GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus al termine della beatificazione - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus al termine della beatificazione - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Invochiamo il dono della pace nel Libano e nel mondo intero


Prima di concludere con la preghiera dell'"Angelus" questa liturgia, desidero ricordare che fra qualche giorno avrà inizio il quarantaquattresimo Congresso Eucaristico Internazionale, a Seoul, in Corea, ove anch'io mi rechero il 6 di questo mese. Il tema di tale solenne assemblea mondiale è "Christus pax nostra" - "Cristo, nostra pace".

Invito tutti ad unirsi spiritualmente a questo importante avvenimento ecclesiale e ad invocare da Gesù nell'Eucaristia il dono della pace, quella che egli solo, e non il mondo, può dare. La pace, innanzitutto, con Dio Padre, col quale Gesù ci ha riconciliati mediante il suo sangue; la pace, poi, con gli uomini, poiché Cristo, nostra pace, ha abbattuto ogni muro di separazione, che divide e contrappone le nazioni (cfr Ep 2,14).

Nella prospettiva del grande bene della pace, presiedero mercoledi mattina in questa piazza una "Liturgia della Parola" per elevare a Dio un'accorata preghiera in favore del Libano, che tanti anni di guerra hanno portato sull'orlo della distruzione totale. Confido che molti vorranno partecipare a questo incontro, al quale seguiranno, come spero, iniziative simili nelle varie Chiese locali.

Invochiamo il dono della pace nel Libano e nel mondo intero per l'intercessione dei novelli beati, che nella fede e nella partecipazione alla mensa eucaristica trovarono la forza di testimoniare l'amore verso tutti anche in mezzo alle persecuzioni, divenendo così veri costruttori di pace.

Affidiamo la nostra preghiera alla Vergine santissima, "Regina della pace". Il mese di ottobre, che oggi ha inizio, è dedicato a lei. Non manchiamo di invocarla ogni giorno con la bella preghiera del rosario. Il suo celeste aiuto avvalorerà l'impegno di ciascuno a servizio della pace.

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, convenuti per la beatificazione dei ventisei martiri passionisti di Daimiel e della religiosa Francescana Ana Cirer di Maiorca.

Il loro esempio di vita e la loro risposta totale alla vocazione, fino al martirio, aiuti tutti a una dedizione più profonda a Dio e ai fratelli, per essere testimoni autentici di Cristo davanti al mondo.

Rivolgo un cordiale saluto anche a tutti i pellegrini di lingua italiana convenuti per la beatificazione del padre Lorenzo Maria Salvi, passionista, e della madre Geltrude Comensoli, fondatrice delle suore sacramentine di Bergamo.

Saluto in particolare tutte le religiose di tale istituto e i fedeli di Bergamo.

1989-10-01

Domenica 1 Ottobre 1989




A ricordo del millennio del battesimo della Rus' di Kiev - Città del Vaticano (Roma)

Il Papa presiede alla benedizione delle icone di Vladimiro e Olga


Eminentissimo signor Cardinale, venerati fratelli nell'Episcopato, cari sacerdoti, fratelli e sorelle ucraini! A perenne ricordo del millennio del battesimo della Rus' di Kiev voi avete voluto lasciare nella Basilica di san Pietro a Roma le icone dei santi Vladimiro e Olga, i battezzatori del vostro popolo. Si tratta di un dono della famiglia dell'eccellentissimo Basilio Losten, Vescovo di Stamford. E' ben scelto e felice il luogo della sistemazione di questi nuovi mosaici, vicino alle immagini dei santi Cirillo e Metodio, apostoli degli Slavi, e alle reliquie di san Giosafat.

Oggi, nella domenica dopo l'Esaltazione della santa Croce, secondo l'antico calendario, siete venuti in questo tempio primigenio, per essere partecipi dell'atto della benedizione di queste monumentali icone. Noi le abbiamo benedette con la grazia dello Spirito Santo e con l'aspersione dell'acqua santa, affinché tutti i credenti, sollevando lo sguardo su di esse, glorifichino Iddio uno nella Santissima Trinità e perché diventino simili a questi santi, antesignani della Rus' di Kiev, vostra Patria.

Siamo lieti che questa benedizione delle icone dei santi principi Vladimiro e Olga, uguali agli apostoli, si svolga durante il Sinodo dei vostri gerarchi ecclesiastici qui a Roma, presso le tombe di san Pietro e di san Giosafat. Impartiamo a loro, ai vostri Vescovi qui radunati, e a tutti voi qui presenti la nostra benedizione apostolica, che estendiamo alla Chiesa, a tutti i credenti e a tutto il popolo ucraino.

1989-10-01

Domenica 1 Ottobre 1989




Ai numerosi pellegrini giunti per la beatificazione - Città del Vaticano (Roma)

Il Vangelo vuole essere proclamato anche con la credibilità di forti esempi di vita



1. Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, fratelli e sorelle, pellegrini di lingua italiana e spagnola, qui convenuti per rendere omaggio ai nuovi beati.

Saluto i cari fratelli Vescovi che vi guidano, le autorità civili e religiose presenti a questa udienza, i superiori e le superiore delle rispettive comunità religiose di appartenenza dei nuovi beati.

Ieri è stata proposta alla venerazione dei fedeli una schiera cospicua e significativa di uomini e donne, che a Dio hanno offerto tutta la loro vita.

L'hanno offerta nel martirio, nella vita consacrata, nel ministero della predicazione.


2. Un vivo compiacimento esprimo innanzitutto alla congregazione della Passione di Gesù Cristo, alla quale appartenevano i martiri di Daimiel ed il beato Lorenzo Salvi, apostolo delle missioni al popolo, degli esercizi spirituali, delle confessioni.

I padri passionisti possono essere chiamati cittadini e testimoni del Calvario, poiché hanno scelto la spiritualità della Croce come fondamentale regola di vita, impegnandosi a predicare con l'esempio, lo spirito di penitenza, la devozione alla Passione del Signore.

Nell'annuncio del mistero della Croce si disvela alle anime, specialmente a quelle che si sono maggiormente allontanate da Dio, la grandezza dell'amore infinito ed eterno del Padre. Tale amore, più grande del peccato dell'uomo, non indietreggia davanti allo straordinario sacrificio del Figlio. Per questo, proprio nel volto del Crocifisso la misericordia di Dio si manifesta pienamente e definitivamente ad ogni uomo. Nella loro spiritualità e predicazione i passionisti ricorderanno incessantemente a tutti, che per le piaghe di Cristo noi siamo stati guariti (cfr Is 53,5), ed aiuteranno ciascun uomo a riconoscere l'infinita carità divina nella contemplazione dell'immagine del Cristo condannato, oltraggiato, flagellato, coronato di spine, inchiodato sulla croce, agonizzante nei tormenti.

Di questo stesso mistero d'amore si fece interprete il beato Lorenzo Salvi, diffondendo tra i fedeli la devozione al bambino Gesù. Il Figlio di Dio non si presento al mondo come l'essere onnipotente, ma come il più debole tra gli uomini, quasi "mendicante dell'amore dell'uomo". Lorenzo Salvi, così, diffondeva una vita interiore ispirata all'atteggiamento dell'infanzia spirituale. Di qui la fiducia piena in Dio che è Padre, la confidenza della sua affettuosa sollecitudine per le anime desiderose di tornare alla vita della grazia.


3. Nell'adorazione eucaristica, nella preghiera silenziosa accanto al sacramento dell'altare, nella testimonianza di fede verso la presenza reale del Signore sotto la specie del pane e del vino si concentra e si esprime il carisma peculiare della beata Geltrude Comensoli. Dall'Eucaristia, vincolo di unità, fondamento della carità, comunione d'amore con Cristo, scaturisce poi l'impegno per un vigoroso e generoso servizio ai fratelli. Fu proprio il Pontefice Leone XIII che ricordo alla Comensoli tale fondamentale legge della grazia, chiedendole di non scegliere la clausura, ma di dedicarsi alle giovani e in specie alle operaie. Sia pure - egli disse - il vostro istituto di adorazione, ma anche di vita attiva. Una vita attiva, pero, sempre ispirata al significato ed al messaggio dell'ultima Cena del Signore, per cogliere in essa lo spirito di dedizione ed imparare ad offrire se stessi insieme con Cristo. "Beate noi - scrive la beata Geltrude - se sappiamo per amore dello Sposo Crocifisso sopportare le spine dell'amor proprio, i flagelli delle parole pungenti, delle asprezze, delle cere torbide, la pesantezza del lavoro, l'osservanza della regola, l'obbedienza, l'ostilità, la pratica dell'umiltà, e pazienza" ("Gli scritti", 673).


4. Desidero ora salutare con particolare affetto tutte le persone venute dalla Spagna e dai paesi di lingua spagnola, che si sono date appuntamento a Roma, centro della cattolicità, per partecipare alla solenne cerimonia di beatificazione dei ventisei martiri di Daimiel e della religiosa Francisca-Ana Cirer di Maiorca.

Siate tutti benvenuti, Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e amati fedeli qui presenti, che celebrate con gioia questi nuovi frutti di santità della nobile nazione spagnola.

La congregazione passionista si gloria vedendo elevati agli onori degli altari questi martiri della fede, che fecero della Passione di Cristo il centro delle loro vite e il cammino che li condusse al cielo.

Il supremo sacrificio dei martiri di Daimiel ci invita oggi a interpretare la Croce di Cristo come una chiamata alla conversione e come punto di confluenza dei nostri cuori per il saper perdonare. Questi religiosi esemplari, oriundi di Palencia, Navarra, Burgos, Zaragoza e di altre località della Spagna, devono essere il seme per le vocazioni missionarie e i segni della riconciliazione con la loro testimonianza di fedeltà suprema e amore fino alla morte.

La beatificazione di Francisca-Ana Cirer costituisce un invito pressante alla carità, che sparse a piene mani a Sencelles (Maiorca). Ella volle mettere sotto la protezione della Vergine dolorosa il convento delle sorelle della carità che li avrebbe fondato. La sua dedizione senza riserve agli infermi, all'insegnamento religioso, ai più bisognosi, fa di questa nobile figlia della comunità delle Baleari, un modello di imitazione di Cristo e di amore per il prossimo.

Ci auguriamo che l'elevazione agli onori dell'altare della nuova beata sia per la Chiesa di Maiorca motivo di rinnovamento cristiano, imitando il suo esempio nell'aver saputo unire ammirevolmente la contemplazione e l'azione apostolica.

A tutti i qui presenti venuti per la beatificazione dei ventisei martiri passionisti di Daimiel e di Francisca-Ana Cirer, così come alle vostre famiglie in Spagna, imparto con affetto la benedizione apostolica.


5. Tutti questi esempi sono offerti oggi alla nostra riflessione. Rimaniamo colpiti ed attoniti di fronte a modelli tanto efficaci di coraggio, di dedizione, di servizio alla Chiesa ed alla società, di fiducia in Dio.

Di simili esempi ancor oggi il mondo ha bisogno, e tutti noi dobbiamo raccogliere il messaggio dei nuovi beati per trovare coraggio e conforto nel rinnovare gli impegni delle rispettive vocazioni e delle testimonianze, che ci sono richieste dalla professione religiosa.

Il Vangelo vuole essere proclamato si, con la forza della parola, con la potenza della fede sincera, ma anche e soprattutto con la credibilità che nasce da forti esempi di vita.

Vi esorto, quindi, ad essere degni delle persone sante che oggi ricordiamo, e vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

1989-10-02

Lunedi 2 Ottobre 1989




Firmata stamane da Giovanni Paolo II e dall'Arcivescovo di Canterbury - Città del Vaticano (Roma)

"Comune dichiarazione"


Dopo aver pregato insieme nella Basilica di san Pietro e nella chiesa di san Gregorio, da dove sant'Agostino di Canterbury fu inviato da Papa san Gregorio Magno in Inghilterra, noi, Papa Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e sua grazia Robert Runcie, Arcivescovo di Canterbury ci incontriamo ancora per pregare insieme e per dare nuovo impulso alla missione di riconciliazione del Popolo di Dio, in un mondo diviso e torturato, e per riconsiderare insieme gli ostacoli che ancora si frappongono ad una più stretta comunione tra la Chiesa cattolica e la comunione anglicana.

Il nostro comune pellegrinaggio alla chiesa di san Gregorio, storicamente legata alla missione di sant'Agostino di battezzare l'Inghilterra, ci ricorda che il compito della Chiesa altro non è che quello di evangelizzare tutte le genti, tutte le nazioni, tutte le culture. Rendiamo grazie insieme per la disponibilità e l'apertura con le quali è accolto il Vangelo, come è specialmente evidente nelle terre in via di sviluppo, dove le giovani comunità cristiane abbracciano gioiosamente la fede in Gesù Cristo, dando con vigore a costo di grandi sacrifici la loro testimonianza al Vangelo del Regno. La Parola di Dio è accolta "non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio" (1Th 2,13). Ora che ci apprestiamo a vivere gli ultimi dieci anni del secondo millennio trascorso dalla nascita di Cristo, preghiamo per una nuova evangelizzazione attraverso tutto il mondo, e più che mai nel continente di san Gregorio e di sant'Agostino dove il processo in atto di secolarizzazione della società intacca il linguaggio della fede e sfigura la natura spirituale del genere umano.

In tale prospettiva deve essere considerata l'urgente ricerca dell'unità dei cristiani. Nostro Signore Gesù Cristo, infatti, ha pregato per l'unità dei suoi discepoli "perché il mondo creda" (Jn 17,21). Inoltre la divisione dei cristiani ha di per sè contribuito alla tragedia della divisione umana così come essa appare in tutto il mondo. Noi eleviamo le nostre preghiere per la pace e per la giustizia, specie per quei luoghi dove ci si vale delle differenze religiose per acuire i conflitti tra comunità di fede.

Nel contesto di umana discordia, il difficile cammino dell'unità cristiana deve essere continuato con determinazione e vigore, qualsiasi siano gli ostacoli che sembrano sbarrare la via. Noi vogliamo in questa circostanza rinnovare solennemente il nostro impegno e quello di coloro che rappresentiamo, per il ristabilimento dell'unità visibile e della piena comunione ecclesiale, nella certezza che aspirare ad un traguardo più modesto sarebbe tradire la volontà di unità di nostro Signore per il suo popolo.

Ciò non significa sminuire le difficoltà che il nostro dialogo affronta in questo tempo. Quando nel 1982, istituimmo la seconda commissione internazionale tra la Chiesa cattolica e la comunione anglicana a Canterbury, eravamo ben consapevoli che il suo compito sarebbe stato tutt'altro che facile. Le convergenze raggiunte dal rapporto finale della prima commissione cattolico-anglicana sono state ora felicemente accettate dai Vescovi della comunione anglicana riuniti nella conferenza di Lambeth. Tale rapporto è attualmente allo studio della Chiesa cattolica nell'intento di dare una risposta. D'altra parte, la questione e la pratica dell'ammissione di donne al sacerdozio ministeriale in alcune provincie della comunione anglicana si frappongono alla nostra riconciliazione, sebbene si riscontri un progresso verso un accordo nella fede sul significato dell'Eucaristia e del ministero ordinato. Questa differenza nella fede è il riflesso di importanti differenze ecclesiologiche e noi sollecitiamo i membri della commissione mista internazionale cattolico-anglicana e tutti coloro che sono impegnati con la preghiera e con l'azione al raggiungimento dell'unità visibile, a non sminuire tali differenze. Allo stesso tempo, li sollecitiamo a non perdere la speranze e a non abbandonare l'azione in favore dell'unità. Quando fu istituito qui a Roma, nel 1966, il nostro dialogo, dai nostri venerati predecessori Papa Paolo VI e l'Arcivescovo Michael Ramsey, nessuno poteva chiaramente scorgere come le divisioni ereditate da un lungo passato avrebbero potuto essere superate e come si sarebbe potuta raggiungere l'unità nella fede. Nessun pellegrino conosce, prima di iniziare il cammino, quante tappe esso comporterà. Sant'Agostino di Canterbury parti da Roma con il suo manipolo di monaci verso una terra remota. Eppure, Papa Gregorio ebbe a scrivere subito dopo del Battesimo degli Inglesi e dei "grandi miracoli... che sembravano imitare la potenza degli Apostoli" (S. Gregorii Magni, "Epistula ad Eulogium Alexandrinum"). Pur non vedendo noi stessi una soluzione a questo ostacolo, confidiamo che grazie al nostro impegno nei confronti di questa questione, il nostro dialogo ci condurrà ad una più profonda e più vasta comprensione. Nutriamo questa fiducia perché Cristo ha promesso che lo Spirito Santo, che è Spirito di verità, rimarrà con noi per sempre (cfr Jn 14,16-17).

Incoraggiamo anche il nostro clero e i nostri fedeli a non negligere nè a sottovalutare il fatto che noi già condividiamo una certa comunione, anche se imperfetta. Questa comunione che noi già condividiamo si fonda sulla fede in Dio, nostro Padre, nel nostro Signore Gesù Cristo e nello Spirito Santo; sul nostro comune Battesimo in Cristo; sulle Sacre Scritture, sul Credo degli apostoli e di Nicea; sulla definizione di Calcedonia e sull'insegnamento dei padri; sulla nostra comune eredità cristiana durante molti secoli. Tale comunione deve essere curata con amore e custodita, a mano a mano che cerchiamo di crescere verso la più piena comunione che è volontà di Cristo. Persino negli anni della nostra separazione abbiamo potuto riconoscere in ciascuno dei doni dello Spirito. Il cammino ecumenico non tende soltanto a rimuovere gli ostacoli; esso è anche condivisione di doni.

In questo nostro incontro di oggi, portiamo nel cuore anche quelle Chiese e comunità ecclesiali con le quali intratteniamo un dialogo. Come abbiamo affermato in passato a Canterbury, il nostro intento tende al compimento della volontà di Dio per l'unità visibile di tutto il suo Popolo.

Nè la volontà di unità di Dio deve intendersi limitata esclusivamente ai cristiani. L'unità cristiana è invocata perché la Chiesa possa essere un segno più efficace del Regno di Dio che è regno d'amore e di giustizia per tutta l'umanità.

Infatti, la Chiesa è il segno e il sacramento di quella comunione in Cristo che è la volontà di Dio per tutta la sua creazione.

Questa visione sollecita alla speranza e alla paziente determinazione, non alla dispersione e al cinismo. Poiché tale speranza è un dono dello Spirito Santo, noi non saremo delusi: "A colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen" (Ep 3,20-21).

1989-10-02

Lunedi 2 Ottobre 1989




Le credenziali del nuovo ambasciatore degli Stati Uniti d'America - Città del Vaticano (Roma)

Gli sforzi per la pace nel Libano devono condurre alla formazione di una nazione libera e sovrana


Signor ambasciatore.

E' davvero un piacere riceverla in Vaticano e accogliere le lettere che la accreditano come ambasciatore degli Stati Uniti d'America presso la Santa Sede.

E' mia fervida speranza che la sua missione possa contribuire al rafforzamento delle buone relazioni esistenti tra gli Stati Uniti e la Santa Sede e che possa continuare il fecondo dialogo cominciato con i suoi due predecessori. La prego di trasmettere il mio cordiale saluto al Presidente Bush, con l'assicurazione delle mie preghiere per lui e tutti i suoi connazionali. Nell'indirizzo di saluto, lei ha ricordato la crescente convinzione, all'interno della comunità internazionale, del fatto che la libertà religiosa deve essere riconosciuta e salvaguardata come uno dei diritti fondamentali dell'uomo.

La Santa Sede ha sempre affermato che la persona ha un'inalienabile diritto di ricercare la verità, rendere culto a Dio e agire in accordo con i dettami della coscienza (cfr DH 2). Questo diritto alla libertà religiosa deve essere salvaguardato dalle leggi che governano le nazioni. Quando la libertà religiosa viene negata o calpestata, la stessa dignità dell'uomo viene violata e un autentico progresso verso un ordine sociale caratterizzato dalla giustizia e dalla pace viene seriamente compromesso.

Nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", ho affermato che la violazione dei diritti fondamentali dell'uomo costituisce una sorta di impoverimento altrettanto grave di qualsiasi povertà materiale (15). A questo proposito, ho spesso sottolineato la necessità di forme di governo democratiche e partecipative per la crescita di una vita politica ordinata. Davvero, "la "salute" di una comunità politica - in quanto si esprime mediante la libera partecipazione e responsabilità di tutti i cittadini alla cosa pubblica, la sicurezza del diritto, il rispetto e la promozione dei diritti umani - è condizione necessaria e garanzia sicura di sviluppo di "tutto l'uomo e di tutti gli uomini"" (SRS 44). Solo dove la libertà dell'uomo viene protetta può svilupparsi un ordine sociale capace di rispondere ai bisogni e alle aspirazioni degli uomini e delle donne di oggi.

Due anni fa, nel corso della mia seconda visita pastorale negli Stati Uniti, ho avuto la possibilità di ricordare che fin dalle origini della storia dell'America la libertà è stato il principio alla base della formazione di una società ben ordinata. La costituzione degli Stati Uniti testimonia eloquentemente della convinzione vostra che la libertà degli individui è indispensabile per il raggiungimento del bene comune. Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno da tempo fatto esperienza del fatto che una libertà disciplinata e generosa è la strada verso la pace, verso un giusto ordine sociale e la conquista del bene della Nazione.

Durante la mia visita pastorale ricordo di aver parlato della libertà al servizio ecumenico di preghiera tenutosi a Columbia, nella Carolina del Sud. In quell'occasione, ho espresso la convinzione che non ci può essere una libertà autentica senza una responsabilità morale. La conquista della libertà non si ottiene con l'abbandono delle norme oggettive di comportamento o con il rifiuto di assumersi responsabilità personali. La libertà autentica implica il riconoscimento della nostra responsabilità per il bene non operato e per il male commesso. La forza o la debolezza degli individui e dell'intera società dipende dalla chiarezza con cui accettano questo imperativo morale ("Allocutio, in urbe "Columbia", ad sodales aliarum communionum christianarum", die 11 sept. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 400ss).

Nei mesi recenti alcuni drammatici eventi hanno attirato l'attenzione mondiale sul desiderio di interi popoli di sperimentare il bene della libertà e dell'auto-determinazione. Tuttavia, come ha dimostrato la storia del suo Paese, questi beni sono spesso ottenuti con grande sacrificio e non possono essere dati per scontati da una generazione all'altra. In ogni èra sorgono nuove sfide che devono essere affrontate con fiducia e risoluzione. La grave minaccia alla libertà umana arrecata dal traffico illegale di droga non è che un esempio. La maledizione della droga che incombe sopra intere nazioni è sicuramente una delle più gravi minacce alla libertà del nostro tempo.

La ringrazio, signor ambasciatore, per aver parlato del Libano. La situazione attuale del Paese è di grande preoccupazione per la Santa Sede, come ho ripetutamente manifestato con appelli e pubbliche preghiere per la cessazione delle violenze e l'inizio di una nuova èra di pace e progresso in quella terra martoriata. La Sede Apostolica spera che iniziative presenti e future per assicurare la normalizzazione della vita nel Libano aiuteranno a rafforzare l'unità del suo popolo come Nazione libera e sovrana.

Lei ha anche accennato al lavoro svolto dalla Santa Sede per la promozione della pace e di un giusto ordine sociale in Africa. Ho notato con particolare piacere l'aiuto dato a molti paesi africani in via di sviluppo che occupano il loro posto all'interno della comunità delle nazioni. Nell'invitare a uno spirito di solidarietà nei loro confronti, sono ben consapevole delle grandi risorse umane che possono offrire al mondo. La sua personale conoscenza ed esperienza di quel continente confermerà di certo questo giudizio. Ho fiducia che gli Stati Uniti continueranno nel loro generoso sostegno a queste nazioni che cercano uno sviluppo coerente con le loro più alte aspirazioni.

Signor ambasciatore, c'è motivo di gratitudine nel guardare i segni di speranza presenti nell'attuale situazione mondiale. Tuttavia molti di questi segni di speranza sono fragili ed hanno bisogno di sostegno saggio ed attento. La presenza della Santa Sede nella comunità internazionale cerca di promuovere una più profonda riflessione sulle verità spirituali basilari e sui valori connessi con la vita umana. Come nazione che ha nel mondo una grande influenza, prego che l'America sia sempre sensibile a questa dimensione spirituale di ogni attività umana.

Nell'assicurarle la collaborazione dei diversi dicasteri della Santa Sede nel compimento della sua nuova missione, esprimo una volta ancora la mia profonda stima per il popolo degli Stati Uniti d'America. Dio benedica lei e il suo importante lavoro.

1989-10-03

Martedi 3 Ottobre 1989




Una voce di speranza per un popolo abbandonato - Città del Vaticano (Roma)

La preghiera introduttiva


Fratelli e sorelle.

Oggi la Chiesa e l'umanità intera fanno memoria di Francesco d'Assisi, santo disarmato e pacifico, che continua ad invitare tutti gli uomini a farsi strumenti di pace, perché dove c'è l'odio portino l'amore.

Oggi tutte le Chiese particolari che sono in Italia, con quanti hanno accettato di unirsi a noi, sono in preghiera per implorare dal Padre celeste la pace e la salvezza per il Libano, tormentato da quattordici lunghi anni di guerra.

Alla nostra supplica si unisce sua beatitudine monsignor Nasrallah Pietro Sfeir, Patriarca di Antiochia dei maroniti, che, con la sua presenza, rende ancora più reale e visibile la nostra comunione di preghiera e di speranza con il popolo di quella terra.

Memori che tutti portiamo il peso delle nostre responsabilità di fronte alle sofferenze dei fratelli, riconosciamo umilmente i nostri peccati, origine prima di tutti i mali che affliggono il mondo.

Dio misericordioso, nostro creatore, nostra guida, ma anche nostro giudice, ci ascolti e ci perdoni.

1989-10-04

Mercoledi 4 Ottobre 1989





Il messaggio per la XXVII Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni - Città del Vaticano (Roma)

"Giovani, aprite il vostro cuore a Cristo, andategli incontro, dissetatevi alle sue sorgenti"


Venerati fratelli nell'episcopato, carissimi fedeli di tutto il mondo!


1. Avvicinandosi l'annuale Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, che la Chiesa universale celebrerà, come di consueto, nella IV domenica di Pasqua, mi piace riandare con voi a quella confortante promessa di Gesù: "Se due di voi sopra la terra si metteranno d'accordo per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà, perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,19-20).

Il prossimo 6 maggio tutta la Chiesa si troverà riunita nel nome del Signore per implorare dal "Padrone della messe" il dono delle vocazioni di speciale consacrazione; sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici, comunità parrocchiali, gruppi, associazioni, movimenti, eleveranno insieme suppliche al Padre celeste perché arricchisca la sua Chiesa di nuove vocazioni.

Confido che questa corale implorazione sarà largamente esaudita. Non posso, pero, non ricordare che alla preghiera deve accompagnarsi l'impegno personale e comunitario a farsi promotori di vocazioni. Non va, infatti, dimenticato che ordinariamente la chiamata del Signore è mediata dall'esempio e dall'azione degli uomini, specie di quanti nella Chiesa vivono già la gioiosa esperienza della sequela del Cristo.

Proprio in ragione di questo impegno e anche in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi, che avrà per tema "La formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali", desidero richiamare l'attenzione di tutto il popolo di Dio, e in particolar modo di quanti in esso hanno responsabilità educative e formative, sull'importanza che assume nella nascita e nella crescita delle vocazioni la cura della vita spirituale.

Non può esserci, infatti, maturazione vocazionale di alcun genere se non all'interno di un cammino spirituale deciso e vigoroso, perché solo una vita spirituale autentica costituisce il "terreno buono" (Mt 13,23) che consente al "seme" della vocazione di essere accolto e di crescere fino alla sua piena espansione.


2. La vocazionefondamentale dell'uomo consiste nel conseguire la piena comunione con Dio. Egli, infatti, è creato ad "immagine e somiglianza di Dio" (Gn 1,26-27 Gn 9,6 Sg 2,23 Si 17,3 1Co 11,7) ed è chiamato, in Cristo, a realizzare progressivamente un rapporto di intima unione e di amore filiale con il suo Creatore.

Per attuare tale vocazione, l'uomo è reso partecipe della vita divina, che, grazie anche al suo personale impegno, cresce in lui operando quel processo di santificazione che lo rende "creatura nuova" (2Co 5,17 Ga 6,15), sempre più capace di accogliere e conoscere i segreti di Dio (cfr 1Co 2,9-14 1Co 6,17 Rm 8,14-16 Ga 4,6) e di aderire pienamente al suo progetto di amore.

Il luogo, dove questa vita sboccia e via via, sotto l'impulso dello Spirito Santo, cresce e matura, è la Chiesa, di cui il cristiano diventa membro per il battesimo.


3. Le vocazioni di speciale consacrazione sono una esplicitazione della vocazione battesimale: esse si alimentano, crescono e si irrobustiscono mediante la seria e costante cura della vita divina ricevuta nel battesimo e, usufruendo di tutti quei mezzi che favoriscono il pieno sviluppo della vita interiore, conducono a scelte di vita completamente dedite alla gloria di Dio e al servizio dei fratelli. Essi sono: - l'ascolto della Parola di Dio, la quale illumina anche circa le scelte da compiere per una sequela di Cristo sempre più radicale; - la partecipazione attiva ai sacramenti, soprattutto a quello dell'Eucaristia, che è centro insostituibile della vita spirituale, sorgente e alimento di tutte le vocazioni; - il sacramento della Penitenza, che, favorendo la continua conversione del cuore, purifica il cammino di adesione personale al progetto di Dio e rafforza il legame di unione con Cristo; - la preghiera personale, che consente di vivere costantemente alla presenza di Dio, e la preghiera liturgica, che inserisce ogni battezzato nell'orazione pubblica della Chiesa; - la direzione spirituale, come mezzo efficace per discernere la volontà di Dio, il cui compimento è fonte di maturazione spirituale; - l'amore filiale alla Vergine santa, che viene ad inserirsi come un aspetto particolarmente significativo per la crescita spirituale e vocazionale di ogni cristiano; - infine, l'impegno ascetico, giacché le scelte vocazionali esigono spesso rinunce e sacrifici che solo una sana ed equilibrata pedagogia ascetica può favorire.


4. Invito, pertanto, gli educatori cristiani - genitori, insegnanti, catechisti, animatori di gruppi ecclesiali, guide di associazioni e movimenti - a porre ogni cura perché i ragazzi e i giovani vengano costantemente e premurosamente aiutati a sviluppare il seme della vita divina che hanno ricevuto in dono col battesimo. In ogni progetto educativo la vita spirituale abbia sempre il primo posto; siano indicati e spiegati i mezzi che ne favoriscono il pieno sviluppo.

Esorto, inoltre, i responsabili delle comunità cristiane, in primo luogo i pastori, a pascere il gregge di Dio nutrendolo alle sorgenti genuine della vita della grazia.

In modo del tutto particolare mi rivolgo ai responsabili della formazione delle vocazioni di speciale consacrazione - rettori di seminari, padri spirituali, insegnanti e quanti condividono questo delicato compito - chiedendo loro di porre ogni cura perché la vita spirituale dei chiamati abbia un posto privilegiato nella formazione.


5. Infine voglio rivolgermi personalmente a voi, cari ragazzi e ragazze, adolescenti e giovani.

Aprite il vostro cuore a Cristo, andategli incontro, dissetatevi alle sue sorgenti. Egli vi offre un'acqua che appaga la vostra sete di verità, di gioia, di felicità, di amore; un'acqua che sazia la vostra sete d'infinito e di eternità, poiché l'acqua che egli vi dà diventa in voi "sorgente che zampilla per la vita eterna" (Jn 4,14).

Ascoltate Cristo: egli apre i vostri cuori alla speranza. Seguite Cristo: egli è "la luce del mondo" e "chi segue lui non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12).

Riscoprite la bellezza della vocazione cristiana e confermate i vostri impegni battesimali; rinnovate il proposito di camminare in "novità di vita" (Rm 6,4), rimanendo uniti a Cristo come i tralci alla vite (cfr Jn 15), per portare molto frutto. Rendetevi personalmente sensibili ai bisogni della Chiesa, docili agli impulsi della grazia divina, generosi e solleciti nel rispondere all'eventuale chiamata del Signore che vi invita a seguirlo piu da vicino in una vita di totale consacrazione all'amore di Dio e al servizio del prossimo.


6. Ed ora preghiamo insieme: O Spirito di verità, che sei venuto a noi nella Pentecoste per formarci alla scuola del Verbo divino, adempi in noi la missione per la quale il Figlio ti ha mandato.

Riempi di te ogni cuore e suscita in tanti giovani l'anelito a ciò che è autenticamente grande e bello nella vita, il desiderio della perfezione evangelica, la passione per la salvezza delle anime.

Sostieni gli "operai della messe" e dona spirituale fecondità ai loro sforzi nel cammino del bene.

Rendi i nostri cuori completamente liberi e puri, e aiutaci a vivere con pienezza la sequela di Cristo, per gustare come tuo dono ultimo la gioia che non avrà mai fine. Amen! Con tali voti imparto di cuore la benedizione apostolica a voi, venerati fratelli nell'episcopato, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici, in particolare ai giovani e alle giovani, che con generosità accolgono la voce di Gesù, che li invita alla sua sequela.

Dal Vaticano, 4 Ottobre 1989, undecimo di Pontificato.

1989-10-04

Mercoledi 4 Ottobre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus al termine della beatificazione - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)