GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi dell'Ecuador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi dell'Ecuador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

La nuova evangelizzazione è la vera liberazione dell'uomo


Cari fratelli nell'Episcopato.



1. Con grande soddisfazione vi do il mio più cordiale benvenuto a questo incontro con cui la divina Provvidenza ha voluto benedire la sua Chiesa per accrescere la comunione fra i suoi Pastori e far si che risplenda sempre di più l'unione intima del Corpo mistico di Cristo. Paolo e Barnaba andarono a Gerusalemme per ricevere da Pietro gli orientamenti sulla loro missione apostolica, e furono ricevuti con grande gioia quando raccontarono ciò che Dio aveva compiuto con loro (cfr Ac 15,4), così anche voi siete venuti a visitare il successore di Pietro, che vi accoglie lieto di poter compiere la missione di "confermare nella fede i propri fratelli" (cfr Lc 22,32).

Le relazioni quinquennali che avete presentato e i colloqui personali con ciascuno di voi, mi hanno permesso di approfondire e conoscere meglio i problemi pastorali delle circoscrizioni ecclesiastiche affidate al vostro ministero episcopale. D'altra parte questa visita "ad limina" riporta alla mia mente e al mio cuore le indimenticabili giornate vissute con i fedeli dell'Ecuador nel 1985. Ricordo con emozione il fervore e l'entusiasmo con cui venni accolto dal popolo ecuadoriano, in modo particolare a Quito, Latacunga, Cuenca e Guayaquil.


2. Come punto di partenza di questo incontro desidero fare riferimento alla vostra convinzione che nell'Ecuador si rende necessaria una nuova evangelizzazione che porti alla conoscenza e alla fedeltà più profonda a Cristo, salvatore dell'uomo.

Lo avete proclamato in un documento collettivo. "Opzioni Pastorali", come applicazione delle direttive di Puebla alle vostre comunità. Quel grande incontro dell'Episcopato latinoamericano ha messo in rilievo la centralità del Redentore nell'azione evangelizzatrice: "Nel mistero di Cristo, Dio scende fino alle profondità dell'essere umano per restaurare dall'interno la sua dignità. La fede in Cristo ci offre così i criteri fondamentali per ottenere una visione integrale dell'uomo che, a sua volta, illumina e completa l'immagine concepita dalla filosofia con gli apporti delle altre scienze umane, rispetto all'essere dell'uomo e alla sua realizzazione storica" ("Puebla", 305).

La vostra comune sollecitudine di servire i fratelli vi porta a scrutare attentamente la realtà della vostra patria e i "segni dei tempi", per poterli interpretare alla luce della fede. In questo modo potete scoprire i fattori di maggiore importanza collegati con la situazione religiosa e morale dei popoli, il grado di conoscenza della Parola di Dio, la pratica autentica della fede, il senso etico della vita familiare, l'agire delle persone e dei gruppi nel campo sociale, politico e culturale.

In tutti gli ambiti dovete rendere presenti gli insegnamenti del Figlio di Dio per influire così con maggior efficacia sulla condotta dell'uomo e della società. E' degno d'encomio il vostro impegno per la diffusione della Parola di Dio, che vi porto a distribuire duecentocinquantamila esemplari della Bibbia, in occasione della mia visita pastorale in Ecuador, mentre ora pensate di metterne a disposizione di gruppi e comunità altri trecentocinquantamila esemplari. Da parte mia vi incoraggio a proseguire nella proposta di una evangelizzazione rinnovata che, avendo come pietra miliare la Rivelazione e seguendo fedelmente il Magistero, sia docile nei confronti delle ispirazioni dello Spirito che continuamente assiste la Chiesa.


3. In un'epoca come la nostra, nella quale a volte si vuole prescindere dal Magistero per dare una interpretazione personale del Vangelo, deve essere preoccupazione dei Pastori legittimi il vigilare affinché la Parola di Dio sia fedelmente trasmessa. D'altra parte non mancano coloro che, per un errato secolarismo, pretendono di ridurre la missione della Chiesa a ciò che è puramente sociale, mal interpretando quindi la sua natura di sacramento di salvezza.

La vostra sollecitudine pastorale vi deve portare a discernere e chiarire quelle posizioni dottrinali che possono mettere in pericolo l'unità del gregge o la fedeltà verso gli insegnamenti della Chiesa. Alla carità e prudenza proprie del Buon Pastore deve seguire la fortezza, che come Paolo (cfr 2Tm 2,14-20 Tt 1,10ss), vi deve muovere a incontrarvi con coloro che hanno sbagliato il cammino, invitandoli a una adesione esplicita alla fede e agli orientamenti del Magistero.

Dobbiamo sempre ricordare e prendere coscienza della responsabilità di essere Pastori di un gregge e di quanto si aspetta Dio da ognuno di voi. Il Vescovo, con i suoi consigli, con le sue esortazioni, con la sua fedeltà al piano di Dio e con il suo amore verso la Chiesa, e anche con l'edificante esempio della sua vita (cfr LG 26), deve assumere il primo posto negli impegni della rinnovata evangelizzazione che stiamo proclamando in occasione del quinto centenario dell'evangelizzazione dell'America. La funzione episcopale di essere guida e maestro per le comunità ecclesiali deve essere portata a termine essendo coscienti del fatto che l'autorità di cui il Vescovo, come Pastore del gregge, è depositario, lo invita a essere servitore di tutti (cfr Lc 22,26-27 LG 27).

Di fronte ai gravi mali della società, che tanto affliggono il nostro cuore di Pastori, urge scoprire le loro cause profonde per cercare così di apportare rimedi e dare consolazione. L'elevazione spirituale e morale dell'uomo, affinché raggiunga lo "stato di uomo perfetto secondo Cristo" (Ep 4,13), è il cammino che conduce alla liberazione vera e integrale, basata sulla dignità di figli di Dio.

Nella mia enciclica "Redemptoris Mater" ricordavo che "nel disegno salvifico della Santissima Trinità, il mistero dell'Incarnazione costituisce il compimento sovrabbondante della promessa fatta da Dio agli uomini dopo il peccato originale" (RMA 11). Qui si trova la ragione della nostra speranza e il fondamento dell'ottimismo cristiano: Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e raggiungano la pienezza della santità.


4. In questa ardua impresa contate sul prezioso aiuto dei sacerdoti, vostri principali collaboratori, per la costruzione del Regno di Dio. Dovete stare, cari fratelli, molto vicini a loro, condividendo le loro gioie e difficoltà, offrendo la vostra sincera amicizia, aiutandoli nelle loro necessità per incrementare così una stabile comunione sacerdotale che sia di esempio per i fedeli e solido fondamento di carità.

In sintonia con quanto detto, e coscienti dell'importanza che ciò ha per il presente e il futuro della Chiesa nell'Ecuador, vi preoccupa il problema delle vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata. Grazie a Dio negli ultimi anni state vivendo nelle vostre comunità una notevole fioritura delle vocazioni. L'antico seminario maggiore di san Josè, a Quito, consta attualmente di un gran numero di alunni, e inoltre sono stati creati altri seminari maggiori in diverse diocesi. D'altra parte con la facoltà di studi filosofico-teologici della pontificia Università Cattolica dell'Ecuador, si sono riuniti gli sforzi per una migliore formazione dei seminaristi e degli aspiranti alla vita religiosa.

E' necessario che nei seminari si dia grande importanza alla formazione spirituale e pastorale degli alunni. Trattandosi di futuri sacerdoti, l'ambiente di questi centri di formazione deve essere di intensa pietà, di studio, di disciplina, di carità e di servizio. Questi sono mezzi insostituibili per una adeguata preparazione sacerdotale e religiosa.


5. Una pastorale vocazionale ben studiata conduce necessariamente a potenziare sempre più l'attività catechetica. La formazione cristiana dei bambini e dei giovani, esige nel vostro Paese uno sforzo particolare, poiché nei centri statali di educazione l'insegnamento religioso non viene impartito. perciò si rende ancor più necessario - come avete sottolineato nel vostro ultimo documento collettivo sull'educazione - l'incremento della catechesi parrocchiale, come pure una solida formazione cristiana dei bambini e dei giovani che frequentano le scuole e i collegi cattolici.

Potranno contribuire a questo l'istituto nazionale di catechesi e gli altri centri che, a livello diocesano, si dedicano alla conveniente preparazione di catechisti ed educatori alla fede.

Il Concilio Vaticano II ha ricordato ripetutamente che la famiglia è il primo luogo di educazione umana e che i genitori sono i principali educatori. La Chiesa, cosciente della sua responsabilità nei confronti della famiglia, assume in modo deciso la sua missione nell'educazione delle nuove generazioni. E' ben noto il contributo a questo riguardo, delle scuole, dei collegi e dei centri superiori cattolici.

In un paese cristiano come l'Ecuador, non c'è niente di più logico e giusto del fatto che siano tutelati i principi e i valori cristiani della sua gente. perciò tutta la società deve sentirsi solidale nell'opera educativa, che fa la grandezza della Nazione. Ma, come si potranno offrire alle nuove generazioni ideali alti e nobili se non viene elevato il livello spirituale e morale della famiglia ecuadoriana?


6. Conoscete bene, cari fratelli, gli attacchi che oggi subisce l'istituzione familiare, la sua stabilità, il rispetto per la vita, l'autorità paterna, l'innocenza dei bambini. Campagne contro la natalità, concezioni della vita ispirate al secolarismo e all'edonismo sono motivo di viva preoccupazione per voi, particolarmente in certe regioni della costa ecuadoriana. Si rende necessario perciò, intensificare una pastorale familiare che, orientata da parte della Conferenza Episcopale, dia nuova vitalità ai movimenti apostolici a favore della famiglia, sensibilizzando i laici cattolici che operano nella vita pubblica, perché le strutture sociali e le disposizioni legislative favoriscano maggiormente l'unità e la stabilità dell'istituzione familiare. I laici cristiani devono essere convinti che costruendo la famiglia sulle solide basi del Vangelo, collaborano anche alla costruzione della Chiesa (cfr CL 40).

Nella formazione delle coscienze, come anche nella trasmissione e diffusione del Vangelo, giocano un ruolo importante i mezzi di comunicazione sociale. La Chiesa deve assumere con sempre maggiore determinazione la sua responsabilità nell'indirizzo cristiano di questi mezzi così importanti nell'opera educativa. E' motivo di soddisfazione verificare le mete raggiunte dalla Chiesa ecuadoriana nel campo delle emittenti radio. A questo proposito, ricordo con gioia la cerimonia di benedizione della "Radio Cattolica Nazionale dell'Ecuador" durante la mia visita pastorale. Voglia Dio che la attività radiofonica, come anche degli altri mezzi di comunicazione sociale, continui ad ampliare la sua influenza a favore della evangelizzazione e promozione spirituale e umana negli ambienti rurali e urbani.


7. Nella vostra opera evangelizzatrice, un settore che deve essere oggetto di particolare sollecitudine pastorale sono le comunità indigene. So che la popolazione indigena, che raggiunge approssimativamente i tre milioni e mezzo, e si e stabilita soprattutto nella regione interandina e orientale, rappresenta circa il trenta per cento della popolazione totale dell'Ecuador.

Conservo ancora vivo nella mia mente il caro ricordo dell'incontro a Latacunga con le comunità e i gruppi indigeni, che per la prima volta si riunivano in gran numero, convocati dalla Chiesa. Mi rallegra sapere che quella iniziativa ha contribuito decisamente al fatto che le comunità indigene prendessero maggior coscienza della propria identità, dei valori delle loro culture e del posto che devono occupare nell'insieme della popolazione ecuadoriana.

La celebrazione del quinto centenario dell'arrivo della buona Novella nelle terre americane, deve essere l'occasione propizia per rinnovare il vostro impegno nell'evangelizzazione in profondità delle comunità indigene dell'Ecuador.

E' inoltre necessario dare nuovo impulso e coordinare a livello diocesano le direttive impartite dalla Conferenza Episcopale sulla pastorale degli indigeni della costa e degli afroequatoriani. Il Vangelo deve penetrare ancora di più nelle culture indigene ed esprimersi nella vita comunitaria, nella fede e nella liturgia. Una Chiesa viva e unita intorno ai suoi Pastori sarà la migliore difesa per arrestare l'opera disgregatrice che alcune sètte stanno portando avanti fra i vostri fedeli, seminando fra loro la confusione e privando del suo significato il contenuto del messaggio cristiano.


8. La Chiesa si sente fermamente impegnata nella sua missione di illuminare tutti con la dottrina di Cristo, che è un messaggio di verità, di giustizia e, soprattutto di amore. E' esigenza del Vangelo mostrare particolare predilezione verso i più bisognosi. perciò occorre fomentare una grande attenzione sociale che si ispiri sempre più alla Parola di Dio, in perfetta sintonia con il Magistero della Chiesa e in intima comunione con i Pastori. La missione evangelizzatrice deve abbracciare la totalità della persona; infatti "l'amore che spinge la Chiesa a comunicare a tutti la partecipazione gratuita alla vita divina, le fa anche perseguire, attraverso l'efficace azione dei suoi membri, il vero bene temporale degli uomini, sovvenire alle loro necessità, provvedere alla loro cultura e promuovere una liberazione integrale da tutto ciò che ostacola lo sviluppo delle persone". (Congr. pro Doctrina Fidei, "Libertatis Conscientia", 63). A questo riguardo, desidero ripetervi il richiamo che feci durante la mia visita al Guasmo di Guayaquil: "Nessuno si senta tranquillo finché c'è in Ecuador un bambino senza scuola, una famiglia senza abitazione, un operaio senza lavoro, un ammalato o un anziano senza adeguata assistenza" ("Allocutio Guayaquilli, ad Christifideles regionis "Guasmo"", 5, die 1 feb. 1985: , VIII, 1 [1985] 325).

Prima di concludere, cari fratelli, vi prego di trasmettere la mia parola di incoraggiamento ai missionari, che con abnegazione e sacrificio dedicano la loro vita a diffondere il messaggio cristiano di salvezza nelle regioni più lontane dell'Ecuador, soprattutto nella selva amazzonica e sulla costa. Il Papa è sempre vicino a loro con le sue preghiere al Signore, affinché conceda molti frutti alla loro opera apostolica. Il Signore della messe invii numerosi operai a quei territori, fecondati recentemente con il sangue del Vescovo Alejandro Labaca e della religiosa suor Ines Durango.

Portate anche ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli il saluto del Papa, che li raccomanda al Signore con grande affetto e speranza.

A voi e a tutto l'amato popolo ecuadoriano imparto la benedizione apostolica.

1989-10-27 17/01/19102

Venerdi 27 Ottobre 1989 Pag. 14974




Ai partecipanti alla settimana di studio della pontificia accademia delle scienze - Città del Vaticano (Roma)

Solo la diffusione di una cultura della solidarietà permetterà di sconfiggere le "strutture di peccato"


Eccellenza, signor presidente, illustri membri dell'accademia.


1. E' per me una grande gioia salutare tutti voi che avete partecipato alla settimana di studio organizzata dalla pontificia accademia delle scienze sul tema "Società per lo Sviluppo in un contesto di solidarietà". L'argomento che avete affrontato è effettivamente complesso e non c'è dubbio che richiederà quel tipo di studio ulteriore che soltanto degli eminenti studiosi quali voi siete possono promuovere. Non di meno, l'argomento è di vitale importanza per la soluzione di uno dei problemi più urgenti che oggi il mondo deve affrontare: quello di uno sviluppo che si realizza entro un contesto di genuina solidarietà fra i popoli e gli Stati.


2. La Chiesa ha sempre nutrito una sollecitudine particolare nei confronti del pieno sviluppo dei popoli, come risulta dall'imponente insieme della sua dottrina sociale. Ciò è particolarmente vero ai nostri giorni, in cui questo problema ha assunto proporzioni così vaste. In effetti, per tutta la sua lunga storia, il genere umano non ha mai conosciuto un'epoca di prosperità lontanamente paragonabile a quella che il mondo sta vivendo in questa seconda metà del XX secolo. Eppure, questa prosperità, ad un'analisi più accurata, si è dimostrata distorta e squilibrata. E' una prosperità che avvantaggia solo una piccola porzione dell'umanità, mentre lascia la maggioranza degli abitanti del mondo in uno stato di sottosviluppo.

Lo sviluppo perciò ha fatto sorgere problemi assai seri, che la Chiesa non può fare a meno di affrontare. Questi problemi non sono soltanto di ordine politico ed economico; essi riguardano allo stesso tempo l'ordine morale. In effetti ciò che è in gioco è l'uomo stesso. E il dovere principale della Chiesa è quello di far udire la sua voce ogni qualvolta si presenta un problema che riguarda l'uomo - nella sua dignità di persona umana; nel suo diritto alla libera associazione per una crescita migliore e più umana; nel suo diritto alla libertà.


3. Essenzialmente, la Chiesa ha deciso di intervenire nel problema dello sviluppo per due motivi. Innanzitutto essa vuole proclamare il disegno di Dio per l'umanità, così come lo troviamo nella Rivelazione cristiana, che ha il suo culmine e la sua espressione definitiva nell'insegnamento di Gesù. Ma la Chiesa vuole anche offrire una "lettura" del problema dello sviluppo alla luce del Vangelo e della legge morale naturale, che essa ha il dovere sia di tutelare che di applicare alle mutevoli situazioni storiche. Nel far ciò essa si augura di rendere evidenti le storture e le ingiustizie che affliggono le persone umane, di indicare le loro cause e quei principi e linee di azione necessarie per uno sviluppo giusto ed equilibrato. E' proprio questo ciò che Papa Paolo VI ha cercato di fare nel 1967 con la sua grande enciclica "Populorum Progressio". Nei vent'anni trascorsi dalla pubblicazione di questo importante documento, molti grandi cambiamenti sono avvenuti nel mondo. In alcune regioni si notano segni che lasciano aperta la speranza di risolvere il problema dello sviluppo. Mentre, in altre regioni, la mancanza di progresso verso lo sviluppo ha assunto proporzioni veramente catastrofiche. Per questa ragione ho ritenuto mio dovere raccogliere l'insegnamento di Papa Paolo VI e svilupparlo ulteriormente nella mia enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" del 30 dicembre 1987. Mi fa molto piacere che questa settimana di studi prenda in esame un tema importante di questa enciclica.

Nell'enciclica ho osservato che le condizioni dei paesi in via di sviluppo "si sono notevolmente aggravate" (SRS 16) a motivo di "una concezione troppo limitata, ossia prevalentemente economica, dello sviluppo" (SRS 15). I paesi industrializzati ne sono responsabili, in quanto "non sempre, almeno non nella debita misura, hanno sentito il dovere di portare aiuto" ai paesi tagliati fuori dalla prosperità mondiale (SRS 16). Ho ritenuto necessario "denunciare l'esistenza di meccanismi economici, finanziari e sociali, i quali, benché manovrati dalla volontà degli uomini, funzionano spesso in maniera quasi automatica, rendendo più rigide le situazioni di ricchezza degli uni e di povertà degli altri" (SRS 16). Partendo da una lettura puramente politica ed economica della situazione - per quanto importante e valida possa essere -, ho proseguito parlando di alcune "strutture di peccato". Due fattori in particolare hanno contribuito a creare, promuovere e rafforzare queste "strutture", mettendole così in grado di condizionare ancora di più la condotta umana: il desiderio esclusivo di profitto e la sete di potere che tende ad imporre agli altri la propria volontà. "Ovviamente, a cader vittime di questo duplice atteggiamento di peccato non sono solo gli individui; possono essere anche le nazioni e i blocchi.

E ciò favorisce di più l'introduzione delle "strutture di peccato" di cui ho parlato... Diagnosticare così il male significa identificare esattamente, a livello della condotta umana, il cammino da seguire per superarlo" (SRS 37).


4. Qual è dunque il cammino da seguire? E' compito della Chiesa risvegliare le coscienze ed invitarle a prendere atto del fatto che oggi, come Lazzaro alla porta dell'uomo ricco, milioni di persone si trovano in una terribile necessità, mentre gran parte delle risorse mondiali vengono impiegate in settori che poco o nulla hanno da offrire per contribuire al miglioramento della vita in questo pianeta. La Chiesa ha affermato con forza che la solidarietà è un grave obbligo morale, sia per le nazioni che per gli individui.

La virtù della solidarietà ha le sue radici più profonde nella fede cristiana, la quale insegna che Dio è nostro Padre e che tutti gli uomini e le donne sono fratelli e sorelle. Da questa convinzione scaturisce l'etica cristiana, un'etica che esclude ogni forma di egoismo e di arroganza e cerca di unire liberamente le persone per raggiungere il bene comune. Dall'etica cristiana deriva la convinzione che è ingiusto sprecare risorse che potrebbero essere necessarie per la vita di altri. Oggi si rende necessaria una maggiore consapevolezza di questo imperativo morale, date le attuali condizioni di parti tanto vaste della razza umana.

La solidarietà inoltre conduce alla collaborazione di tutti i gruppi sociali, che sono quindi chiamati a guardare oltre gli orizzonti del proprio interesse egoistico, per fare della solidarietà una "cultura" da promuovere nella formazione dei giovani e da mettere in evidenza nei nuovi modelli di sviluppo. In effetti, soltanto una diffusa "cultura della solidarietà" consentirà quello scambio di obiettivi ed energie che sembra tanto necessario se si vuole raggiungere un livello di vita veramente umano su questa terra.


5. Parlando in termini pratici, cosa occorre fare perché il principio di solidarietà fra gli individui e i popoli si diffonda sempre di più? La Chiesa, da parte sua, non può offrire soluzioni tecniche al problema del sottosviluppo come tale, poiché non ha nè la missione nè la capacità di enunciare i modi e i mezzi contingenti, con i quali i problemi dell'ordine politico ed economico possono e devono essere risolti. A questo punto entra in gioco il ruolo della scienza.

E' qui che troviamo il significato reale di questa settimana di studio e di altre simili iniziative volte a sviluppare le direttive tracciate dall'enciclica. Il loro obiettivo è quello di analizzare e studiare in modo più approfondito - servendosi di un approccio interdisciplinare e scientificamente provato - le cause culturali, economiche e politiche del sottosviluppo; di identificare con un'analisi precisa e rigorosa i processi che perpetuano il sottosviluppo; e di suggerire modelli di sviluppo che possano essere considerati realizzabili nelle presenti circostanze storiche. Tale analisi cerca di indicare i modi e i tempi opportuni per intervenire, le condizioni, i mezzi e gli strumenti necessari per passare dal sottosviluppo ad uno sviluppo equilibrato, vale a dire, uno "sviluppo in un contesto di solidarietà".


6. Fra i molti problemi che occorre prendere in considerazione, ve n'è uno in particolare che vorrei portare alla vostra attenzione. E' il problema del debito internazionale, un debito che grava pesantemente, talvolta con conseguenze devastanti, su molti paesi in via di sviluppo. Non è un problema che può essere considerato isolato dagli altri; anzi, il debito internazionale è intimamente legato ad un insieme di altri problemi, quali quelli dell'investimento estero, del giusto funzionamento delle maggiori organizzazioni internazionali, del prezzo delle materie prime e così via. Vorrei soltanto osservare che questo problema, negli ultimi anni, è diventato il simbolo di squilibri ed ingiustizie già esistenti, il cui peso viene spesso portato dai settori più poveri della popolazione, e ciò dimostra un'apparente incapacità di ribaltare un processo pernicioso che sembra talvolta vivere di vita propria.

La Santa Sede ha già avuto occasione di parlare di questo problema a livello ufficiale (cfr. Pont. Commissionis "Justitia et Pax":, "Ac the Service of the Human Community: on Ethical Approach to the International Debt Question, die 27 dec. 1986). Eppure la Chiesa continua a udire gli accorati appelli dei suoi Pastori in quei paesi che sono gravati da questo peso enorme, un peso che sembra senza tregua e che compromette gravemente l'autentica possibilità di uno sviluppo libero e positivo.

Ho sottolineato l'importanza di questo problema perché, una volta affrontato con equilibrio, competenza e in uno spirito di autentica solidarietà, esso ha il potenziale per diventare un simbolo e un modello genuino di soluzione creativa ed efficace dinanzi agli altri complessi e pressanti problemi dello sviluppo internazionale.

Le soluzioni a questi problemi non sono nè semplici nè a portata di mano; eppure, una volta affrontati con saggezza e coraggio, essi promuovono la speranza in un mondo in cui la solidarietà non sia più semplicemente una parola, ma un compito urgente ed una convinzione che dà i suoi frutti nell'azione. La virtù della solidarietà, praticata ad un livello autentico e profondo, esigerà da tutte le parti sia la disponibilità a farsi coinvolgere, che il profondo rispetto per gli altri. Solo in questo modo le grandi risorse potenziali dei paesi in via di sviluppo potranno trasformarsi in una realtà concreta che ha molto da offrire al mondo intero.

Illustri membri dell'accademia ed eminenti professori: ho desiderato soltanto sottolineare alcuni dei problemi e delle idee più pressanti su cui avete discusso durante questa settimana di studio. Nell'esprimere la mia speranza che il vostro impegno sia stato fruttuoso, invoco su tutti voi abbondanti benedizioni divine.

1989-10-27

Venerdi 27 Ottobre 1989




Ai partecipanti al capitolo generale dell'Ordine dei Servi di Maria - Città del Vaticano (Roma)

"Siate accanto alle infinite croci del mondo per recare conforto e cooperazione redentrice"


Carissimi fratelli.

Ringrazio vivamente il padre Hubert Moons nuovo priore generale del vostro Ordine dei Servi di Maria, per il cordiale indirizzo che, anche a nome di tutta la famiglia religiosa, ha voluto rivolgermi, e desidero esprimervi la mia gioia per questo nostro incontro, che vuole idealmente collegarsi con quello che i capitolari dell'ordine servitano ebbero nel 1974 col mio venerato predecessore Paolo VI, che ebbe per voi parole piene di paterna confidenza e premura.

Voglio rifarmi anch'io a quel clima di fraterno colloquio cominciando col rallegrarmi per i lavori del capitolo generale, per l'elezione del priore generale e per l'opportunità e l'importanza dei temi che avete affrontato, intesi da una parte a dar nuovo vigore alla vostra spiritualità e dall'altra ad assicurarle un maggior dinamismo apostolico in relazione ai bisogni, alle speranze, alle sofferenze ed ai valori degli uomini del nostro tempo. Mi compiaccio in particolare per la capacità che l'ordine ha avuto di suscitare nuove vocazioni nelle giovani Chiese dell'Africa e dell'Asia. Vedo in questo fatto un segno assai confortante di speranza per il futuro della vostra famiglia religiosa.


2. Nel tracciare le linee programmatiche per il futuro, vi siete giustamente ispirati a quello spirito di servizio - servizio a Dio, alla Chiesa, all'umanità - che ha animato ed anima l'amore che Maria stessa, la serva del Signore, effonde in abbondanza nei vostri cuori. Avete opportunamente studiato, in particolare, quali possano o debbano essere i nuovi tipi di servizio in relazione a quelle nuove forme di povertà che si affacciano, spesso in modo drammatico, sull'orizzonte del mondo contemporaneo. Vi siete così sentiti nello spirito delle vostre costituzioni, "accanto alle infinite croci per recarvi conforto e cooperazione redentrice". Partecipi dei medesimi sentimenti della Vergine Addolorata, avete voluto essere, come lei, "consolazione degli afflitti" e "causa di letizia".

Ricordatevi, cari fratelli, della grande responsabilità che avete come ispiratori e promotori di tali sentimenti verso tutte quelle persone, che si rifanno alla spiritualità servitana.


3. La particolare attenzione che dedicate al mistero di Maria è e resta l'elemento specifico del vostro carisma religioso e, pertanto, del vostro stile di vita e della vostra missione. Ho percepito chiaramente questo vostro speciale carisma, quando mi è stato dato di visitare alcuni vostri luoghi mariani, come il santuario di Pietralba, quello della Madonna della Ghiara o della santissima Annunziata di Firenze. E faccio mia anche la raccomandazione del vostro priore generale uscente a mantenere viva ed a sviluppare l'operosa tradizione del convento di monte Senario. Infatti il carisma di ogni famiglia religiosa non è semplicemente un principio astratto, ma è un valore che si radica sempre in una storia ed in un luogo privilegiato, al quale pertanto occorre attingere, per rinverdire il messaggio ideale di cui quel luogo è segno e memoria. Esso perciò deve essere sempre considerato come sorgente continua di ispirazione e di luce.


4. Vi raccomando in modo particolare l'attività del vostro centro teologico "Marianum": esso ha una responsabilità grande e delicata, nel campo della mariologia, per tutta la Chiesa. Fate dunque in modo che si sviluppi in piena fedeltà e comunione con il Magistero della Chiesa; in una sana e fervorosa libertà di ricerca e di iniziative, in maniera da far veramente progredire la conoscenza del dogma mariano.

Non cessate di dare sempre nuovo impulso all'attività missionaria ed evangelizzatrice, con un occhio particolare a tutti quei popoli che maggiormente si mostrano aperti e disponibili alla luce del Vangelo. Si tratta, generalmente, dei poveri e degli oppressi. Sono essi infatti i destinatari dell'appello di Cristo: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28).

Ciascuno di voi, come un "altro Cristo" deve attirare intorno a sè i poveri, offrirsi a loro nel nome di Cristo, offrire loro ciò che Cristo stesso offre: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime" (Mt 11,29).


5. Cari fratelli, permettetemi ancora una raccomandazione: quella della fraternità. So che questa è una peculiare esigenza e virtù della vostra spiritualità, nata in un clima di stretta collaborazione reciproca, di mutua accettazione e comprensione, di amore e di stima reciproci, che tanto distinse il gruppo dei sette santi fondatori. Quale esperienza privilegiata fu per loro! Solitamente i fondatori sono singole persone, perché un'ispirazione così delicata ed originale, com'è quella di una nuova fondazione, è molto personale. Per voi, invece, non è stato così! Avete avuto anche in ciò un carisma speciale di unità ed armonia fraterna. Conservate gelosamente questo tesoro preziosissimo, sull'esempio e con l'intercessione dei vostri fondatori. E diffondetelo nella Chiesa e nell'umanità, tanto bisognosa di armonia, pace e mutua comprensione! Con tali voti, invoco su di voi l'intercessione della Vergine santissima o - come dite voi semplicemente - di "Santa Maria". Ella continui a custodirvi sotto il suo manto, secondo quell'antica rappresentazione che vi è cara. Ed io vi benedico tutti di cuore, insieme con tutta la vostra famiglia spirituale.

1989-10-27

Venerdi 27 Ottobre 1989




L'omelia della Messa per l'inaugurazione dell'anno accademico delle pontificie università romane - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Quando la conoscenza diventa amore, la teologia dimostra di essere l'intimo tesoro dell'uomo



1. "Veni, Creator Spiritus".

Con questa invocazione allo Spirito di verità inauguriamo il nuovo anno accademico a Roma.

Ringrazio per la parola introduttiva del prefetto della congregazione per l'educazione cattolica.

Do un cordiale benvenuto a tutti i presenti: a tutti coloro che, in diversi modi, formano questa grande comunità accademica della Chiesa che è a Roma.

Che ciascuno di voi, cari fratelli e sorelle, accetti di partecipare alla sollecitudine per la dottrina, che la Chiesa custodisce e sviluppa "sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti" (Ep 2,20).

Che ciascuno di noi si apra ai doni dello Spirito di verità, che oggi in modo particolarmente solenne invochiamo ed invitiamo a visitarci interiormente.

"Egli vi insegnerà ogni cosa perché prenderà del mio e ve l'annunzierà" (cfr Jn 16,14). La Chiesa vive di questa promessa di Cristo. Il successore di Pietro, per primo, edifica su di essa il suo servizio.


2. San Paolo si rivolge oggi a noi con le parole della lettera ai Romani. Queste parole sono sconvolgenti. L'Apostolo parla di sè - ma la verità che esprime riguarda, al tempo stesso, tutto il genere umano. Riguarda ognuno di noi. Ogni uomo.

"Io so... che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo" (Rm 7,18).

"Infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Rm 7,19).

"Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me" (Rm 7,21).

"Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo" (Rm 7,22-24).

"Sono uno sventurato! Chi mi libererà?" (Rm 7,24).


3. E' l'Apostolo a porre questa domanda: l'eterno interrogativo dell'uomo sulla liberazione dall'oppressione del male. Egli l'ha fatta precedere da un'analisi - che certamente appartiene ai vertici della letteratura - dell'intimo umano. E' una "supertestimonianza".

L'analisi giustifica la domanda. E la risposta al quesito è: Gesù Cristo.

Come si vede, il pensiero paolino ci porta dall'antropologia alla cristologia.

Il Concilio Vaticano II prende la stessa strada, affermando che: "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo... Cristo che è il nuovo Adamo... svela... pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (GS 22).

Questa rivelazione è liberatoria. Anzi, essa attua la liberazione invocata da Paolo.

Liberare dal male vuol dire rivelare il bene. Rivelare ed aiutare a realizzarlo.

Cristo "svela l'uomo all'uomo" - insegna il Concilio - "proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore" (GS 22).


4. Come si vede, la strada passa dall'antropologia - attraverso il mistero di Cristo - alla teologia.

Dobbiamo sempre prendere questa via. Questa è la via della suprema conoscenza. Su questa via vi attende lo Spirito di verità di cui Cristo disse: "Prenderà del mio e ve l'annunzierà" (Jn 16,14). Su questa via lo Spirito di verità attende anche da ciascuno di voi una grande disponibilità, una sincera apertura delle vostre menti e delle vostre coscienze.

Si. Anche delle vostre coscienze. Occorre che esclamiate a Dio insieme al Salmista: "La tua legge, Signore, è la nostra gioia" (cfr Ps 119,111).

La conoscenza deve diventare amore, perché l'amore vi aiuti a conoscere pienamente.

In questo modo la teologia dimostra di essere l'intimo tesoro dell'uomo.

Dopo, occorre condividere questo tesoro con gli altri, riconoscendo i segni dei tempi, come dice il Vangelo di oggi: "Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?" (Lc 12,56-57).


5. Occorre dunque anche che "l'uomo interiore" - in ognuno di noi - "acconsenta alla legge di Dio" (cfr Rm 7,22).

Non è possibile soltanto "imparare" la teologia. Bisogna renderla "vita" della propria anima, affinché porti frutti in noi stessi e in coloro ai quali veniamo inviati.


6. Veni, Creator Spiritus...

Oggi qui, presso quest'altare della Basilica di san Pietro, ci uniamo con tutti coloro che nel mondo prendono parte alla stessa opera. In tante università, accademie, presso tante cattedre.

Chiediamo per tutti il dono dello Spirito di verità: "Accende lumen sensibus, / infunde amorem cordibus".

"Veni, Creator... / mentes tuorum visita / Veni Creator / imple superna gratia, / quae tu creasti, pectora. / Veni, Creator". Amen.

1989-10-27

Venerdi 27 Ottobre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi dell'Ecuador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)