GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Formia (Latina)

Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Formia (Latina)

In preghiera nella "città" dell'Immacolata Concezione



1. Disponiamoci ora alla recita dell'"Angelus" per entrare, con la preghiera, nel cuore del mistero cristiano: l'Incarnazione del Verbo di Dio che "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo".

Sono lieto di recitare questa preghiera mariana nella cara arcidiocesi di Gaeta, che vanta una profonda fede e devozione verso Maria santissima. Gaeta, infatti, è chiamata "città dell'Immacolata". E' stata la culla, potremmo dire, del dogma dell'Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, perché qui il mio venerato predecessore, Pio IX, ando confermandosi nella definitiva decisione della proclamazione di quel dogma.

Da Gaeta il 2 febbraio 1849 emano l'Enciclica "Ubi Primum", con la quale chiedeva a tutti gli Arcivescovi e Vescovi della Chiesa di esprimere il proprio parere in merito. So con quanto amore vengono custoditi i ricordi di questo evento.


2. La devozione a Maria, Madre di Gesù, è testimoniata dai vari santuari a lei dedicati, che sorgono come cittadelle a difesa della fede di queste popolazioni.

Mi sono recato stamane al santuario della Madonna della Civita, in Itri, ove la santa immagine della Vergine è meta di tanti pellegrinaggi, e ivi ho incontrato gli ammalati. Da secoli folle di fedeli trovano conforto e sempre nuove ispirazioni di vita cristiana davanti alla Vergine, raffigurata nell'atto di offrire Cristo Gesù al mondo.

La sollecitudine materna di Maria per questa vostra terra è testimoniata anche dai santuari della Madonna del Colle, in Lenola, dalla Madonna del Piano, in Ausonia, dalla Madonna della Rocca, in Fondi: quante persone hanno cercato attraverso i secoli nel raccoglimento di questi luoghi sacri il contatto con Dio, imparando al tempo stesso da Maria l'abbandono fiducioso alla provvidenza e la dedizione generosa ai fratelli!


3. Altro motivo di gioia mi è dato dalla presenza di numerosi giovani venuti per incontrarmi.

In loro saluto tutti i giovani dell'arcidiocesi, esortandoli ancora una volta ad aderire a Cristo: a cercare in lui la vera via in un mondo che talora si ritrova a percorrere strade non sempre degne dell'uomo; a riconoscere in lui la fonte della vita che oggi è in molti modi minacciata; ad accogliere in lui la verità, termine appagante di ogni nostra ricerca.

Con questi pensieri ci diamo appuntamento al grande incontro che avremo a Santiago de Compostela il 19 e 20 agosto prossimo per la quarta Giornata Mondiale della Gioventù.

Agli atleti presenti in gran numero all'incontro Vorrei ancora aggiungere una parola sui nostri carissimi atleti. E questa parola viene dall'eredità, dalle lettere di san Paolo. Anche lui ha guardato gli atleti nello stadio, come noi li abbiamo guardati oggi. E questi atleti dicevano all'apostolo Paolo una verità cristiana. Egli diceva a se stesso e diceva a tutti i suoi contemporanei cristiani convertiti come lui: noi tutti siamo atleti. Perché questo sforzo che si vede negli atleti per essere il primo, per ottenere il premio, è anche sforzo che ciascuno di noi compie, deve compiere. Anzi l'uomo e specialmente il cristiano non può non essere un atleta, non può non esserlo. E così, nel nome di tutti voi giovani cristiani ed anche di noi cristiani un po' più anziani, voglio ringraziare i nostri carissimi atleti per averci dato di nuovo questo esempio della nostra vita cristiana che consiste nell'essere "un atleta di Dio". Sia lodato Gesù Cristo.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989




Ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai diaconi permanenti - Formia (Latina)

Anime consacrate: aprite il vostro cuore all'amore, donatevi, offritevi con generosità all'uomo di oggi


Carissimi fratelli e sorelle.


1. Consentitemi di esprimere innanzitutto la mia gioia per questo incontro, che ci trova in piena sintonia di ideali, di speranze, di scelte, a motivo della vocazione che ci accomuna "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (). Le parole del Salmo si attuano in questa assemblea che oggi si stringe, sotto la guida del suo Arcivescovo, monsignor Vincenzo Farano, attorno al successore di Pietro, per crescere in quella comunione di fede e di amore in cui si manifesta la presenza di Cristo nel mondo.

Ringrazio, insieme al Pastore della diocesi, tutti voi presbiteri e persone consacrate, come anche voi seminaristi e candidati al diaconato permanente; un particolare pensiero sento di dover rivolgere a quanti sono ammalati, e per questo non hanno potuto essere presenti: nella sofferenza del corpo essi portano le stimmate del Signore ed offrono un inestimabile contributo al ministero attivo di quanti si spendono per illuminare e confortare il cammino dei fratelli.


2. La mia parola è innanzitutto per voi, presbiteri di questa Chiesa dalle gloriose tradizioni risalenti fino ai tempi apostolici. Vi invito a ringraziare la bontà divina per la chiamata al servizio sacerdotale, che vi rende testimoni qualificati della Passione, morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Voi siete inviati sulle strade del mondo, a comunicare la vita divina della grazia, specialmente attraverso il culto eucaristico e la celebrazione dei sacramenti. Sentitevi chiamati ad essere nel mondo segno dell'amore salvifico di Cristo, perché deputati ufficialmente alla preghiera pubblica della Chiesa, con l'offerta continua di quel sacrificio di lode (He 13,15), che interpreta l'anelito di tutta la creazione verso la libertà dei figli di Dio (Rm 8,19): di questo anelito voi siete la voce che s'innalza verso il cielo.

Testimoniare il Vangelo: questo è il vostro compito essenziale, carissimi sacerdoti, questa la vostra più impegnativa partecipazione alla missione stessa da Cristo affidata alla Chiesa (cfr Mt 28,18-20).

Ma che cosa significa testimoniare il Vangelo da sacerdoti? Significa, innanzitutto, santificare se stessi per servire gli altri nella carità pastorale, consacrandosi al "ministerium Verbi", perché il Vangelo sia realmente annunciato ad ogni creatura (Mc 16,15). Significa operare come canali della grazia mediante la celebrazione dei sacramenti, particolarmente del sacramento della Riconciliazione, nel quale si attua la misericordia di Dio nella storia degli uomini. Ciò comporta da parte vostra un'assoluta disponibilità all'ascolto di Dio - nella sua Parola e negli eventi disposti dalla sua Provvidenza - così che "Egli faccia di voi un sacrificio perenne a Lui gradito" ("Prex Eucharistica" III).

Testimoniare il Vangelo significa, in particolare essere uomini di preghiera, consacrati a prestare la vostra voce allo stesso Cristo, che loda il Padre e intercede continuamente per i fratelli (cfr He 7,25). Dovete vivere le ansie e le speranze degli uomini del vostro tempo, nelle situazioni storiche nelle quali siete chiamati ad operare; ma il cammino umano, che fate con loro, non deve farvi dimenticare che siete sempre "testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena" (PO 3).


3. A voi, carissimi fratelli e sorelle, che, con la professione dei consigli evangelici, avete stretto una particolare alleanza con Cristo, l'esortazione a diventare fiaccole ardenti di quell'amore, che è lode perenne alla santissima Trinità e testimonianza viva per gli uomini. Voi siete gli "specialisti della preghiera", soleva dire il mio venerato predecessore Paolo VI quando si rivolgeva ai religiosi; voi realizzate quella "vita abscondita cum Christo in Deo", di cui parla l'apostolo Paolo (Col 3,3), proponendo al mondo i valori della castità, della povertà, dell'obbedienza, che sono fonte di vera libertà interiore. La Chiesa vi ringrazia di questa testimonianza e conta su di voi, perché il mondo ha bisogno di queste scelte radicali: ha bisogno di vedere uomini e donne pieni di Dio, che pratichino con eroismo quotidiano le virtù cristiane, mossi dalla sola coscienza di amare e servire i fratelli.

La vostra testimonianza vivifichi il tessuto ecclesiale e sociale di queste terre, nelle quali siete stati chiamati ad operare: è il messaggio che consegno a tutti voi, nel ricordo di quelle grandi figure che furono Benedetto da Norcia e Francesco d'Assisi, della cui presenza e spiritualità è pieno ogni angolo di questa regione, e nella consapevolezza della multiformità dei carismi, espressi e vissuti da tanti istituti religiosi di più recente formazione.

Sulle orme di questi grandi santi, nel continuo ritorno ai valori più autentici delle vostre origini, rimanete fedeli alla Chiesa e a quella disponibilità missionaria, che esprime uno dei frutti più ricchi della vostra castità, cioè di quella libertà interiore, che vi permette di sperimentare la verità delle parole di Cristo: "Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,30).


4. Carissimi fratelli e sorelle, sono venuto per dire ad ognuno di voi: aprite il vostro cuore consacrato all'amore! Donatevi, offritevi con generosità all'uomo dei nostri tempi! Aprite le porte delle vostre chiede, delle vostre case religiose a chi, bussando, chiede di poter fare un'esperienza più diretta e viva della luce del Vangelo, di poter conoscere dalla vostra testimonianza la sapienza della vita nuova portata dal Risorto! Siate sempre più coscienti di essere intermediari qualificati tra Dio misericordioso e l'uomo pellegrino di verità, di giustizia, di pace. Forti della consacrazione della vostra vita, sappiate affrontare con coraggio le inquietudini del mondo, l'egoismo che nega l'amore e viola la giustizia, l'errore che turba e confonde le anime.

Siete chiamati ad essere il volto di Cristo, perché l'offerta cosciente e libera di tutto ciò che voi possedete, anzi di tutto ciò che voi siete, ripete e scandisce nel tempo il miracolo quotidiano dell'amore del Figlio di Dio, venuto a salvare ogni uomo e a liberarlo dal male.

L'amore non può arrestarsi a metà strada, voi lo sapete bene. L'amore deve essere pronto ad offrirsi fino all'estremo della generosità. Gesù non esita ad esigere la perfezione in questo anelito: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste" (Mt 5,48).

Non dimenticate mai di essere "dono di Dio agli altri". Amate gli altri come Cristo ha amato voi. Amate secondo il criterio che Cristo stesso ha stabilito: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge e i profeti" (Mt 7,12).


5. Ciò che dà la misura dell'amore è Cristo in persona. perciò, la misura non è più semplicemente umana: essa diventa una misura divina. Amare come ha amato Cristo è amare alla maniera di colui che è Dio e s'è fatto uomo.

Come Cristo, in forza del nostro stato sacerdotale e in forza della nostra consacrazione, esercitiamoci ad essere pronti, generosamente disponibili, al sacrificio supremo: "Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (Jn 3,16).

Carissimi, vivete senza tregua la piena fedeltà alla vostra consacrazione e sarete così pronti al sacrificio dell'amore.

Il Signore Gesù e Maria santissima, nostra madre, accompagnino sempre ciascuno di voi, carissimi sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e candidati al diaconato, e riempiano di entusiasmo la vostra azione a servizio del Regno di Dio.

Il Papa vi ama e vi benedice di cuore.

[Al termine il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:] Prima di concludere, vorrei augurare alla vostra comunità diocesana, al vostro Arcivescovo, una maggiore messe di vocazioni, l'aumento delle vocazioni per tutte le categorie, sacerdoti, persone consacrate. Naturalmente questo ci porta verso i seminari, i noviziati, le famiglie, i diversi amvbienti dell'apostolato dei laici. Voglio augurarvi tutto questo nel nome del Buon Pastore che guida noi tutti, Gesù Buon Pastore che ci guida con la sua Croce, con la sua Risurrezione, con il suo amore e con il suo Spirito Santo. Auguro questo a tutti voi, offrendo nello stesso tempo la benedizione conclusiva a tutti i presenti.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989




Il discorso durante l'incontro con marittimi, i pescatori e i portuali - Gaeta (Latina)

La solidarietà sociale anima della civiltà del lavoro


Carissimi fratelli e sorelle!


1. A tutti voi il mio saluto cordiale, insieme con una parola di ringraziamento al rappresentante della gente di mare, che ha nobilmente interpretato i comuni sentimenti.

In questa mia visita pastorale all'arcidiocesi di Gaeta non poteva mancare un incontro con voi, marittimi, pescatori e portuali, che siete parte attiva e laboriosa di questa città e della vicina Formia. Voi operate nel tratto di mare che viene a raccogliersi in questo golfo suggestivo, teatro di avvenimenti storici che hanno inciso profondamente, attraverso i secoli, sulla maturazione umana, culturale e religiosa del vostro popolo, ma anche sullo sviluppo commerciale ed economico di questo territorio.

Secoli di lotte, di calamità, di sofferenze hanno forgiato il vostro popolo temperandolo alla fatica e al sacrificio ed aprendolo a rapporti sociali contrassegnati da spirito di autentica solidarietà.

Il Papa è qui tra voi, per incoraggiarvi a perseverare nel vostro impegno personale e comunitario, dal quale dipende il futuro delle vostre famiglie e della vostra città.


2. Il mare, col quale la storia del vostro popolo è strettamente connessa, è - come ben sappiamo - una creatura di Dio, una manifestazione della grandezza di colui, che guida la vicenda di tutti noi nel corso del tempo. Ma la stessa immagine del mare, non sempre pacifica e serena, anzi a volte persino terrificante, serve anche a ricordarci le prove a cui Dio a volte ci sottopone, per saggiare la forza della nostra fede e la fermezza della nostra speranza. Noi sappiamo, tuttavia, che non c'è tempesta della vita da cui Dio non possa salvarci, per ricondurci al porto della sicurezza e della pace.

Con i suoi mutevoli aspetti, il mare ci ricorda, dunque, che la nostra città necessita di una guida e di un sostegno che ci accompagnino attraverso i marosi dell'esistenza. Torna alla mente la suggestiva pagina evangelica, che presenta i discepoli sulla barca con Gesù in mezzo al mare: "Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; e Gesù dormiva. Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: Salvaci, Signore, siamo perduti! Ed egli disse loro: Perché avete paura, uomini di poca fede? Quindi levatosi sgrido i venti e il mare e si fece una grande bonaccia" (Mt 8,23-26).

La scena non abbisogna di commento: Gesù è il vero Signore della storia; lui è il dominatore degli eventi, che dipendono in ogni momento dalla sua volontà onnipotente. Lui può orientare e sostenere la navicella della nostra esistenza anche nei momenti più difficili e bui.


3. A questo proposito, è bello e confortante richiamare che, non molto distante da questo luogo, si trova la "Montagna Spaccata". Secoli orsono, secondo la tradizione, si stacco un enorme masso dalla roccia e, precipitando, resto incastrato nella fenditura centrale: là fu ricavata una chiesetta, sospesa sull'abisso, dove il mare fa rivolgere le onde in un vortice impressionante.

Quella chiesetta, dedicata a Gesù crocifisso, sia per voi un punto di riferimento nella esistenza quotidiana, nella vostra vita familiare e nel vostro lavoro. Nei pericoli e nei rischi, in cui potete trovarvi lavorando sul mare, esposti alle incognite che esso riserva, nelle difficoltà che incontrate nella vostra vita personale, nell'educazione dei figli, nei rapporti di lavoro, sia il Cristo crocifisso a sostenere il vostro coraggio e ad ispirare le vostre decisioni di uomini retti ed intrepidi.

A voi gente di mare, alle vostre preoccupazioni, alle vostre fatiche ben si addice quello che scrissi nella lettera enciclica "Laborem Exercens": "Il sudore e la fatica, che il lavoro necessariamente comporta nella condizione presente dell'umanità, offrono al cristiano e ad ogni uomo, che è chiamato a seguire Cristo, la possibilità di partecipare nell'amore all'opera che il Cristo è venuto a compiere. Questa opera di salvezza è avvenuta per mezzo della sofferenza e della morte di Croce. Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi, l'uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell'umanità. Egli si dimostra vero discepolo di Gesù portando a sua volta la croce ogni giorno nell'attività che è chiamato a compiere" (LE 27).


4. Questa visione cristiana del lavoro, lungi dall'affievolire la consapevolezza della intrinseca dignità dell'uomo e della legittimità delle sue giuste rivendicazioni, contribuisce invece a rafforzarla nel suo nucleo più profondo e più vero.

La Chiesa ricorda costantemente, oltre ai doveri dei lavoratori verso la società, quelli della società verso l'uomo che lavora. Nonostante il conclamato riconoscimento dei diritti di ogni lavoratore, anche oggi non è raro, infatti, il caso di patenti violazioni delle aspettative fondamentali di intere categorie del mondo del lavoro.

Proprio per questo la Chiesa non si stanca di sottolineare la necessità di una "civiltà del lavoro" e di ciò che ne è il fondamento e l'anima: la solidarietà sociale. Non vi può essere una civiltà del lavoro quando manchi la solidarietà verso tutti coloro che prendono parte ai processi economici in vista del bene comune, di quel bene, cioè, che non si risolve in un'entità astratta o impersonale, ma che investe l'interesse reale di tutte le persone, solidalmente perseguito dall'intera comunità. La Chiesa proclama che obiettivo prioritario dell'economia è lo sviluppo integrale dell'uomo, in condizioni tali che la vita professionale sia compatibile con l'accrescimento personale di ciascuno e con la sua vita familiare.


5. In questa prospettiva è vostro diritto esigere che la vostra attività lavorativa non vi impedisca di adempiere ai vostri doveri religiosi. Occorre fare in modo che gli impegni professionali risultino compatibili con la santificazione del lavoro mediante l'assistenza alla santa Messa festiva, una normale vita sacramentale, l'attivo inserimento nelle vostre comunità ecclesiali.

L'"apostolato del mare" trova certamente anche qui a Gaeta fertili possibilità di azione. Amate e seguite i vostri sacerdoti, partecipate ai corsi di catechesi e di formazione familiare - lo raccomando specialmente ai giovani! -, offrite le vostre braccia anche a opere concrete di assistenza e di carità.

Con l'aiuto e l'intercessione di sant'Erasmo, patrono dei naviganti, tenete alto il tesoro della fede, che vi è stato tramandato gelosamente dai vostri genitori, dai vostri avi, la cui memoria è in benedizione. Siate "un cuor solo e un'anima sola" (Ac 4,32), anche quando siete lontani da casa, nell'immensità del mare, per condividere tra di voi e i vostri cari ansie e tribolazioni, gioie e speranze.

Vi aiuti Maria, stella del mare, la Vergine Immacolata che è madre di Gesù e madre degli uomini, tanto venerata nella vostra arcidiocesi! Carissimi, Cristo è con voi! Rimanete anche voi con lui! Qui sta il segreto della serenità e della pace, la pienezza della propria realizzazione come uomini e come cristiani.

A tutti, la mia affettuosa benedizione.

[Al termine il santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:] Vi ringrazio per questa assemblea, per questa accoglienza. E ancora vorrei, approfittando di questo momento ufficiale, ringraziare per la possibilità di attraversare il mare del golfo di Gaeta con i nostri carissimi marinai e i loro superiori. Grazie per questa possiblità. E' chiaro, se noi tutti Vescovi, e soprattutto il Vescovo di Roma, siamo successori degli apostoli, cioè dei pescatori, tutti dobbiamo non solamente rispettare le barche, il mare, i marinai, ma qualche volta dobbiamo camminare sulle onde. Pietro ha provato a camminare una volta direttamente sulle onde. Ma il modo normale di navigare sulle onde è questo: navigare. Vi ringrazio per questa navigazione.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989




L'esortazione ai fedeli durante la Messa - Gaeta (Latina)

Il cristiano testimone di Cristo nel mondo, nella comunione della Chiesa



1. "Chi sono io secondo la gente?" (Lc 9,18).

E vennero le diverse risposte: "Giovanni il Battista... Elia,... oppure uno degli antichi profeti, che è risorto" (Lc 9,19).

"Ma voi chi dite che io sia? Pietro... rispose: Il Cristo di Dio" (Lc 9,20). così leggiamo nel testo del Vangelo di Luca.

La redazione che Matteo offre di questo episodio è più ampia. Leggeremo quel brano tra alcuni giorni, nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Gli apostoli erano convinti che su Gesù di Nazaret si compiva la promessa messianica dell'antica alleanza. Egli era il compimento dell'attesa: colui che doveva venire.

Nella risposta di Pietro è contenuto ciò che costituisce il midollo stesso della nuova alleanza.

Prima di sviluppare questa riflessione, desidero esprimere il mio cordiale saluto a tutta la Chiesa che è in Gaeta, col suo Arcivescovo e con tutte le componenti religiose e laicali. Saluto in particolare il Cardinale Ugo Poletti e tutti i presuli che si sono unti a questa stupenda manifestazione di fede.

Esprimo il mio deferente saluto alle autorità civili e militari, che con la loro presenza hanno voluto rendere ancor più significativo questo evento ecclesiale.


2. Chi è il Messia? La parola ebraica, a cui corrisponde il termine "Cristo", derivante dal greco, significa: L'unto di Dio. Tuttavia non si tratta qui di una unzione rituale, già nota nell'antico testamento, e presente anche, in seguito, nella liturgia della Chiesa.

Si tratta invece dell'effusione dello Spirito Santo, che colma di sè l'unto. Il Messia-Cristo è colui che viene da Dio "colmato di Spirito".

Il Figlio, consostanziale al Padre, rimane unito col Padre nello Spirito: è il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo amore (cfr "Veni Creator"), nell'assoluta unità della Deità.

Come figlio dell'uomo, Cristo rivela quella pienezza di Spirito Santo, che è essenziale per la sua missione di Redentore del mondo.


3. Perché, dopo la risposta di Pietro, Cristo aggiunge: "Il Figlio dell'uomo... deve soffrire molto, essere riprovato... Esser messo a morte e risorgere il terzo giorno" (Lc 9,22)? Quando Cristo preannuncia tutto ciò, le sue parole rimangono per gli apostoli un mistero inscrutabile. Non riuscivano a capire che tale doveva essere il futuro del Messia, di colui che era stato unto dal Padre.

Per il loro maestro, tuttavia, per Cristo, questa era la cosa essenziale. Solo il futuro, collegato con gli avvenimenti della Pasqua di Gerusalemme, doveva realizzare fino in fondo la missione redentrice del Messia.

Solo per opera di questo sacrificio pasquale si dovevano adempiere le profezie. Soltanto allora la pienezza dello Spirito, mediante la quale era stato "unto" il Messia-Figlio dell'uomo, doveva diventare dono per gli apostoli, per la Chiesa e, mediante la Chiesa, per il mondo.


4. "Riversero sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia", così leggiamo nel libro di Zaccaria (la prima lettura della liturgia odierna). E quando avrà luogo quest'effusione dello Spirito? Quando sul monte del Golgota sarà trafitto il cuore del Messia-redentore: "Guarderanno a Colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per il figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito" (Za 12,10).

Si! Il primogenito di ogni creatura.

Cristo: il primogenito dei morti (cfr Col 1,15 Ap 1,5). Il Risorto.

Gesù disse tutto questo agli apostoli e a Pietro, ma in quel momento ordino loro di non parlarne a nessuno. Più tardi sarebbe venuto il tempo in cui avrebbero cominciato a rendere testimonianza.


5. Questa è la testimonianza su Cristo, nel quale ogni uomo diventa nuova creatura.

L'Apostolo scrive ai Galati: "Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché, quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo" (Ga 3,26-27).

Ecco la "novità di vita" a cui sono chiamati gli uomini: la nuova creatura che abbraccia tutti e ciascuno in Cristo, sia Giudeo che Greco, sia schiavo che libero, sia uomo che donna. In Gesù Cristo tutti sono uno (cfr Ga 3,28).

Solo in lui: In Cristo diventano "discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa" (Ga 3,29). La promessa ricevuta da Abramo viene realizzata in Cristo. Non soltanto la terra promessa, non soltanto tutta la ricchezza del creato, ma la partecipazione alla vita di Dio stesso, ci è donata per opera del Figlio mandato dal Padre nel mondo nella pienezza dello Spirito eterno.


6. "Chi sono io secondo la gente?". Chi sono io secondo voi? Il Messia! E voi, chi pensate di essere, voi? Chi pensate di dover essere, dato che appartenete a Cristo? Chi dobbiamo pensare di essere noi stessi, se apparteniamo a Cristo? Ecco la domanda e il tema che la liturgia di questa domenica pone davanti a ciascuno di noi. Ecco la domanda e il tema, cari fratelli e sorelle, che ci poniamo noi tutti insieme.

Il tema è questo: che cosa vuol dire essere cristiano?


7. La risposta può anche apparire semplice: essere cristiano vuol dire essere seguace di Cristo. Molte volte il Vangelo usa questo termine per indicare coloro che stanno dalla parte di Gesù: a cominciare dagli apostoli che, "lasciate le reti, lo seguirono" (Mt 4,20), fino alla folla che, attratta dalla sua Parola e dai suoi miracoli, "lo seguiva" (Mt 8,1).

Ma che cosa significa "seguire Gesù"? La risposta si fa più impegnativa.

Significa, innanzitutto, accettare Gesù come il proprio redentore. Solo chi si riconosce peccatore, bisognoso di essere salvato, perché incapace di salvarsi da sè, può tendere le mani verso Gesù come verso il proprio salvatore. Chi non sente il peso dei propri peccati non può incontrare sulla sua strada il Redentore, non può essere cristiano.

Seguire Gesù come redentore significa, pero, accettare anche il modo concreto in cui egli ha attuato la salvezza dell'umanità. Tale modo è la Croce. La presente "economia di salvezza" passa attraverso la Passione, morte e Risurrezione di Gesù, passa attraverso il mistero pasquale. Essere cristiano significa quindi accettare nella propria vita la logica della Croce, seguire Gesù portando la croce.


8. C'è qualcuno che sorregge il cristiano nell'impegno di quotidiana "sequela" di Cristo: è lo Spirito Santo, lo "spirito di grazia e di consolazione" (Za 12,10), che Gesù risorto ha donato agli apostoli ed a tutta la Chiesa.

Sorretto dallo Spirito, il cristiano può rendere testimonianza con la parola e con l'esempio alla verità del Vangelo. Nessuno infatti è cristiano solo per se stesso, giacché la vita nuova che il Battesimo ha suscitato in lui è partecipazione alla vita di Cristo, morto e risorto per tutti. Essere cristiano significa, dunque, essere testimone di Cristo nel mondo, ed esserlo con gli altri cristiani nella comunione della Chiesa, poiché "non c'è più giudeo nè greco, non c'è più schiavo nè libero, non c'è più uomo nè donna, ma tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Ga 3,28).

Certo, tutto questo suppone il coraggio di un radicale distacco da se stessi per far spazio a Cristo; suppone il rinnegamento di sè, che Gesù chiede nel Vangelo a coloro che vogliono seguirlo sulla "via Crucis", l'unica via che conduce alla gioia del Regno. Essere cristiano significa avere il coraggio di "perdere la propria vita per Cristo" (cfr Lc 9,24), nella convinzione che quello è l'unico modo per "salvarla" forse non nel tempo, ma certo per l'eternità.


9. "Il Figlio dell'uomo... deve soffrire molto... esser messo a morte e risorgere il terzo giorno,.. Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua..." "Chi perderà la propria vita per me, la salverà" (cfr Lc 9,22-24). Non è possibile ascoltare queste parole con indifferenza. Esse sono state confermate fino alla fine dalla testimonianza di chi le aveva pronunciate.

Sono parole, alle quali si può rispondere soltanto raccogliendosi nell'intimo della propria anima. Tale è l'importanza delle parole di Cristo! 10. Chi è lui? Chi è Cristo? Il Messia redentore dell'uomo.

Egli è colui che scende sino ai desideri più profondi dell'essere umano; dell'intero essere umano.

"O Dio, tu che sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, / di te ha sete l'anima mia, / a te anela la mia carne / come terra deserta, / arida, senz'acqua" ().

L'intero essere umano, si esprime in questo desiderio, in quest'aspirazione definitiva verso Dio. Infatti tutto l'essere umano, l'anima e il corpo, è creato a sua immagine e somiglianza.

E Cristo-Messia è colui che, sempre di nuovo, aiuta l'uomo a scoprire questa verità su se stesso, la verità più profonda. E la nostalgia definitiva. Da questa scoperta scaturisce l'aspirazione del Salmo: "A te si stringe l'anima mia / e la forza della tua destra mi sostiene" ().

Ecco Cristo, desiderio dei colli eterni.

Il Cuore dalla cui pienezza noi tutti attingiamo costantemente. Cristo, propiziazione per i nostri peccati. Cristo, sorgente di vita e di santità.

Egli è la via, la verità e la vita (cfr Jn 14,6). Amen.

[Al termine della Messa il Papa si rivolge ai fedeli con le seguenti parole:] Carissimi fratelli e sorelle, vorrei, alla fine, ringraziare la divina Provvidenza, vorrei ringraziarla insieme con tutti voi, per averci dato questo giorno, giorno di Gaeta. Vorrei ringraziare il vostro Arcivescovo e tutti i suoi collaboratori, sacerdoti, religiosi, religiose, laici, tutti quelli che in modo diverso hanno contribuito a questa giornata speciale, benedetta. In questo momento ringrazio specialmente il coro che rappresenta tutta la diocesi. E un buon segno della comunione e della comunità. Tutti ci sentiamo obbligati a ringraziare anche il tempo o piuttosto i diversi tempi, sempre buoni durante il cammino di questa visita.

Alla fine vorrei augurare ancora una volta a ciascuno di voi, ad ogni persona di Gaeta e dell'Arcidiocesi di Gaeta, di trovare di nuovo il suo essere cristiano. Questo era anche il tema centrale dell'omelia. Ritrovare il proprio essere cristiano è una nuova sfida, una sfida che rivolge a tutti noi la Provvidenza, il Signore, attraverso il Concilio Vaticano II che ci ha posto e ha aperto di nuovo questo problema, questa domanda fondamentale. Ma la Provvidenza ci pone questa sfida anche attraverso i tempi, attraverso il contesto storico, attraverso tutto quello che compone, in senso positivo ma anche in senso negativo, la nostra civiltà moderna, il contesto del progresso, del progresso scientifico, del progresso tecnico. Ma nello stesso tempo la domanda il progresso umano, il progresso cristiano. Vi auguro di porvi questa domanda con grande energia e di cercare la risposta di fede, di fede che si fa cultura, di fede che si fa esistenza, di trovare questa risposta nella vostra esistenza cristiana nel contesto, nella comunità della vostra Chiesa di Gaeta. Questo è il mio augurio alla fine della giornata che abbiamo trascorso insieme.

Ancora una volta grazie per tanta ospitalità. Sia lodato Gesù Cristo.

1989-06-25

Domenica 25 Giugno 1989




All'associazione dei giornalisti cattolici del Belgio - Città del Vaticano (Roma)

"Continuate a sviluppare lo spirito di solidarietà ecclesiale"


Signor presidente dell'associazione dei giornalisti cattolici del Belgio, signore e signori.

Mentre vi accolgo con gioia mista ad emozione per il fatto che la Chiesa gode della vostra mirabile collaborazione per le sue molteplici necessità, mi rallegro con voi, così fedeli a questo appuntamento annuale con il Vescovo di Roma. Proprio al successore di Pietro, con un senso di profondo attaccamento alla sua missione particolare, voi desiderate consegnare le offerte dei vostri cari connazionali responsabili o lettori assidui della stampa cattolica in Belgio.

A nome della Sede Apostolica, ve ne ringrazio caldamente. Per quanto ne so, il vostro impegno è unico nella forma. Ogni paese non possiede forse il suo specifico genio caritativo, legato alle sue possibilità materiali e, più ancora, a ragioni di fede e di cuore? Per questo il Papa, che deve affrontare i problemi di bilancio della Santa Sede, rende grazie a Dio nel veder sviluppare nella Chiesa un autentico spirito di solidarietà, di cui la vostra Associazione è un bell'esempio da più di un secolo.

Come non incoraggiarvi, se pur brevemente, a conservare la vostra tradizione originale ed efficace della "Strenna Pontificia"? Voi avete ricevuto e ricevete molto dalla Chiesa, attraverso le parrocchie, le diocesi e questo centro romano della cattolicità. Continuate ad operare per la sua vitalità spirituale e le sue necessità materiali. Sviluppate tra voi e i vostri lettori questo spirito di solidarietà ecclesiale. La carità di Dio si è riversata nel cuore di tutti i battezzati e i confermati. E' lei che può trasformare i discepoli di Cristo, farne delle creature nuove, delle persone in comunione, capaci di amare, di perdonare, di condividere, di lavorare per la giustizia e la pace, sia intorno a sè che nelle strutture della società e della Chiesa. La solidarietà ecclesiale, che comprende necessariamente l'alleviare le miserie dell'umanità, prende più slancio quanto più i discepoli di Cristo acconsentono, seguendo il loro maestro, alla continua spoliazione di sè stessi e dei loro beni.

Il Signore conceda ancora alla vostra associazione la grazia della carità divina verso la Chiesa, le cui ricchezze apparenti dovute all'eredità del passato nascondono spesso all'opinione pubblica una situazione reale di precarietà materiale! E, di tutto cuore, accordo ai responsabili e ai membri della vostra Associazione una particolare benedizione apostolica.

Volentieri desidero esprimere anche in fiammingo la mia gratitudine sincera ai membri dell'associazione dei giornalisti cattolici del Belgio ed ai lettori dei giornali cattolici belgi per le loro offerte generose a favore della Santa Sede. Prego che Dio li ricompensi largamente e imparto di cuore la benedizione apostolica.

1989-06-26

Lunedi 26 Giugno 1989





Nel decimo anniversario della nomina del segretario di Stato Città del Vaticano (Roma)

Incontro con i concittadini del Cardinale Agostino Casaroli


Carissimi fratelli e sorelle di Castel San Giovanni!


GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Formia (Latina)