GPII 1990 Insegnamenti - Saluto alla popolazione - N'djamena(Ciad)

Saluto alla popolazione - N'djamena(Ciad)

Titolo: Progresso nel rispetto dei diritti di tutte le persone

Cari amici di N'Djaména,


1. Al momento di prendere la parola per questo grande incontro nella capitale, vorrei prima di tutto ringraziare Mons. Charles Vandame per le sue amabili parole di accoglienza e per la presentazione che mi ha fatto della popolazione di N'Djaména.

Saluto con deferenza i Rappresentanti dello Stato e delle Istituzioni.

Li ringrazio vivamente perché con la loro presenza onorano questa assemblea.

Invio i miei saluti più cordiali agli eminenti rappresentanti delle diverse confessioni religiose. Sono colpito dalla cortesia e dai sentimenti fraterni che essi manifestano prendendo parte a questo raduno. Nel nostro comune rapporto col Dio unico e vivente, che è all'origine e al termine di tutta la vita, il dialogo tra le varie religioni mette in evidenza la dignità delle persone, delle famiglie e delle comunità. Desidero che crescano ancora di più nel Ciad la comprensione tra i credenti così come la loro collaborazione in armonia nel servizio del Paese.

Cari abitanti di N'Djaména, vi saluto veramente di cuore. Come a tutti i popoli che Dio mi ha dato di visitare, vengo ad annunciarvi con forza che il Signore vi ama.


2. Dopo le prove del passato, gli abitanti del Ciad devono dedicarsi al progresso del Paese.

Al termine di un viaggio che mi ha fatto percorrere l'Africa del Sahel che costeggia l'immenso deserto del Sahara, misuro insieme a voi l'enorme sforzo che resta ancora da compiere per dare a tutti gli abitanti dei vostri Paesi la vita dignitosa che ogni uomo ha diritto di pretendere.

Al tempo stesso, devo ricordarvi che il progresso dei popoli non può essere considerato in termini puramente economici, ma deve rispettare la persona umana in tutte le sue dimensioni. La messa in atto di strutture di progresso al servizio dell'uomo riguarda l'organizzazione della vostra società nel suo aspetto più alto. Sappiamo quanto la popolazione del Ciad sia attenta alla sua cultura. La vitalità di questa cultura è stata uno dei fattori che vi ha permesso di attraversare senza distruggervi il triste periodo del vostro passato più recente.


3. I cambiamenti con i quali dovete confrontarvi richiedono che abbiate un senso di responsabilità in rapporto al bene comune e di solidarietà con gli altri. I moderni mezzi di comunicazione hanno rotto l'isolamento e favorito le relazioni tra gli uomini. Deve scaturirne, per ciascuno, una presa di coscienza più forte della sua solidarietà con i propri compatrioti e con i membri degli altri popoli della terra.


4. Non dimentico la vostra particolare condizione geografica al centro del continente africano, al crocevia delle numerose civiltà che hanno segnato la vostra storia. Le due lingue ufficiali del vostro Paese, il francese e l'arabo, accanto ad altre tradizioni linguistiche, testimoniano di questi incontri culturali; sta a voi - con la riuscita della vostra vita nazionale - mostrare che le differenze, invece di impoverirvi, arricchiscono il vostro popolo. E' anche una responsabilità che vi è data dalla vostra posizione nel continente. Questa posizione è anche un invito ad altri gesti di solidarietà con i Paesi dell'Africa che vi circondano. Quelli del Sahel sono già stati capaci di mettere insieme i loro sforzi in una organizzazione regionale di lotta contro la siccità e la desertificazione. E' un buon esempio di cooperazione Sud-Sud. Esistono altre organizzazioni regionali e sono da incoraggiare.


5. Poiché con la mia voce, qui a N'Djaména, la Chiesa cattolica si pronuncia ancora una volta in favore di un progresso interamente al servizio dell'uomo, mi sembra utile, infine, ricordarne la dimensione morale.

Il progresso può essere raggiunto soltanto da una società nella quale siano rispettati i diritti di tutti. A questo proposito, possiamo rallegrarci poiché esiste una Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, ratificata dal vostro Paese nel 1986.

La dimensione etica del progresso riguarda particolarmente la famiglia.

Vi incoraggio affinché vi avviciniate al problema demografico con discernimento, nel rispetto della vita e nella fedeltà alle vostre tradizioni culturali che onorano in particolare la vocazione della donna alla fecondità.

Il rispetto della vita è anche legato nel suo punto più alto al problema della sanità. Incoraggio i cattolici del Ciad affinché portino il loro contributo per ricercare delle soluzioni a questi problemi, sapendo quanto ciò sia difficile per Paesi come il vostro in cui il personale medico deve prodigarsi con generosità.


6. Uomini e donne di N'Djaména, uomini e donne del Ciad, se vi ho parlato così del progresso, è perché ogni uomo, ogni donna è una creatura di Dio e possiede un valore unico. Un popolo religioso come il vostro è in grado di comprendere che mi riferisco qui al valore unico di ogni persona umana: essa riceve da Dio la vita, la sapienza e l'amore. Abbiamo bisogno di rammentare la grande dignità dell'essere umano, perché la bellezza dei doni di Dio in lui può oscurarsi, sia per la mancanza di chi dovrebbe farla risplendere, sia per la cecità di chi dovrebbe riconoscerla. E' tuttavia vero che Dio ha affidato all'uomo la creazione intera affinché egli ne sia fedele amministratore, preoccupato di portarla alla perfezione e di farne beneficiare tutti i suoi fratelli.

Possano i cristiani portare in questa impresa la loro invincibile speranza nell'avvenire dell'uomo riscattato da Dio! Possano tutti gli abitanti del Ciad perseverare nella collaborazione fruttuosa per l'unità del Paese e del continente africano! Possa il Ciad unito e in pace contribuire al benessere e alla concordia tra gli uomini! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-02-01

Giovedi 1 Febbraio 1990

Alla cerimonia di congedo dal continente - N'djamena (Ciad)

Titolo: Dio benedica il Ciad! Dio benedica l'Africa!

Signor Presidente,


1. Nel momento in cui mi accingo a lasciare il Ciad, rendo grazie a Dio per aver potuto rispondere al vostro invito ed essere venuto a visitare il vostro grande Paese. Vi sono riconoscente per aver voluto venire a salutarmi personalmente all'aeroporto, prima della mia partenza.

I numerosi incontri avuti a N'Djaména, Moundou e Sarh mi hanno permesso di prendere contatto con il popolo di questo Paese, di apprezzare la qualità della sua ospitalità e di conoscere meglio le sue aspirazioni all'unità, alla riconciliazione, al progresso e alla pace.

Porto con me un abbondante patrimonio di ricordi che alimenteranno la mia preghiera e manterranno viva, al di là delle distanze, l'amicizia nata, in questi ultimi giorni, con il caro popolo del Ciad.


2. I miei sinceri ringraziamenti vanno, Signor Presidente, prima di tutto a lei, ma anche ai membri del Governo ed alle Autorità locali, per le disposizioni prese per rendere più facile questa visita pastorale. Sono stato colpito dalla dedizione delle persone che hanno collaborato al buon svolgimento delle varie tappe del mio viaggio nella capitale ed in seguito a Moundou e a Sarh. Desidero anche ringraziare i media per aver permesso a tutti di partecipare ai vari avvemmenti.


3. Rivolgo un cordiale grazie al mio ospite, Monsignor Charles Vandame, Arcivescovo di N'Djaména e Presidente della Conferenza Episcopale del Ciad, ai miei altri Fratelli nell'episcopato, ma anche ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose, ed a tutti i fedeli cattolici che, in una maniera o nell'altra, si sono mobilitati in occasione di questo momento fondamentale per la vita della Chiesa del Ciad.

Sono stato lieto di celebrare l'Eucaristia in terra ciadiana per presentare a Dio l'omaggio di adorazione del grande popolo del Ciad e domandare al "Principe della Pace" di diffondere, dopo gli anni delle prove, i suoi benefici di prosperità fisica e spirituale su tutti, in particolare su coloro che ancora soffrono.

Sono stato parimenti felice di ritrovarmi in mezzo ai miei fratelli e sorelle cristiani del Ciad per offrire con essi il loro Paese a Maria, Madre di Gesù. Chiedo alla Vergine di accompagnare tutto il Popolo di Dio e di assisterlo con tenerezza materna nel suo pellegrinaggio di fede. Che essa possa guidare il suo cammino nella fedeltà al Cristo, che è "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6)! Prima di partire per Roma, desidero dirvi quanto i legami di carità che ci uniscono siano reali. Essi sono stati intessuti grazie all'accoglienza generosa che è stata riservata ai primi portatori della Buona Novella. Essi si sono poi moltiplicati nel corso degli anni, cosicché oggi la Chiesa del Ciad ha il suo posto nella comunione della grande famiglia della Chiesa universale.

Cari figli e figlie della Chiesa cattolica, andate avanti! Siate forti! Testimoniate la Buona Novella di Nostro Signore Gesù Cristo e perseguite, con rispetto ed amicizia, il dialogo e la collaborazione con tutti!


4. Al popolo del Ciad, che mi ha riservato un'accoglienza così calorosa, vorrei ripetere: grazie, ed abbiate fiducia nell'avvenire! I segni di rinnovamento sono visibili nel Paese e la vostra nazione è in possesso degli strumenti per andare avanti grazie al vostro dinamismo e alla vostra energia morale. Mantenete l'unità e rafforzate la pace! Continuate ad intrattenere buoni rapporti con i Fratelli e le Sorelle di fede diversa: questi legami di amicizia garantiscono il rispetto della dignità di ciascuno e mettono il vostro Paese al riparo da dolorose fratture interne.

Al termine di questo sesto viaggio pastorale che mi è stato concesso di compiere in Africa, formulo i miei fervidi auguri per tutti gli abitanti di questo continente, quale che sia la loro fede religiosa.

Che Dio permetta loro di superare con saggezza le prove che stanno affrontando e di ricevere il sostegno di tutta l'umanità solidale! Che Dio permetta loro di mantenere intatta la loro ammirevole vitalità, le loro valorose tradizioni, la loro ricchezza spirituale e la loro generosità fraterna! Che Dio benedica il Ciad! Che Dio benedica l'Africa! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-02-01

Giovedi 1 Febbraio 1990

Ai religiosi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gioiosa disponibilità al servizio per la nuova evangelizzazione

"Sollevate, porte, i vostri frontali" (Ps 23,7).


1. Oggi il salmista ci introduce nel mistero del tempio. E' il tempio del popolo di Dio, il tempio dell'alleanza. L'alleanza è formata dalla presenza del Signore degli eserciti. Essa è nello stesso tempo la piena attesa della sua venuta; della venuta del Re della gloria! Per questo le parole del salmista si rivolgono alle porte. Alle porte antiche del tempio, attraverso le quali entrerà l'Atteso: il Re della gloria.

Queste porte antiche nascondono in sé la dimensione dell'eternità. Il Re della gloria, che attraverso le porte del tempio entrerà nel Tabernacolo dell'alleanza, porta in sé il mistero dell'eterno disegno di Dio, che è disegno salvifico.

Oggi il salmista ci introduce attraverso le porte nel tempio del Dio di Israele: di quel Dio che aveva già parlato molte volte ai padri per mezzo dei profeti e ha parlato ultimamente a noi per mezzo del Figlio. Ecco in lui - nel Figlio - l'eterno Iddio e Signore dell'alleanza desidera prendersi cura di tutta la stirpe di Abramo.


2. Quando, nel quarantesimo giorno dopo la sua nascita, Maria e Giuseppe portano il neonato Bambino, al quale era stato messo il nome di Gesù, al tempio di Gerusalemme, tutti coloro che partecipano a tale avvenimento sono convinti che è piuttosto "la stirpe di Abramo" e perfino lui stesso, Abramo, il padre di tutti i credenti, ad accogliere nel suo seno questo nuovo Figlio del popolo di Dio, di Israele. Tale è il significato del rito.

Pero al di sopra del significato del rito si leva la voce dell'uomo, di colui che si era recato al tempio "mosso dallo Spirito Santo". Ecco, Simeone si rivolge direttamente al Dio dell'alleanza - per il quale era stato costruito il tempio - e parla. Parla del compimento dell'attesa di tutta la sua vita, la quale non era altro che l'attesa di tutto il popolo dell'antica alleanza. Parla della Luce che "illumina le genti" (i pagani), della luce che è la gloria del popolo di Dio. La luce che è il coronamento delle aspettative e delle speranze; che è lo spalancarsi del tempio al Dio dell'alleanza attraverso il sacrificio.

Il profeta Malachia proclama che proprio il sacrificio sarà il compimento della giustizia. In essa si compirà anche il destino del tempio. Colui che offrirà se stesso in tale sacrificio diventerà il tempio vivo dell'alleanza.

Cristo, quando si avvicinerà "la sua ora", non dirà forse: "distruggete questo tempio e in tre giorni lo faro risorgere"? E lo dirà del tempio del suo corpo. Si! lui stesso sarà il tempio vivente. In lui si compirà il mistero pasquale, cioè il mistero del passaggio dalla morte alla vita eterna in Dio.


3. "Luce per illuminare le genti...".

La luce! In questa luce il tempio del popolo di Dio ha visto fino in fondo il suo destino. Cristo stesso, diventato il tempio della nuova ed eterna alleanza, rivela la verità sul tempio che è soprattutto l'uomo vivente. La veneranda costruzione sacra esprime questa verità. E' la verità su Cristo; è la verità su ogni uomo che mediante Cristo diventa tempio: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?", domanderà l'apostolo Paolo ai primi cristiani di Corinto.

Lo Spirito di Dio abita in noi in virtù del sacrificio di Cristo. Grazie alla forza del suo mistero pasquale. In questo mistero Cristo ci dà lo Spirito, che costruisce di nuovo la nostra umanità: la costruisce come tempio del Dio vivo.

Come tabernacolo della comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La luce di Cristo ci aiuta a riconoscere il mistero della nostra nuova umanità quale frutto della grazia invisibile del Battesimo e dell'Eucaristia, che è il cibo per la vita eterna in Dio.


4. Cari fratelli e sorelle, che oggi a titolo particolare partecipate a questa Eucaristia, invitati qui a motivo della vostra professione e consacrazione religiosa, voi tenete nelle mani le candele accese come simbolo di quella luce che è Cristo. Formo l'augurio che la festa della Presentazione rechi a voi e alle vostre comunità romane una grazia particolare. Auguro che questa stessa grazia della festa della Presentazione raggiunga tutti i fratelli e le sorelle nella vocazione religiosa: tutte le persone consacrate del mondo.

Cristo, luce del mondo, vi illumini per poter rileggere fino in fondo il mistero della consacrazione che portate in voi. Questo mistero è stato iscritto, in virtù del Battesimo, nella vita di ciascuno e di ciascuna di voi, come un particolare dono del Dio vivo. Come una particolare vocazione dello Sposo alla Sposa. Lui stesso è il tempio, nel quale l'umanità e tutta la creazione sono stati consacrati a Dio. E ciascuno e ciascuna di voi è - sul modello di Cristo Redentore e Sposo - un simile tempio. Di qui prende forza la testimonianza che rendete agli altri nella Chiesa e davanti al mondo.


5. Egli, Cristo, il vostro Sposo, Luce del mondo, è nello stesso tempo segno di contraddizione. "Il segno" al quale contraddiranno, come disse Simeone. Questo "segno" è anche iscritto nella vostra vocazione: nei voti evangelici di povertà, castità e obbedienza. Questi voti esprimono una particolare pienezza nella dedizione a Cristo. Nello stesso tempo significano anche la contraddizione della triplice concupiscenza, cioè la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne e la superbia della vita. A proposito di ciò l'apostolo ed evangelista Giovanni scrive che "non viene dal Padre, ma dal mondo", e aggiunge: "E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!".

Alle soglie di questo ultimo decennio che precede l'anno 2000, vi prego di testimoniare in modo particolare il Cristo, che è il Signore del secolo futuro.

Vi prego di testimoniarlo dappertutto in tutti i luoghi del globo terrestre.


6. Vi prego di testimoniarlo a Roma in questa antica e apostolica Chiesa che si prepara alla venuta di Cristo mediante il Sinodo. La vostra partecipazione al Sinodo diocesano è molto importante per la Chiesa, ma anche per voi, perché vi fa prendere coscienza del ruolo che i membri degli Istituti di perfezione sono chiamati ad avere in questa Chiesa di Roma, nell'ottica delle finalità che il Sinodo si propone.

Cosa chiede, in particolare, a voi il Sinodo? Anzitutto di approfondire e vivere con sempre maggior autenticità il vostro carisma, al fine di portare nella vita e nella missione della comunità diocesana le potenzialità e le ricchezze del vostro Istituto; in modo che le differenze dei doni e delle funzioni si completino a vicenda per l'unica comunione e missione.

Da ciò scaturisce anche il dovere di sentirsi sempre più vere parti integranti, anzi essenziali, della Chiesa locale. Ne verrà di conseguenza un impegno organico e attivo nella vita diocesana, specialmente in quei luoghi e in quelle strutture, in cui si programma, si realizza e si verifica l'azione pastorale. Penso, in particolare, alle parrocchie e agli organismi di partecipazione ecclesiale.

Nel mutato contesto socio-culturale, che richiede uno sforzo concorde e creativo per una nuova evangelizzazione, sarà certamente compito dei religiosi, uomini e donne, offrire la loro gioiosa disponibilità per un servizio "missionario" in quelle situazioni e in quei luoghi, in cui sono più urgenti la testimonianza e l'annuncio del regno di Dio. E tutto ciò sempre in consonanza col carisma proprio delle vostre famiglie religiose e come risposta alle nuove necessità.


7. La festa della Presentazione del Figlio Gesù, nel 40° giorno dopo la nascita, è pure festa della Madre. Le parole di Simeone su Cristo, quale segno di contraddizione, riguardano indirettamente anche lei. Simeone dice a Maria: "Egli è qui... perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima".

Cari fratelli e sorelle! Vi affido al cuore della Madre, affinché siate in grado di trovare in esso sempre di nuovo la profondità della vostra vocazione, di riscoprire sempre di nuovo la sua novità e bellezza evangelica.

E a te, Madre di Cristo, Sposa del Redentore del mondo, chiediamo che i "pensieri" dei cuori si svelino dinanzi al tuo cuore. Che essi vengano a noi sempre da quella pienezza che è Cristo, tuo Figlio, Luce del mondo!

Data: 1990-02-02

Venerdi 2 Febbraio 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiera e testimonianza per favorire le vocazioni

Carissimi fratelli e sorelle,


1. La mia prima parola, oggi, è di gratitudine al Signore per il felice esito del viaggio pastorale in alcuni Paesi dell'Africa occidentale. Porto vivissimo nell'animo il ricordo dei calorosi incontri con quelle popolazioni, povere in risorse materiali, ma singolarmente ricche di valori umani e cristiani. Mi riservo di tornare prossimamente sulle impressioni suscitate in me da questa forte esperienza di vita ecclesiale. Intanto ne rendo lode a Dio e affido il seme gettato in quel fertile terreno all'intercessione della Vergine santissima.


2. Da qualche tempo la preghiera dell'Angelus ci vede impegnati a riflettere sul tema della formazione sacerdotale, che sarà oggetto del prossimo Sinodo dei vescovi. Oggi vorrei richiamare la vostra attenzione su ciò che precede tale formazione, ossia sulle condizioni di maturazione e di sviluppo delle vocazioni sacerdotali.

In quale misura e con quali mezzi è possibile favorire la nascita e la crescita di queste vocazioni? E' un problema che si pone specialmente ai genitori e agli educatori cristiani, e che merita di essere studiato con cura.


3. Di fronte ad esso è importante, prima di tutto, ricordare che la vocazione deriva da una iniziativa sovrana di Dio. Occorre rispettare la decisione divina, che non si può forzare e alla quale non si può sostituire una decisione umana.

Sono adatti al sacerdozio soltanto coloro che Cristo chiama! così si spiega perché uno dei mezzi principali per favorire le vocazioni sia la preghiera. Pregando, possiamo ottenere che le chiamate si moltiplichino: "Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe"! Una tale preghiera, ordinata da Cristo, non può certamente mancare di efficacia.

Oltre alla preghiera, altre iniziative umane possono rivelarsi utili allo sbocciare di una vocazione. Un episodio evangelico ci offre un esempio suggestivo: Andrea, uno dei primi due discepoli che si misero al seguito di Gesù, racconto a suo fratello Simone ciò che gli era accaduto, e "lo condusse da Gesù".

Certo, fu Gesù a chiamare Simone e a dargli il nome di Pietro, ma era stata l'iniziativa di Andrea a promuovere l'incontro, nel quale poi Gesù rivolse la sua chiamata al futuro capo della Chiesa.


4. La conclusione è che ciascuno di noi può divenire strumento della grazia della vocazione. A volte, una parola detta a un giovane, o una semplice domanda, possono svegliare in lui l'idea della vocazione. In particolare gli educatori hanno la possibilità di far comprendere il valore della vita sacerdotale; se poi sono preti, sarà soprattutto mediante la testimonianza della loro vita che potranno suscitare nei giovani che li avvicinano l'entusiasmo per la vocazione sacerdotale.

Ciò tuttavia deve sempre avvenire nel rispetto della libertà personale del giovane, e in un contesto di delicatezza che eviti tutto ciò che potrebbe assumere l'aspetto di una pressione morale.

Pregando per le vocazioni sacerdotali, pregheremo anche perché il Sinodo incoraggi tutti i cristiani a favorirle, secondo i mezzi loro accessibili. La Vergine Maria, piena di sollecitudine per lo sviluppo della Chiesa, rafforzi con la sua intercessione il valore della nostra preghiera.

Data: 1990-02-04

Domenica 4 Febbraio 1990

Nella "Giornata per la vita" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costruire una civiltà solidale verso la vita

Rivolgo ora un saluto particolarmente affettuoso a quanti hanno partecipato al corteo lungo le vie di Roma, in occasione della "Giornata per la vita", che da qualche anno la Conferenza episcopale italiana opportunamente promuove.

Il tema scelto per questa Giornata: "Vivi per servire la vita" è un pressante richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi di fronte a questo fondamentale valore, in particolare quando la vita dell'altro è minacciata o, come hanno affermato i vescovi Italiani, "banalizzata e svenduta". E' questa una delle conseguenze della mentalità edonistica, che, ignorando Dio come principio e fine del creato, arriva a negare in pratica anche l'uomo: dico la sua dignità e la sua inviolabilità.

Mi rivolgo specialmente ai giovani e a quanti dedicano la propria attività professionale alla tutela e al servizio della vita: Continuate a impegnarvi per l'edificazione di una civiltà solidale verso la vita; sappiate testimoniarne il valore sacro e la bellezza, compiendo scelte generose che solo l'amore vero può dettare; difendete la vita nell'integrale suo corso, ossia dal momento del concepimento fino al suo termine naturale.

In questo vostro impegno, di cui ha tanto bisogno la nostra società, vi sia di esempio e di sostegno la Vergine santissima, Madre di Gesù, l'"Autore della Vita".

Data: 1990-02-04

Domenica 4 Febbraio 1990

Al Consiglio della Regione Lazio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Soluzioni morali per superare disparità e soccorrere povertà

Signor presidente, signori amministratori della Regione Lazio!


1. Sono lieto di accogliervi per formulare a voi, componenti della Giunta e del Consiglio regionale, fervidi voti augurali. Con essi intendo raggiungere, attraverso le vostre persone, anche la comunità civile a voi affidata.

Ha ben detto il signor presidente che è appena terminato un anno singolare per gli avvenimenti, che si sono in esso compiuti e per l'eredità che ha lasciato a tutti noi. Ci siamo ormai avviati nell'anno nuovo, che ci auguriamo per il decennio che ci separa dalla fine del secolo foriero di vera pace. L'uomo è assetato di pace. Dobbiamo essere riconoscenti al Signore, perché le premesse per una convivenza pacifica si colgono oggi chiaramente. Occorre, pero, rinvigorire negli animi la coscienza della solidarietà in questa causa, affinché tutti vi siano coinvolti con partecipazione concorde e piena.

Come sapete, nel recente Messaggio per la Giornata mondiale della pace ho sottoposto all'attenzione di ogni persona di buona volontà un grave problema, quello ecologico, ricordando che alla sua soluzione occorre indirizzare gli sforzi e mobilitare le volontà dei cittadini. Non si può disattendere una tale questione, che è vitale per la sopravvivenza dell'uomo, né ridurla a questione meramente politica: essa infatti ha una dimensione morale che tocca tutti, così che nessuno può disinteressarsene.


2. Il fatto che se ne discuta è già significativo, perché costituisce la necessaria premessa di un serio impegno per l'edificazione di un mondo più vivibile. Solo il formarsi nei cittadini di una più attenta visione dei problemi emergenti può prepararne gli animi ai sacrifici necessari per raggiungere le opportune soluzioni. L'ecologia, se coinvolge tutti, attende pero da ciascuno risposte differenziate, a seconda del rispettivo ruolo e posizione sociale. In questa prospettiva si intravedono immediate e importanti conseguenze. L'uomo in questo scorcio di secolo è chiamato a instaurare un nuovo rapporto di attenzione e rispetto verso l'ambiente, i cui delicati equilibri egli deve tutelare, tenendo conto delle straordinarie possibilità, ma anche delle formidabili minacce insite in certe forme di sperimentazione, di ricerca scientifica, di attività industriale. E ciò deve fare, se non vuole pregiudicare lo stesso sviluppo o indurvi conseguenze imprevedibili.

Nel programma di interventi atti a preservare la natura e a salvare il patrimonio ambientale - è questo uno dei settori a cui si rivolge la vostra competenza - occorre assumere come criterio fondamentale il rispetto della vita e della dignità dell'uomo, nel contesto di un ragionevole equilibrio tra le esigenze del progresso e la necessaria conservazione di un tale patrimonio. E se a voi è principalmente affidato questo compito, come non ricordare che il vostro intervento si rivolge a una Regione che conserva ancora molte delle ricchezze naturali del passato? I cittadini del Lazio s'attendono dal vostro impegno l'efficace tutela di tale patrimonio contro ogni forma di abuso o di sperpero sconsiderato. Di qui la rinnovata urgenza di studiare in tempo le soluzioni adeguate.


3. Tutti siamo chiamati a contribuire alla fondazione di una società pacifica, che faccia perno sul rispetto della vita umana e sulla tutela dell'integrità del creato. Ma oggi più che ieri avvertiamo come nostri, personalmente nostri, questi problemi, e la stessa opinione pubblica si attende da chi governa una sensibilità, una delicatezza, un rispetto, che si esprimano poi in decisioni sagge e lungimiranti.

I problemi ecologici entrano ormai nelle case, se ne discute in famiglia e ci si chiede come sarà domani il mondo. E' questa una domanda alla quale anche voi siete chiamati a dare una risposta, che metta sempre al centro, ripeto, il servizio alla vita umana e, di conseguenza, il miglioramento e l'adeguamento delle strutture a ciò deputate. Servire la vita vuol anche dire promuovere aggiornati ed efficaci servizi educativi, sanitari, assistenziali, con un riguardo preferenziale per le attese dei soggetti più deboli e sprovveduti.

La vostra opera deve certo tendere a trovare soluzioni politiche e amministrative a tali esigenze, ma essa, proprio per riuscire, non potrà mai ignorare le componenti, anzi le premesse di ordine morale che ne indicano le linee orientatrici.

E' da questo terreno, infatti, che il buon amministratore deve partire per superare le disparità tuttora presenti nel tessuto sociale, per soccorrere le nuove povertà, per perfezionare le soluzioni finora adottate, ove si rivelino insufficienti. E' vero che nell'ambito delle vostre competenze non si hanno macroscopiche situazioni di disagio quali si possono ravvisare altrove. E' un fatto, pero, che anche qui esistono segni di inquietudine, richieste d'intervento, emergenze talora improvvise. Mi riferisco, ad esempio, all'accoglienza degli immigrati, presenti a Roma e in varie zone del Lazio, alla cura degli invalidi e degli ammalati e all'assistenza nei confronti degli anziani. Per tutti costoro è necessario un piano organico, che assicuri volta a volta lavoro, casa, sostegno, forme previdenziali articolate in collaborazione con gli Enti interessati.


4. Molti altri problemi, che hanno al centro l'uomo, attendono da voi adeguate soluzioni, sempre partendo dal dovere del servizio e della solidarietà. Tutto questo oggi costituisce un'urgente necessità per camminare insieme, per edificare una società più giusta, umana e - voglio anche dire - cristiana. La solidarietà più vera, come sintonia col fratello, nasce da un'esperienza profonda di unità nel Cristo, che è venuto a renderci figli di Dio e pertanto tutti fratelli. Dopo gli avvenimenti dell'anno concluso, l'uomo è oggi più aperto alle esigenze della solidarietà, ma proprio per questo si attende di più da chi ne amministra le sorti a qualsiasi livello.

Dobbiamo dunque mettere in atto ogni sforzo perché ciascuno si assuma le proprie responsabilità e creare le premesse di uno stile di vita più solidale e fraterno. Tutti debbono impegnarsi a contribuire all'equa distribuzione dei beni della terra, al rispetto della vita del prossimo in difficoltà o emarginato, alla promozione di organismi di volontariato, che oggi possono assolvere un'importante funzione di sostegno e di integrazione. La loro libera collaborazione sarà benefica per tutti, sarà preziosa e alleggerirà, tra l'altro, il vostro compito di pubblici amministratori.


5. E' all'uomo, cari signori, che conviene sempre dirigere l'attenzione, aiutandolo a essere responsabile, a fraternizzare con gli altri uomini, a rispettare il creato. Il vostro fattivo interessamento ai suoi problemi quotidiani, risolti con interventi e leggi appropriate, farà crescere in lui la fiducia e il desiderio di dare un concreto apporto alla solidarietà con i popoli e alla pace del mondo.

A voi e alla comunità che rappresentate va il mio augurio per un anno sereno, vissuto nella solidarietà umana e cristiana. Affido questi voti all'intercessione di Colei che, dando al mondo il Verbo Incarnato, ha dato all'uomo la possibilità di alimentare nell'animo la speranza che non delude.

Data: 1990-02-05

Lunedi 5 Febbraio 1990

Messaggio al patriarca Sfeir - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accorato appello per la pace nel Libano tanto provato

A Sua Beatitudine Nasrallah Pierre Sfeir Patriarca d'Antiochia dei Maroniti - Bkerkè Mentre giunge, ancora una volta, l'eco degli accaniti combattimenti che da molti giorni decimano una parte della popolazione libanese, il mio pensiero corre spontaneamente e con accresciuto dolore a coloro che a causa di tutto questo si trovano nello sconforto e nell'indigenza. Tanto più viva è la mia pena dal momento che queste lotte oppongono fratelli che condividono la stessa fede e soprattutto colpiscono delle persone innocenti. Associandomi ai ripetuti appelli di Vostra Beatitudine mi rivolgo, nel nome di Cristo, alla coscienza di coloro che hanno scatenato e tuttora continuano questi combattimenti: si evitino nuove sofferenze a questo popolo già tanto provato e si risparmino al Libano altri drammi che potrebbero mettere in serio pericolo la sua stessa esistenza. Chiedo che si ponga fine immediatamente ai combattimenti fratricidi e prego Dio d'ispirare ai responsabili delle due parti in conflitto il coraggio di saper rinunciare alla tentazione della violenza, che mai conduce a una soluzione onorevole, affinché prevalgano la buona volontà ed il dialogo.

Prego Vostra Beatitudine di voler cortesemente trasmettere alle famiglie in lutto, ai numerosi feriti e a tutto il popolo libanese l'espressione della mia profonda e costante simpatia.

Con la mia affettuosa Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, li 5 febbraio 1990.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-02-05

Lunedi 5 Febbraio 1990

Lettera al cardinale Laszlo Paskai - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il cardinale Mindszenty ha pregato e sofferto per il suo popolo

Al venerato fratello Laszlo card. Paskai, Arcivescovo di Esztergom.

Con profonda soddisfazione ho appreso la notizia della prossima commemorazione del compianto card. Jozsef Mindszenty, che tanto ha onorato la storica sede primaziale di Esztergom. La partecipazione a tale cerimonia del card.

Agostino Casaroli, segretario di Stato, è già una prova del mio desiderio di essere spiritualmente presente fra i cattolici di codesta arcidiocesi, che si sono riuniti per ricordare il loro indimenticabile pastore. Desidero pero farle pervenire anche una parola di personale adesione a tale commemorazione.

La generosa testimonianza di fedeltà alla Chiesa, data dal card.

Mindszenty, fu intessuta di profonda sofferenza. L'esercizio del suo ministero pastorale, prima come vescovo di Veszprém e poi come arcivescovo di Esztergom, si è svolto in tempi tragici nella storia della vostra Patria. Giustamente il mio venerato predecessore Paolo VI, nel rendere omaggio al card. Mindszenty, il 7 maggio 1975, il giorno successivo alla sua morte, osservava che la Provvidenza l'aveva posto a vivere fra i protagonisti "in uno dei periodi più difficili e complessi dell'esistenza millenaria della Chiesa nel suo nobile Paese"... Ancor oggi è presente nella nostra memoria il ricordo doloroso del processo umiliante, a cui il card. Mindszenty fu sottoposto.

L'intrepido card. arcivescovo di Esztergom ha dato alla famiglia cattolica un esempio di virtù eccelse. Con la dignità di un grande pastore d'anime, egli seppe portare la corona di spine, che gli era stata posta sul capo, lasciando il ricordo di una nobile figura di uomo di Chiesa, che per lunghissimi anni ha saputo pregare e soffrire per il suo popolo. Con questo spirito, al momento di lasciare la sua amata terra magiara egli scriveva al Papa Paolo VI: "Depongo umilmente questo sacrificio ai piedi di vostra santità, persuaso come sono che anche il sacrificio più grave, chiesto a una persona, diventa piccolo, allorché si tratta del servizio di Dio e del bene della Chiesa...". A questa grande figura di sacerdote, di vescovo, di primate della Chiesa in Ungheria, desidero oggi anch'io rendere omaggio a nome di tutta la Chiesa, alla quale egli seppe dare prova così luminosa di fedeltà.

Con questi sentimenti impartisco a lei, venerato fratello, ai suoi vescovi ausiliari e ai suoi sacerdoti, come ai religiosi e fedeli tutti dell'amata arcidiocesi di Esztergom, la mia paterna benedizione, che di cuore estendo a quanti partecipano alla solenne cerimonia commemorativa.

Dal Vaticano, 6 febbraio 1990.

Data: 1990-02-06

Martedi 6 Febbraio 1990



A un gruppo di vescovi focolarini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Portare il lievito dell'unità nelle comunità diocesane

Cari fratelli nell'episcopato.

Sono particolarmente lieto d'incontrarmi con voi durante il Convegno spirituale che state svolgendo presso il centro Mariapoli di Castel Gandolfo, convenuti da oltre 27 diverse Nazioni.

In questi giorni la vostra riflessione è centrata sull'importanza fondamentale dello Spirito Santo per la vita cristiana e per l'unità in Cristo.

Mediante la meditazione, la preghiera e lo scambio di esperienze, accrescete la vostra comunione fraterna e rafforzate la disponibilità al servizio ecclesiale, mentre maturate sempre più in voi l'adesione alla volontà del divino Maestro, che chiama i suoi amici al dono totale di sé.

Ringraziate il Signore per l'esperienza di fraternità apostolica che state vivendo durante questi giorni e portate poi il lievito di questa unità vissuta tra voi all'interno delle vostre rispettive comunità diocesane. Vi aiuti la materna protezione di Maria "Mater divini Amoris" a essere sempre coraggiosi maestri della Fede e gioiosi testimoni del Vangelo, guidando con amorevole pazienza e sapiente fermezza il gregge a voi affidato verso la pienezza della santità.

Impartisco di cuore a ciascuno di voi e alle vostre comunità la benedizione apostolica.

Data: 1990-02-07

Mercoledi 7 Febbraio 1990

Al Pontificio Consiglio per la pastorale degli operatori sanitari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Segno della missione della Chiesa verso l'uomo che soffre

Carissimi fratelli e sorelle!


GPII 1990 Insegnamenti - Saluto alla popolazione - N'djamena(Ciad)