GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi del Pakistan in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. Con grande gioia accolgo e saluto ciascuno di voi. La vostra visita "ad limina" pone alla ribalta la realtà della Chiesa in Pakistan, dove Dio vi ha posto come Pastori del suo popolo così che la Chiesa, santa, cattolica ed apostolica possa essere presente e operare nel cuore e nella vita dei fedeli (cfr CD 11). Attraverso ciascuno di voi, saluto i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre diocesi di Karachi, Faisalabad, Hyderabar, Islamabad-Rawalpindi, Lahore e Multan. Incoraggio voi tutti con le parole di san Paolo: "ringraziamo sempre Dio per tutti voi... memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel nostro Signore Gesù Cristo" (1Th 1,2-3). Sebbene voi siate un "piccolo gregge" nel vostro Paese, siete pieni di speranza nell'invitare alla fede o confermare nella fede chi già la vive (cfr CD 12).

La vostra preghiera sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo, e il vostro colloquio con il successore di Pietro, il Vescovo di Roma, sono espressioni della lieta comunione di fede e di carità che unisce voi e le vostre Chiese locali con la Sede Apostolica e con tutto il corpo di Cristo nel mondo. Oggi noi celebriamo i vincoli che ci legano nel Collegio Episcopale e rinnoviamo l'impegno nel nostro ministero a servizio della Rivelazione e della realizzazione del Regno di Dio nel mondo (cfr Lc 22,29). In quanto membri del Collegio dei Vescovi noi siamo nella successione apostolica, scelti per guidare la Chiesa fino alla fine del mondo (cfr LG 18). Ai Vescovi è stato affidato in modo particolare il compito di proclamare e insegnare il nascosto "disegno di Dio" che si è manifestato in Cristo e continua nella sua Chiesa (cfr 1Co 2,7) per la salvezza delle anime e la gloria della Santissima Trinità. Questa è la misura della nostra responsabilità davanti a Dio e alla Chiesa.


2. A questo punto della vostra visita "ad limina", desidero confermarvi nella dedizione alla guida e l'animazione della vita ecclesiale nelle vostre Chiese particolari. Come Vescovi, voi siete pienamente consapevoli di quanto sia importante per tutti essere chiari nella concezione e nella pratica ecclesiale del primato della missione trascendente della Chiesa. Senza sminuire in alcun modo la natura e il valore dei molteplici servizi della comunità cattolica agli individui e alla società, è importante riconoscere che la Chiesa è innanzitutto la comunità di coloro che credono in Gesù Cristo, il Verbo eterno incarnato, e che vivono nella potenza dello Spirito Santo. Il Vangelo di san Giovanni dice che essere nel Padre e nel Figlio è la condizione essenziale "perché il mondo creda" (cfr Jn 17,20). Essere nel Padre e nel Figlio attraverso lo Spirito Santo è un principio originale e fondamentale che caratterizza tutto ciò che la Chiesa è e fa nel mondo. E' un principio che non può essere messo da parte nel programmare ed eseguire progetti di attività pastorale.

Il mondo guarda ai cristiani per una testimonianza convincente della salvezza totale offerta da Cristo. Com'è familiare la narrazione del Vangelo che descrive delle persone che si avvicinavano ai discepoli di Cristo per dirgli: "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). Nel Vangelo Gesù risponde a coloro che lo cercavano parlando del chicco di grano che cade a terra e muore per produrre molto frutto (cfr Jn 12,24). E continua dicendo: "Se uno mi vuol servire, mi segua; e dove sono io, là sarà anche il mio servo; se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (cfr Jn 12,26). L'autentica vitalità della Chiesa universale e di ciascuna Chiesa particolare deve essere valutata in termini di amore di Dio e grazia diffusa nel cuore dei fedeli dallo Spirito Santo che ci è stato dato (cfr Rm 5,5). La Chiesa deve essere sempre impegnata attivamente in un dialogo di verità e servizio d'amore con l'umana famiglia. Ma deve sempre confidare fiduciosamente nella "grazia" di Cristo che è al profondo della sua vita.


3. Parte importante del nostro ministero episcopale è la promozione della santità del Popolo di Dio. Nessuno sforzo in questo deve essere risparmiato. Nè possiamo trascurare questa responsabilità a favore di altre preoccupazioni più immediate.

perciò noto con grande gioia la vostra dedizione alla formazione spirituale e pastorale dei sacerdoti, i seminaristi, e i molti catechisti del Pakistan. Siamo tutti ben coscienti del vitale contributo dei catechisti, essenziali collaboratori nell'annuncio della Parola di Dio al vostro popolo, soprattutto nelle zone rurali dove i cattolici sono spesso dispersi e lontani da un centro missionario. Allo stesso modo, avete dato considerevole attenzione al ruolo speciale e alle necessità dei religiosi e delle religiose che condividono così generosamente con voi il compito del ministero pastorale. Ho notato che nel vostro incontro con le religiose superiori maggiori avete dedicato grande attenzione al problema della formazione.

Per il vostro sapiente impegno in questo importante compito, e per quanto fate per sostenere e migliorare l'attività dei vostri seminari e case di formazione, e in particolare il seminario maggiore nazionale, vi ringrazio nel nome di Cristo e della sua Chiesa. così pure vi incoraggio a continuare a dare un'attenzione speciale al centro catechetico nazionale di Khushpur, e agli altri centri diocesani e locali di formazione cristiana.


4. E' significativo per la vita della Chiesa che i padri del Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985 abbiano dichiarato che "oggi abbiamo un enorme bisogno di santi" (Synodi extr. Episc. 1985 "Relatio Finalis", 11 A 4). In questo senso siamo chiamati a comprendere meglio e stimare le grandi tradizioni spirituali di santità e di ascesi. L'impegno nella penitenza, la preghiera, la donazione di sè, la carità e la giustizia (cfr Synodi extr. Episc. 1985, "Relatio Finalis", 11 A 4) è la strada fondamentale per il rinnovamento. E' pertanto anche la strada per la Chiesa del Pakistan. Ancora: essere nel Padre e nel Figlio, per la grazia dello Spirito Santo, è la condizione essenziale e la sfida del vostro ministero e della vostra efficacia pastorale.

In particolare, nella cura pastorale per i giovani, i Vescovi e i loro collaboratori non dovrebbero mancare di presentare la sfida totale di Gesù Cristo e del suo Vangelo. Da un tale incontro spirituale ci si può aspettare un aumento del numero di giovani che, nonostante le difficoltà, si impegnano in profondità nella vita cristiana. Tra loro ci sono certamente tanti che ascolteranno la chiamata di Cristo a seguirlo più da vicino nel sacerdozio e nella vita religiosa.

Questa è una delle più urgenti necessità della Chiesa nel vostro Paese al momento attuale, così come in altre parti del mondo. Il Signore della messe vi dia la gioia della crescita del numero delle vocazioni, per affrontare le sempre maggiori esigenze della comunità cristiana.


5. C'è una stretta connessione tra la santità della vita e la promozione di un modo di vivere più umano nella società (cfr LG 40), perché è da un cuore convertito e riconciliato che nascono bontà e giustizia nelle relazioni umane. Lo stesso amore spinge la Chiesa a servire l'uomo come membro della città terrena (Congr. pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscientia", 63). Lo stesso amore spinse Cristo a dare se stesso sulla Croce per redimere il genere umano e insieme ad avere compassione delle moltitudini e a guarire il figlio della vedova. Le due forme di servizio sono tra loro complementari, ma l'una non può essere ridotta all'altra o resa indipendente.

Le molte attività della Chiesa in Pakistan, nel campo dell'educazione, della salute, dell'assistenza e dello sviluppo, sono ultimamente strumenti dell'amore, attraverso i quali i discepoli di Cristo testimoniano il primato del nuovo comandamento dell'amore trasmesso durante l'ultima Cena. Da quell'amore queste attività ricevono impulso e direzione. Lo scopo è di assicurare alle persone uno stile di vita in armonia con il loro inalienabile valore e con la dignità dei figli di Dio. A quanti sono impegnati in questo lavoro mando il mio incoraggiamento e il sostegno della mia preghiera.

La Chiesa del Pakistan è molto impegnata nel campo dell'educazione cattolica. So che le difficoltà da voi incontrate non sono poche e che, attraverso la commissione della Conferenza Episcopale per l'educazione, cercate di mettere a fuoco le necessità e stabilire un programma in ciascuna diocesi e a livello nazionale per servire meglio la comunità ecclesiale e contribuire efficacemente allo sviluppo dell'intera Nazione. C'è da sperare che la comprensione e la collaborazione tra le pubbliche autorità e la Chiesa risolva le diverse questioni emerse sulla libertà di educazione, e che tutti si convincano della necessità di fare il possibile per provvedere a questo servizio fondamentale per i giovani pakistani ad ogni livello sociale.


6. In quanto piccola minoranza in una società a maggioranza musulmana, la Chiesa del Pakistan vive ed opera in una realtà che invita a un grande amore per i fratelli e sorelle musulmani, e insieme esige il rispetto per quella libertà di religione e di coscienza che è il segno che caratterizza una società giusta e pacifica. Nelle vostre buone relazioni con la comunità musulmana ci sono talune questioni su cui è necessaria la ricerca di un sincero e illuminato dialogo interreligioso. So che voi siete consapevoli di questa necessità e che in tutto seguite la strada indicata dal decreto conciliare "Nostra Aetate" (NAE 3). Ci sono molti ambiti di giustizia sociale, valori morali, pace, sviluppo e libertà in cui cristiani e musulmani possono fare causa comune, in uno spirito di fraternità adeguato a persone che adorano l'unico Dio e Padre del cielo.


7. Fratelli miei nell'Episcopato: voi siete impegnati nella buona Novella del Regno di Cristo di "giustizia, fede, amore e pace" (2Tm 2,22). Voi manifestate una grande sollecitudine per la Chiesa del Pakistan. Continuate ad essere generosi e pieni di abnegazione nel vostro ministero. Sostenetevi a vicenda con la preghiera e con una concreta collaborazione nelle molte difficili necessità del vostro servizio ecclesiale.

Su voi tutti e sulle vostre diocesi invoco l'amorevole aiuto materno della beata Vergine Maria. Vi ispiri ella nel lavoro per ricondurre ogni cosa a Cristo. La sua pace sia con tutti voi.

1989-07-03

Lunedi 3 Luglio 1989




Le credenziali del nuovo ambasciatore di Colombia - Città del Vaticano (Roma))

Aprire la strada alla riconciliazione nazionale rifiutando la violenza, la guerriglia e la droga


Signor ambasciatore.

Con vivo compiacimento ricevo le lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Colombia presso la Santa Sede.

Dandole poi il mio cordiale benvenuto durante questo solenne atto, desidero ringraziarla per il deferente saluto che mi ha trasmesso da parte del presidente della repubblica, e rinnovare l'affetto che provo per i figli di quella nobile Nazione.

Solo tre anni fa ho avuto l'immensa soddisfazione di visitare pastoralmente il suo Paese. La visita è stata ricca dal punto di vista spirituale e umano. Davanti ai miei occhi si è manifestata con tutta la sua intensità la fede e l'entusiasmo proprio di una Nazione animata da una profonda religiosità, che sa ispirare cristianamente i differenti aspetti della vita, tanto a livello familiare quanto individuale e sociale. Per questo, in tale indimenticabile circostanza ho parlato della speciale vocazione cristiana della Colombia.

Vostra eccellenza ha menzionato l'importante opera evangelizzatrice portata a termine dalla Chiesa nella difficile situazione del Paese. Come già affermava Paolo VI, evangelizzare significa "portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità e, con il suo influsso, trasformare dal di dentro l'umanità stessa" (EN 18).

La salvezza di Cristo include anche la promozione e lo sviluppo integrale dell'uomo. perciò, non deve meravigliare il fatto che i primi missionari giunti sul territorio colombiano abbiano cercato di promuovere, insieme alla fede, l'elevazione morale, sociale e culturale dell'individuo e della famiglia.

E' ormai vicino il quinto centenario della presenza del cristianesimo nel continente americano, e la gerarchia colombiana si sforza di seguire e illuminare con spirito pastorale gli avvenimenti e le aspirazioni legittime della società.

La Chiesa, di fronte ai seri problemi che riguardano il bene comune e il giusto orientamento delle istituzioni pubbliche, non può rimanere indifferente.

Nel momento attuale l'apporto del vero umanesimo cristiano e dei suoi valori etici e spirituali da parte dei cristiani, è un dovere che non è possibile eludere. Per questo la Chiesa in Colombia sente l'obbligo di offrire il suo aiuto e la sua collaborazione leale e positiva allo Stato e alla popolazione. La Sede apostolica segue con interesse lo sforzo del popolo colombiano per realizzare una serie di cambiamenti sociali, a beneficio soprattutto delle classi più povere ed emarginate.

Davanti al costante attacco della violenza, della guerriglia organizzata, della produzione e traffico di stupefacenti, della azione cieca di gruppi armati - fenomeni che riguardano anche altri paesi e che negli ultimi tempi hanno distrutto in Colombia innumerevoli vite umane e hanno causato molte sofferenze e singoli individui e famiglie intere - desidero appoggiare con decisione tutto quanto si realizza, nel quadro del massimo rispetto dei diritti inviolabili della persona e del vigente ordinamento giuridico, a favore della definitiva distruzione e dello sradicamento di tali flagelli, che impediscono il positivo sviluppo della vita di un popolo.

Chiedo sempre nelle mie preghiere a Dio onnipotente che gli sforzi volti a tale fine, in un clima responsabile e costruttivo, aprano definitivamente la strada per la tanto desiderata riconciliazione nazionale. Pace e riconciliazione è il grido unanime che nasce dal profondo della nazione colombiana. Sensibile a una aspirazione tanto legittima, la Conferenza Episcopale ha intrapreso all'inizio dell'anno, la "Grande Missione di Riconciliazione Nazionale". Nella mia preghiera imploravo il Signore che questa missione di riconciliazione fraterna: "penetri assai profondamente nei cuori di tutti i colombiani... faccia superare le differenze, le inimicizie, gli antagonismi, e rafforzi la volontà di accordo e comprensione... affinché come figli dello stesso Padre, possiamo riconoscerci tutti fratelli nel suo nome".

Come affermavo a Barranquilla, "solamente Gesù Cristo è capace di abbattere i muri della inimicizia e renderci uomini nuovi, riconciliati con il Padre per mezzo della croce. Egli è venuto ad annunciarci la pace" ("Barranquillae, allocutio ad pacem et concordiam fovendam", 1, die 6 iul. 1986: , IX, 2 [1986] 199). Vedendo tutto ciò confido pienamente nel fatto che la Colombia, attraverso un crescente e costante miglioramento, nella politica educativa, familiare e socio-economica, continui a sforzarsi nell'imprescindibile opera di procurare a tutti i suoi cittadini l'indiscriminato accesso al patrimonio comune dei beni materiali e spirituali della Nazione e la partecipazione piena e responsabile al compimento dei propri doveri e diritti. Solamente così tornerà a splendere quell'ordine voluto da Dio, in un quadro di dialogo e pace fraterna.

Signor ambasciatore, prima di concludere questo atto, desidero augurarle che la alta missione a lei affidata rafforzi i vincoli cordiali che la Repubblica di Colombia mantiene con la Sede Apostolica. Prego inoltre vostra eccellenza di avere la cortesia di trasmettere il mio più deferente saluto al signor Presidente della Repubblica, su cui invoco la costante protezione divina.

1989-07-03

Lunedi 3 Luglio 1989




Lettera in occasione del primo Congresso Eucaristico in terra angolana

Un solo pane, un solo cuore


Al venerabile fratello monsignor Oscar Lino Lopez Fernandez Braga Vescovo di Benguela


1. Con sentimenti di profonda letizia e gratitudine, mi unisco alla comunità ecclesiale in festa, per celebrare a Benguela il primo Congresso Eucaristico in terra angolana. Nella sua persona, signor Vescovo, nei prelati qui riuniti, nei sacerdoti, nei religiosi e religiose, nei laici fedeli, riconosco la Chiesa in Angola, vedo tutti i fratelli e le sorelle Angolani, a cui dirigo queste mie parole e a cui desidero che pervenga il mio affettuoso saluto: "Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà" (He 13,20).

Pace, sacrificio, alleanza eterna, Risurrezione e bene, sono parole che costituiscono altrettanti stimoli di riflessione e adorazione, in questi giorni di celebrazione della fede in presenza di Cristo e di realizzazione del suo sacrificio redentore. Esse saranno anche un punto di riferimento della speranza viva che anima i vostri spiriti, affratellati dalla Eucaristia, sacramento di pietà ed allo stesso tempo segno di unità e vincolo di carità nel banchetto pasquale, in cui si riceve un solo pane, con un solo cuore: "si riceve Cristo, l'anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura" ("Sacrosantum Concilium", 47).


2. Questo Congresso Eucaristico diocesano onora la comunità ecclesiale del Benguela ed il suo devoto Pastore. Si colloca immediatamente nel contesto dei temi scelti dalla Conferenza Episcopale per l'animazione pastorale dell'anno che sta per concludersi: "Battesimo e Eucaristia"; si pone in ideale unione e in sintonia con il congresso internazionale di Seul in Corea; si colloca, inoltre, nella prospettiva delle commemorazioni del quinto centenario della evangelizzazione dell'Angola.

Per le provvidenziali circostanze in cui il congresso si realizza, mi permetto di dare una più ampia portata alle mie parole, senza voler mettere in ombra la sua grandezza come realizzazione diocesana. So bene che si tratta di una diocesi ben strutturata e dotata di dinamismo pastorale. Indice di ciò sono i neosacerdoti che saranno ordinati alla conclusione del congresso. Questo sarà, ne sono convinto, un segno che indicherà l'inizio di una fase di nuove realizzazioni al servizio del regno di Dio, non solo per la diocesi di Benguela, ma anche per tutta la Chiesa dell'Angola.


3. Il Regno di Dio si rende presente nel nostro mondo soprattutto attraverso l'Eucaristia, in cui i frutti della terra e del lavoro dell'uomo vengono trasformati misteriosamente, ma realmente e nella sostanza, per opera dello Spirito Santo e attraverso le parole del ministro, nel Corpo e nel Sangue del Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e di Maria, grazie al quale lo stesso Regno si è reso presente in mezzo a noi (cfr SRS 48).

Momento di aspettativa e di speranza per la Chiesa in Angola, questo tempo non è privo di grandi sfide che si presentano alla sollecitudine ecclesiale, senza perdita di identità, per aiutare a costruire la pace secondo libertà e giustizia.

Con grande gioia di tutti noi, ultimamente sono stati fatti grandi passi per far concludere la guerra in Angola. Ma la pace, lo sappiamo bene, non è semplicemente l'assenza della guerra e dei suoi orrori; non è una cosa raggiunta una volta per tutte; deve essere continuamente costruita, con quell'"amore che va oltre quanto può assicurare la semplice giustizia" fino a realizzare "la pace di Cristo a Sua immagine e somiglianza". "Tale pace non si può ottenere se non è tutelato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro animo e del loro ingegno" (GS 78).


4. Rifacendomi poi al motto del congresso - un solo pane e un solo cuore nel banchetto eucaristico - vorrei sottolineare come prioritaria, la necessità della riconciliazione profonda di ogni Angolano e di tutti gli Angolani fra loro; la necessità di propiziare quella concordia che è da auspicare, affinché tutti possano godere di una vita giusta, in un clima familiare di serenità, in una patria che racchiude tante promesse di Nazione accogliente e solidale, una Nazione di pace e prosperità.

Offrire il sacrificio e ricevere in comunione il Corpo e il Sangue del Signore ha come esigenza prioritaria la comunione nella stessa fede e nella vita della Chiesa. E' questo che fa di ogni comunità riunita intorno all'altare, sotto il sacro ministero del Vescovo, il simbolo della carità e di quella unità del Corpo mistico, senza il quale non ci può essere salvezza (cfr LG 26).


5. Per raggiungere questa unità di Corpo, ci deve essere nell'intimo dei cuori una riconciliazione profonda, con Dio, con i fratelli e con se stessi. E' anche per questo che l'Eucaristia si presenta come fonte e espressione di riconciliazione: "grazie a questo sacrificio di riconciliazione il Signore dà la salvezza e la pace al mondo intero. Cristo per mezzo della sua Croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l'unità di tutti in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l'odio" (cfr GS 78). "Egli è la nostra pace" (Ep 2,14).

Non solo è necessario essere ed apparire come comunità riconciliata durante la celebrazione dell'Eucaristia, ma anche essere consapevoli del ministero di riconciliazione, della missione volta ad orientare lo sguardo dell'uomo e a guidare la coscienza e l'esperienza dell'umanità verso il mistero di Cristo (cfr RH 10). Egli è la nostra riconciliazione.


6. Con "un solo cuore", promotori di riconciliazione e di unità soprattutto attraverso la testimonianza, con il vigore del "lievito", il sapore del "sale" e la trasparenza e lo splendore della "luce", i cristiani sono simultaneamente promotori del bene comune: "un solo pane". Al centro della attenzione per il bene comune c'è sempre la persona umana, con le sue ineludibili necessità di ordine sociale - che vanno dalla alimentazione alla salute, dall'educazione al lavoro, fino alla partecipazione alla vita collettiva - e di ordine morale e spirituale.

Effettivamente è inutile che i responsabili si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri (cfr GS 82).

Per annunciare e proporre in modo efficace nel mondo la riconciliazione, la Chiesa deve presentarsi sempre di più come una comunità costituita da discepoli di Cristo, uniti nell'impegno di convertirsi continuamente al Signore e di vivere come "uomini nuovi, nello spirito e nella pratica della riconciliazione". Solo così gli sforzi riconciliatori otterranno dei risultati, per "pacificare gli animi, moderare le tensioni, superare le divisioni, sanare le ferite eventualmente inferte tra fratelli" (RP 9). In una parola, i fedeli devono essere consapevoli del significato della Messa, della famiglia dei figli di Dio, che è l'Eucaristia.


7. Centro ed apice di tutta la vita cristiana, l'Eucaristia è il mezzo attraverso il quale la Chiesa partecipa, in maniera sublime e speciale, della forza redentrice di Cristo. E lo fa con piena sottomissione di amore alla Parola, fedele al Vangelo del suo maestro e Signore, e con senso di responsabilità insieme ad ogni uomo per raggiungere la verità.

Di conseguenza, "il mistero della Fede" - il mistero della presenza del Signore e del suo sacrificio sulla Croce rivissuto pienamente deve essere protetto da qualunque "riduzione". E' una verità essenziale, non solo dottrinale ma anche esistenziale, il fatto che l'Eucaristia costruisce la Chiesa come autentica comunità e questa comunità vive dell'Eucaristia. Essendo inoltre la Rivelazione e la celebrazione più profonda della fratellanza umana dei discepoli di Cristo, l'Eucaristia non può essere ridotta semplicemente a una "occasione" per manifestare tale fratellanza: è sempre sacramento-sacrificio, sacramento-Comunione e sacramento-presenza di Cristo.


8. Esorto tutti inoltre - pastori e fedeli della Chiesa in Angola - affinché si lascino coinvolgere dall'amore di Cristo e come una Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, vivano, testimonino e annuncino, con l'ardore di san Paolo, il ministero e il messaggio di riconciliazione (cfr 2Co 5,14-20). Con ciò risponderanno anche ad una delle più pressanti esigenze dei loro concittadini: formare una autentica Nazione, che integri tutta la ricchezza delle diverse etnie.

Oltre che fautori di riconciliazione, come "cattolici", tutti sapranno essere anche promotori di solidarietà, in Angola, dall'Angola e per l'Angola: di quella solidarietà che il Magistero ecclesiale non si stanca di proporre come cammino ineludibile per una pace sicura e per lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutti gli uomini (cfr SRS 39 SRS 44-45).

Rafforzata nell'unità grazie a un solo pane, aperta con un solo cuore e impegnata nel dialogo salvifico, accompagnato da molte preghiere, la Chiesa in Angola sarà sempre più costruttrice della "civiltà dell'amore".


9. Sotto il segno dell'amore i fratelli dell'Episcopato scelsero come celeste patrona dell'Angola, nostra Signora, madre delle nostre speranze, invocandola nel mistero del suo cuore immacolato. Grazie al suo cuore verginale si realizzo il mistero della Redenzione; e, a partire dal suo "fiat", il cuore di Maria santissima, grazie all'azione particolare dello Spirito Santo, accompagna sempre l'opera di suo Figlio Gesù Cristo, la Redenzione.

Chiedendo, per sua intercessione, che Cristo abbracci ancora una volta, con il suo amore inesauribile tutti gli Angolani, specialmente i più bisognosi - malati, vecchi, rifugiati e bambini, tutti gli emarginati e i sofferenti - presente e unito nella speranza di frutti spirituali ai partecipanti al Congresso Eucaristico di Benguela, chiedo anche per l'Angola giorni migliori.

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, che tutti abbiano vita e ne abbiano in abbondanza, con la mia affettuosa ed ampia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 4 luglio 1989.

1989-07-04

Martedi 4 Luglio 1989









A rappresentanti del congresso USA - Città del Vaticano (Roma)

La solidarietà umana non conosce barriere politiche o ideologiche


Signore e signori.

Sono lieto dell'opportunità di incontrare questa delegazione del congresso statunitense nel corso della vostra visita a Roma. Vi saluto molto cordialmente, saluto che estendo alle vostre spose e collaboratori.

Ho appreso con molto piacere del vostro impegno in programmi di assistenza all'estero, e così colgo l'occasione per incoraggiarvi in quest'opera che vi porta ad assicurare aiuto materiale e finanziario a quanti soffrono a causa di guerre e conflitti civili. E vi ringrazio per la generosità da voi dimostrata.

C'è una verità fondamentale sull'umanità che è in sè evidente ai cristiani, ma tuttavia conviene ripetere frequentemente: noi siamo un'unica famiglia umana, indipendentemente dalla razza, dalla cultura, dal linguaggio o dal retaggio storico. Questa verità ci invita a riconoscere la solidarietà e l'interdipendenza della famiglia umana come la base per la coesistenza pacifica.

Quando vediamo i nostri fratelli e le nostre sorelle nel bisogno, nasce spontaneo il desiderio di raggiungere ed aiutare quanti sono colpiti dai disastri naturali, dalle guerre o dalle carestie. Lo spirito umano può e deve rispondere con generosità alla situazione critica dei sofferenti e dei meno fortunati. Il bisogno di solidarietà e di assistenza ci spinge a fare tutto ciò che possiamo per abbattere le barriere che ci impediscono di raggiungere, con amore e fiducia, tutti coloro che hanno necessità del nostro aiuto. La vera solidarietà umana non conosce delimitazioni politiche o ideologiche. Essa ha una dimensione etica che abbraccia tutti.

Spero che il nostro incontro di oggi rafforzi il nostro comune proposito di lavorare per un mondo dove la dignità umana sia adeguatamente rispettata e salvaguardata con efficacia. Prego il Signore onnipotente che continui a darvi il dono della saggezza e della comprensione, così che nel vostro nobile compito voi diate una guida ispirata e un sempre più generoso servizio in accordo con le migliori aspirazioni del vostro popolo e per l'autentico bene degli uomini, delle donne e dei bambini di tutto il mondo.

Dio vi benedica tutti.

1989-07-05

Mercoledi 5 Luglio 1989




A pellegrini della diocesi di Plasencia - Città del Vaticano (Roma)

Fedeli a Cristo e alla sua Chiesa in un momento in cui la società è assetata di Dio e dei valori spirituali


Cari fratelli nell'Episcopato, amatissimi figli e figlie.

La solenne celebrazione dell'ottavo centenario della erezione canonica della diocesi di Plasencia è il principale motivo del pellegrinaggio che vi ha portato a Roma, al fine di pregare davanti alla tomba dell'apostolo Pietro e manifestare così la vostra piena comunione con questa Sede apostolica, che presiede nella fede e nella carità tutte le Chiese particolari.

Desidero esprimere, prima di tutto, la mia profonda riconoscenza per la vostra numerosa presenza in questa gioiosa circostanza, e così pure ringraziare per le cortesi parole che il signor Vescovo della diocesi ha avuto la cortesia di dirigermi, nelle quali ho chiaramente percepito l'affetto filiale e l'adesione dei fedeli placentini nei confronti della persona e dell'insegnamento del Papa.

Questo significativo avvenimento, che non deve essere un mero ricordo, è in realtà per Plasencia un momento particolare di grazia. Momento particolare per gli abbondanti doni ricevuti da Dio durante questi otto secoli. Ma anche un momento di vero impegno cristiano a livello personale, familiare e comunitario nel quadro della pastorale diocesana. Nella stampa commemorativa, che è stata pubblicata in occasione di questo giubileo, ho potuto vedere il motto del centenario: "Per una Chiesa diocesana fedele al Vangelo e agli uomini di oggi".

Compito appassionante, bello ma anche difficile, questo che avete scelto: seguire Cristo e la sua Chiesa fedelmente, in un momento in cui la società si trova priva di Dio e dei valori spirituali. Per portare a termine quest'opera, è importante che ogni fedele piacentino si lasci illuminare dalla Parola di Dio, attraverso una lettura costante e meditata: sappia ascoltare gli insegnamenti del Vescovo, vero maestro in virtù della sua ordinazione episcopale. così questo avvenimento che state commemorando sarà un momento di grazia particolare.

Nel cosidetto "Privilegio di fondazione" si comprende il motivo reale del nome "Plasencia" o "Placensia", che venne dato alla vostra città. I fondatori la chiamarono Placencia "ut placeat Deo et hominibus", affinché piaccia a Dio e agli uomini. Questo motto, di ricco contenuto cristiano, racchiude in sè un programma operativo: punto costante di riferimento per la vostra comunità ecclesiale nella storia.

Compiacere Dio e testimoniare il suo nome è una esigenza ineludibile per ogni placentino.

Frutto di tale identità è il notevole contributo dato da Plasencia alla causa della evangelizzazione nel Nuovo Mondo. Da questa apprezzata diocesi sono usciti numerosi uomini e donne, come i dodici religiosi francescani del convento di Belvis de Monroy, "apostoli del Messico", che lasciarono la patria e la casa per Cristo, e come altrettanti figli e figlie delle varie regioni della Spagna, per compiere una missione, quella di predicare in tutta la sua integrità la Parola di Dio (cfr. "Dominicopoli, allocutio ad Christifideles congregatos habita", die 11 oct. 1984: , VII, 2 [1984] 874).

Un avvenimento ecclesiale non può essere solamente un giusto elogio di un passato onorevole; è una sfida per il presente e per il futuro. Come ben sapete, in America si e messo in moto il piano della nuova evangelizzazione, che presuppone una intensa missione e mobilizzazione spirituale. Speriamo che, con l'aiuto divino, Plasencia dia una decisa e generosa risposta a questa sfida pastorale. Che questa presa di coscienza porti ad una maggiore collaborazione ecclesiale con le Chiese sorelle dell'America Latina.


GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi del Pakistan in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)