GPII 1990 Insegnamenti - A sacerdoti e religiosi nella cattedrale - N'djamena (Ciad)

A sacerdoti e religiosi nella cattedrale - N'djamena (Ciad)

Titolo: Il sacerdote è portavoce del Dio rivelato da Cristo

Cari fratelli e sorelle,


1. "Vi ho chiamati amici" (Jn 15,15).

Non era anche a voi che il Cristo pensava quando pronunciava queste parole, prima di iniziare la sua Passione? In effetti, il Cristo vi ha scelto per unirvi a Lui, intimamente, come amici, nella sua vita di Sacerdote, per il servizio del Popolo di Dio, ed alla sua vita di Unto del Signore, di persona consacrata, ad imitazione del Padre, seguendo l'invito che egli fece nel discorso della montagna: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48).

Cari amici di Cristo, io vi saluto cordialmente e vi esprimo tutta la mia gioia per essere con voi questa sera. L'incontro con i miei fratelli nel sacerdozio e con coloro che sono impegnati sul cammino della perfezione evangelica costituisce sempre un momento privilegiato durante i miei viaggi.


2. Saluto innanzitutto di cuore i sacerdoti, i religiosi e le religiose che provengono da altri luoghi e che si dedicano ancora all'opera di evangelizzazione di questo Paese. Cari fratelli e sorelle missionari, grazie per tutta l'opera che avete compiuto e continuate a compiere; grazie per la vostra testimonianza di amore, sulla linea del grande comandamento del Signore: "Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,12-13).

La vostra presenza in Ciad manifesta lo slancio missionario delle vostre comunità cristiane di origine. Essa sottolinea anche il senso di solidarietà che deve animare tutti i battezzati nel loro cammino verso Dio. Essa è anche segno del prezzo inestimabile che voi pagate al dono della fede, alla conoscenza di Cristo, all'edificazione della Chiesa, in conformità alla volontà espressa dal Signore: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,5).

Che voi possiate continuare a far beneficiare della vostra esperienza di pionieri i fratelli e le sorelle che sono chiamati a prendere in mano l'avvenire della Chiesa nel Ciad, aiutandoli a portare la fiamma della fede!


3. Cari sacerdoti, tra i compiti del vostro ministero sacerdotale ce n'è uno che ha attratto più particolarmente la vostra attenzione da circa un anno; intendo parlare del ministero della riconciliazione, al quale i vostri Vescovi hanno consacrato un'importante lettera pastorale.

Vi siete dedicati a rendere i cristiani attenti al loro compito di lasciarsi riconciliare con Dio, di riconciliarsi con i loro fratelli e di operare per la riconciliazione fra gli uomini stessi.

Si tratta di un ministero di grande valore e di grande attualità per voi, in Ciad. Nel pensiero di Dio, la Chiesa è composta da persone riconciliate che sono state purificate dal sangue di Cristo e che hanno ricevuto lo Spirito della pace. Questo popolo non esiste solo per se stesso, ma per radunare e riconciliare gli uomini. Richiedendo il battesimo, il cristiano si impegna a compiere la missione che ogni membro della Chiesa riceve: essere un artigiano della pace.


4. La pace interiore e il diffondersi dell'amore di Dio, ecco quello che voi cercate, cari Fratelli e Sorelle membri degli Istituti di vita consacrata, che qui saluto dal profondo del cuore, perché voi avete scelto di seguire Gesù Cristo e di imitarlo in tutto.

Voi avete fatto il vostro ingresso in questa scuola di santità che è la vita religiosa, prendendo la difficile via della castità, della povertà e dell'obbedienza poiché esse vi sono apparse nella retta via del Vangelo.

Voi ricoprite un ruolo insostituibile nella missione della Chiesa. In effetti, nel seno del popolo dei battezzati, la vostra vita ricorda che la vocazione cristiana è quella di seguire il Cristo e di mettersi alla sua scuola, in particolare nel servizio del prossimo. Per la scelta e il distacco che essa implica, la vostra vita è testimonianza della chiamata delle Beatitudini rivolta a tutti gli uomini.

Uno dei segni più eloquenti della vitalità di una comunità diocesana, è l'esistenza nel suo seno di una vita religiosa di qualità. così, cercate i mezzi per approfondire la vostra vita spirituale: ascolto e meditazione della Parola di Dio, preghiera personale e comunitaria, partecipazione all'Eucaristia.


5. Infine, mi rivolgo in modo più particolare a voi, cari sacerdoti nati in questa terra del Ciad e cari seminaristi del seminario maggiore "San Luca", che vi preparate a formare il volto della Chiesa dell'anno Duemila.

In occasione del centesimo anniversario della fondazione dell'Opera di San Pietro Apostolo, nel Ciad ci si è posti la seguente domanda: "Sacerdote del Ciad, qual è la tua identità?". Permettetemi di proseguire con la riflessione che avete iniziato.


6. Come ogni sacerdote, il sacerdote del Ciad deve apparire innanzitutto come l'uomo di fede, poiché egli, in virtù della sua missione, deve comunicarla attraverso l'annuncio della Parola. Egli non può predicare il Vangelo in maniera convincente se egli stesso non ne ha assimilato profondamente il messaggio. Egli testimonia la fede con il suo operare e con tutta la sua vita. Attraverso i suoi contatti pastorali, egli si sforza di sostenere i suoi fratelli nella fede, di rispondere ai loro dubbi e di rafforzarli nelle loro convinzioni.

Ogni sacerdote deve essere preparato al proprio ruolo di educatore della fede all'interno della comunità cristiana. E' per questo che è necessario che, nei seminari, la dottrina rivelata sia insegnata in modo tale che i giovani comprendano qual è l'oggetto della loro fede e rispondano alla chiamata del Signore con un'adesione libera e interiorizzata del messaggio evangelico, assimilata nella preghiera.


7. Uomo di fede, il sacerdote è anche l'uomo del sacro, il testimone dell'Invisibile, il portavoce di Dio rivelato in Gesù Cristo. Spontaneamente religioso, il popolo ciadiano è sensibile alla dimensione religiosa di ogni realtà. Che esso sia cristiano o musulmano, o che sia seguace di tradizioni religiose ancestrali, il ciadiano prova stima e rispetto per ogni uomo di Dio. Il sacerdote deve essere riconosciuto come un uomo di Dio, un uomo di preghiera, che viene visto pregare, che si sente pregare. Quando egli celebra l'Eucaristia, la penitenza, l'unzione dei malati, o quando celebra i funerali, o le varie benedizioni o riunioni di preghiera, che egli lo faccia con dignità, prendendo il tempo necessario e vestendo l'abito che è conveniente.


8. Il sacerdote deve quindi alimentare in sé una vita spirituale di qualità, ispirata dal dono del proprio sacerdozio ministeriale. Si può, infatti, parlare di una "spiritualità del sacerdote diocesano". La sua preghiera, la sua condivisione, i suoi sforzi nella vita sono ispirati dalla sua attività apostolica che si alimenta di tutta la vita vissuta con Dio. E' stato osservato che ad un periodo di attività pastorale intensa corrisponde sovente un tempo forte di vita spirituale.

Il Concilio Vaticano II ci ha rammentato, del resto, "quella carità verso Dio e gli uomini, che è l'anima di tutto l'apostolato" (LG 33).


9. Uomo di fede, uomo del sacro, il sacerdote è anche l'uomo della comunione. E' lui che raduna il Popolo di Dio e rafforza l'unione tra i suoi membri per mezzo dell'Eucaristia; egli è l'animatore della carità fraterna tra tutti.

Il sacerdote non può avventurarsi da solo nel lavoro che l'attende nella vigna del Signore. Opera con i suoi fratelli nel sacerdozio. Collabora con il proprio Vescovo. Si sforza di creare dei legami fraterni tra tutti i membri del presbiterio; col gruppo presbiteriale in particolare, l'amicizia spirituale è di stimolo per il ministero. Il sacerdote inoltre raduna insieme i membri del Popolo di Dio affidato alla sua cura pastorale. Ricordatevi delle parole del compianto Monsignor Balet, Vescovo di Moundou: "Io sono in mezzo a voi come colui che serve". Su questa base di relazioni profonde e ricche, il celibato acquista un significato nuovo: esso non è più una condizione del sacerdozio ma il cammino di una vera fecondità, di un'autentica paternità spirituale, poiché il sacerdote dona la sua vita affinché i frutti dello Spirito maturino nel Popolo di Dio.

10. La Chiesa nel Ciad cresce. Essa deve ancora affondare le proprie radici in profondità nella cultura del Paese. E' il compito che vi aspetta e che i vostri predecessori hanno già iniziato. Pur rispettando, attraverso il discernimento, l'eredità religiosa dei vostri antenati, voi dovete rivelare il Cristo oggi e mostrare come si raccorda alle aspirazioni attuali del vostro popolo. Sta a voi, figli di questo Paese, proseguire il radicamento del Vangelo. Tutto ciò esige da voi un senso profondo della Chiesa e della sua cattolicità così come essa si dispiega attraverso i tempi e in tutti i popoli.

Questo tema dell'inculturazione sarà uno dei temi toccati dall'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Io raccomando alla vostra preghiera queste importanti riunioni e vi invito a prendere parte attivamente alla preparazione di questo grande avvenimento, presentando le vostre esperienze, le vostre riflessioni e le vostre speranze. Contribuirete così al rinnovamento della missione evangelica della Chiesa in Africa, all'alba del Terzo Millennio.

11. Che Nostra Signora, alla quale ho avuto la gioia di affidare il Ciad al termine della celebrazione mariana di N'Djamena, vi aiuti a diventare dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose secondo il cuore di Cristo, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo! Di tutto cuore, vi benedico, cari Fratelli e Sorelle, e vi esorto ad essere per il vostro Paese dei messaggeri di speranza.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-31

Mercoledi 31 Gennaio 1990

Ai vescovi nell'arcivescovado - N'djamena (Ciad)

Titolo: Accogliere, promuovere e trasformare le ricchezze del passato per meglio rispondere alle sfide di una modernità

Cari fratelli nell'episcopato,


1. Sono lieto di essere con voi questa sera, al termine di un'intensa giornata.

Recandomi, oggi, a Moundou e a Sarh, ho potuto prendere contatto realmente con le vostre comunità diocesane e ne rendo grazie a Dio. Ritornando nella capitale, ho avuto la gioia di incontrare il clero, i religiosi, le religiose ed i seminaristi dell'arcidiocesi di N'Djaména. Nella semplicità di questa riunione familiare, vorrei innanzitutto ringraziarvi per avermi invitato qui. Mi avete permesso così di rendervi la visita che mi avete fatto nell'ottobre del 1988, visita "ad limina" alla quale aveva preso parte il caro Monsignor Balet, al quale, in questo momento, va il mio pensiero e la mia preghiera.

Mi avete anche dato l'occasione di conoscere la vostra terra, il vostro ambiente e le vostre condizioni di lavoro apostolico.

L'incontro del vostro popolo con il Papa è stato ben preparato: avete saputo alimentare la sua preghiera e stimolare la sua riflessione sull'esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici.


2. Nel proseguimento delle iniziative suscitate dalla vostra lettera pastorale sul sacramento del perdono e della riconciliazione, continuate ad incoraggiare i battezzati ad impegnarsi decisamente per la causa della pace e dell'unità, affinché la Chiesa del Ciad appaia sempre più come un segno di speranza per il Paese.

I candidati al sacerdozio del seminario maggiore "San Luca" sono anche loro un segno di speranza per l'avvenire. Certo, voi avete un gran bisogno di sacerdoti poiché, per lunghi mesi, le vostre comunità sono private dei sacramenti.

L'aumento del numero di coloro che entrano ogni anno in seminario è di buon auspicio. So che potete contare anche sull'aiuto dei vostri zelanti catechisti, nei quali i primi missionari hanno riposto, giustamente, tanta speranza.

Continuate con la formazione dei laici affinché essi possano divenire sempre più "luce del mondo" e "sale della terra": voi edificherete così la Chiesa su solide fondamenta, nella linea dell'ultimo Sinodo dei Vescovi che aveva raccomandato, tra le principali priorità pastorali, la catechesi di tutti i fedeli, dalla prima iniziazione fino alla maturità adulta.


3. Il mio pellegrinaggio nelle vostre diocesi avrà anche, come effetto, di far meglio conoscere fuori dai vostri confini la Chiesa viva e generosa che è in Ciad, di suscitare nuovi scambi tra Chiese di continenti diversi e quindi - ve lo auguro - di risvegliare la generosità delle altre diocesi che si sentiranno maggiormente chiamate ad aiutarvi con l'aiuto di persone o con i loro doni materiali.


4. Questa visita pastorale si inserisce felicemente nel quadro della preparazione dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, che ho convocato nella festività dell'Epifania dell'anno passato, in risposta a tanti desideri espressi in terra africana. La riflessione comune dei delegati dell'episcopato darà uno slancio nuovo alla Chiesa di questo continente per la sua missione evangelizzatrice, alla soglia dell'anno Duemila.

L'assemblea esaminerà le vie e i modi più consoni agli africani di mettere meglio in pratica le parole del Signore risorto rivolte ai suoi discepoli: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (Ac 1,8). "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). E ancora: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).

L'annuncio del Vangelo a tutti i popoli della terra non può farsi senza l'incontro della Buona Novella con le culture, incontro che comporta la trasformazione dei valori autentici di queste culture attraverso la loro integrazione nel cristianesimo. In vista del radicarsi sempre più profondo della Chiesa nella terra d'Africa, sarà conveniente, secondo i criteri di discernimento forniti dal Concilio Vaticano II, mettere in evidenza quegli elementi della tradizione che meglio permettono di "render gloria al Creatore, di mettere in luce la grazia del Salvatore, ed a ben organizzare la vita cristiana" (AGD 22).

L'avvenimento fondatore della Pentecoste ci ricorda in modo esemplare che tutti i popoli della terra sono invitati a proclamare "le meraviglie di Dio", nella pluralità e diversità delle lingue. L'inculturazione, o il processo per mezzo del quale la fede cristiana si incarna nelle culture, è quindi inerente all'annuncio del Vangelo. Per mezzo della sua Incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo (cfr. GS 22); per cui si può dire che nessun valore umano autentico è estraneo al Cristo, né è escluso dall'inculturazione. Una riflessione teologica rigorosa e strutturata sarà quindi necessaria per apprezzare costumi, tradizioni, saggezza, scienza, arti e discipline dei popoli e far entrare tutto ciò che è vero, bello e buono di quest'eredità nell'"ammirabile scambio" dell'lncarnazione del Cristo.

Questa riflessione si rende ancor più necessaria in quanto questi costumi e queste tradizioni si presentano oggi nel quadro delle religioni o dei sistemi che hanno loro impresso un carattere speciale. E' qui, allora, che il dialogo inter-religioso, soprattutto tra cristiani e musulmani, acquista tutto il suo valore: come intendono gli uni e gli altri accogliere, promuovere e trasformare le ricchezze del passato per meglio rispondere alle sfide di una modernità che bisogna comunque accettare in vista di un migliore sviluppo materiale, intellettuale e spirituale? Cari fratelli nell'episcopato, vi esorto a mobilitare le vostre famiglie diocesane per la preparazione di questa assemblea del Sinodo affinché, grazie alle loro preghiere ed alla loro partecipazione alla riflessione generale, il volto della Chiesa in Africa corrisponda sempre meglio al disegno del Cristo e che la sua opera salvifica sia sempre più riconosciuta.


5. Le celebrazioni della nostra fede comune svoltesi in questa terra del Ciad ci hanno permesso di rafforzare i legami di comunione tra di noi; siamo cresciuti nell'amore del Cristo e del prossimo. Dio sia benedetto! In seguito a questa visita, voi sarete ancora più presenti nella mia preghiera. Siate certi che io serbo nel mio cuore il ricordo delle popolazioni del Ciad e degli altri paesi visitati durante questo sesto viaggio africano: esse possiedono dei titoli particolari per l'affetto e la sollecitudine del Papa!


6. Che Nostra Signora, alla quale abbiamo consacrato il Ciad, vegli su questo popolo con la sua tenerezza materna e che essa lo sostenga nel suo cammino verso Dio! Che Ella assista anche voi e che possa colmare di speranza e di gioia i vostri cuori di Pastori! Vi benedico cordialmente insieme a tutti coloro che collaborano con voi in ciascuna delle vostre diocesi e a tutti i fratelli del Ciad.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-31

Mercoledi 31 Gennaio 1990

Alla Messa nello Stadio della Concordia - N'djamena (Ciad)

Titolo: Sposi cristiani, voi riflettete meravigliosamente la vita stessa di Dio che è amore

Cari fratelli e sorelle,


1. Abbiamo oggi ascoltato le parole che Cristo ha rivolto agli Apostoli nel Cenacolo, alla vigilia della sua passione e morte sulla Croce. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16).

Cristo si rivolge in questo modo agli Apostoli con cui vuole costruire la Chiesa, di generazione in generazione. Egli rivolge queste parole a coloro che stavano intorno a lui, nel Cenacolo di Gerusalemme; le rivolge al tempo stesso, ai loro successori e in particolare alle generazioni di quelli che hanno costruito la Chiesa su questa terra africana, in Ciad. E Cristo si rivolge anche a coloro che sono oggi i successori degli Apostoli nella vostra Chiesa, i vostri Vescovi.

Il Vescovo di Roma li saluta cordialmente con un bacio fraterno di pace e con essi, saluta i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutti coloro che partecipano al sacerdozio regale di Cristo con il loro battesimo.


2. Un saluto speciale ai rappresentanti delle autorità dello Stato e della città di N'Djaména.

Saluto particolarmente le famiglie qui riunite e quelle che abitano nel vostro Paese.

Le parole del Redentore nel Cenacolo si applicano anche a voi. Poiché avete un ruolo insostituibile nell'apostolato della Chiesa. Anche voi, Cristo vi sceglie perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Jn 15,16).

Nel sacramento del matrimonio, Egli sceglie due battezzati, un uomo e una donna, che si promettono amore reciproco, fedeltà ed una vita matrimoniale degna. Essi si scelgono reciprocamente per vivere tutta la loro vita in una comunità unita, per percorrere insieme il cammino della vita e dare i frutti che corrispondono alla loro vocazione di sposi e genitori nella Chiesa e nella società.

Il Signore Gesù accoglie la loro mutua donazione generosa e i loro impegni. Consacrato dalla grazia del sacramento, "il loro vincolo d'amore diventa l'immagine e il simbolo dell'alleanza che unisce Dio e il suo popolo" (FC 12). Cristo benedice gli sposi e dice loro: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri".


3. L'Apostolo Paolo, quasi volesse farsi eco di questo comandamento di Cristo, esorta i suoi fratelli: "Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione" (Col 3,14). Le consegne che San Paolo dà nella sua bella Lettera ai Colossesi, tracciano quasi il ritratto di una coppia unita dal dono di Dio: "siate riconoscenti!... cantando a Dio di cuore" (Col 3,15-16). Si, il vostro matrimonio, la vostra comunità di vita, la vostra unità sono "come "segno" di quella comunione interpersonale d'amore che costituisce la misteriosa vita intima di Dio Uno e Trino" (CL 52). Sposi cristiani, voi riflettete meravigliosamente la vita stessa di Dio che è amore! "E la pace di Cristo regni nei vostri cuori perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo" (Col 3,15). Non dovete temere le esigenze del vostro impegno reciproco, poiché sono le esigenze di un amore che Dio ha posto nei vostri cuori e che Gesù fortifica con la sua presenza di pace. Restate vicini a lui: "La parola di Cristo dimori in voi abbondantemente". La sua parola è una parola d'amore per guidare il vostro amore. Prendete la sua parola di verità per farne la vostra parola, per porre in comune la sua luce: "ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza" (Col 3,16).

La vera sapienza è quella del Creatore che ha fatto l'uomo e la donna a sua somiglianza. La vera sapienza è ancora nella sua parola: "L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gn 2,24).

La vera sapienza è quella del Redentore: egli ha fondato il comandamento dell'amore sull'amore divino che lo conduce a donare la sua vita per noi: amatevi "gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12).


4. Cari amici, alcuni trovano senza dubbio che sia molto audace per un uomo e una donna impegnarsi per la vita sul cammino di una fedeltà tanto pura quanto la stessa fedeltà di Dio. Le circostanze difficili attraversate dal vostro popolo hanno provocato alcuni sconvolgimenti. Tradizioni familiari sono state spezzate dai cambiamenti di residenza o del modo di vivere. Nuove tentazioni compaiono e la stabilità della coppia e della famiglia viene scossa.

Capisco queste difficoltà e le sofferenze che comportano. Ma non dovete rinunciare alla grandezza e alla bellezza del matrimonio. Con San Paolo, vi dico: "sopportatevi a vicenda" (Col 3,13). Non si tratta soltanto di essere pazienti, si tratta di amare a tal punto l'altro da aiutarlo, da sostenerlo. Nel matrimonio, non smetterete di scoprire le qualità e i difetti del vostro coniuge, lo aiuterete ad accrescere le prime e a diminuire gli altri. E poi: "Perdonatevi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri.

Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi". Abbiate tanto amore da riconciliarvi se una crisi minaccia la vostra unione. Poiché spezzare la vostra reciproca fedeltà è rompere anche con Dio che è sempre fedele, che non smette mai di amare.

Vivete nella fiducia l'uno con l'altra. Giorno dopo giorno, gettate legna sul fuoco del vostro amore, attraverso i gesti quotidiani della vita comune; il vostro reciproco rispetto e la vostra generosità sono come un segno della presenza di Dio nella vostra casa. La grazia del sacramento del matrimonio non vi mancherà. Il Signore vi ha scelti come amici e non come servitori cui s'impongono gravosi fardelli. "Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo concederà" (cfr. Jn 15,16). Ubbidire al comandamento dell'amore fedele non è un'esigenza impossibile, è vivere in comunione con Cristo che lascia ai suoi amici la sua gioia e la sua pace.


5. Sposi, la vostra reciproca fedeltà è strettamente legata all'amore che voi avete per i vostri figli. La vostra felicità d'amare e la vostra capacità di donare la vita vi rendono testimoni dell'amore del Creatore. Rispettate i doni di Dio diventando padri e madri in maniera responsabile e in particolare onorando la vocazione della donna ad essere madre, cosa che è scolpita nel profondo del suo essere.

Nel corso dell'educazione, sarà vostra gioia condividere il vostro amore con i figli. Il loro futuro a volte vi potrà preoccupare, vi potrà sembrare difficile trasmettere ad essi i valori cui siete legati da generazioni, perché essi ascoltano altre voci piuttosto che la vostra e subiscono delle influenze che vanno in senso opposto. Sta a voi in ogni caso insegnare ad essi l'uso corretto della libertà, in un clima di dialogo. Illuminerete la loro strada più con il vostro esempio e con il vostro amore che imponendo loro divieti senza spiegazioni.

Prendete esempio da Gesù: aveva fatto dei suoi discepoli degli amici, correggeva i loro errori, ma sapeva liberarli dalla paura ed ha mostrato loro la sua fiducia mandandoli in missione.

I vostri figli andranno per strade diverse dalle vostre; faranno, forse, delle deviazioni pericolose; ma conserveranno la durevole impronta dello spirito della loro famiglia e le qualità acquisite presso di voi. A loro volta, diventeranno sposi e genitori. Sappiate accettare la loro partenza: i giovani non vi rinnegano, ma sono divenuti adulti. E' questo, per voi, "il frutto che rimane" promesso da Gesù (cfr. Jn 15,16).


6. Cari fratelli e sorelle, vi parlo della vostra vocazione di sposi e di genitori in mezzo alla comunità cristiana riunita. Ed è giusto, perché le famiglie hanno un ruolo primordiale nel Popolo di Dio.

Siete testimoni dell'amore di Dio per ogni essere umano. Siete testimoni del Vangelo di salvezza, innanzitutto presso i vostri figli. Apriteli alla fede, in unione con i vostri pastori e con gli educatori. Siete i primi a suscitare la fede dei vostri figli e delle vostre figlie. Preparateli ad accogliere questo dono, inserendo appropriatamente la vostra famiglia nella vita ecclesiale.

Che la vostra generosità e il vostro spirito di fraterna comunione non si fermino alla porta del vostro focolare! Se vi è stato dato di vivere felici in famiglia, sappiate accogliere coloro che sono soli, poveri, stranieri ed anche gli uomini e le donne con il cuore ferito da crudeli abbandoni. Grazie a famiglie che, nella semplicità dei gesti di ogni giorno, fanno brillare il vero amore, la Chiesa potrà riflettere nella società il volto di Cristo.


7. Giunto fra voi, il Successore di Pietro è felice di dirvi che la Chiesa conta sulle vostre famiglie per dare testimonianza della gioia d'essere discepoli di Cristo, uomini e donne nella loro eguale dignità, nei loro ruoli complementari.

Vi ripeto ancora l'ultimo messaggio di Gesù: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12).

Amatevi gli uni gli altri, voi mariti e mogli, "rivestite l'uomo nuovo... come eletti di Dio" (Col 3,10-12).

Amate i vostri figli, con generosità, senza cercare di trattenerli.

Nell'intera famiglia, genitori, amate i vostri figli; figli, amate i vostri genitori; fratelli e sorelle, amatevi come figli e figlie degli stessi genitori. Amate tutti i membri della vostra grande famiglia, di ogni generazione.

In nome di Cristo, pregate il Padre affinché le famiglie mostrino la fedeltà di Dio ad ognuno. Pregate perché le vostre famiglie portino i frutti della buona educazione dei figli, perché questi frutti rimangano attraverso le nuove generazioni nella vita di tutto il popolo e della Chiesa.

Per questo, prego oggi con voi. La Chiesa prega con voi.

"La gloria di Dio è l'uomo vivente" (Sant'Ireneo, Adversus haereses, IV,20,7). La gloria di Dio è che l'uomo viva nella pienezza della vita, della verità e dell'amore e che in questo modo giunga alla salvezza e alla vita in Dio! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-02-01

Giovedi 1 Febbraio 1990

Appello ai rappresentanti delle nazioni - N'djamena (Ciad)

Titolo: Il coraggio della lucidità di fronte agli attentati alla pace

Eccellenze, Signore, Signori,


1. Al termine della mia visita pastorale in alcun paesi dell'Africa, sono felice di avere la possibilità d'intrattenermi con i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Repubblica del Ciad e con i rappresentanti di alcune Organizzazioni internazionali. Saluto ognuno di voi e vi ringrazio per la vostra presenza a questo incontro.

L'esperienza dei miei viaggi ed i numerosi contatti che posso avere a Roma mi spingono a rendervi partecipi di alcune riflessioni su dei problemi di cui vi preoccupate quotidianamente. La pace è sicuramente la nostra prima preoccupazione. Abbiamo la soddisfazione di vedere il paese che ci ospita progredire nel consolidamento della pace e lavorare alla riedificazione delle rovine materiali causate da un lungo conflitto, ma anche alla riconciliazione in profondità degli uomini. Salutiamo questi sforzi ed incoraggiamo tutti coloro che li intraprendono per il bene comune.

Trovandomi in terra d'Africa, mentre sono testimone delle mirabili qualità dei suoi popoli, non posso fare a meno di ricordare anche i conflitti che li sconvolgono in molte regioni di questo continente. Vi sono fonti di sofferenze che sembrano non aver fine. Penso all'Etiopia, al Sudan, ad altri popoli colpiti dalla discriminazione razziale, ad altri ancora che endemiche rivalità etniche conducono talvolta a violenti scontri.

E' vero che tutte le parti del mondo conoscono focolai di guerra. Vi sono cambiamenti, compaiono anche segni positivi. Ho avuto recentemente l'occasione di esprimermi al riguardo. Ma, poiché nessuna sofferenza umana può trovarci rassegnati, era mio proposito dire chiaramente alla comunità internazionale che la solidarietà fra i popoli non ha frontiere; che le grandi trasformazioni in atto nell'Europa dell'Est non devono spostare l'attenzione dal Sud e dal continente africano in particolare.


2. Dobbiamo constatare che, molto spesso, l'origine degli attentati alla pace non è chiaramente visibile. Sarebbe necessario che i responsabili locali ed anche tutti coloro che esercitano un'influenza nei rapporti fra le nazioni avessero il coraggio della lucidità. Quali sono le implicazioni dei conflitti? Chi li favorisce? Quali diritti vengono messi in discussione? E' necessario saper capire ciò che alcune minoranze vogliono difendere al prezzo della loro stessa vita: le loro tradizioni, la loro cultura, le loro convinzioni, la loro dignità dinanzi a poteri che mal li tollerano e rifiutano la loro legittimità. Bisognerebbe anche avere il coraggio di porre in luce il ruolo svolto da tutte le parti, a cominciare dalle più potenti che hanno il controllo dell'economia, degli aiuti militari, delle alleanze.

Spetta ai responsabili politici e ai diplomatici ascoltare le richieste che vengono rivolte alla comunità internazionale. Bisogna inoltre che si giunga a riconoscere gli errori, gli abusi di potere, le ingiustizie, lo sfruttamento di cui si è potuti essere causa, poiché è più importante servire il progresso della pace per il bene di interi popoli che difendere il proprio prestigio. A questo si arriverebbe prima se si avesse sempre come scopo prioritario il rispetto dei diritti e della dignità di ogni uomo.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite e diversi organi regionali hanno già compiuto in questo senso alcuni sforzi che bisogna lodare. Si è giunti all'adozione di importanti testi, come la Carta africana dei Diritti dell'uomo e dei popoli. Sapete, tuttavia, quanto sia necessario ridurre la distanza fra il dire e il fare per applicare senza reticenze i testi. Si arriverà mai ad un accordo fra gli Stati di diritto per formare una Comunità che rinunci ad ogni eccezione al diritto? Si sapranno sviluppare procedure di arbitrato per risolvere le controversie, rispettando i diritti di tutte le parti? Vorrei aggiungere ancora che le tragiche conseguenze dei conflitti non possono lasciare l'insieme dell'umanità nell'indifferenza. L'immagine che s'impone innanzitutto ai miei occhi è quella di migliaia di rifugiati che disperano di trovare una terra che li accolga, di ricostruire la loro esistenza e le loro famiglie. Il problema supera il campo di azione delle Organizzazioni specializzate, per quanto generosi siano i loro interventi. Si tratta di uomini che devono trovare ovunque fratelli in umanità! E, al di là delle specifiche condizioni dei rifugiati, è tutto il problema dell'emigrazione che occorrerebbe affrontare con il rispetto dovuto a tante persone rese vulnerabili dal loro sradicamento.


3. Per favorire la pace, ognuno riconosce l'importanza della cooperazione economica; è l'aspetto più visibile dell'efficace sostegno che le nazioni in via di sviluppo s'attendono. Ho già ricordato questo problema a Ouagadougou qualche giorno fa. Dinanzi a voi, vorrei salutare i positivi sforzi compiuti, come quelli che hanno condotto alla nuova Convenzione di Lomé, sottoscritta recentemente, come le disposizioni prese per alleggerire il fardello del debito dei paesi più sfavoriti, oppure i numerosi accordi con gli organismi finanziari internazionali e fra paesi.

Il lungo cammino che ancora resta da percorrere per giungere a migliori equilibri vi è noto; molti fra voi sono all'opera per far progredire una benefica cooperazione. Voglio semplicemente insistere, ancora una volta, sulle conseguenze umane degli accordi economici, sulla necessità della concertazione, sul rispetto delle responsabilità esercitate dai dirigenti e dai lavoratori delle zone meno favorite, nonché sull'attuazione dovuta ai valori tradizionali e alla civiltà dei partner.

La solidarietà internazionale deve ancor intensificare la cooperazione in favore dei paesi sfavoriti. L'opinione mondiale capisce oggi meglio l'urgenza della protezione dell'ambiente. E' pronta a fornire il necessario sforzo? E' pronta anche ad affrontare in modo altrettanto serio i bisogni dei popoli poveri per la loro sanità, per la formazione dei giovani, per l'informazione e la comunicazione, per lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi, per fare avanzare la ricerca scientifica negli ambiti specifici di questo continente, per consentire alle istituzioni scientifiche e tecniche africane un libero accesso alle conoscenze e alle competenze acquisite altrove? Per illustrare la mia proposta con un esempio concreto, mi sia consentito di ricordare la convenzione conclusa l'anno scorso fra il Cameroun e la Santa Sede per la costituzione di un centro universitario, l'Istituto cattolico di Yaoundé. Si tratta di una cooperazione culturale cui partecipano anche altri paesi africani.

Come ho scritto in un solenne documento, "la solidarietà ci aiuta a vedere "l'altro" - persona, popolo o Nazione - (...) come un nostro "simile", un "aiuto" (cfr. Gn 2,18 Gn 2,20), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, al quale tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio" (SRS 39).


4. Quando si prende in considerazione la cooperazione internazionale per la pace e in particolare per lo sviluppo, sono molto spesso i rapporti fra Nord e Sud ad essere spesso chiamati in causa. Vorrei, tuttavia, sottolineare il grande beneficio che le nazioni africane possono ricavare da una collaborazione più intensa fra loro, del Sud con il Sud.

La varietà delle risorse e delle situazioni - non fosse altro che fra paesi "continentali" e paesi aperti sul mare - dovrebbe spingere gli Stati ad organizzare meglio i loro scambi e la loro complementarietà. La geografia stessa lo suggerisce, nei grandi bacini fluviali, per la produzione di energia, per i mezzi di trasporto. E quando si tratta della circolazione delle persone, degli investimenti necessari alla formazione e alla ricerca: della complementarietà delle produzioni agricole ed industriali, l'intesa fra gli uomini non può più scontrarsi contro frontiere, sulle quali, d'altronde, i loro antenati non si fermavano affatto.

E' necessario auspicare che le Organizzazioni africane, continentali e regionali, diventino sempre più attive, per essere veri strumenti di promozione della pace e dello sviluppo in favore di tutti i membri. Il compimento di concreti progetti comuni li aiuterà, peraltro, ad elaborare comuni posizioni nelle discussioni, a volte difficili, che la congiuntura internazionale implica. Da parte sua, la Chiesa in Africa si è abituata alla concertazione regionale e continentale. Come sapete, tutti i cattolici sono attualmente invitati ad una approfondita riflessione su tutti gli aspetti della missione ecclesiale, per preparare l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa che sarà una vasta consultazione su scala continentale.


5. Signore, Signori, vorrei concludere questo rapido giro d'orizzonte formulando fervidi voti per tutti gli africani.

Spero che la pace progredisca, che ogni essere umano abbia la possibilità di crescere, di formarsi, di fondare una famiglia e di allevare i figli, di esercitare un lavoro utile, di custodire le più belle fra le sue tradizioni e la generosità che tutti noi riconosciamo nel suo retaggio.

E spero che così la libertà progredisca, poiché la povertà materiale, intellettuale e spirituale impedisce il pieno esercizio della libertà delle persone, delle famiglie e delle comunità.

Che l'azione dei dirigenti e la collaborazione internazionale aiuti gli africani a ricevere il meglio di quanto può essere loro offerto senza che mai nessuno sia disprezzato, corrotto o ferito nel profondo del suo essere! Esprimo tutto il mio apprezzamento alla nazione di cui siamo ospiti e a quelle che voi rappresentate.

Chiedo a Dio di donare a tutti i popoli dell'Africa la forza della speranza.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-02-01

Giovedi 1 Febbraio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - A sacerdoti e religiosi nella cattedrale - N'djamena (Ciad)