GPII 1989 Insegnamenti - A Vescovi colombiani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

A Vescovi colombiani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

La dignità dell'uomo deve essere l'orizzonte della nuova evangelizzazione in Colombia



1. Ricevendovi durante questo incontro fraterno in occasione della visita "ad limina", rendo grazie a Dio nostro Padre, fonte di ogni consolazione (cfr 2Co 1,3) per la testimonianza di comunione nella fede e nella carità, che ci unisce come Pastori dell'unica Chiesa di Cristo.

Desidero prima di tutto esprimervi, a nome del Signore, la mia gratitudine per la vostra dedizione all'opera di annuncio del Vangelo affinché "la Parola del Signore si diffonda e sia glorificata" (2Th 3,1). So bene che l'esercizio del vostro ministero comporta non pochi sacrifici e un grande spirito di dedizione, soprattutto in questo particolare momento che vive il vostro Paese.

Sapete che vi accompagna sempre la mia preghiera per le vostre speranze pastorali e il mio ricordo affettuoso, che comprende anche i vostri sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e tutti i fedeli delle province ecclesiastiche di Bogotà, Tunja e Ibagué.

Nelle relazioni quinquennali e durante i colloqui privati che abbiamo avuto, ho potuto apprezzare la vitalità delle comunità affidate al vostro ministero e la decisa volontà che vi anima, come Vescovi, a mantenere e consolidare lo spirito collegiale e l'unità nel seno della vostra Conferenza Episcopale e con tutta la Chiesa. Vi spinge a ciò la vostra sollecitudine pastorale e la coscienza di partecipare, uniti al successore di Pietro, al triplice ufficio di insegnare, santificare e guidare la Chiesa. La collaborazione reciproca e fraterna fra tutti voi, fa si che la vostra azione pastorale guadagni in efficacia e dà all'esercizio della collegialità la sua vera dimensione, ispirandosi sempre a Cristo, centro della "communio". In questo modo, la collegialità episcopale sarà una scuola di virtù umane soprannaturali, in cui tutti i suoi membri agiscono apportando la loro "interiorità", arricchita dalla unione personale e intima con Cristo; così, l'azione dello Spirito Santo si manifesterà attraverso le vostre decisioni. "Quando pero verrà lo Spirito di verità - ci dice il Signore - egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,13).


2. Senza dubbio il compito di annunciare il Vangelo di Cristo è arduo e presenta numerose sfide all'esercizio del ministero episcopale, che deve rendere la Chiesa sempre più viva, presente e operante come sacramento di salvezza fra gli uomini.

Su questa stessa linea le parole pronunciate dal signor Cardinale Mario Revollo Bravo, Arcivescovo di Bogotà, costituiscono un invito a riflettere insieme su di un tema centrale nella missione della Chiesa: la nuova evangelizzazione in America Latina. Si tratta di una iniziativa pastorale di grande rilevanza, che desidera dare un impulso nuovo alle comunità ecclesiali, preparandole alla solenne commemorazione del quinto centenario dell'arrivo della buona Novella nel continente americano, alle porte del terzo millennio cristiano.

Di frequente mi sono rivolto agli Episcopati dei diversi paesi dell'America Latina, sottolineando i diversi aspetti di questa nuova evangelizzazione. Oggi vorrei soffermarmi sul suo significato, con il desiderio di offrire una riflessione pastorale di fondo e di suscitare in voi ulteriori iniziative indirizzate in modo più dettagliato alla situazione e alle attuali sfide dell'amata terra colombiana.

Una considerazione iniziale pone immediatamente in rilievo due aspetti.

Il primo si riferisce all'orizzonte nel quale deve proiettarsi. Lo spazio aperto alla missione nell'America Latina, anche se ampio e pieno di possibilità, esige oggi da parte di tutti un maggiore approfondimento della vita cristiana.

L'altro aspetto si riferisce al soggetto chiamato a realizzarla. In linea con l'ecclesiologia conciliare, la diffusione del Vangelo è affidata anche ad ogni battezzato. Parafrasando un'immagine molto cara all'Oriente cristiano, potremmo dire che il soggetto della missione attuale deve essere un "coro di migliaia di voci". Un coro formato da tutti i cristiani, che lodano Dio nelle assemblee liturgiche e si aiutano l'un l'altro a vivere il loro impegno battesimale. Questo si esprime in un altro modo quando, nelle loro case e nei luoghi di lavoro, ognuno dei fedeli cerca di trasformare il mondo per santificarlo e renderlo conforme al disegno del Padre.


3. Per quanto riguarda l'orizzonte dell'evangelizzazione, un questione aperta in America Latina - come pure in molti paesi del mondo - è la dignità dell'uomo.

Infatti, il continente vive gravi disequilibri che producono amari frutti di lotta armata, ideologie totalitariste, violenza, narcotraffico. Persistono inoltre criteri e sistemi di produzione economica che offrono una vita degna solamente a determinati settori della popolazione, mentre si perpetuano inique differenze sociali.

Di fronte a questo panorama di tensioni e contrasti, non manca chi pretende che la libertà dell'uomo passi persino attraverso l'emancipazione da Dio, e attendono dai "soli sforzi umani una vera e piena liberazione dell'umanità e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appaghera tutti i desideri del loro cuore". (GS 10).

La Chiesa nell'America Latina si trova oggi - forse più che mai - davanti a delle sfide particolarmente gravi. Per ciò si rende necessaria una radicalizzazione della fede e del messaggio cristiano. E questo quello che ho chiamato "la grande missione", perché consiste nel mostrare all'uomo il fondamento profondo e ultimo della sua esistenza; si tratta, in definitiva, di "rivelare Cristo al mondo, aiutare ciascun uomo perché ritrovi se stesso in lui" (RH 11). Nelle "imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8), l'uomo latinoamericano deve scoprire la grandezza della sua vocazione, la grandezza dell'amore fra gli uomini e il senso del suo lavoro nel mondo.


4. Siamo dunque, di fronte alle tre grandi dimensioni dell'esistenza umana che la costituzione pastorale "Gaudium et Spes" presenta nei suoi primi tre capitoli come ambiti fondamentali della missione ecclesiale nel mondo contemporaneo. Bene, questa radicalità degli obiettivi da raggiungere esige, a sua volta, che la Chiesa si impegni in quest'opera con la totalità dei suoi mezzi di salvezza. In tale missione, la Chiesa particolare è, senza dubbio, il soggetto primario per portarla a termine, e voi, come Vescovi "veri e autentici maestri della fede, pontefici e pastori" (CD 2), siete i responsabili ultimi della attività pastorale. perciò, l'espressione ecclesiale della missione deve sempre mostrare l'interna coesione dei cristiani fra di loro, avendo come base, centro e culmine, la presenza e la messa in pratica dei mezzi di salvezza, cioè la presenza salvifica di Cristo nello Spirito Santo che, per mezzo del ministero episcopale con la cooperazione del presbiterio, annuncia il Vangelo e realizza l'Eucaristia (cfr CD 11).

Il Vangelo apre tutto l'orizzonte della Redenzione, giacché scoprendo l'intera esistenza di Gesù, ci manifesta anche la sua opera redentrice attraverso tutte le tappe e le dimensioni della vita dell'uomo. Da ciò la nostra costante meditazione su questi testi sacri, affinché il loro messaggio salvifico rinvigorisca le speranze umane: sia le normali attività giornaliere, sia le grandi conquiste culturali dell'uomo latinoamericano. perciò, buona parte delle sfide che comporta la nostra evangelizzazione sta nel sapere approfondire ed esprimere sempre più questa pienezza salvifica che il Vangelo pone davanti ai nostri occhi.

Grazie a questa si convoca la Chiesa; grazie a questa si può entrare in tutte le dimensioni e momenti della vita dell'uomo.

L'Eucaristia rende reale l'annuncio e dinamizza le virtù teologali in modo vivo e concreto. Cristo, presente nell'Eucaristia, è il primo e fondamentale protagonista della evangelizzazione (cfr Pauli VI, EN 6).

Accogliendolo personalmente nella fede, l'uomo accede alla fonte inesauribile dell'amore del Padre. In questa vicinanza a Cristo trova un fermo fondamento la speranza, la volontà con cui il cristiano si impegna nella missione di trasformare la terra. Da ciò la necessità di dare sempre più enfasi alla centralità eucaristica della vita ecclesiale.

E' molto, di conseguenza, ciò che la missione guadagna tenendo sempre presente la potenza salvifica che muove da dentro le comunità ecclesiali. Infatti, la forza interiore che anima i fedeli a sapere che - in quanto membri della Chiesa - la loro attività è inserita con vitalità in quella di Cristo, incoraggia e stimola ogni iniziativa apostolica. Il fatto di costituire, fra tutti i fedeli, una coesione nella comunione, la cui missione vive di Cristo, farà si che persino l'apostolato più personale si realizzi con la convinzione che chi lo fa non è solo, ma partecipa della grazia di questo sacramento universale di salvezza che è la Chiesa (cfr LG 48).


5. Evangelizzare oggi in Colombia è la grande opera a cui siete chiamati, cari fratelli. La vostra attenzione e sollecitudine vi deve portare a riscoprire le radici cristiane del vostro popolo. Per questo, dovrete dare un nuovo impulso e dinamismo alla pastorale organica che, in maniera solidale, porti a realizzare alcuni progetti comuni che armonizzino nella vostra Chiesa le energie apostoliche, per una maggiore efficacia.

E' necessario poi, sottolineare gli obiettivi prioritari, cercando tutti i mezzi a disposizione per ciò che è essenziale, cioè: il rinnovamento della fede in Cristo, via, verità e vita degli uomini e del mondo. Tutti - uniti ai propri Pastori - devono sentirsi profondamente impegnati in questa missione per poter dare così delle risposte adeguate alle domande ed esigenze dell'uomo del nostro tempo.

La vitalità della Chiesa si misura attraverso la sua capacità di rendersi presente nella vita individuale e sociale. A questo riguardo, non fermatevi nel vostro impegno di prestare una migliore attenzione pastorale a certi settori che ne hanno bisogno, come gli ambienti rurali, operai e universitari.

Ricordando il gradito incontro con i contadini colombiani a Chiquinquirà, desidero incoraggiare di nuovo gli sforzi della Chiesa per contribuire anche allo sviluppo e al benessere dei lavoratori della terra.


6. Non mancano neppure nel vostro Paese concezioni secolariste e atteggiamenti permissivi che sono motivo di disorientamento per molti, in modo particolare fra i giovani. Intensificate quindi una pastorale della gioventù che dia alle nuove generazioni la sicurezza nelle loro convinzioni religiose e li spinga ad una partecipazione più attiva alla vita sacramentale e comunitaria. Essi rappresentano una forza giovane e generosa, capace di infondere dinamismo ed energia all'azione dei movimenti di apostolato secolare. Che la vostra parola sia sempre per loro la luce che orienta verso Dio, sottolineando il significato della vita, presentando loro quei valori che li facciano impegnare in modo deciso nella costruzione di una società più giusta e fraterna. Sono convinto che una delle cose migliori che la Chiesa può fare per ravvivare la fede attuale, è di dedicare uno speranzoso sforzo rivolto alla formazione cristiana e umana della gioventù. Che la famiglia, la parrocchia, la scuola, l'università, si impegnino con nuovo spirito creativo nel forgiare una gioventù unita e partecipativa.


7. All'interno dell'opera evangelizzatrice a cui la Chiesa chiama, riveste un ruolo particolarmente importante l'evangelizzazione della cultura (cfr "Puebla" 365ss). Se le radici culturali che vi hanno configurato come Nazione sono impregnate del messaggio cristiano, oggi si rende necessario dare nuova vitalità al vostro ricco passato, facendolo diventare sostanza e spinta per evangelizzare la cultura colombiana del nostro tempo. E' missione di ogni cristiano contribuire all'opera di far penetrare i valori del Vangelo nella varietà delle espressioni culturali del vostro Paese: negli ambienti universitari, artistici, letterari.

A questo proposito è importante arche la presenza attiva dei cattolici nei mezzi di comunicazione sociale. Si tratta, in primo luogo, di un mezzo privilegiato per contribuire al bene comune, per l'educazione dei popoli e per promuovere i supremi valori della verità, della giustizia, della solidarietà.

Nello stesso tempo può essere anche uno strumento affinché il messaggio del Vangelo e la dottrina della Chiesa si rendano presenti nelle case e nei cuori di tante persone, bisognose di una parola che le illumini, le informi e le consoli.

perciò, la vostra sollecitudine di Pastori deve incoraggiare tutte quelle iniziative volte a fare degli strumenti di comunicazione, un mezzo di evangelizzazione che consolidi le credenze religiose dei vostri fedeli e li difenda dalla aggressiva attività proselitista delle sètte, che recentemente si stanno moltiplicando in Colombia, seminando confusione e rompendo l'unità delle comunità cristiane,


8. Concludendo questo incontro fraterno, desidero ricordarvi le parole di Gesù ai suoi discepoli durante l'ultima Cena: "Non turbetur cor vestrum" (Jn 14,1). Che nessun timore possa affievolire la vostra speranza. Oggi non mancano le incertezze e i rischi, ma con san Paolo diciamo: "tutto posso in Colui che mi conforta" (Ph 4,13).

Tornate, alle vostre Chiese particolari con piena fiducia nel fatto che Gesù Cristo, il Signore, che vi ha chiamato ad essere Pastori del suo gregge, non smetterà mai di assistervi nel vostro compito, facendo si che il vostro ministero apostolico dia molti frutti in amore e santità. Sappiate che vi accompagna il mio ricordo nella preghiera, con la quale prego Dio per voi, come pure per tutti i vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli. Vi raccomando alla protezione di colui "che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" (Ph 2,13).

Con questi auguri imparto a tutti con grande affetto la mia benedizione apostolica.

1989-12-04

Lunedi 4 Dicembre 1989









Ai partecipanti a un colloquio tra cristiani e musulmani - Città del Vaticano (Roma)

I giovani devono comprendere i mutamenti del mondo per portarvi un messaggio trascendente di speranza


Eminenza, illustri visitatori.

Sono lieto di ricevere i partecipanti al colloquio tra musulmani e cristiani su "L'educazione religiosa nella società moderna", organizzato congiuntamente dal pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso e la Al al-Bait foundation di Amman, in Giordania. Mi compiaccio per la scelta di questo tema, che rivela una attenta sollecitudine da parte degli educatori religiosi.

Nel mondo contemporaneo, grandi sfide stanno davanti all'umanità. Le scoperte nel campo scientifico e tecnologico, nelle comunicazioni, nella sanità e nei servizi - per ricordarne solo alcune - offrono la promessa di una vita migliore per la famiglia umana. Ma in molti modi questi stessi successi presentano aspetti ambigui e addirittura negativi, tra cui il fatto che la comodità della vita moderna è spesso accompagnata dal pericolo che la gente possa dimenticare o ignorare l'aspetto trascendente, spirituale della vita umana di fronte a Dio.

Da una parte, gli agi e i beni materiali non sono distribuiti equamente all'interno della famiglia umana. La povertà è un fattore diffuso e oppressivo nella vita di milioni di persone e solleva problemi di giustizia e di difesa dell'umana dignità. D'altra parte, il crescente benessere economico conduce talvolta a un esasperato individualismo, un'esagerata ricerca di auto-realizzazione, un senso di isolamento totale all'interno della società, e violenza o auto-distruzione. Simili circostanze spesso contengono un implicito rifiuto di riconoscere Dio come creatore e legislatore, la cui volontà gli uomini dovrebbero obbedire e rispettare.

Nonostante ci siano tra noi delle specifiche differenze, cristiani e musulmani sanno che la vera strada verso la realizzazione dell'uomo passa attraverso l'obbedienza alla volontà divina nella propria vita personale e sociale. Per questo motivo, abbiamo molto da discutere sul modo di insegnare i valori religiosi alle giovani generazioni.

I nostri giovani devono imparare il senso trascendente della vita umana, così da essere preparati a giudicare criticamente tutti gli aspetti della vita moderna. Devono sapere come distinguere tra le scoperte scientifiche e tecnologiche che favoriscono la vita umana e quelle che piantano i semi della distruzione. Devono essere educati a comprendere che un'accettazione acritica di tutto ciò che la vita moderna può offrire può portare a un'ambizione presuntuosa e incontrollata.

Nello stesso tempo, volgersi indietro e rifiutare lo sviluppo non è realistico e implica una mancanza di fiducia nella ragione che Dio ha donato all'uomo. Vuol dire abdicare all'autentica vocazione data da Dio all'uomo: la vocazione di collaborare con lui nell'opera della creazione.

Si servono meglio i giovani insegnando loro a scoprire Dio e la sua volontà dentro i nuovi confini della realtà moderna. Questo comporta la riscoperta della natura sociale della vita dell'uomo, e gli inalienabili diritti e doveri degli individui. Essi dovrebbero comprendere i cambiamenti che avvengono nel nostro mondo, così da poter continuare a portare un dinamico messaggio di speranza trascendente alla società contemporanea. Di più, l'educazione religiosa, per sua propria natura, deve insegnare il rispetto per gli altri e l'apertura a loro come figli di Dio, indipendentemente dalla razza, la religione, lo status economico, la lingua, il gruppo etnico.

Ultimamente, il cuore di ogni educazione religiosa è il tentativo di portare lo studente ad una personale consapevolezza e all'incontro con il Dio vivente. perciò l'educazione religiosa non è un semplice parlare di Dio, ma è accompagnare i giovani nella loro ricerca di Dio, approfondendo il loro desiderio di conoscerlo e fare la sua volontà. Attraverso il vostro colloquio, possiate voi tutti, cristiani e musulmani, progredire nella conoscenza dei modi per comunicare meglio i valori religiosi di cui il mondo contemporaneo ha tanto bisogno. Prego che il vostro incontro costituisca un passo ulteriore nello spirito della collaborazione e di comune testimonianza all'unico Dio.

La benedizione dell'Altissimo sia con voi tutti!

1989-12-07

Giovedi 7 Dicembre 1989




Alla assemblea plenaria della pontificia commissione per l'America Latina - Città del Vaticano (Roma)

"L'America Latina vive un'ora meravigliosa e cruciale: spetta a voi promuovere la nuova evangelizzazione"


Signori Cardinali, amati fratelli nell'Episcopato, cari sacerdoti e religiosi.


1. Sono molto felice di avere questo incontro con voi che, come membri della Curia romana o delle Chiese latinoamericane, partecipate alla prima assemblea plenaria della commissione pontificia per l'America Latina.

Con la costituzione apostolica "Pastor Bonus" e il successivo motu proprio "Decessores Nostri", la Santa Sede ha voluto rinnovare e potenziare questo organismo, per dargli una nuova fisionomia e mettere così in rilievo la speciale sollecitudine pastorale del successore di Pietro nei confronti di queste Chiese che, nel continente della speranza, si incamminano piene di fede verso i "cieli nuovi e la terra nuova" di cui parla la Bibbia (Is 65,17 2P 3,13 Ap 21,1), e che a tutti noi sembra intravvedere già nel vicino terzo millennio del cristianesimo.

Vi saluto tutti molto cordialmente, e ringrazio anche per le significative parole che mi ha diretto il presidente della commissione, il signor Cardinale Bernardin Gantin.


2. La vostra presenza qui, come anche i temi contenuti nel vostro programma di lavoro, mettono in rilievo le splendide realtà ecclesiali che lo Spirito Santo, attraverso la vostra sollecitudine pastorale, sta edificando nell'America Latina.

Un continente giovane e pieno di speranze, ma nel quale non mancano stridenti contrasti che obbligano i settori meno favoriti della popolazione a pagare intollerabili costi sociali.

Io stesso, nei miei viaggi apostolici realizzati già attraverso quasi tutti i paesi latinoamericani, ho potuto verificare quale sia la situazione che vi si vive, come pure la sollecitudine che la Chiesa mostra con il suo amore preferenziale per i più bisognosi.

Li, ho potuto apprezzare realtà splendide, ma osservare anche problemi gravi. Effettivamente, l'America Latina vive un momento meraviglioso, ma allo stesso tempo cruciale per la sua storia. La Chiesa è cosciente di ciò e voi, proprio nelle riunioni di questi giorni, avete voluto considerare questi due aspetti della realtà, al fine di affrontare la sfida che questo comporta per una presenza pastorale più adeguata.


3. Di fronte alle "gioie e le speranze le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi", la Chiesa in America Latina è in un momento di tensione creativa e "si sente realmente e intimamente solidale" (GS 1) con ciascuno dei suoi figli. Ma allo stesso tempo, con lo sguardo rivolto al Signore, si prepara in modo responsabile e fiducioso alla celebrazione del quinto centenario dell'arrivo del messaggio di salvezza di Gesù alla sua terra.

Nella mia recente lettera al signor Cardinale Gantin, per l'inaugurazione della nuova sede del CELAM, dicevo che bisogna "commemorare questo evento rendendo grazie a Dio per tutti i benefici che ha comportato per questi popoli l'opera ecclesiale della prima Evangelizzazione", ma la commemorazione "non può ridursi solo al dare uno sguardo al passato, per un bilancio, d'altra parte necessario, di successi e insuccessi, di aspetti positivi e negativi. E' necessario pensare anche al futuro" ("Epistula ad Em.mum Cardinalem Bernardinum Gantin occasione oblata inaugarationis novae sedis Consilii Episcopalis Americae Latinae (CELAM)", die 14 sept. 1989: , XII, 3 [1989] 523).

Sicuramente nello sviluppo nei secoli della cosiddetta "evangelizzazione istituente" non sono mancati, a causa dei limiti umani, momenti di ombra all'interno di questo fascio di luce che illumino, con la parola salvifica di Cristo, la vita e il futuro dell'America Latina.

La Chiesa vuole commemorare e celebrare il momento del suo arrivo nel nuovo mondo, con umanità e semplicità, ma nello stesso tempo con la voglia di apprendere dalla luminosa esperienza evangelizzatrice degli intrepidi missionari e insigni pastori che, in questi cinque secoli, donarono la propria vita per Cristo, servendo i popoli dell'America. A questo proposito, desidero ricordare i numerosi servitori del Vangelo che negli ultimi tempi sono stati vittime di una ingiustificabile violenza. I più recenti: monsignor Jesus Emilio Jaramillo Monsalve e i sei padri gesuiti dell'università centroamericana di San Salvador.

Prego il Signore affinché il sacrificio di tanti ministri della Chiesa renda feconda l'opera evangelizzatrice di chi, con generosità senza limiti, dedica la propria vita alla edificazione del Regno di Dio.


4. Si tratta ora di intraprendere una nuova evangelizzazione, motivo per cui ho convocato, in occasione del quinto centenario, tutte le Chiese dell'America Latina (cfr. "Allocutio in Portu Principis, ad episcopos Consilii episcopalis Latino-Americani sodales", die 9 mar. 1983: , VI, 1 [1983] 690ss; "Dominicopoli, Homilia ad Missam in aperitionem "Novenario di anni"", die 12 oct. 1984: , VII, 2 [1984] 885ss).

Bisogna studiare a fondo in che cosa consiste questa nuova evangelizzazione, considerare i suoi punti d'arrivo, il suo contenuto dottrinale e le sue implicazioni pastorali; determinare i "metodi" più appropriati per i tempi in cui viviamo, cercare una "forma" che l'avvicini di più alla vita e ai bisogni dell'uomo di oggi, senza che per questo perda nulla della sua autenticità e fedeltà alla dottrina di Gesù e alla tradizione della Chiesa.

Di conseguenza, occorre preparare convenientemente gli artefici di questa rinnovata azione evangelizzatrice: abbiamo bisogno di sacerdoti santi e saggi; di religiosi e religiose pienamente dedicati a Cristo; di laici decisi e impegnati davvero nella Chiesa (cfr CL 64).


5. Tutto ciò sta per essere realizzato. Sono felice di vedere con che dedizione e sollecitudine lavorano le Conferenze Episcopali nelle diverse nazioni, come pure il CELAM a livello continentale. Grazie a Dio il mio richiamo alla nuova evangelizzazione ha trovato terra fertile e si incammina già verso questa incoraggiante prospettiva. Tale è l'obiettivo primario della pontificia commissione per l'America Latina: promuovere e animare la nuova evangelizzazione in quel continente.

In questa stessa prospettiva deve orientarsi anche la quarta Gonferenza generale dell'Episcopato Latinoamericano, che si riunirà a Santo Domingo nel 1992, in coincidenza con le celebrazioni commemorative del quinto centenario, e che incentrerà la sua attenzione appunto sul tema della nuova evangelizzazione.

Bisognerà studiare come si può proiettarla sulle culture, facendo si che il messaggio di Cristo liberatore e redentore penetri, con maggior profondità ed efficacia, nei cuori di tutti gli uomini e le donne, nelle strutture sociali e politiche, nelle famiglie e soprattutto fra i giovani, negli ambienti del sapere e del lavoro, fra gruppi etnici e indigeni, nei paesi e nelle città, in tutti i popoli, per costruire ovunque la civiltà della verità e della vita, della giustizia, della pace e dell'amore.

"La Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione; deve entrare in una nuova tappa storica" (CL 35).

Mi aspetto, da parte di tutti, un grande impegno nella preparazione di questa quarta conferenza che - là dove venne celebrata la prima Messa, si recito la prima Ave Maria e venne annunciato per la prima volta il messaggio di Gesù - vedrà riuniti i rappresentanti di tutto l'Episcopato dell'America Latina e della Curia romana, per studiare e progettare la missione evangelizzatrice della Chiesa, di modo che, con la ricca esperienza del passato - compreso il passato più recente di Medellin e Puebla - e tenendo presente i cambiamenti profondi che si verificano ai giorni nostri, possa affrontare, con docilità nei confronti dello Spirito, la sfida del futuro.


6. Sono diversi i temi ecclesiali che in questo momento sono obiettivo di attenta considerazione da parte della Santa Sede e degli Episcopati dell'America Latina.

Anche voi avete voluto esaminarli nel corso di questa assemblea. Si tratta di analizzare le loro radici profonde, come pure le loro implicazioni più immediate, osservando le modalità che presentano in ogni luogo e in determinati ambienti.

Questo farà si che si possano meglio delineare gli orientamenti e le risposte più adeguate per ogni singolo caso.

Fra i principali temi desidero citare quello delle vocazioni sacerdotali, alla vita religiosa e all'apostolato laicale. E' necessario che ogni Conferenza Episcopale, e anche ogni diocesi particolare, dia un nuovo impulso alla pastorale di promozione delle vocazioni. Allo stesso tempo, si devono cercare le persone meglio preparate che sfruttino la loro adeguata formazione per i diversi ministeri che svolgeranno nelle comunità ecclesiali. Desidero sottolineare, a questo riguardo, l'interesse che stanno risvegliando i corsi che organizza il CELAM per formatori nei seminari.

Un altro punto di grande importanza è l'inserimento armonico dei religiosi e delle religiose nella pastorale diocesana. Occorre favorire gli incontri fra i superiori maggiori e i Vescovi, incamminati verso la ricerca dei canali adeguati affinché, in una autentica comunione ecclesiale, sia conservata la fedeltà alla dottrina cattolica, così come la Chiesa la trasmette attraverso il suo Magistero. A questo proposito desidero ricordare le parole che ho rivolto all'assemblea dell'Episcopato e dei superiori maggiori dei religiosi e delle religiose del Messico, dedicata di recente al tema della Chiesa particolare e al luogo che in questa occupano i Vescovi e i religiosi alla luce della istruzione "Mutuae Relationes" e di altri documenti del Magistero: "La natura stessa della Chiesa, che è mistero e comunione, esige che fra i Pastori delle Chiese particolari e i religiosi esista una stretta collaborazione che eviti possibili magisteri paralleli o anche programmi pastorali che non riflettono sufficientemente questa comunione e unità" (4). Rinnovo in questa occasione l'esortazione rivolta durante la terza Conferenza dell'Episcopato latinoamericano a Puebla, mettendo in rilievo che "quanto importa qui, più che in altre parti del mondo, è che i religiosi non solo accettino, ma cerchino lealmente una indissolubile unità con i vescovi" ("Allocutio in urbe Puebla", die 28 ian. 1979: , II, 2 [1979] 201)).

Altro elemento che richiede un'attenzione speciale è la partecipazione e il pieno inserimento dei laici nella pastorale della Chiesa latinoamericana. Varie esperienze stanno dando frutti incoraggianti, ma è ancora lungo il cammino da percorrere. L'esortazione apostolica postsinodale "Christifideles Laici", riprendendo la dottrina del Concilio Vaticano II e i contributi dei padri sinodali, offre dei modelli da seguire affinché i laici mantengano il loro posto nella vita della Chiesa.

Un grave problema che hanno oggi molti paesi latinoamericani è la presenza e la diffusione delle sètte. In alcuni casi si vede minacciata la stessa identità cattolica di varie comunità ecclesiali, soprattutto quando è poco profonda la loro messa in pratica della fede e non ricevono il necessario orientamento davanti alle nuove dottrine presentate. Questo deve essere un motivo di ulteriore preoccupazione pastorale, che ci porti a pianificare e realizzare un'azione evangelizzatrice per la quale si ha bisogno di numerosi operatori della pastorale,e convenientemente formati e dotati di un grande spirito apostolico.

Al termine di questo incontro vi invito a unirvi alla mia preghiera allo Spirito Santo, chiedendogli di guidare la sua Chiesa poiché egli "è l'agente principale dell'evangelizzazione" (Pauli VI, EN 75). Come successori di Pietro e degli altri apostoli, ci spinga a "essere testimoni di questo Gesù risuscitato da Dio" (cfr Ac 2,32), e ad "annunciare ai poveri la Buona Novella" (cfr Mt 11,5). Lo chiediamo anche alla Vergine Maria, madre della Chiesa, in questo avvento del terzo millennio cristiano, pregandola di proteggere sempre tutte le comunità ecclesiali dell'America Latina, a cui imparto con grande affetto, come pure a voi, la mia benedizione apostolica.

1989-12-07

Giovedi 7 Dicembre 1989




Il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990 - Città del Vaticano (Roma)

Pace con Dio creatore. Pace con tutto il creato



1. Si avverte ai nostri giorni la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia minacciata, oltre che dalla corsa agli armamenti, dai conflitti regionali e dalle ingiustizie tuttora esistenti nei popoli e tra le nazioni, anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura, dal disordinato sfruttamento delle sue risorse e dal progressivo deterioramento della qualità della vita. Tale situazione genera un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo, di accaparramento e di prevaricazione.

Di fronte al diffuso degrado ambientale l'umanità si rende ormai conto che non si può continuare ad usare i beni della terra come nel passato. L'opinione pubblica ed i responsabili politici ne sono preoccupati, mentre studiosi delle più diverse discipline ne esaminano le cause. Sta così formandosi una coscienza ecologica, che non deve essere mortificata, ma anzi favorita, in modo che si sviluppi e maturi trovando adeguata espressione in programmi ed iniziative concrete.


2. Non pochi valori etici, di fondamentale importanza per lo sviluppo di una società pacifica, hanno una diretta relazione con la questione ambientale.

L'interdipendenza delle molte sfide, che il mondo odierno deve affrontare, conferma l'esigenza di soluzioni coordinate, basate su una coerente visione morale del mondo.

Per il cristiano una tale visione poggia sulle convinzioni religiose attinte alla Rivelazione. Ecco perché, all'inizio di questo messaggio, desidero richiamare il racconto biblico della creazione, e mi auguro che coloro i quali non condividono le nostre convinzioni di fede possano egualmente trovarvi utili spunti per una comune linea di riflessione e di impegno.

I - "E Dio vide che era cosa buona"


3. Nelle pagine della Genesi, nelle quali è consegnata la prima autorivelazione di Dio alla umanità (Gn 1-3), ricorrono come un ritornello le parole: "E Dio vide che era cosa buona". Ma quando, dopo aver creato il cielo e il mare, la terra e tutto ciò che essa contiene, Iddio crea l'uomo e la donna, l'espressione cambia notevolmente: "E Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona" (Gn 1,31). All'uomo e alla donna Dio affido tutto il resto della creazione, ed allora come leggiamo - potè riposare "da ogni suo lavoro" (Gn 2,3).

La chiamata di Adamo ed Eva a partecipare all'attuazione del piano di Dio sulla creazione stimolava quelle capacità e quei doni che distinguono la persona umana da ogni altra creatura e, nello stesso tempo, stabiliva un ordinato rapporto tra gli uomini e l'intero creato. Fatti ad immagine e somiglianza di Dio, Adamo ed Eva avrebbero dovuto esercitare il loro dominio sulla terra (cfr Gn 1,28) con saggezza e con amore. Essi, invece, con il loro peccato distrussero l'armonia esistente ponendosi deliberatamente contro il disegno del Creatore. Ciò porto non solo all'alienazione dell'uomo da se stesso, alla morte e al fratricidio, ma anche ad una certa ribellione della terra nei suoi confronti (cfr Gn 3,17-19 Gn 4,12). Tutto il creato divenne soggetto alla caducità, e da allora attende, in modo misterioso, di esser liberato per entrare nella libertà gloriosa insieme con tutti i figli di Dio (cfr Rm 8,20-21).


4. I cristiani professano che nella morte e nella Risurrezione di Cristo si è compiuta l'opera di riconciliazione dell'umanità col Padre, a cui "piacque... riconciliare a sè tutte le cose, pacificando col sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col 1,19-20). La creazione è stata così rinnovata (cfr Ap 21,5), e su di essa, prima sottoposta alla "schiavitù" della morte e della corruzione (cfr Rm 8,21), si è effusa una nuova vita, mentre noi "aspettiamo nuovi cieli e una nuova terra, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2P 3,13). così il Padre "ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: cioè il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose" (Ep 1,9-10).


5. Queste considerazioni bibliche illuminano meglio il rapporto tra l'agire umano e l'integrità del creato. Quando si discosta dal disegno di Dio creatore, l'uomo provoca un disordine che inevitabilmente si ripercuote sul resto del creato. Se l'uomo non è in pace con Dio, la terra stessa non è in pace: "Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali della terra e con gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare periranno" (Os 4,3).

L'esperienza di questa "sofferenza" della terra è comune anche a coloro che non condividono la nostra fede in Dio. Stanno, infatti, sotto gli occhi di tutti le crescenti devastazioni causate nel mondo della natura dal comportamento di uomini indifferenti alle esigenze recondite, eppure chiaramente avvertibili, dell'ordine e dell'armonia che lo reggono.

Ci si chiede, pertanto, con ansia se si possa ancora porre rimedio ai danni provocati. E' evidente che un'idonea soluzione non può consistere semplicemente in una migliore gestione, o in un uso meno irrazionale delle risorse della terra. Pur riconoscendo l'utilità pratica di simili misure, sembra necessario risalire alle origini e affrontare nel suo insieme la profonda crisi morale, di cui il degrado ambientale è uno degli aspetti preoccupanti.

II - La crisi ecologica: un problema morale


6. Alcuni elementi della presente crisi ecologica ne rivelano in modo evidente il carattere morale. Tra essi, in primo luogo, è da annoverare l'applicazione indiscriminata dei progressi scientifici e tecnologici. Molte recenti scoperte hanno arrecato innegabili benefici all'umanità; esse, anzi, manifestano quanto sia nobile la vocazione dell'uomo a partecipare responsabilmente all'azione creatrice di Dio nel mondo. Si è, pero, constatato che la applicazione di talune scoperte nell'ambito industriale ed agricolo produce, a lungo termine, effetti negativi.

Ciò ha messo crudamente in rilievo come ogni intervento in un'area dell'ecosistema non possa prescindere dal considerare le sue conseguenze in altre aree e, in generale, sul benessere delle future generazioni.

Il graduale esaurimento dello strato di ozono e l'"effetto serra" hanno ormai raggiunto dimensioni critiche a causa della crescente diffusione delle industrie, delle grandi concentrazioni urbane e dei consumi energetici. Scarichi industriali, gas prodotti dalla combustione di carburanti fossili, incontrollata deforestazione, uso di alcuni tipi di diserbanti, refrigeranti e propellenti: tutto ciò - com'è noto - nuoce all'atmosfera ed all'ambiente. Ne sono derivati molteplici cambiamenti meteorologici ed atmosferici, i cui effetti vanno dai danni alla salute alla possibile futura sommersione delle terre basse.

Mentre in alcuni casi il danno forse è ormai irreversibile, in molti altri esso può ancora essere arrestato. E' doveroso, pertanto, che l'intera comunità umana - individui, Stati ed organismi internazionali - assuma seriamente le proprie responsabilità.


7. Ma il segno più profondo e più grave delle implicazioni morali, insite nella questione ecologica, è costituito dalla mancanza di rispetto per la vita, quale si avverte in molti comportamenti inquinanti. Spesso le ragioni della produzione prevalgono sulla dignità del lavoratore e gli interessi economici vengono prima del bene delle singole persone, se non addirittura di quello di intere popolazioni. In questi casi, l'inquinamento o la distruzione riduttiva e innaturale, che talora configura un vero e proprio disprezzo dell'uomo.

Parimenti, delicati equilibri ecologici vengono sconvolti per un'incontrollata distruzione delle specie animali e vegetali o per un incauto sfruttamento delle risorse; e tutto ciò - giova ricordare - anche se compiuto nel nome del progresso e del benessere, non torna, in effetti, a vantaggio dell'umanità.

Infine, non si può non guardare con profonda inquietudine alle formidabili possibilità della ricerca biologica. Forse non è ancora in grado di misurare i turbamenti indotti in natura da una indiscriminata manipolazione genetica e dallo sviluppo sconsiderato di nuove specie di piante e forme di vita animale, per non parlare di inaccettabili interventi sulle origini della stessa vita umana. A nessuno sfugge come, in un settore così delicato, l'indifferenza o il rifiuto delle norme etiche fondamentali portino l'uomo alla soglia stessa dell'autodistruzione.

E' il rispetto per la vita e, in primo luogo, per la dignità della persona umana la fondamentale norma ispiratrice di un sano progresso economico, industriale e scientifico.

E' a tutti evidente la complessità del problema ecologico. Esistono, tuttavia, alcuni principi basilari che, nel rispetto della legittima autonomia e della specifica competenza di quanti sono in esso impegnati, possono indirizzare la ricerca verso idonee e durature soluzioni. Si tratta di principi essenziali per la costruzione di una società pacifica, la quale non può ignorare nè il rispetto per la vita, nè il senso dell'integrità del creato.

III - Alla ricerca di una soluzione


8. Teologia, filosofia e scienza concordano nella visione di un universo armonioso, cioè di un vero "cosmo", dotato di una sua integrità e di un suo interno e dinamico equilibrio. Questo ordine deve essere rispettato: l'umanità è chiamata ad esplorarlo, a scoprirlo con prudente cautela e a fame poi uso salvaguardando la sua integrità.

D'altra parte, la terra è essenzialmente un'eredità comune, i cui frutti devono essere a beneficio di tutti. "Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e popoli", ha riaffermato il Concilio Vaticano II (GS 69). Ciò ha dirette implicazioni per il nostro problema. E' ingiusto che pochi privilegiati continuino ad accumulare beni superflui dilapidando le risorse disponibili, quando moltitudini di persone vivono in condizioni di miseria, al livello minimo di sostentamento. Ed è ora la stessa drammatica dimensione del dissesto ecologico ad insegnarci quanto la cupidigia e l'egoismo, individuali o collettivi, siano contrari all'ordine del creato, nel quale è inscritta anche la mutua interdipendenza.


9. I concetti di ordine nell'universo e di eredità comune mettono entrambi in rilievo che è necessario un sistema di gestione delle risorse della terra meglio coordinato a livello internazionale. Le dimensioni dei problemi ambientali superano, in molti casi, i confini dei singoli Stati: la loro soluzione, dunque, non può essere trovata unicamente a livello nazionale. Recentemente sono stati registrati alcuni promettenti passi verso questa auspicata azione internazionale, ma gli strumenti e gli organismi esistenti sono ancora inadeguati allo sviluppo di un piano coordinato di intervento. Ostacoli politici, forme di nazionalismo esagerato ed interessi economici, per non ricordare che alcuni fattori, rallentano, o addirittura impediscono la cooperazione internazionale e l'adozione di efficaci iniziative a lungo termine.

L'asserita necessità di un'azione concertata a livello internazionale non comporta certo una diminuzione della responsabilità dei singoli Stati. Questi, infatti, debbono non solo dare applicazione alle norme approvate insieme con le autorità di altri Stati, ma anche favorire, al loro interno, un adeguato assetto socio-economico, con particolare attenzione ai settori più vulnerabili della società. Spetta ad ogni Stato, nell'ambito del proprio territorio, il compito di prevenire il degrado dell'atmosfera e della biosfera, controllando attentamente, tra l'altro, gli effetti delle nuove scoperte tecnologiche o scientifiche, ed offrendo ai propri cittadini la garanzia di non essere esposti ad agenti inquinanti o a rifiuti tossici. Oggi si parla sempre più insistentemente del diritto ad un ambiente sicuro, come di un diritto che dovrà rientrare in un'aggiornata carta dei diritti dell'uomo.

IV - L'urgenza di una nuova solidarietà 10. La crisi ecologica pone in evidenza l'urgente necessità morale di una nuova solidarietà, specialmente nei rapporti tra i paesi in via di sviluppo e i paesi altamente industrializzati. Gli Stati debbono mostrarsi sempre più solidali e fra loro complementari nel promuovere lo sviluppo di un ambiente naturale e sociale pacifico e salubre. Ai paesi da poco industrializzati, per esempio, non si può chiedere di applicare alle proprie industrie nascenti certe norme ambientali restrittive, se gli Stati industrializzati non le applicano per primi al loro interno. Da parte loro, i paesi in via di industrializzazione non possono moralmente ripetere gli errori compiuti da altri nel passato, continuando a danneggiare l'ambiente con prodotti inquinanti, deforestazioni eccessive o sfruttamento illimitato di risorse inesauribili. In questo stesso contesto è urgente trovare una soluzione al problema del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti tossici.

Nessun piano, nessuna organizzazione, tuttavia, sarà in grado di operare i cambiamenti intravisti, se i responsabili delle nazioni di tutto il mondo non saranno veramente convinti della assoluta necessità di questa nuova solidarietà, che la crisi ecologica richiede e che è essenziale per la pace. Tale esigenza offrirà opportune occasioni per consolidare le pacifiche relazioni tra gli Stati.

11. Occorre anche aggiungere che non si otterrà il giusto equilibrio ecologico, se non saranno affrontate direttamente le forme strutturali di povertà esistenti nel mondo. Ad esempio, la povertà rurale e la distribuzione della terra in molti paesi hanno portato ad un'agricoltura di mera sussistenza e all'impoverimento dei terreni. Quando la terra non produce più, molti contadini si trasferiscono in altre zone, incrementando spesso il processo di deforestazione incontrollata, o si stabiliscono in centri urbani già carenti di strutture e servizi. Inoltre, alcuni paesi fortemente indebitati stanno distruggendo il loro patrimonio naturale con la conseguenza di irrimediabile squilibri ecologici, pur di ottenere nuovi prodotti di esportazione. Di fronte a tali situazioni, tuttavia, mettere sotto accusa soltanto i poveri per gli effetti ambientali negativi da essi provocati, sarebbe un modo inaccettabile di valutare le responsabilità. Occorre, piuttosto, aiutare i poveri, a cui la terra e affidata come a tutti gli altri, a superare la loro povertà, e ciò richiede una coraggiosa riforma delle strutture e nuovi schemi nei rapporti tra gli Stati e i popoli.

12. Ma c'è un'altra pericolosa minaccia che ci sovrasta: la guerra. La scienza moderna dispone già, purtroppo, della capacità di modificare l'ambiente con intenti ostili, e tale manomissione potrebbe avere a lunga scadenza effetti imprevedibili e ancora più gravi. Nonostante che accordi internazionali proibiscano la guerra chimica, batteriologica e biologica, sta di fatto che nei laboratori continua la ricerca per lo sviluppo di nuove armi offensive, capaci di alterare gli equilibri naturali.

Oggi qualsiasi forma di guerra su scala mondiale causerebbe incalcolabili danni ecologici. Ma anche le guerre locali o regionali, per limitate che siano, non solo distruggono le vite umane e le strutture della società, ma danneggiano la terra, rovinando i raccolti e la vegetazione e avvelenando i terreni e le acque. I sopravvissuti alla guerra si trovano nella necessità di iniziare una nuova vita in condizioni naturali molto difficili, che creano a loro volta situazioni di grave disagio sociale, con conseguenze negative anche di ordine ambientale.

13. La società odierna non troverà soluzione al problema ecologico, se non rivedrà seriamente il suo stile di vita. In molte parti del mondo essa è incline all'edonismo e al consumismo e resta indifferente ai danni che ne derivano. Come ho già osservato, la gravità della situazione ecologica rivela quanto sia profonda la crisi morale dell'uomo. Se manca il senso del valore della persona e della vita umana, ci si disinteressa degli altri e della terra. L'austerità, la temperanza, la autodisciplina e lo spirito di sacrificio devono informare la vita di ogni giorno affinché non si sia costretti da parte di tutti a subire le conseguenze negative della noncuranza dei pochi.

C'è dunque l'urgente bisogno di educare alla responsabilità ecologica: responsabilità verso gli altri; responsabilità verso l'ambiente. E un'educazione che non può essere basata semplicemente sul sentimento o su un indefinito velleitarismo. Il suo fine non può essere nè ideologico nè politico, e la sua impostazione non può poggiare sul rifiuto del mondo moderno o sul vago desiderio di un ritorno al "paradiso perduto". La vera educazione alla responsabilità comporta un'autentica conversione nel modo di pensare e nel comportamento. Al riguardo, le Chiese e le altre istituzioni religiose, gli organismi governativi, anzi tutti i componenti della società hanno un preciso ruolo da svolgere. Prima educatrice, comunque, rimane la famiglia, nella quale il fanciullo impara a rispettare il prossimo e ad amare la natura.

14. Non si può trascurare, infine, il valore estetico del creato. Il contatto con la natura è di per sè profondamente rigeneratore come la contemplazione del suo splendore dona pace e serenità. La Bibbia parla spesso della bontà e della bellezza della creazione, chiamata a dar gloria a Dio (cfr Gn 1,4 ss Ps 8,2 Ps 104,1ss Sg 13,3-5 Si 39,16 Si 39,33 Si 43,1 Si 43,9).

Forse più difficile, ma non meno intensa, può essere la contemplazione delle opere dell'ingegno umano. Anche le città possono avere una loro particolare bellezza, che deve spingere le persone a tutelare l'ambiente circostante. Una buona pianificazione urbana è un aspetto importante della protezione ambientale, e il rispetto per le caratteristiche morfologiche della terra e un indispensabile requisito per ogni insediamento ecologicamente corretto. Non va trascurata, insomma, la relazione che c'è tra un'adeguata educazione estetica e il mantenimento di un ambiente sano.

V - La questione ecologica: una responsabilità di tutti 15. Oggi la questione ecologica ha assunto tali dimensioni da coinvolgere la responsabilità di tutti. I vari aspetti di essa, che ho illustrato, indicano la necessità di sforzi concordati, al fine di stabilire i rispettivi doveri ed impegni dei singoli, dei popoli, degli Stati e della comunità internazionale. Ciò non solo va di pari passo con i tentativi di costruire la vera pace, ma oggettivamente li conferma e li rafforza. Inserendo la questione ecologica nel più vasto contesto della causa della pace nella società umana, ci si rende meglio conto di quanto sia importante prestare attenzione a ciò che la terra e l'atmosfera ci rivelano: nell'universo esiste un ordine che deve essere rispettato; la persona umana, dotata della possibilità di libera scelta, ha una grave responsabilità per la conservazione di questo ordine, anche in vista del benessere delle generazioni future. La crisi ecologica - ripeto ancora - è un problema morale.

Anche gli uomini e le donne che non hanno particolari convinzioni religiose, per il senso delle proprie responsabilità nei confronti del bene comune, riconoscono il loro dovere di contribuire al risanamento dell'ambiente. A maggior ragione, coloro che credono in Dio creatore e, quindi, sono convinti che nel mondo esiste un ordine ben definito e finalizzato devono sentirsi chiamati ad occuparsi del problema. I cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all'interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede. Essi, pertanto, sono consapevoli del vasto campo di cooperazione ecumenica ed interreligiosa che si apre dinanzi a loro.

16. A conclusione di questo messaggio, desidero rivolgermi direttamente ai miei fratelli e alle mie sorelle della Chiesa cattolica per ricordar loro l'importante obbligo di prendersi cura di tutto il creato. L'impegno del credente per un ambiente sano nasce direttamente dalla sua fede in Dio creatore, dalla valutazione degli effetti del peccato originale e dei peccati personali e dalla certezza di essere stato redento da Cristo. Il rispetto per la vita e per la dignità della persona umana include anche il rispetto e la cura del creato, che è chiamato ad unirsi all'uomo per glorificare Dio (cfr Ps 148 Ps 96).

San Francesco d'Assisi, che nel 1979 ho proclamato celeste patrono dei cultori dell'ecologia (cfr. "Inter Sanctos": AAS 71 [1979], 1509s), offre ai cristiani l'esempio dell'autentico e pieno rispetto per l'integrità del creato.

Amico dei poveri, amato dalle creature di Dio, egli invito tutti - animali, piante, forze naturali, anche fratello sole e sorella luna - ad onorare e lodare il Signore. Dal Poverello di Assisi ci viene la testimonianza che, essendo in pace con Dio, possiamo meglio dedicarci a costruire la pace con tutto il creato, la quale è inseparabile dalla pace tra i popoli.

Auspico che la sua ispirazione ci aiuti a conservare sempre vivo il senso della "fraternità" con tutte le cose create buone e belle da Dio onnipotente, e ci ricordi il grave dovere di rispettarle e custodirle con cura, nel quadro della più vasta e più alta fraternità umana.

Dal Vaticano, 8 dicembre dell'anno 1989.

1989-12-08

Venerdi 8 Dicembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - A Vescovi colombiani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)