GPII 1989 Insegnamenti - Ad alcuni gruppi di pellegrini - Città del Vaticano (Roma)

Ad alcuni gruppi di pellegrini - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai pellegrini giunti a Roma per le beatificazioni


Ai pellegrini tailandesi Eminenza, fratelli e sorelle della Thailandia.

La beatificazione dei santi martiri thailandesi ci offre questa occasione di incontrarci per condividere la gioia che riempie il cuore di tutti i cattolici tailandesi nel veder proclamare solennemente beati Philip Siphong e i suoi compagni come fedeli testimoni di Cristo. Furono trovati degni di essere onorati tra gli uomini e le donne che hanno dato la più alta testimonianza di fede, l'offerta della loro vita! La vostra presenza in questa città di Roma vi dà la possibilità di rinnovare la vostra fede personale presso la tomba dell'apostolo Pietro, cui il Signore ha affidato un servizio universale alla fede e all'unità di tutti i discepoli di Cristo. La fede in Cristo che Pietro manifesto a Cesarea di Filippi: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16) è la stessa che confessarono i martiri thailandesi con il sacrificio della loro vita. E' la stessa fede cui siamo tutti chiamati per mezzo della grazia del Battesimo e della Confermazione nello Spirito Santo. Sono certo che nella Basilica di san Pietro voi avete pregato perché il seme della fede così profondamente radicato nella vita dei vostri martiri fiorisca fino a una sempre più grande maturità in Cristo (cfr Ep 4,13).

Ricordo che in occasione della mia visita nel vostro Paese nel 1984, parlando alla comunità cattolica riunita nello stadio nazionale, ho sottolineato il fatto che "sarete una piccola parte della popolazione del vostro Paese e un piccolo gregge di seguaci di Cristo, ma Cristo, il Buon Pastore, si prenderà cura di voi e vi proteggerà con un amore speciale" ("Homilia Bancokii, ad Christifideles congregatos habita", 1, die 10 maii 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 1 [1984] 1356). Prego perché la Chiesa in Thailandia cresca ogni giorno in questa convinzione e perché l'amore del Buon Pastore vi sostenga nella gioiosa e attiva edificazione delle vostre famiglie e della vostra società nel bene e nel reciproco servizio. Non c'è modo migliore per onorare i vostri martiri che seguire il loro esempio di umile fede in Dio e obbedienza alla sua volontà che si manifesta nella vocazione cristiana.

Maria, madre della Chiesa, cui i cattolici thailandesi sono molto devoti, interceda per voi e vi guidi alla sequela di suo Figlio. Le preghiere e l'esempio del beato Philip, delle beate Agnes Phila e Lucy Khambang con le loro compagne siano una grande sorgente di forza spirituale per tutti voi.

Attraverso di voi invio il mio cordiale saluto alle vostre famiglie ed amici, e al meraviglioso popolo thailandese. Invocando su di voi la divina protezione, imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

Alla famiglia paolina


1. Rivolgo ora il mio cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana, che hanno partecipato alla beatificazione di don Timoteo Giaccardo.

Saluto in particolare il Vescovo di Alba, la diocesi di origine del beato Timoteo, monsignor Giulio Nicolini; inoltre il superiore generale della Società san Paolo, don Renato Perino, i superiori, i fratelli e le sorelle delle famiglie religiose fondate da don Giacomo Alberione. Un pensiero di benvenuto va poi a tutti i presenti: ai congiunti, agli amici, ai concittadini e fedeli del nuovo beato.


2. E' davvero una singolare gioia poter incontrare riunite per una così bella circostanza, nel settantacinquesimo anniversario della fondazione della Società san Paolo, tutte le congregazioni fondate da don Alberione. E che famiglie religiose! occorre aggiungere. Quale fioritura di vocazioni la vostra, e quali ministeri ecclesiali, ispirati alle esigenze della vita moderna, voi tutti svolgete! Il vostro è un servizio al Vangelo costantemente attento alle istanze, alle rinnovate necessità, alle moderne opportunità per il cammino della Parola di Cristo. Il Signore ha benedetto le vostre comunità e le ha diffuse - com'era nel programma e nelle previsioni del fondatore - in tutto il mondo. Ha fatto di esse uno strumento vivo e significativo del cammino del Vangelo nel nostro tempo.

Davvero don Alberione, ed il suo primo discepolo don Timoteo, hanno compreso e vissuto lo spirito apostolico di san Paolo, "strumento di elezione per portare il nome di Gesù dinanzi ai popoli" (cfr Ac 9,15).

Il mio pensiero perciò si rivolge non solo ai sacerdoti e cooperatori della Società san Paolo, ma anche alle figlie di san Paolo; alle pie discepole del divin Maestro (che in questa occasione ringrazio per quanto esse fanno nel servizio dei telefoni della Città del Vaticano); alle suore di Gesù Buon Pastore; alle suore apostoline, dell'istituto Regina degli Apostoli; e anche ai quattro istituti secolari, ideati per estendere ancor più lo spirito della fondazione originaria.

Dalla prima, fondamentale ed ardita idea della Società di san Paolo è scaturita tale ricca ed articolata serie di comunità, tutte impegnate nel servizio dell'evangelizzazione mediante le comunicazioni sociali: le edizioni librarie, le pubblicazioni periodiche aggiornate secondo lo stile e la mentalità dell'epoca, le trasmissioni per via radio; e poi la tecnica delle immagini, fino a raggiungere, come è ovvio, i sistemi di comunicazione computerizzati e le vie di trasmissione per via satellite, in dimensione mondiale.


3. Il beato Timoteo Giaccardo fu - come disse il fondatore - "il cuore e l'anima" della nascente comunità. Egli incarno l'ideale paolino nella sua integrità, e perciò dovrà essere tenuto da tutti voi ben presente, perché la fedeltà al vostro peculiare compito non venga mai meno, e l'ansia apostolica di Paolo di Tarso viva tra voi ed in voi nella sua integrità.

Il beato Timoteo si presenta ancor oggi, come "il maestro" - perché così lo avete sempre chiamato - delle vostre famiglie religiose. L'insegnamento puntuale che egli vi suggerisce può essere ben riassunto in questi tre principi: - La coscienza viva della dignità della vocazione sacerdotale e della missione. Tale dignità si realizza nel sacramento e nell'amore. Ricordate la sua invocazione alla Vergine: "Maria, io ti amo con l'amore di Gesù Sacerdote... con l'amore di Gesù di cui tu mi hai rivestito, a cui mi hai incorporato, che effonde in me la sua vita eucaristica, da cui discende il mio sacerdozio".

- Lo spirito ecclesiale di comunione nella missione di tutta la Chiesa.

"Ti mando a Roma - gli disse don Alberione - per il tuo amore e per la tua fedeltà al Papa". Ed il beato Giaccardo scriveva nel suo diario: "Io in casa non ebbi missioni di iniziative, ma di educare, piantare, intimizzare la nostra Società San Paolo sulla Chiesa di Roma e sulla roccia di Pietro, sull'apostolicità di Paolo".

- La totale dedizione allo specifico ministero della congregazione: "L'apostolato delle edizioni deve illuminare tutti gli apostolati, tutti vivificarli, tutti abbracciarli, tutti esercitarli con i suoi apostoli. Questi devono essere la gloria di Gesù Cristo, via, verità e vita. come vive la Chiesa".

Con questi ricordi, cari fratelli e sorelle, invoco per voi la protezione costante di Gesù maestro e pastore di tutta la Chiesa, e per l'intercessione di Paolo apostolo e del nuovo beato Timoteo Giaccardo imparto a voi qui presenti, alla cara diocesi di Alba ed a tutti i membri delle famiglie paoline, la benedizione apostolica.

Alle figlie del Cuore di Gesù Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini francofoni presenti, in particolare a quelli della diocesi di Marsiglia, fedeli alla memoria di Marie Deluil-Martiny e che sono venuti ad accompagnare le figlie del Cuore di Gesù alla cerimonia di beatificazione.

La figura di Maria di Gesù merita di essere onorata e auspico che voi possiate meditare il messaggio delle sue caratteristiche spirituali e della fondazione del suo istituto religioso. L'attaccamento di Maria di Gesù all'Eucaristia è esemplare; ella ha compreso in profondità l'offerta che Cristo fa di sè al Padre per la salvezza del mondo.

I cristiani di tutte le generazioni sono chiamati ad entrare in comunione con Cristo nel suo atto redentore. Maria di Gesù mostra in modo mirabile il senso di una devozione eucaristica ben compresa, unendo all'adorazione l'azione di grazie, la supplica e l'offerta sincera della propria vita. La sua beatificazione attiri sempre più discepoli sulla strada indicata dal suo messaggio e dalla sua vita, nella consacrazione religiosa come anche nello stato laicale! Invoco per tutti voi l'intercessione della beata Maria di Gesù e rinnovo volentieri la mia benedizione rivolta in modo particolare alle figlie del Cuore di Gesù e a tutti i loro amici.

1989-10-23

Lunedi 23 Ottobre 1989




Alla Messa per la comunità del pontificio seminario romano maggiore - Città del Vaticano (Roma)

"La Chiesa di Roma tutta intera esprime la sua disponibilità alla voce del Signore


"Eccomi, Signore. Io vengo". La Chiesa di Roma tutta intera esprime con queste parole la sua disponibilità alla voce del Signore. Esprime questa disponibilità in modo speciale attraverso il Sinodo diocesano, che si sta svolgendo e progredisce nei suoi lavori. Esso deve portarci dentro la realtà di questa Chiesa. E la realtà della Chiesa è costituita sempre dalle persone umane e dal mistero divino.

Oggi queste parole - "Eccomi, Signore. Io vengo" - sono risuonate qui, nella cappella paolina del Vaticano, per esprimere la vostra disponibilità, la disponibilità della comunità del seminario romano, composta da tanti che sentono in loro, nei loro cuori, la chiamata divina, e devono con un atteggiamento particolarmente profondo, ripetere queste parole: "Eccomi, Signore. Io vengo".

Debbono ripeterle ogni giorno, ogni ora, ogni momento. Questa nostra solenne concelebrazione eucaristica ha offerto una espressione della nostra disponibilità: disponibilità personale, di ciascuno, e disponibilità comunitaria del seminario romano. Abbiamo espresso questa nostra disponibilità prendendo parte all'Eucaristia, al sacrificio di Cristo, alla sua più perfetta disponibilità divino-umana a salvare il mondo, davanti al Padre, nella forza della sua Croce, nella forza dello Spirito Santo che attraverso la Croce ci è stato dato.

Adesso, completando questa celebrazione e questo mistero della nostra disponibilità, dentro l'Eucaristia, noi tutti vogliamo chiedere una benedizione, vogliamo arrivare alle sorgenti della benedizione che sono sempre il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, vogliamo ricevere questa benedizione per rafforzare la nostra disponibilità e inaugurare un cammino comunitario del seminario romano.

1989-10-24

Martedi 24 Ottobre 1989




Ai Vescovi dell'Uruguay in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

L'insegnamento religioso e l'unità della famiglia cristiana favoriscono la fioritura di nuove vocazioni sacerdotali


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' per me motivo di letizia potermi incontrare di nuovo con voi. Solo un anno fa ho avuto la gioia di recarmi in Uruguay e conoscere la Chiesa della quale siete Pastori. Quella seconda tappa del viaggio che iniziai nel 1987 - e del quale conservo un carissimo ricordo - mi permise di visitare alcune delle vostre diocesi, per compiere la missione di confermare nella fede i fratelli (cfr Lc 22,32).

Una delle più grandi soddisfazioni che ho avuto in Uruguay è stata senza dubbio il verificare che nel vostro Paese ci sono molti uomini e molte donne che, come ai tempi di Gesù, aspettano con grande desiderio la Parola di Dio (cfr Lc 5,1). Si, in Uruguay, come in altre parti del mondo, ho trovato un'apertura al messaggio redentore di Cristo e l'unione affettiva con il successore di Pietro.

Voi, venerabili fratelli, siete Pastori di una Chiesa che, nel contesto dei paesi latinoamericani, è caratterizzata dalla sua giovinezza. Infatti, solo pochi anni fa abbiamo celebrato il centenario della erezione della sua prima diocesi. La giovane Chiesa che peregrina in quella Nazione si trova in un momento cruciale della sua esistenza, come è quello della crescita, e si aspetta da voi una abnegata sollecitudine pastorale non esente da sacrifici.

Sempre, ma specialmente in questa tappa di crescita, l'unione intima con il Signore è la condizione necessaria per un'opera fruttuosa. Voi sapete che "la Chiesa del nuovo Avvento, la Chiesa che si prepara di continuo alla nuova venuta del Signore, deve essere la Chiesa dell'Eucaristia e della Penitenza. Soltanto sotto questo profilo spirituale della sua vitalità e della sua attività, essa è la Chiesa della missione divina, la Chiesa in "statu missionis", così come ce ne ha rivelato il volto il Concilio Vaticano II" (RH 20). Mentre fomentiamo l'unione vitale di tutte le membra con Gesù Cristo, capo del suo Corpo mistico, questo periodo di crescita che vive la Chiesa in Uruguay richiede anche il rafforzamento dei legami che la uniscono con la Chiesa universale.


2. Dalle relazioni quinquennali che avete inviato, e attraverso il dialogo con voi, ho potuto rilevare che vi preoccupa molto il problema della mancanza di vocazioni sacerdotali. Condivido e faccio mia la vostra preoccupazione, e vorrei riflettere insieme a voi su alcuni mezzi che possono aiutarvi a superare questa grave necessità.

In primo luogo, sappiamo che la nascita delle vocazioni dipende da Dio, che ispira e dà la grazia, ma, in un certo senso, dipende anche da noi. "Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38), ci dice il Signore. La preghiera è la nostra forza e la nostra principale risorsa.

Incoraggiamo, per quanto possibile, le preghiere per questa intenzione: che preghino i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i bambini, gli adulti e gli anziani; che preghino soprattutto i malati, prediletti da Dio, affinché il Signore susciti molte e scelte vocazioni sacerdotali. Siate certi che, se preghiamo intensamente e con perseveranza, la preghiera non potrà non produrre frutti.

Il Concilio Vaticano II ci ricorda che sono le famiglie cristiane quelle che offrono alla Chiesa il maggior aiuto per il fiorire delle vocazioni sacerdotali; in questo senso chiama le famiglie cristiane "il primo seminario" (OT 2). Per questo la Chiesa si rivolge con particolare insistenza ai genitori, perché fomentino nelle loro case l'atmosfera spirituale nella quale possa maturare la fede e siano incoraggiate le vocazioni sacerdotali e religiose.

Come avete sottolineato, la morale familiare nel vostro Paese è indebolita, fra le altre cose, da una legislazione che in pratica favorisce il divorzio e, di conseguenza, non educa ai valori dell'unità e della fedeltà matrimoniali. E' vero che questo è un grave problema, a cui si aggiunge il dramma ancor più profondo dell'aborto, ma questa dolorosa situazione, mentre ci spinge a continuare nell'annuncio del disegno di Dio sul matrimonio, la famiglia e il rispetto della vita umana dal primo istante del suo concepimento (cfr "Montividenti, allocutio ad episcopos uruquarianos", die 8 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Poalo I" XI, 2 [1988] 1210ss), deve servire da stimolo per pregare con maggiore intensità per le vocazioni sacerdotali: quanto bisogno c'è di buoni pastori che predichino il messaggio di salvezza affidato da Cristo alla sua Chiesa!


3. Il fermo desiderio di servire i fedeli e la fiducia nel Signore, vi devono portare a dare un nuovo impulso a una pastorale vocazionale globale, cominciando dall'attenzione rivolta alle famiglie cristiane e alla formazione dei giovani che si preparano al matrimonio, perché sappiano vedere come un gran dono di Dio la vocazione sacerdotale di uno dei loro figli.

Il Concilio Vaticano II vuole che "tutti i sacerdoti considerino il seminario come il cuore della diocesi" (OT 5). Il vostro seminario interdiocesano deve essere inoltre, per tutti i sacerdoti uruguaiani, un riferimento chiave per il loro ministero. Il promuovere le vocazioni per la vita sacerdotale e religiosa non può essere considerato come un "carisma" esclusivo di alcuni sacerdoti; anzi, è una necessità che incombe su tutti, perché sappiamo bene che il futuro della Chiesa dipende in grande misura dai suoi pastori. Tutti sentiamo l'obbligo di corrispondere l'immeritato amore e la predilezione con cui Dio ci ha chiamato ad essere i suoi ministri: il miglior modo di farlo, che Dio premierà con abbondanza, è pregare e lavorare senza posa affinché il nostro sacerdozio si perpetui sulla terra per mezzo di nuove vocazioni.

Secondo gli insegnamenti del Concilio, bisogna dire che l'aumento delle vocazioni sacerdotali e religiose dipende, in gran parte, dall'attenzione con cui si educa, fin dall'adolescenza, nei primi centri vocazionali o nei seminari minori. Come è importante far crescere nei cuori dei bambini e degli adolescenti il desiderio di seguire le orme di santi sacerdoti! Più tardi, nel seminario maggiore, dovranno essere formati in una "identità", sacerdotale senza ambiguità nè complessi. Il nostro tempo è avido di sincerità ed esige chiarezza di propositi e fedeltà nei confronti degli impegni assunti. Nel sacerdote queste virtù devono brillare in modo particolare e manifestarsi in tutta la loro condotta. perciò, occorre dare ai candidati al sacerdozio una solida preparazione nella vita spirituale, nella disciplina e nello studio, che li renda capaci di essere veri testimoni di Cristo risuscitato.

D'altra parte, "poiché la formazione degli alunni dipende dalla sapienza delle leggi e soprattutto dalla idoneità degli educatori, i superiori e i professori dei seminari devono essere scelti fra gli elementi migliori, e diligentemente preparati con un corredo di soda dottrina, di conveniente esperienza pastorale e di una speciale formazione spirituale e pedagogica" (OT 5). Se coloro che dirigono la vita del seminario sanno trasmettere uno stile di vita fatto di fiducia, serietà, pietà e studio, gli alunni risponderanno mettendoci la loro parte migliore. così si verrà a creare un ambiente familiare, vibrante e apostolico che sarà anche "motivo di credibilità" per promuovere le nuove vocazioni sacerdotali di cui il vostro Paese ha bisogno.


4. Se il presente della Chiesa in Uruguay ci obbliga ad intensificare la preghiera e l'azione pastorale nei riguardi delle vocazioni sacerdotali, si rende necessario anche raddoppiare l'impegno nella educazione cristiana dei bambini e dei giovani.

Viviamo un momento storico cruciale nel quale si avvertono ansie di religiosità e sete di Dio, ma, allo stesso tempo, correnti di secolarismo ed edonismo cercano di mettere a tacere queste voci rifiutando, in non pochi casi, ogni idea di trascendenza o di legge superiore.

Davanti a questo quadro di luci e di ombre, cari fratelli, come risuona nel nostro cuore il divino mandato di Gesù Cristo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni!" (Mt 28,19). Dobbiamo insegnare ovunque, approfittare delle occasioni, "opportune e inopportune" (cfr 2Tm 4,2), e far conoscere con tutti i mezzi la dottrina di Cristo.

Rivolgendosi ai Pastori, il Concilio Vaticano II ricorda quanto segue: "Nell'esercizio del loro ministero di insegnare, annunzino agli uomini il Vangelo di Cristo, che è uno dei principali doveri dei Vescovi" (CD 12).

D'altra parte, nella dichiarazione "Gravissimum Educationis", riguardo all'educazione cristiana dei giovani, si insegna che: "Tutti i cristiani, in quanto rigenerati nell'acqua e nello Spirito Santo, sono divenuti nuova creatura e quindi sono di nome e di fatto figli di Dio, hanno diritto alla educazione cristiana" (GE 2).

Dobbiamo curare poi, in primo luogo, la formazione di coloro che già appartengono al Popolo di Dio. Nell'esortazione apostolica "Christifideles Laici" si trovano non pochi suggerimenti, frutto del lavoro del Sinodo dei Vescovi, riguardo a questo tema tanto importante e ampio (cap. V CL 57-64). Adesso vorrei riflettere brevemente con voi su alcune questioni di particolare interesse, relative all'educazione cattolica.

Il Concilio Vaticano II segnala chiaramente i principi sui quali si basa l'educazione cattolica. Poco più di un anno fa, la congregazione per l'educazione cattolica ha invitato a verificare se si erano seguite, a questo proposito, le direttive del Concilio. Dal documento del dicastero romano, mi sembra opportuno sottolineare ora due punti che potrebbero essere un riferimento per la vostra opera pastorale.

Il primo è questo: "La scuola cattolica ha dal Concilio una identità ben definita: possiede tutti gli elementi che le permettono di essere riconosciuta non solo come un mezzo privilegiato per rendere presente la Chiesa nella società, ma, anche come vero e particolare soggetto ecclesiale. Essa stessa è, inoltre, luogo di evangelizzazione, di autentico apostolato e di azione pastorale, non in virtù delle attività complementari o parallele o parascolastiche, ma per la natura stessa della sua missione, rivolta direttamente alla formazione della personalità cristiana" (Congr. de Institutione Catholica, "Dimension religiosa de la educacion en la escuela catolica", 33, die 7 apr. 1988).

Il secondo aspetto si collega con l'insegnamento propriamente religioso impartito nei centri della Chiesa. In questo senso, conviene ricordare che "la Chiesa ha la missione di evangelizzazione per trasformare nell'intimo e rinnovare l'umanità... Il carattere proprio e la ragione profonda della scuola cattolica, il motivo per il quale i genitori dovrebbero preferirla, è appunto la qualità dell'insegnamento religioso integrato nell'educazione degli alunni" (Congr. de Institutione Catholica, "Dimension religiosa de la educacion en la escuela catolica", 66, die 7 apr. 1988).

So, cari fratelli, che non sono poche le difficoltà che la Chiesa nel vostro Paese deve superare per compiere la sua missione e, concretamente, la sua opera educativa a tutti i livelli. E' realmente ammirevole lo spirito di sacrificio con cui tante religiose e religiosi dediti all'insegnamento, molti sacerdoti nei collegi parrocchiali e molti laici, portano avanti questo importantissimo incarico. Vi prego di fare pervenire a tutti costoro il mio apprezzamento e una speciale benedizione.


5. "La messe è molta e gli operai sono pochi" (Lc 10,2) e mentre preghiamo e lavoriamo cercando nuovi operai che vengano a servire gli uomini con il loro ministero sacerdotale, non possiamo, in nessun modo, smettere di annunciare il Vangelo.

Il Concilio esorta di nuovo i Pastori: "Per la diffusione della dottrina cristiana ricorrano ai mezzi che oggi sono a disposizione; ed in primo luogo alla predicazione ed all'istruzione catechistica, che hanno sempre una capitale importanza; poi alla esposizione della stessa dottrina nelle scuole, nelle università, nelle conferenze, nei convegni di ogni specie; ed infine, a pubbliche dichiarazioni, in occasione di qualche speciale avvenimento, fatte per mezzo della stampa e dei vari mezzi di comunicazione sociale, dei quali è opportuno servirsi per annunziare il Vangelo di Cristo" (CD 13).

Il tempo trascorso dal Concilio Vaticano II fino ad oggi ha confermato ampiamente questa pressante necessità di mettere al servizio della evangelizzazione i mezzi di comunicazione sociale. Se, da una parte, la responsabilità pastorale deve portarci a essere vigili e a formare i fedeli affinché sappiano usarli con intelligenza - dato che anche a causa loro si diffondono ideologie e modelli di vita contrari alla fede -, dall'altra, è necessario usare queste "meravigliose invenzioni tecniche" (IM 1), affinché la dottrina cristiana giunga a tutti gli ambienti e la Chiesa sia più presente fra gli uomini.

Per tutti questi motivi vi invito a fare uno sforzo perché la Chiesa si renda sempre più presente nel Paese e, per quanto possibile, conti anche sui suoi mezzi di comunicazione, con la collaborazione di competenti professionisti cristiani. "Questi professionisti dovrebbero essere persone di indubbia integrità e onestà, e dovrebbero dare un esempio di vita morale, perché essi sono spesso visti dagli altri come modelli da imitare" ("Allocutio ad Pontificium Consilium de Communicationibus Socialibus", die 24 febr, 1989: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 1 [1989] 418).


6. Nel vostro Paese, cari fratelli, che ha dato prova di maturità civica nella convivenza politica pluralistica e ordinata, si stanno ora avvicinando giorni di particolare importanza. Desidero far pervenire ai fedeli cattolici e a tutti gli Uruguaiani la certezza della mia preghiera, perché la Nazione trovi la strada verso una società sempre più giusta e pacifica.

Desidero inoltre approfittare di questa circostanza della vita pubblica per ricordarvi che, se pur la Chiesa riconosce la legittima autonomia dell'azione politica (cfr GS 76), tuttavia "i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla "politica"; ossia, alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune" (CL 42).

Prima di concludere questo incontro, desidero pregarvi di trasmettere un saluto pieno di affetto a tutti i sacerdoti e diaconi, al clero secolare e religioso, e a tutte le religiose. Vorrei dir loro di cuore: "Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura"! (Jn 4,35). Essi che "hanno sopportato il peso della giornata e il caldo" (Mt 20,12) possono star sicuri che il Signore premierà abbondantemente i loro sforzi.

Ai membri delle diverse istituzioni laiche e a tutti i fedeli, fate pervenire nuovamente il mio ringraziamento per le indimenticabili giornate vissute in Uruguay. A Florida ho consacrato la vostra Patria a nostra Signora dei Trentatrè, patrona dell'Uruguay. Se nei cuori di tutti gli Uruguaiani crescerà sempre di più la devozione a Maria santissima, madre della Chiesa, sarà assicurata la crescita sana e forte delle vostre comunità ecclesiali.

A tutti imparto con affetto la benedizione apostolica.

1989-10-26

Giovedi 26 Ottobre 1989




Ai rappresentanti delle società bibliche unite - Città del Vaticano (Roma)

La Parola di Dio è una parte essenziale del patrimonio culturale di tutta l'umanità


Eminenza, cari fratelli in Cristo.

Sono lieto di ricevervi, illustri rappresentanti delle società bibliche unite, in occasione della vostra visita a Roma. Ci incontriamo nella consapevolezza che la vita in Cristo cui partecipiamo è rischiarata e sostenuta in ogni modo dalla Parola di Dio, che è potenza di Dio per la salvezza di coloro che credono (cfr Rm 1,16). E perciò con gioia e gratitudine prendo atto dello spirito di collaborazione ecumenica che caratterizza il vostro lavoro che cerca di far conoscere e comprendere sempre di più le Sacre Scritture.

Avete concluso il vostro convegno generale a Budapest l'anno scorso con l'impegno di diffondere la Parola di Dio in tutto il mondo in uno spirito di servizio e di preghiera. Ho fiducia che le società bibliche unite e la federazione mondiale cattolica per l'apostolato biblico rafforzeranno la fraterna collaborazione che già guida i vostri sforzi. Un passo in avanti a questo riguardo è costituito dall'osservanza delle "Linee fondamentali per la Cooperazione Interconfessionale nelle Traduzioni della Bibbia". L'anno prossimo, l'assemblea generale della federazione biblica a Bogotà sul tema: "La Bibbia nella Nuova Evangelizzazione" offrirà un'ulteriore opportunità per il vostro comune servizio alla Parola di Dio.

Secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, "è necessario che la predicazione ecclesiastica come la stessa religione cristiana sia nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura" (DV 21). La Sacra Scrittura alimenta la fede, rafforza l'unità ecclesiale ed è un importante elemento del nostro patrimonio spirituale comune con la stirpe di Abramo, i nostri fratelli e sorelle ebrei. Ma la Parola di Dio è anche una parte essenziale dell'eredità culturale di tutta l'umanità. Svolge un ruolo decisivo nella ricerca del Dio vivente, del significato della vita, della riconciliazione, della giustizia e della pace nelle vicende umane. Per questo, i seguaci dell'Islam, quelli che appartengono alle altre grandi religioni e perfino i non credenti ricavano un beneficio dalla conoscenza delle Sacre Scritture. Penetrare nelle Sacre Scritture vuol dire entrare nel mistero di Dio e dell'uomo. Il vostro lavoro perciò è di grande importanza e servizio per la Chiesa e l'intera famiglia umana.

Nell'annunciare il mistero dell'amore di Dio, Cristo "riconcilia a sè il mondo" (2Co 5,19). Cristo crocifisso e risorto da morte, nostra pace, è il centro del messaggio di salvezza che proclamiamo. In occasione del nostro incontro di oggi, manifesto di cuore la speranza che i membri delle società bibliche unite continuino a partecipare, secondo i loro doni particolari, alla proclamazione del Vangelo che invita alla conversione di tutti gli uomini a Cristo nella "Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ep 1,22-23).

Le divine benedizioni di grazia e di pace siano su ciascuno di voi.

1989-10-26

Giovedi 26 Ottobre 1989




Alla plenaria del pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti - Città del Vaticano (Roma)

Una nuova evangelizzazione per arginare il proselitismo delle sètte tra i migranti



1. Sono lieto di porgere il mio cordiale benvenuto a voi tutti, giunti da più parti del mondo, per partecipare alla plenaria del pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti.

E' la prima volta che il vostro dicastero celebra la sua plenaria nella veste di pontificio consiglio, ad esso conferita dalla recente costituzione "Pastor Bonus". E' una promozione che testimonia il cammino compiuto da codesto dicastero nei suoi oltre diciammove anni di attività e una dimostrazione della crescente attenzione e premura con cui la Chiesa segue il problema delle migrazioni. La medesima costituzione per quanto riguarda i compiti del vostro dicastero così si esprime: "Il Consiglio rivolge la sollecitudine pastorale della Chiesa alle particolari necessità di coloro che sono stati costretti a lasciare la propria Patria o non ne hanno affatto; parimenti procura di seguire con la dovuta attenzione le questioni attinenti a questa materia". Oggi la mobilità umana è in forte espansione: spesso lo è, purtroppo, per ragioni di necessità. La scelta preferenziale della Chiesa non può non andare a coloro che più acutamente vivono il dramma di un esodo forzato.


2. La plenaria rappresenta sempre un momento privilegiato per l'individuazione dei problemi emergenti e delle risposte appropriate. Ed è certamente di notevole importanza il tema su cui siete stati chiamati a riflettere quest'anno e che concerne il proselitismo religioso tra le migrazioni.

E' questo un argomento di vasta portata e di palpitante attualità, che non conosce limiti né geografici né sociali. E' un fenomeno in espansione sia nei paesi di diffuso benessere che in quelli in via di sviluppo. Ne vengono coinvolte sia le persone sature di consumismo sia quelle che vivono nel bisogno e negli stenti.

Se da una parte il dilagare di movimenti religiosi alternativi è segno di un'accresciuta sensibilità nel settore religioso, dall'altra è anche un indizio delle difficoltà che l'uomo moderno incontra nel realizzare le proprie esigenze spirituali. L'impulso verso i valori assoluti, se non è sorretto da un'autentica esperienza religiosa e da un serio impegno morale, porta spesso verso chi promette facili sconti nella fatica di ricerca ed assicura rapide scorciatoie nel conseguimento della conoscenza dei misteri divini. La fede perde la sua natura di tesoro misterioso, che ogni giorno occorre riscoprire e riguadagnare, superando sempre nuove prove.


3. Per la Chiesa il moltiplicarsi delle sètte e l'intensificarsi della loro attività costituiscono un problema preoccupante soprattutto perché, essendo difficile circoscriverne l'ampiezza e definirne la natura, diventa problematico ogni approccio e confronto con esse.

E non c'è dubbio che i migranti, a causa della particolare situazione di disagio, di precarietà, di solitudine e spesso anche di paura in cui versano, costituiscono oggi la categoria maggiormente a rischio di fronte all'imperversare del proselitismo religioso. E' grande purtroppo il numero di coloro che ogni anno si disperdono e si smarriscono nei numerosi rivoli dei cosiddetti movimenti religiosi alternativi.


4. Ma ancor prima di essere un problema, il dilatarsi di questo fenomeno rappresenta per la Chiesa una sfida, che impone una risposta adeguata sul piano della formazione cristiana. Occorre cioè impegnarsi in una nuova evangelizzazione e in un'aggiornata catechesi, che mirino a rafforzare la fede dei migranti in quei settori in cui appaiono più vulnerabili nei confronti del proselitismo.

E' un impegno che chiama in causa principalmente, com'è ovvio, la Chiesa di accoglienza. I migranti cattolici, che confluiscono da ogni dove in una determinata Chiesa particolare, non devono ritrovarsi abbandonati a se stessi.

Essi entrano a far parte della Chiesa "impiantata" in quel territorio in cui sono giunti. Devono perciò essere assistiti con una pastorale specifica e adatta per loro. Hanno, infatti, diritto di avere un'assistenza religiosa che sia "proporzionata alle loro necessità e non meno efficace di quella di cui godono i fedeli delle diocesi" (Pii XII, "Exsul Familia", 102): una pastorale che garantisca loro la libertà di appartenere alla loro comunità etnica ed insieme di inserirsi in quella del territorio in cui risiedono; che esprima rispetto del loro patrimonio spirituale come della loro cultura.

Le migrazioni offrono, in tal modo, alle Chiese particolari l'occasione di verificare la propria "cattolicità", che consiste non solo nell'accogliere le diverse etnie, ma soprattutto nel fare comunione con esse. L'unità della Chiesa è trascendente come lo è la sua origine. Essa è data non dalla cultura o lingua comune, ma dallo Spirito della Pentecoste che, chiamando genti di lingue e nazioni diverse alla fede nello stesso Signore e alla speranza nella stessa vita, le raccoglie in un solo popolo.


5. Ogni Chiesa particolare, pertanto, dovrà sentirsi impegnata a coltivare la pedagogia dell'accoglienza e ad esercitare la solidarietà verso i migranti. I Vescovi hanno sicuramente presente quanto già il Papa Paolo VI sottolineava nel motu proprio "Pastoralis Migratorum Cura": "I migranti non solo sono affidati, al pari degli altri fedeli, al loro pastorale ministero, ma per le speciali circostanze in cui vivono richiedono anche una particolare premura, che appunto corrisponda ai loro bisogni".

Ma la pastorale specifica per i migranti, se vuol evitare il rischio di ridursi a pastorale per emarginati, deve favorire il costituirsi di vere comunità etniche, in cui la fede possa essere vissuta, espressa e trasmessa; è al loro interno, infatti, che essa trova la sua più valida difesa contro l'invadenza del proselitismo religioso. Tali comunità etniche appartengono a pieno titolo al tessuto ecclesiale e contribuiscono, assieme alle altre, alla costruzione del Regno di Dio. Per questa via, il tema della plenaria di quest'anno si riannoda a quello dello scorso anno: "Direttive pastorali emanate dalla Santa Sede per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio religioso e culturale dei Rifugiati e dei Migranti".


6. Un ruolo importante nella evangelizzazione e formazione dei migranti hanno pure i laici. In un contesto di diaspora geografica ed ambientale, quale è quello delle migrazioni di oggi, l'apporto dei laici è insostituibile. Qui la fede non può essere semplicemente una eredità da proteggere, ma una realtà da approfondire, verificare, sviluppare nell'ambito della Chiesa particolare. I primi ed immediati apostoli dei migranti devono essere gli stessi migranti.

Per costruire delle vere comunità in questo specifico mondo, è importante intraprendere alcune iniziative appropriate: la formazione di gruppi di migranti con forte impronta spirituale e dinamismo cristiano; la creazione di piccole comunità di fede che agiscano sotto la guida dei legittimi Pastori, si tengano a contatto tra di loro e si scambino esperienze; l'istituzione di consigli pastorali composti da persone che vivono con convinzione il messaggio cristiano e godono la fiducia della comunità.

I compiti dei laici, tuttavia, non si esauriscono a livello comunitario; essi debbono trovare un prolungamento in seno alla famiglia, ambito, questo, che tra tutti, voglio esplicitamente sottolineare come luogo di particolare impegno.

In una situazione di diaspora e di crescente pericolo per la fede, la famiglia deve riscoprire il proprio ruolo di "chiesa domestica", dove genitori e figli vivono e alimentano con fervore la propria fede in una concreta esperienza di vita.

Tra i migranti vi sono pure molte persone sradicate dal proprio nucleo familiare. La solitudine le rende particolarmente fragili di fronte alle lusinghe del proselitismo religioso. Esiste il dovere, da parte di tutti i laici, di farsi loro "prossimo" per annunciare la buona Novella con lo stile del Signore: in casa, per le strade, fra gli amici.


7. Carissimi! Questo incontro vi servirà non solo per fare un'analisi, ma per passare poi alle opportune terapie. I metodi e i mezzi hanno certamente la loro importanza, ma determinanti sono soprattutto la solidarietà cristiana, lo zelo apostolico e la carità premurosa di quelli che hanno una responsabilità nei confronti dei migranti. I Pastori e i loro collaboratori devono assumere lo spirito del comune e supremo pastore, Gesù Cristo, che dà la vita per le sue pecore. Sono molte le organizzazioni a cui fanno capo i migranti. Ma questi sapranno riconoscere come voce del Signore quella di chi ama di più.

Che il Signore illumini e fortifichi voi che lavorate in seno al pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti o in collegamento con esso, e sostenga lo zelo di tutti quelli che si prodigano quotidianamente al servizio diretto di coloro che gli eventi o la necessità hanno spinto fuori della Patria, condividendone la difficile condizione.

Con questi voti imparto a tutti la mia benedizione.

1989-10-26

Giovedi 26 Ottobre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ad alcuni gruppi di pellegrini - Città del Vaticano (Roma)