GPII 1989 Insegnamenti - Messaggio al Patriarca Sfeir - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio al Patriarca Sfeir - Città del Vaticano (Roma)

"Il bambino Gesù conceda pace e prosperità al Libano"


Nell'imminenza della celebrazione della nascita del Salvatore, il mio pensiero e la mia preghiera raggiungono vostra beatitudine e, per suo tramite, tutti i Libanesi a qualunque comunità appartengano. A colui che è venuto ad insegnare agli uomini ad amarsi come fratelli, affido il destino di questo caro Paese, oggetto della mia costante sollecitudine. Gli sia possibile conoscere, nella libertà e nella dignità alle quali ha diritto, pace e prosperità! Dio voglia rendere fruttuoso l'impegno di tutti coloro che, in Libano e altrove, lavorano per favorire una giusta soluzione ai gravi problemi che ostacolano il ritorno alla normalità tanto atteso da tutti i Libanesi! Tali sono i voti che presento nella preghiera al bambino Gesù, con un pensiero particolare per i figli della Chiesa che desiderano testimoniare la loro fede in un Libano unito, riconciliato e splendido. Con la mia affettuosa benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 23 dicembre 1989.

1989-12-23

Sabato 23 Dicembre 1989




Alla comunità parrocchiale di sant'Anna in Vaticano - Città del Vaticano (Roma)

Siate parte viva del Sinodo diocesano



1. "Tu lo chiamerai Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,21).

In questa ultima domenica dell'Avvento, e vigilia di Natale, ci incontriamo per la santa Messa, cari fratelli e sorelle della parrocchia di sant'Anna in Vaticano. Siamo invitati a riflettere sul mistero dell'Emmanuele-Dio con noi, mentre ci disponiamo già a ricevere la sua venuta nella ormai imminente liturgia della notte santa.

Ascoltiamo in questa attesa la testimonianza di due persone che furono particolarmente vicine all'evento della nascita di Gesù. Si tratta di Maria e Giuseppe. Di loro ci parla il Vangelo odierno.


2. La visione di Giuseppe, riferita da Matteo, deve essere avvicinata alla pagina lucana dell'annuncio dato dall'angelo a Maria. Ambedue le visioni si svolgono secondo un modo di procedere, che nella tradizione biblica è destinato a far comprendere ed accettare la missione alla quale Dio chiama: "Partorirai un figlio... lo Spirito Santo scendera su di te... Eccomi, sono la serva del Signore" (cfr Lc 1,35-38); "Non temere di prendere Maria tua sposa... essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù... Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo" (cfr Mt 1,20-24).

La visione e l'annuncio tracciano, nello stesso tempo, anche la linea della fede che occorre avere per accogliere in maniera adeguata la rivelazione del mistero di Dio, e per riconoscere Gesù di Nazaret nella sua verità. Per questo la pagina evangelica che abbiamo letto, mentre insiste sull'atteggiamento interiore di umile disponibilità verso l'iniziativa di Dio, prospetta anche con forza e con chiarezza le qualità del Messia: egli sarà il Figlio di Davide, l'annunciato dai profeti, il salvatore del suo popolo. Con nell'animo questa chiara prospettiva potremo ascoltare domani l'annuncio del Vangelo di Giovanni, che ci parlerà del Verbo incarnato, "pieno di grazia e di verità" (Jn 1,14).


3. Cari fratelli e sorelle della parrocchia di sant'Anna in Vaticano, ho desiderato incontrarmi con voi per la "visita pastorale" in questa cappella intitolata alla "Redemptoris Mater", giacché m'è parso che il riferimento alla Madre del Redentore rendesse il luogo particolarmente adatto al momento liturgico che stiamo vivendo.

Saluto il Vicario generale per la Città del Vaticano, monsignor Pietro Canisio van Lierde, saluto il parroco, padre Davide Falcioni, ed i suoi confratelli e collaboratori dell'Ordine di sant'Agostino. Saluto tutti voi che abitate dentro l'area delle mura e siete in modo speciale vicini al mio ministero ed alle attività della Santa Sede. Saluto le vostre famiglie che, abitando accanto a questa residenza del Papa, in un territorio che è anche uno Stato, respirano un'atmosfera spirituale diversa, essendo la funzione delle strutture vaticane quella di offrire al successore di Pietro l'indipendenza necessaria per il conseguimento della sua missione universale.

Con tutta la Chiesa di Roma, anche la comunità di sant'Anna può così dire di essere stata prescelta per annunziare il Vangelo di Dio (cfr Rm 1,1).

Anche voi condividete "la grazia dell'apostolato" (Rm 1,5), della quale il Vescovo di Roma e successore di Pietro è il primo servitore.


4. La parrocchia di sant'Anna, benché esente dalla giurisdizione ordinaria della città di Roma e del suo territorio, vive nell'ambito delle iniziative pastorali della diocesi del Papa. Le persone che abitualmente frequentano la vostra chiesa, come ben sapete, sono quelle che vivono nei pressi delle mura e nei quartieri vicini.

E per questo che la vita ordinaria della diocesi vi riguarda e richiede che non ci sia difformità rispetto alle vie pastorali che si stanno scegliendo ed organizzando con il prossimo Sinodo diocesano.

Fatevi carico anche voi delle iniziative e degli impegni pastorali, che Roma sta per proporre. Voi potrete essere parte viva del Sinodo non soltanto pregando in questo tempo di preparazione per il suo felice esito, ma predisponendo fin d'ora l'animo ad accogliere le indicazioni pastorali che l'assise sinodale maturerà, per poi tradurle nelle testimonianze di apostolato e di carità spirituale, che appartengono alla storia della vostra singolare accoglienza di tanti fratelli che da ogni parte del mondo convergono verso la sede di Pietro.


5. "Ecco, viene il Signore, re della gloria". così abbiamo cantato nel Salmo responsoriale.

Il Signore viene, noi lo attendiamo con gloria e viva speranza. Il messaggio della liturgia ci ha detto chi egli è.

Viene il re della gloria, colui che ha anche promesso di ritornare a noi nella fine dei tempi, "giudice fra le genti... arbitro tra molti popoli" (Is 21,4).

Domani, anzi questa notte, lo contempleremo mite ed umile, bambino come ogni altro "nato da donna"; saremo invitati ad amarlo e riconoscerlo, come un giorno i pastori a Betlemme. Egli donerà "grazia e pace" a tutti coloro che sono "amati da Dio e santi per vocazione" (Rm 1,7).

Sentiremo ancora gli angeli annunciare "una grande gioia che sarà per tutto il popolo: oggi vi è nato... un Salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,10-11).

Questa è la nostra fede; su queste parole e su questo annuncio si fonda la nostra vera gioia. Noi attendiamo il Dio con noi per sempre, e verso di lui camminiamo nella fede per incontrarlo con l'animo puro degli "uomini che egli ama" (Lc 2,14).

[Al termine il Santo Padre ha pronunciato queste parole:] Mi viene in mente Betlemme, perché Betlemme non godeva di grande stima in Israele. Era una cittadina ppiccola, una comunità piccola. Possiamo dire lo stesso della Città del Vaticano. Ma d'altra parte questa piccola cittadina di Betlemme era destinata a portare in sé il tesoro di Dio, la Rivelazione divina.

Preghiamo tutti affinché la piccola Città del Vaticano possa continuare questo grande mistero di Betlemme, possa annunziare sempre ed ovunque la venuta del Signore, non solo la propria comunità, ma tutti i popoli della terra. Vi ringrazio per la vostra presenza alla celebrazione della santissima Eucaristia. Ringrazio monsignor van Lierde per le sue parole ed auguro a tutti buon Natale.

1989-12-24

Domenica 24 Dicembre 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Il presbitero è l'uomo della speranza


Carissimi fratelli e sorelle.


1. In questa vigilia di Natale, un senso di attesa riempie il cuore dei cristiani e di tutta la Chiesa. E' una attesa colma di speranza. Ci prepariamo ad accogliere Cristo, che viene a noi come salvatore del mondo. Sappiamo che egli viene con una potenza spirituale, atta a trasformare e a rinnovare l'universo. Per questo abbiamo la certezza che la nostra speranza non sarà delusa: Cristo stesso si fa garante del suo definitivo compimento.

Egli, tuttavia, vuol farci partecipare attivamente all'opera intrapresa con la sua venuta nel mondo: vuole che alla Redenzione collaboriamo anche noi.


2. Il credente attende tutto da Cristo e, ciò nonostante, si impegna come se tutto dipendesse da lui. Questa è la speranza che deve animare il cristiano nello sforzo quotidiano di adesione ai valori evangelici.

Questa, in particolare, è la speranza che deve sorreggere il ministero del sacerdote, il quale parla e agisce nel nome di Cristo. Il presbitero è l'uomo della speranza. Questa verità sarà certamente presa in considerazione dal Sinodo, che tratterà della formazione sacerdotale. Formare un prete significa formare un uomo che avrà il compito di testimoniare la speranza cristiana e di fortificarla negli altri.


3. Il mondo è assetato di speranza. Si sente oppresso da molti mali, afflitto da numerose prove. Dappertutto si constatano i drammi della miseria e le tragedie provocate dalle passioni umane. Ai desideri di pace fanno ostacolo le rivalità, le guerre, i conflitti di ogni specie. Le richieste di una giusta ripartizione delle ricchezze si scontrano con le resistenze della prepotenza e dell'egoismo. Il sacerdote, uomo della speranza, incoraggerà tutti gli sforzi di buona volontà, ma tenderà soprattutto a sviluppare intorno a sè la speranza che non inganna, (Rm 5,5), quella cioè che si rivolge a Cristo e attende tutto da lui.

Egli potrà farlo, se sarà stato formato alla fede in Gesù quale unico salvatore dell'umanità; se si sarà abituato a guardare al mondo con l'ottimismo derivante dalla vittoria di Cristo sulle forze del peccato. L'ottimismo della speranza non è ingenuo; non ignora le avversità che colpiscono gli uomini e le difficoltà che essi incontrano nell'edificare una società migliore. Ma si fonda sul potere sovrano di Cristo, superiore a tutti i mali e a tutte le difficoltà.

Ci auguriamo che il Sinodo possa favorire la formazione dei sacerdoti alla speranza, virtù nella quale noi stessi ci sforziamo di avanzare ad imitazione di Maria Vergine, la cui speranza è stata meravigliosamente colmata.

[Al termine il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:] Voglio ringraziare tutti coloro che hanno lavorato per la preparazione di questa "mostra" del mistero natalizio. Nello stesso tempo voglio ringraziare ancora una volta i nostri fratelli e le nostre sorelle dell'alta Austria che ci hanno donato qeusto albero di Natale. Ed invito tutti, romani e pellegrini, a continuare questo pellegrinaggio che negli ultimi anni si è formato verso questa nostra "Betlemme" sulla piazza di san Pietro. Come i pastori prima e, poi, i magi di Oriente, così anche noi continuiamo con lo stesso indirizzo, sulla stessa strada, con la stessa fede, lo stesso amore e la stessa speranza. Buon Natale a tutti i presenti.

1989-12-24

Domenica 24 Dicembre 1989




L'omelia della Messa di mezzanotte - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Nella notte di Betlemme la verità sull'uomo viene totalmente riconfermata e oltrepassata



1. "Vi annunzio una grande gioia" (Lc 2,10).

Fu proprio in un'ora notturna come questa che i pastori di Betlemme udirono l'annunzio di una grande gioia.

Nella stessa ora noi tutti ci troviamo riuniti, qui, nella Basilica di san Pietro, per ascoltare l'annunzio della stessa gioia.

E così, come facciamo noi, si riunisce la gente, si riuniscono i nostri fratelli e sorelle, in tanti luoghi dell'intero globo terrestre.

Tutti, ovunque siano riuniti, il Vescovo di Roma saluta con le stesse parole: "Vi annunzio una grande gioia".

Questo mio saluto va a tutti gli uomini, in ogni continente.

Va, con particolare affetto e con sempre vivo ricordo, alle nazioni che ho visitato quest'anno, alle moltitudini che ho incontrato in quei paesi: in Estremo Oriente, in Africa, nei paesi nordici. Va ai carissimi giovani che, a Santiago de Compostela, hanno celebrato con me la Giornata Mondiale della Gioventù, rappresentando anche tutti i loro coetanei, sparsi nel mondo.

Questo saluto rivolgo anche, e in modo speciale, agli uomini e alle donne di tutte le nazioni, che, collegati per via radio e televisione, ascoltano questa santa Messa di mezzanotte e partecipano, spiritualmente uniti a noi ed a tutti i credenti nel mondo, al mistero della natività del Figlio di Dio sulla terra.


2. Questo annunzio va agli uomini, ma non soltanto a loro. La liturgia di Natale, a mezzanotte, chiama alla gioia anche tutte le creature.

"Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude: / esultino i campi e quanto contengono, / si rallegrino gli alberi della foresta... / Cantate al Signore un canto nuovo / cantate al Signore da tutta la terra" (Ps 97,11-12 Ps 97,1).

così, dunque, da quest'annunzio di Betlemme sono chiamate alla gioia tutte le creature. Infatti, colui che nasce da Maria Vergine è "generato prima di ogni creatura" (cfr Col 1,15). In lui e per lui è stata creata ogni cosa. Ogni bene, che si trova nelle creature, ha in lui la sua origine e il primo modello.

E' mediante lui che, un tempo, il Padre ha guardato tutto il creato, e "vide che era cosa buona... cosa molto buona" (cfr Gn 1,10 Gn 1,31).

In questa notte di Betlemme tutti noi siamo chiamati - chiamati ancora una volta - ad esultare per l'opera della creazione.


3. "Vi annunzio una grande gioia".

Nel momento in cui il Figlio, il Verbo eterno - il primogenito di ogni creatura - viene egli stesso in mezzo alle sue creature, questa esultanza per l'opera della creazione viene riconfermata. E, nello stesso tempo, viene elevata.

La creatura raggiunge un apice tale, che va al di là del suo orizzonte.

Al di là dell'orizzonte dell'esistenza e della conoscenza.

"Hai moltiplicato la gioia / hai aumentato la letizia" (Is 9,2).

Ma quest'apice viene raggiunto dalle creature nell'uomo. Dell'uomo fu detto al principio che era stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Nella notte di Betlemme questa verità sull'uomo viene totalmente riconfermata. E viene oltrepassata.

"Poiché un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio" (Is 9,5).

Nella notte di Betlemme nasce il Bambino, il bambino umano: per Maria "si compirono.., i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia" (Lc 2,6-7).

Il messaggero celeste dice la stessa cosa ai pastori; "Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12).


4. Ecco il Bambino, il bambino umano, il figlio dell'uomo, come tutti gli altri nato da donna.

Questo bambino è il Figlio: "Ci è stato dato un figlio". Ci è stato dato dal Padre. E stato donato agli uomini e al mondo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

"Ci è stato dato un figlio".

In questo eterno Figlio, che è della stessa sostanza del Padre, Dio stesso entra nella storia dell'uomo e del mondo.

In questo Figlio "è apparsa... la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11).

Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, sa chi è l'uomo.

Sa qual è il cuore umano, sa che è inquieto finché non riposa in lui (cfr S. Augustini, "Confessiones", I, 1: CSEL 33, 1).

E per questo - proprio per questo - "ci è stato dato un figlio". Il cuore umano, venendo alla mangiatoia di Betlemme, vi ritrova quella pace che può essere trovata soltanto in Dio. Questa pace è strettamente congiunta con la gloria di Dio, come proclama il messaggio della notte di Betlemme.


5. "Vi annunzio una grande gioia... oggi vi è nato... un salvatore" (Lc 2,10-11).

Ma questa gioia è così pura, così piena come noi la vorremmo? Si e no. Su di essa si proietta infatti un'ombra di tristezza. Il Bambino - il Figlio di Dio - nasce in una stalla, perché non c'era posto per lui nell'albergo (cfr Lc 2,7).

Il momento della venuta è insieme il momento della non-accoglienza, del rifiuto: "Non c'era posto". Questa ombra di tristezza si allungherà. Si addenserà fino al rifiuto, mediante la Croce, sul Golgota. In tal modo dall'uomo sarà rifiutato il Figlio, che ci è stato dato dall'amore del Padre.

Gesù Cristo, "il quale ha dato se stesso per noi, per riscattare da ogni iniquità" (Tt 2,14).


6. Noi, qui riuniti, salutiamo, insieme con i nostri fratelli e sorelle che sono con noi collegati, la nascita di Dio con la liturgia del sacrificio eucaristico.

E' il sacrificio della nostra Redenzione. Questo sacrificio rende presente la Croce e la Risurrezione: il mistero pasquale di Cristo, Tale mistero ha il suo inizio nella notte di Betlemme, quando ci è nato un Salvatore. Il redentore dell'uomo, il redentore del mondo! La Chiesa, che annunzia in questa notte "una grande gioia", sa che questa gioia viene totalmente da Dio. E il dono del suo amore.

Essa sa pure che, soltanto questa gioia dilata il cuore umano fino alle dimensioni sovratemporali, che per l'uomo ha preparato Dio stesso.

Lo sa, e per questo ripete, anche in questa notte, davanti al mondo; "Vi annunzio una grande gioia. Oggi è nato il Salvatore!".

1989-12-25

Lunedi 25 Dicembre 1989




Il messaggio natalizio e la benedizione "Urbi et Orbi" - Ai fedeli, Città del Vaticano (Roma)

"Suscita nei cuori il rifiuto di ogni barriera



1. "Ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12)! E' la solennità del Natale. Gli occhi della nostra anima vedono il Bambino, deposto nella mangiatoia.

Lo sguardo della nostra fede si ferma sulle parole del prologo di Giovanni.

"A quanti... l'hanno accolto, / ha dato potere di diventare figli di Dio".


2. Ti benediciamo, Figlio dell'uomo, che sei il Verbo eterno.

Gloria al Padre che ci ha dato te, l'unigenito.

Gloria allo Spirito, che procede dal Padre e da te, / Figlio di Dio.

Gloria all' eterno mistero, che abbraccia ogni cosa.

In questa notte esso si è avvicinato all'uomo, / è entrato nella sua vita e nella sua storia.

Ha oltrepassato la soglia della nostra esistenza umana.


3. Il Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. L'inerme Bambino umano - e insieme la Potenza, / che supera tutto ciò che l'uomo è, tutto ciò che egli può.

Perché l'uomo non può diventare come Dio / con la sua propria forza /- com'è stato confermato dalla storia, sin dal principio -.

E, nello stesso tempo, l'uomo può diventare come Dio per la potenza di Dio.

Questa potenza è nel Figlio, il Verbo eterno, / che "si è fatto carne ed è venuto ad abitare / in mezzo a noi" (Jn 1,14).

Ecco il primo giorno della sua dimora tra noi.

"Egli era nel mondo, / e il mondo fu fatto per mezzo di lui, / eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente, / ma i suoi non l'hanno accolto.

A quanti pero l'hanno accolto, / ha dato potere di diventare figli di Dio: / i quali... da Dio sono stati generati" (Jn 1,10-12).


4. La storia continua nel suo cammino... / tanti, innumerevoli uomini, / nazioni, popoli, lingue, razze, culture... / milioni e miliardi... / e lui unico: / ora deposto come Bambino nella mangiatoia / ("non c'era posto... nell'albergo"), e poi sulla Croce.

Lui, l'unico. E poi, risorto - lui, l'unico.

Quanti non l'hanno accolto? Quanti non l'accolgono? Quanti sanno di lui? Quanti non sanno? Vorremmo calcolare con le statistiche umane, / quanto lontano giunge questa potenza che è in lui: / nato - crocifisso - risorto.

Vorremmo sapere umanamente, quanti sono diventati, / in lui e per lui, figli di Dio - figli nel Figlio.

Ma i metri umani non possono misurare il mistero di Dio.

Non possono misurare il dono della nascita di Dio, / la quale è presente nella storia dell'uomo e nella storia del mondo, / la quale opera nelle anime umane / mediante la potenza dello Spirito che dà la vita.


5. "Tutti i confini della terra hanno veduto / la salvezza del nostro Dio" (Ps 98,3).

Si. Vennero i pastori di Betlemme, e videro.

Si. Vennero poi i magi dall'Oriente, e videro.

E videro il vecchio Simeone e la profetessa Anna / nel tempio di Gerusalemme.

Con quale sguardo vedono te, Verbo incarnato, / tutti i confini della terra? Tu infatti sei per tutti. La salvezza del nostro Dio è per tutti, ed essa viene per mezzo di te.

Dio "vuole che tutti gli uomini siamo salvati e arrivino / alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4).

La verità è per mezzo di te. E la grazia.

Tu sei la verità.

Sei la via e la vita (cfr Jn 14,6).

E benché i tuoi non ti abbiano accolto... benché non ci sia stato posto per te nell'albergo... in te Dio ha accolto... ha accolto tutti noi.


6. Dio ha accolto, in te, anche noi, / uomini e donne del secondo millennio, che sta per finire.

Non ha guardato alle nostre contraddizioni, / alle nostre infedeltà, ai nostri squilibri.

Anzi, ha mandato te, suo Verbo, per guarircene.

Per dirci che, su questa via, corriamo verso l'autodistruzione.

Il mondo aspira alla pace: / eppure ogni giorno nostri fratelli e sorelle muoiono nei conflitti in corso, / in Libano, nella Terra Santa, in America Centrale; / muoiono nelle lotte fratricide per la supremazia / razzistica, ideologica, economica; / muoiono per assurde imprudenze.

Il mondo aspira alla riconciliazione: / eppure ogni giorno migliaia di rifugiati / sono abbandonati e respinti; / minoranze etniche e religiose sono ignorate nelle / loro fondamentali esigenze; / intere fasce di popolazione sono tenute ai margini / della società in un crescente isolamento.

Il mondo aspira all'equilibrio, interiore ed esterno: / eppure l'ambiente viene degradato ogni giorno di più / per motivi di interesse o per incoscienza.


7. L'annuncio della verità e della grazia / che ci viene a Natale per mezzo di te, / deve toccare tutti noi. Quell'annuncio è per noi, / perché tu sei venuto per noi, sei diventato uno di noi.

Fa' che ti accogliamo, / Verbo eterno del Padre! Che ti accolga il mondo.

Suscita nei cuori il rifiuto di ogni barriera / di razza, di ideologia, di intolleranza.

Favorisci il progresso dei negoziati in corso / per il controllo e la riduzione degli armamenti.

Sostieni quanti s'impegnano per il superamento dei constrasti / da troppo tempo perduranti in Africa e in Asia, / affinché i popoli, in essi coinvolti, / riconquistino la loro libertà e i loro diritti, / mediante un dialogo leale e fiducioso.


8. Che ti accolga, Verbo incarnato, / anche la nostra vecchia Europa! Essa porta profondamente impresso lo stigma del tuo Vangelo, / da cui sono nate la sua civiltà, la sua arte, / la sua concezione dell'inviolabile dignità dell'uomo.

Che questa Europa apra le porte e il cuore / per capire ed accogliere ansie, preoccupazioni, problemi / delle nazioni che chiedono il suo aiuto.

Sappia essa rispondere / col vigore e con la generosità delle sue radici cristiane / a questo particolarissimo momento storico, -/ vero Kairos provvidenziale - che il mondo sta ora vivendo / come sollevato da un incubo / ed aperto a migliore speranza.

In particolare, benedici in quest'ora, o Signore, / la nobile terra di Romania, che celebra con trepidazione questo Natale, nel dolore per tante vite umane tragicamente perdute e nella gioia di aver ripreso il cammino di libertà.


9. Fratelli e Sorelle, qui presenti.

Fratelli e Sorelle, che mi ascoltate attraverso la radio e la televisione, in ogni Continente, Venite alla culla del Bambino inerme, che è la Potenza di Dio, Egli è nato per noi.

Venite... e vedrete... e sarete accolti, perché oggi si sono manifestati la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini.

[Il Santo Padre ha poi formulato, in cinquantatrè diverse espressioni linguistiche, i suoi auguri di buon Natale ai popoli della terra.

1989-12-25

Lunedi 25 Dicembre 1989









L'omelia durante la Messa celebrata per il movimento dei focolari - Castel Gandolfo (Roma)

E' lui il Signore della storia, il Signore della vita


"Parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme" (Lc 2,38).


1. Carissimi fratelli e sorelle! Sono molto lieto di trovarmi oggi con voi, in questa mariapoli che è come il centro e il cuore del vostro movimento. Saluto tutti voi, carissimi seminaristi, e voi, coppie di sposi, che fate corona a questo altare della santa Messa. E con voi saluto Chiara Lubich, e tutto il movimento dei focolari sparsi nel mondo.

Il Vangelo odierno ci fa sentire nel pieno dell'atmosfera natalizia.

Attorno al Bambino, portato al tempio di Gerusalemme da Maria e da Giuseppe, cominciano a fiorire le grazie di illuminazione e di amore, suscitate dallo Spirito Santo nei cuori dei "Poveri di Jahvè", che nella città santa attendono la Redenzione. C'è Simeone, di cui ci ha parlato ieri la liturgia; c'è la profetessa Anna, protagonista della breve pericope che abbiamo testé udito. Essa loda il Signore, e parla del Bambino a coloro che lo attorniano nella casa di Dio, in quel momento straordinario, eppur velato nel silenzio "che avvolge ogni cosa".

In questa luce natalizia, che ci rende presente nel mistero eucaristico il fulgore del Verbo incarnato, ci sentiamo partecipi della stessa gioia messianica di Maria e Giuseppe, di Simeone e di Anna, dei poveri di Jahvè attorno al Cristo nato. Egli è venuto per noi! E' nato per noi! L'anno che sta per iniziare non può non essere sotto buoni auspici, quando sappiamo che è lui, e lui solo, il Signore della storia, il Signore della vita, che provvede a tutte le nostre necessità. Lui ci ha amati per primo, e questa certezza è la forza segreta della nostra esistenza.


2. Carissimi focolarini e focolarine! Voi vivete come programma il motto: "Amare per primi". Qui sta il nucleo centrale della rivelazione del Verbo: "L'amore col quale mi hai amato, Padre, sia in essi e io in loro" (cfr Jn 17,26). E san Giovanni dice: "Chi ama suo fratello dimora nella luce" (1Jn 2,10). Eppure lo stesso Apostolo, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci raccomanda di non amare il mondo. Ed è chiaro. Secondo la concezione biblica, "il mondo" è una nozione complessa, che sostanzialmente si riferisce al mondo dell'uomo, con la sua indubitabile ambiguità e contradditorietà.

E' partendo da questo presupposto che dev'essere compreso il principio cristiano dell'amore scambievole. Secondo tale principio l'amore per la creatura umana - con la sua fragilità, ma anche con la sua altissima dignità di immagine di Dio - dev'essere si, da una parte, profondo ed intenso, in quanto la creatura ci porta a Dio; ma, dall'altra, deve sapersi porre dei limiti ben precisi.

Diversamente, si può peccare o per difetto o per eccesso: non possiamo amare il prossimo al di sotto di quanto merita, nè tanto meno disprezzare i valori che sono in lui; ma non possiamo nemmeno amarlo di più di quanto vale, nè ancor meno amare i suoi difetti o i suoi peccati.


3. Scendendo al concreto della vostra esistenza quotidiana, segnata dalla vocazione al sacerdozio o alla vita matrimoniale, posso rivolgermi a ciascuno di voi con un messaggio ben preciso, ispirato a questa visione cristiana dell'amore scambievole.

Questo amore, per voi seminaristi, significherà prendere a modello la primitiva comunità apostolica, della quale parlano gli scritti neotestamentari; significherà formarvi gradualmente, sotto la guida dello Spirito Santo e dei vostri educatori, al senso e alla pratica di quel valore altissimo che è l'amicizia sacerdotale, comunione profonda fra coloro che condividono lo stesso ministero di dispensatori dei divini misteri.

Amore scambievole, per voi coppie, significherà invece costruire gradualmente, per tutta la vita, quell'unità profonda tra uomo e donna, che è unità di "una sola carne", animata anch'essa dallo Spirito Santo, il quale è sempre, in ogni forma di vero amore, lo Spirito dell'unità. Significherà ritrovare il piano originario di reciprocità tra uomo e donna, mettendo in comune i valori propri di ciascuno, nell'intento di far sorgere e propagare la vita; significherà ricomporre quell'unità tra uomo e donna, che il peccato ha compromesso e spezzato.


4. Vivendo oggi, insieme, questo momento specialissimo di fraternità nella celebrazione dell'Eucaristia, sentiamo avverarsi profondamente le parole dell'Apostolo prediletto: "Voi, padri, avete conosciuto Colui che è fin dal principio... Voi, giovani, avete vinto il maligno... Avete conosciuto il Padre...

Voi, giovani... siete forti, e la parola di Dio dimora in voi" (1Jn 2,13ss).

Si, il mistero natalizio è il mistero fondante della nostra vita: conoscere Dio, che si rivela nella sua vita intima inviandoci il suo Figlio.

Sapere che il Figlio, parola vivente del Padre, dimora in noi, per sempre, dalla notte beata di Betlemme - Emmanuele, Dio-con-noi (cfr Mt 1,23) - fino alla fine dei secoli: "Ecco, io sono con voi, tutti i giorni" (Mt 28,20). E questa fede è la nostra forza, ci fa vincere per sempre il maligno. Ci fa vivere da figli della luce - da figli nel Figlio. Ci fa amare gli uni gli altri, come lui ha amato noi.

Ci fa apostoli e testimoni: "Parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme".

Il Verbo di Dio, che è sceso dal trono regale, nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa, regni nell'intimità dei vostri cuori. Vi faccia suoi, totalmente. Vi renda davvero suoi testimoni: di fede convinta, di amore generoso.

E' l'augurio che vi faccio al termine di quest'anno, e ormai all'alba del nuovo, assicurandovi che vi accompagno nel vostro cammino con la mia preghiera e il mio incoraggiamento.

1989-12-30

Sabato 30 Dicembre 1989




Cordoglio per la morte del filosofo Augusto del Noce - Alla famiglia, Città del Vaticano (Roma)

Ha puntato tutto sulla trascendenza


Ho appreso con dolore la notizia dela scomparsa del professor Augusto del Noce suo amato consorte et nel ricordare la sua limpida testiminianza di fede et suo diuturno impegno nello studio del pensiero cristiano per un costruttivo dialogo et approfondimento dei temi moderni della filosofia nonché il suo servizio costante per la ricerca nel campo della speculazione elevo al Signore fervide preghiere in suffragio della sua anima et unendomi al cordoglio suo et del figlio Fabrizio invio nella luce delle supreme certezze confortatrice benedizione apostolica che volentieri estendo congiunti amici discepoli et partecipnti alla litugia delle esequie.

1989-12-30

Sabato 30 Dicembre 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano, Roma)

Il ruolo della famiglia cristiana nello sviluppo delle vocazioni sacerdotali


Carissimi fratelli e sorelle.


1. La festa odierna c'invita a contemplare la Santa Famiglia di Giuseppe, Maria e Gesù e ad ammirarne l'armoniosa intesa e il perfetto amore. Nella luce di quel modello noi possiamo meglio comprendere il valore dell'istituzione familiare e l'importanza della sua serena convivenza.

Dal racconto biblico della creazione sappiamo che la famiglia è stata voluta da Dio, quand'egli creo l'uomo e la donna e, benedicendoli, disse: "Siate fecondi e moltiplicatevi" (Gn 1,28).

La grazia di Cristo, poi, trasmessa mediante il sacramento del Matrimonio, rende le famiglie capaci di realizzare l'unione alla quale sono chiamate. In particolare, le famiglie cristiane sono impegnate a riprodurre l'ideale enunciato da Gesù nella preghiera sacerdotale: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Jn 17,21). Colui che fece questa preghiera ottenne col suo sacrificio un dono speciale di unità per tutte le famiglie.


2. Il Figlio di Dio divenne sacerdote nell'Incarnazione, ma proprio in virtù di tale ministero ebbe bisogno di una educazione familiare. Gesù obbediva a Maria e a Giuseppe: "Stava loro sottomesso", dice il Vangelo (Lc 2,51). Questa sottomissione contribuiva all'unione del Bambino con i suoi genitori e al clima di perfetta intesa che regnava nella casa di Nazaret.

L'educazione ricevuta in famiglia preparo di fatto Gesù alla missione che doveva compiere sulla terra, secondo la rivelazione dell'angelo al momento dell'Annunciazione. Fu quindi una formazione al compimento del suo ministero sacerdotale, più particolarmente all'offerta del sacrificio di se stesso al Padre.

Viene così illuminato il ruolo della famiglia cristiana nello sviluppo delle vocazioni sacerdotali. Il prossimo Sinodo non potrà mancare di considerare questo ruolo, di riconoscerne l'importanza e di riflettere sui mezzi adatti a favorirlo.


3. La vocazione è una chiamata che viene dal potere sovrano e gratuito di Dio. Ma tale chiamata deve aprirsi una strada nel cuore; deve entrare nelle profondità del pensiero, del sentimento, della volontà del soggetto, per giungere ad influenzarne il comportamento morale. Il giovane ha bisogno di un ambiente familiare tale, che lo aiuti a prendere coscienza della chiamata e a svilupparne tutte le virtualità.

Pregando oggi per tutte le famiglie del mondo, chiederemo in particolare a Maria, madre di Dio e madre nostra, di favorire lo sviluppo delle vocazioni sacerdotali e di benedire quelle famiglie che si sono dimostrate disponibili, donando un loro figlio alla Chiesa.

1989-12-31

Domenica 31 Dicembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Messaggio al Patriarca Sfeir - Città del Vaticano (Roma)