GPII 1989 Insegnamenti - Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante - Castel Gandolfo (Roma)

Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante - Castel Gandolfo (Roma)

La migrazioni veicolo di fede e di fraternità per un mondo sempre più interdipendente e solidale


Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'annuale Giornata Mondiale del Migrante mi offre l'opportunità di rivolgermi ancora una volta a voi, per invitarvi a riflettere su uno dei tanti aspetti del fenomeno delle migrazioni. Alla luce della fede, oltre che della ragione, esso non è solo un evento troppo spesso negativo per il carico di sofferenza e di umiliazione che comporta, ma è anche un'importante realtà umana che può e deve inserirsi nella storia della salvezza. Mentre, infatti, ricorda alla Chiesa la sua condizione di popolo pellegrinante sulla terra alla ricerca della città futura (cfr LG 9), la migrazione può anche esserle di aiuto nell'adempimento del mandato, ricevuto dal Signore, di annunciare il Vangelo a tutte le creature (cfr Mt 28,18-20). Questa corrispondenza fra vicenda migratoria e vocazione della Chiesa può suggerire, pertanto, di considerare il contributo specifico che i migranti, proprio per la loro posizione, sono chiamati a dare alla diffusione del Regno di Dio nel mondo.


2. Tutti i credenti, di qualsiasi età e condizione sociale e culturale, debbono condividere l'impegno per l'avvento del Regno di Dio: "Andate anche voi a lavorare nella mia vigna" (Mt 20,4). E la loro risposta si esprime nella duplice forma della preghiera e dell'azione. Chi veramente crede e si sente coinvolto nell'opera di trasformazione del mondo secondo il piano di Dio non solo prega con le parole di Gesù "Venga il tuo Regno", ma, a conferma della sincerità di questa preghiera, non può non opporsi alle forze che impediscono la diffusione del Regno e non promuovere positivamente quei valori che di esso sono propri.

In quest'opera molti migranti hanno svolto fin dalle origini un ruolo prezioso. Furono proprio dei migranti i primi missionari che affiancarono e coadiuvarono il lavoro degli apostoli nelle regioni della Giudea e della Samaria.

Le migrazioni, come veicolo della fede, hanno rappresentato una costante nella storia della Chiesa e della evangelizzazione di interi paesi. Spesso all'origine di comunità cristiane, oggi fiorenti, troviamo piccole colonie di migranti, che sotto la guida di un sacerdote si radunavano in modeste chiese, per ascoltare la Parola di Dio e chiedere a lui il coraggio di affrontare le prove ed i sacrifici della loro dura condizione.


3. Certamente il contributo che ancor oggi i migranti possono dare all'espansione del Regno di Dio varia a seconda dei luoghi, dei tempi e delle condizioni della società in cui essi si inseriscono.

Oggi molti migranti cattolici lavorano in paesi nei quali il seme evangelico è stato gettato da lungo tempo; è ovvio che qui l'annuncio della fede e la testimonianza cristiana debbano essere inquadrati nella programmazione pastorale della Chiesa locale. A tal fine, chi di essi si occupa dovrà curare, innanzitutto, la catechesi degli adulti, che favorisca la formazione cristiana e la crescita nella fede dei singoli migranti; l'attiva celebrazione dei sacramenti della vita cristiana, a cominciare dal Battesimo; la formazione alla preghiera della comunità in emigrazione; un coerente impegno nella testimonianza della carità. Sono, queste, le vie obbligate perché i migranti diventino operatori di comunione nella diversità e collaborino efficacemente, per parte loro, all'opera della salvezza.

Ci sono poi paesi, in cui la comunità cattolica è costituita quasi esclusivamente da migranti. Sappiano essi che non sono soli, giacché fanno parte della Chiesa universale, mediante la quale sono uniti ai cattolici di ogni terra e nazione. Esorto perciò le Chiese dei paesi di provenienza ad offrire prove concrete di questa unità ecclesiale, inviando sacerdoti ben preparati, disposti a farsi "migranti con i migranti" per la loro conveniente assistenza.

Quanto ai paesi, in cui la maggioranza appartiene ad altre Chiese e confessioni cristiane, mentre riconosco con gioia che la presenza dei migranti cattolici ha contribuito a favorire una più serena comprensione reciproca e, di conseguenza, il movimento ecumenico, esprimo l'augurio che il cammino possa opportunamente continuare fino a raggiungere il traguardo della piena comunione.


4. A causa delle migrazioni popoli estranei al messaggio cristiano hanno conosciuto, apprezzato e spesso abbracciato la fede, grazie alla mediazione dei loro stessi migranti, che, dopo aver ricevuto il Vangelo dalle popolazioni presso le quali erano stati accolti, se ne sono fatti portatori al loro ritorno nel paese di origine.

Tale fenomeno va assumendo oggi dimensioni sempre più vaste. Occorre, perciò, fare in modo che gli emigrati appartenenti a religioni non cristiane trovino sempre nei cristiani una chiara testimonianza dell'amore di Dio in Cristo.

L'accoglienza, ad essi riservata, deve essere così cordiale e disinteressata da indurre questi ospiti a riflettere sulla religione cristiana e sulle motivazioni di tale esemplare carità, aiutando così la Chiesa nel suo dovere di far conoscere agli uomini tutta la ricchezza del "mistero nascosto da secoli nella mente di Dio" (Ep 3,9 cfr. Ep 3,4-12), nel quale possono trovare in pienezza quella verità trascendente che essi cercano a tentoni (cfr Ac 17,27).


5. Lo sviluppo tecnico-economico, le mutate relazioni dei cittadini e delle nazioni, i rapporti sempre più ampi e frequenti di interdipendenza, la ricerca di nuove prospettive economiche, il moto diretto a favorire una maggiore unione della famiglia umana e l'incremento raggiunto oggi dai mezzi di comunicazione hanno aperto orizzonti più vasti e introdotto forme nuove rispetto alla situazione di un tempo. Inoltre, la collaborazione stabilitasi in campo scientifico, anche presso i popoli in via di sviluppo, e la fondazione di numerosi istituti di cultura offrono a molti giovani studenti l'opportunità di frequentare le università straniere.

Promovendo così la reciproca conoscenza e la collaborazione internazionale, l'odierna mobilità umana spinge verso l'unità e consolida quel rapporto di fraternità tra i popoli, per cui ciascuno dà e riceve simultaneamente dall'altro. Entro questo quadro di più intensi e frequenti rapporti, gli uomini vedono schiudersi prospettive nuove proprio in ordine a quel settore verso il quale sembra oggi dirigersi il loro impegno: la costituzione di una società capace di applicare il principio dell'interdipendenza e della solidarietà nella soluzione dei gravi problemi internazionali.

Questa prospettiva nuova, rassicurante anche per i migranti, risponde allo spirito del Vangelo, che è messaggio senza frontiere, come senza frontiere sono i valori morali che debbono qualificare ogni società.


6. I vantaggi ed i risultati positivi, ora ricordati, non possono pero far dimenticare gli aspetti di sofferenza di precarietà e di insicurezza che connotano tuttora - e forse in modo più drammatico che non in passato - le migrazioni provocate da vari motivi, non esclusi quelli economici. Non poche frontiere tendono a chiudersi; le società di arrivo sono rigidamente strutturate e come stratificate, lasciando poco spazio di inserimento ai nuovi migranti e riservando loro i lavori più umili, più faticosi e meno retribuiti. In queste condizioni essi, anche quando abbiano risolto il problema economico, rimangono sempre poveri dal punto di vista dell'accoglienza, dei diritti, della sicurezza, della possibilità di avanzamento sociale e professionale per sè e per i propri figli: questa situazione ha riflessi immediati nella ricerca del posto di lavoro, dell'alloggio, dell'accesso alle scuole superiori.

Si tratta certamente di una condizione che, nel suo senso di giustizia e di doverosa solidarietà, il credente rifiuta e combatte. Ciò egli fa con spirito cristiano, senza percorrere le vie della violenza e dell'odio. Egli ricorda, fra l'altro, che, come non esiste persona inutile, in quanto immagine di Dio e partecipe della vita di Cristo, così non esiste neppure una sofferenza inutile, da quando il Figlio di Dio ha fatto di essa uno strumento di Redenzione e di vita. Si può combattere l'ingiustizia soffrendo per la giustizia. La costruzione della civiltà dell'amore, a cui anche il migrante deve collaborare, si fonda sulla ricerca attiva, costante, paziente del bene, nonostante il male: "E' meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene piuttosto che facendo il male" (1P 3,17). I migranti possono, così, essere testimoni della Croce del Signore, che ha assunto ogni dolore umano e gli conferisce un valore di offerta e di riscatto.


7. Dalla condizione dei migranti emerge un altro importante aspetto della loro testimonianza per il Regno di Dio: la fiducia nei beni superiori, come necessaria prospettiva aperta sulla vicenda umana, quale che sia la condizione dei singoli. I luoghi in cui i migranti vanno a cercare lavoro, sono generalmente in paesi di più diffuso benessere. Ma, in questi, ai mezzi di vita non sempre fanno riscontro le ragioni di vita. Con la testimonianza della loro fede i migranti potranno richiamare l'attenzione di tutti sulla dimensione trascendente della vicenda umana, orientando le attese verso quei beni, nei quali soltanto l'esistenza trova piena giustificazione.

Ad un cristiano attento e sensibile, soprattutto quando si muove in un mondo vario e ricco, qual è quello delle migrazioni, si offrono tante vie e strumenti per diffondere questo messaggio, squisitamente evangelico. Il suo sforzo sarà tanto più efficace, quanto più sarà attuato in comunione con quel sacramento dell'incontro con Dio, che è la Chiesa di Gesù Cristo (cfr LG 1): e l'azione evangelizzatrice, da lui svolta, sarà tanto più fruttuosa, quanto più vitale sarà il suo rapporto con la Chiesa.


8. Cari migranti, siate sempre consapevoli di essere amati da Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità (cfr 1Tm 2,4); consapevoli dell'opera redentrice attuata da Cristo col suo sacrificio, sostenuto per tutti gli uomini senza distinzione di razza o di religione; consapevoli della fraternità universale, per la quale tutti sono chiamati a cooperare per la soluzione dei grandi e difficili problemi della famiglia umana.

Maria, che ha accolto per prima la Parola di Dio ed è immagine della Chiesa e madre della nostra fede, vi porti alla conoscenza piena di Dio. Ella è il modello, sul quale dobbiamo tutti misurare l'autenticità della nostra vita cristiana. "Alla base di ciò che la Chiesa è fin dall'inizio, di ciò che deve continuamente diventare, di generazione in generazione, si trova Maria" (RMA 27).

Invocando la sua protezione su tutti i migranti e le loro famiglie, a tutti imparto di cuore la benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 10 settembre dell'anno 1989, undicesimo di pontificato.

1989-09-10

Domenica 10 Settembre 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

In Cristo si è compiuta in modo perfetto la figura dell'"agnello pasquale"


"Cuore di Gesù, vittima dei peccati, abbi pietà di noi".


1. Carissimi fratelli e sorelle, questa invocazione delle litanie del Sacro Cuore ci ricorda che Gesù, secondo la parola dell'apostolo Paolo, "è stato messo a morte per i nostri peccati" (Rm 4,25); benché, infatti, egli non avesse commesso peccato, "Dio lo ha trattato da peccato in nostro favore" (2Co 5,21). Sul Cuore di Cristo gravo, immane, il peso del peccato del mondo.

In lui si è compiuta in modo perfetto la figura dell'"agnello pasquale", vittima offerta a Dio perché nel segno del suo sangue fossero risparmiati i primogeniti degli Ebrei (cfr Ex 12,21-27). Giustamente, pertanto, Giovanni Battista riconobbe in lui il vero "Agnello di Dio" (Jn 1,29): - agnello innocente, che aveva preso su di sè il peccato del mondo per immergerlo nelle acque salutari del Giordano (cfr Mt 3,3-16 et par.); - agnello mite, "condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori" (Is 53,7), perché dal suo divino silenzio fosse confusa la parola superba degli uomini iniqui.

Gesù è vittima volontaria, perché si è offerto "liberamente alla sua passione" ("Missale Romanum, "Prex euchar." II"), quale vittima di espiazione per i peccati degli uomini (cfr Lv 1,4 He 10,5-10). che ha consumato nel fuoco del suo amore.


2. Gesù è vittima eterna. Risorto da morte e glorificato alla destra del Padre, egli conserva nel suo corpo immortale i segni delle piaghe delle mani e dei piedi forati, del costato trafitto (cfr Jn 20,27 Lc 24,39-40) e li presenta al Padre nella sua incessante preghiera di intercessione in nostro favore (cfr He 7,25 Rm 8,34).

La mirabile sequenza della Messa di Pasqua, ricordando questo dato della nostra fede, esorta: "Alla vittima pasquale, / si innalzi oggi il sacrificio di lode. / L'agnello ha redento il suo gregge. / L'innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre" ("Sequentia "Victimae Paschali", str. 1").

E il prefazio di tale solennità proclama: Cristo è "il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, / è lui che morendo ha distrutto la morte, / e risorgendo ha ridato a noi la vita".


3. Fratelli e sorelle, in quest'ora della preghiera mariana abbiamo contemplato il Cuore di Gesù vittima dei nostri peccati; ma prima di tutti e più profondamente di tutti lo contemplo la sua Madre addolorata, della quale la liturgia canta: "Per i peccati del popolo suo / ella vide Gesù nei tormenti / del duro supplizio" ("Sequentia "Stabat Mater", str 7").

Nella prossimità della memoria liturgica della beata Vergine Maria addolorata, ricordiamo questa presenza intrepida e interceditrice della Madonna sotto la Croce del Calvario, e pensiamo con immensa riconoscenza che, in quel momento, il Cristo morente, vittima dei peccati del mondo, ce l'ha affidata come Madre: "Ecco la tua Madre" (Jn 19,27).

A Maria affidiamo la nostra preghiera, mentre diciamo al Figlio suo Gesù: Cuore di Gesù, vittima dei nostri peccati, accogli la nostra lode, la gratitudine perenne, il pentimento sincero. Abbi pietà di noi, oggi e sempre.

Amen.

1989-09-10

Domenica 10 Settembre 1989




Alle Piccole Sorelle di Gesù - Castel Gandolfo (Roma)

Charles De Foucauld: presenza nuova e originale di Cristo tra i poveri


Care Piccole Sorelle di Gesù.


1. Nel vedervi qui, numerose e piene di letizia, penso istintivamente al versetto del Salmo 94: "Venite, applaudiamo al Signore, / acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. / Accostiamoci a lui per rendergli grazie, / a lui acclamiamo con canti di gioia". Con piena verità voi potete aggiungere, con il Salmo: "Il Signore... ci ha creati... / Egli è il nostro Dio, / e noi il popolo del suo pascolo, / il gregge che egli conduce". La vostra famiglia religiosa, nata nella povertà più totale l'8 settembre 1939, mi fa pensare anche a uno dei prefazi dei santi: "Padre santo, tu rinnovi senza tregua le forze della tua Chiesa". In realtà, accanto a congregazioni antiche, numerose e meritevoli, le Piccole Sorelle di Gesù hanno ricevuto da Dio la grazia di inventare una presenza nuova ed originale del mondo dei poveri, a imitazione di Charles de Foucauld.


2. L'umiltà del fratello Charles de Foucauld, sempre alla ricerca dell'ultimo posto, in un nascondimento che tutti i suoi discepoli cercano di continuare, non accetterebbe da me l'elogio della vostra fondazione. Tuttavia, la verità e la giustizia mantengono i loro diritti. A nome della Chiesa, rendo grazie di tutto cuore per la fioritura evangelica prodotta dalle prime Piccole Sorelle e le duecentottantanove fraternità di oggi presenti nei settori più sfavoriti o più incompresi, come anche negli ambienti religiosamente meno favoriti.

Inoltre, è molto raro e quasi unico vedere una fondatrice partecipare al giubileo della sua famiglia religiosa. Pur rispettando la sua volontà di nascondimento, la Piccola Sorella Madeleine di Gesù mi consentirà di ricordare almeno la formula che scandisce i suoi due volumi sulla nascita di una realtà che ella non aveva considerato affatto l'embrione di una congregazione nuova e cioè: "Dio mi ha preso per mano ed io, ciecamente, l'ho seguito". Lo sviluppo delle fraternità ha del prodigioso. Molti ostacoli si sono opposti alla realizzazione del suo sogno sahariano. Era senza mezzi, con la salute precaria ed era presto rimasta sola. Ma ha resistito grazie al suo forte carattere lorenese e ancor più con l'aiuto evidente del Signore. Quante volte ha, ripetuto, come fratello Charles: "Gesù è Signore dell'impossibile!".

Oggi, senza contare le Piccole Sorelle già ritornate presso il Signore, le "sue figlie" sono milletrecentocinquanta di cui centodiciotto giovani novizie.

Provengono da una sessantina di nazionalità e vivono in sessantaquattro paesi. Chi non conosce le Piccole Sorelle di Gesù, pur così discrete? Il loro abito religioso, molto semplice, - vorrei dire povero - attira gli umili e interpella senza tregua i ricchi. Seguendo le orme dei Papi Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI, che vi hanno dimostrato tanto interesse e sostegno, rendo grazie al Signore di avervi suscitato per la Chiesa e il mondo di oggi.


3. Ora, desidero sottolineare e incoraggiare vivamente taluni aspetti essenziali della vostra vita religiosa. Nelle vostre costituzioni, approvate dalla congregazione competente il 25 dicembre 1988, la vostra consacrazione religiosa è definita come un'esistenza vissuta nella vita ordinaria, seguendo l'esempio di fratello Charles che, lui pure, fu affascinato dal mistero di Betlemme e di Nazaret. Egli ha infatti approfondito e vissuto ardentemente il dialogo filiale di Gesù con il Padre nel corso degli anni nascosti di Nazaret. Care Piccole Sorelle, continuate su questo stesso cammino di spiritualità con umiltà e risolutezza.

La vostra prossimità evangelica con le minoranze meno accessibili, gli uomini e le donne più dimenticati o disprezzati, con gli ambienti caratterizzati dal materialismo o perfino un certo ateismo, questa prossimità è la parte visibile del vostro cammino verso il Padre. I poveri vi conducano a Dio! E' un grande mistero che il Figlio di Dio, povero tra i poveri, ha rivelato dicendo: "Chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato" (Lc 9,48). La via della vostra santificazione passa attraverso il vostro sguardo e i vostri gesti di bontà nei confronti dei poveri. E' un dono prezioso del Signore. Non cessate di rendere grazie!


4. Le vostre costituzioni insistono anche su un atteggiamento che precede ed accompagna la carità: il rispetto di ogni persona. Alla sequela di Cristo e di fratello Charles, la vostra vocazione è di riconoscere in ogni persona, soprattutto la più disprezzata, un essere di speranza, un essere chiamato - al di là e nonostante i suoi limiti, i suoi peccati e talvolta i suoi crimini - a un avvenire completamente nuovo. Nel Vangelo, in effetti, Gesù non dice: questa donna è una pubblica peccatrice. Egli afferma: i suoi peccati le sono rimessi perché ha molto amato e la sua fede l'ha salvata (cfr Lc 7,36-50). Gesù ammira la povera vedova che mette il suo obolo nella cassetta del tempio e chiede di imitare la sua generosità (cfr Lc 21,1-4). Gesù non dice che il cieco dalla nascita ha peccato lui o i suoi genitori. Egli stupisce tutti proclamando che era necessario che si manifestassero in lui le opere di Dio (cfr Jn 9,1-41). Quando Giuda lo tradisce, Gesù l'abbraccia e gli dice: "Amico" (cfr Mt 26,47-50). Nessuno ha mai rispettato gli uomini come quest'Uomo! Egli è il Figlio unico di colui che fa brillare il sole sui buoni e sui cattivi. Care Piccole Sorelle, diventate sempre più le umili testimoni del rispetto dovuto a ciascuna persona!


5. Infine, attraverso tutta la vostra vita, come fratello Charles di Gesù, dovete annunciare il Vangelo. Per inserirvi quotidianamente negli ambienti segnati dalla povertà, è necessario che voi siate realmente in intimità con il Salvatore dell'universo. Ogni giorno Dio vi concede di collaborare alla sua creazione e di operare alla sua restaurazione, là dove l'uso pervertito della libertà umana la sfigura. Questa vocazione, Charles de Foucauld l'aveva presa sul serio quando scriveva: "Voglio gridare il Vangelo con tutta la mia vita". Voi ardete dello stesso zelo apostolico, senza chiasso. Attraverso l'ordinarietà della vostra esistenza quotidiana, voi fate si che quanti vivono a voi vicino possano leggere nella vostra vita la buona Novella, e vedere nel suo riflesso fedele il vero volto di Dio. Queste modalità di vita ordinaria sono evidentemente le vostre relazioni di vicinato, le amicizie stabilite sul lavoro, le vostre iniziative di solidarietà nei confronti degli uomini e delle donne a cui siete vicini nella gioia e nelle prove, la vostra disponibilità ad ascoltarli, consigliarli, risolvere i loro problemi quando ricorrono a voi, i vostri momenti di preghiera da loro ben conosciuti, la celebrazione semplice ed amichevole delle feste e degli anniversari e tante altre cose ancora. I gesti più semplici possono parlare di Gesù Cristo.

C'è un certo modo di essere e di agire che è già una risposta all'attesa di quelli che si chiedono: "Queste Piccole Sorelle, che cosa ci dicono del loro Dio?".


6. Con tutta la Chiesa, auspico che ogni Piccola Sorella ricavi dalla preparazione al cinquantenario della fondazione come nella celebrazione di questo giubileo una reale giovinezza dell'anima, fatta di amore appassionato a Gesù e ai suoi fratelli e sorelle poveri. La vostra storia è appena cominciata! Il Signore onnipotente, nel mistero della sua piccolezza a Betlemme e del suo nascondimento a Nazaret, susciti per gli anni a venire delle vocazioni generose nel mondo intero, e vi ricolmi delle sue benedizioni!

1989-09-11

Lunedi 11 Settembre 1989




A vescovi indiani in visita "ad limina" - Castel Gandolfo (Roma)

"Coinvolgete l'intera Chiesa in India nella riflessione che conduce al prossimo Sinodo sulla formazione di sacerdoti"


Cari fratelli Vescovi.


1. Questo incontro conclude l'attuale serie di visite "ad limina" dei Vescovi dell'India. Oggi sono lieto di ricevere voi, Vescovi delle provincie ecclesiastiche di Bangalore, Madras-Mylapore,Madurai e Pondicherry negli Stati di Karnataka e Tamil Nadu. "Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (2Co 1,2). La vostra presenza costituisce un intenso momento della comunione ecclesiale che ci unisce nel servizio al corpo di Cristo, la Chiesa.

Portate con voi - in pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo - una testimonianza della vita cristiana e della santità della parte di Popolo di Dio affidato alle vostre cure. Rendo grazie a Dio per la possibilità che mi ha dato, attraverso l'incontro con i Vescovi dell'India, di esercitare in modo personale e diretto il ministero universale affidato al successore di Pietro.


2. La Chiesa in India è una realtà viva piena di risorse di evangelizzazione. E' ricca di riti differenti e molteplici forme di presenza ed azione in mezzo a gruppi di diverse origini sociali e culturali. Ha una storia lunga e varia da cui trae indicazioni per la sua vita e la sua missione attuale, tra cui l'esempio di grandi santi e sante cui può guardare per riceverne incoraggiamento ed ispirazione nell'affronto delle enormi sfide dell'evangelizzazione e del servizio.

Parlando con voi Vescovi, sono diventato più consapevole della situazione in cui vivono i vostri fratelli e sorelle nella fede, che abitano un grande Paese in lotta per raggiungere un più grande sviluppo, oltre che l'unità, l'armonia sociale e la giustizia per tutto il popolo. Tramite voi desidero inviare parole di incoraggiamento a tutti i membri della Chiesa cattolica dell'India.

Nell'accogliere con gioia la buona Novella annunciata dalla Chiesa nel nome di Gesù e nella fedeltà generosa alla grazia da ciascuno ricevuta per l'edificazione del Corpo di Cristo, possano tutti i figli e le figlie della Chiesa in India "essere saldi, perfetti e aderenti a tutti i voleri di Dio" (Col 4,12).


3. Uno dei molti ricordi della mia visita nel vostro Paese è l'incontro con i sacerdoti nella Basilica di Bom Gesù a Velha Goa, dove ho potuto pregare davanti ai resti di san Francesco Saverio. una delle figure eminenti nella storia missionaria della Chiesa. I sacerdoti presenti in quella circostanza, in rappresentanza di tutti i sacerdoti dell'India, erano "come servitori che offrono se stessi senza badare al costo, come guide che formano, ispirano e conducono l'unico Popolo di Dio sulle vie del Signore" ("Allocutio ad Indiae Presbyteros in Basilica "Boni Jesus" habita", 3, die 6 febr. 1986: Insegnamenti di Giovanni Poalo II, IX, 1 [1986] 350). Oggi di nuovo desidero esprimere la mia profonda affezione nel Signore per ciascuno di loro ed incoraggiarli, come dissi allora, a continuare a dare Gesù all'India.

Vescovi e sacerdoti sono uniti in un vincolo organico che scaturisce dalla natura propria della Chiesa, come segno sacramentale della presenza salvifica di Cristo nel mondo, una presenza che continua nel tempo in modo particolare attraverso l'azione di coloro che sono chiamati a partecipare all'unico ed eterno sacerdozio di Gesù Cristo. Possiate voi, che avete ricevuto la pienezza del sacerdozio, non venir meno all'importante dovere di edificare e mantenere i vincoli di profonda fraternità ed amicizia con i sacerdoti che partecipano con voi all'impegno quotidiano del ministero pastorale. In ciascuna diocesi il presbiterio dovrebbe essere una evidente testimonianza di unità, carità e mutuo sostegno tra tutti i suoi membri. Non dovrebbero esserci mai segni di discriminazione o divisione. Le difficoltà non mancheranno mai, ma con l'aiuto di Dio e la buona volontà di tutti quelli che se ne occupano la buona salute del presbiterio sarà un fattore importante per il benessere e la perseveranza di ciascuno dei vostri fratelli sacerdoti.


4. Desidero congratularmi con i Vescovi dell'India per la vostra sollecitudine manifesta per la vita e il ministero dei vostri sacerdoti. In particolare, noto con piacere quanto è scritto nell'introduzione della Carta della Formazione sacerdotale per l'India, approvata nel 1988: "La conferenza dei Vescovi cattolici dell'India è più impegnata per la formazione dei sacerdoti che per qualsiasi altra cosa. Il futuro della Chiesa in India dipende dalla qualità e la statura dei sacerdoti che escono dai nostri seminari e case di formazione". Siete giustamente convinti che un'attenta selezione dei candidati e la loro salda e integrale formazione sia di singolare importanza e beneficio per le vostre diocesi e per tutta la Chiesa.

Davvero, in vista del Sinodo dei Vescovi del 1990, tutta la Chiesa cattolica è stata invitata alla riflessione, meditazione e dialogo e preghiera sulla formazione dei sacerdoti nelle situazioni concrete dei nostri giorni. Il tema è molto attuale perché offre ai Vescovi di tutto il mondo l'opportunità di esaminare lo stato del rinnovamento voluto dal Concilio in questo campo, le esperienze e i risultati ottenuti da allora e le nuove domande che continuamente nascono dalla vita della comunità ecclesiale. Si potrebbe dire che il prossimo Sinodo completa il precedente sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Proprio in quel Sinodo si levarono molte voci a richiedere che i sacerdoti ricevano una solida formazione spirituale, che siano preparati a collaborare con i laici e che questa preparazione li spinga all'animazione dello stato laicale (cfr. "Lineamenta", 1).


5. E' mio desiderio incoraggiarvi a coinvolgere tutta la Chiesa dell'India in una riflessione fino al Sinodo e sostenervi nella specifica responsabilità che è vostra in quanto Vescovi nel campo della formazione sacerdotale. I "Lineamenta" parlano del ruolo dei Vescovi e dei superiori maggiori dei religiosi nell'aspetto concreto della visita ai seminari e dell'essere informati del progresso dei seminaristi, nel guidare e sostenere il lavoro di quanti sono impegnati nella formazione (cfr 22). Un Vescovo non dovrebbe lasciare ad altri la formazione dei suoi seminaristi, al punto di non essere personalmente coinvolto nel processo del discernimento vocazionale e del cammino verso l'ordinazione. Essendo colui che ha la responsabilità primaria del bene della Chiesa particolare cui presiede, è anche responsabile prima di tutti della vita e del ministero dei suoi sacerdoti e della loro formazione.


6. Nella Carta della Formazione sacerdotale per l'India avete giustamente precisato che la natura e la missione della Chiesa come sacramento dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano pone una sfida speciale in India, che è terra di molte e differenti realtà. La formazione sacerdotale, pertanto, per poter servire con efficacia alle necessità delle vostre diocesi, deve tener conto della cultura, del linguaggio e del modo di vita del popolo che il seminarista è chiamato a servire nel suo futuro ministero. Nello stesso tempo questa attenzione verso le condizioni locali non dovrebbe in alcun modo indebolire il senso dell'unità e unicità della Chiesa. I seminaristi dovrebbero imparare a distinguere tra l'unità essenziale nella fede, nella vita sacramentale e nella comunione gerarchica, e la legittima pluralità che si accorda con una reale cattolicità.

Un'enfasi esagerata sul pluralismo, teologico, liturgico o pastorale, può talvolta condurre a un "pluralismo di posizioni fondamentalmente opposte" (cfr. Synodi Extr. Episc. 1985, "Relatio finalis", II, C, 2).

Ogni aspetto della formazione sacerdotale deve essere visto in relazione con la Chiesa come "mistero" del disegno eterno di Dio reso presente e visibile nella storia dell'uomo. Quelli che sono chiamati a esporre questo "mistero" - in particolare, i teologi, professori e persone del seminario incaricate della formazione sacerdotale - dovrebbero essere ricolmi di un atteggiamento di umile e amorosa adorazione del "pietatis sacramentum" (1Tm 3,16) che è la sorgente della vita e della missione della Chiesa.


7. Come Pastori di una comunità ecclesiale nel cuore dell'Asia, voi siete sensibili al grande anelito che percorre il vostro continente: la profonda sete di liberazione dall'oppressione e dalla povertà, dal pregiudizio e dalla violenza, il desiderio di rispetto della dignità dell'uomo. Voi sapete quanto profondamente i popoli dell'Asia aspirano alla verità religiosa e alla pienezza della salvezza.

Voi sapete che, in questo contesto, il vostro compito principale - detto nel modo più semplice ma anche più vero - è condurre e incoraggiare le vostre Chiese particolari a manifestare il volto di Gesù Cristo, annunciare il suo messaggio e comunicare la "vita nuova" che scaturisce dal mistero pasquale. Il vostro primo compito di Vescovi è quindi essere fedeli a Gesù Cristo, ciascuno di voi e tutti insieme, e riflettere il meglio possibile la figura del Buon Pastore, "il testimone fedele" (Ap 1,5).

I punti più importanti del vostro ministero, come l'annuncio del Vangelo, la sua "inculturazione" e presentazione in un modo corrispondente al "genio" del vostro popolo, il dialogo interreligioso con i seguaci di altre tradizioni spirituali, vi impegna in un necessario dialogo di fede e carità con la Chiesa universale, e in particolare con la Sede Apostolica. In questa occasione della vostra visita "ad limina", desidero ringraziarvi, Vescovi della Chiesa in India. per la costanza e la serietà del vostro impegno in questo aspetto essenziale della collegialità.

Con profonda convinzione ricordo una cosa detta durante il nostro incontro a New Delhi il 1° febbraio 1986: "Il nucleo di tutta la vostra sollecitudine pastorale, cari confratelli, è l'unità della Chiesa. Nella sua unità riconosciamo la più grande delle benedizioni, il desiderio del Cuore di Gesù, l'espressione di fedeltà al Signore, il segno di credibilità della sua Chiesa ed il segno della credibilità della missione stessa di Cristo. Nell'unità della Chiesa vediamo la ragione per cui Cristo è morto: "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52)" ("Delii, allocutio ad Indiae sacros Praesules", 7, die 1 febr. 1986: , IX, 1 [1986] 264). Affido questa intenzione alle vostre preghiere, al vostro studio e alle opere da voi intraprese per il bene della Chiesa nella vostra terra. L'unità può non essere facile. Spesso richiede grandi sacrifici e sofferenze personali. può essere sostenuta solo dalla grazia di Dio.

Maria, madre del Verbo incarnato, interceda per ottenere questo dono alla Chiesa dell'India.

1989-09-12

Martedi 12 Settembre 1989










GPII 1989 Insegnamenti - Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante - Castel Gandolfo (Roma)