GPII 1989 Insegnamenti - Ai partigiani cristiani d'Italia - Castel Gandolfo (Roma)

Ai partigiani cristiani d'Italia - Castel Gandolfo (Roma)

"Vi siete opposti a progetti di società incompatibili con la dignità dell'uomo"



1. Sono lieto di rivolgervi il mio cordiale saluto, cari aderenti all'associazione partigiani cristiani - sezione di Parma, che, guidati dai vostri dirigenti, avete voluto ricambiare la mia visita alla vostra regione nel giugno dello scorso anno.

Per il tramite del vostro cappellano capo monsignor Nino Rolleri Negri, che mi ha fatto pervenire un nobile indirizzo di omaggio, voi avete ribadito la vostra fedeltà a Cristo ed al suo Vicario nel quotidiano impegno di una vita coerente con gli insegnamenti del Vangelo, affinché nel mondo crescano giustizia e carità.


2. In un drammatico periodo della storia d'Italia, d'Europa e del mondo quest'impegno vi ha portato ad opporvi con tutte le vostre forze a progetti di società incompatibili con la dignità dell'uomo. Sceglieste allora di resistere non per opporre violenza a violenza, ma per affermare il diritto e la libertà per voi, per i vostri cari e per tutti gli altri cittadini, non esclusi gli stessi figli degli oppressori. Per questa giusta causa, in ogni paese, uomini e donne mossi dai vostri stessi ideali, sacrificarono la propria vita, affrontando talvolta la morte da vittime inermi, offerte in olocausto, o difendendo in armi la propria libera esistenza, come singoli e come popoli.

Per l'Italia, in particolare le cifre relative ai sacerdoti e ai laici di Azione Cattolica, vittime della violenza di opposte ideologie, sono drammaticamente eloquenti ed attestano l'importanza del contributo dato dai cattolici alla edificazione di una Patria più libera e più giusta.

Mentre mi associo con voi nel ricordo orante per questi generosi testimoni di una fedeltà al dovere che ha saputo spingersi fino alla donazione suprema, volentieri vi incoraggio nel proposito di trasmettere alle future generazioni quella carica ideale, grazie alla quale i cattolici italiani hanno dato uno specifico ed importante contributo alla crescita religiosa e civile del loro amato Paese.

Con questi sentimenti imparto di cuore a voi ed ai vostri cari la mia benedizione, propiziatrice di copiosi favori celesti.

1989-08-27

Domenica 27 Agosto 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

Con il suo cuore di madre, Maria è al servizio della Redenzione operata da Gesù Cristo


"Cuore di Gesù, nostra vita e risurrezione, abbi pietà di noi".


1. Questa invocazione delle litanie del Sacro Cuore, forte e convinta come un atto di fede, racchiude in una frase lapidaria tutto il mistero di Cristo redentore.

Essa richiama le parole rivolte da Gesù a Marta, affranta per la morte del fratello Lazzaro: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore, vivrà" (Jn 11,25).

Gesù è la vita, che eternamente scaturisce dalla divina sorgente del Padre: "In principio era il Verbo, / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio... In lui era la vita / e la vita era la luce degli uomini" (Jn 1,1 Jn 1,4).

Gesù è vita in se stesso: "Come il Padre ha la vita in se stesso - egli dichiara -, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso" (Jn 5,26).

Nell'intimo essere di Cristo, nel suo Cuore, la vita divina e la vita umana si congiungono armonicamente, in piena e inscindibile unità.

Ma Gesù è anche vita per noi. "Dare la vita" è lo scopo della missione che egli, Buon Pastore. ha ricevuto dal Padre: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).


2. Gesù è anche la risurrezione. Nulla è così radicalmente contrario alla santità di Cristo - il Santo del Signore (cfr Lc 1,35 Mc 1,24) - come il peccato; nulla tanto opposto a lui, sorgente di vita, quanto la morte. Un vincolo misterioso lega peccato e morte - (cfr Sg 2,24 Rm 5,12 Rm 6,23 etc. ): ambedue sono realtà essenzialmente contrarie al progetto di Dio sull'uomo, che non è stato fatto per la morte, ma per la vita. Dinanzi ad ogni espressione di morte, il Cuore di Cristo si è commosso profondamente, e per amore del Padre e degli uomini, suoi fratelli, ha fatto della sua vita un "prodigioso duello" contro la morte (""Missale Romanum", "Sequen. pasch.""): con una parola ha restituito la vita fisica a Lazzaro, al figlio della vedova di Nain, alla figlia di Giairo; con la forza del suo amore misericordioso ha ridato la vita spirituale a Zaccheo, a Maria di Magdala, all'adultera e a quanti hanno saputo riconoscerne la presenza salvatrice.


3. Fratelli e sorelle! Nessuno, quanto Maria ha sperimentato che il Cuore di Gesù è "vita e risurrezione": - da lui, vita, Maria ha ricevuto la vita della grazia originale e, nell'ascolto della sua parola e nell'osservazione attenta dei suoi gesti salvifici, ha potuto custodirla e nutrirla; - da lui, risurrezione, ella è stata associata in modo singolare alla vittoria sulla morte: il mistero della sua Assunzione in corpo e anima al cielo è il consolante documento che la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte si prolunga nelle membra del suo corpo mistico, prima di tutti in Maria, "membro sovreminente" della Chiesa (LG 53).

Glorificata in cielo, la Vergine è, con il suo cuore di madre, al servizio della Redenzione operata da Cristo. "Madre della vita", è vicina ad ogni donna che dà alla luce un figlio, è presso ogni fonte battesimale dove, dall'acqua e dallo Spirito (cfr Jn 3,5), nascono le membra di Cristo; "Salute degli infermi", è là dove la vita langue colpita dal dolore e dalla malattia; "Madre di misericordia", ella chiama chi è caduto sotto il peso della colpa a ritornare alle sorgenti della vita; "Rifugio dei peccatori", indica a coloro che se ne sono allontanati la via che riconduce a Cristo: "Vergine Addolorata" accanto al Figlio morente (cfr Jn 19,25), ella è là dove la vita si spegne. Invochiamola con la Chiesa: "Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte".

1989-08-27

Domenica 27 Agosto 1989




A vescovi cileni in visita "ad limina" - Castel Gandolfo (Roma)

Nulla può sottrarsi nella vita dell'uomo alla valutazione morale che deriva dalla fede


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Siete venuti dal Cile, sempre presente nelle mie preghiere, per "vedere Pietro" (cfr Ga 1,18). La vostra visita "ad limina Apostolorum" è l'espressione ecclesiale di questa profonda volontà di conservare e accrescere ancora di più la comunione con chi è a capo del Collegio Episcopale e centro visibile dell'unità della Chiesa. perciò desidero ringraziarvi vivamente per le cortesi parole che monsignor Carlos Gonzales, Vescovo di Talca e Presidente della Conferenza Episcopale, ha avuto la cortesia di rivolgermi anche a nome degli altri Vescovi qui presenti. Vi porgo il mio più cordiale benvenuto con fraterna letizia e ricevo con gioia la vostra ferma manifestazione di fedeltà alla Sede Apostolica. Da parte mia vi offro degli orientamenti con cui desidero esercitare la missione che Gesù, nostro salvatore, ha affidato all'apostolo Pietro, di confermare la fede dei suoi fratelli (cfr Lc 22,32).

Quando ricevetti il primo gruppo di Vescovi cileni, lo scorso mese di marzo, in occasione della loro visita "ad limina", esposi loro con affetto alcune linee pastorali indirizzate, come ben capite, non solo a loro ma a tutti i Vescovi cileni. E' stato, dal punto di vista pastorale, assai soddisfacente sapere che tali orientamenti sono stati ampiamente diffusi nel vostro Paese e accolti assai positivamente da parte vostra, del clero e dei fedeli. Le mie parole in questo incontro vogliono servire da complemento a quella precedente allocuzione e da approfondimento di alcuni dei suoi aspetti.


2. La missione di annunciare il Vangelo è sempre stata una sfida. In ogni tempo e luogo si verifica ancora una volta la parabola del chicco di senapa (cfr Mt 13,31s), ossia la radicale sproporzione fra i mezzi umani e la grandezza dell'opera da realizzare. Di fronte a questo fatto, gli apostoli, fedeli alla missione loro affidata da Cristo, predicando la parola di verità. crearono le Chiese (cfr. S. Augustini, "Enarrat. in Ps 44, 23"; CCL XXXVIII). Dunque "non c'è vera evangelizzazione, se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio non siano proclamati" (Pauli VI, EN 22). L'incarico degli apostoli è riassunto dalle parole di san Paolo, predicare "Cristo crocifisso: scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia giudei che greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,23s). Come avrebbero potuto gli apostoli intraprendere un'opera di tale importanza se non fossero stati sostenuti dal potere dello Spirito Santo? Come avrebbe potuto la Chiesa resistere alle persecuzioni, e persino alle terribili prove interne della eterodossia e dello scisma, se non avesse sperimentato in modo irrevocabile, insieme a lei e con lei, la presenza di Gesù Cristo che le promise il suo fedele aiuto "fino alla fine del mondo" (Mt 28,20)? L'evangelizzazione dell'America Latina, come quella di tutti i popoli della terra, è anche una manifestazione visibile di come Dio spinga la Chiesa a creare nuovi spazi, nuove comunità nelle quali Cristo sia principio e fine.

L'opera dell'evangelizzazione comincia, ma non termina. Successive generazioni aspettano l'annuncio del Vangelo. Successivi cambiamenti culturali richiedono luci nuove per poter superare l'immanenza asfissiante che distrugge la persona perché non ha voluto ascoltare e accogliere Dio. Gli uomini sono così privati della dimensione trascendentale della loro esistenza, vivendo come a tentoni in mezzo a "tenebre e ombre di morte" (cfr Mt 4,16).


3. L'evangelizzazione - di qualunque continente e luogo -, il catechista, è un uomo affascinato dall'esempio e dalla chiamata di Cristo, mosso dalla volontà di salvare i suoi fratelli. Gli uomini che non conoscono Gesù Cristo giacciono ai margini della strada, come il viandante ferito della parabola del buon samaritano (cfr. Lc 10,30-37), accanto al quale passarono indifferenti un sacerdote giudeo e un levita, che non si preoccuparono, nè si interessarono a ciò che sarebbe successo più tardi al ferito. Il samaritano invece, senti come fossero suoi lo smarrimento e la sofferenza dell'uomo aggredito; lo curo, lo bendo e si fece carico di lui.

Questa è un'immagine modello di quelli che devono essere i sentimenti dell'evangelizzazione: l'uomo che si affligge con chi soffre, gioisce con chi è nella gioia e si dona a tutti, affinché tutti siano partecipi della sua profonda letizia. Esorto voi, cari fratelli, e con voi i vostri sacerdoti, diaconi e fedeli tutti, affinché diate testimonianza di questo fervore, di questa carità pastorale, di questa santa inquietudine davanti ai vostri fratelli. Siete responsabili dei vostri fedeli si, ma lo siete anche, a titolo molto speciale, di coloro che, per qualsiasi motivo non sono nell'ovile. A noi Vescovi si adatta, in senso assai speciale, la parola del profeta: "Mi divora lo zelo per la tua casa" (Ps 69,10).

Vi invito poi a pensare a qualcosa che voi sapete molto bene: nulla è tanto necessario e importante per l'uomo contemporaneo, come l'annuncio della buona Novella di salvezza. Nulla possiamo dargli che sia più utile di questo prezioso tesoro che il Signore ha affidato al nostro ministero. Date! Date senza posa! così il dono di Dio sarà la beatitudine di coloro che lo accolgono e di coloro che lo donano.

Affermando che la Chiesa è cattolica vogliamo dire che è evangelizzatrice, missionaria e apostolica; se non avesse tali caratteristiche non sarebbe la vera Chiesa di Gesù Cristo. La vitalità della Chiesa si misura dalla sua dimensione e proiezione missionaria ed evangelizzatrice! "Il Vangelo che ci è stato affidato - diceva il mio predecessore Paolo VI - è anche parola di verità..., verità su Dio, verità sull'uomo e sul suo destino misterioso, verità sul mondo" (EN 78).


4. Il fine di tutta l'evangelizzazione è suscitare la fede. così lo ricorda l'Apostolo: "Come invocheranno colui in cui non hanno creduto? Come crederanno a colui che non hanno ascoltato? Come ascolteranno senza che si predichi loro? perciò la fede deriva dalla predicazione, e la predicazione dalla parola di Dio" (Rm 10,14-17). Questa fede, dono di Dio ci introduce nella realtà più profonda dell'uomo e di quanto lo circonda, perché solo mediante la fede si possono valutare le cose e i fatti così come Dio li valuta.

Negli ultimi tempi sono stati grandi i progressi della scienza e della tecnologia; grande è anche la ripercussione di tutto questo sull'umanità; pero ciò non raggiunge il livello più profondo della realtà, e neppure dà una risposta veramente positiva e completa ai numerosi interrogativi dell'uomo. Desidero ricordare quanto, a questo riguardo, dice la lettera agli Ebrei: "Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, si che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede" (He 11,3). Questo lo percepisce la fede che è "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (He 11,1).

I santi sono soprattutto coloro che hanno avuto una conoscenza globale più esatta di Dio, e l'hanno acquisita attraverso una fede vivissima, nutrita nella contemplazione e sostenuta dal dono della saggezza. Quando san Paolo afferma che "il giusto vivrà per la fede" (Rm 1,17 cfr. Ga 3,11 He 10,38), sta annunciando una verità fondamentale della vita cristiana, perché i criteri con cui un uomo vive in forma coerente come figlio di Dio, membro del corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo, non sono criteri puramente umani. La Vergine Maria e san Giuseppe, suo sposo, furono persone di grande fede. Elisabetta lodo Maria per aver creduto (cfr Lc 1,45). Giuseppe dimostro la sua fede profonda e totale, non con le parole ma con i fatti, che sono quelli che contano sul piano divino (cfr Mt 1,18-25). Essi vissero il mistero dell'Incarnazione nell'oscurità della fede, "senza comprendere" (cfr Lc 2,50), ma accettando umilmente e fiduciosamente i disegni di Dio.


5. E' vero che molte realtà del piano salvifico di Dio non si comprendono se non alla luce della fede, e ai suoi margini perdono il loro pieno significato e persino la loro identità cristiana. Quando la fede non è profonda, queste realtà acquisiscono contorni incerti, si riducono, si minimizzano o vengono coperte con una cortina di silenzio; se ciò accadesse nella coscienza dei fedeli e nell'insegnamento dei Pastori, sarebbe un segnale inequivocabile del fatto che la fede ha perso la sua profondità e, forse, contenuto.

La fede, il cui essenziale contenuto è il disegno salvifico di Dio, espresso nell'Incarnazione di suo Figlio e nella sua opera redentrice fino alla fine dei secoli, attraverso la sua Chiesa, è il fondamento di ogni vita cristiana, nella quale sono indissolubilmente unite la adesione alla verità e la sua concreta proiezione sulla vita personale e sociale. Nulla, assolutamente nulla nella vita dell'uomo può sfuggire alla valutazione morale che deriva dalla fede. Pretendere che un solo elemento della vita umana sia autonomo rispetto alla legge di Dio, è una forma di idolatria (cfr Ga 4,20). L'uomo che grazie alla fede adora Dio in spirito e verità, sa che questa adorazione e questo amore non sarebbero tali se negasse di riconoscere nel fratello l'immagine di Dio (cfr Jn 4,20 Mt 25,31ss).

La reale crescita della Chiesa consiste nell'accrescimento della fede e della carità dei suoi membri. perciò evangelizziamo. E siccome in questa vita non si ottiene la piena illuminazione, la Parola di Dio deve continuare a risuonare fra il popolo, grazie a coloro che hanno ricevuto mediante l'imposizione delle mani il compito di insegnare ai loro fratelli "e imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8).

Incoraggio voi, cari fratelli, e per mezzo vostro i vostri sacerdoti e diaconi, ad annunciare con perseveranza e con entusiasmo il mistero della fede; felici di poter comunicare agli altri ciò di cui hanno tanto bisogno: la luce della vita eterna. Il messaggio del Vangelo "è necessario. E' unico. E' insostituibile. Non sopporta nè indifferenza, nè sincretismi, nè accomodamenti.

Rappresenta la bellezza della Rivelazione. Comporta una saggezza che non è di questo mondo" (Pauli VI, EN 5).


6. In questi quasi undici anni di pontificato, ho avuto occasione di trattare con voi e di conoscere la vostra difficile opera pastorale. Ho conosciuto personalmente molti dei vostri sacerdoti e fedeli, e ho potuto visitare, nell'aprile del 1987, alcune delle vostre comunità ecclesiali. Ho avuto anche occasione di parlare con ciascuno di voi, e di rivolgermi alla Conferenza Episcopale in varie circostanze. In questo modo si sono rafforzati i vincoli di fede e comunione fra le Chiese particolari del Cile e questa Sede Apostolica.

Spesso i miei pensieri si rivolgono a voi, ai vostri cari sacerdoti, così come a tutti i religiosi, le religiose e i laici, che collaborano con voi nel campo dell'apostolato. Penso alle comunità delle vostre grandi città, come anche a quelle più lontane, del sud del Cile, dell'isola di Pasqua e dell'altopiano del Nord. Spero vivamente che ogni comunità parrocchiale sia profondamente unita al suo Vescovo, di modo che questi sia veramente il padre e il Pastore del suo gregge.

Effettivamente, nella Chiesa ogni Vescovo sa che ha una responsabilità propria e inalienabile nel disimpegno della sua missione di insegnare, santificare e governare il Popolo di Dio. Questo è un potere che ogni Vescovo esercita in nome di Cristo, sperando che i fedeli sappiano accettare ciò che i Vescovi dispongono per il bene delle proprie diocesi.

Nelle vostre rispettive circoscrizioni ecclesiastiche, dovete fomentare il cammino della santità per i vostri sacerdoti, religiosi e laici, secondo la peculiare vocazione di ognuno, persuasi che dovete essere, come gli apostoli, "sale della terra e luce del mondo" (cfr Mt 5,13 Mt 5,14) e obbligati pertanto "a dare l'esempio di santità nella carità, umiltà e semplicità di vita" (CD 15). Che la testimonianza di tanti benemeriti Pastori che vi hanno preceduto vi aiuti nel vostro ministero.

Lo Spirito Santo vi ha affidato la stessa missione, che portate a termine in diverse circostanze. C'è chi lavora in diocesi ben organizzate, altri in prelature e vicariati apostolici, con problemi tipici di tali circoscrizioni ecclesiastiche, ed è peculiare anche il ministero pastorale che deve svolgere il Vescovo castrense, in collaborazione con gli altri Vescovi diocesani. Tutti comunque siete coscienti di collaborare per la edificazione della Chiesa santa di Dio con la parola e l'esempio, confidando sempre nell'aiuto del Signore.


7. Prima di concludere, desidero chiedervi di portare il mio affettuoso saluto a tutti i membri delle vostre Chiese diocesane: ai sacerdoti, i religiosi, le religiose, i diaconi e i seminaristi, come pure ai cristiani impegnati nell'apostolato; ai giovani e alle famiglie; agli anziani, ai malati e a coloro che soffrono. In modo particolare dite ai sacerdoti e alle persone consacrate a Dio che il Papa li ringrazia per il loro faticoso lavoro per il Signore e per la causa dell'evangelizzazione, tanto da avere piena fiducia nella loro fedeltà.

Ringrazio voi, Vescovi del Cile, in nome del Signore, per la vostra sollecitudine pastorale per la Chiesa di Dio. Nella vostra dedizione generosa al Vangelo, contate sulla benedizione e la intercessione della Madre di Dio. Chiedo oggi alla vostra patrona, nostra Signora del Carmine di Maipu, che vi accompagni con la sua protezione materna, soprattutto in questi momenti in cui ci stiamo preparando al quinto centenario dell'arrivo della fede nel nuovo mondo, che ha segnato indelebilmente la nazione cilena con il simbolo vivificatore della Croce di Cristo.

Alla Vergine Maria, signora della pace e madre degli uomini, raccomando una volta ancora la amata società cilena affinché, in un ambiente di reciproco rispetto e di ricerca del bene comune, vada via via progredendo verso la pace e il benessere sociale.

Vi accompagno nella vostra opera pastorale con le mie preghiere e la mia sollecitudine apostolica, mentre imparto la mia benedizione, estesa agli amati figli del Cile che ricordo con tanto affetto.

1989-08-28

Lunedi 28 Agosto 1989




Al congresso mondiale di gemellologia - Castel Gandolfo (Roma)

La difesa della vita e della dignità umana deve ispirare tutte le ricerche scientifiche


Professor Gedda, signore e signori.


1. Sono lieto di ricevervi, illustri fisici, biologi, psicologi ed educatori venuti a Roma per partecipare al sesto congresso internazionale di gemellologia.

Vi presento i miei migliori auspici per un fecondo scambio di ricerche ed idee.

L'importanza di questo congresso appare non solo dalla vastità e complessità delle questioni in discussione, ma anche dall'approccio multidisciplinare scelto dalla Società Internazionale di Gemellologia per ciascuno dei suoi congressi. La vostra società raggiunge i prefissati obiettivi di ricerca e sviluppo in tutti i campi scientifici legati agli studi di gemellologia. Ne risulta un notevole contributo alla nascente scienza della gemellologia e insieme un affronto delle concrete necessità dei gemelli e delle loro famiglie.


2. Attualmente è ampiamente riconosciuto che lo studio dei gemelli, in particolare nel campo della fisiologia e della patologia, ha ampliato significativamente la nostra conoscenza della genetica in generale e dell'ereditarietà in particolare.

Anche qui la vostra società ha dato un apporto significativo, e ha stimolato nuovo interesse da parte di molti scienziati e ricercatori.

Davvero i gemelli sono una ricca fonte di nuovi dati biologici sugli inizi della vita umana. La comparsa di processi biologici presenti nei gemelli ha aiutato a chiarificare fino a che punto l'ambiente e l'ereditarietà determinano la vita umana. Di conseguenza, i numerosi sviluppi nel campo della gemellologia servono a far crescere la vostra conoscenza non solo di diverse questioni di genetica, ma anche di questioni che riguardano il fenomeno specifico dei gemelli: la loro comparsa e insieme i problemi sollevati in termini fisiologici, familiari o sociali.

Lo studio delle gravidanze multiple tende a rafforzare la convinzione che la difesa della vita e della dignità della persona umana deve essere la preoccupazione fondamentale in tutta la ricerca scientifica. Ugualmente, sviluppi recenti nella nostra comprensione del fenomeno dei gemelli tendono ad eliminare una certa tendenza che considerava l'interruzione della gravidanza come un procedimento medico accettabile. Tali sviluppi hanno anche dimostrato che è inaccettabile, sia in termini morali che strettamente scientifici, qualsiasi forma di manipolazione genetica.

Ulteriori scoperte della gemellologia hanno prodotto risultati utilizzabili nel campo della fisiologia umana generale e patologia. Questo progresso a sua volta è servito a confermare il fatto che, quando il dono divino della vita diventa oggetto di studio e ricerca, ogni contributo individuale alla nostra conoscenza diventa immediatamente al servizio dell'intero genere umano e di ciascuno dei suoi membri. La gemellologia ha così contribuito al crescente riconoscimento della sacralità di ogni vita umana e che ogni offesa alla vita, soprattutto l'aborto procurato, è di fatto un'offesa alla legge divina scritta nel cuore di ogni persona.


3. Il gran numero dei gemelli nel mondo contemporaneo e le molte questioni connesse con la loro formazione ed educazione, in casa e nella società, hanno sollevato un gran numero di problemi complessi. Il vostro congresso ha scelto di esaminarne alcuni, relativi all'adattamento dei gemelli all'interno della famiglia e della società. Per risolvere questi problemi sarà necessario non solo riunire le forze, ma anche formare personale specializzato e sensibilizzare le famiglie e le diverse istituzioni sociali di fronte ai problemi dei gemelli. Sono certo che questo congresso, composto da così illustri scienziati provenienti da tutto il mondo, contribuirà in modo significativo a un progresso in questa direzione.

Il programma del vostro congresso si ispira chiaramente ai fini e agli obiettivi della vostra società. Ma se si guarda il vostro lavoro da un punto di vista spirituale, si può constatare che esso si ispira anche a una visione dell'uomo che trova nella Rivelazione cristiana una base ferma per la sua speranza e per un ottimismo veramente costruttivo. Il tempo in cui viviamo, più che ogni altro periodo nel passato, esige che le nuove scoperte siano sempre più "umane", sempre più a favore dell'umanità. E' la misura di un umanità matura può essere solo un pieno e incondizionato servizio offerto alla vita.

Su questa terra, l'uomo è la sola creatura creata e voluta da Dio per se stessa, dal momento che Dio ha creato direttamente l'anima di ogni essere umano.

Dio solo è Signore della vita, dal suo inizio alla fine naturale. Quando la ricerca e lo studio sull'uomo e la sua condizione traggono la loro ispirazione da questa verità elementare eppur profonda, non solo si pongono autenticamente al servizio dell'uomo, ma conoscono un progresso reale e irreversibile, qualunque sia l'area di riflessione o ricerca. Questa verità ha avuto un'impressionante conferma nei recenti sviluppi della gemellologia.

Signore e signori: come scienziati, voi siete venuti da tutto il mondo per comunicarvi i risultati delle vostre ricerche, per affrontare nuove questioni e per attuare una sempre più feconda collaborazione vicendevole. Tutto quello che fate in questi giorni sia un'autentica difesa e promozione della dignità della persona umana. Dio onnipotente benedica il vostro nobile lavoro, le vostre famiglie e tutti coloro che beneficiano del vostro servizio pieno di dedizione.

1989-08-28

Lunedi 28 Agosto 1989









Messaggio in occasione dell'incontro internazionale di preghiera per la pace nel cinquantesimo anniversario dell'inizio del secondo conflitto mondiale - Castel Gandolfo (Roma)

Dalla memoria della guerra sale un'invocazione di pace che si fa insieme preghiera ed impegno concreto


Illustri rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane, illustri rappresentanti delle grandi religioni mondiali, e voi tutti che vi siete raccolti in questa serata nella piazza del Castello reale di Varsavia! Proprio cinquant'anni fa, all'alba del 1° settembre 1939, cominciava, con l'invasione della Polonia, il più cruento conflitto che la storia ricordi.

Quella guerra avrebbe incendiato l'Europa, prima, e si sarebbe estesa, poi, ad altri continenti. La sua durata sarebbe stata drammaticamente lunga: si sarebbe conclusa, infatti, solo il 2 settembre 1945, in Estremo Oriente, dopo il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Furono sei lunghi e dolorosi anni di guerra, con un carico di morti e di distruzioni che lascio aperte vaste e laceranti ferite in tutto il mondo, destinate a far soffrire ancora, per lungo tempo, interi popoli. Il conflitto, che taluno s'illudeva potesse concludersi rapidamente, aveva ucciso milioni di uomini e di donne, bruciato energie e risorse, devastato intere città e regioni. Io stesso ricordo, come molti miei compatrioti, la storica piazza dove ora voi siete riuniti, interamente distrutta: le sue rovine rappresentavano, in un certo senso, la sorte dell'intera Nazione, che pago un tributo durissimo, così come quella di altre città e nazioni, colpite, in misura diversa, dal secondo conflitto mondiale. Farne oggi memoria significa riflettere sulle ferite che ogni guerra infligge alla comunità dei popoli e, in definitiva, alla stessa umanità.

Quel 1° settembre 1939, con l'invasione della Polonia, iniziava un lungo e doloroso periodo di sofferenza per la popolazione, per i cristiani e per gli Ebrei, per tutti. Cinquant'anni dopo, sulle strade di Varsavia, risuona non già il passo cadenzato delle truppe di occupazione, ma quello tranquillo ed amico dei pellegrini, uomini e donne di religioni diverse, venuti da ogni parte del mondo, privi di ogni forza, se non di quella della memoria che rende pensosi e si esprime nella preghiera per la pace.

Ma perché ricordare quegli orrori dopo cinquant'anni? Non certo per accendere sentimenti di rivalsa nel cuore dei popoli! Vive ancora una generazione che ha sofferto i tragici eventi di quella guerra, mentre le generazioni sopraggiunte nei decenni successivi hanno potuto constatarne le profonde cicatrici. E' per così dire, una pagina di storia ancora aperta e che ci interpella personalmente. La seconda guerra mondiale "ha reso tutti consapevoli della dimensione, fino allora sconosciuta, a cui può giungere il disprezzo dell'uomo e la violazione dei suoi diritti. Essa ha compiuto una mobilitazione inaudita dell'odio, che ha calpestato l'uomo e tutto ciò che è umano nel nome di un'ideologia imperialistica" ("Nuntius ad Episcopos Conferentiae Episcopalis Poloniae occasione oblata L anniversarii initii II belli mundiale", 26 aug. 1989: vide supra, pp. 356). Bisogna dunque "far si che quel tragico evento non cessi di essere un avvertimento" (cfr. "Nuntius ad Episcopos Conferentiae Episcopalis Poloniae occasione oblata L anniversarii initii II belli mundiale", 26 aug. 1989: vide "supra", pp. 356).

Per ricordare e per pregare, vi siete recati pellegrini a Varsavia, unendovi alla gente di questa città e dell'intera nazione polacca. Io stesso, oggi, partecipo spiritualmente a questo pellegrinaggio, che si svolge nel segno della riconciliazione e dell'amore fraterno. Dal cuore delle nostre diverse tradizioni religiose scaturisce la testimonianza della partecipazione compassionevole ai dolori dell'uomo, del rispetto per la sacralità della vita. E' questa una grande energia spirituale, che rende più fiduciosi per il futuro dell'umanità.

Dalla memoria della guerra, oggi a Varsavia, non sale un grido di vendetta né un incentivo all'odio, ma una invocazione di pace, che si fa insieme preghiera ed impegno concreto. Lo abbiamo già sperimentato ad Assisi, nell'ottobre 1986, alla Giornata Mondiale di Preghiera per la pace, cui hanno partecipato parecchi illustri rappresentanti che anche oggi sono a Varsavia. In quella giornata si mostro, forse mai come prima, "il legame intrinseco che unisce un autentico atteggiamento religioso e il grande bene della pace" ("Allocutio Assisii, occasione oblata solemnis precationis pro pace", die 27 oct. 1986: , IX, 2 [1986] 1259ss).

Avete voluto continuare il cammino di Assisi, nello spirito di ricerca della pace mediante la preghiera e il dialogo tra le religioni.

Oggi, a Varsavia, si compie un'altra tappa di questo significativo cammino di uomini di religione che cercano la pace, in un'ora di memoria sacra, a cinquant'anni dall'inizio della guerra. Bisogna continuare questa ricerca della pace nel dialogo e nella preghiera. La memoria della seconda guerra mondiale, i conflitti regionali che in questi cinquant'anni si sono scatenati, quelli ancora drammaticamente aperti, ci obbligano tutti ad un impegno costante perché la guerra sia bandita da ogni parte del mondo, perché scompaia come strumento di risoluzione dei conflitti. Come Vescovo di Roma, come credente in quel Gesù di cui l'apostolo Paolo dice "egli è la nostra pace" (cfr Ep 2,14), posso assicurarvi dell'impegno pieno, indefesso, della Chiesa cattolica per la pace, per educare ad essa, per estirpare ogni fiducia nella guerra, per favorire la soluzione di ogni conflitto.

Quest'opera, che ci vede accomunati, risponde ad una aspettativa del mondo intero, anzi, ad un imperativo della storia: "mai più la guerra!".

Mi auguro che la voce di coloro che sono raccolti oggi a Varsavia, raggiunga i cuori di tutti gli uomini, e li convinca a percorrere la via del dialogo e della trattativa rispettosa dei diritti di ciascuno! Questo pellegrinaggio a Varsavia, nella memoria e nella preghiera, sia un segno di solidarietà per tutti quei popoli che ancora soffrono per la guerra o per le sue conseguenze, e insieme un germe di speranza, che deponiamo nelle mani di Dio misericordioso, autore della vita e, per noi cristiani, Padre provvido ed amoroso, che nel Figlio incarnato ha redento il mondo. Voglia egli muovere il cuore di tutti ad un impegno generoso e leale per l'edificazione di una pace vera e duratura!

1989-09-01

Venerdi 1 Settembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai partigiani cristiani d'Italia - Castel Gandolfo (Roma)