GPII 1989 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Silvestrini - Città del Vaticano (Roma)

Lettera al Cardinale Silvestrini - Città del Vaticano (Roma)

Un uomo di studio e di preghiera


Al signor Cardinale Achille Silvestrini, Prefetto del supremo tribunale della segnatura apostolica.

Con vivo compiacimento sono venuto a conoscenza della solenne commemorazione del compianto Cardinale Francesco Roberti, già prefetto del supremo tribunale della segnatura apostolica, che avrà luogo in occasione del centenario della sua nascita.

Apprezzo l'iniziativa presa da codesto dicastero e dall'arcisodalizio della Curia romana e volentieri mi unisco spiritualmente alla significativa cerimonia, intesa a mettere in risalto i meriti del Cardinale Roberti, definito da Paolo VI "ecclesiastico degnissimo, bravo, buono, pio e fedele servitore della Chiesa" ("Insegnamenti di Paolo VI", vol. XV, 1977, p. 716). Ricordandone la nobile figura, emerge immediatamente la sua personalità di acuto studioso del diritto e della morale e, nello stesso tempo, di zelante pastore. Nelle varie mansioni svolte durante la sua lunga esistenza, egli visse pienamente il suo sacerdozio: dapprima come superiore del seminario romano minore, dove aveva compiuto gli studi; successivamente come docente di diritto canonico, consulente della segreteria di Stato e di altri dicasteri, uditore del tribunale della Sacra Rota, membro della commissione preparatoria del Concilio Vaticano II.

A questi incarichi, svolti con illuminata dedizione, egli affiancava il ministero come cappellano in alcuni borghi dell'Agro Romano, come primo presidente della federazione degli istituti dipendenti dall'autorità ecclesiastica ed assistente ecclesiastico dell'unione giuristi cattolici.

Docente molto apprezzato, restano a testimonianza della sua scienza giuridica i volumi "De processibus" e "De delictis et poenis", come la rivista "Apollinaris", da lui fondata con alcuni colleghi. Ma soprattutto è da ricordare il "Dizionario di Teologia Morale", da lui voluto e diretto, per offrire un aiuto illuminato nella formazione delle coscienze alla luce della ragione naturale, della rivelazione cristiana e del Magistero autentico della Chiesa. Preoccupato dell'andamento della società e della salvezza eterna delle anime, così egli scriveva nella prefazione: "La morale domina tutta l'attività umana ed essa sola è capace di condurla al suo perfetto sviluppo. Le più gravi obiezioni contro la religione non provengono dalla speculazione, ma dai costumi. Molti crederebbero, se accanto al Credo non ci fosse il Decalogo".

Sono, queste, parole serie e severe che definiscono il carattere del Cardinale Francesco Roberti, sollecito di trasmettere forti e ferme convinzioni cristiane e di insegnare chiaramente ciò che è retto, in fedeltà all'insegnamento della Chiesa e al di là di etiche immanentistiche e riduttive. Uomo di studio e di preghiera, egli è tuttora di esempio al Popolo di Dio, specialmente per l'impegno nell'approfondire la legislazione ecclesiastica e per la difesa della retta fede e dell'onestà dei costumi.

Con l'auspicio che la prossima sessione accademica porti copiosi frutti di bene, di cuore imparto a lei, signor Cardinale, la mia apostolica benedizione, che volentieri estendo agli organizzatori, ai docenti ed a tutti i partecipanti.

Dal Vaticano, 29 ottobre dell'anno 1989.

1989-11-29

Mercoledi 29 Novembre 1989




Beatificazione di un sacerdote veronese - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Il beato Giuseppe Baldo: parroco in tempi difficili, ha sempre predicato la verità per combattere l'errore


"Voi vi siete accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli..." (He 12,22).


1. Le parole rivolte ai primi cristiani dall'autore della lettera agli Ebrei, carissimi fratelli e sorelle, si potrebbero dire una meravigliosa sintesi di ciò che fu l'aspirazione continua di don Giuseppe Baldo, che questa sera ho avuto la gioia di iscrivere nell'albo dei beati.

Egli infatti, durante tutta la sua vita di sacerdote e di parroco, non fece altro che accostarsi costantemente e fervidamente a Dio, mediante Gesù Cristo, il redentore e il maestro divino, all'"adunanza festosa" dei santi e degli angeli, alla "Gerusalemme celeste", che ci attende e verso la quale anche noi ci protendiamo con tutto il desiderio del cuore.

E perciò ci rallegriamo nel Signore in questi primi vespri della solennità di Tutti i Santi per la beatificazione di questo sacerdote veronese, che con la parola e con la vita fu testimone instancabile di fede convinta e radiosa, di costante servizio alla Chiesa ed alle anime, di umana e cristiana carità.


2. Il nuovo beato, com'è noto, visse in tempi assai diversi dai nostri, durante un periodo segnato da violente tensioni ideologiche e politiche e nel contesto di profondi rivolgimenti culturali e sociali. Uomo intelligente e aperto, egli fu pienamente figlio della sua epoca, senza tuttavia diventarne mai succube. Ne apprezzo i fermenti di libertà e di democrazia, le aspirazioni verso l'unità nazionale, l'accresciuta sensibilità per i valori della giustizia sociale, ma reagi fermamente alle tendenze irreligiose e anticlericali, che non di rado vi si manifestarono, con iniziative, che furono per lui motivo di intensa pena. Egli, tuttavia, non si abbandonava a sterili recriminazioni sulla nequizia dei tempi: possedeva la luce e il coraggio della fede cristiana, che sa riconoscere la presenza della Provvidenza in ogni vicenda della storia, stimolando alla fiducia ed all'azione.

Con intrepida fortezza diceva: "Bisogna essere attivi, con franchezza, con sacrificio, con confidenza". "Colleghiamoci per fare il bene, per difendere la più santa delle cause: stiamo uniti e saremo forti!". Ed ancora, con evangelica chiarezza, soggiungeva: "Noi dobbiamo tener alta la nostra bandiera in faccia a tutti: ma ricordiamoci che non abbiamo dinanzi nemici da schiacciare, ma fratelli da convertire".

I nostri tempi son certamente diversi da quelli del nuovo beato, e tuttavia, anche nella nostra epoca così complessa e difficile, rimane attuale il suo messaggio e luminoso il suo esempio.


3. "Cercate la pace con tutti e la santificazione... vigilando che nessuno venga meno alla grazia di Dio" (He 12,14), esorta la lettera agli Ebrei. Come sacerdote e parroco, don Baldo ebbe sempre questo assillo nell'animo: la pace, la santificazione, la vita di grazia dei suoi fedeli. Questa fu la caratteristica del suo impegno umile e nascosto.

Fin dal primo giorno della sua presenza in parrocchia nel presentarsi al popolo egli proponeva in questi termini il suo programma: "Sono il vostro parroco.

Vostro: dunque tutto per voi. D'ora innanzi voi avete una nuova proprietà, un nuovo cuore, cui avete diritto di fare appello; una nuova anima, che per assoluto dovere dovrà soffrire per voi, per voi agonizzare. Giovani: voi cercate un amico? Eccovelo: ho sempre vissuto coi giovani e ho appreso a tenerne in pregio le doti di intelligenza e di cuore. Vecchi, poveri, ammalati: siete i primi che io porto nel cuore. Peccatori; credetemi e accettatemi tutto per voi. Per voi di giorno; per voi di notte. La giornata più bella sarà quella in cui potro aver donato a Dio un'anima... Alzo le mani e in faccia al Tabernacolo, in faccia agli Angeli, ai Santi tutelari di questa chiesa, in faccia a voi, testimoni della mia parola, io giuro: giuro e prometto che non cerchero niente più che la salvezza delle anime".

E, giorno dopo giorno, fu assolutamente fedele a questi propositi di intensa attività apostolica, andando incontro a tutte le categorie di persone per istruirle e formarle, secondo quella sua unica e ardente aspirazione. Compilo un apprezzato catechismo, scrisse il "Decalogo dell'emigrante", fondo il ginnasio parrocchiale per le vocazioni sacerdotali e religiose.

Era profondamente convinto che il primo dovere del parroco è quello di predicare la verità per combattere l'errore, scuotere gli indifferenti, infervorare i buoni, consolare i sofferenti: "Non badate all'uomo che vi parla - così diceva - ma al ministero che esercita. In ogni parroco vi è Gesù Cristo pastore e guida". E in altra occasione soggiungeva: "Non si rialza il morale senza la morale, né si ha la morale senza il catechismo. Il catechismo appreso e osservato rifà il mondo, bandisce il vizio, fa regnare la virtù".

Mosso da questi convincimenti, don Baldo insegnava, sorvegliava, custodiva con fortezza e bontà. Il suo zelo apostolico e il suo impegno di perfezione si radicavano principalmente nell'alta stima che egli aveva del sacerdozio: "Il cuore del sacerdote - scriveva - deve essere somigliante al Cuore sacerdotale di Gesù; deve diffondere la luce di quanto è veramente bello, amabile, virtuoso. Deve diffondere il chiarore della dottrina di Gesù Cristo".


4. "Voi vi siete accostati... al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele" (He 12,22 He 12,24). Sono ancora le parole della lettera agli Ebrei. Nella quotidiana celebrazione della Messa don Baldo sapeva di "accostarsi al sangue dell'aspersione", che "il Mediatore della Nuova Alleanza" ha versato per noi; lo sapeva e lo viveva con un trasporto ogni giorno rinnovato, che cercava di trasfondere anche nei fedeli.

A tal fine, egli curo con varie iniziative lo splendore del tempio e il decoro delle sacre celebrazioni, promovendo un'intensa pietà liturgica, specialmente mediante l'associazione dell'adorazione eucaristica e la pratica delle sante Quarantore. Era infatti convinto che solo per mezzo di un serio impegno nella preghiera è possibile praticare tutta la legge morale cristiana, a volte esigente fino all'eroismo, ed accettare con piena fiducia tutta la volontà di Dio.

Rivolgendosi ai giovani, insidiati da tante forme di tentazione, così diceva: "Il giovane, che ben disposto si accosta alla Sacra Mensa, diviene più fervido nell'amore di Dio, più forte nella fatica, più pronto nell'opera, più prudente quando è tentato e più sollecito nella pratica della virtù. L'Eucaristia è luce che rischiara, è cibo che ristora e rinforza". Sono parole valide tuttora per i nostri giovani, chiamati a testimoniare Cristo in un mondo che spesso lo respinge e a volte neppur lo conosce.


5. "Poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia" (He 12,28). Le parole della lettera agli Ebrei rispecchiano appieno l'attesa escatologica del nuovo beato, che oriento tutta la propria vita verso quel "regno incrollabile", che la solennità di Tutti i Santi ci invita oggi a contemplare con gli occhi del cuore. Don Baldo volle che ci fosse chi "conservasse la grazia" di questa sua fermissima speranza in mezzo al popolo che gli era stato affidato, mantenendo vivo nell'animo dei fedeli il patrimonio di valori spirituali, a cui aveva attinto ogni giorno nello svolgimento del suo apostolato.

Fondo così la congregazione delle "Piccole Figlie di San Giuseppe", nella quale cerco di trasfondere lo zelo che ardeva nel suo cuore sacerdotale, totalmente consacrato al bene delle anime e dei corpi sofferenti. Visitando le famiglie della parrocchia, don Baldo si era reso conto di tante impellenti necessità morali e materiali e di quanto fossero trascurati i vecchi e i malati, spesso abbandonati a se stessi nel momento in cui era più necessario alimentare in loro la speranza fiduciosa del "regno incrollabile". Bisognava trovare un rimedio adeguato a tale urgente necessità. Ed egli vi provvide dapprima con le "Ancelle di Santa Maria del Soccorso", poi con la fondazione di un ospedale-ricovero, ed infine con l'istituzione di una famiglia religiosa, dedita all'educazione dei bambini e dei giovani ed alla cura dei malati e degli anziani, che riusci a realizzare e sostenere anche con il conforto del Cardinale Giuseppe Sarto, allora Patriarca di Venezia, e che venne poi approvata dalla Santa Sede il 10 febbraio 1913, vivente ancora il fondatore. Fu l'ultima sua grande consolazione e da allora le "Piccole Figlie di San Giuseppe", in Italia e all'estero, si dedicano al servizio dei più bisognosi, ricordando le direttive del fondatore che le voleva alacri nel lavoro e generose nel sacrificio, secondo gli esempi di san Giuseppe, del quale diceva: "Fu chiamato alla vita attiva, ma questa vita attiva alimentava e fortificava ogni giorno con la vita contemplativa". E' quanto io stesso ho rilevato nell'esortazione apostolica "Redemptoris Custos", sottolineando come l'apparente tensione fra la vita attiva e quella contemplativa trova in lui (Giuseppe) un ideale superamento, possibile a chi possiede la perfezione della carità (27).


6. Cari fratelli e sorelle! Il nuovo beato ripete anche a noi: "Poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo a Dio un culto gradito a lui, con riverenza e timore, perché il nostro Dio è un fuoco divoratore" (He 12,28-29). Possediamo infatti il Regno della verità e della grazia! Invochiamo dunque con fiducia il beato Giuseppe Baldo, che risplende nella gloria degli eletti, per poterlo imitare nei suoi esempi di fede, di carità, di santità; Mettiamoci - come lui diceva - sotto il manto di Maria e di Giuseppe, affinché il Signore con il suo amore bruci i nostri difetti e ci infiammi di fervore per una vita cristiana sempre più convinta, coerente, credibile. Amen!

1989-10-31

Martedi 31 Ottobre 1989




Canonizzati due grandi apostoli dei poveri - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

San Gaspare Bertoni e san Riccardo Pampuri: rivestiti di Cristo verso l'uomo che soffre



1. "Apparve una moltitudine immensa" (Ap 7,9).

Oggi e il giorno in cui la Chiesa con occhi di fede, di speranza e di carità, guarda la "moltitudine immensa": la solennità di Tutti i Santi.

Questa moltitudine è una comunità: "communio sanctorum". Coloro che la Chiesa venera oggi provengono da "ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7,9).

L'apostolo Giovanni li ode nell'Apocalisse, mentre esclamano con voce risonante: "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello" (Ap 7,10).

Il grande giorno della definitiva unione degli uomini in Cristo. La solennità dell'eterna salvezza in Dio uno e trino.

"Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli. Amen" (Ap 7,12).


2. Tra queste moltitudini la Chiesa desidera chiamare oggi per nome due nuovi santi: Gaspare Bertoni e Riccardo Pampuri.

Anche loro si trovano tra coloro che "sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col Sangue dell'Agnello" (Ap 7,14).

Portano su di sè il sigillo salvifico della Redenzione di Cristo.

La Chiesa, iscrivendo i loro nomi nel libro dei salvati, desidera rendere il supremo omaggio al Redentore dell'uomo. In Cristo desidera adorare il Dio vivo: poiché la gloria di Dio è l'uomo che da lui ha la pienezza di vita.


3. "Prendendo la parola, (Gesù) li ammaestrava dicendo: "Beati" (Mt 5,2). Gesù sembra proporre, mediante le beatitudini, mete che superano le capacità umane; sembra esprimere per i suoi discepoli esigenze quasi illimitate.

La sua proposta si spinge fino alle radice dell'esperienza che l'uomo fa del proprio limite: la povertà, l'umiliazione, il pianto, la persecuzione.

In realtà le parole di Gesù ci dicono con viva chiarezza che Dio ha dato il suo Figlio al mondo per liberare l'uomo da un destino di sofferenza e per ricondurre l'umanità ad una vita nuova, mediante la Croce. L'amore infinito del Figlio unigenito, con la sua obbedienza fino alla morte, raggiunge la sofferenza umana nella sua dimensione temporale e storica, e riconduce ogni uomo alla speranza della vita e della santità eterne.

E' proprio questo il linguaggio delle beatitudini, che, a prima vista, sembra sconcertante ed iperbolico, ma che, in realtà, raccoglie tutta l'esperienza del dolore per affermare con forza che Dio ha riconciliato a sè l'uomo e, santificandolo, lo ha ricondotto alla piena partecipazione della vita divina. Ciò avviene proprio mediante la Croce, poiché nel Crocifisso Dio si è definitivamente avvicinato all'umanità e l'uomo ha acquistato piena coscienza della sua dignità ed elevazione.

La comunità cristiana delle origini, sempre sul punto di sentirsi travolta dalle persecuzioni, era invitata a gioire, alla luce di queste parole, riconoscendo di dover soffrire "a causa della giustizia" (Mt 5,10), cioè a causa del Vangelo.

Anche oggi lo Spirito di Gesù continua a suscitare tra quanti ne accolgono il messaggio la gioia delle beatitudini mediante la testimonianza dei suoi amici, i santi. Per mezzo di essi continua ad operare meraviglie nel cuore dell'uomo, e ad attestare la propria vicinanza al povero e all'afflitto, per consolare, sostenere e saziare di giustizia tutti coloro che "sono chiamati figli di Dio e lo sono realmente" (cfr 1Jn 3,1).


4. Anche noi oggi, contemplando Gaspare Bertoni e Riccardo Pampuri, siamo invitati a rallegrarci ed esultare, perché in essi vediamo risplendere il mistero dell'eterna santità di Dio uno e trino, che a noi viene riproposta in una nuova attualizzazione del contenuto delle beatitudini evangeliche.

Si tratta di due persone che sono state amanti della povertà, sensibili verso la sofferenza, premurose con gli abbandonati, partecipi dell'angoscia e dell'afflizione dei loro fratelli. Due testimoni dell'amore di Cristo, sia pure in tempi e in forme diverse di vita.

Il primo, san Gaspare Bertoni, nel periodo successivo alla rivoluzione francese, tra le miserie economiche e morali di una Verona provata dai conflitti napoleonici; il secondo, san Riccardo Pampuri, agli inizi di questo secolo, quale testimone di carità nella vita ordinaria di medico, nel servizio ai feriti sul fronte della prima guerra mondiale, nelle corsie di un ospedale come fratello laico dell'ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio.

Ambedue "sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,14). Ambedue si sono rivestiti di Cristo per essere "simili a lui" (1Jn 3,2). Come veri figli di Dio hanno imitato l'amore grande del Padre, hanno accettato di non essere conosciuti dal mondo, che non conosce Cristo. Ma proprio per questo sono stati "conosciuti da lui" e da lui sono stati portati a conoscerlo in un modo nuovo, nella carità, con cuore puro, nella misericordia. Essi hanno maturato, mediante la loro fede, una eccezionale speranza, accettando la purificazione della sofferenza e del sacrificio per essere davvero "puri di cuore" (Mt 5,8) "come egli è puro" (1Jn 3,3).


5. Per condurre a Dio "una generazione che lo cerca, che cerca il volto del Dio di Giacobbe" (cfr."Psalmus responsorius"), san Gaspare Bertoni ottenne una speciale grazia, una "benedizione del Signore" (cfr. "Psalmus responsorius").

Egli appartiene a quella schiera di santi, di beati, di servi di Dio, che prodigiosamente si sviluppo in terra veneta all'inizio del secolo scorso, in mezzo a gravissime vicende di guerre, devastazioni e povertà. Consapevole, come altre anime elette di quell'epoca, che si stava scrivendo una nuova pagina di storia e che era in formazione una nuova cultura, si prodigo per una rinnovata evangelizzazione tra il popolo.

Egli era convinto che la predicazione è chiamata ad affrontare contesti storici sempre diversi ed esige, in situazioni di conflittualità e di contrasto, sempre nuove riflessioni. San Gaspare, dotato per questo di speciali doni di sapienza e di discernimento, impegno le sue forze, nonostante la fragile salute, nella predicazione assidua. Per incarico del suo Vescovo opero per la formazione e la direzione spirituale dei seminaristi, del clero e dei religiosi.

Consapevole, poi, che il futuro della Chiesa risiedeva nella formazione dei giovani, per condizione più esposti agli influssi dello spirito del tempo e maggiormente toccati dalla miseria e dal depauperamento sociale, san Gaspare intui che essi dovevano venir preparati, da una parte, ad affrontare le nuove battaglie per la fede e, dall'altra, ad inserirsi nelle nuove professioni dell'insorgente era tecnica. Per questo egli si oriento verso la loro educazione, prima dando vita agli oratori giovanili, posti sotto la protezione della Vergine, poi coinvolgendo nella medesima opera altri amici sacerdoti, che si ritrovarono così a formare la nuova congregazione degli stimmatini.

E' significativo notare che san Gaspare Bertoni delineo un progetto di vita cristiana, nel quale era prevista per tutti, qualunque fosse lo stato di vita, la chiamata alla santità di vita: non solo per i sacerdoti, ma per i coniugi, sull'esempio dei santi sposi di Nazaret, per i giovani, per i lavoratori e per ogni altra categoria di persone. I suoi amici, i "Missionari apostolici", in comunione di vita pastorale con i Vescovi, questo dovevano predicare: la vocazione universale alla santità, con la consapevolezza che dal sacrificio di Cristo, dal suo Cuore misericordioso, dalle sue piaghe scaturisce per tutti la speranza.

San Gaspare seppe così condurre tante anime a far parte di quella "moltitudine immensa", che noi oggi contempliamo con cuore esultante e grato.


6. "Beati i misericordiosi... Beati i puri di cuore" (Mt 5,7-8). In appena trentatré anni, quali quelli del Cristo da lui amato sopra ogni cosa, la vita di san Riccardo Pampuri fu tutta un dono, a Dio e ai fratelli: come giovane apostolo tra gli studenti universitari, tra i militari in trincea durante gli orrori della guerra, tra i fedeli della parrocchia dove fu medico condotto. Seguendo poi la sua vocazione personale, egli entro nell'ordine dei fatebenefratelli, perché attratto dallo specifico ministero di questa famiglia religiosa di natura laicale, sorta per un servizio di carità anche eroica verso gli infermi, e verso i sofferenti più poveri.

In una comunità che doveva fare della misericordia il motto principale del proprio ministero, san Riccardo senti di dover rispondere con un nuovo segno ed una nuova disponibilità a Cristo, "con una corrispondenza sempre più pronta e generosa, con un abbandono sempre più completo, sempre più perfetto nel Cuore Sacratissimo di Gesù" ("Lettera alla sorella", 6 set. 1923).

Occorre pero ricordare che san Riccardo inizio il suo cammino di santificazione nel contesto dell'intensa spiritualità dei laici, proposta dall'Azione Cattolica. Per questo, sia come adolescente che come giovane studente e professionista, s'impegno nel lavoro di formazione con l'aiuto di una attenta direzione spirituale, facendo degli esercizi spirituali un suo impegno forte e attingendo alla pietà eucaristica l'energia necessaria per proseguire nonostante le difficoltà.

Soprattutto egli penetro il messaggio della carità evangelica alla luce della meditazione e della preghiera, trascorrendo intensi tempi di contemplazione accanto all'Eucaristia, e dedicandosi poi, con una sensibilità particolarmente acuta, ai sofferenti in ogni circostanza.

Come non essere toccati dalle parole con cui san Riccardo si rivolgeva, in un ultimo colloquio, al suo direttore spirituale: "Padre, come mi accoglierà Iddio?... Io l'ho amato tanto, e tanto lo amo". In questo intenso amore sta il supremo valore del carisma di un vero fratello dell'ordine di san Giovanni di Dio, la cui vocazione consiste proprio nel riproporre l'immagine di Cristo per ogni uomo incontrato nel proprio cammino, in un rapporto fatto di amore disinteressato e alimentato alla sorgente di un cuore puro.


7. "Chi salirà il monte del Signore / chi starà nel suo luogo santo?" (Ps 24,3) - domanda la Chiesa con le parole del salmista nell'odierna solennità. E risponde: "Chi ha mani innocenti e cuore puro, / chi non pronuncia menzogna" (Ps 24,4).

Un tale uomo fu san Gaspare Bertoni. Un tale uomo fu Riccardo Pampuri.

così furono e sono tutti i santi, che ricordiamo oggi.

Insieme ad essi anche noi tutti viviamo quel "salire il monte del Signore", monte spirituale.

Grazie a loro viene espressa e confermata in modo particolare la verità che: "Del Signore è la terra e quanto contiene, / l'universo e i suoi abitanti" (Ps 24,1).

Sono del Signore! Davvero: "beata la generazione che cerca il Signore, che cerca il volto del Dio di Giacobbe" (cfr Ps 24,6).

Beati coloro che "dopo essere diventati simili a lui, lo vedono così come egli è (cfr 1Jn 3,2). Amen.

1989-11-01

Mercoledi 1 Novembre 1989




Recita dell'Angelus nella solennità di Tutti i Santi - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Siamo tutti chiamati a rispondere alla vocazione alla santità



1. E' giunto il momento della recita dell'"Angelus". Ci rivolgiamo oggi a Maria, "Regina di tutti i Santi", con l'animo pieno di gioia per il dono che, in questa solennità, Dio ha fatto alla sua Chiesa, concedendole il conforto di proclamare santi due vigorosi testimoni delle beatitudini, e di iscrivere nell'albo dei beati, durante la celebrazione del vespro di ieri sera, un sacerdote parroco e pastore di anime.

Ci rallegriamo con la Vergine santissima constatando che anche questi insigni modelli di virtù cristiane furono animati da una fervida devozione verso di lei.


2. San Gaspare Bertoni svolse il suo apostolato tra i giovani avvalendosi dell'opera di animatori, raccolti nella "Coorte mariana", e propose ad ogni categoria di fedeli, quali patroni e modelli, i "santi sposi" Maria e Giuseppe, a tutti additando come via sicura verso la santità l'imitazione delle loro virtù.

San Riccardo Pampuri ebbe fin dalla più tenera età una speciale devozione a Maria, "nostra Madre celeste", com'egli amava designarla. Chi lo conobbe ricorda che, nelle feste mariane, lo si vedeva tutto giulivo nel volto, al punto da comunicare la sua gioia anche ai malati.

Il beato Giuseppe Baldo, parroco e fondatore della congregazione delle piccole figlie di san Giuseppe, pastore d'anime meraviglioso per la pietà, la tempestività degli insegnamenti e delle opere sociali, attento catechista della sua gente di ogni età e condizione, attuo giorno per giorno il suo programma di santificazione col fermo proposito di avere "Dio nella mente e nel cuore, Gesù Cristo come modello, Maria come aiuto".


3. Carissimi fratelli e sorelle, davanti a questi insigni testimoni della perfezione evangelica tutti dobbiamo sentirci personalmente interpellati a rispondere con generosità alla universale vocazione alla santità, ciascuno nel proprio stato ed ufficio (cfr LG 39-42).

Saluto con affetto i fedeli della diocesi di Verona, che vede oggi ben due suoi figli esaltati e proposti alla imitazione dei cristiani. Auspico che questi nuovi modelli di autenticità cristiana trovino nella attuale comunità veronese validi continuatori del loro amore a Cristo e del loro servizio alla Chiesa.

Saluto con gioia anche i fratelli dell'Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio, e mi unisco alla loro giusta esultanza per la canonizzazione di un confratello in questo anno centenario del loro fondatore. Un santo contemporaneo, che alcuni dei presenti hanno conosciuto personalmente e che si presenta oggi alla vostra comunità come modello di quella sollecitudine verso il malato e il sofferente, che già insegnava e praticava san Giovanni di Dio.

Raccogliete, cari fatebenefratelli, questo esempio di fedeltà al carisma che vi è proprio, nella consapevolezza di quanto esso sia oggi importante per attestare l'amore di Cristo verso gli umili e verso le vittime di ogni sorta di malattia.

Un saluto speciale rivolgo ai militari qui presenti, ed in particolare ai reparti della sanità, che vedono in san Riccardo un loro amico, che li ha preceduti come modello di un servizio alla patria, santificato mediante la carità e la fede.

1989-11-01

Mercoledi 1 Novembre 1989




L'omelia duranta la Messa per i defunti - Ai fedeli riuniti, Roma

Attraverso tutti i segni della morte dell'uomo Gesù Cristo annunzia la verità della vita eterna



1. "Vedendo le folle, Gesù sali sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo la parola li ammaestrava dicendo" (Mt 5,1-2).

Con queste stesse parole Gesù oggi ammaestra noi, qui riuniti. Proclama il Vangelo delle otto beatitudini in mezzo a questo cimitero romano. Lo proclama in tanti altri cimiteri di tutto il mondo. Lo stiamo udendo noi - che ancora viviamo su questa terra. L'ascoltano le tombe, nelle quali riposano i nostri fratelli e sorelle defunti.

Viene indirizzato anche a loro il Vangelo delle otto beatitudini? Parla esso di morte?


2. Il Vangelo delle otto beatitudini parla della morte, anche se neppure una volta la chiama per nome. Invece, ogni beatitudine del discorso della montagna pone una accanto all'altra le due dimensioni della vita: quella temporale e quella eterna, definitiva.

Si sa che la vita temporale su questa terra finisce con la morte.

Il vangelo delle otto beatitudini parla dunque della morte, ma ordina di guardarla attraverso il prisma della vita: della vita che passa qui sulla terra - e di quella che è eterna: in Dio.

Per questo anche il Vangelo delle otto beatitudini ha oggi una particolare eloquenza tra le tombe e le cappelle del Campo Verano, e in tutti i cimiteri del mondo.


3. Ecco, a coloro che riposano nei sepolcri, ogni beatitudine pone la domanda: Sei stato povero in spirito? Hai avuto fame e sete della giustizia? Sei stato misericordioso? Puro di cuore? Eri tra coloro che sono stati operatori di pace? Che sono stati perseguitati per causa della giustizia? Che hanno sopportato gli insulti e le persecuzioni e le menzogne dette contro di loro "per causa di Cristo"? E che sono stati accusati di ogni sorta di male a causa di lui? (cfr Mt 5,3-11).

Hai provato nella tua vita molte sofferenze e tristezze? Ognuno di questi nostri fratelli e sorelle che riposano nei cimiteri di Roma e del mondo intero, ha dovuto - al termine della sua vita - giudicare la propria vita terrena secondo queste domande.

Ognuna di esse mette una pietra sulla vita temporale per schiudere la prospettiva sulla vita eterna. Questa è la vita in Dio. Questo e il Regno di Dio, il Regno dei cieli. Dio desidera questa vita e questo Regno per noi uomini, pellegrini attraverso la temporaneità verso la frontiera della morte.


4. Viviamo questo - insieme con tutta la Chiesa - in modo particolare oggi e domani.

Oggi e domani sostiamo presso le tombe dei nostri cari con la domanda: siete stati una generazione in cerca del Dio vivo? Siete stati tra coloro che cercano il volto del Dio di Giacobbe? L'uomo compie il pellegrinaggio attraverso questa terra, attraverso la temporaneità che passa, verso il volto del Dio vivo: per vederlo "così come egli è. Vederlo a faccia a faccia" (cfr 1Jn 3,2).

L'uomo sottoposto alla legge della morte. Ed allo stesso tempo: l'uomo - pellegrino dell'Assoluto!


5. "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato" (1Jn 3,2).

Il cimitero è soltanto il luogo del termine della vita umana sulla terra? Non è insieme l'inizio di ciò che qui, sulla terra, "non è stato ancora rivelato"? L'inizio di un futuro nuovo? Di una vita nuova? Si, qui sulla terra conosciamo le parole: "siamo già figli di Dio" (cfr

1Jn 3,1). Anzi: "lo siamo realmente" (1Jn 3,1) in virtù della Parola rivelataci da Cristo.

perciò anch'egli - Cristo, venuto dal Padre, dice a tutti: "Quale grande amore ci ha dato il Padre"! (come leggiamo in san Giovanni [1Jn 3,1]).

Lo proclama tutto il Vangelo. In modo particolare il Vangelo delle otto beatitudini. Questo viene espresso definitivamente dalla morte di Cristo: dalla sua Croce, dal suo sepolcro e dalla sua Risurrezione.


6. Visitando il cimitero, in questi primi giorni di novembre, mettiamoci in ascolto di questo Vangelo. Per mezzo di tutti i segni della morte dell'uomo, che riempiono questo campo santo, Cristo annunzia la verità della vita eterna, Questa vita è più forte della morte.

Essa è radicata nell'"amore datoci dal Padre".

1989-11-01

Mercoledi 1 Novembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Silvestrini - Città del Vaticano (Roma)