GPII 1989 Insegnamenti - La consegna lasciata ai giovani - Rose Hill (Mauritius)


1. Grazie per la vostra accoglienza. Grazie al vostro Vescovo, Cardinale Margéot.

Grazie a tutti coloro che hanno preparato il nostro incontro con tanta dedizione: l'ho visto nel documento che mi avete inviato.

Prima di rispondere alla vostra prima domanda, lasciate che vi spieghi brevemente qual è la mia missione, poiché avete espresso il desiderio di saperlo.

Quando Cristo proclama la lieta Novella, egli afferma che il Regno di Dio è qui. Infatti, questo Regno appare in un popolo che si chiama la Chiesa.

Il Signore ha affidato la Chiesa ad un gruppo stabile: gli apostoli ed ha posto alla loro testa uno di loro: Pietro. E Gesù ha affidato a Pietro la missione di essere una pietra per la Chiesa. Gli ha promesso la sua preghiera affinché la sua fede non venga mai meno.

Gli apostoli hanno come successori oggi i Vescovi e il compito del Papa nella Chiesa è modellato su quello di Pietro nel gruppo degli apostoli. Come Pietro, il Papa è chiamato ad essere una pietra, a confermare i suoi fratelli nella fede, nonostante la debolezza personale. E' per questo che il Papa rende visita ai suoi fratelli in tutto il mondo.

Volete anche sapere cosa alberga nel mio cuore? Essenzialmente due cose: l'amore per Cristo e l'amore per il prossimo.

Ma allo stesso tempo un grande senso di responsabilità ed una profonda umiltà riguardo al mio compito.

Prima di affidare la sua Chiesa a Pietro, Gesù gli pose per tre volte la stessa domanda, come per mettere alla prova le sue capacità di Pastore: "Mi ami?", e Pietro rispose: "Signore, tu sai tutto: tu sai che ti amo" (cfr Jn 21,15-17).

Allora Gesù gli rispose: "Pasci le mie pecorelle". Come Pietro, è innanzitutto Cristo che io desidero amare.

Poi, l'uomo. In che senso? Perché? Perché niente potrebbe uguagliare l'uomo per dignità, perché "l'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo... deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo" (RH 10). Ecco il secondo amore che Cristo si attende. Ecco, al tempo stesso, la mia missione e quella di tutta la Chiesa: fare di tutto perché gli uomini possano avvicinarsi a Cristo.


2. E adesso, vengo alla vostra prima domanda: "Come costruire la vera unità in un'isola multirazziale come Mauritius?".

Vi diro, come Gesù, che è importante avere "un occhio chiaro". "La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce" (Mt 6,22).

Nell'ambito dell'unità del genere umano, avere "un occhio chiaro", vuol dire essere ben convinto dell'uguale dignità di ogni razza. "Per chi crede in Dio - diceva il mio predecessore Paolo VI - tutti gli esseri umani, anche i meno fortunati, sono figli del Padre universale che li ha creati a sua immagine e guida i loro destini con amore previdente.

Paternità di Dio vuol dire fratellanza tra gli uomini: è un punto fermo dell'universalismo cristiano, un punto comune anche ad altre grandi religioni ed un assioma della più elevata saggezza umana di ogni tempo, quella che coltiva la dignità dell'uomo" (Pauli VI, "Allocutio ad Nationum apud Sedem Apostolicam Legatos, ineunte anno 1978", II, die 14 ian. 1978: Insegnamenti di Paolo VI, XVI [1978] 30s).

Il pregiudizio razzista, blasfemo contro il Creatore, non può essere combattuto se non alla radice: il cuore dell'uomo. Come dice Gesù: "Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive" (Mc 7,21).

Coltivare pensieri razzisti va contro il messaggio di Cristo, poiché il prossimo che Gesù mi chiede d'amare non è soltanto l'appartenente al mio gruppo, al mio ambiente, alla mia religione o alla mia nazione: il prossimo è ogni uomo che si trovi sulla mia strada.

Si tratta, quindi, di purificare la nostra visione degli altri. E' un'impresa che dura per tutta la vita: è un aspetto della conversione del cuore, è il prezzo da pagare per eliminare progressivamente il campanilismo.


3. Giovani mauriziani, di razze e culture diverse, vi state sempre più accostando al mondo del lavoro: se preparerete una società ancora più tollerante, realizzerete il disegno di Dio sulla famiglia umana. Contribuirete ad eliminare per il futuro le incomprensioni e le sofferenze che troppo spesso accompagnano i matrimoni misti. Incoraggiate una sana apertura ed eviterete l'insostenibile prova dell'emarginazione per alcuni di voi.

In breve, cari amici, con l'aiuto dei vostri pastori e delle vostre guide religiose, sviluppate in voi una profonda spiritualità per costruire sulla roccia. La Chiesa non smette di esortare alla conciliazione e all'unità. Ascoltate questa chiamata che giunge da Cristo, accettate di cambiare la vostra mentalità, siate veramente fraterni. Ecco il prezzo da pagare perché il vostro sogno diventi realtà, perché i cambiamenti strutturali non restino lettera morta. Ogni giorno, imparate a perdonare, imparate ad amare! II - Il difficile dialogo tra genitori e figli


4. In fondo, la vostra domanda è positiva. Testimonia l'importanza da voi riconosciuta alla comunicazione con gli adulti.

Senza i nostri genitori, senza i nostri antenati, non saremmo nulla. E' al loro amore, alla loro dedizione e al loro lavoro che noi dobbiamo la vita che è il primo dei doni. Noi dobbiamo ad essi anche la nostra patria. Per voi, è l'isola Mauritius; e so che amate la vostra isola e che siete fieri di essere Mauriziani.

Ed avete ragione.

Raggiungendo l'età adulta, il giovane acquista una certa autonomia rispetto alla sua famiglia; si producono degli urti e dei conflitti: è naturale.

Il raggiungimento dell'autonomia passa attraverso crisi di crescita, che hanno come effetto di situare genitori e figli nella giusta posizione e di incoraggiarli a riconoscersi mutuamente. Ciascuno ha le sue responsabilità.


5. E' proprio dei genitori creare l'atmosfera familiare che favorisca lo sviluppo armonioso della vita affettiva e della personalità dei figli. Essi donano loro l'amore di cui hanno bisogno; consacrano loro il tempo dell'ascolto; mostrano loro di comprendere la loro ricerca della felicità. I genitori cattolici non desiderano imporre ai loro figli quello che essi hanno vissuto, ma desiderano favorire l'incontro della generazione emergente con Cristo.

Nelle circostanze che in questo momento cambiano così rapidamente, il dialogo tra genitori e figli diviene vieppiù difficile. So che nell'isola di Mauritius alcuni movimenti organizzano degli incontri specialmente concepiti per consentire ai giovani di scoprire le loro personali responsabilità, di incontrare nella verità i loro genitori, di prendere parte attivamente alla vita familiare e non trascorrere tutto il tempo al di fuori di essa. Vi esorto a trovare il tempo necessario per formarvi al dialogo; questo vi sarà utile nella vita, anche al di là della cerchia familiare.

Oggi, in particolare nelle società caratterizzate dalla modernità, siamo molto più coscienti del fatto che alcune situazioni esasperano i rapporti tra genitori e figli, specialmente le condizioni dell'ambiente in cui si vive, di lavoro e di disoccupazione, di salute fisica, mentale o morale. Bisogna pertanto lavorare alla umanizzazione delle condizioni di vita di tutte le famiglie. In realtà, il dialogo tra genitori e figli è un problema di tutti i membri della società. Questo dialogo non è fine a se stesso, ma è il mezzo più naturale offerto ad un adolescente per conquistare la sua libertà, sulla linea tracciata dai suoi genitori.


6. Quello che auguro a tutti i giovani di Mauritius, è che imparino a diventare liberi e responsabili. Bisogna che possano conoscere il vero cammino della felicità per fare le loro scelte in piena consapevolezza. Per raggiungere questo fine, non potete fare a meno del dialogo con i genitori, poiché i vostri genitori hanno acquisito un'esperienza ed una saggezza di cui sarebbe sbagliato non beneficiare.

Concludero con l'equilibrata esortazione di san Paolo: "Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto... E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore" (Ep 6,1-4).

III - Amore e responsabilità


7. All'inizio del nostro incontro vi dicevo, seguendo Gesù, quanto sia importante avere "un occhio chiaro". E' forse su questa bruciante domanda dell'amore che è più necessario vedere chiaramente.

Attenzione, cari amici, a non confondere amore e sessualità. Nella vita di un uomo e di una donna vi può essere molto amore al di là dei rapporti sessuali, come vi possono essere anche dei rapporti sessuali senza amore.

L'amore è un dinamismo interiore che spinge a donarsi e trascina verso una comunione degli esseri. E' in questo modo che il Figlio di Dio ci ha amati al punto di farsi uomo, di condividere la nostra condizione, di donare la sua vita per noi e di proseguire la sua presenza e il dono di sè nell'Eucaristia: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Molti hanno amato alla maniera di Gesù, donando la vita per i loro amici. Certi lo hanno fatto scegliendo di rinunciare al matrimonio, come i sacerdoti, i religiosi, le persone consacrate... A Mauritius, il Signore chiama alcuni fra voi ad amare in questo modo.

Sappiate tutti, cari amici, custodire "un occhio chiaro", una coscienza vigile e responsabile. Non lasciatevi sviare da immagini dell'amore che sono false: alcune video-cassette che si stanno diffondendo, presentano i rapporti dell'uomo e della donna contraffacendo l'amore. La prostituzione che imperversa anche nel vostro Paese è tipica della divaricazione instaurata fra relazioni sessuali e amore.


8. Per la maggioranza, è nel matrimonio che l'amore si effonde veramente. Per rendere felici, non vi è nulla di più bella che l'unione fedele di tutta la vita.

Dio non vuole queste contraffazioni dell'amore che non si dovrebbe osar presentare come normali nell'esistenza. Egli desidera che l'uomo e la donna formino una coppia stabile, legata da un amore ad immagine dell'amore che è la vita stessa di Dio: le tre Persone che formano la "Famiglia" trinitaria sono incessantemente volte l'una verso l'altra in una totale donazione reciproca ed in una perfetta unità. Il sacramento del Matrimonio dona ai coniugi la grazia necessaria per vivere il loro reciproco dono in una alleanza che nessun tribunale umano può dissolvere.

Il matrimonio dà tutta la sua dimensione all'amore umano, offrendo alla comunione dell'uomo e della donna il dono della vita dei bambini, prolungato dagli anni dell'educazione, nella stabilità e nella sicurezza.


9. Vi esorto, cari giovani, a comprendere la serietà delle vostre responsabilità nell'amore. Se non le assumete, rischiate il lassismo generalizzato. Preparate il vostro avvenire, preparatevi a riuscire nel vostro amore! In una società in cui gli slogans pubblicitari ripetono incessantemente le parole "istantaneo", "immediatamente" ed in cui si vuol avere "tutto, subito", rendetevi conto che ci vuole del tempo per costruire il rapporto interpersonale tra marito e moglie, e che la prova dell'amore è l'impegno durevole. Il modello è Dio, fedele malgrado le nostre infedeltà, che giunge a dire persino, attraverso il profeta Isaia: "Si dimentica forse una donna del suo bambino?... Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimentichero mai" (Is 49,15). La fedelta è una componente dell'amore ed innanzitutto dell'amore coniugale: san Paolo lo ha paragonato all'indefettibile amore di Gesù Cristo per la sua Chiesa.

Permettetemi di concludere questo capitolo riprendendo i concetti del Cardinale Margéot nella sua ultima lettera pastorale sulla famiglia: "Poiché è nella famiglia che ciascuno di noi si forgia nella personalità e trova gli impulsi per il suo accrescimento umano..., è verso la famiglia che dobbiamo volgerci prioritariamente se vogliamo che l'Isola Mauritius conosca uno sviluppo equilibrato" ("Fonder sa famille sur la roc", 16 janvier 1989).

IV - La vera ricchezza è l'uomo 10. Come dare un senso alla vita in un mondo materialista? Come lottare per la dignità dell'uomo nel lavoro? Capisco perfettamente la vostra inquietudine. Come in molti paesi, il materialismo segna la vita di tutti i giorni, seduce. Ma voi sentite che se l'isola di Mauritius non si difendesse, potrebbe certamente venir meno alla sua missione di crocevia culturale in cui l'incontro di culture diverse dona una visione autenticamente spirituale della vita.

Certo, lo sviluppo economico, industriale e turistico ha salvato l'isola di Mauritius dalla crisi e la condizione di molte persone è migliorata, in particolare grazie a nuove risorse. Di tutti questi progressi mi rallegro con voi.

Peraltro, constatate di già con la vostra personale esperienza che la mera accumulazione di beni non è sufficiente a realizzare la felicità umana.

Quando l'uomo non sa gestire la massa di risorse poste a sua disposizione, mantenendo intenti moralmente retti, l'abbondanza, anche relativa, si volge facilmente contro di lui. Diventa schiavo del godimento dei beni materiali; il suo orizzonte si limita alla moltiplicazione degli oggetti continuamente sostituiti da altri più perfezionati. E' il regno della civiltà del "consumo" in cui anche voi siete entrati.

11. Come reagire? La Chiesa ha qualcosa da dire nei campi in cui gli uomini e le donne svolgono le loro attività. Essa possiede ciò che si chiama una "dottrina sociale" e cioè una dottrina sull'uomo, sul suo primato, sui suoi diritti e i suoi doveri, sul suo legame con l'economia della nazione, sul servizio che l'economia nazionale deve rendere all'uomo e alla sua famiglia.

La Chiesa afferma con vigore, in particolare, il primato dell'uomo sulle cose: l'uomo è il "padrone" delle creature. E' in funzione della sua dignità di creatura ad immagine di Dio e salvata da Gesù Cristo, che la Chiesa esorta a trattare alcuni problemi come l'impiego, la disoccupazione, il lavoro professionale delle donne.

Vi incoraggio vivamente a studiare questa dottrina sociale nei diversi gruppi cui appartenete. Essa vi guiderà nei vostri impegni per la giustizia, la solidarietà fra i lavoratori, il dialogo tra datori di lavoro e dipendenti.

Non perdete di vista il fatto che le vostre responsabilità religiose sono le più decisive: esse danno alla vostra persona, alla vostra vita, al vostro lavoro, il loro valore e significato più elevati.

Infine, mi piacerebbe invitarvi a scegliere e sviluppare, alla luce del Vangelo, il meglio del vostro patrimonio etnico, rigettando ciò che vi è di ambiguo per il vostro equilibrio nella modernità che vi invade. Cercate lo sviluppo completo della persona umana, aderite in primo luogo ai valori d'intelligenza, di forza morale, di fratellanza, di solidarietà e di compassione.

Per questo, Cristo è il nostro modello. A coloro che desiderano camminare alla sua sequela, egli propone una strada: quella delle beatitudini. La prima di esse si oppone direttamente all'ambiente materialista: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). La vera ricchezza è l'uomo e non quel che egli possiede. Quello che conta non è "avere" ma "essere". "Avere" degli oggetti e dei beni non rende felici se non aiuta ad "essere" degni della propria vocazione di uomini ad immagine di Dio.

V - Per essere operai bisogna formarsi 12. Vi è nel Vangelo una parabola in cui si vede il proprietario di un terreno chiamare degli operai alla sua vigna a diverse ore della giornata: alcuni giungono per lavorare al levarsi del sole, altri verso le nove, altri a mezzogiorno, altri ancora verso le tre e gli ultimi giungono intorno alle cinque (cfr. Mt 20,1-16).

Si può vedere nella vigna un'immagine della Chiesa e negli operai che arrivano alle diverse ore i battezzati chiamati in tutte le età della vita.

Questo per dirvi subito che i giovani hanno il loro posto nella Chiesa, o piuttosto, il loro "lavoro", così come i fanciulli, gli adulti e le persone anziane. La Chiesa è anche una società "arcobaleno". Tutti sono chiamati a lavorare allo stesso fine: l'avvento del Regno, seguendo il vigore e la sensibilità della propria età, in una comunione di amore fraterno.

13. Per essere dei buoni operai, bisogna formarsi. La mia prima raccomandazione è quindi la seguente: cercate il tempo e i mezzi per conoscere la vostra fede, per acquisire questo "occhio chiaro" che vi consentirà di fare il vostro viaggio in piena luce nella vita. Interrogate i vostri genitori, i vostri educatori e i vostri pastori. Apritevi al messaggio che essi vi trasmettono.

Il Vangelo è una grande forza spirituale: bisogna che lo accogliate, lo viviate e che lo irradiate. E' un lievito: mischiato a molta pasta, finisce per farla lievitare tutta. Gesù paragona il Regno di Dio anche ad un uomo che scopre un tesoro nascosto, ad un commerciante di perle preziose. Il tesoro e la perla sono ricercate e considerate al di sopra di tutto. Ci si attacca ad esse come a un assoluto, pronti a sacrificare tutto il resto. Essi divengono lo scopo e la motivazione della vita.

Il tesoro nascosto è Cristo, scoperto per mezzo della fede. E' la sua Persona misteriosa, ma presente e viva a cui ci si affeziona in diversi modi come ad un amico. E' il suo Spirito. E' il suo messaggio. E' la sua legge. Sono i valori del Regno.

Questo tesoro ha mobilitato molti giovani. Lo fa ancora oggi, come attesta il recente raduno di Santiago de Compostela. Nella vostra ricerca di Cristo, nel vostro personale annuncio della lieta Novella, siete i fratelli di una folla di giovani sparsa per il mondo.

14. La Chiesa, voi dite, parla un linguaggio che voi non capite. Indubbiamente, i pastori devono sempre fare degli sforzi per rendere accessibile il messaggio di Cristo. Ma bisogna anche ascoltare con il proprio cuore. Ricevere la Parola come un tesoro affidatovi dal migliore degli amici. Durante la celebrazione eucaristica, la Parola di Dio giunge con tutta la sua forza, grazie ai riti, ai gesti e ai canti ed è resa ancora più esplicita dalle parole del sacerdote. Vi esorto a partecipare attivamente alle celebrazioni parrocchiali. E' in questo modo che voi troverete il vostro posto di giovani. Introdurrete li in maniera naturale il vostro linguaggio e le vostre preoccupazioni.

La parola "dialogo" è tornata spesso nel corso di questo incontro e, a proposito del dialogo genitori-figli, avete espresso il desiderio che i vostri genitori, a volte sotto pressione per colpa del lavoro, riescano a dedicarvi del tempo. Non è forse Dio in diritto di desiderare, anch'egli, che voi passiate più tempo con lui attraverso questo dialogo che si chiama la preghiera? Anche voi, date a Dio la gioia della vostra presenza e del vostro ascolto attento: "E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione" (Ep 4,30). Guardate Cristo, che è via, verità e vita, e che è la gioventù dell'umanità! E' lui che diventerà per voi sorgente di creatività nella comunità e ovunque.

Formati nella fede e nella preghiera, possiate diventare voi stessi gli apostoli della gioventù, poiché anche voi dovete portare la lieta Novella ai vostri fratelli! Gesù ha posto il suo sguardo su di voi. Egli vi ama! Anche il Papa vi ama e vi dà fiducia!

1989-10-15

Domenica 15 Ottobre 1989




L'incontro con sacerdoti, i religiosi, le religiose e i rappresentanti del laicato - Sainte-Croix (Mauritius)

Lasciatevi permeare dalla santità di Dio


Cari fratelli e sorelle.


1. "Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion" (Is 52,8).

Nel compiere questo pellegrinaggio alla tomba del beato Jacques Laval, è con gioia che vi incontro nella preghiera e nell'azione di ringraziamento voi, sacerdoti, religiosi, religiose, persone consacrate, laici impegnati della Chiesa di Mauritius.

Il padre Laval è stato qui un messaggero meraviglioso della buona Novella, una di quelle sentinelle che vedono il Signore consolare il suo popolo (cfr Is 52,7-9). E voi tutti, per i diversi incarichi che rivestite al servizio della comunità, proseguite l'apostolato del venerato missionario, eredi di ciò che egli ha fatto germogliare, e nuovi seminatori per le generazioni attuali. L'opera ecclesiale continua e si rinnova, a immagine della chiesa in cui siamo riuniti, che voi avete senza sosta ricostruito quando i cicloni l'avevano distrutta.


2. Il messaggero che il profeta Isaia vede accorrere "dice a Sion: Regna il tuo Dio!" (Is 52,7). Si, il Signore ci ha promesso la sua presenza che santifica il Popolo di Dio che è a Mauritius. Osiamo dirlo: fedeli laici, religiosi o sacerdoti, l'aspetto fondamentale della vostra vocazione, già dal vostro Battesimo, è l'appello a lasciarvi permeare dalla santità di Dio, da questo dono gratuito, ben più grande di tutto ciò che noi possiamo realizzare o meritare per noi stessi.

L'esigenza è grande, poiché si tratta di vivere e di agire conformandoci allo Spirito Santo che ci è dato; ma l'appello è profondamente felice perché, nella nostra debolezza, la grazia sovrabbonda! E' Dio che santifica la sua Chiesa.

E' il Figlio che fa dei suoi fratelli i membri del suo Corpo. E' nell'assemblea eucaristica che noi siamo uniti grazie al suo amore supremo.

Rispondiamo dunque con fiducia alla nostra vocazione alla santità: "Il Signore ha consolato il suo popolo; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio" (cfr Is 52,9-10). Possiamo noi essere gli interlocutori fedeli della grazia che abbiamo ricevuto, solidali con la Chiesa diffusa in tutto il mondo, nell'unità fraterna di ciascuna delle nostre comunità, nell'amore che nutriamo verso ogni essere umano!


3. Della vocazione alla santità, padre Laval ci mostra il cammino, con la sua umiltà, come anche con l'energia perseverante del suo agire. Che egli vi ispiri, gli uni e gli altri, nei ruoli complementari che sono vostri per adempiere alla missione della Chiesa! Sentendomi fraternamente molto vicino al vostro Vescovo, il Cardinale Margéot che ha appena detto chi siete e come vivete, vi incoraggio e vi esprimo la gratitudine di tutta la Chiesa per la vostra dedizione.

Penso a voi, sacerdoti diocesani e religiosi, ai seminaristi che si preparano a raggiungervi. Siate nella gioia perché vi è dato di essere pastori al seguito del Buon Pastore, in unione con il vostro Vescovo. Proseguite con coraggio l'opera dei pionieri, come monsignor Collier o l'abate Masuy. Animatori di parrocchie e di comunità, in collaborazione con i religiosi e i laici, attingete nella preghiera la forza per diffondere sempre meglio la Parola, per guidare i fedeli, per celebrare con fervore i misteri, per confortare coloro che sono stati feriti dalla vita, per essere voi stessi i primi fautori della evangelizzazione.

Siate a vostra volta i suscitatori di nuove vocazioni! Ai religiosi, alle religiose e ai membri degli istituti secolari, vorrei dire quanto la loro generosa adesione all'appello del Signore abbia importanza.

Con il Cardinale Margéot, saluto la memoria della fondatrice, che fu madre Marie-Augustine, figlia di questa terra. Voi siete, per la testimonianza della vostra povertà, della vostra castità, della vostra obbedienza e della vostra preghiera, dei segni eloquenti; la vostra semplice disponibilità, il vostro operare competente e disinteressato nei vari campi, attestano agli occhi dei vostri fratelli che l'amore di Dio e l'amore per il prossimo sono una sola cosa; che dare tutto per seguire Cristo è fonte di gioia profonda.

Laici, che vi assumete la vostra parte di responsabilità nelle comunità ecclesiali di base o nei movimenti, voi diffondete i doni ricevuti con il Battesimo e la Cresima. Voi siete i successori degli uomini e delle donne che padre Laval aveva incaricato di diffondere e promuovere l'evangelizzazione. In modi diversi oggi, voi siete chiamati a permeare di spirito evangelico le attività professionali e sociali dove collaborate con uomini e donne altrettanto credenti.

Siate, in ogni circostanza, operatori di pace e di unità; testimoniate del rispetto dovuto ad ogni essere umano, quale che sia la sua condizione; difendete, con il vostro modo di vivere, i valori morali e spirituali senza i quali l'uomo viene sminuito. La vostra presenza cristiana nel mondo non è una scelta che escluda la vostra presenza responsabile nelle diverse istanze della Chiesa. Queste due forme di azione sono complementari, e ambedue necessarie.

Il consiglio pastorale diocesano, istituzione che deriva dagli orientamenti dati dal Concilio Vaticano II, vi aiuta, gli uni e gli altri, a bene inquadrare la vostra vocazione e la vostra missione, mentre aiuta il Vescovo nell'esercizio della sua responsabilità pastorale. Sono lieto di vedere che il vostro consiglio esiste e che è un luogo di collaborazione costruttiva di forze vitali della Chiesa diocesana.


4. Nell'ambito del nostro incontro, non posso evocare tutti gli aspetti della vostra attività pastorale né della vita spirituale personale che vi permette di condurla secondo la vostra vocazione. Ma vi è un argomento su cui vorrei insistere, quello della educazione dei giovani cristiani.

Da molto tempo, voi fate notevoli sforzi per dare ai vostri giovani un insegnamento di qualità che vada di pari passo con la formazione cristiana. Io mi auguro che, con un buon rapporto con le autorità responsabili, voi possiate rispondere alle aspettative delle famiglie nelle scuole cattoliche.

Rimane da adoperarsi affinché l'insieme dei giovani battezzati siano aperti alla fede per mezzo di una catechesi vivente nel corso della loro adolescenza. Il compito non è facile, poiché l'attenzione dei giovani è sollecitata altrove in una società che li distrae. Occorre che molti adulti accettino di dedicare il loro tempo, per seguire una formazione da catechista. E, più profondamente ancora, occorre che la comunità intera si senta responsabile di proporre alle nuove generazioni l'incontro con Cristo, la partecipazione alla vita della Chiesa, la riflessione sulle regole di condotta, un chiarimento sulle grandi questioni dei nostri tempi che mettono in causa il senso stesso della loro vita.

Tale missione non può essere portata avanti da pochi specialisti; è cosa che riguarda tutti i cristiani, sostenuti dai responsabili diocesani. Molti di voi prendono parte a questo compito. Mi auguro che essi coinvolgano altri uomini di buona volontà, è una necessità reale.


5. Concludendo, vorrei esprimere i miei auguri e il mio incoraggiamento per tutti i vostri compiti e tutti i vostri ministeri. Conto su di voi per aiutare l'insieme dei vostri fratelli e sorelle a progredire nella fede e nella carità, a servire con predilezione i piccoli e i poveri che devono affrontare i flagelli di questi tempi. Siate i ministri fiduciosi e instancabili della speranza, della vita più forte della morte! Il successore di Pietro, venuto tra di voi, si rallegra della vitalità e della generosità della vostra Chiesa. I numerosi missionari partiti da Mauritius per annunciare il Vangelo altrove ne sono un degno frutto.

Rendiamo grazie con il profeta Isaia: "Come sono belli sui monti / i piedi del messaggero di lieti annunzi / che annunzia la pace, / che annunzia la salvezza" (Is 52,7).

1989-10-15

Domenica 15 Ottobre 1989




Il saluto durante la cerimonia di congedo - Plaisance (Mauritius)

Nazioni giovani come la vostra hanno tanto da dare per l'equilibrio e l'armonia della famiglia umana


Signor primo ministro, signor Cardinale, caro popolo di Mauritius.


1. E' giunto il momento di salutarvi e di lasciare il vostro bel Paese. Ringrazio Dio per aver potuto rispondere al vostro invito ed essere venuto a trascorrere questi giorni con voi.

Porto con me una gran messe di ricordi: le fervide celebrazioni eucaristiche di "Maria, Regina della Pace" così come quelle de "La Ferme" con la cara popolazione di Rodrigues; gli indimenticabili incontri con il clero della diocesi, i religiosi e le religiose, i responsabili laici, i giovani ed i bambini, e quello con i rappresentanti delle diverse confessioni e religioni.


2. Vorrei esprimere la mia profonda gratitudine al signor governatore generale, a lei signor primo ministro ed a tutte le autorità mauriziane per i provvedimenti che sono stati presi, così gentilmente, per facilitare la mia visita pastorale.

Sono stato sensibile alla devozione delle persone che hanno cooperato per un buon svolgimento delle diverse tappe di questo viaggio qui e a Rodrigues. In particolare ringrazio i mezzi di comunicazione sociale per aver permesso a tutti, soprattutto ai malati, di vivere intensamente l'incontro del successore di Pietro con coloro che egli ha la missione di confermare nella fede.


3. A lei signor Cardinale, mio premuroso ospite nella diocesi di Port Louis, va il mio più caloroso ringraziamento così come ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose, e a tutti coloro che si sono mobilitati per preparare questo importante momento della vita della Chiesa a Mauritius: mi rivolgo fra gli altri, ai membri del consiglio pastorale diocesano.

Infine voglio ringraziare tutta la popolazione di Mauritius e di Rodrigues per la calorosa accoglienza, che ben si inserisce nella tradizione di queste isole.

Questa visita mi ha dato l'opportunità per conoscervi personalmente, per condividere le vostre gioie e per incoraggiarvi nelle vostre speranze. Sappiate che voi resterete nella memoria del mio cuore e nella mia preghiera: vi ritrovero alla presenza del Signore, pregandolo che i molteplici doni che avete ricevuto portino frutto.

Nel separarmi da voi, vi affido alla Vergine Maria, regina della pace, e raccomando a lei le vostre famiglie, i malati, gli handicappati e tutti coloro che soffrono. Nostra Signora, insieme al beato padre Laval, vi guidi nel cammino verso l'anno 2000, nella fedeltà a Cristo, "Via, Verità e Vita" (Jn 14,6)!


4. L'avvenire del vostro Paese, delle vostre famiglie e dei vostri bambini è nelle vostre mani, caro popolo di Mauritius! Preparatelo insieme continuando ad agire secondo i valori fondamentali che vi tengono uniti e garantiscono la pace.

Mi auguro che il sentimento di solidarietà si sviluppi sempre più fra voi e che l'"altro" venga sempre più considerato come un "uguale" ed un fratello, poiché tutti sono chiamati a contribuire in egual misura alla promozione sociale attraverso la collaborazione.

Possiate costruire una Nazione dove regni sempre la pace affinché il vostro Paese rimanga sempre accogliente per tutti i popoli dell'oceano Indiano e per coloro che, attratti dal fascino e dalla bellezza della vostra isola, vengono a visitarla da lontano! Le nazioni giovani come la vostra hanno così tanto da dare alle altre per l'equilibrio e l'armonia che hanno saputo stabilire, e che debbono promuovere per il bene della famiglia umana! Dio benedica il vostro Paese, signor primo ministro, ed effonda le sue grazie su tutti i suoi abitanti! Ricordero i Mauriziani nella mia preghiera e allontanandomi dalla loro isola assicuro loro la mia affettuosa sollecitudine pastorale.

1989-10-16

Lunedi 16 Ottobre 1989




Ai partecipanti al settimo simposio dei Vescovi europei - Città del Vaticano (Roma)

Annunciando Cristo, Signore delal vita, combattiamo per l'uomo. E' una battaglia non solo per la fede, ma per la civiltà


Venerati fratelli nell'Episcopato!


1. Una volta ancora ho la gioia di incontrarvi al termine di un simposio, che vi ha visti raccolti a riflettere sui problemi dell'evangelizzazione nell'Europa contemporanea.

Con vivo affetto vi rivolgo il mio saluto, ringraziando il Cardinale Carlo Maria Martini per il nobile indirizzo col quale ha interpretato i vostri sentimenti di sincera comunione col successore di Pietro. Un primo frutto di questo fraterno incontro consiste proprio nel rafforzamento dei vincoli di carità ecclesiale che ci legano: dall'intensità di tali vincoli, infatti, dipende in gran parte l'efficacia del nostro ministero in mezzo al Popolo di Dio, al quale siamo mandati.

Servire il Popolo di Dio, questa è l'assillo che stimola il nostro impegno quotidiano, inducendo ciascuno di noi a interrogarsi sui mezzi e sui modi più adatti per raggiungere tale scopo. Anche in questo dimposio, venerati fratelli, vi siete posti questa medesima e sempre centrale questione, affrontandola da un'angolatura particolare, di singolare attualità nell'Europa di oggi. Voi avete scelto di riflettere su "Gli atteggiamenti contemporanei davanti alla nascita e alla morte", vedendovi a buon diritto "una sfida per l'evangelizzazione".

La vostra è stata una scelta coraggiosa, che vi ha consentito di esaminare alla luce del messaggio evangelico le situazioni cruciali e talora profondamente drammatiche, che agitano l'uomo del mondo contemporaneo.


2. Il tema del simposio pone un problema essenziale all'evangelizzazione e alla pastorale della Chiesa. Questa infatti si trova oggi dinanzi a una vera e propria sfida, più che in ogni altro tempo, costituita dalla nascita e dalla morte.

Se il nascere e il morire dell'uomo sono stati sempre, in un certo senso, una sfida per la Chiesa, a motivo delle incognite e dei rischi che essi portano con sè, oggi lo sono diventati anche maggiormente. In altre epoche, l'uomo si poneva davanti alla morte e alla vita con un senso di arcano stupore, di riverente timore, di rispetto che, in fondo, nasceva dal senso del sacro, insito nell'uomo. Oggi la sfida di sempre è avvertita in modo molto più vivo e radicale a causa del contesto culturale creato dal progresso scientifico tecnologico di questo nostro secolo. La civiltà unilaterale - tecnocentrica - nella quale viviamo, spinge l'uomo ad una visione riduttiva della nascita e della morte, nella quale la dimensione trascendente della persona appare offuscata, quando non addirittura ignorata o negata.

Nel corso dei vostri lavori, venerati fratelli, avete analizzato attentamente gli atteggiamenti con cui l'Europa di oggi vive gli eventi della nascita e della morte, ed avete rilevato profonde differenze rispetto al passato.

La crescente "medicalizzazione" delle fasi iniziali e terminali della vita, il loro spostamento dalla casa all'istituzione ospedaliera, l'affidamento della loro questione alla decisione degli esperti, hanno portato molti europei a smarrire la dimensione di mistero che da sempre circonda tali momenti e a percepirne quasi soltanto la dimensione scientificamente controllabile. "La esperienza della vita - avete detto - non è più ontologica, ma tecnologica". Se la diagnosi è esatta, bisogna allora dire che molte persone oggi si muovono entro un orizzonte conoscitivo privo di quegli spiragli verso la trascendenza che aprono la strada alla fede.

Inoltre, a questo aspetto preoccupante che è costituito dalla crescente tecnicizzazione dei momenti fondamentali della vita umana, si aggiunge il peso che davanti all'opinione pubblica acquista la legislazione vigente in vari paesi, e che si tenta di introdurre in altri ancora immuni, riguardante la pratica dell'aborto: talché in vari strati della popolazione, già di per sè attratta dai falsi miraggi dell'edonismo consumistico e permissivo, si consolida l'opinione che, ormai, è lecito ciò che è possibile e autorizzato dalla legge.


3. E' evidente che tutto ciò costituisce un grave problema per l'azione pastorale della Chiesa, il cui compito è di annunziare la presenza amorosa di Dio nella vita dell'uomo, una presenza che non solo crea la vita al suo inizio, ma anche la ricrea lungo il suo corso con la grazia redentrice, per accoglierla alla fine nell'abbraccio beatificante della comunione trinitaria. S'impone pertanto, anche e soprattutto da questo punto di vista, l'urgente necessità di un'opera di profonda rievangelizzazione di questa nostra Europa, che a volte sembra aver perso il contatto con le sue stesse origini cristiane.

Per la verità non mancano, nell'odierno contesto socio-culturale, precisi segni di ripensamento circa il modo in cui nascita e morte vengono percepite e vissute: in cerchi sempre più larghi dell'opinione pubblica si notano perplessità circa la crescente tecnicizzazione a cui è sottoposto lo sbocciare della vita, e si registrano reazioni a un'invadenza della medicina nell'ultima sua fase, che finisce per sottrarre al morente la sua stessa morte.

L'uomo infatti, per quanto faccia, non riuscirà mai a staccarsi "fondamentalmente" dalla realtà ontica della sua natura di essere creato: così non potrà annullare il fatto della Redenzione operata da Cristo e della conseguente chiamata a partecipare con lui alla pienezza della vita dopo la morte. Egli, tuttavia, può cercare di vivere e comportarsi come se non fosse stato creato e redento (o, addirittura, come se Dio non esistesse). Questa è, precisamente, la situazione con la quale la Chiesa si deve misurare nell'ambito della civiltà occidentale; questo il contesto umano, nel quale essa deve affrontare l'impegno dell'annuncio evangelico.

La questione della nascita e della morte ha, qui, un'importanza-chiave.

Proprio per questo la "sfida" all'evangelizzazione, che essa contiene, deve ritenersi decisiva. Il modo in cui oggi è vissuta la realtà della nascita e della morte si proietta, infatti, su tutto l'insieme della vita dell'uomo, sulla sua stessa concezione dell'essere e dell'agire in relazione a una norma morale certa e oggettiva.


4. Di conseguenza, nell'affrontare tale "sfida", l'evangelizzazione non potrà che porsi nella prospettiva globale della vicenda umana. Certo, la nascita e la morte hanno sempre una loro dimensione concreta e irrepetibile: l'esistenza dell'uomo e in tale contesto più ampio devono essere capite e valutate.

La Chiesa ha a sua disposizione l'unica misura valida per interpretare tali momenti decisivi della vita umana ed affrontarne l'evangelizzazione in modo globale. E questa misura è Cristo, il Verbo di Dio incarnato: in Cristo nato, morto e risorto la Chiesa può leggere il vero senso, il senso pieno, del nascere e del morire di ogni essere umano.

Già Pascal annotava: "Non soltanto noi conosciamo Dio attraverso Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi che per mezzo di Gesù Cristo, e solo mediante Lui la vita e la morte. Fuori di Gesù Cristo non sappiamo che cosa siano vita e morte, Dio, noi stessi" ("Pensées", 548). E' un'intuizione che il Concilio Vaticano II ha espresso con parole meritatamente famose: "Solamente nel ministero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo... Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (GS 22).

Ammaestrata da Cristo, la Chiesa ha il compito di portare l'uomo di oggi a riscoprire la piena verità su stesso, per ricuperare così il giusto atteggiamento nei confronti della nascita e della morte, i due eventi entro i quali si inscrive l'intera sua vicenda sulla terra. Dalla retta interpretazione di tali eventi dipende, infatti, l'orientamento che verrà impresso alla vita concreta di ogni uomo e, in definitiva, la sua riuscita o il suo fallimento.


5. La Chiesa deve, in primo luogo, ridire all'uomo di oggi la piena verità sul suo essere creatura venuta all'esistenza come frutto di un dono di amore. Da parte di Dio, innanzitutto: l'ingresso di un nuovo essere umano nel mondo non avviene, infatti, senza che Dio vi si coinvolga direttamente mediante la creazione dell'anima spirituale: ed è l'amore soltanto che lo muove a porre nel mondo un nuovo soggetto personale, al quale egli di fatto intende offrire la possibilità di condividere la sua stessa vita. Alla medesima conclusione si giunge guardando le cose dal punto di vista umano: lo sbocciare della nuova vita, infatti, dipende dall'unione sessuale dell'uomo e della donna, la quale ha la sua piena verità nel dono interpersonale che i coniugi fanno reciprocamente di se stessi. Il nuovo essere si affaccia alla ribalta della vita grazie ad un atto di donazione interpersonale, di cui egli costituisce il coronamento: un coronamento possibile, ma non scontato. L'eco psicologica di ciò si ha nel sentimento di attesa dei genitori, che sanno di poter sperare, ma non pretendere il figlio. Questi, se è frutto della loro reciproca donazione di amore, è, a sua volta, un dono per ambedue: un dono che scaturisce dal dono! A ben guardare, questo, e questo soltanto, è il contesto adeguato alla dignità della persona, la quale non può mai essere ridotta ad oggetto di cui si dispone. Solo la logica dell'amore che si dona, non quella della tecnica che fabbrica un prodotto, si addice alla persona, perché solo la prima ne rispetta la superiore dignità. La logica della produzione, infatti, pone un essenziale salto di qualità tra colui che presiede al processo produttivo e ciò che da tale processo risulta: se il "risultato" è, di fatto, una persona, non una cosa, bisogna concludere che la persona stessa non è, in tal modo, riconosciuta nella sua specifica e irriducibile dignità personale.

Questa verità la Chiesa deve ricordare con materna sollecitudine all'uomo di oggi. I sorprendenti progressi scientifici della genetica e della biogenetica, infatti, lo tentano con la prospettiva di risultati straordinari per perfezione tecnica, ma viziati in radice dalla loro collocazione entro la logica della fabbricazione di un prodotto e non della procreazione di una persona.

E questo la Chiesa deve ricordare all'uomo contemporaneo con impegno tanto maggiore in quanto essa sa che Dio chiama il nuovo essere non solo a nascere alla dignità di uomo, ma anche a rinascere a quella di figlio suo nel Figlio unigenito. La prospettiva dell'adozione divina, che nell'attuale economia della salvezza è riservata ad ogni essere umano, sottolinea in modo singolarmente eloquente l'altissima dignità della persona, interdicendone qualsiasi strumentalizzazione, che la degraderebbe a semplice oggetto, contravvenendo a tale sua trascendente destinazione.


6. E anche per quanto concerne la morte, la Chiesa ha la sua parola, capace di gettare luce sul valico oscuro, che tanta apprensione suscita nell'uomo: e questo, perché essa ha la Parola, il Verbo di Dio incarnato, il quale ha assunto su di sé, non solo la vita, ma anche la morte dell'uomo. Cristo ha oltrepassato quel valico e già sta, col suo corpo vivo di risorto, sull'altra sponda, la sponda dell'eternità. Guardando a lui, la Chiesa può proclamare con gioiosa certezza: "Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e risurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura" (LG 7).

Fino alla fine dei secoli la morte di Cristo, insieme con la sua Risurrezione, starà ormai al centro dell'annuncio missionario, tramandato di bocca in bocca a partire dalla prima generazione cristiana: "Vi ho trasmesso - sono parole di Paolo - quello che io stesso ho ricevuto, cioè che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture, che fu sepolto, che risuscito..." (1Co 15,3-4). La morte di Gesù è stata una morte liberamente assunta, in un atto di suprema oblazione di sé al Padre, per la Redenzione del mondo (cfr Jn 15,13 1Jn 3,16).

Nella luce del mistero pasquale, il cristiano è in grado ormai di interpretare e di vivere la sua morte in prospettiva di speranza: la morte di Cristo ha rovesciato il significato anche della sua morte. Questa, pur essendo frutto del peccato, può essere da lui accolta in atteggiamento di amorosa - e, come tale, libera - adesione alla volontà del Padre, e quindi come prova suprema di obbedienza, in conformità con l'obbedienza stessa di Cristo: un atto capace di espiare, in unione con la morte di lui, le molteplici forme di ribellione poste in essere durante la vita.

Il cristiano, che accoglie in tal modo la propria morte e, riconoscendo la propria condizione di creatura come anche le proprie responsabilità di peccatore, si consegna fiduciosamente nelle mani misericordiose del Padre ("In manus tuas, Domine..."), raggiunge il culmine della propria identità umana e cristiana e realizza il compimento definitivo del proprio destino.


7. Venerati fratelli! La Chiesa, chiamata a testimoniare Cristo in Europa alle soglie del terzo millennio, deve trovare i modi concreti per portare questa buona Novella a quanti, nel vecchio continente, mostrano di averlo smarrito. Gli insegnamenti di san Paolo sul Battesimo, e sul mistero di morte e di vita che in esso si compie, offrono spunti illuminanti per un'azione evangelizzatrice, sulla cui urgenza non è necessario insistere. Occorre tornare alla spiegazione di quella dottrina, farla comprendere e vivere soprattutto alle nuove generazioni e trarne le conseguenze per la vita cristiana di ogni giorno, come nei primi secoli hanno fatto i padri della Chiesa in catechesi sempre ricche e sempre attuali.

Al tempo stesso, sarà importante far capire a tutti che, se la Chiesa difende la vita umana dal suo primo inizio sino al suo termine naturale, non lo fa soltanto per obbedire alle esigenze della fede cristiana, ma perché si sa interprete di un obbligo che trova eco nella coscienza morale dell'umanità intera.

Proprio per questo la società civile, che è responsabile del bene comune, ha il dovere di garantire, mediante la legge, il diritto alla vita per tutti e il rispetto di ogni vita umana fino al suo ultimo istante.

Un aiuto efficace in questo campo potrà venire dai "Movimenti per la vita", che vanno provvidenzialmente moltiplicandosi in ogni parte d'Europa e del mondo. Il loro contributo, già tanto benemerito, potrà essere ulteriormente valorizzato da noi Pastori, se essi sapranno fare oggetto della loro attività di animazione e di illustrazione non solo il momento iniziale, ma anche quello terminale della vita. Ciò consentirà di trovare in questi movimenti un prezioso alleato in modo da rispondere sempre più incisivamente a quella "sfida", che la nascita e la morte portano oggi all'evangelizzazione.

Come ben vedete, venerati fratelli, l'impegno che ci sta dinanzi in questo scorcio di millennio è arduo, ma anche esaltante. La Chiesa ha il compito storico di aiutare l'uomo contemporaneo a ricuperare il senso del vivere e del morire, che in molti casi sembra oggi sfuggirgli. Ancora una volta, lo sforzo per l'evangelizzazione in vista della salvezza eterna si rivela determinante per l'autentica promozione dell'uomo sulla terra. Il cristianesimo, che un tempo ha offerto all'Europa in formazione i valori ideali sulla cui base costruire la proprio unità, ha oggi la responsabilità di ri-vitalizzare dall'interno una civiltà che mostra sintomi di preoccupante decrepitezza.

A noi Vescovi, prima che ad ogni altro, spetta il compito di farci animatori e guide di questa ripresa spirituale: annunciando Cristo, Signore della vita, noi combattiamo per l'uomo, per la difesa della sua dignità, per la tutela dei suoi diritti. La nostra è una battaglia non solo per la fede, ma per la civiltà.

Confortati da questa consapevolezza, venerati fratelli, proseguiamo con slancio rinnovato nel nostro impegno apostolico. Non mancherà di esserci accanto con il suo aiuto il Signore Gesù, a cui elevo la mia costante preghiera per voi e per le vostre Chiese e nel nome del quale vi imparto, quale segno di sincera comunione, la mia affettuosa benedizione.

1989-10-17

Martedi 17 Ottobre 1989






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