GPII 1989 Insegnamenti - Il primo saluto ai partecipanti alla quarta Giornata Mondiale della Gioventù - Castel Gandolfo (Roma)

Il primo saluto ai partecipanti alla quarta Giornata Mondiale della Gioventù - Castel Gandolfo (Roma)

"A presto, audaci pellegrini di Santiago de Compostela!"


Carissimi giovani provenienti da tutto il mondo.

Nel momento in cui giungete a Santiago de Compostela mi è caro accogliervi con un cordiale "benvenuto".

Fra pochi giorni ci incontreremo, ma desidero dirvi subito che il Papa vive con voi tutti gli intensi momenti che scandiscono la vostra permanenza presso la tomba di san Giacomo, ed ha percorso con voi, spiritualmente, l'antica "strada di Santiago" lastricata dalla fede e dall'ardore di intere generazioni.

Per la vostra quarta Giornata Mondiale avete seguito un itinerario privilegiato nella "geografia della fede": vi siete fatti - anche concretamente - pellegrini audaci per incontrarvi, come Giacomo, più da vicino con Cristo "Via, Verità e Vita" (cfr Jn 14,6).

Maria, la madre che alla verità ha dato la carne ed ha generato la vita nella storia, indichi anche a voi la via del vostro cammino.

Vi benedico con affetto in attesa di incontrarvi.

Dal Vaticano, 10 agosto 1989.

1989-08-10

Giovedi 10 Agosto 1989




Recita dell'Angelus -Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

La consolazione del Cuore di Gesù é condivisione della sofferenza umana e segno concreto di amicizia


"Cuore di Gesù, fonte di ogni consolazione, abbi pietà di noi".


1. Iddio, creatore del cielo e della terra, è pure "il Dio di ogni consolazione" (2Co 1,3 cfr Rm 15,5). Numerose pagine dell'antico testamento ci mostrano Dio che, nella sua grande tenerezza e compassione, consola il suo popolo nell'ora dell'afflizione. Per confortare Gerusalemme, distrutta e desolata, il Signore invia i suoi profeti e portare un messaggio di consolazione: "Consolate, consolate il mio popolo... Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù" (Is 40,1-2); e, rivolgendosi ad Israele oppresso dal timore dei nemici; dichiara: "Io, io sono il tuo consolatore" (Is 51,12); ed ancora, paragonandosi a una madre piena di tenerezza per i suoi figli, manifesta la sua volontà di recare pace, gioia e conforto a Gerusalemme: "Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Vi sazierete delle sue consolazioni. Come una madre consola un figlio, così io vi consolero, in Gerusalemme sarete consolati" (Is 66,10 Is 66,11 Is 66,13).


2. In Gesù, vero Dio e vero uomo, nostro fratello, il "Dio-che-consola" si è fatto presente in mezzo a noi. così infatti lo indico per primo il giusto Simeone, che ebbe la gioia di accogliere fra le braccia il bambino Gesù e di vedere in lui adempiuta "la consolazione di Israele" (Lc 2,25). E, in tutta la vita di Cristo, la predicazione del Regno fu un ministero di consolazione: annuncio di un lieto messaggio ai poveri, proclamazione di libertà per gli oppressi, di guarigione per gli infermi, di grazia e di salvezza per tutti (cfr Lc 4,16-21 Is 61,1-2).

Dal Cuore di Cristo, scaturi questa rasserenante beatitudine: "Beati gli afflitti, perché saranno consolati" (Mt 5,4); come pure il rassicurante invito: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28).

La consolazione che proveniva dal Cuore di Cristo era condivisione della sofferenza umana; volontà di lenire l'ansia e di alleviare la tristezza; segno concreto di amicizia. Nelle sue parole e nei suoi gesti di consolazione si coniugavano mirabilmente la ricchezza del sentimento con l'efficacia dell'azione.

Quando, vicino alla porta nella città di Nain, vide una vedova che accompagnava al sepolcro il suo unico figlio, Gesù ne condivise il dolore: "ne ebbe compassione" (Lc 7,13): tocco la bara, ordino al giovanetto di alzarsi e lo restitui alla madre (cfr Lc 7,14-15).


3. Il Cuore del Salvatore è ancora, anzi è primordialmente "fonte di consolazione", perché Cristo dona, insieme col Padre, lo Spirito Consolatore: "Io preghero il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre" (Jn 14,16 Jn 14,25 Jn 16,12): Spirito di verità e di pace, di concordia e di soavità, di conforto e di consolazione; Spirito che scaturisce dalla Pasqua di Cristo (cfr Jn 19,28-34) e dall'evento della Pentecoste (cfr Ac 2,1-13).


4. Tutta la vita di Cristo fu perciò un continuo ministero di misericordia e di consolazione. La Chiesa, contemplando il Cuore di Cristo e le sorgenti di grazia e di consolazione che ne sgorgano, ha espresso questa realtà stupenda con l'invocazione: "Cuore di Cristo, fonte di ogni consolazione, abbi pietà di noi".

- Tale invocazione è memoria della sorgente da cui, lungo i secoli, la Chiesa ha attinto consolazione e speranza nell'ora della prova e della persecuzione; - è invito a cercare nel Cuore di Cristo la consolazione vera, duratura, efficace; - è monito perché, dopo aver sperimentato la consolazione del Signore, ne diventiamo a nostra volta portatori convinti e commossi facendo nostra l'esperienza spirituale che fece dire all'apostolo Paolo: "il Signore ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio" (2Co 1,4).

Chiediamo a Maria, consolatrice degli afflitti, di condurci, nei momenti bui di tristezza e di angoscia, a Gesù, suo Figlio diletto, "fonte di ogni consolazione".

1989-08-13

Domenica 13 Agosto 1989





Accorato appello alla Siria durante la recita dell'Angelus per l'Assunta - Castel Gandolfo (Roma)

Nel nome di Dio, cessate i bombardamenti su Beirut!


Carissimi fratelli e sorelle.

In questa festività dell'Assunzione di Maria desidero recarmi spiritualmente in pellegrinaggio presso i diversi santuari mariani cattolici ed ortodossi del Libano, Nazione da troppi anni costretta a sopportare divisioni, prove e vittima in questi giorni di inumani bombardamenti.

Mi prostro con lo spirito a Balamand, Bikfaya, Bzommar, Kannubin, Ksara, Magdouché, Zahlé e soprattutto ad Harissa, che sovrasta la città di Jounieh, con l'altissima statua della Madonna che di lassù sembra offrire a tutti la sua materna protezione. Il venerato simulacro è simbolo di tenerezza, segno di speranza per quanti oggi sono fatti oggetto di crudeli e selvaggi attacchi quotidiani.

Dinanzi agli occhi di tutto il mondo si sta consumando un processo che coinvolge la responsabilità dell'intera società internazionale. E' il processo che sta portando alla distruzione del Libano. In realtà, ci troviamo di fronte ad una minaccia per l'intero ordine della vita internazionale. E' una minaccia di natura morale, tanto più dolorosa perché è uno Stato più debole che subisce la violenza o l'indifferenza dei più forti. Difatti, anche per la vita internazionale vale il principio secondo cui non è lecito recare danno al più debole, non è lecito uccidere il più debole. Chi così opera, è colpevole sia dinanzi a Dio, giudice supremo, sia dinanzi alla giustizia della storia umana. La colpa morale grava pure su tutti coloro che, in tali situazioni, non difendono i deboli, mentre avrebbero potuto e dovuto farlo.

Da Beyrouth i travagliati abitanti scrivono: "Dai nostri ripari sotterranei, sotto il fischio dei proiettili e i colpi dei cannoni che distruggono le nostre case, noi leviamo verso di voi il nostro "De profundis"". Nel nome di Dio mi rivolgo alle autorità siriane chiedendo di cessare i bombardamenti che mirano a distruggere la capitale del Libano e l'intero Paese. Non si assuma l'atteggiamento di Caino, che si rese colpevole della morte del fratello.

Oggi è la solennità della tua Assunzione, o Maria, madre del redentore, madre delle nazioni e dei popoli, madre del Libano. In questo giorno ripetiamo a te il "De profundis" dei nostri fratelli e delle nostre sorelle di Beyrouth. A te, nostra Signora di Harissa, gridiamo implorando per la salvezza del Libano! Più di una volta ho desiderato di recarmi in Libano. Ogni giorno nelle preghiere mi ritrovo in pellegrinaggio laggiù. Per quanto riguarda la mia presenza fisica nella regione e il mio ministero pastorale tra quei fratelli, sono stato consigliato di soprassedere per il momento a motivo della situazione. In questi giorni, essa è ulteriormente peggiorata. Tuttavia, proprio adesso ancor di più, sento l'interiore imperativo di recarmi in Libano. Prego affinché non mi vengano frapposte difficoltà nell'adempimento di questo ministero pastorale.

1989-08-15

Martedi 15 Agosto 1989





Ai componenti dell'orchestra internazionale giovanile di Lanciano - Castel Gandolfo (Roma)

Occorre lavorare insieme per rendere stabile e forte il minacciato dono della pace


Cari fratelli e sorelle, carissimi giovani.


1. Al termine di questa pregevole esecuzione musicale, esprimo sentita gratitudine alla presidente, ai dirigenti della associazione amici della musica "F. Fenaroli" ed a tutti voi, che avete voluto compiere questo gesto di attenzione nei confronti della mia persona.

Mi è caro dirvi il mio compiacimento anche per le parole, con le quali il vostro giovane collega si è fatto portavoce dei vostri sentimenti ed ha introdotto il "concerto per violino e orchestra" (opera 64) di Mendelsohn.

Le profonde emozioni, che la musica suscita nell'animo di chi ascolta come di chi la esegue, consentono di asserire ragionevolmente che l'esperienza artistica ha notevoli somiglianze con quella religiosa, ed entrambe richiedono uno spirito di contemplazione. Vale a dire quell'atteggiamento umano che fa guardare alla realtà con stima, attenzione e amore.


2. Come la preghiera, ogni espressione artistica e, in particolare, quella musicale eleva l'animo a ciò che trascende la mera esistenza terrena, e consente di porsi davanti alla vita ed a Dio, che l'ha creata, con umile devozione, aperti allo splendore della sua verità.

Ma c'è un'altra, non minore motivazione che pone in rilievo l'importanza della musica: questa, sia per essere composta che per essere eseguita, necessita di molto impegno e di costante disciplina.


3. Carissimi, l'augurio che di vero cuore formulo per ciascuno di voi è che la seria applicazione, con la quale vi dedicate alla vostra professione e che - come avete mostrato questa sera - dà pregevoli frutti, sia del pari usata nella vita di ogni giorno per facilitare rapporti di mutuo rispetto e di cordiale fraternità con tutta la famiglia umana, così bisognosa di pace.

Nel nostro tempo, in cui il bene prezioso della pace è frequentemente e da più parti minacciato, c'è bisogno di persone che lavorino per renderlo stabile e forte.

Concludo questo breve incontro con voi, assicurandovi della mia preghiera affinché il Signore di ogni bellezza e bontà vi conceda ogni desiderata grazia. Prego altresi perché, pure mediante il vostro lavoro artistico, possiate avere una miglior conoscenza di Dio e cresca in voi l'efficace desiderio di servirlo e di amarlo.

Ed ora desidero salutare i giovani musicisti provenienti da diverse nazioni, rivolgendomi loro nelle rispettive lingue.

1989-08-17

Giovedi 17 Agosto 1989




L'arrivo in Spagna - Santiago de Compostela

"E' grande la mia gioia: sono a Santiago per incontrarmi con i giovani di tutto il mondo


Maestà.

La ringrazio per le sue cortesi parole di benvenuto, che ravvivano in me il ricordo delle indimenticabili prove di simpatia ricevute nel corso delle mie precedenti visite pastorali in Spagna. Alla mia sincera gratitudine nei riguardi delle vostre maestà, per essere venute a Santiago a ricevermi, si unisce spontaneamente il mio affettuoso saluto a tutti gli amatissimi figli della Spagna ed in particolare a quelli della Galizia e delle Asturie. Tutti sono qui degnamente rappresentati dai miei fratelli nell'Episcopato e dai membri del governo della Nazione e dalle autorità delle regioni autonome, che saluto con gran rispetto e con stima.

Nell'iniziare la mia terza visita pastorale in Spagna non posso tacere la mia gioia, perché giungo a Santiago de Compostela per incontrarmi con giovani cattolici di tutto il mondo. Sin dai luoghi più lontani, da tutti i continenti si danno appuntamento fraterno presso il venerato sepolcro dell'Apostolo, per vivere delle intense giornate sotto il segno comune della fede cristiana. Molte e svariate sono state in questi giorni le "strade di Santiago", ma unico è stato l'itinerario spirituale che ha guidato questi giovani, trasformati in pellegrini di Santiago. Con enorme sacrificio e fatica, con spirito di penitenza, sono confluiti fin qui, desiderosi di rinsaldare l'amicizia con Dio e con gli uomini lasciandosi inondare dalla luce e dalla pace che Compostela irradia ancora da secoli.

In questo luogo privilegiato, mèta di pellegrini e di penitenti, la giovane Europa trovo uno dei suoi potenti fattori di coesione: la fede cristiana, ravvivata incessantemente, che avrebbe costituito una delle sue più stabili e feconde radici. Trovandoci ormai quasi alla soglia dell'anno duemila, nel vedere tanti giovani che vengono in cerca di questo orizzonte di grazia e di perdono, possiamo felicemente comprendere come il pellegrinaggio di oggi costituisca non soltanto un obbligato omaggio al passato, ma anche un atto di fiducia nelle sue prospettive di rinnovata vitalità per il presente e per il futuro.

Quest'anno è stato commemorato il quattordicesimo centenario del III Concilio di Toledo; una celebrazione che può suscitare un'eco di ammirazione ed un insieme di suggerimenti tra i giovani giunti a questo incontro di Santiago. Il III Concilio di Toledo, oltre ad essere una tappa importante nel conseguimento della concordia e dell'unione nella storia spagnola, ci offre la chiave per comprendere la comunione della Spagna con la grande tradizione delle Chiese di Oriente. Come non rammentare le figure dei santi fratelli Leandro e Isidoro? Entrambi, santi e diffusori del sapere, favorirono l'unione dei popoli ed il superamento delle rotture provocate dalla eresia ariana. Con essi la Chiesa cattolica si presentava ai popoli come lo spazio creatore di libertà in cui si trovavano contrapposte le culture ispano-romana e gotica. Fu così possibile inaugurare una nuova epoca e andare oltre le differenze e le divisioni che offrivano aspetti non facilmente conciliabili. Frutti pregevoli di quell'avvenimento ecclesiale furono l'armonizzazione profonda di prospettive tra la Chiesa e la società, tra fede cristiana e cultura umana, tra ispirazione evangelica e servizio all'uomo.

La Spagna ha avuto sempre una vocazione universale, cattolica.

Chiarissimo simbolo di questa vocazione è Santiago de Compostela, la città che, con la forza della memoria apostolica, attrae popoli diversi a trovare l'unità in una stessa fede. Il nome di Santiago rafforza la presenza della Spagna nella storia delle terre di America. Per questo, nel visitare la Spagna per la seconda volta, ho raccomandato alla Vergine del Pilar in Saragoza l'ormai prossima celebrazione centenaria della scoperta e dell'evangelizzazione dell'America. Più di una volta ho avuto l'opportunità di riconoscere l'incomparabile impresa missionaria della Spagna nel Nuovo Mondo. La Chiesa d'oggi si prepara ad una nuova cristianizzazione, che si presenta ai suoi occhi come una sfida, cui dovrà rispondere adeguatamente come in tempi passati.

Giungo, quindi, a Santiago, città dagli innumerevoli riferimenti per innumerevoli popoli. Giungo come successore di Pietro per incoraggiare i miei fratelli; per ravvivare le forze dei giovani e confortarmi con essi e per annunciare Gesù Cristo come via, verità e vita. Per impegnare tutti nell'edificazione di un mondo in cui splenda la dignità dell'uomo, immagine di Dio e sia promossa la giustizia e la pace. E seguendo la testimonianza dell'apostolo protomartire, Giacomo, desidero invitare i giovani ad aprire i loro cuori al Vangelo di Cristo e ad essere suoi testimoni; e, se fosse necessario testimoni-martiri, alle porte del terzo millennio.

Dio ci benedica sempre! Ci accompagni l'apostolo San Giacomo! A Maria, prima di andare a Covadonga, affido questo incontro con la gioventù.

1989-08-19

Sabato 19 Agosto 1989




Il "rito del pellegrino", ai fedeli riuniti - Santiago de Compostela (Spagna)

"Desideriamo scuotere il torpore del nostro mondo con il grido dei giovani che annunciano Cristo"



1. "Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore. / E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!" (Ps 122,1-2).

Cari confratelli nell'Episcopato, fratelli e sorelle in Cristo.

Come un pellegrino tra gli altri desidero ringraziare il Signore, da cui proviene ogni bene, perché mi trovo a Santiago de Compostela. Dinanzi a questo maestoso "Portico della Gloria", che ammiro per la seconda volta, mi sento veramente scuotere da quell'emozione accesa nei cuori di migliaia e migliaia di pellegrini di Santiago che nel corso dei secoli hanno posato lo sguardo su questo singolare e originale monumento di pietra, immagine evocatrice della vera Gerusalemme celeste.

Prima di varcare la soglia della casa e del tempio di san Giacomo, per venerare il suo sepolcro ed abbracciare la sua statua, desidero salutare i presenti, giunti anch'essi in pellegrinaggio al sepolcro dell'Apostolo.

Innanzitutto desidero porgere il mio fraterno saluto al Pastore di questa arcidiocesi, monsignor Antonio Maria Rouco Varela, che ringrazio per le cordiali parole che ha voluto rivolgermi. Saluto inoltre il suo Vescovo ausiliare, monsignor Ricardo Blazquez Perez, i signori Cardinali e gli altri Vescovi presenti, giunti da altre diocesi della Spagna e del mondo, accompagnati da tanti pellegrini. Insieme a loro saluto anche i numerosi sacerdoti, religiosi e religiose.

Porgo inoltre il mio cordiale saluto ai seminaristi ed ai giovani che, in rappresentanza di tutti gli altri e con il mantello da pellegrino sulle spalle, mi hanno accompagnato fino alla cattedrale.

In modo particolare rinnovo il mio affettuoso saluto alle loro maestà i sovrani di Spagna, che hanno voluto partecipare a questa liturgia. Attraverso di loro mi sia concesso rivolgere ancora una volta il mio affettuoso saluto all'amato popolo spagnolo.

[Il Santo Padre ha poi aggiunto in gallego:] Dio ha voluto che, come Vescovo di Roma, successore di san Pietro, nato nella Galizia orientale, giungessi ancora una volta, come pellegrino, e mi incontrassi in questo luogo santo, nella Giustizia occidentale del Finisterre ispanico, con giovani pellegrini di tutto il mondo a lode di Gesù Cristo via, verità e vita.

[Riprendendo a parlare in spagnolo il Papa ha così proseguito:]


2. "Gerusalemme è costruita / come città salda e compatta. / Là salgono insieme le tribù, / le tribù del Signore, / secondo la legge di Israele, / per lodare il nome del Signore" (Ps 122,3-4).

Questo pellegrinaggio assume un significato eccezionale, poiché è la mèta di tutti coloro che partecipano alla quarta Giornata Mondiale della Gioventù.

Compostela, focolare spazioso e dalle porte aperte, dove è stato distribuito per secoli e secoli, senza alcuna discriminazione, il pane della "perdonanza" e della grazia, vuole trasformarsi, a partire da questo momento, in luce splendente di vita cristiana, in riserva di energia apostolica per nuovi cammini di evangelizzazione, sulla spinta della fede dei giovani, di una fede sempre giovane.

Sono una moltitudine quanti si sono uniti al mio pellegrinaggio - ne sono presenti in spirito anche molti altri -, perché si sentono tutti chiamati dalla parola di Cristo: "Io sono la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6). Questi stessi pellegrini trasmettono al mondo contemporaneo il seme della speranza di una nuova generazione di discepoli di Cristo, intimamente fiduciosi e generosamente impegnati, così come l'apostolo san Giacomo nell'avventura di diffondere e radicare la buona Novella fra gli uomini. Questa evangelizzazione si presenta come prerogativa dei giovani di cuore generoso e creativo, aperti alla costruzione di un mondo senza frontiere, in cui prevalga una civiltà dell'amore, i cui protagonisti devono essere tutti i figli di Dio sparsi per il mondo.


3. "Domandate pace per Gerusalemme: / sia pace a coloro che ti amano, / sia pace sulle tue mura" (Ps 122,6-7).

Oggi, qui, dinanzi al "Portico della Gloria", questo pellegrinaggio della quarta Giornata Mondiale della Gioventù si presenta come un segno chiaro ed eloquente per il mondo. Le nostre voci proclamano unanimemente la nostra fede e la nostra speranza. Desideriamo accendere un fuoco di amore e di verità che attiri l'attenzione del mondo, come in passato le luci misteriose viste in questo luogo.

Desideriamo scuotere il torpore del nostro mondo, con il grido convinto di migliaia e migliaia di giovani pellegrini che annunciano Cristo redentore di tutti gli uomini, centro della storia, speranza delle genti e salvatore dei popoli.

Con loro e con tutti i presenti dinanzi a questo "Portico", rivive davanti ai nostri occhi l'incontro di una moltitudine di pellegrini davanti alle porte del tempio di san Giacomo descritto dal "Codex Callistinus": "Quivi giungono innumerevoli genti da tutte le nazioni... Non vi è lingua nè dialetto le cui voci non vi risuonino... Le porte della Basilica non si chiudono mai, nè di giorno nè di notte... Tutto il mondo vi giunge esclamando: "E-ultr-eia (Avanti, orsù!) E-sus-eia (In alto, orsù!)"". Si. Per un momento Santiago de Compostela è oggi la tenda dell'incontro, la mèta del pellegrinaggio, il segno eloquente della Chiesa pellegrina e missionaria, penitente e in cammino, orante ed evangelizzatrice che va per i sentieri della storia "fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga" (cfr LG 8).


4. "Per i miei fratelli e i miei amici / io diro: su di te sia pacè! / Per la casa del Signore nostro Dio, / chiedero per te il bene" (Ps 122,8-9).

Sono venuto innanzitutto per proclamare e confermare in tutti voi che la Chiesa è Popolo di Dio in cammino. E' dunque non senza ragione che i primi cristiani che seguirono Cristo furono chiamati gli uomini del cammino (cfr He 9,2). La Chiesa, lungo il suo percorso sui sentieri della storia, non cessa di affermare costantemente la presenza di Gesù di Nazaret, poiché sul cammino di ogni cristiano è presente il misterioso Pellegrino di Emmaus, che continua ad accompagnare i suoi illuminandoli con la sua Parola chiarificatrice ed alimentandoli con il suo Corpo e Sangue, pane di vita eterna.

Per questo, non deve sembrare strano che "la strada di Santiago" sia stata considerata talvolta paradigma del pellegrinaggio della Chiesa nel suo cammino verso la città celeste; cammino di preghiera e penitenza, di carità e solidarietà; tratto della vita in cui la fede, facendosi storia negli uomini, rende a sua volta cristiana la cultura. Le chiese e le abbazie, gli ospedali e gli asili della strada di Santiago parlano ancora di quell'avventura cristiana del pellegrinaggio, in cui la fede si faceva vita, storia, cultura, carità, opere di misericordia.

Ormai alle soglie dell'anno duemila la Chiesa desidera continuare ad essere compagna di viaggio per l'umanità; anche per la nostra umanità, a volte dolente e abbandonata a causa di tante infedeltà e sempre bisognosa di essere guidata verso la salvezza attraverso la densa nebbia che le incombe dinanzi quando si affievolisce la coscienza della comune vocazione cristiana, persino fra gli stessi fedeli. Lasciandosi condurre dallo Spirito, i cristiani semineranno ovunque i valori di pace e di verità che scaturiscono dal Vangelo, capace di dare un significato nuovo, una linfa nutritiva al mondo e alla società attuale.

E' quindi necessario che il ricordo di uno straordinario passato cristiano sproni tutti i figli della Chiesa e, aggiungerei, in particolare i figli e le figlie della nobile Spagna, ad impegnarsi in un'opera appassionante: far fiorire un nuovo umanesimo cristiano, che dia pieno significato alla vita in un momento in cui vi è tanta sete e fame di Dio.


5. "Riconoscete che il Signore è Dio... / Varcate le sue porte con inni di grazie, / i suoi atri con canti di lode, / lodatelo, benedite il suo nome" (Ps 100,3-4).

Ecco la ragione prima che mi ha spinto a giungere fino alla tomba dell'Apostolo: annunciare da qui che Cristo è e continuerà ad essere la via, la verità e la vita. In queste parole così evocatrici troviamo la radice della Rivelazione totale di Cristo all'uomo, ad ogni uomo, che deve accoglierlo come via, se non vuole perdersi, accettarlo come verità, se non vuole cadere nell'errore, ed aprirsi all'effusione della vita - la vita eterna - che scaturisce da lui, se non vuole farsi catturare da ideologie e culture di morte e di distruzione.

Oggi come ieri, abbiamo bisogno di scoprire personalmente, come il nostro Apostolo, che Cristo è il Signore, per trasformarci in servitori ed apostoli, in testimoni ed evangelizzatori e costruire così una civiltà più giusta, una società umana più vivibile. Questo è il retaggio che san Giacomo ha lasciato non solo alla Spagna e all'Europa, ma a tutti i popoli del mondo. E questo è anche il messaggio che il Papa, successore di Pietro, desidera affidare a voi perché la buona Novella della salvezza non si trasformi in sterile silenzio, ma trovi un'eco favorevole e produca abbondanti frutti di vita eterna.

Nel "Portico" di questa cattedrale, che con grande efficacia chiamate "Portico della gloria" per la sua bellezza architettonica e il suo profondo significato spirituale, possiamo ammirare l'immagine della beata Vergine Maria, in un espressivo gesto di accettazione della volontà divina. Possa ella, pellegrina della fede e Vergine del cammino, aiutare tutti noi a pronunciare con fermezza e sottomissione il "si" definitivo al progetto divino, affinché possa essere nella Chiesa e nel mondo la vera forza rinnovatrice della grazia e tutti gli uomini possano tornare a camminare come fratelli sulla via che conduce alla dimora eterna.

[In gallego il Papa ha poi aggiunto:] Vi chiedo, dal profondo della mia anima, di non trascurare ciò che vi appartiene: il retaggio storico di san Giacomo, e che rendendo grazie a Dio per il passato, non cessiate di guardare al futuro di modo che, mantenendovi fedeli alla vostra fede cattolica, professata sempre in comunione con il successore di Pietro, possiate presentare sempre al mondo, con giovanile freschezza, l'eterno messaggio evangelico dell'Apostolo.

[In spagnolo il Papa ha così proseguito:] "Poiché buono è il Signore, / eterna la sua misericordia, / la sua fedeltà per ogni generazione" (Ps 100,5).

Intercedano san Giacomo e nostra Signora per voi dinanzi al trono dell'Altissimo! E così sia!

1989-08-19

Sabato 19 Agosto 1989




La preghiera dinanzi alla tomba di san Giacomo - Ai fedeli riuniti, Santiago de Compostela (Spagna)

"Insegnaci la via che porta al Signore, aprici alla verità che hai imparato da lui, dacci la forza di amare sempre la vita"


San Giacomo! Sono qui, nuovamente, presso il tuo sepolcro / al quale mi avvicino oggi, / pellegrino da tutte le strade del mondo, / per onorare la tua memoria ed implorare la tua protezione./ Giungo dalla Roma luminosa e perenne, / fino a te che ti sei fatto pellegrino sulle orme di Cristo / ed hai portato il suo nome e la sua voce / fino a questo confine dell'universo. / Vengo dai luoghi di Pietro / e, quale suo successore, porto a te / che sei con lui colonna della Chiesa, / l'abbraccio fraterno che viene dai secoli / ed il canto che risuona fermo ed apostolico nella cattolicità. / Viene con me, san Giacomo, un immenso fiume giovanile / nato dalle sorgenti di tutti i paesi della terra. / Qui lo trovi, unito e sereno alla tua presenza, / ansioso di rinnovare la sua fede nell'esempio vibrante della tua vita. / Veniamo a questa soglia benedetta in animato pellegrinaggio. / Veniamo immersi in questo copioso esercito / che sin dalle viscere dei secoli è venuto portando le genti fino a questa Compostela / dove tu sei pellegrino ed ospite, apostolo e patrono. / E giungiamo qui al tuo cospetto perché andiamo uniti nel cammino. / Camminiamo verso la fine di un millennio / che desideriamo sigillare con il sigillo di Cristo. / Camminiamo ancora oltre, verso l'inizio di un millennio nuovo / che desideriamo aprire nel nome di Dio. / San Giacomo, / abbiamo bisogno per il nostro pellegrinaggio / del tuo ardore e del tuo coraggio. / Per questo veniamo a chiederteli / fino a questo "finisterrae" delle tue imprese apostoliche. / Insegnaci, Apostolo ed amico del Signore, / la via che porta a lui. / Aprici, predicatore delle Spagne, / alla verità che hai imparato dalle labbra del Maestro. / Dacci, testimone del Vangelo, / la forza di amare sempre la vita. / Mettiti tu, patrono dei pellegrini, / alla testa del nostro pellegrinaggio di cristiani e di giovani. / E come i popoli all'epoca camminarono verso di te, / vieni tu in pellegrinaggio con noi incontro a tutti i popoli. / Con te, san Giacomo apostolo e pellegrino, / desideriamo insegnare alle genti d'Europa e del mondo / che Cristo è - oggi e sempre - / la via, la verità e la vita.

1989-08-19

Sabato 19 Agosto 1989




L'incontro con gli infermi e gli invalidi - Santiago de Compostela (Spagna)

"Voi giovani malati siete giunti prima di tutti al monte della gioia"


Cari fratelli e sorelle.


1. In questo significativo giorno in cui tanti giovani e tante giovani di tutto il mondo, riunitisi a Santiago de Campostela o nei luoghi più remoti dell'"orbe", si sentono uniti con il Papa per celebrare Cristo redentore, voi costituite il centro dell'attenzione ecclesiale, perché la sofferenza vi rende specialmente vicini a Cristo; più ancora fa di voi un Cristo vivente in mezzo al mondo, poiché "l'uomo sofferente è via della Chiesa perché egli è anzitutto via di Cristo stesso, il buon samaritano che "non passa oltre", ma "ne ha" compassione, si fa vicino... gli fascia le ferite... si prende cura di lui"! (Lc 10,32-34)". (CL 53) Per questo io provo una particolare soddisfazione pastorale nell'avvicinarmi a voi per salutarvi - vorrei farlo a ciascuno personalmente -, per dialogare sulla vostra situazione, per incoraggiarvi, per benedirvi e per far vedere dinanzi a tutti gli altri uomini e donne ciò che voi siete e quel che significate per l'intera umanità.

Desidero inoltre ringraziare per le vive espressioni con cui un vostro rappresentante ha manifestato i vostri desideri e la vostra disponibilità alla volontà del Signore; espressioni e testimonianze di vita che sono riassunte nel libro che mi avete consegnato.

Desidero inoltre dimostrare il mio apprezzamento per i sentimenti di vicinanza e di solidarietà con voi che soffrite o che siete menomati manifestati da un giovane della vostra età.

[Parlando in galiziano il Santo Padre ha detto:] A motivo della vostra malattia, non soltanto siete privilegiati agli occhi di Dio, ma siete coloro che più possono chiedere e far si che la gioventù del mondo incontri Gesù Cristo, via, verità e vita. In un tempo in cui la Croce è nascosta, voi, accettandola, siete testimoni che Gesù Cristo ha voluto abbracciarla per la nostra salvezza.

[Riprendendo a parlare in spagnolo il Papa ha così proseguito]:


2. Giovani malati e handicappati! Proprio nel periodo più bello della vita, in cui il vigore e il dinamismo costituiscono una caratteristica propria dell'uomo, voi vi trovate fragili e senza le forze necessarie per compiere tante attività, così come è dato di fare a tanti altri ragazzi e ragazze della vostra età.

Infatti tanti vostri coetanei sono venuti oggi, camminando fino al monte del Gozo (monte della Gioia), dove ci riuniremo questo pomeriggio. Voi non siete in condizione di camminare, ma - lasciatemelo dire con un paradosso - siete giunti prima di tutti al "monte della gioia". Si, perché il Calvario, dove Gesù è morto e risorto e dove voi siete con lui, è, guardato con gli occhi della fede, il monte della gioia, la collina dell'allegria perfetta, la vetta della speranza.


3. Anche io conosco - perché l'ho provata nella mia persona - la sofferenza che causa la limitazione fisica, la debolezza propria della malattia, la mancanza di energie per il lavoro, il non sentirsi in forma per svolgere una vita normale. Ma so anche - e vorrei farvelo comprendere - che quella sofferenza ha anche un altro aspetto, sublime: dà una grande capacità spirituale, perché la sofferenza è purificazione per sè e per gli altri e se viene vissuta nella dimensione cristiana può trasformarsi in dono offerto per completare nella propria carne "quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Per questo la sofferenza abilita alla santità, dato che racchiude grandi possibilità apostoliche ed ha un valore salvifico eccezionale quando è unita alle sofferenze di Cristo.

E' incommensurabile, inoltre, la forza evangelizzatrice che il dolore possiede. Per questo, quando chiamo tutti i fedeli cristiani alla grande impresa missionaria di effettuare una nuova evangelizzazione, ho presente che in prima linea vi saranno, quali eccezionali evangelizzatori, i malati, i giovani malati.

"Anche i malati sono mandati come operai nella sua vigna". Perché "il peso, che affatica le membra del corpo e scuote la serenità dell'anima, lungi dal distoglierli dal lavorare nella vigna, li chiama a vivere la loro vocazione umana e cristiana ed a partecipare alla crescita del Regno di Dio in modalità nuove, anche più preziose" (CL 53).


4. Nella lettera apostolica "Salvifici Doloris", ho parlato diffusamente sul senso cristiano della sofferenza e ho fatto riferimento ad alcune delle idee che ho esposto prima. Vorrei che questa lettera fosse come una guida per la vostra vita, così che possiate contemplare sempre la vostra situazione alla luce del Vangelo, fissando lo sguardo su Gesù Cristo crocifisso, Signore della vita, Signore della nostra salute e delle nostre malattie, padrone dei nostri destini.

Voi, offrendo al Signore, le forze limitate, siete la ricchezza della Chiesa, la riserva di energie per la sua missione evangelizzatrice. Siete l'espressione di una sapienza ineffabile, che viene soltanto dalla sofferenza: "Bene per me sono stato umiliato, perché impari ad obbedirti" ().

Con il dolore la vita si fa più profonda, più comprensiva, più umile, più sincera, più solidale, più generosa. Nella malattia comprendiamo meglio che la nostra esistenza è gratuita e che la salute è un immenso dono di Dio.

Voi, miei cari amici nel dolore, attraverso la sofferenza scoprirete più facilmente ed insegnerete a noi a scoprire Gesù Cristo "Via, Verità e Vita".

Guardate il Signore, uomo dei dolori. Fissate la vostra attenzione su Gesù che, anche lui giovane come voi, con la sua morte in Croce mostro all'uomo il valore inestimabile della vita, che comporta necessariamente l'accettazione della volontà di Dio Padre.


5. Prima di concludere questo incontro, desidero rivolgermi a quanti, per vincoli di sangue o per la propria professione medica e di assistenza umana e sociale, sono in continuo contatto con i nostri cari giovani malati.

Esprimo a voi il mio apprezzamento per la generosità, e talvolta abnegazione, con cui vi sforzate di creare attorno a loro, immagini vive del Cristo dolente, un ambiente familiare accogliente e sereno. Voi sentite il dovere di compiere il vostro lavoro come un vero servizio, da fratello a fratello. Sapete bene che chi soffre non cerca soltanto un sollievo al suo dolore o alle sue limitazioni, ma cerca anche il fratello o la sorella capace di comprendere il suo stato d'animo e di aiutarlo ad accettare se stesso e a sopportare la sua vita di tutti i giorni.

Per questo è fondamentale la fede, che vi consente di scorgere nel malato il volto amico di Cristo. Non è stato forse lui a dire: "Ero malato e mi avete visitato" (Mt 25,36)? In questa dimensione cristiana il vostro servizio, talvolta continuo e faticoso, ha un valore inestimabile dinanzi alla società, e soprattutto, dinanzi al Signore.

Cari malati e handicappati, vi benedico con il mio affetto più grande e sentito. E mi è gradito estendere questa benedizione ai vostri cari e a quanti vi assistono e vi accompagnano nell'ambito spirituale, umano e sanitario.

1989-08-19

Sabato 19 Agosto 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Il primo saluto ai partecipanti alla quarta Giornata Mondiale della Gioventù - Castel Gandolfo (Roma)