccomando di valorizzarlo in ogni sua espressione. La sofferenza, infatti, è purificazione per sè e per i fratelli, è fonte di glorificazione, è dono offerto per completare nella propria carne "quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Il vostro soffrire sia pertanto dono alla Chiesa, perché essa possa camminare più speditamente sulle strade del mondo. Accogliere nella propria vita il mistero del dolore significa riconoscere che la salvezza fiorisce dalla Croce di Cristo, e la Croce di Cristo è il vero albero della vita.

La Croce pero non è fine a se stessa. Al venerdi di Passione segue la domenica della Risurrezione. La sofferenza dell'uomo s'illumina nella prospettiva della Pasqua di Cristo. In mezzo al fitto buio delle umiliazioni, dei dubbi, dell'abbattimento che la malattia porta con sè, il credente trova conforto nella luce che splende sul volto di Cristo risorto. perciò l'Apostolo scrive anche nella seconda lettera ai Corinzi: "Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione" (2Co 1,5).


5. Carissimi fratelli e sorelle, ci troviamo qui, presso questo caro santuario, anima della vostra devozione a Maria. Ebbene, nel portare la vostra croce quotidiana, sappiate guardare alla Vergine santa, ed ispirarvi al suo atteggiamento di totale adesione all'opera di grazia del Signore.

La risposta generosa di Maria: "Eccomi", diventi espressione anche della vostra personale adesione, momento per momento, alla volontà di Dio; diventi la vostra risposta, suggerita ed alimentata dall'amore.

Se numerosi santuari come questo sono dedicati a Maria, è perché i fedeli di ogni parte della terra hanno capito l'importanza della presenza della Vergine santa in mezzo al Popolo di Dio; hanno capito che suo compito precipuo è di "presentare" alle generazioni di tutti i tempi il Cristo "ricco di misericordia", perché ciascuno possa trovare in lui il Salvatore a cui affidare se stesso per il tempo e per l'eternità.

Prima di concludere questo mio colloquio, desidero augurare anche a voi, cari volontari delle diverse associazioni, qui presenti in numerosa rappresentanza, la prontezza e la generosità di Maria santissima nel rendere visibile agli uomini ed alle donne di oggi l'amore di Dio, che vuol dare a tutti la gioia della sua stessa vita.

Nel ringraziare tutti i volontari, voglio ancora ringraziare coloro ai quali è stato affidato questo santuario, i nostri carissimi padri passionisti, la loro comunità, il loro seminario, che ho potuto incontrare, prima, nella chiesa, nel santuario. Ed aggiungo anche una parola di ringraziamento ai giovani che compongono il coro, i quali ci hanno accompagnato con i loro canti, durante il lungo percorso dell'incontro con i malati.

Allora, mi sia permesso confermare il mio affetto e offrire un augurio di serenità nel corpo e nello spirito e come espressione di quell'affetto e di quell'augurio, voglio offrire a voi, a voi ammalati soprattutto, a tutti coloro che vi assistono, a tutti i vostri cari, le vostre famiglie ed a tutti presenti una benedizione; invito il Cardinale ed i Vescovi qui presenti a prendere parte a questa benedizione conclusiva del nostro incontro con Maria.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989




Il messaggio alle nuove generazioni - Formia (Latina)

Giovani, reagite contro la logica del peccato che è in atto per favorire la vittoria sul male e sulle sue regole inique


Carissimi giovani.


1. Vi saluto tutti con affetto e vi esprimo la mia gratitudine per essere venuti qui numerosi. Grazie per le manifestazioni di accoglienza che mi avete riservato, grazie per i vostri canti.

Un ringraziamento speciale va poi al sindaco della città ed al presidente del CONI per i nobili indirizzi da essi rivoltimi, come pure ai componenti della scuola nazionale di atletica, che ospita tutti noi in questo meraviglioso scenario. Saluto i dirigenti, i responsabili ed i giovani atleti di questa valorosa scuola, ed auspico per tutti loro che questo momento della loro vita non sia solo una tappa per conseguire i desiderati risultati tecnici e sportivi, ma diventi una vera esperienza di vita, un momento di crescita non solo delle forze fisiche, ma anche di quelle spirituali.

Esprimo le mie congratulazioni ai sei atleti che ci hanno dato la possibilità di seguire un momento di questa bella disciplina internazionale, ed in loro saluto i loro paesi e tutte le altre nazioni qui rappresentate. Saluto inoltre anche tutte le associazioni qui rappresentate, con i loro animatori e dirigenti, in particolare quei gruppi e movimenti che collaborano nell'apostolato con tutte le componenti di questa Chiesa diocesana per la diffusione del Vangelo.

Ringrazio il vostro giovane rappresentate il quale mi ha dato il benvenuto a nome di tutti.

I giovani sono e devono sempre più diventare gli apostoli dei giovani, i testimoni di Cristo tra i loro amici, nella scuola come nel lavoro, nello sport come nelle quotidiane relazioni di amicizia e di fraterna solidarietà.

La Parola di Dio non inganna ma è luce sicura


2. Nella prospettiva di questo incontro voi mi avete posto alcune domande, che corrispondono ai problemi che voi percepite con maggiore intensità, perché li avvertite - per così dire - nell'aria, in conseguenza anche del forte impatto psicologico dei mezzi di comunicazione sociale.

Devo, dunque, rispondere alle vostre questioni, e devo farlo obbedendo ad una norma che voi giustamente apprezzate. L'apostolo Paolo, in una sua lettera, ci avverte che occorre rispondere "senza comportarci con astuzia nè falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità" (2Co 4,2). Con questa franchezza io intendo parlarvi e il criterio a cui mi atterro è la verità contenuta nella Parola di Dio. Voi sapete bene che la Parola di Dio non inganna, ma è luce sicura che guida il nostro cammino.

Voi giovani portate dentro di voi un desiderio profondo di verità, dal quale scaturisce la esigenza di discernere gli autentici valori e di elaborare un degno progetto di vita. Proprio per questo voi intuite che, al di là delle gratificazioni offerte dalla cultura, dalla professione, dallo svago, resta l'attesa di una risposta all'interrogativo essenziale che sale dalle radici stesse del vostro essere: l'interrogativo sul senso della vita, sul fine per il quale siete stati chiamati a lottare e a soffrire, a vivere e a morire.

Ebbene, cari giovani, io sono qui per dirvi che la risposta a questo interrogativo esiste. Questa risposta è Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo per insegnarci ad essere pienamente uomini e per offrirci, al tempo stesso, la possibilità di essere, anche noi con lui, figli di Dio. Questo è il nostro futuro: figli nel Figlio, chiamati a partecipare con lui al suo stesso destino di gloria.

Ecco, perciò, il mio augurio: accogliete Cristo nella vostra vita. Senza l'esperienza di questo incontro interiore con Cristo, la vita può disperdersi, fin troppo facilmente, verso esperienze illusorie e consumistiche, compresa, ovviamente, quella suicida della droga o quella egoistica dello sfruttamento del prossimo e del rifiuto della solidarietà.

Una coscienza che crede di essere libera e autodeterminata costituisce un pericolo


3. Voi avete già capito, che uno dei grandi pericoli per il mondo giovanile è proprio quello di una mentalità secolarizzata, preclusa ai valori della trascendenza. Una mentalità che nega il senso del peccato in nome di una coscienza che crede di essere libera ed autodeterminata.

Giustamente alcuni di voi hanno sottolineato questo aspetto. La Chiesa, come sapete, riconosce la presenza del peccato nell'uomo. Anzitutto quello delle origini: la Sacra Scrittura insiste su questa realtà, che ha sconvolto i rapporti fondamentali tra Dio e l'uomo, e tra uomo e uomo; ma poi anche il peccato personale, che è la ribellione dell'uomo nei confronti di Dio e della sua legge.

Esistono inoltre quelle forme sociali di peccato, contro le quali voi giovani, in particolare, reagite, esigendo profondi cambiamenti delle strutture. Non a caso ho parlato, in una mia enciclica, di "strutture di peccato", che condizionano la condotta degli uomini e si innestano su atteggiamenti egoistici, su vedute grette dei valori, su calcoli politici ed economici intesi ad asservire più che a servire, col proposito di imporre agli altri la propria volontà a qualsiasi prezzo e con qualsiasi mezzo.

Contro questa logica del peccato, che è in atto, tocca anche a voi giovani reagire, per favorire la vittoria del bene sul male e sulle sue regole inique. Ciò si ottiene accogliendo i valori morali voluti da Dio, e perfezionati da Cristo con la legge della carità. Solo Dio è il sicuro fondamento di ogni morale destinata a elevare la condizione umana, solo la sua Sapienza può essere misura e guida di una vita più degna dell'uomo.

I giovani sono e devono sempre più diventare gli apostoli dei giovani


4. Uno di voi mi ha scritto: "Cosa potrei chiedere al mio Papa? Potrei chiedergli tante cose... ma cosa?... Io ho l'amore della mamma, la comprensione del papà, in breve, l'affetto della famiglia... cosa potrei chiedere di più?".

Vorrei innanzitutto dire a questo giovane quanto egli debba ringraziare Dio per il dono di una famiglia unita e per questa esperienza di autentico amore che gli è dato di fare. Una famiglia riuscita non è frutto del caso, dell'improvvisazione. Essa nasce dall'impegno generoso di tutti i suoi componenti: non solo dall'impegno dei vostri genitori, cari giovani, ma anche dal vostro.

Sentitevi, dunque, responsabili delle vostre rispettive famiglie. E' questo, oltretutto, il modo più serio di prepararvi a formare domani una vostra famiglia armoniosa e serena.

Vorrei, pero, aggiungere al mio interlocutore sconosciuto che una famiglia riuscita è molto ma non è ancora tutto. Dio nella sua bontà ci ha offerto la possibilità di entrare a far parte della sua stessa famiglia, diventando figli suoi ed acquistando in Cristo un'immensa moltitudine di fratelli. Ecco, dunque, il "di più" che questo giovane può e deve chiedere: poter essere membro degno e attivo della grande famiglia dei figli di Dio.


5. E' ben vero che, per tanti aspetti, nonostante questo stupendo messaggio di Cristo, l'uomo "sembra ben poco cambiato", come ha detto uno di voi. Ma è anche vero che Cristo ha affidato alla vostra libertà l'attuazione del suo piano di salvezza. Ogni epoca è stata una tappa del cammino della Redenzione, ed ogni epoca è formata da persone concrete, che esprimono idee e determinano comportamenti, influendo sulla mentalità e sulle scelte comuni. A voi, giovani di oggi, il compito di preparare un mondo migliore, operando con coerenza per realizzare quei valori per i quali Cristo è morto ed è risorto.

Ma badate: non si tratta di accontentarsi di aspirazioni velleitarie! Occorre agire, accogliendo un tipo di impegno che spesso vi chiederà dei sacrifici. "Bisogna che la giovinezza sia una crescita" ("Epistula Apostolica ad iuvenes internationali vertente anno iuventuti dicato", 14, die 31 mar. 1985: , VIII, 1 [1985] 790): che sia, cioè, una esperienza che raccoglie tutto ciò che è bello, che è buono, che è vero; ma che non si perde d'animo quando incontra la fatica, il sacrificio, la rinuncia. Quando si è capito questo, si è pronti a ricostruire un mondo nuovo, un mondo migliore.


6. Le altre domande rivoltemi sono connesse col tema della vocazione cristiana.

Esse riguardano, infatti, la preparazione professionale, la famiglia ed i suoi problemi d'oggi, il ruolo della donna nella Chiesa.

La vocazione di ogni cristiano, e quindi del giovane che si prepara ad un effettivo servizio nella vita, è anzitutto quella di condividere la missione della Chiesa, assumendosi la responsabilità di essere testimone del Vangelo, in comunione con tutti gli altri membri del Popolo di Dio (cfr CL 32).

Dovete prepararvi, certamente, ad un lavoro che contribuisca a promuovere il vero bene della società, di ogni uomo e di ogni donna. Ma dovete, altresi, tener presente che ogni impegno temporale è visto dal cristiano nella prospettiva del Regno di Dio. In questa prospettiva può essere che Gesù ripeta a qualcuno di voi, come un giorno ai suoi discepoli, l'invito a seguirlo più da vicino, ad accettare una speciale missione nella comunità, per essere associato a lui nel ministero sacerdotale o nella vita religiosa.

A tutti, in ogni caso, Gesù dice: "Andate anche voi nella mia vigna" (Mt 20,4). Anche la famiglia, perciò, è una vocazione, ed il nostro secolo ha bisogno che siano maggiormente affermati i valori che la riguardano: la fedeltà, il rispetto della vita e dell'amore. Ciò avviene se nella casa trovano posto la preghiera, i sacramenti, il dialogo, la carità, e soprattutto una intensa e fiduciosa intimità con Cristo.

Vocazione è anche quella della donna, anch'ella partecipe, come tutti i battezzati, della triplice missione di Gesù Cristo, sacerdote, re e profeta.

Cristo, infatti, associo Maria al mistero della Redenzione, chiamo le donne a diffondere la sua Parola e la sua carità e ad essere le prime testimoni della Resurrezione. Egli, tuttavia, riservo ai dodici il ministero eucaristico, affidando loro il compito di assicurare la sua presenza nella comunità mediante la celebrazione del memoriale della sua Pasqua.

Carissimi giovani, la Chiesa confida molto su di voi, e a voi affida il messaggio di Cristo sull'uomo, su ogni uomo. Imparate ad amare Cristo e ad amare l'umanità, per divenire a vostra volta maggiormente capaci di donarvi. Sarete così uomini e donne per gli altri, e il mondo di domani, grazie anche al vostro contributo, sarà un mondo più ricco di umanità.

Con questa speranza e con questo augurio imparto a tutti voi la benedizione apostolica.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi maroniti in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)